14 luglio 2013 – Il tentativo di un dossier –Seconda puntata

Riprendo l’argomento documentato nella prima puntata, la cacciata della signor Shalabayeva e a  chi mi ha detto che espulsa necessariamente la madre, la piccola figlia doveva essere necessariamente deportata pure lei perché altrimenti ‘dove la mettiamo?’, offro il commento pubblicato ieri su La Stampa e firmato dal vicedirettore Gramellini.
Chi mi ha parlato così è persona impegnata in una delle più stimate organizzazioni operative nel campo della solidarietà il cui guizzo di fantasia su un nuovo episodio supera il solito: ‘prima noi e poi loro’.
Quando riusciremo a capire che l’assistenza deve essere giocata entro termini di un diritto (che civiltà vorrebbe fosse noto) e non ad esclusivo riferimento del buon cuore del benefattore?
Costituzione della Repubblica, art. 2 “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

Il cappio espiatorio Massimo Gramellini

Riunito in seduta permanente dai tempi del tiramolla indiano sui marò, l’Ufficio Figuracce Internazionali (UFI) sta affrontando in queste ore il delicato caso del ratto delle kazake. Il problema, naturalmente, non è riportare indietro la moglie del dissidente che l’Italia ha consegnato, insieme con la figlia, al dittatore dello Stato poco libero del Kazakistan, trattandole come clandestine. Il problema è decidere a chi darne la colpa. Dai primi accertamenti dell’UFI – citiamo il comunicato ufficiale – «è emerso che l’esistenza e l’andamento delle procedure di espulsione non erano state comunicate né al presidente del consiglio, né al ministro dell’interno e neanche al ministro degli esteri o della giustizia». Il comunicato non accenna al ministro dei trasporti (le due espulse hanno viaggiato in aereo) né a quello dell’agricoltura (il Kazakistan ha un’importante tradizione di pastorizia), ma anche da una lista così scarna si deduce che non un solo fondoschiena governativo è rimasto allo scoperto.  

Escludendo l’ex ministro all’edilizia inconsapevole Scajola e il comandante scogliocentrico Schettino, e considerando momentaneamente esaurite le parentele egizie, l’elenco dei capri espiatori di routine comincia a scarseggiare. Restano i giudici che hanno esaminato la pratica e il funzionario dell’ufficio immigrazione che ha visionato i passaporti. Ma non sottovaluterei l’addetto ai bagagli («non poteva non sapere») e la hostess addetta alle salviette. L’importante è che il capro salti fuori al più presto, affinché intorno al suo collo si possa stringere il cappio mediatico che metterà in salvo tutti gli altri. Lunga vita al Kazakitalistan. 

Una documentazione da Repubblica di ieri
http://milano.repubblica.it/cronaca/2013/07/13/news/niente_pediatri_per_i_figli_degli_irregolari_pirellone_in_tribunale_discriminazione-62904619/?ref=HREA-1

Un aggiornamento su Il Corriere della sera oggi
http://www.corriere.it/cronache/13_luglio_13/shalabayeva-avvocato-nessun-maltrattamento_014673a6-eba1-11e2-8187-31118fc65ff2.shtml

Curare o non curare?

Il 5 giugno avevo scritto (e poi il 10 aggiunto un breve commento marginale) a proposito della negazione del pediatra di base  ai bambini ‘irregolari’ promossa dal Consiglio regionale Lombardo.
Naturalmente avevo documentato.

Ora trovo un appello promosso il 12 luglio dal’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale OISG con SIMM (Società Italiana Medicina delle Migrazioni) e dall’ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) e altri che integralmente e ricopio

Appello  

Appello per una pronta applicazione in tutta Italia dell’Accordo Stato-­Regioni sulla tutela sanitaria degli immigrati a partire del diritto di ogni minore ad avere il suo pediatra 12.07.2013.

SIMM (Società Italiana Medicina delle Migrazioni), OISG (Osservatorio Italiano sulla Salute Globale) e ASGI (Associazione Studi Giuridici Immigrazione) esprimono il più vivo disappunto per la decisione della Regione Lombardia di negare il diritto alle cure pediatriche di base ai bambini stranieri figli di genitori in condizione di irregolarità giuridica.
Il voto contrario alla mozione che chiedeva l’accesso alla pediatria di base ai bambini stranieri anche se privi di permesso di soggiorno, lede i diritti fondamentali dei soggetti già vulnerabili, viola il rispetto di obblighi nazionali ed internazionali, contrasta con le scelte operate dalla conferenza Stato Regioni.

La scelta operata dal Consiglio Regionale lombardo ignora che, come confermato da pronunce del Tribunale di Milano, il minore non può mai essere considerato “irregolare” essendo comunque non espellibile ai sensi dell’art. 19  della legge italiana sull’immigrazione. Inoltre sia l’art. 35 dello stessa legge, sia la Convenzione ONU per i diritti del fanciullo all’art.24 garantiscono il diritto di ogni minore di “beneficiare dei servizi medici” senza alcuna discriminazione, indipendentemente dalla loro nazionalità, regolarità del soggiorno o apolidia.

Del resto, l‘Accordo che la Conferenza Stato-­‐Regioni ha recentemente elaborato proprio allo scopo di rendere uniforme ed efficace l’accesso dei migranti ai servizi sanitari su tutto il territorio italiano prevede il riconoscimento del pediatra di libera scelta anche per i minori senza regolare permesso di soggiorno.

La scelta della regione Lombardia è dunque in contrasto con tali norme ed in palese violazione del dettato costituzionale dell’art.32 che prevede il diritto di assistenza sanitaria all’individuo, a prescindere dal suo status giuridico o amministrativo.
E’ inoltre anche una scelta miope e inefficiente perché meno difficoltà nell’erogazione delle prestazioni e una precoce diagnosi delle malattie grazie alla maggiore prevenzione si traduce in costi inferiori  per la Pubblica Amministrazione e permette una migliore salvaguardia della salute collettiva.

All’indomani della visita di Papa Francesco a Lampedusa, che ha riportato l’attenzione sulla drammatica condizione dei migranti e sulla necessità di lavorare per garantire loro i diritti umani fondamentali, la decisione del Consiglio regionale lombardo si pone in netta antitesi con ogni principio di legge e di buonsenso. Ecco perché i firmatari di questo documento si impegnano a promuovere in tutte le sedi opportune, ivi  compresa quella giudiziaria, tutte la  azioni possibili affinché siano rispettate le norme nazionali e internazionali e sia  tutelato il diritto alla salute di tutti,  senza esclusioni in Lombardia ed in tutta Italia. Chiedono un operativo recepimento in tutte le Regioni dell’Accordo della Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 20 dicembre2012, per la corretta applicazione della normativa per l’assistenza sanitaria agli immigrati.

Nel sito Simm si trova il testo dell’appello con le modalità di adesione.
http://www.simmweb.it/fileadmin/documenti/Simm_x_news/2013/APPELLO_SIMM-OISG-ASGI.pdf

Inoltre nel sito www.simmweb.it  si può leggere un’ulteriore spiegazione  datata  luglio 2013  cui fa seguito un’ampia e utile rassegna stampa e nel sito dell’Asgi l’annuncio di “un’azione civile presso il Tribunale di Milano” promossa da Avvocati per Niente e Naga “affinché venga accertata la condotta discriminatoria della Regione Lombardia e si affermi la legalità”
Per saperne di più:  http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=2836&l=it

14 Luglio 2013Permalink