… e la storia continua
Due giorni fa (era il 13 luglio) ho fatto una strepitosa capriola all’indietro di 500 anni e ho trovato un passo di Machiavelli, stuzzicante a leggersi perché la distanza temporale allontana anche la crudeltà del racconto.
Ma quando i racconti si riferiscono a storie più vicine e più facilmente comparabili con il presente le cose cambiano e l’unico desiderio sarebbe quello di permettersi di non sapere.
Correva l’anno 1944 e in una famiglia che avrebbe dovuto essere normale – ma tale non era a causa delle prime leggi razziali italiane – si consumava una tragedia che era iniziata sei anni prima quando la mamma ‘di razza ebraica’ aveva perso il posto di insegnante elementare.
Il marito era preside e la coppia, che si era spostata con rito cattolico ancor prima della firma del concordato del 1929 (l’ebraicità della signora sarebbe stata ‘scoperta’ dalla diligenza della polizia italiana come legge imponeva) aveva tre figlie: Giuliana di 18 anni, Marisa di 14 e Gabriella di 3 anni.
Traggo il passo che segue da Cardosi Giuliana, Marisa, Gabriella. “Sul confine. La questione dei matrimoni misti durante la persecuzione antiebraica in Italia e in Europa. 1935-1945”. Silvio Zamorani editore. Torino 1998
Raccontano le sorelle Cardosi (pag. 12) in riferimento al giorno dell’arresto della loro madre: “Nello stesso tempo, nelle prime ore del mattino, suonarono alla porta di casate agenti di Pubblica Sicurezza e ci mostrarono l’ordine di arresto per la mamma e noi tre figlie: dissero di prepararci perché avremmo dovuto essere tradotte alla questura di Varese. Due poliziotti rimasero a piantonarci nel piccolo corridoio d’ingresso, un terzo si fermò in fondo alle scale. Ricordo in quelle ore un gran silenzio, uno di quegli uomini piangeva. Poi tornò il papà dalla scuola e ci disse che solo la mamma avrebbe dovuto partire”.
Già SOLO la mamma perché l’iniziale italica diligenza (che il caso Shalabayeva ci testimonia non essere venuta meno, anzi essersi arricchita della pratica di relazioni internazionali) prevedeva in un primo momento anche l’arresto delle tre ragazzine.
Accompagnata al carcere di S. Vittore dalla diligente polizia in quel momento in servizio nella repubblica di Salò la signora Cardosi sarebbe morta ad Auschwitz, avendo trovato aiuto solo in una guardia carceraria, Schivo, che –per essersi prodigata a S. Vittore per aiutare i prigionieri ebrei -morì internato a Flossembürg.
Del poliziotto che piangeva mentre faceva la guardia alle tre criminali in attesa di imprigionarne almeno una ci fanno memoria le sorella Cardosi mentre non sappiamo se qualche 007 in attività di servizio a Casal Palocco piangesse. Probabilmente no
E probabilmente non avrà pianto neppure il funzionario firmatario del documento intestato ‘Il Prefetto della Provincia di Roma’ inconsapevole dei vecchi percorsi che ricalcava mentre apriva un caso internazionale che temo non avremo la capacità di sanare.
E c’è chi trova solidarietà
In questo mare ci vergogna in cui si è trasformato il nostro paese è impossibile seguire il filone di una sola storia negativa.
E’ giusto però ricordare che le adesioni alla petizione con cui si chiedono le dimissioni del Vicepresidente della Camera, il leghista Calderoli, in due giorni sono più di 100.000
Da non trascurare un video, di cui metto il link, con le motivazioni di una possibile denuncia per razzismo.
http://video.repubblica.it/politica/calderoli-kyenge-il-giurista-la-procura-deve-aprire-un-fascicolo/134939/133475?ref=HREA-1a