16 luglio 2013 – Il tentativo di un dossier – Quarta puntata

Un intervento di Rossana Rossanda

Quanto rimpiango il Manifesto dove leggevo gli articoli di Rossana Rossanda

«Per dire che quel che trovo scandaloso nella faccenda di Alma Shalabayeva non è che Alfano e Bonino non sapessero ma che accettino come cosa normale che ci siano reparti di polizia vestiti di nero con catene al collo, oltre che con diritto di insulto allo straniero (o forse anche all’indigeno), che sono ufficialmente incaricati di catturare ed espellere il tizio o il caio purché “rispettino le procedure”. Appunto quali procedure? E quali sospetti e perché? Di quale corpo di polizia si tratta? Chi lo ha deciso? Con quale statuto e contratto? Abbiamo dunque un apparato dello stato che nottetempo può piombare mascherato da film horror e prelevare una donna, ancorché clandestina (ma non verificata come tale), imbarcarla segretamente su un aereo estero e rispedirla nolente in un paese dove non si sa se e quale reato abbia compiuto? Somigliamo più a un pessimo serial tv che a uno stato democratico».
(da Spie, servizi, affaristi e dissidenti di Rossana Rossanda)

Accosto il testo di Rossanda a una citazione che traggo da un articolo di Ivo Andrić.
Risale al periodo in cui lo scrittore lavorò come diplomatico in varie cancellerie europee e riguarda il delitto Matteotti.
«Incredibile e terribile  è che in Europa … nel centro di Roma a mezzogiorno sei mercenari possano rapire un deputato popolare inerme, segretario di un partito, portarlo fuori città e ucciderlo … Ma per chi vive in Italia è un fatto semplice e banale che una decina di giovani in camicie nere si ponga davanti a un deputato nazionale  … e lo picchi selvaggiamente».
( da: Ivo Andrić. «Sul fascismo».  Nuova dimensione, Portogruaro 2011  A cura di Božidar Stanisić).

Un malinconico pensiero agli espulsi senza nome  15 luglio 2013  

Per chi volesse leggerlo per intero collego con un link  il magistrale articolo del sen. Luigi Manconi, presidente della Commissione per la tutela dei diritti umani del Senato, di cui riporto per esteso soltanto un passo.
«La malinconica sensazione. Infine, è impossibile sottrarsi ad una malinconica sensazione: Alma Shalabayeva e sua figlia hanno subito una sorte terribile, che le espone tuttora a rischi e pericoli, ma la loro vicenda non è così rara e anomala. Tutt’altro. Ogni mese, dai Centri di identificazione ed espulsione italiani, decine e decine di persone anonime, spesso senza avvocati e senza alcuna risorsa, senza alcuna tutela e alcuna relazione, vengono caricate su aerei (“vettori”) e riportati in patria. In una patria da cui sono fuggiti perché perseguitati o incarcerati, minacciati o discriminati o perché, semplicemente disperati. Centinaia e centinaia di persone che, talvolta, hanno la possibilità di esporre le proprie ragioni e di argomentare la richiesta di protezione, ma altrettante volte non sono in grado di comunicare, farsi ascoltare, chiedere soccorso. La vicenda di Ama e Alua mostra in filigrana – e attraverso una luce spietata – una moltitudine di espulsi senza nome e senza causa».

Mi agghiaccia l’idea che  la piccola Alua possa diventare  per la notorietà del suo caso un simbolo e  non voglio nemmeno pensare a una soluzione finale (comunque già praticata anche in Europa per la generazione delle nonne e bisnonne delle bambine dell’età di Alua). Ma mi agghiaccia anche l’idea che sia privata della potestà genitoriale e sbattuta –come altri bambini feriti a morte – in un orfanotrofio.

 

19 Luglio 2013Permalink