Dai nonni alla tassa sul macinato, transitando per le badanti
Sia onore a Il Sole 24 ore che il 23 maggio scriveva con abile preveggenza:
”Nell’introduzione del reato di immigrazione clandestina, ha detto Mantovano, il Governo ha «saggiamente consegnato» questa ipotesi di reato nelle mani del Parlamento, che sarà chiamato a valutare la congruità dello strumento con il fine da raggiungere. La disposizione, comunque, colpirà i clandestini che giungeranno nel Belpaese dopo l’entrata in vigore della norma e non chi è già qui. No, dunque, a un giro di vite sulle badanti …”.
Chi volesse leggere tutto l’articolo può andare, tramite il pulsante archivio, al mio ‘Violiamo il segreto professionale e cancelliamo i neonati’ (1 giugno) e con un clic sulla parola ‘Il sole’ potrà raggiungere l’intero testo di Nicoletta Cottone.
Oggi sullo stesso quotidiano Marco Ludovico scrive:
“L’intervento annunciato come regolarizzazione di colf e badanti è ora nella fase di scrittura: secondo le ultime ipotesi, potrebbe essere un emendamento al disegno di legge anti-crisi. Ci vorrà, per questo, il consenso del titolare dell’Economia, Giulio Tremonti.
Certo è che è ormai ufficiale l’intesa di massima tra i ministri del Welfare, Maurizio Sacconi, e dell’Interno, Roberto Maroni: quantomeno perché è scattata la fase finale della formulazione del testo e i ministeri stanno limando a spron battuto le norme e i dettagli tecnici. Ma l’impianto è ormai pronto. Riprenderà, nel modello, lo schema di regolarizzazione del 2002 deciso dal secondo governo Berlusconi. Stavolta, però, anziché essere esteso a diverse figure lavorative, il provvedimento è circoscritto ai «servizi alla famiglia e alla persona».
Con il pagamento dei 500 euro è prevista la non punibilità del lavoratore in nero e del suo datore di lavoro, trattandosi di una vera e propria emersione di attività sommerse”
La storia non é maestra di vita
La storia non é maestra di vita ma testimone di vita vissuta sì.
Durante l’età feudale i servi dovevano ai loro signori molte attività lavorative non retribuite ed era loro obbligo anche pagare balzelli per l’uso di beni che al signore appartenevano e di cui – anche ne avessero avuti i mezzi – non potevano disporre.
Per esempio per macinare il grano e produrre la farina per le proprie elementari esigenze dovevano servirsi esclusivamente del mulino del signore del luogo, cui pagare un balzello e così per il frantoio cui portare le olive ecc.
Questi limiti erano vincolanti anche per i contadini liberi.
Il balzello sul grano si chiamò in seguito imposta sul macinato da pagarsi allo stato e in Italia fu abolita quasi ovunque all’epoca dell’unità (1861). Ma 1869 venne ripristinata dal ministro delle Finanze Luigi Guglielmo di Cambray-Digny, su proposta del suo predecessore Quintino Sella, per risanare il bilancio messo in crisi dalla terza guerra d’indipendenza. La legge, che prevedeva una tassa di due lire ogni quintale di grano macinato, scatenò la rivolta nelle campagne; i moti più violenti si ebbero in Emilia, in Romagna e nella Val di Sieve, dove furono appoggiati dai movimenti di opposizione al governo e vennero duramente repressi dalle truppe del generale Raffaele Cadorna. Alla caduta della Destra storica, l’imposta fu prima modificata da Agostino Depretis e poi definitivamente abolita nel 1884.
Non posso proporre un’adeguata bibliografia per chi fosse interessato a queste faccende; mi limito a suggerire una visita alla biblioteca Edmondo De Amicis di Anzola dell’Emilia dove troverete persino un sindaco predecessore del Ministro Brunetta.
Per non dimenticare nonni e badanti … e lasciar perdere i neonati.
Per assicurare indispensabili servizi alla famiglia e alla persona sarebbe prevista la non punibilità del lavoratore in nero e del suo datore di lavoro subordinata al pagamento di 500 euro. L’operazione dovrebbe aver luogo entro il mese di settembre.
Insisto con i condizionali perché io ormai, nel clima di caos diffuso e di informazioni dalla discutibile validità, non mi pronuncio finché non posso citare precisi documenti.
Se le cose stanno come finora ci hanno raccontato gli assistiti da badanti possono:
1. metterle in regola se entrate in Italia prima di una scadenza che la legge stabilirà;
2. raccattare i 500 euro necessari (e se i medievali servi della gleba riuscivano a pagare signorili balzelli per assicurarsi il pane, in qualche modo si arrangeranno anche coloro che oggi si trovano in diverso, ma altrettanto intenso, stato di necessità);
3. detrarre i 500 euro dalla paga delle badanti.
Chi ne avrà un vantaggio:
– la Lega che – mitigando il principio dichiarato ‘non faremo sanatorie’ -potrà proporsi come forte con i deboli e pietosa con i garantiti per meriti di razza;
– le forze tutte di maggioranza che potranno assicurare al ministro Tremonti un’entrata sicura, tanto più sicura perché strangola persone impossibilitate a sottrarsi al balzello per stato di necessità, come ai tempi dell’imposta sul macinato.
Una delle mie solite inutili domande: quando l’assistito non avrà più bisogno della badante e questa resterà senza lavoro che accadrà nel periodo di latenza in attesa del nuovo lavoro, ammesso che le sia riconosciuto il diritto di cercarlo?
Chi si ricorderà del problema della registrazione anagrafica negata?
Nessuno o quasi. Forse nemmeno in un’Italia lego-berlusconiana é ritenuto opportuno monetizzare i neonati (speriamo non mi leggano Tremonti o i sodali di Bossi, altrimenti il balzello sui parti rischia di diventare legge) e quindi non se ne ricava proprio nulla.
Non offrono pacchetti di voti, non pagano in contanti … perché mai ce ne dovremmo occupare?
Ben che vada fra una cinquantina d’anni un papa o chi per lui chiederà perdono alla loro memoria, se ci sarà il luogo per farlo con sufficiente clamore pubblicitario.
Ancora una lettera al Presidente Napolitano
Avevo deciso di chiudere la mia piccola serie dedicata all’infamia razzista ma voglio pubblicare ancora una lettera, che trascrivo da un messaggio del Centro di ricerca per la pace di Viterbo.
Signor presidente,
mi chiamo Daniele Barbieri, abito a Imola, ho quasi l’età della nostra repubblica.
Anche io le chiedo di non firmare le nuove leggi razziali. Se mi consente di “rubarle” pochi attimi le spiego perché raccontandole una piccolissima storia e facendole una domanda.
La scena si svolge in una piccola città d’un Paese a forma di stivale. E’ sera, un gruppo di studenti e studentesse chiede a un avvocato di spiegare i meccanismi delle nuove leggi razziali approvate in quel Paese. Quando l’avvocato finisce di parlare, il gelo. Poi chiede la parola Lella: “ma adesso i bambini per non essere arrestati dovranno nascondersi come Anna Frank?”. Lella (in realtà non si chiama così) comunica al gruppo che, a casa dei suoi genitori, é’ disposta a nascondere i nuovi ebrei. Se devo giudicare a occhio, Lella e’ poco più grande di quell’Anna Frank che scrisse un famoso diario. Sono andato via dalla riunione senza poter dire quello che avrei voluto. Che era: “Brava Lella, sono orgoglioso di te (e dei tuoi genitori) ma stai tranquilla, il Presidente della Repubblica di un Paese democratico non firmerà una legge così infame, piuttosto darebbe le dimissioni”.
E ora signor Presidente le chiedo: se per assurdo quel Paese fosse stato l’Italia, lei non avrebbe firmato, vero?
Istruzioni per l’uso
Chi volesse conoscere le lettere che vengono inviate al presidente della Repubblica – e rese note al Centro di ricerca per la pace di Viterbo (Direttore responsabile: Peppe Sini) può contattare la redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Trascrivo l’appello che il Centro diffonde dal 7 luglio
Carissime e carissimi,
stiamo sollecitando persone e movimenti a scrivere al Presidente della Repubblica affinché non ratifichi le misure razziste, criminogene ed incostituzionali contenute nel cosiddetto “pacchetto sicurezza” approvato dal Senato in seconda lettura il 2 luglio 2009, ovvero rinvii alle Camere quel provvedimento chiedendone la modifica nelle parti palesemente incompatibili con la Costituzione e le norme del diritto internazionale recepite nell’ordinamento della Repubblica Italiana.
Vorremmo pregarvi:
a) di scrivere anche voi al Presidente della Repubblica in tal senso, e di rendere pubblica tale iniziativa comunicandola a mezzi d’informazione ed interlocutori vari;
b) di esortare altre persone a farlo, rendendo anch’esse pubblica la loro iniziativa;
c) di inviarci un vostro intervento da pubblicare sul nostro notiziario telematico quotidiano.
La tempestività e’ decisiva, ed altrettanto decisiva e’ la vastità della mobilitazione: sussistono i termini giuridici perché il Presidente della Repubblica possa rinviare alle Camere quell’atto, ma e’ evidente che sarà confortato in tale decisione dal visibile pronunciarsi di una vasta parte del popolo italiano in difesa del diritto, della civiltà, dell’umanità’.
Facciamo quanto e’ in nostro potere perché questo accada.
Per scrivere al Presidente della Repubblica l’indirizzo postale e’:
Presidente della Repubblica, piazza del Quirinale, 00187 Roma; il fax:
0646993125; l’indirizzo di posta elettronica e’:
presidenza.repubblica@quirinale.it; nel web: https://servizi.quirinale.it/webmail/
Segnalo una modalità alternativa per raggiungere la presidenza della Repubblica:
www.quirinale.it – colonna di destra: la posta e poi seguire le istruzioni.
Faccio presente che anche il sito www.ildialogo.org sostiene l’iniziativa del centro di Viterbo anche con la pubblicazione di parecchio materiale, reperibile alla voce “Sul razzismo e sulle migrazioni” (in fondo alla colonna centrale della homepage del sito e anche qui).