22 giugno 2013 — E’ sera ma sono sempre più esterrefatta

Dopo aver pubblicato questa mattina la nota che devo alla documentazione degli amici del MoVi di Gemona ho continuato a cercare e ho trovato molte cose in proposito.
In particolare non voglio dimenticare un articolo di Lettera 22 che riporto integralmente.
Risale al 12 dicembre scorso e mi chiedo perché non l’avessi visto.
La ragione sta proprio nella data. Verso Natale c’è un sommovimento pro infanzia così chi compera pupazzi, portamatite, bigliettini festevoli col logo di qualche associazione per l’occasione pietosa può trascorrere la festa natalizia tutta calda di bontà, un sentimento così buono e gradevole che non deve essere mescolato con la freddezza dei diritti e delle politiche conseguenti.
Così ho lasciato perdere e ho fatto male perché l’articolo è ottimo.
Rimedio pubblicandolo e segnalando però il buco dell’Italia.
Da noi è previsto che alcuni bambini non possano avere il certificato di nascita per legge (vedasi tag anagrafe).
Ai loro genitori infatti viene chiesto il permesso di soggiorno che non hanno e si riducono a proteggere i figli nascondendoli.
Ha scritto in uno dei suoi rapporti annuali il Gruppo CRC che ha il compito di monitorare l’applicazione della  Convenzione di New York sui diritti del minore

Il timore, di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità (art. 7 CRC), nonché dell’art. 9 CRC contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori.
Pur non esistendo dati certi sull’entità del fenomeno, le ultime stime evidenziano la presenza di 544 mila migranti privi di permesso di soggiorno  Questo può far supporre che vi sia un numero significativo di gestanti in situazione irregolare”.
Qualcuno se ne occuperà in occasione del prossimo Natale? O anche prima?

Lettera 22    –   IL DRAMMA DEI BAMBINI “INVISIBILI”

L’Unicef lancia l’allarme,230 milioni di bambini non hanno un certificato di nascita
Gianna Pontecorboli

Giovedi’ 12 Dicembre 2013
A prima vista, potrebbe apparire un problema da poco. Il bimbo e’ nato, e’ bello e sano, la mamma sta bene, si pensa a festeggiare il nuovo arrivato. Nessuno si preoccupa troppo di quel piccolo passo formale che serve a segnalare la sua nascita e che può essere scomodo, costoso, qualche volta anche percepito come pericoloso.
I guai, però, cominciano qualche anno dopo , quando la mamma cerca inutilmente di iscrivere il figlio a scuola e di fargli avere l’assistenza medica . La sua crescita è piena di rischi. Il passaporto è un miraggio impossibile.

In occasione del suo sessantasettesimo ‘’ compleanno’’, l’Unicef ha voluto quest’anno dedicare la sua attenzione a un problema tanto drammatico quanto spesso sottovalutato, quello dei bambini ”invisibili”, che un compleanno, almeno ufficiale e riconosciuto, non lo avranno mai.

Nel mondo, ha fatto sapere l’organizzazione dell’Onu che si occupa dell’infanzia in un rapporto intitolato ‘’I diritti natali di ogni bambino’’ ci sono oggi 230 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni che non sono mai stati registrati e che non hanno un certificate di nascita. Più o meno, si tratta di un bimbo su tre.

‘’Essere registrato alla nascita è più che un semplice diritto’’, spiega Geeta Rao Gupta, vice direttore esecutivo dell’Unicef,’’ la registrazione è la garanzia che il nuovo nato non può essere dimenticato, che non possono essere negati i suoi diritti e che non gli possono essere nascosti i progressi del suo paese’’.

Il problema è più complesso di quanto possa apparire a prima vista. Quella semplice comunicazione di una nuova nascita , che viene ormai da tanti anni considerata un dovere e un diritto in gran parte dei paesi , può incontrare molti ostacoli, a cominciare dalla povertà di tanti paesi in via di sviluppo. Non a caso, i paesi che hanno il piu’ basso tasso di registrazione delle nascite sono la Somalia, con il 3 per cento, la Liberia, con il 4, l’Etiopia con il 7.In alcune parti dell’Africa , la metà dei bambini registrati alla nascita non e’ in grado di ottenere un regolare certificato di nascita, perché’ le spese per averli sono troppo alte per le famiglie con un reddito più modesto, o perché i governi non li rilasciano.
Povertà, mancanza di organizzazione e arretratezza delle strutture pubbliche, tuttavia, non bastano a spiegare l’ampiezza del fenomeno.
Nell’elenco degli stati che ancora incontrano molte difficoltà, ci sono anche il Pakistan e l’India, che ha delle grosse differenze tra le varie regioni , e perfino alcune delle ruggenti economie del sud-est asiatico. .
Spesso, a ostacolare il processo sono gli stessi genitori, e per una serie di ragioni diverse.
Per le popolazioni più isolate o che vivono nelle zone rurali, per esempio, il viaggio verso il più vicino ufficio pubblico può essere lungo, troppo scomodo e costoso da affrontare per un compito di cui non si percepisce fino in fondo l’importanza.

Per altri, entra in gioco la paura di dover rivelare delle informazioni che potrebbero mettere in pericolo la sicurezza della famiglia, come la religione o l’appartenenza etnica . In altri casi, infine, sono le leggi a creare degli ostacoli. In Nicaragua, per esempio, i figli di un’unione consensuale vengono registrati solo temporaneamente se il padre non mette la sua firma , in Buthan non possono essere registrati i figli di un padre sconosciuto, in Libano hanno diritto alla registrazione per i palestinesi solo i bambini che hanno uno stato ufficiale di rifugiati .

Insieme alla povertà insomma, influiscono anche la geografia, l’educazione e spesso la politica.

Le conseguenze però sono disastrose. I bambini ‘’inesistenti’’, infatti, non rischiano soltanto di non poter andare a scuola e di non poter chiedere un regolare passaporto. Il loro stato li mette in pericolo in ogni momento, possono essere venduti o adottati illegalmente quando sono piccoli. E quando crescono possono facilmente essere utilizzati come soldati bambini senza che nessuno possa difenderli, sono facili prede di ogni ambiguo sfruttatore. Senza un certificate di nascita e’ difficile proteggere legalmente una sposa- bambina o un dodicenne armato di mitra.

Per aiutare i paesi piu’ a rischio e soprattutto le famiglie, l’Unicef ha studiato alcuni programmi tecnologici di facile utilizzazione. In Nigeria , per esempio , si utilizzano adesso i messaggini dei telefoni cellulari per registrare le nuove nascite. In altri paesi, come l’Albania, l’agenzia dell’Onu ha chiesto l’aiuto delle organizzazioni non governative per compilare moduli e raggiungere le popolazioni nomadi o altri gruppi marginalizzati.

Qualche passo avanti, negli ultimi anni, e’ stato fatto. Il lavoro da fare, tuttavia, è ancora moltissimo. ‘’La registrazione e il certificato di nascita sono vitali per sviluppare le potenzialità di un bimbo’’, dice Geeta Rao Gupta.,’’tutti bambini nascono con un enorme potenziale. Ma se le società mancano di contarli e non riconoscono neppure che ci sono, i piccoli diventano vulnerabili a ogni abuso. E inevitabilmente il loro potenziale ne risulta enormemente diminuito.”

Gianna Pontecorboli

La questione nello stesso periodo è stata ripresa anche dall’Ansa

 

22 Giugno 2014Permalink