14 ottobre 2010 – Dalla crisi all’espulsione.

Permesso  di soggiorno

Così il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
“Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”

Il permesso di soggiorno è rinnovato per una durata non superiore al doppio di quella stabilita con il rilascio iniziale.
Inoltre la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo per privare il lavoratore extracomunitario ed i suoi familiari legalmente residenti del permesso di soggiorno 

Così la legge 30 luglio 2002 n. 189 (nota come Bossi Fini)

Il permesso di soggiorno verrà concesso solo a chi ha già un contratto di lavoro. Durerà due anni. Alla perdita del lavoro, l’immigrato dovrà tornare in patria.

E ora il mio commento dal mensile Ho un Sogno  –  ottobre 2010.

Un po’ di storia

Sappiamo che durante il dibattito parlamentare su quello che allora si chiamava –con intrigante definizione – ‘pacchetto sicurezza’ (oggi legge 94/2009) si era profilato il rischio che il testo definitivo prevedesse l’abolizione del segreto sanitario e quindi obbligasse i medici e gli operatori sanitari tutti a segnalare all’Autorità (genericamente indicata) la presenza di stranieri irregolari identificabili dall’assenza del permesso di soggiorno.

Tale norma non è passata per l’impegno della società civile e soprattutto – è bene ricordarlo – degli organi professionali che seppero percepire la ferita alla loro deontologia e alla loro dignità e oggi il segreto sanitario è ancora in legge con la riserva – ovvia in clima di uguaglianza – per “casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano”. Sinteticamente tali casi si riassumono come delitti “procedibili d’ufficio” (art. 365 codice penale) e fra questi si ritrovano anche le conseguenze di infortuni sul lavoro, siano essi morti o lesioni personali o malattie professionali.

Infortuni e disoccupazione

Tali situazioni invalidanti possono comportare tra l’altro la perdita del posto di lavoro il che trasformerà automaticamente l’infortunato non comunitario in irregolare e quindi non assumibile.

E se tanto non bastasse all’emergere del caso seguiranno le dovute segnalazioni anche per chi risulti irregolare o lavoratore in nero.

Prima della crisi la segnalazione si rivelava un ‘vantaggio’ per il lavoratore colpito che il datore di lavoro doveva mettere in regola e quindi, tramite il dovuto contratto, assicurarne il passaggio da irregolare a regolare.
In clima di crisi tale passaggio è improponibile.

A questo punto infatti l’irrimediabile perdita del lavoro (che non c’é per nessuno, cittadino o straniero) lo priverà di quello status che gli consente di disporre di un permesso di soggiorno trasformando automaticamente lo straniero, legalmente entrato in Italia, in irregolare.

Italiani e stranieri – uguali e diversi

Non è difficile immaginare un’altra situazione: il lavoratore in cassa integrazione all’esaurirsi di tale misura se italiano potrà giovarsi delle labili tutele di solidarietà sociale ancora esistenti (dall’assegno di disoccupazione fino alla rete familiare) ma il lavoratore non comunitario passerà – sempre per la conseguente cancellazione della sua figura di lavoratore – dallo status di regolare a quello di irregolare.

In questi casi per il lavoratore irregolare seguirà l’espulsione e, posto che le condizioni politiche del paese da cui si è legalmente allontanato gli consentano il ritorno, non avrà i mezzi per provvedere al rimpatrio proprio e della famiglia (ancorché regolarmente presente a seguito di una procedura di ricongiungimento).
Passerà quindi –in nome della puntuale applicazione di una legge, non solo infame ma anche sciocca – a un obbligato stato di clandestinità.

Sono pochi esempi dei casi che dovremo affrontare a seguito dell’imprevidenza governativa su cui sarebbe opportuno si concentrasse l’attenzione della società civile e, perché no. della silente classe politica.

 

14 Ottobre 2010Permalink