2 luglio 2025 _ scrive Manuela Dviri

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buongiorno a tutti. scritto ieri notte.
E adesso vado a riposare.
Stiamo vivendo tempi di cambiamenti repentini. Da un giorno all’altro, da un’ora all’altra. Il giornale ricevuto la mattina per mezzogiorno è già obsoleto. Ciò che sembrava sicuro, diventava un’ora dopo pericoloso. Il vero diventa falso in una mezzora scarsa. Alla sensazione di sfiducia totale nel confronto del governo e delle sue decisioni e di un premier sempre e solo preoccupato della sua personale sopravvivenza (che quando gli fa comodo attacca lo stato di diritto e accusa persino il suo stesso esercito e mai si è detto colpevole di nulla) si è poi unita la paura per l’apparizione di un Trump imprevedibile. E per me personalmente questi 12 terribili giorni della guerra con l’Iran sono stati vissuti in contemporanea con la malattia del mio compagno di vita, la vecchia quercia Avraham. Sfollata nelle case dei miei figli. Una settimana li, una settimana là.
E poi lo sgomento e la paura per i soldati che continuano a morire a Gaza, per gli ostaggi ancora nei tunnel di Gaza. Per quello che stanno vivendo i civili gazawi, ( due giorni fa è morto il fratello di un mio amico di Gaza)
E quel dover tornare a manifestare per loro perché finalmente quella guerra senza senso finisca. Tutti i sabato sera e appena posso anche durante la settimana.
Lunedì, l’ultimo giorno della guerra con l’Iran, mi è capitato di essere fuori di casa. Di trovarmi in un rifugio sconosciuto, chiusa lì per un’un’ora senza linea al cellulare. C’era accanto a me una signora con la testa mezza bionda e mezza no perché la parrucchiera le stava facendo la tinta ed erano scese insieme nel rifugio. Una scena da commedia dell’assurdo. Che non mi ha fatto neanche ridere da tanto sono stanca e mi gira la testa.
La vita in questi lunghi mesi è stata uno scombussolamento continuo, con ogni possibile sensazione che l’essere umano può provare: dalla paura esistenziale, al terrore, all’impotenza, alla speranza, alla delusione, alla rabbia, all’orgoglio, al dolore, alla vergogna, all’accettazione di una realtà senza senso e alla sensazione di non capirci più niente, e poi anche lo sconforto e la disperazione e il sogno di venirne fuori e il tentativo di trovare una prospettiva. La pietà. La compassione. La solidarietà. Tanta. E la paura, tantissima. Tutti, ho scoperto dopo, durante la guerra con l’Iran portavano con sé il passaporto, (malgrado l’aeroporto fosse ermeticamente chiuso) e i gioielli li tenevano addosso o nel mamad perché non si sa mai. Questione di inconscio collettivo evidentemente.
E adesso siamo tutti stanchi. E a molti gira la testa. Non in senso metaforico.
Con la relativa calma e il ritorno alla vita apparentemente normale è arrivata finalmente la stanchezza.
Il bisogno di dormire.
Abbiamo tutti sonno. Non si parla altro che di stanchezza, di quanto si è stanchi e di quanto si vorrebbe andare di nuovo a dormire. Io compresa. Non ho voglia di far niente. Non ho idee di nessun genere. Voglio solo riposarmi e non pensare a nulla. Anche quando dormo sogno di andare a dormire. E questi 600 e più giorni di guerra e morte e distruzione si confondono nella mia testa in un unico enorme evento di cui non riesco nemmeno più a ricordare le date , i confini, e gli eventi precisi, tanto da doverlo chiedere a chat gpt. Sono arrivati prima i missili Houti o quelli Hisballah? quand’è crollato il regime di Assad? E la storia dei cercapersone quand’è stata ?E quello di Nassralah ? E quand’è che gli ebrei in generale hanno cominciato ad essere accusati, a sentirsi in colpa? E di cosa? E anche la intelligenza artificiale mi è sembrata un po’ imbarazzata e confusa nella risposta.
Avrà bisogno di riposare anche lei.
2 Luglio 2025Permalink