27 marzo 2020 – L’Hospitale sulla antica via dei pellegrini a S. Tomaso di Majano (Udine). La New Entry corrisponde al tag GIULY

Ho ricevuto queste riflessioni dagli Amici dell’Hospitale di San Tomaso di Majano ,esse esprimono molto bene quello che ho pensato io in questi giorni. In effetti trovo straordinario il cambiamento che è riuscito a fare questo virus , riuscendo a stravolgere in pochi giorni il nostro forsennato correre e tante nostre abitudini e tante nostre false certezze. Giuly

Poco più di quindici giorni fa pensavamo che nessuno potesse fermare questo mondo in caduta libera che vedeva molti costretti a spremere ogni ora del loro tempo in una corsa sfrenata e irrazionale di consumi e spostamenti e tanti altri più o meno disperati impegnati invece ad attendere pazientemente di poterci entrare in quel mondo. Tutti sapevamo che era una follia destinata al collasso prima o poi, certo. Ma non potevamo immaginare che fosse così presto e che quell’equilibrio squilibrato fosse così precario. In due settimane si è fermato tutto per un fenomeno più o meno naturale come lo fu l’Influenza spagnola del 1918 o la peste del periodo antico e quella del 1348, del 1360, 1370, 1380, 1399,

tratto dal testo “L’Hospitale di San Giovanni di Gerusalemme” MDP, mappa concessa gentilmente da Markus e Kristine Banduch

1410, 1420 e poi del 1511 e del ‘600: un’epidemia pandemica. Ne usciremo questo lo speriamo ma è già un’immane tragedia per migliaia di persone e famiglie. Purtroppo non sta andando tutto bene, proprio per niente. Quasi mille morti al giorno, soli senza i propri cari, spesso senza un sacerdote, e ormai anche senza dottori. Mi ricordo nel 1996 quando parlammo per la prima volta di globalizzazione, pensai: E le epidemie, chi le fermerà? Pensavo anche alle epidemie di tipo politico-culturale. È la prima epidemia mondiale, ma non pensavamo che quel mondo fosse così fragile. Tutto basato sull’instabilità, sull’orlo della crisi: il sistema economico che consuma tutti gli altri, l’ambiente, l’umanità e la sua sanità.

Solo la primavera non ha subito rallentamenti anzi la città respira, i canali di Venezia sono trasparenti. Chi non leggeva un libro prima non lo legge neanche adesso. “Solo il mestiere del contadino si può ancora praticare”. La criminalità è gli incidenti stradali sono calati dell’80%.
Sembra che sia stata dichiarato il Cessate il Fuoco generale mondiale, sarebbe magnifico. Le famiglie hanno ritrovato, sia pure per forza, l’intimità e il tempo libero, certo quelle che per fortuna non sono state colpite dal virus o non sono rimaste divise dai confini che sono effettivamente stati chiusi, infine, ma per chiuderci dentro. Migliaia di lavoratori stranieri sono tornati in massa ai loro paesi, e molti che già meditavano il rientro non torneranno.
La cura dell’ospedale gratuito improvvisamente è di nuovo la cosa più importante, quello che ti cura perché vali tutto a prescindere da ricchezza, status, età, e patologie pregresse.
Rimpiangiamo di non esserci stretti la mano e guardati in faccia quando potevamo, speriamo di poterlo fare più avanti.

Abbiamo di nuovo bisogno solo delle cose essenziali, cibo e cure, tutti allo stesso modo. Tutto quello che ci sembrava importante non vale più, l’epidemia ha improvvisamente azzerato tutto. Eppure per la natura tutto sembra normale, la primavera apparentemente noncurante prosegue la sua rinascita, spinta dalla forza della vita, ci mostra la via.

Nulla sarà come prima, per un po’, anche se cercheremo di tornare dove eravamo, questo è certo. La vita umana è fragile. Non possiamo essere sempre impreparati a questo. Ma qui è la comunità umana globale a mostrare la sua fragilità. Sono saltati tutti i parametri, il Nord contamina il Sud, chi era chiamato ad accogliere ha bisogno improvvisamente dell’accoglienza, anche chi non aveva bisogno di nessuno ora necessita di cibo, dell’essenziale, della cura e del sacrificio di tanti.
Ma già ciascuno pensa a come uscirne più potente di prima a spese del vicino. Troviamo invece che questa possa essere un’occasione chiara per provare un cambiamento. Per riprovare la cura reciproca tra comunità umane. La comunità umana globale dovrebbe riconoscersi, ritrovare coscienza di sé, del senso del suo progetto, be’ almeno cominciare riprendere un percorso consapevole. Sembra un’utopia ma è già tutto accaduto nel tempo antico, quando è stato inventato l’ospedale gratuito, tra occidente e oriente, quello che ora ci sta salvando. Sembra difficile ma ora questa prova ci ha fatto volgere, tutta l’umanità, dalla parte giusta. La cura reciproca ha molti nomi antichi, ha a che fare con l’essenza dell’umanità, non è solo una pratica provvisoria per uscire dalla prova, ma è la via.
Allora, se non ora quando?

https://hospitalesangiovanni.wordpress.com/

 

27 Marzo 2020Permalink

27 marzo 2020 – La senatrice Segre: una signora che sa ma non l’abbiamo ascoltata

Dolore e sgomento nel pensare che un effetto del corona virus è quello di aver imposto a molte persone la morte in solitudine.
E qualche medico o infermiere cerca di dare parola con la voce strozzata di chi ha visto troppo a chi è morto solo (un dolore che non sappiamo e forse non vogliamo immaginare).
E al dolore che non sappiamo si aggiunge l’altro di chi non c’era e non poteva esserci per un saluto.
Fra noi – lontana perché la nostra sorte oggi è stare lontani dalle persone care – c’è una signora che può parlarci della morte in solitudine perché lei, molti anni fa , ha visto.
Era una ragazzina imprigionata nel lager per la colpa di essere nata. Aveva visto ciò che è impossibile immaginare e poi sarebbe stato impossibile da far capire: ce lo ha ricordato Primo Levi. Un elemento di solitudine in più.

E’ la senatrice Segre: “A tutti la cosa che fa più paura è di morire da soli”

Il portale Pagine Ebraiche 24 ha pubblicato ieri una conversazione con Liliana Segre, ripresa da Repubblica. La senatrice racconta le sue sensazioni di fronte all’emergenza sanitaria da Covid-19. Una conversazione, più che un’intervista, come chiarisce lo stesso giornale.
“Sa cos’è: non ho niente di originale da dire, né la mia immaginazione, né la mia fantasia, né il mio buonsenso, né altro.. Sono abbastanza sbalordita da quello che succede. E la verità è che non c’è niente da dire. Forse in troppi parlano e dicono troppo”.
La Segre paragona la pandemia al diluvio universale. Racconta di aver chiesto a figli e nipoti di tenersi lontani e di essere molto prudente. E racconta anche tutto il suo sconforto, lei, sopravvissuta all’Olocausto, di fronte a quanto accade in Italia.
“Non posso dirle quello che vorrebbe sentirsi dire. Che mi sono buttata nella lettura, che approfitto di queste giornate, come ho letto fanno in molti, per mettere in ordine la casa, per ritrovare fotografie… Siccome lo faccio da tutta la vita, di ritrovare fotografie, di frugare nei cassetti della memoria, io ora non lo faccio. Adesso non faccio nulla, sono di una pigrizia spaventosa. Dormo; faccio le parole crociate, fantastiche perché non pongono il vero problema ma problemi più stupidi. E telefono. Mi telefonano in tanti, autorità e amici che da trent’anni non sentivo per sapere, come ha fatto lei, se sono ancora viva. Parlo con persone della mia età, ci trasmettiamo le nostre consapevolezze. E devo dire la verità, a tutti la cosa che fa più paura è di morire da soli. Io ho già visto quelli che morivano da soli, ma non credevo di essere ora anch’io in prima linea. È un grosso distacco, inimmaginabile”.                                                                     [fonte 1]
La voce di chi ha saputo rinascere
Molti parlano del domani e doverosamente si preoccupano degli aspetti economici di un futuro che in questo momento è difficile delineare. E’ giusto ma non basta.
La rinascita richiede il fondamento di un’etica condivisa, come fu nel dopoguerra.
Può dirci molto anche la voce di chi ha saputo rinascere se la sapremo ascoltare.
Il mese prossimo la senatrice Segre avrebbe dovuto parlare agli studenti in un incontro organizzato.
Sarebbe stato la chiusura non del suo dire ma del suo peregrinare instancabile per parlare, comunicare soprattutto ai giovani nelle scuole le ragioni di un doveroso mai più.
Aveva dato inizio a questo suo impegno a sessant’anni e così si era presentata in senato, dopo la sua nomina voluta dal Presidente della Repubblica
“Ritengo un mio grande dovere dare voce, dare luce a quei sei milioni di esseri umani che sono stati sterminati, non perché avessero fatto qualcosa ma per la colpa di esser nati”
In senato aveva proposto una legge che non venne discussa e che venne trasformata in mozione. Non sappiamo se dopo la tragedia del coronavirus ci sarà modo di realizzare quel percorso di : “Istituzione di una Commissione parlamentare di indirizzo e controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza” che la senatrice ci aveva aperto.
Nella nostra regione ci fu un tentativo per far  conoscere quella proposta. Ne avremmo potuto condividere il significato, ma il tentativo fu rifiutato e il rifiuto venne sigillato dal silenzio costante di una diffusa indifferenza.
In questo momento quel ricordo fa male .  Un virus il cui agire è ben lontano dall’essere concluso ha interrotto molto anche delle vite di tutti noi.
Erano parole, quelle della proposta della senatrice che, se comprese e condivise con lucida responsabilità, ci aiuterebbero a costruire condizioni che rendano possibile impegnarci a superare una situazione di difficoltà con la necessaria condivisione che non consente di aggiungere ingiustizia alla tragedia. Ne avremmo bisogno, ma abbiamo saputo dire no, con la lucidità che vuole trovare nell’altro il “nemico” , capro espiatorio di ogni difficoltà che sopraggiunga, lo strumento per rendere operativo l’odio per troppi ormai un fondamento di scelta politica che si è fatta convincente.
Avremo bisogno della parola di una signora saggia, che era riuscita a trasformare il dolore in una proposta di vita sapiente.
“Dopo” la ascolteremo?                 [fonte 2]

Potrà accompagnarci una canzone?
Io non mi intendo questo tipo di espressione ma provo a trascriverne le parole.
Ci sono incappata per caso e mi ha incuriosito.

Ci salveremo tutti LOREN
Abbiamo bisogno dei ricordi belli
Per tenere lontano quelli brutti
E di sapere che alla fine
Ci salveremo tutti
La strada che facciamo a memoria
è di qualcuno che racconti
La nostra storia
Senza vittoria
Dei consigli giusti
Delle amicizie sbagliate
Di emozioni forti
Per i nostri corpi.
Abbiamo bisogno di silenzio
Per cancellare le certezze
Perché non puoi fare discorsi nuovi
Con parole vecchie
Di qualcuno che ci porti fuori strada
Mentre sentiamo di affogare
In questo fluido che
Molti chiamano aria
Demagoghe degli scarabocchi
E di un motivo che ci dia ancora la
Forza per guardarci
Siamo più di una sigaretta da fumare
Di un tatuaggio da fare
Di un neo sul naso da cancellare
Siamo più di una sigaretta da fumare
Di un tatuaggio da fare
Di un neo sul naso da cancellare
Mi…
Fonte: Musixmatch

[fonte 1]
http://moked.it/blog/2020/03/24/segre-la-grande-paura-morire-soli/

[fonte 2] Le parole che non abbiamo voluto ascoltare si possono leggere con il link che segue
www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01067819.pdf

27 Marzo 2020Permalink

26 marzo 2020 – Diariealtro cresce e raddoppia le corrispondenti. La new entry risponde al tag GIULY

Se il virus aggrava povertà e iniquità

Sono evidentemente una inguaribile illusa in questi giorni pensavo al Corona-virus come un potente richiamo mandatoci sui denti per farci capire gli errori che stavamo facendo in campo ecologico, in campo sociale, in campo economico etc etc.

Dopo che per decenni Il dio denaro e il profitto sono stati visti come unici valori imperanti, la natura è stata violentata anche qui per ricavarne il massimo profitto, dopo che non c’era mai tempo per i rapporti umani e regnava l’indifferenza per i più deboli, mi pareva quasi miracoloso che questa imprevedibile(?) calamità riuscisse in pochissimo in tutto il mondo a far riscoprire l’immenso valore della salute e la nostalgia per lo stare all’aria aperta, ci costringesse a stare insieme in casa , a mangiare in casa, a trovare un modo per stare assieme e da ultimo ci imponesse l’attenzione ai vecchi, soprattutto a quelli nelle case di riposo.

Oggi però un interessante articolo di Luigi Vicinanza sul Messaggero Veneto ha messo in dubbio le mie speranze.
Intanto molto “buffo sapere che entrambi i termini – epidemia e democrazia – hanno un’etimologia comune, dal greco demos, popolo. L’epidemia, come ha ricordato su “La Stampa” Bernard-Henry Lévy, è qualcosa che si abbatte sul popolo. La democrazia, lo sappiamo bene noi occidentali, è il potere controllato dal popolo. Mai, come in questi giorni di marzo, le due parole vanno in cortocircuito”.

Vicinanza inizia infatti dicendo che “Tra le tante certezze messe in crisi dall’epidemia di coronavirus figura anche la più preziosa di tutte, la democrazia“. Prosegue poi mettendo in evidenza come ormai tutti i capi di governo, di qualunque assetto politico chiedano ai loro popoli “un continuo scambio tra libertà individuali e salute pubblica”.

Convinto comunque della necessità di drastiche misure per limitare il contagio, porta l’esempio dell’Italia dove “l’emergenza sanitaria ha spinto la rappresentanza parlamentare in una preoccupante quarantena politica. Solo ieri sera il presidente del consiglio ha parlato alla Camera dopo aver interpretato per settimane il ruolo che non gli appartiene, l’uomo solo al comando”.

Prosegue poi dicendo “La nostra democrazia non è a rischio perché qualche golpista fuori dal tempo intende abbatterla. Semmai rischia di entrare in crisi per consunzione, perché inadeguata a fronteggiare qualcosa di mai sperimentato prima. Siamo solo all’inizio di un percorso sociale economico culturale destinato a condurci in terre incognite. Quanto durerà questo tempo sospeso? Quanto reggerà la coesione sociale prima che esplodano nuovi violenti conflitti provocati da povertà e diseguaglianze generate dalla crisi? Se nulla sarà più come prima, quali forme prenderà la vita pubblica dopo il virus? Non servono ora le polemiche e le scaramucce- lo ricorda ogni giorno Mattarella – ma ragionare sulle forme future della democrazia, grazie ai giornali, è un esercizio da praticare anche nelle ristrettezze della quarantena.”

In effetti oltre alle recriminazioni di personaggi di maggioranza e opposizione in questi giorni si è anche cominciato a parlare di serrata dei benzinai. Sarà difficile, quando tutto sarà finito, che chi per mesi ha preso solo un sussidio di 600€ o chi essendo in nero o disoccupato non ha preso neanche quello, guardando gli sciacalli che in questa occasione si saranno arricchiti non si ribelli. Dicono già che le mafie approfittando dello stato di emergenza e dell’assenza di controlli, si butteranno a capofitto sugli affari più redditizi e le multinazionali e le finanziarie compreranno le nostre aziende a prezzi stracciati.

Ma non io: I’ve a dream : ce la faremo , la botta in testa ci chiarirà le idee e riusciremo a tirare fuori la nostra parte migliore.

https://messaggeroveneto.gelocal.it/italia-mondo/2020/03/26/news/covid-19-se-il-virus-aggrava-poverta-e-iniquita-1.38640279

26 Marzo 2020Permalink

25 marzo 2020 – Un blog e qualche tag

Diariealtro nel  tempo del covid19 e dopo

Mi sono chiesta che uso fare di questo povero blog che però a me è stato tanto utile e lo sarà ancora perché con i suoi tag mi consente di leggere notizie e riflessioni secondo preordinati fili conduttori che, per quanto io so fare, trasformano notizie che potrebbero essere disperse in piccole strutture organizzate.
Negli ultimi anni mi sono state utilissime per seguire certi argomenti soprattutto quelli sviliti e sbeffeggiati perché riguardano diritti umani di chi non conta nulla perché non ha voce che urli in piazza e possa essere adoperata per farsene strumento di successo attraverso qualcosa che assomiglia al consenso, ridotto spesso a una becera conta di pollici alzati, like e altre amenità insignificanti.
Dal 13 marzo il mio blog ha un nuovo tag, pandemonio, cui è inutile apporre aggettivi. Segnerà quello che inserirò finché mi sembrerà il caso di inserire qualcosa.
Ieri Giuliano Pisapia, eurodeputato, ex sindaco di Milano, avvocato, ha risposto a una domanda importante:
«Secondo lei, in questi giorni drammatici di coronavirus la vita, la salute, valgono più del rispetto delle libertà individuali?»
«Non credo si possa fare una gerarchia, perché questa mette certamente la vita al primo posto, ma occorre la consapevolezza che una limitazione anche molto vasta delle libertà costituzionali può essere accettata con uno scopo preciso e per un tempo limitato».
Appunto un tempo limitato … ma io vedo un alto rischio

Il Grande Inquisitore e il rischio del futuro 

Premetto un passo che ricopio dal V capitolo de I fratelli Karamazov, il poema del Grande Inquisitore . È per me un testo importante da molti anni. Cerco di ricordare le situazioni in cui l’ho letto e mi vedo nelle case in cui ho abitato che segnano il mio tempo. L’ho fatto senza dubbio negli anni cinquanta e ora era molto tempo che non lo rileggevo.
In Spagna a Siviglia quando ardevano i roghi della Santa Inquisizione, si presenta Lui . E’ Gesù ma Dostoevskij non lo nomina
«Egli è apparso in silenzio, inavvertitamente , eppure, strano!, tutti Lo riconoscono».
Il Grande inquisitore Lo vede, Lo riconosce e ne ordina la carcerazione.
La notte va nella Sua cella. Il monologo che vi si s volge (Gesù non parla mai) credo sia uno dei testi più alti della teologia. A malincuore, perché copiare è cosa faticosa, ne trascrivo solo un tratto per me perfettamente pertinente a quanto sta accadendo:
«Hai Tu il diritto di rivelarci anche uno solo dei segreti di quel mondo dal quale vieni ?»
Gli domanda il mio vecchio . E subito dà la risposta lui stesso:
«No, non l’hai, perché aggiungeresti qualcosa a quello che hai già detto allora, e toglieresti agli uomini quella libertà che difendevi tanto quando eri sulla terra. Qualunque cosa Tu ci rivelassi ora , sarebbe un attentato alla libertà di fede degli uomini, perché apparirebbe come un miracolo; ma la loro libertà di fede già allora, millecinquecento anni fa, Ti era più cara di ogni altra cosa. Non dicevi sempre: “Voglio rendervi liberi”? Ebbene ora li hai v isti questi uomini ‘liberi’ »,
aggiunge a un tratto il vecchio con un sorriso pensoso. Poi, guardandolo severamente continua: «Sì, questa faccenda ci è costata cara, ma finalmente l’abbiamo portata a termine nel Tuo nome. Per quindici secoli ci siamo tormentati con questa famosa libertà, ma ora è finita, è finita sul serio. Non lo credi? Mi guardi con aria mansueta e non mi degni neppure della Tua collera! Ma sappi che oggi , anzi proprio ora , questi uomini sono più convinti che mai di essere perfettamente liberi , e invece hanno perso la loro libertà e l’hanno deposta umilmente ai nostri piedi. Siamo noi però che abbiamo ottenuto questo! Era forse questo che Tu volevi? Una simile libertà!» ….
« Perché ora (parla dell’Inquisizione, naturalmente ) per la prima volta è diventato possibile pensare davvero alla felicità degli uomini. L’uomo fu creato ribelle: forse che i ribelli possono essere felici? Tu eri stato avvertito (gli dice il vecchio), avvertimenti e consigli non Ti erano mancati, ma Tu non li volesti ascoltare. Tu rifiutasti l’unica strada per la quale si potevano rendere felici gli uomini. Per fortuna, andandotene, rimettesti la faccenda nelle nostre mani. Tu hai promesso, hai garantito con la Tua parola , hai dato a noi il diritto di legare e di sciogliere, e ora non puoi certo pensare di riprendertelo, questo diritto. Perché dunque sei venuto a disturbarci? »

Dostoewskij non è un profeta del covid19
ma quello che io temo lo lascio alle parole del Grande Inquisitore.
Persone con una concezione già traballante della libertà, non tanto a livello personale quanto a livello sociale (e ce ne sono tante), sono convinte di essere libere nel momento in cui negano diritti fondamentali d’altri e mentre credono di assicurarli a se stessi se ne privano in una incoscienza beota.
Si apre una ferita che rende banale il male e, normalizzandolo, non si rimargina, anzi imputridisce e diffonde la peste a chi, intontito, non si rende conto di esserne affetto.
Da dieci anni so che la malvagità dell’opportunismo amorale è diventata coscienza collettiva indiscussa: che fastidio ci dà che possano esserci bambini senza nome perché nati in Italia dopo il mese di agosto 2009, figli di migranti irregolari senza permesso di soggiorno?
Noi non siamo migranti irregolari senza permesso di soggiorno quindi …
Sarà questa una frase che segnerà ogni inizio di ogni pagina del mio blog finché ne avrò voglia.
So che probabilmente  il mio sogno di arrivare oltre il covid19 avendo coscienza che questo sfregio di civiltà va cancellato non avrà esito ma non è un motivo sufficiente perché io ne taccia.
Se approdassimo oltre il covid19 con questa consapevolezza avrei speranza nel futuro che invece temo dominato dalla specie rassicurante degli zombi inconsapevoli.
Naturalmente questo non sarà il solo motivo che rende felici gli zombi ma se ognuno passasse oltre il covid19 con il sogno di un diritto umano da difendere potremmo aver speranza nel futuro, nonostante tutto.
Non posso non vedere il Grande Inquisitore che mi sembra sghignazzi.
Vorrei togliergli quel ghigno

 

25 Marzo 2020Permalink

21 marzo 2020 – Nati in Italia senza nome, mai più-5

21 marzo 2020 – Nati in Italia senza nome, mai più_5

« Nell’odio in cui siamo immersi c’è spesso assenza totale di pensiero. Assoluta ignoranza della storia. Nonché, il più delle volte, inconsapevolezza di quali ferite si aprano nel ridare corpo a certi fantasmi. È come se nel gesto di odio si riassumesse una nuova ‘normalità’, una declinazione come un’altra della cultura imperante dell’outing. Ebbene, io a questo fallimento non voglio rassegnarmi e penso non sia giusto rassegnarsi». [fonte 1]

Così ha dichiarato in una sua intervista la ministra Lamorgese e sono parole in cui mi riconosco pienamente.

Nowrūz
Oggi è il primo giorno di primavera. Rappresenta anche l’inizio di un nuovo anno.
Gli iraniani lo festeggiano e lo chiamano Nowrūz ma anche – a causa della diversità di pronuncia fra le varie lingue e i vari dialetti – Novruz / Norouz

tomba di Ciro il grande

Quando sono stata in quello splendido paese che è l’Iran era la primavera del 2009 e il presidente Mahmoud Ahmadinejad sarebbe stato rieletto il successivo mese di agosto.
La festa di Nowrūz era illegale ma un ignoto aveva inserito un mazzolino di fiori primaverili nei godono di quella che è tradizionalmente nota come tomba di Ciro il grande, imperatore di Persia nel VI sec. a.C.
Lo potete vedere inserito in basso a destra fra le pietre della scalinata.
La foto non è bella ma sono orgogliosa di averla scattata e conservata.
Avevo capito il significato di quel minuscolo mazzolino.

Anche i virus hanno un nome – Covid 19 significa Corona Virus Disease 2019
Precisa Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS «dare un nome alla malattia è importante per evitare che vengano utilizzati appellativi scorretti o stigmatizzanti » e continua per il Covid «abbiamo dovuto trovare un nome che non si riferisse a una posizione geografica, a un animale, o a un individuo o un gruppo di persone. Un nome che sia anche pronunciabile e correlato alla malattia».
Troppo spesso abbiamo sentito abusare di una parola per identificare un gruppo di persone una categoria professionale, una popolazione intera con un termine spregiativo, tale da farne oggetto di disprezzo, di odio, per condannarla all’estraneità assoluta.
Il Presidente degli Stati Uniti ama chiamarlo “cinese”.
Chiaro! Essenziale!
In Italia si è fatto ricorso a un arzigogolo che raggiunge lo stesso effetto devastante ma, poiché è di difficile comprensione, la scelta di non vedere consente appunto di ignorarlo. [fonte 2]

FONTI
[fonte 1]
https://www.open.online/2020/02/06/luciana-lamorgese-odio-e-emergenza-di-questo-paese/

[fonte 2] Legge 94/2009 art. 1 comma 22 lettera g
g) all’articolo 6, comma 2, le parole: «e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all’accesso a pubblici servizi» sono sostituite dalle seguenti: «, per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie»;

21 Marzo 2020Permalink

19 marzo 2020 – Nel web, un regalo di Ascanio Celestini

ma non mancano le note stonate:

Leggo in un sito per altro interessante “Privazione di libertà personali senza precedenti, come neppure il nazismo è stato in grado d i praticare”.
La storia che ci sta addosso e cui non possiamo sfuggire può aiutarci a capire , a distinguere , a subire ma andrebbe affrontata con discernimento e rispetto.
Uno slogan può essere gratificante per il solo fatto di essere pronunciato ma nel suo diffondersi è pericoloso. Un tempo si diceva “un’arma di distrazione di massa”, parole che riemergono e di cui recupero il significato.
Trattengo questa espressione pro memoria, non polemizzo con il sito che l’ha ospitata e vado avanti.

06 Marzo 2020   Il parassita di Ascanio Celestini
Nel secolo scorso che è durato fino a qualche giorno fa ci siamo presi il lusso di starcene in vacanza protetti da un confine trasparente, ma impenetrabile. Di qua noi, di là l’altrove. Poi è arrivato il virus… Un diario nei giorni del Covid-19. Per non smettere di pensare.
Qualche giorno fa era il secolo scorso.
Non il ‘900 con le sue rivoluzioni, lotte operaie, letterature sperimentali, cinema neorealista, sensi di colpa post coloniali, minigonne e rock ’n roll. Qualche giorno fa avevamo l’impressione che il disastro fosse prerogativa dell’Altrove. In quel posto lontano ci stavano le guerre. Ogni tanto ci mandavamo i nostri soldati, ma noi ci tenevamo a distanza. Anche quando morivano. Anche quando erano i nostri fratelli. Della loro fine potevamo vivere il funerale di stato, tragico e igienico, non il pericolo di muoversi sotto le bombe. Nell’Altrove c’erano i poveri veri. Quelli senza niente. Senza nome. Gli esseri-numeri che cercavano di entrare a casa nostra. I governi ci aiutavano a tenerli fuori dalla porta e dai porti. Da questa parte del mondo c’eravamo conquistati il diritto di vivere la Storia come una meritata vacanza. Noi avevamo vissuto due guerre. Noi eravamo morti ad Auscwhitz, noi avevamo pensato un mondo migliore, libero e rispettoso della vita umana. Persino il disastro ecologico, pur avendolo provocato, era un incidente del quale potevamo vantarci di essere consapevoli. Questa consapevolezza ci bastava. Ci rendeva emancipati.
Dalla nostra vacanza guardavamo l’Altrove. In quel posto vivevano gli Altri. Vivevano e morivano come un tempo succedeva anche a noi. Nascevano come conigli, giravano scalzi, dormivano nelle baracche, si ammalavano e crepavano di malattie stupide che avevano colpito i nostri padri e i nostri nonni. Ma adesso noi non eravamo più preoccupati per queste disgrazie. Da questa parte del mondo le loro malattie mortali ci facevano sorridere, erano curabili con medicine in vendita nella farmacia sotto casa. Quegli Altri scappavano come un tempo eravamo scappati noi. Facevano viaggi infernali e arrivavano davanti alle nostre porte di casa. E noi ci dividevamo in due fazioni: quelli che mettevano il catenaccio e gli tiravano una secchiata d’acqua in testa e quelli che li accoglievano con democratico paternalismo. Noi continuavamo ad essere Noi. Loro erano gli Altri. Anche quando entravano dalla nostra parte del mondo si portavano il confine tatuato sul corpo.
Nel secolo scorso che è durato fino a qualche giorno fa ci siamo presi il lusso di starcene in vacanza protetti da un confine trasparente, ma impenetrabile.
Poi è arrivato il virus. Ha viaggiato in business class. È passato da un corpo all’altro durante le riunioni dei manager. È scivolato tra le dita nelle strette di mano pacifiche. È stato in crociera. Ha fatto il giro del mondo senza passaporto, ignorando le differenze di classe e di genere. Il parassita non fa differenze. Non parla nessuna lingua, ma comunica con un linguaggio universale. Ogni parte del nostro corpo socializza con quel piccolo essere bisognoso di entrare nella vita degli altri per sopravvivere. Nella vita di tutti. Solo Noi non riusciamo a capirlo. È indifferente alle nostre leggi e ai nostri confini, al denaro dei ricchi e alla miseria dei poveri, all’amore coniugale e a quello clandestino, alle religioni e alle loro certezze, alla paura per la morte, all’incertezza per il futuro, alla speranza che cerchiamo nel sapone col quale ci laviamo le mani.

https://nowxhere.wordpress.com/2020/03/10/ascanio-celestini-il-parassita/

https://comune-info.net/i-parassiti/

19 Marzo 2020Permalink

17 marzo 2020 – Nati in Italia senza nome, mai più_4

Un paradosso

Nel 2009 vigeva, per ciò che riguardava i migranti, una norma (la cd legge Turco Napolitano) che avendo istituito il permesso di soggiorno stabiliva in quali casi dovesse essere presentato agli sportelli di un pubblico ufficio e in quali casi no.
Fra i NO c’era la richiesta di registrazione della dichiarazione di nascita di un figlio in Italia che, con la legge 94 votata appunto nel 2009, viene invece caricata della presentazione del permesso di soggiorno dei genitori.
Ho cercato di sintetizzare questo problema il 14 marzo in una serie di comunicazioni , consapevole dell’inutilità di questa segnalazione che a fronte del mio: “ è possibile che accada visto che la legge c’è” riceve persino la risposta “non posso credere che succeda” .                                        [fonte 1]

Personalmente colloco questa situazione nel campo, sempre più efficacemente seminato, delle “parole d’odio”, un tema introdotto dalla senatrice Segre di cui ho ampiamente scritto nel mio blog diariealtro.
Si ottengono molte informazioni scrivendo Segre nella casella di ricerca.
Scelgo fra i tanti un commento della ministra Lamorgese (altra protagonista del mio blog più volte citata) e anche lei raggiungibile dalla casella di ricerca

6 febbraio: « Nell’odio in cui siamo immersi c’è spesso assenza totale di pensiero. Assoluta ignoranza della storia. Nonché, il più delle volte, inconsapevolezza di quali ferite si aprano nel ridare corpo a certi fantasmi. È come se nel gesto di odio si riassumesse una nuova ‘normalità’, una declinazione come un’altra della cultura imperante dell’outing. Ebbene, io a questo fallimento non voglio rassegnarmi e penso non sia giusto rassegnarsi».        [fonte 2]

Ecco il paradosso: abbiamo costruito le condizioni per cacciare nell’oscurità neonati – ed eravamo soddisfatti o indifferenti (il che più o meno è lo stesso) – ben sapendo che avevamo costruito l’arma per creare loro un danno irreversibile .
Ora un virus caccia noi nell’oscurità in cui vediamo una difesa e teorizziamo il dovere di chiuderci in casa e lo chiamiamo “sacrificio” nobilitando la nostra chiusura come scelta a beneficio nostro e di chi ci sta vicino.
«Basta leggere la Costituzione per essere certi che per i gravi stati di emergenza – ed è fuori discussione che quello del Coronavirus lo sia – si può contare su una piena garanzia che misure eccezionali sono possibili e quindi legittime».
È questo il parere di Gaetano Azzariti, professore di diritto costituzionale alla Sapienza di Roma.
[fonte 3]
Sappiamo quindi che la libertà appartiene alla persona umana non a una categoria privilegiata e che solo gravi emergenze possono consentire misure eccezionali.
Invece per la categoria di nati in Italia, figli di genitori “ irregolari”, la situazione di nascondimento non è eccezionale, è accuratamente descritta da norme precise.
Forse capiremo quello che abbiamo fatto quando ci sarà chi costruirà e farà accettare un’altra categoria da privare della libertà cui appartiene l’esistenza riconosciuta e poi un’altra e un’altra
ancora …. finché:

«Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare»
Martin Niemöller

FONTI
[fonte 1]          https://diariealtro.it/?p=7171
[fonte 2]
https://www.open.online/2020/02/06/luciana-lamorgese-odio-e-emergenza-di-questo-paese/
[fonte 3]
https://www.repubblica.it/politica/2020/03/08/news/coronavirus_azzariti_le_misure_sono_costituzional_a_patto_che_siano_a_tempo_determinato_-250680089/

17 Marzo 2020Permalink

16 marzo 2020 – Il Covid 19 arriva nel paese dei contabili storditi.

Ragionare?  C’è chi ha mantenuto l’abitudine .
Ma non è detto che “dopo” avrà un ruolo qualsiari, come non lo ha avuto negli ultimi anni

Lettera aperta di uno dei tanti Medici italiani…

Pubblicato su 11 Mar 2020 da infosannio
(Uno dei tanti Medici italiani…) – Ai Politici Italiani, che, dopo aver insultato all’inizio di questa emergenza i Medici di Codogno accusandoli ingiustamente di non aver rispettato i protocolli governativi, ora non sanno fare altro che ripetere “Ringraziamo i medici e gli infermieri, veri eroi di questo momento”, vorrei dire: “Risparmiateci tutte le vostre cazzate, che non sapendo Voi più cosa fare, fate oggi uscire a ruota libera dalle vostre bocche. Adesso, dopo anni di politica sanitaria incosciente, vi accorgete che mancano posti letto? che mancano i macchinari? che manca il personale sanitario e parasanitario ? …… Ma siete davvero degli Statisti educati nelle più prestigiose Università del mondo! Avete rovinato il Sistema Sanitario Italiano, introducendo criteri di selezione che poco avevano a che fare con il merito e le capacità. Aggrappandovi alle proclamate esigenze di ridurre il debito pubblico (che è continuato invece ad aumentare !), avete tagliato i posti letto, chiuso reparti, bloccato le assunzioni. Ora grazie a Voi l’Italia ha meno posti letto per 1000 abitanti di tutti gli Stati dell’Europa occidentale! Siete riusciti a creare una carenza anche nella professione infermieristica, che fino a qualche tempo fa rappresentava l’unica possibilità di impiego nella Sanità. A seconda delle Regioni avete bloccato i concorsi per dieci – quindici anni, e quando vi siete accorti che per vari motivi (retribuzioni spesso inadeguate all’impegno e alle responsabilità ed ai rischi professionali; inadeguata tutela sociale prima ancora che legale degli operatori sanitari, ecc.) il Medico non lo vuol fare più nessuno, che molti di noi preferiscono migrare all’estero abbandonando la Patria, e che, specie per il Pronto Soccorso, i concorsi vanno deserti, ora cosa fate? Cercate, con qualche mezzuccio, di migliorare il contratto di lavoro, dopo che per molti anni avete favorito la cultura del precariato e dello sfruttamento intensivo della professione medica. Avete seminato vento ed ora raccogliete tempesta. Avete quello che vi meritate! Confidiamo che la gente comune oggi capisca meglio quel che avete fatto e abbia ben presenti le Vostre responsabilità!”.
A tutti i Cittadini italiani che oggi ci ringraziano vorrei invece ricordare: “Noi siamo sempre gli stessi che vengono spesso aggrediti perché state aspettando il vostro turno e voi pensate che chissà cosa stiamo facendo invece di lavorare, siamo sempre gli stessi a cui distruggete i Pronto Soccorsi, siamo sempre gli stessi che “i pennivendoli” sbattono facilmente per qualunque motivo sulla prima pagina dei giornali riscuotendo il vostro plauso pur senza nemmeno conoscere bene i fatti, siamo sempre gli stessi che vengono offesi di continuo perché non capiscono nulla (mentre voi avete studiato alla “Google University”), siamo sempre gli stessi cui distruggete le ambulanze perché secondo la vostra logica siamo arrivati in ritardo, siamo gli stessi a cui spesso intralciate il lavoro perché voi e solo voi sapete cosa si deve fare in quei casi. Siamo sempre gli stessi che vengono uccisi di notte davanti all’ ingresso di un ambulatorio messo lì per voi…. “.
A tutti voi, Politici e Cittadini italiani chiedo “Ma perché…. e soprattutto per cosa ci ringraziate? Forse perché nessuno di voi sarebbe disposto a fare quello che noi facciamo, per libera scelta, ogni giorno? Ci ringraziate perché oggi avete paura? Forse perché continuiamo in silenzio a fare quello che facciamo ogni giorno?”.
Quello che sarebbe bello, invece, una volta spenti i riflettori e calato il sipario di questa sventurata ribalta, sarebbe il trovare in Voi un po’ di rispetto per noi nella quotidianità, nel nostro lavoro di tutti i giorni lontano dal clamore, non ringraziamenti ma solo RISPETTO. Questo basterebbe a farci capire che avete capito….
Io sono solo uno dei tanti Medici italiani…

https://infosannio.wordpress.com/2020/03/11/lettera-aperta-di-uno-dei-tanti-medici-italiani/

Lunedì, 16 marzo 2020 – Il premier inglese: «Molte famiglie perderanno i loro cari». Grazie Boris

Mauro Berruto manda un elegante messaggio al ministro inglese.
Sarà pure colto e saprà anche recitare l’Iliade in greco antico, ma quanto a etica classica …di Paolo Brambilla – Trendiest
“Sto a casa e scrivo… ” così esordisce Mauro Berruto quando compila queste poche righe, che gli scaturiscono spontanee dal cuore. “Aspettando che la grande scopa del Manzoni la smetta, e sono felice di non essere anglicano upper class, ma banale cattolico afflitto da pietas”.
Ne parliamo con Philippe Daverio. Scusa Philippe, ma Berruto si riferisce a quel pazzo di Boris?
“Condivido pienamente quello che ha scritto. Avrei voluto scriverlo io”.

Mauro Berruto: “Ho aspettato un po’ a scrivere, speravo di aver capito male. Invece il Primo Ministro del Regno Unito, intendeva dire proprio ciò che ha detto: “Abituatevi a perdere i vostri cari”.
Boris Johnson si è laureato ad Oxford con una tesi in storia antica. È uno studioso del mondo classico, appassionato della storia e della cultura di Roma, su cui ha scritto un saggio.
Ha persino proposto la reintroduzione del latino nelle scuole pubbliche inglesi”.

“Mr. Johnson, mi ascolti bene.
Noi siamo Enea che prende sulle spalle Anchise, il suo vecchio e paralizzato padre, per portarlo in salvo dall’incendio di Troia, che protegge il figlio Ascanio, terrorizzato e che quella Roma, che Lei tanto ama, l’ha fondata. Noi siamo Virgilio che quella storia l’ha regalata al mondo.
Noi siamo Gian Lorenzo Bernini che, ventiduenne, quel messaggio l’ha scolpito per l’eternità, nel marmo.
Noi siamo nani, forse, ma seduti sulle spalle di quei giganti e di migliaia di altri giganti che la grande bellezza dell’Italia l’hanno messa a disposizione del mondo.
Lei, Mr. Johnson, è semplicemente uno che ci ha studiato. Non capendo e non imparando nulla, tuttavia.
Take care”.

Beh, caro Berruto, l’hai proprio steso … non potevi essere più caustico …

Mauro Berruto ha studiato alla Facoltà di Lettere e Filosofia presso l’Università di Torino. Ha 20.000 followers su Facebook.

IMMUNITA’ DI GREGGE
Pochi giorni fa, su queste stesse pagine di Affari Italiani, Andrea Lorusso definiva “aspro” l’atteggiamento del Premier, ma figlio di una modalità comunicativa del tutto diversa rispetto agli altri Paesi dell’eurozona geografica, a cominciare dall’Italia. Dare per scontata “una brutalità”, un dolore, è stato un modo, triste ma consapevole per non gettare nel panico e nell’isteria il popolo, così come avvenuto da noi. Nessun assalto ai treni, niente zone gialle-rosse e pasticci interpretativi tra province, nessuna incertezza. Il punto, come sottolineava Andrea Lorusso, non è di non curarsi ed aspettare la morte in casa, ma di dar temp oal Sistema Sanitario di gestire con ordine il contagio, e soprattutto non procurare ulteriori danni al sistema economico e all’immagine dell’UK. Questa in fondo è la posizione di Boris Johson. E forse non è l’unico in Europa a pensarla così, visto che da un po’ circola il concetto perverso di “immunità di gregge”.
Non a caso l’immunologo Alberto Mantovani ha dichiarato ieri al Corriere della Sera «L’immunità di gregge è da irresponsabili: l’Italia deve essere fiera delle sue scelte coraggiose» e conclude: «L’immunità di comunità si costruisce in due modi: con il vaccino o in qualche misura in modo spontaneo, come succede con l’influenza (per la quale esiste comunque un vaccino fatto da circa il 40% degli italiani). Non è una protezione totale perché i virus possono cambiare a ogni stagione e vorremmo un vaccino più efficace, ad ogni modo buona parte della popolazione è protetta in una certa misura e questo serve ad attutirne l’impatto. Ma non siamo nella stessa situazione con Sars-Cov 2 perché è un nemico ignoto, ben più aggressivo di un’influenza: non sappiamo quasi nulla di lui»

https://www.affaritaliani.it/blog/imprese-professioni/il-premier-inglese-«molte-famiglie-perderanno-i-loro-cari»-grazie-boris-659349.html

La brexit. Un’immagine di chi la guida viene dal passato

16 Marzo 2020Permalink

16 marzo 2020 – Nati in Italia senza nome, mai più_3

Un ragazzino senza ‘documenti’.
Pochi giorni prima dell’arrivo del corona virus, mentre il gruppetto NonSoChe continuava instancabile le prove dello spettacolo che aveva organizzato per far conoscere la dimensione drammatica dell’essere persona nata e immediatamente privata di un’esistenza riconosciuta tramite il certificato di nascita , stavo considerando non da sola la possibilità di proiettare pubblicamente un film che identifica proprio quella tematica: CAFARNAO, scritto e diretto da Nadine Labaki.
[ fonte 1]
Nadine Labaki ha scelto per titolo una parola che significa “accumulo disordinato di oggetti”
per raccontare la storia caratterizzata da un forte senso di caos che travolge la vita del piccolo protagonista, interpretato da Zain Al Rafeea.

«Il dodicenne Zain vive tra le baraccopoli di Beirut con la sua famiglia ma, dopo essere stato arrestato per aver pugnalato un uomo, cita in giudizio i suoi genitori per averlo fatto nascere sapendo già di non potergli offrire cura, sicurezza e affetto.
La madre Souad e il padre Selim sono talmente poveri che non hanno potuto pagare le tasse per registrare la nascita dei loro figli che, pertanto, sono privi di documenti.
Per questo non possono andare a scuola e sono costretti a guadagnarsi da vivere con alcuni lavori improvvisati. Dopo che la sorella a cui è molto legato viene costretta a sposarsi a soli 11 anni, Zain scappa di casa e inizia a lottare per sopravvivere da solo in una realtà frenetica e difficile.
L’incontro con l’immigrante etiope Rahil un’anima gentile che sta nascondendo il figlio di un anno Yonas ai datori di lavoro e alle autorità in una baracca fra detriti e ruggine, gli dona una speranza seppur per poco».
La vicenda si snoda poi in un crescendo drammatico di cui sarà possibile avere qualche notizia da un’altra e più ampia recensione.          [fonte 2]

La recensione che segue e si può leggere integralmente in calce coglie un elemento fondamentale nella narrazione: l’impietosa immagine di un ambiente degradato il cui squallore materiale è immagine a specchio dello squallore morale .                                                                [fonte 3]

Quando l’età si misura dalle ossa del polso
Accade però che, concentrando l’interesse su questo aspetto, lo spettatore italiano allontani da sé il racconto che rappresenta l’estraneità assoluta dell’altro, del diverso da noi e in qualche modo
esorcizza il significato della domanda del giudice che si ascolta nella clip: “Quanti anni hai?”.
La crudezza del bambino che, guardando i genitori, risponde: “Lo chieda a loro” trova la risposta razionale nell’intervento dell’avvocata che lo rappresenta e spiega al giudice che Zain non ha il certificato di nascita consegnando un documento con l’ipotesi di un medico sull’età presumibile del ragazzino.
In Italia un piccolo figlio di sans papier non avrebbe bisogno di avvocato: potrebbe semplicemente citare la legge voluta per creare paura e che nessuno vuol modificare.

LINK

[fonte 1] Da qui si può vedere in anteprima la clip essenziale per capire il filo conduttore del film in anteprima
https://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2019/03/26/news/nadine_labaki_cafarnao_-222547112/

[fonte 2] Notizie essenziali sul film e accesso a numerose recensioni
https://www.mymovies.it/film/2018/cafarnao/

[fonte 3] Contraddicendo il mio costume nello stendere queste note (che non a caso e per me ho chiamato “fonti”) pubblico un articolo in chiaro.
Appartengo alla generazione dei pioneristici cineforum e non ho dimenticato l’importanza di Ladri di biciclette (1948), il film di De Sica che può aiutare una riflessione anche oggi.

https://www.mymovies.it/film/2018/cafarnao/pubblico/?id=1142643

lunedì 15 aprile 2019 L’infanzia rubata nel grande caos dell’esistenza di laurence316
Assurdamente criticato da una parte della miope critica italica (che ha voluto ad ogni costo vedere nel film inesistenti ricatti emotivi, spettacolarizzazioni, malcelate disonestà intellettuali, un deplorevole sfruttamento dell’infanzia [usata, a quanto pare, come “grimaldello emotivo”] e infiniti altri criminosi sotterfugi e doppi fini [a quanto pare, se ci si impegna a fondo, si può arrivare a convincersi fermamente della più inesistente delle presenze]), Cafarnao si afferma invece, al contrario, come uno dei più toccanti, commoventi ed insieme duri e amari film della stagione.
Un film che quella stessa critica non avrebbe mai osato criticare se fosse stato prodotto negli anni ‘50, recasse un’impronta maggiormente nostrana e passasse sotto l’etichetta di neorealismo. Sì, perché il 3° film della regista libanese non può che ricordare quella straordinaria stagione del nostro cinema. Non si tratta certo di un capolavoro di paragonabile statura, ma riporta alla memoria, in qualche modo, Ladri di biciclette, nel personaggio del piccolo Zain, meno impotente del piccolo protagonista del grande film del ‘48, ma altrettanto continuamente atterrito e abbattuto da un mondo di adulti indifferenti e approfittatori (e nessuno, non v’è dubbio, oserebbe parlare di “disonesto ricatto emotivo” nel caso del film di De Sica e del pianto finale del piccolo Bruno).
Ovviamente, in questo Cafarnao ci si spinge oltre: Zain, nella volutamente provocatoria scena iniziale, intende portare alla sbarra i propri genitori, “colpevoli” di averlo fatto nascere in tale miseria materiale e umana.
Con un ragionamento forse un poco troppo elaborato per un ragazzino di quell’età che non ha mai frequentato una scuola, Zain in ogni caso porta alla luce ineludibili e spinose questioni di pianificazione familiare e controllo delle nascite, inducendo immancabilmente lo spettatore a riflettere. Arrivando ad indagare dove si può dire che finisca la pura fatalità (la semplice sfortuna dell’essere nati in contesti simili ed essere di conseguenza costretti ad arrangiarsi come meglio si riesce) e dove invece inizi la responsabilità individuale (per esempio, nella decisione di trascinare in quella stessa crude e invivibile realtà nuove vite, per giunta in grande numero, per poi, magari, dare in moglie le femminucce alle prime avvisaglie di pubertà [ad un età in cui non può assolutamente esistere consenso ragionato né tantomeno reciprocità], al fine, si suppone, di alleviare un poco il disagio economico).
Altro tema cardine (e conseguente) è, ovviamente, quello dei diritti negati dell’infanzia.
Al di là di questi aspetti centrali, diversi sono gli ulteriori temi trattati, o anche solamente sfiorati (l’immigrazione, l’emarginazione sociale, il razzismo, la condizione femminile), ma il film non si fa mai predicatorio, ricattatorio, didascalico, ed anzi si mantiene saldamente per quasi tutta la durata (gli ultimi cinque minuti, alla ricerca di una sorta di lieta fine, sono forse un po’ deboli) e coinvolge fin quasi a togliere il respiro (“colpa” non solo della narrazione, ma di una macchina a mano che tampina costantemente i protagonisti [con una perseveranza che sarebbe piaciuta a Zavattini]).
Un film da vedere, umanista e indimenticabile, che riesce vincitore anche grazie alla straordinaria prova del piccolo protagonista (nella realtà un immigrato con vicende similari alle spalle, poi emigrato in Norvegia) e all’ottima fotografia di Aoun.

16 Marzo 2020Permalink

15 marzo 2020 – Recalcati_Riflessioni sulla libertà

Massimo Recalcati “La nuova fratellanza” in “la Repubblica” del 14 marzo 2020
I nazisti ci hanno insegnato la libertà, ha scritto una volta Jean Paul Sartre all’indomani della liberazione dell’Europa dal nazifascismo.
Per apprezzare davvero qualcosa come la libertà, bisognerebbe dunque perderla e poi riconquistarla? Ma non sta forse accadendo qualcosa di simile con la tremenda pandemia del coronavirus? La sua spietata lezione smantella in modo altamente traumatico la più banale e condivisa concezione della libertà. La libertà non è, diversamente dalla nostra credenza illusoria, una sorta di “proprietà”, un attributo della nostra individualità, del nostro Ego, non coincide affatto con la volubilità dei nostri capricci. Se così fosse, noi saremmo oggi tutti spogliati della nostra libertà. Vedremmo nelle nostre città deserte la stessa agonia a cui essa è consegnata. Ma se, invece, la diffusione del virus ci obbligasse a modificare il nostro sguardo provando a cogliere tutti i limiti di questa concezione “proprietaria” della libertà? È proprio su questo punto che il Covid-19 insegna qualcosa di tremendamente vero.
Questo virus è una figura sistemica della globalizzazione; non conosce confini, Stati, lingue, sovranità, infetta senza rispetto per ruoli o gerarchie. La sua diffusione è senza frontiere, pandemica appunto. Da qui nasce la necessità di edificare confini e barriere protettive. Non però quelle a cui ci ha abituati il sovranismo identitario, ma come un gesto di solidarietà e di fratellanza. Se i nazisti ci hanno insegnato ad essere liberi sottraendoci la libertà e obbligandoci a riconquistarla, il virus ci insegna invece che la libertà non può essere vissuta senza il senso della solidarietà, che la libertà scissa dalla solidarietà è puro arbitrio. Lo insegna, paradossalmente, consegnandoci alle nostre case, costringendoci a barricarci, a non toccarci, ad isolarci, confinandoci in spazi chiusi. In questo modo ci obbliga a ribaltare la nostra idea superficiale di libertà mostrandoci che essa non è una proprietà dell’Ego, non esclude affatto il vincolo ma lo suppone. La libertà non è una manifestazione del potere dell’Ego, non è liberazione dall’Altro, ma è sempre iscritta in un legame. Non è forse questa la tremendissima lezione del Covid-19? Nessuno si salva da solo; la mia salvezza non dipende solo dai miei atti, ma anche da quelli dell’Altro.
Ma non è forse sempre così? Ci voleva davvero questa lezione traumatica a ricordarcelo? Se i nazisti ci hanno insegnato la libertà privandocene, il coronavirus ci insegna il valore della solidarietà esponendoci all’impotenza inerme della nostra esistenza individuale; nessuno può esistere come un Ego chiuso su se stesso perché la mia libertà senza l’Altro sarebbe vana. Il paradosso è che questo insegnamento avviene proprio attraverso l’atto necessario del nostro ritiro dal mondo e dalle relazioni, del nostro rinchiuderci in casa. Si tratta però di valorizzare la natura altamente civile e profondamente sociale, dunque assolutamente solidale, di questo apparente “isolamento” che, a ben guardare, tale non è. Non solo perché l’Altro è sempre presente anche nella forma della mancanza o dell’assenza, ma perché questa auto-reclusione necessaria è, per chi la compie, un atto di profonda solidarietà e non un semplice ritiro fobico-egoistico dal mondo. In primo piano non è qui tanto il sacrificio della nostra libertà, ma l’esercizio pieno della libertà nella sua forma più alta. Essere liberi nell’assoluta responsabilità che ogni libertà comporta significa infatti non dimenticare mai le conseguenze dei nostri atti. L’atto che non tiene conto delle sue conseguenze è un atto che non contempla la responsabilità, dunque non è un atto profondamente libero.
L’atto radicalmente libero è l’atto che sa assumere responsabilmente tutte le sue conseguenze. In questo caso le conseguenze dei nostri atti investono la nostra vita, quella degli altri e quella del nostro intero Paese. In questo modo il nostro bizzarro isolamento ci mette in rapporto non solo alle persone con le quali lo condividiamo materialmente, ma con altri, altri sconosciuti e fratelli al tempo stesso. La lezione tremendissima del virus ci introduce forzatamente nella porta stretta della fratellanza senza la quale libertà e uguaglianza sarebbero parole monche. In questo strano e surreale isolamento noi stabiliamo una inedita connessione con la vita del fratello sconosciuto e con quella più ampia della polis . In questo modo siamo davvero pienamente sociali, siamo davvero pienamente liberi.

https://alzogliocchiversoilcielo.blogspot.com/2020/03/massimo-recalcati-la-nuova-fratellanza.html

https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2020/03/13/news/coronavirus_la_nuova_fratellanza_liberta_-251230782/

15 Marzo 2020Permalink