7 giugno 2016 – Il comune di Udine non vuole occultare neonati

E’ accaduta una novità che ho subito segnalato su facebook perché ritengo che vada ad onore del comune in cui abito: la mozione del consiglio comunale che impegna il Sindaco e la Giunta a «ripristinare la certezza delle situazioni giuridiche riconoscendo ai bambini il diritto ad un nome, all’appartenenza familiare e all’identità» è stata votata all’unanimità. Di seguito ne propongo una sintesi e il link per leggerla integralmente

La mozione 48 in sintesi

Il 31 maggio il Consiglio comunale di Udine ha approvato all’unanimità la mozione n. 48 “Registrazione anagrafica dei bambini stranieri nati in Italia da genitori non regolarmente soggiornanti”, prima firmataria la consigliera comunale Chiara Gallo. La mozione sostanzialmente impegna il Sindaco e la Giunta a «ripristinare la certezza delle situazioni giuridiche riconoscendo ai bambini il diritto ad un nome, all’appartenenza familiare e all’identità». Come più volte ho scritto tale certezza (mai precedentemente messa in discussione) era stata devastata dal cd ‘pacchetto sicurezza’ nel 2009 (legge 94, art. 1 comma 22 lettera 9) che prevede la presentazione del permesso di soggiorno per richiedere la registrazione delle dichiarazione di nascita dei propri figli. E’ chiaro che ciò costituisce un ostacolo che la legge crea contro il diritto fondamentale di ogni nuovo nato ad esistere e determinando  uno stato di paura nel genitore che ove dicesse “io sono padre/madre di questo nato” si esporrebbe alle ritorsioni anche drammatiche conseguenti l’evidenza della sua situazione di irregolare. Così, come testimonia il gruppo Convention on the Rights of the Child (coordinato da Save the Children),  ci sono ‘bambini invisibili’, privi di ogni identità. La mozione è composta di due parti, la prima concerne il testo che era stato presentato – e mai discusso – il 19 maggio 2015 e chiedeva l’impegno del Sindaco e della Giunta a sollecitare la calendarizzazione delle proposte di legge allora all’attenzione del Parlamento finalizzate appunto ad assicurare il certificato di nascita ad ogni nuovo nato. Il 31 maggio 2016 il testo della mozione è stato aggiornato in considerazione del fatto che il principio affermato nelle proposte del 2013 e del 2014 è ora all’attenzione della commissione Affari Costituzionali del Senato come comma 3 dell’art.2 di una legge  già approvata dalla camera. (Chi volesse prenderne visione può inserire in un motore di ricerca la dizione Senato 2092) Opportunamente, nel clima di disinformazione che caratterizza questo problema, la mozione evidenzia «che quando si parla di “cittadinanza” per questi bambini non ci riferisce a quella che si acquisirebbe ius soli, fattispecie ad oggi non prevista dal nostro ordinamento, ma a quella che discende dai loro genitori alla quale anche oggi avrebbero diritto» Se il Parlamento accoglierà la raccomandazione del Consiglio Comunale di Udine (cui speriamo altri comuni si associno) assicurerà – insieme al rispetto di un diritto primario di ogni nuovo nato in Italia – la dignità dei sindaci oggi violata da una norma che limita il loro dovere assoluto alla registrazione delle nascite sul loro territorio.

Chi volesse leggere integralmente il testo della mozione può farlo dal sito

http://www.centrobalducci.org/easyne2/LYT.aspx?Code=BALD&IDLYT=359&ST=SQL&SQL=ID_Documento=2710

Speranze e ricordi

Se altri comuni imitassero … se ne prendessero atto associazioni di donne facendo mente locale almeno alle madri cui non è consentito dichiararsi tali nel comune in cui pur vivono, se ne prendessero atto organizzazioni del mondo della scuola che, se i figli dei sans papier potessero andare alla scuola dell’infanzia ne avrebbero vantaggio nel lavoro di ‘alfabetizzazione’ e –alla conclusione dell’obbligo – non abbandonerebbero ragazzini al nulla della iscrizione con permesso di soggiorno del genitore, se le chiese cristiane (sia cattolica che protestanti) quando proclamano generosità e solidarietà e persino giustizia si ricordassero che sono –data l’ostentata autorevolezza – complici di chi vuole nuovi nati occultati e senza nome  … se … ma….

Voglio però ricordare che quando la legge nota come pacchetto sicurezza fu presentata al parlamento era prevista l’abrogazione dell’articolo che, presente nelle norme già in vigore, recitava: «L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano».

Se ne fosse stata realizzata la cancellazione sarebbe stato negato il principio del segreto professionale fondante la deontologia medica che impegna il medico a: “mantenere il segreto su tutto ciò di cui è a conoscenza in ragione della propria attività professionale”. … e precisa ancora che “la violazione del segreto professionale assume maggiore gravità quando ne possa derivare … nocumento per la persona assistita o per altri”. Ricordo la reazione allora fortissima degli ordini professionali, da noi pubblicizzata dalla componente locale della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, e voglio citare quanto scrisse l’allora Presidente provinciale dell’Ordine dei medici di Udine in un comunicato pubblicato anche dai media locali: «Qualora dovessero passare i provvedimenti annunciati dal governo, i medici dovranno rifiutarsi di denunciare i pazienti immigrati irregolari, esercitando l’obiezione di coscienza per non venir meno ai principi etici e deontologici della loro professione».

Purtroppo, anche per l’indifferenza della società che si definisce civile, restò in legge la condanna per i neonati, ultimo resto di un progetto che si era proposto di usare anche la debolezza del malato, dell’infartuato, del ferito per farne forza di chi lo volesse distruggere.

Ora per esibire la propria ostentata brutalità dispone dei più deboli, dei neonati condannati a vita a non esistere

Perciò  solo alla politica – che non si umili alla ricerca di consenso fondato sul numero di chi si associ alla volontà devastatrice o pigramente ne taccia – è dato essere parola autorevole e alta per affermare un principio che ne proclami l’onore nel farsi voce di chi nasce sul nostro territorio, chiunque sia, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali (art. 3 Costituzione).

7 Giugno 2016Permalink

8 maggio 2016 – Come violare neonati e farsi beffe della costituzione

 L’età è una questione anagrafica.
Vado nel sito facebook e trovo la promozione – che spesso si ripete – del progetto di International Plan che si occupa del sostegno a bambini – e particolarmente a bambine – nei paesi del Terzo mondo. Lo slogan che usa oggi è molto interessante e l’ho scelto come titolo per introdurre la citazione che ho ricopiato e trascrivo.

«Troppe bambine ancora al giorno d’oggi non hanno un certificato di nascita che permetta di dimostrare la loro età anagrafica, rischiando di sposarsi molto giovani. Con l’adozione a distanza potrai far vivere a una di queste bambine ogni cosa a suo tempo. »

A seguito del pezzo di Plan International seguono alcuni commenti che ricopio anonimi, identificandoli con un numero e l’indicazione del sesso che ricavo dal nome dichiarato

1 donna – Pensi che sapere quando sono nate cambi il loro modo di vivere?

2 uomo – Queste vengono identificate ed i delinquenti che sbarcano in Italia no, è giusto?

3 uomo – Fategli un tatuaggio nella pianta del piede con la data di nascita giusto per sapere la verità
(NdR: Déja vu ad Auchswitz dove però il codice di identificazione veniva apposto sul polso degli internati mentre l’attuale interlocutore privilegia il piede)

4 uomo – Quindi se l’arabo le violenta non può scattare l’arresto. Potrebbe essere maggiorenne anche appena nata queste sono le bestie che ci stiamo portando a casa nostra non solo non sappiamo chi sono da dove vengono se sono maschi o femmine ma addirittura non sappiamo neanche che sono nati. Va bene per la pensione che Renzi gli darà ( dichiarazione: bambina nata nel 1940 anni 75 pensione subito)

Trascrivo quanto ho scritto io. So che è inutile ma che posso fare? Altre volte sono intervenuta, sia nei confronti di International Plan sia nei confronti dell’Unicef perché, oltre a far conoscere il significato universale del certificato di nascita, si impegnino anche in Italia a darne certezza come vuole la legge violata e beffata. Non ho avuto risposta ma non voglio smettere «Il certificato di nascita è connesso solo indirettamente all’adozione a distanza perché deve essere documento rilasciato e riconosciuto dalle autorità competenti. In paesi in via di sviluppo dove l’organizzazione istituzionale è precaria e inadeguata questo è problema grave e difficile. Non dimentichiamo che in Italia, dove l’organizzazione prevista dalla Costituzione esiste dagli enti locali allo stato, c’è una legge che con un linguaggio criptico e confuso ma efficace nega il certificato di nascita ai figli dei migranti privi di permesso di soggiorno. Per informazione si vedano i rapporti pubblicati annualmente al gruppo CRC , coordinato da Save the Children (Convention on the Rights of the Child-www.crc.net). In Italia sarebbe sufficiente la modifica della legge cd pacchetto sicurezza cui si oppone l’opportunistica pigrizia della politica e l’indifferenza della società civile che su questo problema non oppone parola alcuna (si tratta della legge 94/2009 art. 1 comma 22 lettera g che nel testo unico sull’immigrazione, d.lsg 286, è il comma 2 dell’art. 6). E’ chiaro che in Italia la mancanza del certificato di nascita crea molti degli ostacoli descritti per i paesi in via di sviluppo ed è un elemento di decadimento della civiltà che pretendiamo rappresentare anche altrove».

Nel 2009, sapendo che fra gli italiani c’è chi pratica la cultura della discriminante xenofoba fino a penalizzare i neonati, il Ministro Maroni si è potuto permettere di far approvare anche la legge che nega il certificato di nascita ai figli dei migranti senza permesso di soggiorno. Il Parlamento che non si impegna a correggere questo scempio, se ne fa garante consenziente. La società civile vuole esserne complice?

Cercherò di inviare questo testo a chi può farsene carico per promuovere una modifica per cui sto dandomi da fare da sette anni.

 

8 Maggio 2016Permalink

25 febbraio 2016 – Un capro espiatorio deve continuare ad esistere

Il senato ha approvato.

E voglio pensare con riconoscenza ai senatori che si sono adoperati per salvare il salvabile. Ricordo tre nomi: Cirinnà, Lo Giudice, Lo Moro, sperando ce ne siano altri altrettanto determinati.

Intanto però non mi nego il diritto di scrivere quello che penso io.

L’amara fulminea battuta di Jena è una buona premessa “Tesoro, la tua mamma è morta ma io non ti posso adottare.  E quindi?   Divertiti all’orfanotrofio”.

E’ accaduto l’inimmaginabile: un senato organizzato contro i bambini!

Infatti uno dei punti di forza imposti col voto di fiducia è la scomparsa della stepchild adoption

I nostri eroi hanno dimenticato la necessità di tutelare il superiore interesse dei bambini, di tutti i bambini, pur affermato in una legge, ratifica di una convenzione ONU, che forse non conoscono (176/1991). Nel 2009 erano riusciti (benedicente Maroni) a cancellare del tutto quelli con genitori non comunitari burocraticamente irregolari, oggi hanno pensato a cancellare la certezza della continuità affettiva per quelli con due mamme e due papà.

Dal cinismo politico al cinismo vescovile

L’Avvenire (autorevole voce della Conferenza Episcopale Italiana) oggi scrive a firma di Angelo Picariello: «.. sulle adozioni viene detto con chiarezza che non si applica per intero la legge 184 del 1983 che regolamenta la materia: non c’è più quindi non solo la stepchild adoption, ma anche l’ac cesso alle adozioni speciali. Sebbene, si aggiunge, “resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozioni dalle norme vigenti”, lasciando quindi aperta la possibilità di specifici pronunciamenti dei giudici minorili» Poiché questi signori e monsignori sciocchi non sono sanno benissimo che, per quanto esperti e consapevoli siano i magistrati, la situazione dei loro uffici rende per sé lenti i processi e che quindi la posizione del bambino, abusato per spaventare i genitori, si può ancora adoperare in uno spazio di grave insicurezza. L’avevo già sospettato seguendo il disinteresse con cui il mondo cattolico in genere e la sua componente gerarchica in particolare (pur impegnata in un “sinodo sulla famiglia”) aveva voltato le spalle ai bambini invisibili per legge. C’è stato un momento in cui avevo sperato la voce della CEI si scuotesse dal suo glaciale torpore (che tanto l’avvicina al torpore laico) quando – fra il 30 settembre e i primissimi giorni di ottobre delle scorso anno – Avvenire ne aveva parlato. Una svista perché poi ha perseguito della sua cecità tanto ignobile quanto volontaria. Ne avevo scritto sul mio blog del 17 ottobre   https://diariealtro.it/?p=4045 Concludo con una citazione da un articolo di Rodotà da La Repubblica di oggi: «… i bambini, strumentalmente come oggetto di una necessaria tutela e che. invece, rischiano d’essere ricacciati in una condizione di discriminazione, creando una nuova categoria di ‘illegittimi’. più che un intento discriminatorio ormai uno spirito persecutorio».

Un capro espiatorio deve continuare ad esistere

La triste approvazione probabilmente necessaria del ddl Cirinnà ora affida il testo alla Camera. Cosa accadrà se non lo approvano così com’è? Un nuovo balletto sulla pelle dei bambini? Il capogruppo del Pd ha concluso assicurando una prossima modifica della legge sull’adozione. Legge necessaria ma qualcuno gli avrà detto che l’adozione riguarda chi non ha genitori e che invece i piccoli discriminati radicalmente dalla nascita hanno i genitori che però la legge ha condannato a costruire l’inesistenza dei figli? Qualcuno si occuperà anche di loro o un capro espiatorio deve continuare ad esistere? E perché continui ad esistere tornerà a sbucare un cardinale sostituto del presidente dell’Assemblea?

25 Febbraio 2016Permalink

23 febbraio 2016 – Capri espiatori sempre pronti all’uso

Il Senato voterà (se voterà) la ‘legge Cirinnà’ senza l’art. 5.
Ci sono riusciti: hanno ‘concesso’ ciò che era possibile, avendo di fronte una richiesta consolidata dal fatto di proporre come obiettivo una norma ormai diffusa in molti stati europei, pur escludendo il matrimonio e collocandola nell’ambito delle Unioni Civili. Era necessario però mantenere un ostacolo di quelli cari ai muri che, non potendo tradursi in filo spinato e cemento, si consolidano nelle nostre teste. Dovevano dimostrare alla cultura del pregiudizio (cui non premetto l’abusato ‘catto’ perché appesta anche le più sedicenti ‘laiche’ collocazioni) di essere forti di fronte ai cedimenti a una diversità incombente e così. sordi all’appello di più di 700 giuristi, indifferenti all’appello di 400 intellettuali, hanno ostentato di ignorare la disparità che la legge ora impone fra i figli che vivono nell’ambito di unioni omossessuali e i figli di un componente di coppie sposate che possono essere adottati dal coniuge.

Il giurista Stefano Rodotà ha scritto: (La Repubblica 23 febbraio 2016): «Di fronte a noi è una grande questione di uguaglianza, di rispetto delle persone e dei loro diritti fondamentali, che non merita di essere sbrigativamente declassata, perché altre urgenze premono. I diritti, dovremmo ormai averlo appreso, sono indivisibili e quelli civili non sono un lusso , perché riguardano libertà e dignità di ognuno» Occorre invece: « sfuggire alla superficialità con la quale troppo spesso in Italia si affrontano questioni serie come quelle riguardanti le adozioni coparentali (stepchild adoption). Tema, questo, che trascura del tutto le dinamiche degli affetti, la genitorialità come costruzione sociale e che, a giudicare da alcuni improvvidi emendamenti al disegno di legge in discussione al Senato, rischia di lasciare bambine e bambini in un avvilente limbo che di nuovo nega dignità ed eguaglianza».

La memoria risveglia il disgusto.
Risento quello che mi aveva inorridito in anni lontani quando si usava lo spauracchio di una stigmatizzazione infamante contro le ragazze madri (non c’era ancora la prova del DNA e i padri potevano scivolare nell’ombra) e i bambini finivano in istituti così redditizi per i gestori che credo li rimpiangano ancora. Non riesco a dissociarmi dall’immagine del senator Monti (uno fra i tanti) che si pronuncia contro la stepchild adoption. E’ ben vero che ha cinque anni meno di me ma non sono abbastanza per immaginare si sia dimenticato del dibattito nella società che portò nel 1975 alla modifica del codice civile che fece scomparire l’infamia di quel NN. E dov’era quando si discusse la legge sulle adozioni? Ora parla e a me sembra un penoso vecchio immemore, un’icona della cultura che non ha imparato a guardare ai bambini come persona. Ma è solo uno fra tanti.

Le colpe dei padri e delle madri ricadano sui figli. Il parlamento approva

In questo blog, nel 2009 avevo parlato dei figli dei migranti senza permesso di soggiorno, cui è negato il certificato di nascita, come di cartine al tornasole e la mia vecchia intuizione ha funzionato. Quei bambini invisibili mi hanno accompagnato in tutti questi anni e, se non è dato vederli, sono però ben visibili coloro che hanno ostinatamente scelto di non riconoscerli uguali nei diritti ai loro coetanei, ricchi del merito di aver genitori burocraticamente accettabili. Ho potuto constatare come l’esercizio del rifiuto alla registrazione della nascita di questi bambini, il fermo riconoscimento che una categoria di nuovi nati si può negare, abbiano consentito a chi dovrebbe avere l’onore di testimoniarne l’esistenza (i sindaci prima di tutto)  di esercitarsi a non farlo.

Se il parlamento approva, il ‘sacro’ consente

Il rifiuto può assumere addirittura il marchio accattivante della sacralità Un sacerdote, trasmettendo legittimamente e con timbro vescovile, le informazioni turistiche relative al trasferimento a Roma per il recente family day così si firmava:  “Responsabile del Coordinamento Diocesano per la custodia della verità su persona, procreazione e famiglia”. Ne ho parlato con parecchie persone e ho trovato da parte di non cattolici supponente irrisione e da parte di cattolici acquiescenza che, quando non era consenso, era fatalistica rassegnazione. Comprensione del problema, poca. Dovrò pensarci ancora.

FONTI:

1 – Appello dei giuristi. Si legge nel sito di magistratura democratica:
http://www.magistraturademocratica.it/mdem/articolo.php?id=2440&a=on ed è trascritto nel mio blog il 14 gennaio
https://diariealtro.it/?p=4186

2  –  Agli onorevoli membri del Parlamento italiano, La legge Cirinnà rappresenta, oggi, l’occasione storica di fare un primo passo verso il riconoscimento di diritti civili e umani fondamentali. È tardi per perdersi in strategie politiche, si sta parlando delle vite concrete di milioni d’italiani in estenuante attesa di esistere agli occhi dello Stato. Siamo fuori tempo massimo, come hanno chiaramente indicato la Corte Costituzionale e la Corte Europea dei Diritti Umani. La legge Cirinnà è già frutto di numerosi compromessi con un Parlamento che, in nome di una presunta difesa dell’infanzia, sceglie di ignorare i bambini italiani che oggi crescono privati dei loro diritti. Se comparata alle leggi vigenti nei Paesi a noi vicini e affini, questa legge, oltre ad arrivare ultima in Europa occidentale, garantisce il minimo dei diritti alle persone LGBT. Un minimo oltre il quale non si può sconfinare, perché significherebbe approvare una legge di facciata o peggio lesiva, rimandando al mittente il riconoscimento di legittimità di milioni d’italiani e delle loro famiglie. Accorgersi di un’ingiustizia e correggerla a metà, significa perpetuarla. È insufficiente non essere razzisti, omofobi o sessisti, è necessario essere operosi nella lotta contro il razzismo, l’omofobia o il sessismo, combatterli ovunque si celino, soprattutto attraverso gli strumenti legislativi in mano al Parlamento. Un Paese dove tutti i cittadini, di là dal genere, razza, o orientamento sessuale, godono di pari opportunità, è un Paese più ricco, produttivo e felice. Il prezzo dell’esclusione lo paga la società intera. Abbiamo oggi l’occasione di fare la Storia, chiediamo pertanto la celere approvazione della legge Cirinnà nella sua completezza, permettendo all’Italia di unirsi al resto d’Europa e di sempre più Paesi del mondo nel riconoscimento di diritti fondamentali a tutti i suoi cittadini.

http://www.repubblica.it/politica/2016/02/21/news/unioni_civili_lettera_appello_change_org-133932321/?ref=HREC1-3

3 – art. 44 della legge n. 184/83 così come sostituito dalla legge n. 149/2001

4 – Legge 19 ottobre 2015, n. 173 “Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare”.
8 novembre 2015 –   https://diariealtro.it/?p=4081

5 – 1 novembre 2009 . Mi ha convinto l’on. Binetti. https://diariealtro.it/?p=222

23 Febbraio 2016Permalink

21 agosto 2015 – Una lettera aperta. Si attende risposta del destinatario

oggetto: lettera aperta – diritto di ogni neonato al certificato di nascita

19 agosto 2015

A S. E. mons Nunzio Galantino Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana

Egregio monsignore,
cito da un articolo di Avvenire del 18 agosto «nessun politico dovrebbe mai cercare voti sulla pelle degli altri».
La frase che le è attribuita si colloca nella polemica di questi giorni che riguarda l’incapacità della politica di fronte alla necessità di accoglienza a dei profughi.
Da parte mia voglio fare un passo indietro, indietro di sei anni, quando fu approvata la legge 94/2009 (il cd ‘pacchetto sicurezza’) che impose la presentazione del permesso di soggiorno per la registrazione della nascita di un figlio in Italia anche a chi, per essere irregolare, il permesso di soggiorno non ha.
Preciso, per evitare una diffusa confusione fra la garanzia del certificato di nascita e la concessione della cittadinanza italiana, che quel figlio, se ne fosse registrata la nascita, avrebbe la cittadinanza dei genitori e non quella italiana.
Quella norma, che ancora è in vigore, fu voluta e votata con voto di fiducia (era il quarto governo Berlusconi, ministro dell’interno Maroni) nonostante l’abiezione insita nella trasformazione di un neonato in capo d’accusa per determinare l’espulsione di coloro che, non avendo il piccolo neppure un certificato di nascita, non sono legalmente i suoi genitori.
Esiste la scappatoia di una circolare che consente ciò che la legge nega … ma il principio d’infamia resta in legge, funzionale alla ricerca del consenso di una politica che Lei ha definito esercitarsi ‘sulla pelle degli altri’, in questo caso neonati.
La situazione che ne consegue è descritta nell’annuale rapporto del Gruppo Convention on the Rights of the Child dove 80 associazioni, fra cui la Caritas nazionale, segnalano che “l’introduzione del reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, obbliga alla denuncia i pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio che vengano a conoscenza della situazione di irregolarità di un migrante. Tale obbligo rappresenta un deterrente per quei genitori che, trovandosi in situazione irregolare, non si presentano agli uffici anagrafici per la registrazione del figlio, per paura di essere identificati ed eventualmente espulsi”.
Il parlamento ha gli strumenti per modificare la legge ma a tanto non provvede anche se il ritorno alla situazione precedente il ‘pacchetto sicurezza’ non comporta oneri di spesa.
La Chiesa cattolica si appresta a celebrare due importanti appuntamenti: il Sinodo ordinario (4-25 ottobre 2015) e il Quinto Convegno Ecclesiale Nazionale (Firenze 9 -13 novembre 2015) ed esistono documenti preparatori di quegli eventi che testimoniano un’attenzione ampia e anche nuova alla famiglia e ai soggetti fragili che ne fanno parte o ne sono privi ma i neonati stranieri, cui la famiglia è negata per legge, non sono nominati mai.
Le chiedo, come Segretario generale della CEI, di inserire nella sua richiesta di una politica ‘diversa’ anche l’attenzione dovuta a questi neonati abbandonati da tutti e di provvedere che a tanto si dimostri attenta anche la Chiesa che si esprimerà nel Sinodo e che si riunirà in Firenze il prossimo novembre.
Grata per la Sua attenzione, porgo distinti saluti

Augusta De Piero

La lettera è stata pubblicata il 20 agosto nel sito ‘ildialogo[.]org’

21 Agosto 2015Permalink

23 luglio 2015 – Il nuovo capro espiatorio: i nati in Italia dal 2009, figli di migranti irregolari

La sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo (CEDU)

Il 21 luglio 2015 la Corte di Strasburgo, nel censurare l’Italia perché la sua legislazione non tutela “le esigenze fondamentali di una coppia convivente dello stesso sesso impegnata in una relazione stabile”, ha ricordato al nostro paese che le unioni fra persone dello stesso sesso devono essere riconosciute in una forma che ne cancelli la discriminazione fondata appunto sull’orientamento sessuale

Il 22 luglio scriveva su la Repubblica il giurista Rodotà (in un articolo di cui non posso riportare il link perché on line è leggibile solo per chi sia iscritto al sito a pagamento e mi limito quindi a quanto ne ho manualmente ricopiato): «I giudici di Strasburgo hanno esplicitamente ricordato le loro precedenti decisioni sul riconoscimento delle unioni civili […]  Su questo punto la sentenza è chiarissima. I silenzi del Governo, la totale disattenzione di fronte ad espliciti inviti rivolti nel 2010 dalla Corte Costituzionale e nel 2013 dalla Corte di Cassazione , l’assoluta inazione del Parlamento hanno determinato una grave violazione del diritto alla tutela della vita privata e familiare, riconosciuto dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. […] La decisione della Corte non può essere facilmente aggirata ed è bene ricordare che è stata presa all’unanimità» 

Non dobbiamo dimenticare che la Corte europea agisce a seguito di denunce precise.

Nel caso specifico la vicenda che ha aperto la strada alla sentenza parte dalla denuncia di tre coppie, guidate da Enrico Oliari (Gaylib, associazione di gay liberali e di centrodestra), che, rivoltesi ai comuni di appartenenza, hanno visto negare il loro riconoscimento da parte dell’ente.

Il seguito è noto e perché ne sia chiaro il riferimento trascrivo l’art. 8 della Convenzione, citato da Rodotà:
«Articolo 8   Diritto al rispetto della vita privata e familiare

  1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.
    2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui
    »

Quindi oggi, per penalizzare un’unione omossessuale, dovremmo ripristinare la concezione e la prassi praticate quando l’omosessualità era considerata reato (ricordiamo Oscar Wilde? le misure fasciste contro gli omossessuali che sono state anche oggetto di un film con Mastroianni e Sofia Loren?)

In risposta alla sentenza della CEDU, Avvenire (“quotidiano di ispirazione cattolica” come dice la testata) pubblica numerosi articoli con cui nega che alla sentenza di Strasburgo consegua di necessità il riconoscimento del matrimonio fra persone dello stesso sesso. Non è una gran scoperta e neppure esclusiva ma Avvenire non si ferma qui e, nel timore di un ‘cedimento’ del governo italiano alla sentenza europea, si erge a paladino dell’autonomia del parlamento nei confronti del governo stesso. Evidentemente in questo contesto conta di più sulla propria possibile influenza  sul parlamento che sul governo. Ricopio, un po’ stupefatta, un passo dell’articolo di Avvenire (che si può leggere integralmente con il link riportato sotto)

23 luglio Unioni civili, chi è che alle Camere intima di «obbedire»?

«Di questi tempi, per molti, maternità e paternità hanno confini piuttosto labili. Sarà bene chiarire, però, di chi è ‘figlia’ la proposta di legge sulle unioni di fatto, il cosiddetto ‘Ddl Cirinnà’. Se nasce da un’iniziativa parlamentare o da una precisa volontà del governo.
Perché negli ultimi giorni la situazione si è fatta assai confusa e foriera di rischi, forse anche per la tenuta del quadro politico, certo per il libero e democratico esercizio dell’attività legislativa. Con il ministro dei Rapporti con il Parlamento che prende l’impegno ad approvare la legge entro l’anno». 

Che c’entra la chiesa cattolica nei rapporti politico istituzionali e che mettono in relazione governo e parlamento fino ad intervenire nell’agenda delle scadenze di discussioni di leggi? Non sentivamo da molti anni un  linguaggio così aggressivo e grossolano che meriterebbe per sé un’analisi, ma lasciamo perdere e veniamo all’argomento che per questo blog da molti anni è veramente centrale e dirimente. 

I diritti dei senza voce  – se nasce in Italia un figlio di sans papier  

Il 22 luglio Avvenire pubblicava un ampio editoriale del giurista Carlo Cardia intitolato ”Il bene decisivo è quello dei figli – I seri diritti da difendere”  (che si può leggere integralmente dal link riportato sotto) che riprende la tesi della non esclusività del matrimonio come scelta legislativa dovuta.

E in conclusione così annota a proposito di questo ‘bene decisivo’ «  se ne deve discutere, guardando alla realtà. Una società che nega al bambino che nasce il calore del corpo e dell’abbraccio della madre, perché in casa ci sono due padri, o nega programmaticamente la presenza e la sicurezza della figura paterna, è una società malata, che emargina la maternità e la paternità a un ruolo secondario nella vita delle persone, che viola quel diritto alla doppia genitorialità che è la culla di tutti i diritti, la base per una crescita armonica della personalità, il presupposto per poter fruire di tanti altri diritti che la società del Novecento ha riconosciuto quando ha combattuto contro tutti i totalitarismi e tutti gli egoismi.

Stiamo parlando di un argomento che investe la vita intera della persona che nasce, che ha bisogno di tutto, e alla quale non si vuole dare niente, negandogli la madre o il padre. Si tratta di un tema cruciale per il futuro della società, che non può essere affrontato in un orizzonte ideologico, o di sperimentazione antropologica sulle generazioni future, ma attraverso un dibattito al quale dia il proprio contributo ciascuna di quelle tradizioni culturali e religiose che hanno favorito una storia più dolce dell’Italia rispetto ad altri Paesi, che l’hanno resa terra e fonte di un umanesimo che non può rinnegare le proprie basi fondamentali. Trovare la scusa, oggi di una sentenza, domani di un’altra, anche se estranee al tema specifico, per spingere una riforma legislativa verso sponde estremiste, può sembrare vantaggioso. Ma è più serio e proficuo discutere e impegnarsi per tutelare i diritti dei minori che chiedono alla società di poter conservare un solo grande bene: il diritto di avere un papà e una mamma come tutti i bambini del mondo, di qualunque latitudine, colore, religione, siano».

Cercando di riassumerne la tesi fondamentale, Cardia (in un editoriale non in un articolo delle pagine culturali o altro luogo meno impegnativo per la testata che lo ha ospitato) sembra equiparare il riconoscimento di figli di coppie omossessuali  (anche nella forma dell’adozione del figlio del compagno o della compagna) a una sottrazione di bambini alla genitorialità eterosessuale. Quando –in anni ormai molto lontani – mi interessavo alla modifica della legge sull’adozione tante ne ho sentite per giustificare allora la permanenza di bambini negli istituti ma questa trovata rappresenta veramente una sconcertante novità.
Non voglio dimenticare che la legge del 1983 aprì la strada alla cultura che si esprime nella legge 176/1991, ratifica della Convenzione di New Your sui diritti del minore (20 novembre 1989), affermando, per la prima volta in Italia, che ‘Il minore ha diritto di essere educato nell’ambito della propria famiglia’ dove, per propria famiglia, si intende anche quella adottiva.

(Per una breve storia delle norme in questioni si veda il link: per un cenno alla storia dei diritti del minore).

E finalmente il ‘capro espiatorio’

Non posso ignorare la scelta di un linguaggio emotivo che si riscontra nell’editoriale del 22 luglio. Sembra fatto per confondere le idee, già precarie, di tanta opinione pubblica che, non sentendosi più legittimata da una qualche evoluzione nella coscienza collettiva, alla ‘liberatoria’ volgarità punitiva del linguaggio stile Salvini, pure vuole continuare ad esprimere la propria distanza dai ‘diversi per identità sessuale’. Questo linguaggio teneramente emotivo vorrebbe indurci ad assumere la certezza di una chiesa madre e protettiva – anche nei silenzi omissivi e mirati a una precisa categoria – come madre e protettiva sarebbe la società  che a tale chiesa si conformi. Ma non è così.
C’è una pubblica opinione impegnata a prendere le distanze dall’affermazione di diritti in termini di uguaglianza e sembra che a questa appartenga anche l’opinione dei vescovi italiani nella loro omissiva scelta di ignorare chi, per essere figlio di migranti irregolari, non ha diritto al certificato di nascita (si veda link relativo del 9 giugno).
Non mi si dica che è questione di leggi e che sulla formulazione delle leggi i vescovi, rispettosi della laicità dello stato, non vogliono intervenire, pur mantenendo legittimamente fermo il loro diritto ad esprimere un giudizio.
Non io, ma le rabbiose, recenti pagine di Avvenire li smentiscono.
Essere buoni e accoglienti va bene ma, a propria garanzia, è meglio assicurarsi una possibile deroga. E se è in legge tanto meglio.
E’ una deroga che si sente esprimere in una formula ripetuta e diffusa che ecumenicamente unisce credenti e non, laici e laicisti, cristiani cattolici e d’altre chiese anch’esse silenti: ‘Io non sono razzista ma…”
E se c’è bisogno di tener ferma una rassicurante deroga quale miglior oggetto d’uso di bambini indifesi? Se si parla di donne queste insorgono (ah! il femminismo!), se si parla di omossessuali si uniscono e si coalizzano nella giusta difesa della propria identità, se si parla di migranti adulti qualcuno ci ricorda che fra loro ci sono i richiedenti asilo che pur di sfuggire alla guerra rischiano di annegare e annegano … ma i neonati no, non possono parlare né alcuno può parlare per loro: sono il silente capro espiatorio perfetto da gettare alla forza invadente del pregiudizio come un osso a un cane. (vedi link relativo)

Eccezioni?

Alcuni parlamentari e senatori hanno presentato due proposte di legge per correggere lo scempio di civiltà voluto nel 2009 (rispettivamente n. 740 camera e 1562 senato, leggibili dal mio link del 9 giugno 2015) e, infine, recentissimo, il vescovo mons Bruno Forte, segretario speciale dell’assemblea dei vescovi sulla famiglia, ha ripreso correttamente la questione.
Se vogliamo conoscere le sue parole non le troviamo però nelle roventi pagine di Avvenire ma ne Il Sole 24 ore del 28 giugno scorso (il testo è riportato nel mio link datato 29 giugno) ll prossimo mese di ottobre si riunirà il sinodo sulla famiglia. Spero che non ne escano ancora una volta bambini indicati (o taciuti, ma è lo stesso) per essere senza famiglia –capri espiatori per la sicurezza delle perfidie del comune buon senso che, se lo desidera,  può giovarsi del conforto di vescovili autorità. 

Link ai documenti citati 

– LEGGE 27 maggio 1991, n.176 Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989.
http://www.comune.jesi.an.it/MV/leggi/l176-91.htm

– come un osso a un cane – 18 giugno 2015
https://diariealtro.it/?p=3835

 

24 Luglio 2015Permalink

20 giugno 2015 – Casa mia è la bocca di uno squalo

Questa mattina ho trovato casualmente i versi di una poetessa nata in Kenya da genitori somali ed emigrata ancora piccola in Gran Bretagna. Li ho pubblicati così come li avevo trovati, a frammenti, impegnandomi a una ricerca del testo completo. Ho continuato quasi con furia perché ritengo che la poesia abbia capacità di sintesi fulminee e imperdibili e che la scrittura sia fondamentale nella costruzione della storia. E’ difficile confrontare ‘Casa’ di Warsan Shire con gli squallidi proclami di chi ha costruito abilmente paura fino a diffondere la viltà che gli appartiene e la smemoratezza della propria storia. Non lo volevo fare e poi mi sono detta che se gli eventi dei nostri giorni diventeranno, non so quando, memoria anche questi versi potranno essere una delle guide per capire, come lo è stato ed è ‘Se questo è un uomo’ di Primo Levi che ci ha concesso di conoscere un tempo oscuro del nostro passato e non ci permette di rimuoverlo. Ringrazio Walter Tomada che mi ha segnalato, commentando il mio blog senza ricorrere alla pigra banalità del ‘mi piace’, la nota e la traduzione che segue..  

Warsan Shire

Articolo di Eleonora Terrile, blogger accreditata nel 2010 per il Festival del settimanale Internazionale a Ferrara, leggibile anche da qui.

Il giornalista Tiziano Terzani, durante una delle sue ultime interviste, disse che gli piaceva immaginare una “Congiura dei Poeti”, un piccolo gruppo di persone che si preparasse a prendere in mano e a ribaltare le sorti del mondo. Perché i poeti? Perché “Solo chi lascia volare il cuore è capace di pensare diversamente”. Ascoltando e, soprattutto, sentendo la poetessa Warsan Shire durante la performance “La Diaspora in versi”, mi sono tornate in mente le parole di Terzani. Ora sogno anche io una “Congiura dei Poeti” e vorrei vederla nascere da questa giovane donna.

La poetessa Warsan Shire è nata nel 1988 in Kenya da genitori somali in fuga dalla guerra civile. Arrivata a Londra a sei mesi è cresciuta là, entrando poi a far parte del movimento letterario dei “Black British Poets” e vincendo diversi premi letterari alle “Slam Competitions”. Con i suoi versi dà voce ai rifugiati, agli immigrati, ai respinti, ai tanti uomini, donne e bambini in fuga e alla ricerca della salvezza, di un posto qualsiasi più sicuro di una casa che è “la bocca di uno squalo, la canna di un fucile”. Il 2 Ottobre, al Festival di Internazionale a Ferrara, Warsan Shire e la traduttrice delle sue poesie Paola Splendore hanno recitato in inglese e in italiano “La Diaspora in versi”. Fra le poesie: Casa; La Central Line è rossa, la Circle Line è gialla; La Bocca di Maymuun; Domande a Miriam; Piccola Zia.

Parti del componimento poetico sono stati letti (in altra traduzione) durante l’omelia del card. Antonio Maria Vegliò alla veglia di preghiera “Morire di speranza” organizzata dalla Comunità di S. Egidio.

In una Santa Maria in Trastevere piena all’inverosimile, mentre risuonano i canti della comunità etiope e di quella siriaca, una grande croce fatta con il legno delle barche naufragate al largo di Lampedusa, attraversa la navata e viene collocata sull’altare.

Inizia così la preghiera “Morire di speranza”, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio insieme al Pontificio Consiglio per i Migranti e i Rifugiati e un folto gruppo di associazioni cattoliche e di diverse denominazioni cristiane.

Quando si leggono i nomi di coloro che hanno perso la vita – e quanti sono i bambini tra di loro- in tanti si alzano silenziosamente dai banchi per andare ad accendere una candela. Tra il popolo ci sono anche i parenti di alcune delle vittime. E’ un momento di intensa commozione.

Segue il testo dell’omelia, leggibile anche da qui.

E infine la poesia di Warsan Shire

CASA  (traduzione di Paola Splendore)

Nessuno lascia la casa a meno che
la casa non sia la bocca di uno squalo

scappi al confine solo
quando vedi tutti gli altri scappare
i tuoi vicini corrono più veloci di te
il fiato insanguinato in gola
il ragazzo con cui sei andata a scuola
che ti baciava follemente dietro la fabbrica di lattine
tiene in mano una pistola più grande del suo corpo
lasci la casa solo
quando la casa non ti lascia più stare

Nessuno lascia la casa a meno che la casa non ti cacci
fuoco sotto i piedi
sangue caldo in pancia

qualcosa che non avresti mai pensato di fare
finché la falce non ti ha segnato il collo
di minacce
e anche allora continui a mormorare l’inno nazionale
sotto il respiro/a mezza bocca
solo quando hai strappato il passaporto nei bagni di un aeroporto
singhiozzando a ogni boccone di carta
ti sei resa conto che non saresti più tornata.

devi capire
che nessuno mette i figli su una barca
a meno che l’acqua non sia più sicura della terra
nessuno si brucia i palmi
sotto i treni
sotto le carrozze
nessuno passa giorni e notti nel ventre di un camion
nutrendosi di carta di giornale a meno che le miglia percorse
non siano più di un semplice viaggio

nessuno striscia sotto i reticolati
nessuno vuole essere picchiato
compatito
nessuno sceglie campi di rifugiati
o perquisizioni a nudo che ti lasciano
il corpo dolorante

né la prigione
perché la prigione è più sicura
di una città che brucia
e un secondino
nella notte
è meglio di un camion pieno
di uomini che assomigliano a tuo padre

nessuno ce la può fare
nessuno può sopportarlo
nessuna pelle può essere tanto resistente

II

andatevene a casa neri
rifugiati
sporchi immigrati
richiedenti asilo
che prosciugano il nostro paese
negri con le mani tese
e odori sconosciuti
selvaggi
hanno distrutto il loro paese e ora vogliono
distruggere il nostro

come fate a scrollarvi di dosso
le parole
gli sguardi malevoli

forse perché il colpo è meno forte
di un arto strappato
o le parole sono meno dure
di quattordici uomini
tra le cosce
perché gli insulti sono più facili
da mandare giù
delle macerie
delle ossa
del corpo di tuo figlio
fatto a pezzi.

voglio tornare a casa,
ma casa mia è la bocca di uno squalo
casa mia è la canna di un fucile
e nessuno lascerebbe la casa
a meno che non sia la casa a spingerti verso il mare
a meno che non sia la casa a dirti
di affrettare il passo
lasciarti dietro i vestiti
strisciare nel deserto
attraversare gli oceani

annega
salvati
fai la fame
chiedi l’elemosina
dimentica l’orgoglio
è più importante che tu sopravviva

nessuno se ne va via da casa finché la casa è una voce soffocante
che gli mormora all’orecchio
vattene
scappa lontano adesso
non so più quello che sono
so solo che qualsiasi altro posto
è più sicuro di qua.

20 Giugno 2015Permalink

18 giugno 2015 – Come un osso a un cane

Quella che segue è una pagina che ho tratto dall’ottavo rapporto del Gruppo CRC (di cui molte volte ho scritto). Ho inserito di seguito alcune note che consentono di apprezzare meglio le modalità di presentazione del rapporto che ora propone come conclusione ciò che già sei anni fa auspicavo e che continua ad essere disatteso (si veda la relazione del 9 giugno). Fallito nel 2009 il tentativo di usare medici e operatori sanitari come spie per la segnalazione di chi si presentasse a una struttura sanitaria senza permesso di soggiorno, restava nella legge 94/2009 la lettera g del comma 22 dell’art. 1 che, sottoponendo la registrazione delle dichiarazioni di matrimonio e di nascita alla presentazione del permesso di soggiorno, rendeva inaccessibile il matrimonio e estremamente difficile la dichiarazione di nascita (si veda anche più avanti il distinguo relativo alla circolare n. 19 del 2009) per i sans papier Nel 2011 la Corte Costituzionale cancellava l’ostacolo del permesso di soggiorno per i matrimoni. Restava e resta problematico e pericoloso dichiarare la nascita del proprio figlio. Ci sono due proposte di legge che, se fossero discusse e approvate (non prevedono oneri di spesa), sanerebbero questa devastante situazione. Ma nessuno se ne occupa efficacemente. Alla voracità devastante e spregiudicata della Lega Nord e della cultura diffusa abilmente costruita (senza che l’operazione conoscesse ostacoli nella società civile) sono lasciati i neonati di cui nessuno si occupa perché non assicurano né voti né successo di pubblico. Vengono trattati come un osso gettato alla voracità di un cane perché si distragga e non  ti azzanni.

Gruppo CRC – dal Rapporto n. 8

Capitolo III DIRITTI CIVILI E LIBERTÀ1. DIRITTO DI REGISTRAZIONE E CITTADINANZA

29. Il Comitato, richiamando l’accettazione da parte dello Stato Italiano della Raccomandazione n. 40 durante l’Universal Periodic Review, al fine di attuare la L.91/1992 sulla cittadinanza italiana, in modo da preservare i diritti di tutti i minorenni che vivono in Italia, raccomanda all’Italia:

a) di assicurare che l’impegno sia onorato tramite la legge e facilitarlo nella pratica in relazione alla registrazione alla nascita di tutti i bambini nati e cresciuti in Italia;

   b) di intraprendere una campagna di sensibilizzazione sul diritto di tutti i bambini a essere registrati alla nascita, indipendentemente dall’estrazione sociale ed etnica e dallo status soggiornante dei genitori;

c) di facilitare l’accesso alla cittadinanza per i bambini che potrebbero altrimenti essere apolidi.

CRC/C/ITA/CO/3-4, punto 29

Come già riportato nei precedenti Rapporti CRC, l’introduzione del reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, con Legge n.94/2009, in combinato disposto con gli ex artt.361-362 c.p., obbliga alla denuncia i pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio che vengano a conoscenza della situazione di irregolarità di un migrante. Tale obbligo rappresenta un deterrente per quei genitori che, trovandosi in situazione irregolare, non si presentano agli uffici anagrafici per la registrazione del figlio, per paura di essere identificati ed eventualmente espulsi. A questo riguardo si ricorda che, sebbene la Circolare del 7 agosto 2009 del Ministero dell’Interno specifichi che non è necessario esibire documenti inerenti il soggiorno per attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita e dello stato civile), tale disposizione ha avuto una scarsa pubblicizzazione [1]  , così come è rimasto disatteso il sollecito sopra riportato del Comitato ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, affinché l’Italia intraprenda una campagna di sensibilizzazione sul diritto di tutti i bambini a essere registrati alla nascita, indipendentemente dallo status giuridico dei genitori.

Rispetto al reato di ingresso e soggiorno illegale, tuttavia, si segnala l’approvazione della legge delega del 28 aprile 2014, n. 672, che prevede l’abolizione del reato di ingresso illecito in Italia, ma continua a mantenere in vigore l’arresto per i cittadini stranieri qualora rientrino nel nostro Paese dopo un provvedimento di espulsione o violino altre disposizioni, come ad esempio l’obbligo di firma in Questura.

La Fondazione Ismu ha stimato che al 1° gennaio 20143 la componente irregolare è ai minimi storici, il 6% del totale, pari a circa 300 mila unità. Tuttavia non si può escludere che tra gli immigrati in situazione di irregolarità vi possa essere anche un numero di gestanti che, per paura di essere identificate, potrebbero non richiedere le cure ospedaliere cui avrebbero diritto, né provvedere alla registrazione anagrafica del figlio.

Alla luce di tali considerazioni il Gruppo CRC raccomanda:1. Al Parlamento, una riforma legislativa che garantisca il diritto alla registrazione per tutti i minorenni nati in Italia, indipendentemente dalla situazione amministrativa dei genitori;

2. Al Parlamento, di approvare entro il 2015 una riforma delle Legge 91/1992 che garantisca percorsi agevolati di acquisizione della cittadinanza italiana per i minorenni stranieri nati in Italia e per i minorenni stranieri arrivati nel nostro Paese in tenera età.

Nota 1 Si veda la proposta di legge Rosato ed altri: “Modifica all’articolo 6 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno”.

Note esplicative del testo CRC

Le Osservazioni Conclusive indirizzate dal Comitato ONU al Governo italiano nel 2011 in merito all’attuazione della Convenzione (CRC/C/ITA/CO/3-4) sono un utile strumento di lavoro per l’opera di monitoraggio intrapresa dal Gruppo  CRC, in quanto indicano la direzione che il Governo dovrebbe tenere per uniformare la politica e la legislazione interna sull’infanzia e l’adolescenza agli standard richiesti dalla CRC. Per questo motivo all’inizio di ogni paragrafo sono riportate le raccomandazioni relative alla tematica trattata.

Nota bene: alla fine di ogni paragrafo sono inserite le raccomandazioni che il Gruppo CRC rivolge alle istituzioni competenti. In bordeaux le raccomandazioni reiterate dagli anni precedenti e non ancora attuate.

WHO’s WHO

Seguono informazioni tratte dalle prime pagine del rapporto dove fra le 80 associazioni firmatarie del rapporto, coordinate da Save the Children Italia, si trovano anche il  Comitato italiano per l’Unicef Onlus e la Caritas Italiana. Organizzazioni rispettate e attive firmano l rapporto, come 80 altre associazioni ma non sprecano le loro energie per neonati che non sanno farsi utili, neppure come immagine.

Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza cui il gruppo CRC presenta il proprio annuale rapporto verifica i progressi compiuti dagli Stati che hanno ratificato la CRC nell’attuazione dei diritti in essa sanciti, attraverso la presentazione e relativa discussione a Ginevra di Rapporti periodici governativi e dei Rapporti Supplementari delle Ong.

CRC  Acronimo di Convention on the Rights of the Child la cui traduzione ufficiale in italiano è «Convenzione sui diritti del fanciullo», ma nel testo si preferisce utilizzare la denominazione di uso corrente «Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza».

Maggiori informazioni su www.gruppocrc.net

 

18 Giugno 2015Permalink

10 giugno 2015 – Parlamentari coraggiosi: famiglie negate ai neonati

Ultime notizia da Strasburgo – strategie di parità

Il Parlamento europeo di Strasburgo ha approvato a larga maggioranza un rapporto sull’uguaglianza di genere in Europa in cui si parla, per la prima volta in maniera così esplicita, di ‘famiglie gay’. “Il Parlamento – si legge nel testo – prende atto dell’evolversi della definizione di famiglia”. La relazione, che non contiene elementi vincolanti per gli stati membri, è stata approvata con 341 voti favorevoli, 281 contrari e 81 astensioni.

Le nuove aperture Ue sulle famiglie gay sono contenute in una risoluzione sulle nuove strategie sulla parità di genere in cui si invita la Ue ad adottare azioni specifiche per rafforzare i diritti delle donne disabili, migranti, appartenenti a minoranze etniche, delle donne Rom, delle donne anziane, delle madri single e le LGBTI.

Dal link in calce è possibile accedere all’elenco degli stati europei che hanno riconosciute, sia pur in forme diverse, le famiglie omossessuali.

La fermezza contro i neonati figli dei sans papier permane e unisce laici e cattolici.

Nulla si dice invece, né a Strasburgo né in Italia, sulla legge che esclude i figli dei sans papier dal diritto al certificato di nascita (ieri né ho pubblicato un’altra relazione di facile accesso). Ancora una volta ho scritto delle proposte di legge che potrebbero rimediare e non vengono messe a calendario. Ora provo a costruire una domanda che trasferirò a facebook sperando in qualche risposta che pubblicherò in questo blog, qualunque ne sia il tenore.
La domanda che trasferirò su facebook si rivolge al mondo cattolico ma devo onestamente segnalare anche il silenzio delle chiese riformate che però non hanno l’aggravante della forza e del potere della chiesa cattolica.

Domando

Ormai anche nel mondo cattolico si discute di famiglie al plurale. Non parlo delle diverse posizioni ma chiedo – e sarei lieta che qualcuno mi rispondesse – perché in tanto elencare, classificare, distinguere e giudicare nessuno mai ha avuto una parola per i neonati cui la legge italiana nega, insieme all’identità, una famiglia, accettando silenti che per legge non abbiano certificato di nascita.
E’ chiaro che per questi pericolosi nemici, il cui peso non supera i quattro chili e la cui voce che si esprime nel pianto non è in grado di manifestare pensieri articolati, vi è anche da parte della cultura cattolica (e dati i silenzi ufficiali anche della relativa gerarchia) un fermo, determinato, insormontabile rifiuto. Perché? Concluderanno l’impegno del Sinodo assicurando col loro marmoreo silenzio che costoro non devono esistere e che condividono la legge italiana in proposito?
http://www.repubblica.it/esteri/2015/06/09/news/famiglie_gay_parlamento_ue_approva_rapporto-116466956/?ref=HRER2-1

elenco degli stati che riconoscono le unioni omossessuali: http://www.repubblica.it/esteri/2015/05/23/news/non_solo_italia_ecco_i_9_paesi-115087626/

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Il-Parlamento-europeo-riconosce-la-famiglia-gay-e-suoi-diritti-907634ce-a525-49b3-85ec-06efc92f6b46.html

http://www.ilgiornale.it/news/politica/parlamento-europeo-riconosce-famiglie-gay-1138680.html

10 Giugno 2015Permalink

9 giugno 2015 – Bambini ostinatamente invisibili

Faccio seguito alla relazione pubblicata il 2 maggio scorso inserendone una più completa proposta a fine maggio nel contesto delle iniziative del Festival della Costituzione di San Daniele del Friuli

Il certificato di nascita: un diritto personale assoluto

Dal 1991 è legge in Italia la ratifica della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo che all’art. 3 recita: “Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto a un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi”. La registrazione alla nascita infatti, afferma Geeta Rao Gupta, Vicedirettrice dell’Unicef « è più di un semplice diritto. Riguarda il modo in cui la società riconosce l’identità e l’esistenza di un bambino» ed «è fondamentale per garantire che i bambini non vengano dimenticati, che non vedano negati i propri diritti o che siano esclusi dai progressi della propria nazione».  [i]

L’articolo 10 della Costituzione conferma la conformità dell’ordinamento giuridico italiano alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute [ii]  e, per ciò che riguarda il minore, l’art 3 della Convenzione e conseguentemente della legge 176/1991, precisa ancora che il suo superiore interesse debba essere la considerazione preminente, comunque, in ogni decisione [iii] . Ciò non bastasse anche Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea proclamata il 18 dicembre del 2000 riprende questi principi  [iv]

Sembra che l’alto significato etico e politico di queste norme sia entrato in qualche modo nella cultura del nostro paese e così quando mi capita di riferire che “Dall’8 agosto del 2009 ad alcuni bambini che nascono in Italia è ostacolata l’acquisizione del  certificato di nascita”  in alcuni interlocutori scattano anche atteggiamenti di democratico, fiducioso negazionismo. C’è chi infatti drasticamente rifiuta  tale possibilità, forse forte di una fresca o lontana memoria dell’avvenuta dichiarazione di nascita dei propri figli e della garanzia loro assicurata proprio dal certificato che li accompagnerà per  tutta la vita [v] . Purtroppo chi non crede nella legale possibilità del rifiuto del certificato di nascita ha torto ma per capire il pasticcio legislativo che conduce a tanto bisogna ripercorrere la storia della norma in questione.

Il permesso di soggiorno fra istituzione e legittimo abuso 

Il permesso di soggiorno per i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea e per gli apolidi fu istituito nel 1998 con la cd legge Turco-Napolitano  [vi] . Ma non era un assoluto. Già in quella norma ne venivano indicate deroghe alla necessità di presentazione di quel documento  relative e chi venisse in Italia per esercitare “attività sportive e ricreative a carattere temporaneo” e per chi richiedesse “atti di stato civile” (cioè la registrazione della dichiarazione di nascita, matrimonio e morte). La dichiarazione di nascita riguardava e riguarda evidentemente chi nasce in Italia, e non è cittadino italiano perché viene registrato necessariamente a seguito della cittadinanza dei genitori. Il permesso di soggiorno invece doveva – e deve – essere opportunamente esibito “agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero” Quattro anni dopo la norma  fu mantenuta senza modifiche anche con la legge nota come Bossi Fini  [vii] Sette anni dopo, nel 2oo9, il cd ‘pacchetto sicurezza’ cancellò le parole ‘inerenti agli atti di stato civile’, vanificando così l’eccezione già prevista,  e imponendo quindi la presentazione del permesso di soggiorno per chi volesse sposarsi o dichiarare la nascita dei propri figli  [viii]E insisto per evitare equivoci: “dei proprio figli che nascono in Italia”. L’aspetto surreale della questione è che il permesso di soggiorno viene chiesto anche a chi, essendo irregolare, non possiede quel documento per definizione ma nello stesso tempo deve assicurare la dichiarazione di nascita al proprio figlio perché essere registrato all’anagrafe è un diritto proprio del bambino.

La conseguenza della norma quale si presenta oggi è quella di offrire agli amministratori e alle forze dell’ordine l’opportunità di far uso dei figli per identificare i genitori da espellere. A quei poveri cosini inconsapevoli è affidata la stessa funzione dei centri di identificazione ed espulsione ma a costo certamente inferiore.

In realtà la norma originaria era più radicale. Si prevedeva infatti che– in un intervento dovuto a chi si presentasse o venisse presentato in stato di necessità a una struttura sanitaria- i medici chiedessero il permesso di soggiorno e, in assenza, ne dessero  comunicazione alla questura per la conseguente espulsione. Evidentemente il legislatore di allora ignorava norme fondamentali della deontologia professionale dei medici e si manifestò quindi una reazione forte della categoria a livello nazionale  e la norma decadde ancor prima di venir discussa in parlamento. Non mancarono anche reazioni locali. Scriveva il dr. Conte, presidente dell’Ordine provinciale dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri e ripercorrendo nel suo comunicato un elenco che troviamo nell’art. 3 della Costituzione: «Il medico non è un delatore e risponde all’obbligo deontologico di garantire assistenza a tutti “senza distinzioni di età, di sesso, di etnia, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia”, in tempo di pace e in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera» [ix]. La sua presa di posizione da noi ebbe solo il sostegno del Gruppo locale della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni che ne diffuse lo slogan “Siamo medici e infermieri, non siamo spie”. Non accadde altrettanto invece per la questione degli atti di stato civile dando luogo a una situazione che in un suo scritto anche il dr. Salvatore Geraci, in quegli anni presidente della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni,  [x]  definiva «inutile per aumentare sicurezza e dannosa per il convivere sociale».

Ma è tempo di tornare ai neonati che da allora – era il tempo del quarto governo Berlusconi, ministro dell’interno l’on. Maroni – continuano ad essere presenti in legge come fragili ma implacabili presidi delle condizioni per l’espulsione dei loro genitori.

Ministro Maroni: un acrobata

Quando la legge 94 (il cd pacchetto sicurezza, approvata il 15 luglio 2009) entrò in vigore – era l’8 agosto – il ministero dell’interno aveva emanato da 24 ore una circolare, evidentemente finalizzata ad evitare penalizzazioni internazionali, che affermava ciò che la legge negava e tuttora nega  [xi]. Ce ne illustra il significato una risposta data dal sottosegretario di stato Davico (della Lega Nord) ad una interrogazione presentata dall’allora parlamentare Leoluca Orlando (a tanto sollecitato dalla nostra corregionale Paola Schiratti, allora consigliera provinciale). Scriveva il sottosegretario: «Il Ministero dell’Interno, con la circolare n. 19 del 7 agosto 2009, ha inteso fornire indicazioni mirate a tutti gli operatori dello stato civile e di anagrafe, che quotidianamente si trovano a dover intervenire riguardo ai casi concreti, alla luce delle novità introdotte dalla legge n. 94/09 <…>, volta a consentire la verifica della regolarità del soggiorno dello straniero che intende sposarsi e ad arginare il noto fenomeno dei matrimoni “fittizi” o di “comodo”. E’ stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale  [xii], indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico». Quindi il governo di allora, dimostrandosi ben consapevole della funzione del certificato di nascita, sventolava lo spauracchio dei “matrimoni di comodo” come copertura dello sfregio costituito dalla negazione del certificato di nascita stesso. Certamente il problema dei matrimoni di comodo era reale e non poteva essere ignorato. Ciò che non sembra essere tollerabile è lo strumento scelto per provvedere e soprattutto  l’uso che ne venne fatto per creare un coacervo confuso in cui inserire anche i neonati. E’ buffo ma –per una piccola ma non insignificante eterogeneità dei fini – proprio lo scritto ministeriale che ho letto mi ha suggerito il titolo di questa relazione. Bambini che non esistono, diceva il sottosegretario. E io chioso: se non devono esistere non si vedono, sono invisibili.

Come dicevo a fronte di una legge negazionista fu approvata – probabilmente allo scopo di evitare penalizzazioni internazionali – la circolare che consente ciò che la legge nega. Non dimentichiamo che una circolare è atto di rango inferiore alla legge e che potrebbe venir cancellata senza neppure darne notizia al parlamento, così come per atto unilaterale del ministero era stata stilata.

Il 10 luglio 2014 è stata presentata in senato una proposta di legge (e non è la sola) che ha lo scopo di cancellare la norma che nega un  diritto di nuovi nati in Italia e nella relazione che l’accompagna leggiamo che quella circolare non è per sé in grado di assicurare la certezza nel bloccare gli effetti perniciosi della legge: «… il contrasto fra le indicazioni della circolare ministeriale e la lettera della norma mantiene una incertezza interpretativa che non agevola la gestione univoca di situazioni analoghe nei diversi uffici dei diversi enti locali. Questo ha prodotto nel tempo diversi casi di mancata registrazione all’anagrafe della nascita dei propri figli da parte di genitori provenienti da Paesi non comunitari per paura di denunce e di espulsioni. Dal canto loro gli uffici di alcuni enti locali, nella situazione di dubbio sulla corretta applicazione della norma, rifiutano di accettare la registrazione della nascita da parte di genitori sprovvisti di regolare titolo di soggiorno sul territorio nazionale». Analoghe affermazioni troviamo negli annuali rapporti del Gruppo Convention on the Rights of the Chid dove 80 associazioni, coordinate da Save the Children, affermano che [xiii]: «Il timore, …, di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità (art. 7 CRC), nonché dell’art. 9 CRC contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori. Pur non esistendo dati certi sull’entità del fenomeno, le ultime stime evidenziano la presenza di 544 mila migranti privi di permesso di soggiorno  Questo può far supporre che vi sia un numero significativo di gestanti in situazione irregolare». E non bastasse questo il 23 aprile 2014, durante una trasmissione di RAI 3, un avvocato del foro di Roma, membro dell’Associazione Giuridici Immigrazione dichiarava che: « c’è un problema relativo a una questione  molto più grave.  Cioè la possibilità da parte di due persone che senza permesso di soggiorno, ma anche senza un documento di identità (la donna che è priva di un passaporto) di poter riconoscere il proprio figlio. Nel senso che sicuramente la normativa nazionale e internazionale le  riconosce questo diritto. Però questo diritto è stato posto in discussione più volte. Addirittura qualche anno fa il governo aveva tentato sostanzialmente di imporre una regola opposta, cioè quella per la quale per riconoscere il proprio figlio era necessario avere un documento di identità, quindi un passaporto sostanzialmente o permesso di soggiorno». [xiv] Non ho voluto ignorare questa inquietante testimonianza che aggrava certamente il problema ma di cui non è stato possibile sapere più nulla.

Torniamo alla  dichiarazione del sottosegretario Davico perché non  possiamo permetterci di trascurare un paradosso che vi è insito. Infatti lo spauracchio “matrimoni di comodo” (giustificativo – secondo il legislatore – della negazione del certificato di nascita anche ai neonati) non esiste più. Quindi gli unici penalizzati restano i neonati, dimenticati fra il segreto sanitario rispettato e i matrimoni  che non richiedono la presentazione del permesso di soggiorno.

Sì ai matrimoni con sans papier protetti. NO ai neonati

Ancora nel 2009 infatti una coppia ‘mista’ richiese di poter contrarre matrimonio, ricevendo in risposta – per lui, cittadino del Marocco – un decreto di espulsione. Ricorso al Tribunale, che sospese l’espulsione e si rivolse alla Corte Costituzionale che, con sentenza 245 del 2011  [xv], riportò la situazione a quella precedente il 2009 che non richiedeva la presentazione del permesso di soggiorno per presentare la richiesta di pubblicazioni di matrimonio. I ‘promessi sposi’ erano adulti, avevano evidentemente denaro per pagare gli avvocati che li sostennero nella causa, conoscenze per muoversi in forma corretta. Tutte opportunità negate a neonati che non hanno voce se non per piangere quando hanno fame, e insieme opportunità negate ai loro terrorizzati genitori.

Sulla residua norma funzionale a penalizzare una definita categoria di neonati così si è espressa la dr. Mellina Bares, garante regionale in FVG dei diritti della persona  «l’attuale formulazione della norma potrebbe indurre gli ufficiali di stato civile ad impedire la registrazione della nascita del bambino in condizione di irregolarità – in conseguenza dell’irregolarità del soggiorno dei genitori – con conseguenze gravissime per l’effettiva fruizione da parte del medesimo di fondamentali ed inalienabili diritti civili (diritto al nome, all’identità personale…) » e ha aggiunto, nella sua veste di garante regionale dei diritti della persona, che « ritiene che data la delicatezza della questione, che investe diritti fondamentali del minore, sussista la necessità che venga assicurata piena certezza giuridica alla materia,»  – che – «dovrebbe trovare consistente ed esplicita espressione nella norma legislativa»  [xvi].

E’ un importante passo avanti perché viene esplicitata la richiesta dell’approvazione delle proposte di legge già presentate, una alla camera [xvii] e l’altra in senato [xviii] (che ho ricordato poco fa), identiche nell’obiettivo e nella quasi totalità del testo (la proposta senatoriale contiene un elemento in più di cui dirò fra poco). Il problema della dichiarazione di nascita ostacolata nel pacchetto sicurezza sarebbe infatti risolto se venissero messe a calendario le due proposte che ripristinano la dizione che prima del 2009 escludeva la dichiarazione di nascita dalla presentazione del permesso di soggiorno e che non prevedono alcun onere di spesa. Ma così non è. [xix]

Proibiti in Svizzera, invisibili in Italia

Che i figli vengano divisi dai genitori è una tragedia non nuova nella storia d’Europa. Anche prescindendo dalla rovina della Shoà, che strappò figli ai genitori, in Europa conosciamo almeno un’altra esperienza di bambini impediti per legge a vivere con chi li ha generati, quella dei “bambini proibiti”, come si intitola uno studio loro dedicato  [xx] .

Erano i bambini che venivano separati dai loro genitori, lavoratori emigrati in Svizzera, perché la presenza di piccoli che necessitano di cure avrebbe potuto limitarne la capacità lavorativa e imporre allo stato gli oneri della presenza di minori non ammessi sul territorio. Non è accaduto in tempi lontani: la legge svizzera che prevedeva la negazione della famiglia ai figli degli emigranti lavoratori fu abrogata solo nel 2002 quando però la situazione aveva già conosciuto modifiche dovute all’efficace intervento della società civile, quell’intervento che in Italia oggi spesso si nega. Ripeto che a mia conoscenza solo la Società di Medicina delle Migrazioni si è espressa in Italia a sostegno della modifica di legge e più tardi le ha fatto eco anche l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione   [xxi]. Per il resto silenzio e, se voci di singoli parlano, restano inascoltate. E inascoltato è stato anche il piccolo mensile locale, Ho un sogno, che di tutto questo ha dato nel tempo puntuale informazione.

Comunque la diversa intitolazione della mia relazione e dello studio che ho ricordato già ci permette una precisazione: i bambini vittime delle norme svizzere erano proibiti ma esistenti, anche se la loro esistenza si consumava lontano dai genitori, con i nonni nel paese d’origine, in atroci istituti appositamente organizzati al confine italo svizzero o chiusi in stanze svizzere in cui veniva insegnato loro a non muoversi per non scoprire la loro presenza. Se fossero stati scoperti i genitori sarebbero stati cacciati e avrebbero perso il lavoro. I bambini penalizzati dalla legge italiana invece non devono esistere e perciò sono invisibili Bambini proibiti in Svizzera. Bambini invisibili in Italia,  invisibili perché inesistenti. E, insisto,  inesistenti per legge

Si può rimediare, ma …

Ho detto poco fa che la proposta di legge senatoriale contiene un elemento che non è presente nella proposta della camera e precisamente l’indicazione della non presentazione del permesso di soggiorno dei genitori che iscrivano i figli alla scuola dell’obbligo.

La precisazione della proposta senatoriale è in realtà ripetitiva della norma che si trova già nella legge in vigore, introdotta a suo tempo  su indicazione dell’allora presidente della camera, on. Fini  [xxii] Certamente quella norma, apparentemente solidale verso chi ha il diritto di andare a scuola ma rischiava di esserne escluso dalla condizione burocratica dei propri genitori (secondo lo stesso meccanismo che scatta ancora per le nascite), contiene un limite molto ambiguo. Si definisce infatti l’ambito del diritto all’istruzione nel quadro della scuola dell’obbligo e nulla si dice del nido e della scuola dell’infanzia dove l’apprendimento della lingua potrebbe trovare il suo luogo naturale in una adatta fase della vita infantile. E’ davvero conforme al superiore interesse del minore presentarsi alla scuola dell’obbligo con una scarsa conoscenza della lingua italiana? Costruire una situazione di grave difficoltà non contribuirà a quel fenomeno della dispersione scolastica che ci dicono essere fonte anche di danno finanziario? Come contabilizzeranno le conseguenze di questo problema i futuri presidi manager?. E quando finisce il tempo dell’obbligo che accade per l’iscrizione a scuola dei figli degli irregolari?

Invisibili a scuola

Su questo piano il prossimo anno scolastico si presenta come un anno particolare. Vi accederanno infatti i primi bambini nati in Italia da genitori non comunitari privi di permesso di soggiorno. Però il gruppo Convention on the Rights of the Child (CRC) e la relazione alla proposta di legge del senato ci lasciano intendere che alcuni potrebbero non avere il certificato di nascita e saranno quindi privi persino di un nome legale. Ammesso che possano accedere alla scuola come potranno rivolgersi loro gli insegnanti?

Resi invisibili e anonimi per legge, rispuntano con autorevole provocazione fra due articoli della Costituzione, proprio quelli iniziali, il numero due e tre   [xxiii]     E’ chiesto alla Repubblica, quindi non all’entità astratta dello stato bensì a tutti noi, “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. E’ affidato alla Repubblica il compito di affermare con efficacia che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. E’ sconvolgente pensare che per alcuni nuovi nati nella nostra terra gli ostacoli non derivano da una sorte avversa ma da norme che, insieme a loro ci umiliano tutti. E’ un  fatto che personalmente mi pesa in una forma insopprimibile perché rende vivo e attuale, sia pur nella forma lattiginosa dell’alba di un giorno cupo, il razzismo che ritenevo da noi solo fenomeno presente nella conoscenza dovuta allo studio. Per questo ringrazio la Società di Medicina delle Migrazioni (SIMM) che bloccò il primo sfregio e ha rilanciato la necessità di modificare la legge, il Gruppo Convention on the Rights of the Child (CRC)  che a quella richiesta si associa e la cui voce viene sia pur tardivamente replicata dall’Associazione per gli Studi Giuridici dell’Immigrazione (ASGI) e ringrazio anche il piccolo mensile Ho un Sogno che di tutto ciò ha fatto negli anni costante memoria. E naturalmente ringrazio il direttore dr. Vecchiet chi mi ha dato la possibilità di parlare in questa sala e l’accoglienza nell’ambito degli incontri ‘Aspettando Festival Costituzione’, che precedono il Festival stesso, promosso dall’associazione per la Costituzione di San Daniele del Friuli.. L’approvazione della proposte legislative già presentate da deputati e senatori consapevoli risolverebbe la radice del problema. Chi gode di autorevolezza parli e solleciti il parlamento a provvedere.

NOTE

[i] http://www.unicef.it/doc/5228/registrazione-alla-nascita-nel-mondo-un-terzo-dei-bambini-resta-invisibile.htm   

[ii] Art. 10 L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.

[iii] Convenzione Internazionale sui Diritti del Fanciullo –  New York, 20 novembre 1989 Ratificata in legge 27 maggio 1991, n.176 Articolo 3

  1. In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente.
  2. Gli Stati parti si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale, e a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi e amministrativi appropriati.

Preambolo alla Convenzione Considerando che, in conformità con i principi proclamati nella Carta delle Nazioni Unite, il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana nonchè l’uguaglianza ed il carattere inalienabile dei loro diritti sono le fondamenta della libertà, della giustizia e della pace nel mondo, Tenendo presente che i popoli delle Nazioni Unite hanno ribadito nella Carta la loro fede nei diritti fondamentali dell’uomo e nella dignità e nel valore della persona umana ed hanno risolto di favorire il progresso sociale e di instaurare migliori condizioni di vita in una maggiore libertà, Riconoscendo che le Nazioni Unite, nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e nei Patti internazionali relativi ai Diritti dell’Uomo hanno proclamato ed hanno convenuto che ciascuno può avvalersi di tutti i diritti e di tutte le libertà che vi sono enunciate, senza distinzione di sorta in particolare di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di ogni altra opinione, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di ogni altra circostanza, Rammentando che nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, le Nazioni Unite hanno proclamato che l’infanzia ha diritto ad un aiuto e ad una assistenza particolari, Convinti che la famiglia, unità fondamentale della società ed ambiente naturale per la crescita ed il benessere di tutti i suoi membri ed in particolare dei fanciulli, deve ricevere la protezione e l’assistenza di cui necessita per poter svolgere integralmente il suo ruolo nella collettività, Riconoscendo che il fanciullo, ai fini dello sviluppo armonioso e completo della sua personalità deve crescere in un ambiente familiare, in un clima di felicità, di amore e di comprensione, In considerazione del fatto che occorra preparare pienamente il fanciullo ad avere una sua vita individuale nella società, ed educarlo nello spirito degli ideali proclamati nella Carta delle Nazioni Unite, in particolare in uno spirito di pace, di dignità, di tolleranza, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà, Tenendo presente che la necessità di concedere una protezione speciale al fanciullo è stata enunciata nella Dichiarazione di Ginevra del 1924 sui Diritti del Fanciullo e nella Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo adottata dall’Assemblea Generale il 20 novembre 1959 e riconosciuta nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici – in particolare negli articoli 23 e 24 – nel Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali – in particolare all’articolo 10 – e negli Statuti e strumenti pertinenti delle Istituzioni specializzate e delle Organizzazioni internazionali che si preoccupano del benessere del fanciullo, Tenendo presente che, come indicato nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo “il fanciullo, a causa della sua mancanza di maturità fisica ed intellettuale necessita di una protezione e di cure particolari, ivi compresa una protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita”, Rammentando le disposizioni della dichiarazione sui principi sociali e giuridici applicabili alla protezione ed al benessere dei fanciulli, considerati soprattutto sotto il profilo della prassi in materia di adozione e di collocamento familiare a livello nazionale ed internazionale; l’insieme delle regole minime delle Nazioni Unite relative all’amministrazione della giustizia minorile (Regole di Beijing-Pechino) e della Dichiarazione sulla protezione delle donne e dei fanciulli in periodi di emergenza e di conflitto armato, Riconoscendo che vi sono in tutti i paesi del mondo fanciulli che vivono in condizioni particolarmente difficili e che è necessario prestare ad essi una particolare attenzione, Tenendo debitamente conto dell’importanza delle tradizioni e dei valori culturali di ciascun popolo per la protezione e lo sviluppo armonioso del fanciullo, Riconoscendo l’importanza della cooperazione internazionale per il miglioramento delle condizioni di vita dei fanciulli di tutti i paesi, in particolare nei paesi in via di sviluppo, hanno convenuto quanto segue:

 

[iv]  http://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf

http://www.sulleregole.it/approfondimenti/convenzioni-internazionali/carta-dei-diritti-fondamentali-dellunione-europea/

18.12.2000 IT Gazzetta ufficiale delle Comunità europee C 364/1

CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA

(2000/C 364/01)  Fatto a Nizza, addì sette dicembre duemila.

PROCLAMAZIONE SOLENNE Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione proclamano solennemente quale Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea il testo riportato in appresso

Articolo 21  Non discriminazione

  1. È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.
  2. Nell’ambito d’applicazione del trattato che istituisce la Comunità europea e del trattato sull’Unione europea è vietata qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza, fatte salve le disposizioni particolari contenute nei trattati stessi.

Articolo 24  Diritti del bambino

  1. I bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione; questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità.
  2. In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente

 

[v] LEGGE 27 maggio 1991, n.176 Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, pubblicata sulla G.U. n. 135 del 11-6-1991 – Suppl. Ordinario n.35,  Entrata in vigore della legge: 12/6/1991

Art. 7

  1. Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto a un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi.
  2. Gli Stati parti vigilano affinché questi diritti siano attuati in conformità con la loro legislazione nazionale e con gli obblighi che sono imposti loro dagli strumenti internazionali applicabili in materia, in particolare nei casi in cui se ciò non fosse fatto, il fanciullo verrebbe a trovarsi apolide.

art. 3 1. In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente.
“Il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell’ambito di  una famiglia è assicurato senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della identità culturale del minore e comunque non in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento».

 

[vi] legge 6 marzo 1998, n. 40. “Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.”  http://www.camera.it/parlam/leggi/98040l.htm

 

[vii] legge 30 luglio 2002, n.189. “Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo http://www.camera.it/parlam/leggi/02189l.htm

 

[viii] http://parlamento16.openpolis.it/atto/documento/id/57195 Atto a cui si riferisce: C.4/08314 [Tutela della maternità della salute e dell’istruzione di tutte le persone extracomunitarie] Risposta scritta pubblicata lunedì 31 gennaio 2011 nell’allegato B della seduta n. 426 All’Interrogazione 4-08314 presentata da Leoluca Orlando. Risposta – Il ministero dell’interno, con la circolare n. 19 del 7 agosto 2009, ha inteso fornire indicazioni mirate a tutti gli operatori dello stato civile e di anagrafe, che quotidianamente si trovano a dover intervenire riguardo ai casi concreti, alla luce delle novità introdotte dalla legge n. 94 del 2009 (entrata in vigore in data 8 agosto 2009), volta a consentire la verifica della regolarità del soggiorno dello straniero che intende sposarsi e ad arginare il noto fenomeno dei matrimoni «fittizi» o di «comodo». È stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale, indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico.  Il principio della inviolabilità del diritto del nato è coerente con i diritti garantiti dalla Costituzione italiana a tutti i soggetti, senza alcuna distinzione di sorta (articoli 2, 3, 30 eccetera), nonché con la tutela del minore sancita dalla convenzione di New York del 20 novembre 1989 (Legge di ratifica n. 176 del 27 maggio 1991), in particolare agli articoli 1 e 7 della stessa, e da diverse norme comunitarie. Considerato che a un anno dall’entrata in vigore della legge n. 94 del 2009 non risultano essere pervenute segnalazioni e/o richieste di ulteriori chiarimenti, si ritiene che le deposizioni contenute nella predetta circolare siano state chiare ed esaustive, per cui non si è ravvisata sinora la necessità di prospettare interventi normativi in materia. Il Sottosegretario di Stato per l’interno Michelino Davico

 

[ix]  Comunicato stampa dell’ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di Udine   Il Medico non è un delatore e risponde all’obbligo deontologico di garantire assistenza a tutti “senza distinzioni di età, di sesso, di etnia, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace e in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera”. Lo afferma Luigi Conte, Presidente dell’Ordine dei Medici di Udine parlando della proposta di emendamento al cosiddetto Pacchetto sicurezza ripresentato all’esame del Senato, nonostante il ritiro deciso nelle Commissioni riunite Affari costituzionali e giustizia di Palazzo Madama. Inoltre esprime profonda preoccupazione per la notizia delle agenzie di stampa del 14 novembre u.s. secondo cui il governo intende attuare rapidamente il “Pacchetto Sicurezza” (atto 733) in discussione al Senato. Ed a tale proposito, ancora più preoccupazione desta la posizione espressa dal Ministro Sacconi che ha precisato che “il medico curante deve segnalare se il paziente è un irregolare. Se è clandestino deve essere segnalato per la sua situazione di clandestinità’  ed espulso”, manifestando così , da ministro della salute, completo disinteresse per i principi di solidarietà a fondamento della professione medica. I due emendamenti depositati da alcuni Senatori della Lega Nord (prot. 39.305 e 39.306), chiedono rispettivamente la modifica del comma 4 e l’abrogazione del comma 5 dell’articolo 35 del Decreto Legislativo 286 del 1998 (Testo Unico sull’immigrazione) . La modifica al comma 4 introduce un rischio di discrezionalità che amplificherebbe la difficoltà di accesso ai servizi sanitari facendo della “barriera economica” e dell’eventuale segnalazione (in netta contrapposizione al mandato costituzionale di “cure gratuite agli indigenti”), un possibile strumento di esclusione, certamente compromettendo la stessa erogazione delle prestazioni . Ma in particolare è di estrema gravità l’abrogazione del comma 5. Esso prevede infatti che “l’accesso alle strutture sanitarie (sia ospedaliere che territoriali) da parte dello straniero non in regola con le norme di soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano”. La sua cancellazione metterebbe in serio pericolo l’accesso alle cure mediche degli immigrati irregolari, violando il principio universale del diritto alla salute, ribadito anche dalla nostra Costituzione. L’art. 32 recita: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Si creerebbe inoltre una ‘clandestinità sanitaria-, pericolosa per l’individuo e per la collettività. Ma soprattutto pretenderebbe di costringere il medico ad andare contro le norme morali che regolano la sua professione contenute nel codice deontologico. La professione medica si ispira a principi di solidarietà e umanità (art.1) e al rispetto dei diritti fondamentali della persona (art. 20). Il medico deve mantenere il segreto su tutto ciò che gli è confidato o di cui venga a conoscenza nell’esercizio della professione (art. 10). La relazione tra medico e paziente è basata infatti su un rapporto profondamente fiduciario, incompatibile con l’obbligo d i denuncia.   <omissis >  OMCeO Udine – 20 novembre 2008

[x] www.saluteinternazionale.info › Aree di Salvatore Geraci  La nuova legge sulla sicurezza è ingiusta, dannosa e pericolosa. Inserito da Redazione SI on 12 luglio 2009 – 20:27 Nel merito, l’ultimo provvedimento prevede una serie di atti, a nostro avviso inutili per aumentare sicurezza e dannosi per il convivere sociale, e che schematicamente riassumiamo: Obbligo di dimostrazione della regolarità del soggiorno ai fini dell’accesso ai servizi (con esclusione di sanità e scuola dell’obbligo) e ai fini del perfezionamento degli atti di stato civile (matrimonio, registrazione della nascita – bambini invisibili, riconoscimento del figlio naturale – figli invisibili, registrazione della morte)

[xi]  Settore: Anagrafe Circolare n. 19 del 7 Agosto 2009, concernente indicazioni operative in materia di anagrafe e stato civile in applicazione della legge 15 Luglio 2009, n.94, recante Disposizioni in materia di sicurezza pubblica.

[xii]  http://www.altalex.com/index.php?idnot=63746

La cancellazione del riferimento al figlio ‘naturale’ è stata determinata dal Decreto legislativo 28.12.2013 n° 154 leggibile dal link

Il testo del provvedimento stabilisce (restando a ciò che qui più ci interessa):

  • l’introduzione del principio dell’unicità dello stato di figlio, anche adottivo, e conseguentemente l’eliminazione dei riferimenti presenti nelle norme ai figli “legittimi” e ai figli “naturali” e la sostituzione degli stessi con quello di “figlio”;
  • la sostituzione della notizia di “potestà genitoriale” con quella di “responsabilità genitoriale”;

Inoltre, nel recepire la giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, si è deciso di:

  • limitare a cinque anni dalla nascita i termini per proporre l’azione di disconoscimento della paternità;
  • introdurre il diritto degli ascendenti di mantenere “rapporti significativi” con i nipoti minorenni;
  • introdurre e disciplinare l’ascolto dei minori, se capaci di discernimento, all’interno dei procedimenti che li riguardano;

[xiii]  Rapporto CRC        I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. 5° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, anno 2011-2012      –  capitolo III.1     pag.36 http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/5o_Rapporto_di_aggiornamento__Gruppo_CRC.pdf

[xiv]  Tutta la città ne parla 23 aprile 2014

Giornalista: ….  C’è un punto …. che volevamo affrontare in chiusura. Riguarda un elemento specifico della vita di chi poi arriva senza documenti, senza permesso di soggiorno nel nostro paese.  Partorire un figlio, farlo nascere in Italia e non potergli garantire un certificato di nascita Questo prevedeva la legge italiana, poi c’è stata un circolare che se non  abbiamo capito male ha rimosso questo  divieto perché, come diceva l’ascoltatrice, vivere poi e fare tante cose che sono normali nella vita senza un proprio certificato di nascita è un grosso problema. Vogliamo cercare di capirne qualche cosa di più nei minuti conclusivi e abbiamo chiesto aiuto all’avv. Salvatore Fachile. Buongiorno Avvocato: Buongiorno, buongiorno a tutti. Giornalista: Lei si occupa di immigrazione, protezione internazionale, diritto minorile. Fa parte di un network che più volte abbiamo ospitato qui a La Città, l’ASGI (Associazione Studi Giuridici Immigrazione). Fachile, allora come stanno le cose riguardo a questo punto specifico ‘certificato di nascita per i figli di chi non ha permesso di soggiorno’. Avvocato: Guardi, non c’è un problema relativo ai certificati di nascita, c’è un problema relativo a una questione  molto più grave.  Cioè la possibilità da parte di due persone che senza permesso di soggiorno, ma anche senza un documento di identità (la donna che è priva di un passaporto) di poter riconoscere il proprio figlio. Nel senso che sicuramente la normativa nazionale e internazionale le  riconosce questo diritto. Però questo diritto è stato posto in discussione più volte. Addirittura qualche anno fa il governo aveva tentato sostanzialmente di imporre una regola opposta, cioè quella per la quale per riconoscere il proprio figlio era necessario avere un documento di identità, quindi un passaporto sostanzialmente o permesso di soggiorno. Questo pericolo è stato poi sventato in  parlamento perché  si è riusciti comunque a inserire una clausola che evitava che si dovesse richiedere a una donna un documento di identità; però la normativa rimane una normativa valida. Per cui non è raro – purtroppo non è raro – il fatto che al momento del parto venga negata alla persona, alla donna che ha partorito in ospedale, la possibilità di riconoscere il figlio senza documento di identità, per cui una serie di strutture mediche trovano escamotage tipo per esempio la richiesta di testimoni che possano testimoniare che quella donna ha partorito quel figlio o anche altri stratagemmi assolutamente stravaganti. La verità è che la normativa non è chiarissima. E’ chiara soltanto la normativa generale per cui ovviamente un bambino non può che essere riconosciuto dalla madre  anche senza un documento di identità. Però nella pratica mancando delle specifiche direttive nei confronti del pubblico ufficiale quello che  succede è che .. Giornalista:  che succede nella vita di una persona, di un bambino qualora gli stratagemmi non funzionassero, quelli che ci ha indicato lei, che succede nella vita concreta di una persona che non ha un certificato di nascita? Avvocato:  Il pericolo non è quello di non avere un certificato di nascita, il pericolo è addirittura maggiore Giornalista:  E’ il mancato riconoscimento. Avvocato:  L’ospedale che non consenta il riconoscimento alla madre … Giornalista:  Si diventa minori non accompagnati Avvocato: Diventa un minore assolutamente abbandonato, perché il bambino non viene fatto uscire dall’ospedale .. Giornalista: Ma numericamente (mi scusi ma abbiamo pochi secondi però è interessante capire). Quante persone riguarda un fenomeno di questo tipo? Avvocato: Abbiamo provato in più occasioni a capire numericamente ed è veramente impossibile perché si tratta di una [due parole incomprensibili] che riguarda tutti gli ospedali d’Italia ovviamente […] e una prassi così diversificata da ospedale a ospedale che non si capisce poi in quanti rimangono impigliati nelle maglie della burocrazia impossibile  con conseguenze drammatiche rispetto appunto all’impossibilità di riconoscere il proprio bambino. Quantitativamente è impossibile fare … Giornalista: avvocato Salvatore Fachile la ringrazio per questa precisazione. http://www.radio3.rai.it/dl/portaleRadio/media/ContentItem-e439e539-9696-480c-9f08-561c44f5de68.html#

Il link che ho trascritto consentiva inizialmente un facile accesso al parlato della trasmissione. Ora c’è qualche complicazione tecnica che non so superare. E’ una testimonianza che introduce un elemento inquietante su cui non è stato possibile avere delucidazioni ulteriori. Voglio sottolineare però che il 28 agosto 2014, successivamente alla denuncia dell’avvocato Fachile, la sua associazione di appartenenza l’ASGI pe r la prima volta si pronunciava in favore della pdl 740 e faceva menzione del 7mo rapporto CRC http://www.asgi.it/notizia/garantire-nati-genitori-stranieri-presenti-irregolarmente-registrazione-dei-figli-allatto-nascita/

[xv]  http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2011&numero=245

 

[xvi] Così la garante regionale in una lettera del 24 settembre scorso alla Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza, lettera  del cui testo dispongo ma che non riesco a collegare direttamente con link. Si trova però allegata alla pagina del mio blog del 5 ottobre 2014      https://diariealtro.it/wp-content/uploads/2014/10/6918.pdf

 

[xvii]  Proposta di legge n. 740, presentata alla Camera il 13 aprile 2013    “Modifica all’articolo 6 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno” http://www.camera.it/leg17/126?tab=&leg=17&idDocumento=740&sede=&tipo=

 

[xviii] Disegno di legge n.1562 presentato al Senato il 10  luglio 2014 Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno e divieti di segnalazione. http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/44666.htm

 

[xix] Ne ho scritto al presidente Mattarella la cui segreteria mi ha risposto a giro di posta assicurandomi di aver inviato al ministro dell’Interno la nota informativa. La mia lettera e la scansione della risposta si trovano https://diariealtro.it/?p=3653

 

[xx]  Marina Frigerio Martina.  Bambini proibiti – Storie di famiglie italiane in Svizzera tra clandestinità e separazione Collana Orizzonti pp. 208 Casa editrice Il Margine  Trento “Lo Statuto degli stagionali è stato modificato nel 1996 ma abolito solo nel 2002. Quindi, formalmente almeno fino a quella data il problema dei bambini nascosti era presente, anche se ridimensionato grazie a varie campagne di stampa e di informazione (tra cui il libro di Frigerio e Buergeer del 1992)”.

 

[xxi]  http://www.asgi.it/notizia/garantire-nati-genitori-stranieri-presenti-irregolarmente-registrazione-dei-figli-allatto-nascita/

 

[xxii] La legge 94 è stata approvata nel 2009; siamo nel 2015 quindi il prossimo anno scolastico i bambini nati ‘nell’era del pacchetto sicurezza’, andranno a scuola. Certamente sarebbe un problema per i sindaci se nei comuni venissero identificati bambini che, pur avendone l’età, non frequentano la scuola dell’obbligo. Le soluzioni sarebbero due, entrambe paradossali: o quei bambini (che legalmente non hanno genitori) vengono loro sottratti o vengono iscritti a scuola senza presentazione alcuna di permesso di soggiorno (ma come fare se non hanno il certificato di nascita? come ne viene certificato il nome che non hanno?). Certamente la dichiarazione di nascita, pur se accolta a norma di circolare, risolverebbe almeno il problema immediato, Però a quei bambini sono stati negati il nido e la scuola dell’infanzia. Saranno stati  quindi gravemente penalizzati nell’uso della lingua italiana. Con che impudenza esponenti politici e benpensanti della società civile proclamano l’uso corretto della lingua come strumento essenziale di integrazione quando hanno negato o contribuito a negarne l’apprendimento naturale?

 

[xxiii] Art. 2  La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

10 Giugno 2015Permalink