12 febbraio 2025 _ La fede ha un ufficio alla Casa Bianca
11 febbraio 2025 _ Sacro Usa Impero o blasfemia?
Copio da Avvenire 11 febbraio.
L’autore,, il gesuita Antonio Spadaro , è sotto-segretario del Dicastero per la cultura e l’educazione.
ovviamente Vaticano
Con il link si raggiunge anche la fotografia
Dio come «fattorino cosmico» dei desideri umani: Il vangelo secondo Trump Storia di Antonio Spadaro
Ha sollevato sopraccigli, anche in ambienti cristiani, il gruppo di fondatori di nuovi gruppi d’ispirazione cristiana, di telepredicatori e di pastori vicini a movimenti di estrema destra che Donald Trump ha scelto per comporre o sostenere il nuovo “Ufficio per la fede” che ha aperto alla Casa Bianca. Al suo timone ha voluto Paula White, considerata la consigliera spirituale del presidente, che quattro anni fa si era unita alla manifestazione del 6 gennaio che ha preceduto l’insurrezione al Campidoglio e aveva pregato che Dio desse ai partecipanti alla manifestazione una «santa audacia» e che «ogni avversario» venisse «abbattuto nel nome di Gesù». White ha ripetutamente dichiarato che la sua presenza alla Casa Bianca la rende «territorio santo» e ha avvertito che opporsi a Trump significa opporsi a Dio. White era la figura più visibile nella foto che Trump ha postato su X dopo l’istituzione per decreto dell’ufficio e che lo vede circondato da una trentina di persone raccolte in preghiera imponendo le mani sul capo del presidente.
Sin dalla sua prima cerimonia d’inaugurazione del mandato presidenziale, Donald Trump ha incluso preghiere di predicatori del «vangelo della prosperità» quali Paula White, uno dei suoi consiglieri spirituali. Per la prima volta nell’ottobre 2015 la White ha organizzato, nella Trump Tower, un incontro di telepredicatori legati alla «teologia della prosperità», che hanno pregato per l’attuale Presidente, imponendo le mani su di lui. Il nucleo di questa «teologia» è la convinzione che Dio vuole che i suoi fedeli abbiano una vita prospera, e cioè che siano ricchi dal punto di vista economico, sani da quello fisico e individualmente felici. I fedeli sono incoraggiati a visualizzare ciò che desiderano e a dichiararlo con fede, considerandolo già ricevuto. Questo approccio trasforma le promesse di Dio in una sorta di contratto vincolante, in cui il credente assume una posizione dominante rispetto a un Dio che diventa un “fattorino cosmico” (cosmic bellhop) al servizio dei desideri umani.
Dio come «fattorino cosmico» dei desideri umani: Il vangelo secondo Trump
5 febbraio 2025 _ Fra Bobbio e Togliatti
La Repubblica 5 febbraio 2025
Dialogando sulle ali della libertà di Michele Ciliberto
Torna il dibattito tra Bobbio e Togliatti sulla parola chiave dell’etica. Da rileggere in quest’epoca di post democrazia
La discussione che ha inizio negli ultimi mesi del 1954 fra Norberto Bobbio e Palmiro Togliatti è un documento per molti aspetti unico, e colpisce il fatto che non sia stata più ripubblicata nella sua interezza. Si affrontano – e questo è il primo motivo di interesse – due personalità d’eccezione: un grande intellettuale e un importante leader politico, destinati entrambi a lasciare un’orma profonda nella storia intellettuale e politica del nostro Paese.
Palmiro Togliatti
Oggi sarebbe inconcepibile una discussione di questo genere: non ci sono intellettuali come Bobbio (recentemente si è addirittura scritto che in Italia, oggi, non ci sono più intellettuali), ma non ci sono più neppure politici come Togliatti, capaci di intrecciare straordinarie capacità pratiche a una dimensione teorica, e filosofica, non comune. Mancano intellettuali che si misurino con la profondità di Bobbio con i problemi più gravi del proprio tempo storico e non ci sono più leader, come Togliatti, consapevoli che l’azione politica ha bisogno di saldi princìpi teorici, se non vuol precipitare in un empirismo senza visione, da cui scaturiscono fragilità e debolezza strategica, incapacità di svolgere la propria funzione nazionale, subordinazione ai poteri più forti, mancanza di forza egemonica. E, come è noto, «quando si sbaglia nell’analisi, si sbaglia anche nell’orientamento politico», e si viene sconfitti.
Da questo punto di vista, la discussione tra Bobbio e Togliatti è “inattuale”, nel senso più profondo del termine: appartiene a un mondo lontano dal nostro, ma pieno di intelligenza e di passioni, col quale, proprio per questo, è necessario fare i conti. Quella discussione è, invece, assai “attuale” – e veniamo al secondo motivo che induce a ripubblicarla – per il tema che affronta, quello della libertà, un tema sempre e ancora aperto, anzi oggi più di ieri per le nuove forme di subordinazione, dipendenza e servitù che si sono imposte nel nostro tempo. Ma che intendiamo quando parliamo di libertà, cos’è la libertà? E in cosa consiste la libertà individuale, quali sono i princìpi su cui essa è fondata? Possono esistere, esistono, democrazie illiberali? E cosa bisogna fare sul piano teorico e su quello dell’iniziativa politica per contrastarle?
Sono temi affrontati oggi in testi importanti di filosofia politica, ma colpisce che nella loro discussione Bobbio e Togliatti già si confrontino con questi argomenti – da punti di vista opposti –, interrogandosi sui caratteri della libertà propri della dottrina liberale e su quelli propri della dottrina democratica, sui rapporti tra democrazia e liberalismo e tra liberalismo e comunismo, sulle forme della libertà socialista. Ed è notevole che discutano anche sul metodo con cui deve essere posto e affrontato il problema della libertà: se con strumenti giuridici, formali – ma, nel caso di Bobbio, la forma è sostanza –, oppure guardando ai rapporti reali, effettivi, alla sostanza delle cose, evitando le secche – come dice Togliatti – del «formalismo» astratto o dell’idealizzazione.
In che termini, poi, questi diversi metodi di pensiero – il “concreto”, l’“astratto” – incidono nella concezione e nel destino della libertà, a cominciare da quella individuale? Sono questi i problemi su cui si interrogano Bobbio, un liberale – così si definisce –, e Togliatti, un comunista, cercando, però – ed è un carattere della discussione –, di comprendere e rispettare le ragioni dell’altro.
C’è, tuttavia, un ulteriore elemento che rende interessante questa discussione. Il convitato di pietra è l’Unione sovietica, subito dopo la morte di Stalin, quando sembra aprirsi una nuova stagione, inducendo Bobbio a prendere la penna e a scendere in campo. Oggi l’Urss non c’è più, e Bobbio si mostra con le sue posizioni più lungimirante di Togliatti.
Uno stato senza libertà – quello di cui parla Lenin – non può esistere, si corrompe, marcisce, finisce, e proprio il destino dell’Urss lo dimostra. Ma oggi ci sono Stati che si presentano come democrazie illiberali, e si propongono come modelli in Europa, trovando proseliti anche nel nostro Paese. In questo senso, la discussione fra Bobbio e Togliatti resta attuale, e vale la pena di sottrarla all’oblio. Bobbio spiegava già allora dove si può arrivare, quando si rinunzia alla libertà. Ecco una delle ragioni a favore della ripubblicazione di quella discussione. A distanza di settant’anni ha ancora molte cose da dirci.
Ma è una discussione importante, si è già accennato, anche per il modo con cui è condotta – pacato, sobrio, rispettoso dell’avversario – e anche perciò essa è “inattuale”. Bobbio rivendica questo stile in modo esplicito nelle prime pagine di Politica e cultura, intitolate Invito al colloquio, citando un autore fondamentale per il suo interlocutore: «Comprendere e valutare realisticamente la posizione e le ragioni dell’avversario (e talvolta è avversario tutto il pensiero passato) significa appunto essersi liberato dalla prigione delle ideologie (nel senso deteriore, di cieco fanatismo ideologico), cioè porsi da un punto di vista “critico”, l’unico fecondo nella ricerca scientifica». È con tali parole che Antonio Gramsci spiega nei Quaderni del carcere come si debba concepire la discussione scientifica. E sono anch’esse, oggi, parole “inattuali”.
Il libro – Sulla libertà di Norberto Bobbio e Palmiro Togliatti, a cura di Michele Cilberto, è in corso di pubblicazione presso le Edizioni della Normale
5 febbraio 2025 – Morte in Svezia e l’ONU ai tempi di Trump
Ieri, 16 febbraio , sono successe al cune c ose di cui voglio far memoria
Örebro (Svezia). Un uomo di 35 anni (poi identificato) è entrato in una scuola/ centro di formazione per adulti e immigrati .e ha sparato contro i presenti . Leggo di 11 morti e 15 feriti.
Fra i morti c’è anche l’aggressore .
Sapemmo mai le ragioni.?
Leggo di esclusione di atto terroristico , della possibilità di odio etnico
La Svezia è la terra di Olof Palme, uomo politico socialdemocratico.
Fu assassinato (era ministro in carica) il 28 febbraio 1986
Ne faccio memoria nel mio calendario personale sapendo che c’è stato in processo, ci sono state condanne ma le ragioni dell’assassino non sono state chiarite.
Finirà così anche per l’assassino di Örebro ? Probabilmente sì visto che è stato ammazzato e quindi si è spenta anche una voce fondamentale.
Washington D. C.
L’imprevedibilmente minaccioso Presidente degli Usa, maître à penser del nostro ministro delle infrastrutture e trasporti, ha firmato un ordine esecutivo per far uscire il suo paese dall’ Unhrc , l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, (United Nations High Commissioner for Refugees) Conseguentemente avrebbe provveduto anche all’uscita dall’Unhcr, Agenzia ONU per i Rifugiati, che tutela i diritti e il benessere dei rifugiati in tutto il mondo.
E’ certo comunque che , dispondeo il Nostro una revisione ampia dei finanziamenti statunitensi per l’ONU, viene vanificato anche l’operato dell’Unrwa, principale ,agenzia di soccorso delle Nazioni Unite per i palestinesi.
E’ difficile esprimere certezze e districarsi nella cascata di provvedimenti esecutivi di questo precipitoso signore. Scelgo la provvisorietà facendo un punto per quello che mi è possibile. Sarà altrettanto possibile correggermi .
Comincio da un cenno storico:
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR)
L’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite è stata creata dopo la seconda guerra mondiale per assistere e facilitare il rimpatrio dei milioni di cittadini europei sfollati a causa del conflitto. Nel dicembre 1950 un Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati è stato istituito dalla Assemblea Generale delle Nazioni Unite con mandato limitato a tre anni. Il 28 luglio 1951 viene adottata a Ginevra la Convenzione che ha riconosciuto ai rifugiati il diritto alla protezione e ne ha definito lo status giuridico internazionale. Lo status di rifugiato si configura infatti come uno dei possibili status di cui può godere uno straniero o un apolide che accede al diritto d’asilo, che presuppone il fondato timore di persecuzione individuale dello straniero nel suo Paese di origine. In Italia, la Convenzione è stata firmata il 23 luglio 1952 e ratificata dall’allora Presidente della Repubblica Einaudi il 15 novembre 1954 a seguito dell’approvazione della Legge 24 luglio 1954, n. 722. La Convenzione è entrata in vigore il 13 febbraio 1955. Poiché da allora gli esodi sono diventati un fenomeno persistente su scala mondiale, nel dicembre 2003 l’Assemblea Generale ha esteso indefinitamente il mandato dell’UNHCR. Anche la categoria dei beneficiari è stata progressivamente ampliata mediante Risoluzioni dell’Assemblea Generale, includendo gli apolidi nel 1994 e gli sfollati interni nel 2006.
E l’Italia? Spero di avere un po’ di tempo per ragionare anche su questo aspetto anche se mentre penso, mi documento e scrivo mi sembra di essere già superata dal rotolare di effetti perversi di azioni scervellate.
1 febbraio 2015 _ Calendario di febbraio
- .1 febbraio 1945 – Decreto Legislativo Luogotenenziale 1 febbraio 1945,
…………………………..n. 23 – ….Riconosciuto il diritto di voto alle donne.
.1 febbraio 1979 – L’ayatollah Khomeini torna in Iran dopo l’esilio.
2 febbraio festa della Candelora (Presentazione di Gesù
—————————- al Tempio)
.2 febbraio 2017 – Muore Predrag Matvejevic
.2 febbraio 2020 – E’ stato isolato il virus del Covid
..2 febbraio 2024 – L’università di Padova conferisce la laurea ad
……………………….honorem in ingegneri biomedica alla memoria di
………………………….Giulia Cecchettin
.3 febbraio 1985 – Sudafrica. Desmond Tutu è il primo vescovo
…………………………….. anglicano nero.
.3 febbraio 1998 – Strage del Cermis
.3 febbraio 2016 – Ritrovamento della salma di Giulio Regeni
.3 febbraio 2022 – Giuramento del presidente Mattarella per il
…………………………….secondo mandato
.3 febbraio 2025…….Summit ’internazionale dei diritti dei bambini
……………………… all’interno del Palazzo Apostolico Vaticano,
……………………………,organizzato del Pontificio Comitato per la Giornata
……………………………. Mondiale dei bambini. . (Nota 1)
.4 febbraio 1913 – Nasce Rosa Parks
.4 febbraio 1945 – Si apre a Yalta la Conferenza tra Roosevelt,
……………………………Churchill e Stalin
.4 febbraio 1906 – Nasce Dietrich Bonhoeffer
.4 febbraio 2019 – Viaggio del papa ad Abu Dhabi
.5 febbraio 62 – Terremoto di Pompei
.5 febbraio 1848 – Processo a Marx ed Engels per attività sovversiva
.6 febbraio 1992 Muore David Maria Turoldo
.6 febbraio – Giornata mondiale contro le Mutilazioni Genitali
…………………………………Femminili
.9 febbraio 2009 -..Muore Eluana Englaro
10 febbraio – Giorno del ricordo” – vittime delle foibe (legge
…………………………………92/2004)
10 febbraio 1990 – Sud Africa: De Klerk annuncia la liberazione di
…………………………………Mandela
11 febbraio – Giornata internazionale delle ragazze e delle donne
…………………………………nella scienze………………. (Nota 2)
11 febbraio 1929 – Firma dei Patti Lateranensi
11 febbraio 2011 – Egitto, dimissioni di Mubarak
12 febbraio 1938 – Anschluss, le truppe tedesche entrano in Austria
15 febbraio 1945 – Aerei USA bombardano Dresda
15 febbraio 1967 – Uccisione Camillo Torres
16 febbraio 2024- Strage operai a Firenze in supermercato Slunga in
………………………….costruzione.
16 febbraio 2024 – Morte in carcere di Aleksej Naval’ny
17 febbraio 1600 – Roma – Rogo di Giordano Bruno, condannato per
………………………………….eresia
17 febbraio 1848 – Lettere Patenti, decreto con cui il re Carlo Alberto,
…………………………concedeva i diritti civili ai valdesi e,
…………………………successivamente, agli ebrei.
18 febbraio 1564 – Morte di Michelangelo
18 febbraio 1943 – Monaco – arresto fratelli Scholl e altri membri della
…………………………………Rosa Bianca
18 febbraio 1984 – Firma del Nuovo Concordato fra Italia e Santa Sede
18 febbraio 2018 – Muore Giacometta Limentani
19 febbraio 1937 – Strage italiana in Etiopia – Giorno dei martiri………..
………………………………etiopici …………….. (Nota 3 e link in calce)
19 febbraio 2016 – Morte di Umberto Eco
20 febbraio 1958 – Approvazione della legge Merlin
20 febbraio 2016 – Muore Fernando Cardenal
21 febbraio 1984 – Stipula dell’intesa fra lo stato italiano e la chiesa
……………………………valdese
21 febbraio 2015 – Caduta governo Letta (Nota 4)
21 febbraio 1965 – A New York viene ucciso Malcom X
22 febbraio 1943 – Esecuzione capitale dei membri della ‘rosa bianca’
22 febbraio 2021 – Vengono assassinati nel Congo orientale
…………………………..l’ambasciatore Luca Attanasio, il carabiniere
:………………………….della sua scorta Vittorio Iacovacci e
…………………………..Mustapha Milambo, l’autista.
23 febbraio 1903 – Cuba affitta ‘in perpetuo’ agli USA la baia di
……………………………….Guantanamo
24 febbraio 1990 – Morte di Sandro Pertini
24 febbraio 2024 – Nasce la giornata del manganello
25 febbraio 2014 – Fiducia al governo Renzi – Ieri al senato oggi alla
……………………………. Camera ..finirà il 12 dicembre 2016
25 febbraio 2018 – Chiusura Santo Sepolcro
26 febbraio 1991 – Si scioglie il patto di Varsavia
27 febbraio 1933 – Incendio del Reichstag
27 febbraio 1960- Morte Adriano Olivetti
28 febbraio 1986 – Assassinio del primo ministro svedese Olaf Palme
28 febbraio 2013 – Abdicazione papa Benedetto XVI
28 febbraio 2018 – Riapertura Santo Sepolcro - NOTA 1
Il nome ufficiale di Giornata nazionale per la vita comincia a essere sottotraccia. Si parla anche di giornata per la ita consacrata - NOTA 2:
19 febbraio Fu istituita dalla Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2015.
Ricordo che delle materie STEM si parla anche nel Recovery Plan
(STEM acronimo dall’inglese di Science, Technology, Engineering and Mathematics) - NOTA 3:
A seguito di un attentato al maresciallo Graziani le truppe italiane in Etiopia perpetrarono una delle tante stragi che caratterizzarono quella occupazione.
Per qualche informazione:
http://anpi.it/media/uploads/patria/2006/6/09-13_DE_PAOLIS.pdf - NOTA 4:
Il governo Letta è stato il sessantaduesimo esecutivo della Repubblica Italiana, il primo della XVII legislatura. Il governo rimase in carica dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014
2 febbraio 2025_ Da Il Sole 24 di oggi domenica _ copia manuale
L’Europa senza politica estera fa il gioco di Trump
di Sergio Fabbrini
Qualche giorno fa, il segretario di stato americano, Marco Rubio, ha finalmente chiamato l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Kaja Kallas, che da giorni lo aveva invitato a partecipare ad una riunione del Consiglio dei ministri degli esteri nazionali (CAE) dell’Unione europea (Ue). Finalmente, perché il capo della diplomazia americana aveva in precedenza chiamato diversi ministri degli esteri degli stati membri dell’Ue, come il polacco Rados?aw Sikorski, il danese Lars Løkke Rasmussen, il lituano K?stutis Budrys, la lettone Baiba Brazed, l’italiano Antonio Tajani, l’ungherese Peter Szijjártó, il francese Jean-Noel Barrot e la tedesca Annalena Baerbock. Solamente dopo questo giro di telefonate, Rubio ha trovato il tempo per chiamare Kaja Kallas, in teoria il ministro degli esteri dell’Ue. Si è trattato di una scortesia istituzionale oppure di qualcos’altro?
Dopo la fine della Guerra Fredda, con il Trattato di Maastricht del 1992, l’Ue si era decisa a dotarsi di una politica estera comune. Con il Trattato di Amsterdam del 1997 fu quindi formalizzata la figura dell’Alto rappresentante, il cui ruolo è stato rafforzato dal Trattato di Lisbona, entrato in vigore nel dicembre 2009. Finalmente, si disse, l’Ue ha un ministro degli esteri, potendo così parlare con una sola voce negli affari internazionali. Per di più, si riteneva che il doppio ruolo assegnato all’Alto rappresentante, cioè di presidente del CAE e allo stesso tempo vicepresidente della Commissione europea intesa come organo sovranazionale, avrebbe condotto alla progressiva europeizzazione delle politiche estere degli stati membri. Si pensava di aver risolto il problema della politica estera europea creando un nuovo organismo, senza modificarne però la sostanza. Ovvero che i governi nazionali hanno continuato a tenere sotto il loro controllo la politica estera attraverso la logica intergovernativa del CAE, affidando all’Alto rappresentante una funzione di coordinamento (nel caso migliore) o di servizio ai Paesi più forti (nel caso peggiore). Il risultato è che l’Ue non ha una sua politica estera, come le ha ricordato Rubio.
Il coordinamento intergovernativo delle politiche estere nazionali ha difficoltà a funzionare in un’Unione di 27 stati membri, portatori di preferenze che sono diverse per via della loro collocazione geografica, esperienza storica e dinamica politica. La minaccia dell’imperialismo russo viene percepita in modo differente, a seconda che si viva a Tallinn o a Lisbona. Per di più, il CAE decide all’unanimità, riconoscendo un potere di veto ad ognuno dei ministri che lo compongono. Così, nelle condizioni di una crisi, i governi nazionali, specialmente degli stati membri più grandi, hanno seguito le loro priorità, proprio perché non esisteva una posizione comune. Tale debolezza europea è stata a lungo occultata dalla forza americana. All’America è stata appaltata, dall’Ue, la politica estera e (soprattutto) la politica di sicurezza. Sotto l’ombrello americano, i vari governi nazionali potevano qualche volta scalciare, senza però uscire dalla sua copertura. La guerra in Ucraina ha reso evidente le ambiguità europee. Senza la leadership americana, molto poco avrebbero potuto fare i governi nazionali dell’Ue. Tant’è che si sono dovuti limitare alla politica delle sanzioni economiche, incontrando anche qui resistenze non da poco. Basta pensare che i premier Viktor Orban e Robert Fico (dell’Ungheria e della Slovacchia) hanno già minacciato il veto all’approvazione del sedicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, in coerenza con le aspettative di Mosca. E, di fronte ad un veto, nulla si può fare. Se la leadership americana si ridimensionerà (per via del disimpegno trumpiano dalla Nato e dall’Europa), l’Ue intergovernativa non sarà in grado di sostituirla. Nessun stato membro, a cominciare dalla Francia, potrà prendere il posto lasciato scoperto (o semiscoperto) dall’America, ad esempio sul piano tecnologico e industriale. La Francia, inoltre, ha una visione di politica estera che divide l’Ue, con il suo antiamericanismo e soprattutto con la sua idea che l’Ue debba essere una Francia in grande. Eppure, solamente la Francia potrebbe avviare il percorso verso la sovra-nazionalizzazione della politica estera e di sicurezza, dichiarando di volere condividere il suo deterrente nucleare all’interno di un sistema europeo e di voler trasformare il suo seggio al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in un seggio dell’Ue (senza più nascondersi dietro cavilli giuridici). In questo modo chiuderebbe la frattura che aprì nel 1954 quando decise di non votare il Trattato della Comunità europea della difesa.
Insomma, Marco Rubio si è limitato a prendere atto della nostra situazione. Dopo tutto, per lui e il suo presidente, è conveniente che l’Ue non esista in quanto attore unitario, così da poter negoziare da una posizione di forza con ognuno dei suoi stati membri. Un esito che sarebbe disastroso per noi, come ha dovuto riconoscere l’euroscettica Danimarca, che aveva a lungo rifiutato di partecipare persino al coordinamento intergovernativo della politica estera e di sicurezza europea, per poi aderirvi nel luglio del 2022, pochi mesi dopo l’aggressione russa all’Ucraina. E che oggi, di fronte alle pretese imperiali di Trump in Groenlandia, si scopre fortemente europeista. Se l’Europa non siederà al tavolo dei Grandi, tutti noi saremo nel menù.
28 gennaio 2025: – Una pagina insolita nel ricordo della Shoah
Dal 1992 vive in Italia Božidar Stanišić, scrittore bosniaco per non trovarsi a combattere su un territorio che allora stava perdendo anche il nome : lo chiamavamo ex Jugoslavia
Ormai cittadino italiano vive con noi la situazione confusa che caratterizza questo indecifrabile occidente .
In occasione della giornata della memoria mi ha inviato qualche pagina (che in parte riporto) dal romanzo dello scrittore Ivan Ivanji,
“La mia bella vita all’inferno”
Riporto telegraficamente alcuni fatti necessari per fornire un’immagine esplicativa dell’andamento della mia bella vita scandita da brevi viaggi all’inferno. La zia Olga, suo marito Endre, mia sorella Ildi, come anche la nonna materna Gizela, sopravvissero al campo di concentramento di Bergen-Belsen e tornarono a Subotica. Lo zio Pišta, sua moglie e i loro due figli morirono soffocati dai gas di scarico, trasportati dal lager di Staro Sajmište per le vie di Belgrado su quel camion speciale delle SS, “dušegupka”, di cui si è già scritto molto, però per me questo è un capitolo concreto della mia storia familiare. Anche mia madre fu uccisa allo stesso modo. Mio padre fu internato nel campo di Topovske šupe, poi lo prelevarono e lo fucilarono come ostaggio. Avevo un altro zio, Saša, l’avevo visto solo una o due volte nella vita, dicono che era ricco e bello. Fu ucciso a Jasenovac insieme alla moglie e ai due figli. Un altro zio, Imre, ingegnere, sposato con una donna serba, Budimka, trascorse gran parte del periodo bellico dalle nostre parti, in un luogo sperduto, dove i suoi muratori lo nascosero. Riassumendo, mia nonna, una volta tornata dal campo di concentramento, non poté che constatare di aver perso tre figli, mentre altri due si salvarono, un bilancio assai positivo per una famiglia ebrea dalle nostre parti. Si può dire così? Beh, io lo posso dire, ma guai a chi si azzarda a utilizzare tali toni per parlare di quell’inferno che fu il prologo alla mia bella vita.
…In ogni epoca – passata o contemporanea – il tempo del Male comprende momenti di impotenza e paura tremenda. Si pensi alle Sabine di fronte ai romani, agli ebrei di fronte alle SS, a Goethe davanti ai soldati sfrenati di Napoleone. Tuttavia, come già detto: l’ex campo di concentramento di Buchenwald lassù – la violenza – e la casa in Piazza Frauenplan a Weimar – Goethe – distano tra loro solo pochi chilometri in linea d’aria. In nessun altro posto al mondo il simbolo del Male assoluto e quello della grandezza umana assoluta sono così vicini l’uno all’altro. Da sedicenne, a Buchenwald, sulla collina di Etersburg, vicino a Weimar, non ne sapevo nulla. Non conoscevo nemmeno la leggenda della quercia di Goethe nello stesso campo. Di tanti fatti non sappiamo nulla, di molte leggende quasi nulla.
Il 16 settembre del 1939 il governo del Regno di Jugoslavia emanò due decreti riguardanti gli ebrei, di cui uno interessava anche me. Il primo decreto vietava agli ebrei qualsiasi commercio di generi alimentari. Allora? I miei genitori erano medici. Il secondo però riguardava proprio me, cioè “le persone di origine ebraica” e la loro istruzione nelle scuole superiori e nelle università. Nessuna scuola poteva accettare una percentuale di [alunni] ebrei superiore alla percentuale di ebrei sul totale della popolazione. Mio padre cercò di spiegarmelo, ritenendo che per via di tutti questi cambiamenti io dovessi essere particolarmente diligente e obbediente, ma io dissi: “Se mi vieteranno di studiare, diventerò il capitano di una nave”.
La notte di Capodanno 1941. L’ultima, ma anche la prima festeggiata in quel modo con papà. Stavo per compiere dodici anni, di certo non potevo sapere che una notte così non si sarebbe mai ripetuta, ma perché mio padre non lo aveva nemmeno intuito? Oppure lo aveva intuito? Non ricordo se nevicava. Sembra che proprio quei tasselli di memoria che dovrebbero rivelarmelo siano andati perduti. Sicuramente nevicava. Oggi mi sembra che prima del Tempo del Male tutto fosse ordinato e prevedibile. Se non a fine novembre, a inizio dicembre sicuramente cominciò a nevicare. Papà decise di trascorrere la notte di Capodanno solo con mia sorella e me. Non so dove fossero la mamma e la governante. Di sicuro cenammo, ma ormai non ricordo cosa. Di nuovo compare solo qualche tessera del mosaico. Tantissimi tasselli sono scomparsi. Papà aveva quarantadue anni. Giocammo a ramino.
… Ne tanto meno pensavamo che circa un anno e dieci mesi più tardi sarebbe stato fucilato Papà
27 gennaio 2025 _ Alcuni link sul tema
Provo a inserire una serie di link nella speranza che siano tali da potersi aprire e leggere. Se così non fosse possono venir copiai e aperti tramite google .
Poiché non penso che sia possibile chiedere a chi mi leggerà, informato dà un messaggio di posta, di leggerli tutti , cerco di illustrarli per facilitare una scelta:
Il primo: giornata della memoria , si presenta già con il titolo
Approfitto per ricordare che la senatrice Segre …è presidente della Commissione
“contro le parole d’odio”, da lei voluta.
Il secondo porta a un testo del mio blog, nella cui ultima parte conservo la memoria di una visita al lager di Majdanek , preceduto da lunghe considerazioni su un episodio avvenuto nel 1918 a Codroipo
Chi volesse risparmiarsi le considerazioni su un episodio di mala formazione potrà iniziare da Giocattoli vintage a Majdanek
Il terzo riguarda l’importanza di dare un nome alle vittime credo rivesta una particolare attualità
Il quarto riporta alcune considerazioni sempre della storica Anna Foa sulla giornata della memoria , scritte lo scorso anno
Il quinto è la testimonianza di chi fu deportato bambino
Il sesto consente di raggiungere il testo di Anna Fo che ho pubblicato poco fa.
14 dicembre 2018 – Integrazione precoce a Codroipo, provincia di Udine
27 gennaio 2023 – Un nome è un nome e nulla lo può sostituire
Sami Modiano, la storia del bambino che tornò da Auschwitz | Studenti.it
27 gennaio 2025 _ Una intervista ad Anna Foa, storica
da L’Unità 2 settembre 2024
Intervista ad Anna Foa: “Israele? I crimini di guerra a Gaza sono provati, Papa Francesco colpevole di dire la verità”
Storia di Umberto De Giovannangeli 2 settembre 2024
Definirla una intellettuale coraggiosa è peccare in difetto. Perché non è da tutti, soprattutto in questi tristi tempi dove a “regnare” è una sorta di pensiero unico e una informazione mainstream, andare controcorrente è una virtù che va coltivata, difesa, valorizzata. Virtù che Anna Foa sfodera nel suo ultimo libro Il suicidio di Israele (Editori Laterza), giunto alla seconda edizione, con vendite sorprendenti per un saggio. La professoressa Foa ha insegnato Storia moderna all’Università di Roma La Sapienza. Si è occupata di storia della cultura nella prima età moderna, di storia della mentalità, di storia degli ebrei. Tra le sue numerose pubblicazioni, ricordiamo: Le vie degli ebrei; Gli ebrei in Italia. I primi 2000 anni; Ebrei in Europa. Dalla Peste Nera all’emancipazione XIV-XIX secolo; Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento; Portico d’Ottavia 13. Una casa del ghetto nel lungo inverno del ’43; La famiglia F.; Donne e Shoah.
Papa Francesco nel suo discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, ha definito la condizione in cui versa la popolazione di Gaza, ignobile. Di nuovo, una presa di posizione forte di Bergoglio.
Io credo che Bergoglio abbia del tutto ragione utilizzando questo aggettivo così forte e angosciante. Lui ha ripreso le dichiarazioni che sono state fatte da più parti, dalle organizzazioni internazionali e dalle stesse organizzazioni che in Israele si occupano dei diritti umani. D’altro canto, le immagini che noi abbiamo – gli israeliani ne hanno di meno – di Gaza, sono immagini terrificanti. Si dice, a ragione, che lì si stia consumando qualcosa di terribile, che non ha eguali dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi. Che Bergoglio lo dica mi sembra positivo. Almeno c’è qualcuno che continua a dirlo. Non capisco di cosa possa essere accusato quando queste cose sono dette da tutti, sono dette e documentate dall’Onu, da agenzie umanitarie come l’Unicef, dalle organizzazioni di soccorso. Cose che sono state dette e raccontate da giornalisti coraggiosi, quali sono i giornalisti di Haaretz. Ieri, ad esempio, ho letto un bellissimo pezzo di Gideon Levy sullo scempio di vite umane che si sta perpetrando a Gaza e sulla deriva morale, non solo politica, che sta corrodendo Israele. Quanto a Bergoglio sta facendo il suo mestiere: il Papa. E lo sta facendo molto bene.
Professoressa Foa, non crede che l’appiattirsi sempre e comunque nella difesa d’Israele, finisca poi per far male a Israele stesso?
Lo credo assolutamente. Io credo che l’unico modo in cui la diaspora poteva aiutare Israele, era quello di sostenere l’opposizione, di impedire che scivolasse in questi crimini. Non vogliamo usare la parola genocidio, non usiamola, ma quella di crimini di guerra e contro l’umanità è del tutto confacente a ciò che da quindici mesi sta avvenendo a Gaza. Aiutare a far crescere l’opposizione che si è afflosciata dopo il 7 ottobre, che in qualche modo era anche quello che Hamas voleva.
Lei prima faceva riferimento ad Haaretz, uno degli ultimi bastioni di una stampa davvero indipendente in Israele. Sul quotidiano progressista di Tel Aviv, si è riaperto un vivace dibattito su una soluzione della questione palestinese fondata su uno Stato binazionale.
Lo Stato binazionale era la soluzione dei primi sionisti. Era una soluzione che in qualche modo è andata avanti anche nelle forme sioniste più istituzionali, fino alla grande rivolta del 1936. Ed è la soluzione migliore, in teoria, anche se oggi la vedo moltissimo come utopistica. Può essere che anche quella dei due Stati lo sia, però da un punto di vista realistico credo che bisognerebbe fare quello che è possibile, sapendo bene che non sarà il meglio. Se la soluzione a due Stati è più forte e in qualche modo consente di essere realizzata, anche se ha tutta una serie di problematiche e di possibilità di crearsi, forse si dovrebbe puntare a questo, sempre tenendo presente che lo Stato binazionale era l’idea dei primi sionisti, di quelli che hanno gettato le basi ideali e politiche nella prima metà del ‘900, di quello che poi s’inverò nello Stato d’Israele. L’idea, per l’appunto, di uno Stato binazionale, l’idea di mettere alla prova il sionismo sui rapporti con gli arabi. Il sionismo si sarebbe messo alla prova su questo, non su altre cose, non sull’identità israeliana, nemmeno sui kibbutzim o sul socialismo. Il sionismo si sarebbe messo alla prova sui rapporti con gli arabi. Purtroppo, la prova è fallita.
Nel sionismo, non era presente anche una componente messianica che oggi innerva le politiche della destra che governa oggi Israele?
Una piccola componente c’era, però anche i sionisti religiosi non erano in maggioranza messianici. Il messianismo nasce dopo il ’67, dopo la Guerra dei Sei giorni. Se Ben Gurion poteva dire, nel ’48, “non farò una battaglia sulla religione e sull’osservanza religiosa ebraica perché non vale la pena di scannarsi su questo quando fra due generazioni non ci saranno più religiosi”, era perché non era ancora affiorata quell’ala messianica che ci ricorda molto, lo dicevano gli israeliani prima del 7 ottobre, gli zeloti che hanno poi portato alla rovina il Regno di Giuda nella guerra con i Romani. Volete di nuovo distruggerci, gli zeloti sono di nuovo riapparsi, questo si diceva nelle discussioni e nelle piazze israeliane. Questi nascono con i coloni, nascono con una forte influenza degli ebrei americani ortodossi. Li abbiamo letti nei libri di Amos Oz, tantissimi anni fa, questi coloni con la kippah all’uncinetto che parlano, esaltati, della Grande Israele. Sono cresciuti anche perché hanno fatto dieci figli per due o tre generazioni, e questo ha aumentato il loro numero e di conseguenza anche il loro impatto sulla vita, sociale e politica, d’Israele. Sono questi esaltati che assaltano e danno fuoco ai villaggi palestinesi in West Bank e che vogliono colonizzare tutta Eretz Israel, la Terra d’Israele, e forse anche un pezzo in più.
Il 20 gennaio si reinsedia alla Casa Bianca Donald Trump. Nella vulcanica conferenza stampa di Mar-a-Lago, il presidente eletto ha sostenuto, tra le altre cose, che se Hamas non libera subito gli ostaggi che ancora ha in mano, quando diventerà a tutti gli effetti commander in chief degli Stati Uniti, scatenerà l’inferno a Gaza.
L’inferno c’è già a Gaza, dobbiamo non stancarci nel dirlo. Ogni inferno può essere peggiorato, certamente, puoi mettere tutti i palestinesi al muro e sterminarli uno dopo l’altro. In quella vulcanica conferenza stampa, ha detto anche altre cose, come volersi prendere la Groenlandia o Panama col suo canale, o fare del Canada il 51° stato americano. Siamo ormai ad un livello che forse un bravo psichiatra giudicherebbe pericoloso per la salute mentale del soggetto in questione. Si parlava molto del fatto che in fondo l’interesse di Trump per un rapporto con l’Arabia Saudita, lo avrebbe portato a mollare le punte più estreme di Netanyahu. Non mi sembra che stia succedendo questo, ma vedremo quello che accadrà dopo il 20 gennaio.
Allargando l’orizzonte a livello globale, non crede, professoressa Foa, che vi sia stata una regressione etica e culturale, per cui non esiste più l’avversario ma solo il nemico da distruggere con qualunque mezzo e a qualunque costo?
Sì. E io non perdonerò mai al 7 ottobre, e a coloro che l’hanno provocato, oltre alle tante vittime innocenti uccise brutalmente, di aver accelerato il processo di disgregazione dell’etica della sinistra, degli oppositori, attraverso la paura, a tutti quegli elementi negativi che sappiamo bene a cosa portano. La paura di un attacco fisico porta ad allinearsi alle posizioni di chiunque pur di evitare che qualcuno venga a tagliarti la gola dentro casa tua. Questo lo vediamo ovunque, ma lì in particolare dove era successo. Io credo che se non ci fosse stato il 7 ottobre, Netanyahu probabilmente sarebbe caduto nello spazio di un mese o due, perché era veramente sul bordo del precipizio, e invece il 7 ottobre, con questo mare di sangue, ha scatenato chiamiamola una depressione, chiamiamola una perdita di consapevolezza politica anche in tanti che l’avevano avuta e manifestata nel corso di quel lungo, straordinario 2023, in cui in centinaia di migliaia era scesi in piazza, con una determinazione e continuità eccezionali, contro la repressione interna e la spinta antidemocratica del governo Netanyahu. Tutto questo in parte è venuto meno. Ci sono però ancora tanti gruppi, tanti movimenti che si battono e dovremmo riconoscerli e aiutarli.
L’ultima domanda, ci rimanda ad un altro suo libro molto bello, Portico d’Ottavia 13. Una casa del ghetto nel lungo inverno del ’43. Nel suo discorso di fine anno, il Presidente Mattarella, ha ricordato che nel 2025 si celebreranno gli 80 anni dalla Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Professoressa Foa, cosa un millenial dovrebbe ricordare di quella storia?
Dovrebbe cercare di collegare quella storia ai suoi interessi di oggi, interessi intesi come le cose che lo interessano, le cose che ancora suscitano emozioni in lui o lei, ammesso che si possa parlare di questo. Vede, io cerco di dire sempre di sì agli inviti che mi vengono dalle scuole, ma nelle presentazioni, tante, del mio ultimo libro, le teste che ho davanti a me son tutte bianche. E questo è qualcosa di molto triste. Un giovane forse dovrebbe capire, per esempio, cosa sia stata la Liberazione. È difficile spiegare a qualcuno cosa abbia voluto dire per uno che è stato nascosto, uscire all’aria aperta e poter dire il suo vero nome e non un nome falso. Io che sono nata con un nome falso, ma non ero abbastanza grande per pronunciare il mio nome vero perché avevo cinque-sei mesi quando c’è stata la liberazione, capisco questa cosa, proprio perché sono stata costretta a vivere con un nome falso e anche a essere nascosta. Bisognerebbe spiegare loro la vita quotidiana di allora. Io ho tentato di farlo in quel libro che lei ha citato e che tra tutti quelli che ho scritto è quello che preferisco. In Portico d’Ottavia, ho cercato di far vedere come vivevano, come si nascondevano, che emozioni avevano coloro che abitavano lì, molti dei quali non sono più tornati indietro dai campi di sterminio. Un approccio di questo tipo potrebbe risultare utile, chissà. Cerco di trovare delle aperture nelle loro menti, e spesso la trovo. E non sono puramente quelle di pancia. Sono quelle in cui in qualche modo riesci ad identificarti con la vita e con la storia di un altro , che è altra cosa del piangersi addosso e avere solo emozioni e non ragioni.

