14 dicembre 2023 _ Parla il nuovo Presidente Corte Costituzionale, Augusto Barbera

Sono riuscita ad inserire nel mio blog questo  video con le dichiarazioni del nuovo Presidente della Corte Costituzionale  (resterà in carica, a quanto ho capito, fino al mese di dicembre  2024).
Mi è  molto piaciuto anche un  precedente video in cui stigmatizzava pesantemente il  voto di fiducia, “segno di debolezza”
Dal 2009  quel segno di debolezza è diventato forza nello stimolare l’indifferenza e plumbei silenzi  tombali.
Qui  in un discorso evidentemente improvvisato (lo ha proposto 2 giorni dopo la sua elezione) lascia trasparire tutta la sua sapiente professionalità,  ripercorrendo strade del passato che, conosciute, potrebbero  aprire a nuovi obiettivi da raggiungere nel futuro.  .
Lo invierò ad alcun i amici e, se  avrò risposte , le  trascriverò.
Mi ha molto emozionato leggere in tanti momento di quel percorso che il Presidente Barbera delinea  la mia partecipazione a movimenti della società civile attivi ed efficaci almeno nel promuovere conoscenza , movimenti che oggi sembrano spenti in un atteggiamento di annoiata indifferenza per molti, di pigra  rassegnazione per altri
Penso ai piccoli nati in Italia destinati per legge ad  essere senza nome, senza identità , senza famiglia .
Non posso immaginare un  soprassalto di decenza  in un parlamento neghittoso  capace di schiamazzi. ma non di risoluzioni attente al problema dei diritti come proclamati nei primi articoli della Costituzione
Se ne parlasse almeno nella società civile ….

14 Dicembre 2023Permalink

10 dicembre 2023 _ La voce della poesia non può morire

Sto pensando a lui, Refat Al-Areer poeta, scrittore, docente di letteratura, ucciso a Gaza ieri in un bombardamento, con la sua famiglia. Tra i fondatori di NON SIAMO NUMERI. Le sue parole:
Se dovessi morire
tu devi vivere
per raccontare la mia storia,
per vendere le mie cose,
per comprare un pezzo di stoffa
e qualche stringa.
(rendilo bianco con una lunga coda)
cosicché un bambino, da qualche parte a Gaza
guardando il cielo negli occhi
in attesa di suo padre che se ne andò in una fiamma –
e non diede l’addio a nessuno
nemmeno alla sua stessa carne
nemmeno a se stesso –
veda l’aquilone, il mio aquilone che tu hai fatto,
volare là sopra
e pensi per un momento
che un angelo sia lì
a riportare indietro amore.”
“Se dovessi morire
fa’ che porti speranza,
fa’ che sia un racconto.”
10 Dicembre 2023Permalink

9 dicembre 2023 _ Un caso di detenzione amministrativa (?) in Israele che sembra chiudersi positivamente

Il ricercatore italo-palestinese, arrestato ad agosto delle autorità israeliane e scarcerato un mese fa, ha superato il confine con la Giordania. La felicità della moglie, originaria del Molise

Il servizio di Dario Tescarollo, montaggio di Piero Manocchio

Presto Khaled El Qaisi potrà finalmente tornare in Italia: dopo mesi di preoccupazione per il suo destino, sembra arrivare il lieto fine per il ricercatore italo-palestinese dell’Università La Sapienza di Roma.

Era stato arrestato dalle autorità israeliane il 31 agosto scorso al valico di Allenby tra Cisgiordania e Giordania. Un mese dopo, a inizio ottobre, il tribunale israeliano di Rishon Le Tzion si pronunciò per la sua scarcerazione con la condizione del divieto di espatrio per una settimana. Khaled ha così potuto soggiornare liberamente nella casa di famiglia di Betlemme, poi però, l’8 ottobre, è scoppiato il conflitto in Israele e da quel momento alla lontananza si è sommata la preoccupazione delle bombe.

Oggi la situazione si è sbloccata; fonti diplomatiche confermano che il 28enne italo-palestinese si trova in territorio giordano e che presto farà ritorno in Italia per riabbracciare la propria famiglia. “Khaled ha attraversato il confine con la Giordania. Finalmente potremo riabbracciarlo”, le parole che la moglie Francesca Antinucci, di Campobasso, ha scritto sul proprio profilo Facebook.

https://www.rainews.it/tgr/molise/articoli/2023/12/khaled-el-qaisi-ha-lasciato-la-palestina-presto-il-ritorno-in-italia-e7e2c5fa-b28d-46cb-b6f2-358b039d6655.html

Ne avevo scritto nl mio blog diariealtro  il 7 settembre

7 settembre 2023_ Una notizia dalla Palestina

9 Dicembre 2023Permalink

8 dicembre 2023 _ Un tentativo di ecumenismo il giorno della festa dell’Immacolata

8 dicembre 2023

Dal Vangelo secondo Luca – Lc 1,39-45 (Lezionario di Bose)

39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto»


Il testo evangelico che è stato scelto dalla nostra comunità nel tentativo di rendere un po’ più ecumenica questa festa, vuole celebrare Maria quale dimora di Dio, Arca dell’alleanza che reca in sé, nel proprio corpo, la presenza di Dio, e che fa visita alla sua parente e con essa a tutto il popolo di Israele. Come un tempo il passaggio dell’Arca dell’alleanza, luogo sacramentale della presenza di Dio in mezzo al suo popolo, portò benedizione e suscitò gioia ed esultanza, ora la presenza di Dio, grazie al “sì” di Maria, abita nella carne umana, nel corpo di una donna, e suscita la gioia e porta la benedizione dello Spirito santo a Elisabetta e al bambino – Giovanni – che ha nel ventre.

Meditando dunque questo testo, e scremando questa festa da un certo devozionalismo, ci appare una verità difficilissima da credere nel nostro quotidiano. La verità che Dio non disdegna il corpo umano come sua dimora. Maria è diventata madre del Signore nostro Gesù Cristo, vero uomo e vero Dio. Ma poi via via nel corso della storia lo Spirito santo, che è Signore e procede dal Padre, ha preso dimora in tanti uomini e donne conosciuti e sconosciuti – i santi – che nella loro vita si sono fatti portatori di Dio ai loro fratelli e sorelle. Ma questa in fondo è la caratteristica dei “teofori”, dei portatori di Dio: essi non lo tengono per sé, ma diventano, in modi sempre diversi, degli illuminatori per gli esseri umani.

Così anche Maria; appena ricevuto l’annuncio delle grandi cose che ha operato il lei l’Onnipotente, ecco che si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa della Giudea nella casa di Elisabetta (v. 39). Nel suo viaggio Maria porta Cristo e l’incontro con Elisabetta diviene una pentecoste, una discesa dello Spirito in cui l’una riconosce l’altra nel mistero della propria vocazione. Riconoscere l’altro significa riconoscere ciò che Dio opera nell’altro e accettarlo con gioia, senza gelosie e rivalità.

E lo straordinario che Dio ha operato in Maria non l’ha isolata nell’orgoglio, ma l’ha sollecitata alla carità, spingendola a recarsi da Elisabetta, a vivere la propria maternità come apertura all’altra, come a una sorella più anziana: è un incontro autentico perché non si riduce a un faccia a faccia tra due persone, non è puramente orizzontale, ma si apre alla presenza del Terzo che regna tra le due donne, del Dio che in loro ha compiuto meraviglie. Così l’incontro diventa eucaristia e benedizione. Elisabetta benedice Maria per la sua fede nella parola di Dio, e nel seguito del brano Maria benedice Dio per quello che ha fatto in lei. Maria dunque è colei che non tiene per sé il dono di Dio, ma lo porta agli altri. E in questo modo Dio, che non disdegna di abitare nel nostro corpo, raggiunge gli umani ed è benedizione per tutti.

fratel Raffaele

 

8 Dicembre 2023Permalink

6 novembre 2023 _ Funerali Giulia Cecchettin, il discorso integrale del padre

“Carissimi tutti, abbiamo vissuto un tempo di profonda angoscia: ci ha travolto una tempesta terribile e anche adesso questa pioggia di dolore sembra non finire mai. Ci siamo bagnati, infreddoliti, ma ringrazio le tante persone che si sono strette attorno a noi per portarci il calore del loro abbraccio. Mi scuso per l’impossibilità di dare riscontro personalmente, ma ancora grazie per il vostro sostegno di cui avevamo bisogno in queste settimane terribili. La mia riconoscenza giunga anche a tutte le forze dell’ordine, al vescovo e ai monaci che ci ospitano, al presidente della Regione Zaia e al ministro Nordio e alle istituzioni che congiuntamente hanno aiutato la mia famiglia.

Mia figlia Giulia, era proprio come l’avete conosciuta, una giovane donna straordinaria. Allegra, vivace, mai sazia di imparare. Ha abbracciato la responsabilità della gestione familiare dopo la prematura perdita della sua amata mamma. Oltre alla laurea che si è meritata e che ci sarà consegnata tra pochi giorni, Giulia si è guadagnata ad honorem anche il titolo di mamma. Nonostante la sua giovane età era già diventata una combattente, un’oplita, come gli antichi soldati greci, tenace nei momenti di difficoltà: il suo spirito indomito ci ha ispirato tutti. Il femminicidio è spesso il risultato di una cultura che svaluta la vita delle donne, vittime proprio di coloro avrebbero dovuto amarle e invece sono state vessate, costrette a lunghi periodi di abusi fino a perdere completamente la loro libertà prima di perdere anche la vita.

Come può accadere tutto questo? Come è potuto accadere a Giulia? Ci sono tante responsabilità, ma quella educativa ci coinvolge tutti: famiglie, scuola, società civile, mondo dell’informazione.

Mi rivolgo per primo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere. Parliamo agli altri maschi che conosciamo, sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali. Dovremmo essere attivamente coinvolti, sfidando la diffusione di responsabilità, ascoltando le donne e non girando la testa di fronte ai segnali di violenza anche i più lievi. La nostra azione personale è cruciale per rompere il ciclo e creare una cultura di responsabilità e supporto. A chi è genitore come me, parlo con il cuore: insegniamo ai nostri figli il valore del sacrificio e dell’impegno e aiutiamoli anche ad accettare le sconfitte. Creiamo nelle nostre famiglie quel clima che favorisce un dialogo sereno perché diventi possibile educare i nostri figli al rispetto della sacralità di ogni persona, a una sessualità libera da ogni possesso e all’amore vero che cerca solo il bene dell’altro.

Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia ci connette in modi straordinari, ma spesso, purtroppo, ci isola e ci priva del contatto umano reale.È essenziale che i giovani imparino a comunicare autenticamente, a guardare negli occhi degli altri, ad aprirsi all’esperienza di chi è più anziano di loro. La mancanza di connessione umana autentica può portare a incomprensioni e a decisioni tragiche. Abbiamo bisogno di ritrovare la capacità di ascoltare e di essere ascoltati, di comunicare realmente con empatia e rispetto.

La scuola ha un ruolo fondamentale nella formazione dei nostri figli. Dobbiamo investire in programmi educativi che insegnino il rispetto reciproco, l’importanza delle relazioni sane e la capacità di gestire i conflitti in modo costruttivo per imparare ad affrontare le difficoltà senza ricorrere alla violenza. La prevenzione della violenza inizia nelle famiglie, ma continua nelle aule scolastiche, e dobbiamo assicurarci che le scuole siano luoghi sicuri e inclusivi per tutti.
Anche i media giocano un ruolo cruciale da svolgere in modo responsabile. La diffusione di notizie distorte e sensazionalistiche non solo alimenta un’atmosfera morbosa, dando spazio a sciacalli e complottisti, ma può anche contribuire a perpetuare comportamenti violenti. Chiamarsi fuori, cercare giustificazioni, difendere il patriarcato quando qualcuno ha la forza e la disperazione per chiamarlo col suo nome, trasformare le vittime in bersagli solo perché dicono qualcosa con cui magari non siamo d’accordo, non aiuta ad abbattere le barriere. Perché da questo tipo di violenza che è solo apparentemente personale e insensata si esce soltanto sentendoci tutti coinvolti. Anche quando sarebbe facile sentirsi assolti.

Alle istituzioni politiche chiedo di mettere da parte le differenze ideologiche per affrontare unitariamente il flagello della violenza di genere. Abbiamo bisogno di leggi e programmi educativi mirati a prevenire la violenza, a proteggere le vittime e a garantire che i colpevoli siano chiamati a rispondere delle loro azioni. Le forze dell’ordine devono essere dotate delle risorse necessarie per combattere attivamente questa piaga e degli strumenti per riconoscere il pericolo.

Ma in questo momento di dolore e tristezza, dobbiamo trovare la forza di reagire, di trasformare questa tragedia in una spinta per il cambiamento. La vita di Giulia, la mia Giulia, ci è stata sottratta in modo crudele, ma la sua morte, può anzi deve essere il punto di svolta per porre fine alla terribile piaga della violenza sulle donne.

Grazie a tutti per essere qui oggi: che la memoria di Giulia ci ispiri a lavorare insieme per creare un mondo in cui nessuno debba mai temere per la propria vita. *

Cara Giulia, è giunto il momento di lasciarti andare. Salutaci la mamma. Ti penso abbracciata a lei e ho la speranza che, strette insieme, il vostro amore sia così forte da aiutare Elena, Davide e anche me non solo a sopravvivere a questa tempesta di dolore che ci ha travolto, ma anche ad imparare a danzare sotto la pioggia. Sì, noi tre che siamo rimasti vi promettiamo che, un po’ alla volta, impareremo a muovere passi di danza sotto questa pioggia.Cara Giulia, grazie, per questi 22 anni che abbiamo vissuto insieme e per l’immensa tenerezza che ci hai donato. Anch’io ti amo tanto e anche Elena e Davide ti adorano. Io non so pregare, ma so sperare: ecco voglio sperare insieme a te e alla mamma, voglio sperare insieme a Elena e Davide e voglio sperare insieme a tutti voi qui presenti: voglio sperare che tutta questa pioggia di dolore fecondi il terreno delle nostre vite e voglio sperare che un giorno possa germogliare. E voglio sperare che produca il suo frutto d’amore, di perdono e di pace.

Addio Giulia, amore mio”.

* Vi voglio leggere una poesia di Gibran che credo possa dare una reale rappresentazione di come bisognerebbe imparare a vivere.

«Il vero amore non è ne fisico ne romantico.
Il vero amore è l’accettazione di tutto ciò che è,
è stato, sarà e non sarà.
Le persone più felici non sono necessariamente
coloro che hanno il meglio di tutto,
ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno.
La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta,
ma di come danzare nella pioggia…»

https://www.repubblica.it/cronaca/2023/12/05/news/gino_cecchettin_discorso_funerali_giulia-421580566/

Ho trovato  la citazione che segue l’asterisco nel sito on line del 5 dicembre  (cfr. link)  mentre non è presente nel testo a stampa di oggi 6  dicembre

6 Dicembre 2023Permalink

5 dicembre 2023 _ E dopo le note di ieri anche oggi il generale chiacchierato entra nel mio blog

Aggiungo a quanto scritto ieri  questa breve nota. Non mi sento di  trascrivere oltre le generalizie parole se non per una nota linguistica:
Oltre i concetti c’è un problema di vecchio linguaggio  : chi mai dice oggi ?mollaccioni smidollati?’
Una terminologia penosa che si unisce a tanto altro

Arrivato oggi a Palazzo Esercito per il periodo di affiancamento prima di assumere l’incarico assegnatogli di capo di Stato Maggiore delle Forze operative terrestri, al generale Roberto Vannacci – apprende l’ANSA – è stato notificato l’avvio dell’inchiesta formale nei suoi confronti, in seguito alla pubblicazione del suo libro ‘Il mondo al contrario’ . Il generale ha subito preso un mese di licenza “per motivi familiari”.

Si legge questo e altro con il primo link  (almeno per ora)

Si parla da anni di femminicidi, eppure le donne continuano a venire uccise. Mi sembra più importante evidenziare che siamo tutti uguali davanti alla violenza”, le parole del generale

Quello di G.C. “non mi piace chiamarlo femminicidio. Perché chiamare l’omicidio di una donna in modo diverso? Quindi l’assassinio di un tabacchino lo chiameremo commercianticidio? C’è in qualsiasi omicidio una matrice precisa”.

Si legge questo e altro con il secondo link (almeno per ora)

Ho ritenuto decente fermarmi qui: affido al mio blog una memoria che non voglio spegnere perché i fatti cui faccio riferimento (e quanto l’esame dei link può ancora consentire)  non finiranno con divagazioni generalizie.
Sono curiosa di conoscere l’effetto della formale inchiesta militare.
Scommetto con me stessa che non ne sapremo nulla. Ma siccome appartengo alla categoria  delle donne, vecchie con tendenze   femministe e scelte coerenti  che disgustano il generale  forse sono troppo maligna

 

https://www.leggo.it/schede/vannacci_promosso_inchiesta_libro_licenza_oggi_04_12_2023-7795959.html

https://tg24.sky.it/cronaca/2023/12/04/roberto-vannacci-dichiarazioni

 

5 Dicembre 2023Permalink

4 dicembre 2023 _ Un generale, una caserma, una parrocchia e non mancano sussurri ministeriali

La seconda notizia non è fresca ma la copio perché   è utile premessa alla prima .
Certamente  una accoglienza in parrocchia  è una pregevole nota nel curriculum del generale in questione. Se non lo  è agli effetti dell’inchiesta, certamente lo è per tranquillizzare chi si fosse sentito turbato dalla vicenda
Purtroppo questa mia non infondata considerazione non mi offre conforto  sul piano personale : ma si sa le vecchie signore  sono mentalmente  rigide e non vale la pena ascoltarle.
Per entrambe i link in calce

4 dicembre 2023  Generale Vannacci, avviata l’inchiesta dopo le polemiche per il libro

Il generale Roberto Vannacci, destinato a diventare capo di Stato Maggiore delle Forze operative terrestri, ha ricevuto la notifica dell’avvio dell’inchiesta formale nei suoi confronti, in seguito alla pubblicazione del suo libro “Il mondo al contrario”

«Né promosso, né retrocesso»

L’estate scorsa, in seguito alle polemiche causate dal suo libro autoprodotto Vannacci era stato avvicendato da comandante dell’Istituto geografico militare di Firenze. Ora sarà capo di Stato Maggiore del Comando delle forze operative terrestri dell’Esercito. «Non è stato né promosso né retrocesso», ha replicato il ministro della Difesa, Guido Crosetto alle polemiche dell’opposizione, precisando che il vertice dell’Esercito «ha deciso di affidargli uno dei ruoli che gli competevano per grado, esperienza e diritto, in attesa che il procedimento disciplinare faccia il suo corso».

27 novembre 2023   Vannacci a Udine per il suo libro, sit-in di protesta: “Non c’è diritto all’odio”

Dentro, Roberto Vannacci a presentare il suo libro; fuori, un sit in di protesta al grido di “Non c’è diritto all’odio”. E’ accaduto nella serata di oggi, 27 novembre, a Udine: il tanto discusso generale era infatti in sala Madrassi, invitato dal blogger Marco Belviso.

Folto il pubblico che ha seguito l’evento, con diverse persone rimaste fuori nella speranza di riuscire prima o poi a entrare. In via Gemona, invece, un altro centinaio di persone ha pacificamente protestato.

“In un mondo martoriato da guerre, violazioni dei diritti umani e discriminazioni, un mondo in cui le persone vengono tuttora perseguitate a causa dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere, un mondo in cui il Mediterraneo si è trasformato in un cimitero ed in cui l’esercizio dei diritti civili spesso viene subdolamente ostacolato, ci chiediamo come si possa rivendicare il diritto ad odiare” cita la nota delle diverse realtà che hanno partecipato al sit in.

“Udine resiste alla legittimazione di qualsiasi forma d’odio, resiste alla narrazione della “normalità” in chiave meramente semantica come modello di riferimento, resiste a quel retaggio paternalista e patriarcale che vorrebbe la donna relegata al solo ruolo di madre. Resistiamo a chi non rispetta i nostri corpi e le nostre identità, resistiamo a qualsiasi forma di razzismo e discriminazione, resistiamo al negazionismo e rivendichiamo una società plurale e multietnica che tuteli le minoranze e che assicuri a tutt* pari dignità e pari diritti”.

Alla manifestazione di protesta hanno aderito: Possibile FVG, Cellula Coscioni Udine, Sinistra Italiana FVG, Rifondazione Comunista Udine, Open FVG, Get Up APS, Anpi Comitato Provinciale di Udine, Sezione Anpi Udine “Fidalma Garosi Lizzero”, Coordinamento Donne Anpi FVG, UAAR Udine, UDU Udine Unione Degli Universitari, FVG Pride, Associazione Universitaria IRIS, Donne in Nero, NonUnaDiMeno Udine, SeNonOraQuando, AGEDO Udine, Arcigay Arcobaleno, ArcigayFriuli, CGIL Udine, Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, OIKOS, Attac Italia Udine, Time For Africa, M5S Udine, Unione Giovani di Sinistra, Alleanza Verdi Sinistra, Potere al Popolo Udine, Udine Sinistra Unita, Famiglie Arcobaleno in FVG, ARUM APS, Più Europa FVG, ALFI-Lune, Ospiti in Arrivo, Circolo Arci MissKappa APS, Spazio Udine, Le Donne Resistenti, Circolo Nuovi Orizzonti, WomenInternational, Circolo Arci Cas’Aupa APS, CSS Collettivo Studentesco Solidale, Partito Democratico Udine, PSI Udine, ARCI Territoriale, Giovani Democratici Udine, USI-Unione Sindacale Italiana.

 

Generale Vannacci, avviata l’inchiesta dopo le polemiche per il libro – Il Sole 24 ORE

 

Vannacci a Udine per il suo libro, fuori il sit-in di protesta (friulioggi.it)023

4 Dicembre 2023Permalink

3 dicembre 2023_ anno liturgico 23-24_ Bose1 avvento

3 dicembre 2023

Mc 13,33-37
I Domenica di Avvento
di Sabino Chialà

In quel tempo Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «33Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. 34È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. 35Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; 36fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. 37Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!»


Un nuovo anno liturgico inizia con il tempo di Avvento. Tempo di ricominciamento che, come ogni anno, ci viene incontro con il suo invito alla vigilanza. Ci raggiunge come un invito e come un dono: darsi e accogliere la possibilità di ricominciare.

Ricominciare guardando al compimento, piuttosto che alle nostre prestazioni e ai nostri fallimenti. Guardando al futuro, non per misconoscere il passato o fuggire il presente, ma per ricomprendere tutto a partire dal compimento: il ritorno del Signore, alla fine dei tempi, e da lui ricevere senso e orientamento per il nostro impegno quotidiano.

Orientare la vita verso la venuta del Signore potrebbe sembrare una fuga da questo tempo carico di pena e incertezza. Si tratta invece di un atto di coraggio che si sostanzia di quella vigilanza cui invita con forza il brano evangelico di questa prima domenica. A questo sono orientati gli imperativi che ritmano il brano: “Guardate (blépete)” (v. 33), “restate svegli (agrypnéite)” (v. 33), “vegliate (gregoréite)” (vv. 35 e 37), in un crescendo che chiede sempre più presenza e capacità di penetrazione delle sfide del nostro tempo.

Ma seguiamo il racconto di questa breve parabola posta a conclusione del capitolo tredicesimo di Marco, il cosiddetto “discorso escatologico”, in cui, provocato dai discepoli sulla fine del tempo (v. 4), Gesù articola il suo annuncio distinguendo tra quelli che sono segni della fine e quelli che non lo sono. Quindi, al termine – ed è il nostro brano – offre alcune indicazioni su come vivere questo nostro tempo intermedio.

Ne parla ricorrendo a una parabola, tra le più concise, che inizia in modo brusco: “È come un uomo…” (v. 34). Marco non esplicita il primo termine di paragone. Cos’è “come un uomo”? Possiamo intendere che parli della vita, del nostro presente. Un tempo caratterizzato da un’assenza, quella di “un uomo che è partito” (v. 34), la cui identità non è precisata. Intuiamo che si tratti di Gesù, del quale curiosamente dice che “ha lasciato la propria casa” (v. 34). Sì, perché ormai, dopo l’incarnazione, la terra è anch’essa casa del Signore. Anche se ritarda, sembra dire Marco, ci ha lasciato la sua dimora: una casa da abitare.

Ma oltre alla casa, ha anche dato “ai suoi servi l’autorità (exouisía), a ciascuno la sua opera (érgon)” (v. 34), con cui abitare questo spazio e le relazioni che vi si intrattengono. In questo tempo di attesa ciascuno è affidatario di un’autorità e nessuno ne è privo. Si tratta di una responsabilità che si concretizza in un’opera concreta da svolgere. Perché in ciò consiste l’autorità: un’opera da svolgere, una responsabilità cui non venire meno, anche quando sembra troppo piccola rispetto alla pressura e ai bisogni del momento.

Ecco il senso della nostra vita e di questo tempo di attesa, che ci separa dal ritorno del Signore: vegliare per restare fedeli abitatori della casa del Signore, esercitando la responsabilità affidata a ciascuno. A qualcuno poi, detto “portinaio” (v. 34), è affidato il compito particolare di “vegliare”, indicando così una diversificazione nell’esercizio dell’autorità.

In un tempo in cui si torna a parlare di corresponsabilità, soprattutto nella Chiesa, questo brano ricorda che, pur nella diversità dei carismi, nessuno è senza autorità, ed è necessario che ciascuno riconosca quella altrui. Solo così è possibile restare fedeli discepoli del Maestro, nell’attesa del suo ritorno. L’autorità vera è quella che si esercita vivendo la propria vita con responsabilità, mettendo a frutto il dono ricevuto, al servizio gli uni degli altri.

Questo renderà attenti e non addormentati. Dunque capaci di scorgere il momento in cui il Signore viene, anche nell’ora più impensata, “all’improvviso” (v. 36). L’indeterminatezza del ritorno impone la vigilanza, il cui invito è rivolto a tutti, come dice il testo a conclusione: “Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!” (v. 37)

Siamo chiamati a vegliare sulla vita, perché è con la vita, vissuta in modo responsabile, che si attende o no il Signore. Lo si attende con la cura messa nell’opera affidata a ciascuno. Soprattutto nei momenti critici della storia, della nostra vita, della vita delle nostre comunità. Quando lo scoraggiamento rischia di vanificare anche le poche forse rimaste, questo testo ricorda che tutti abbiamo un’autorità, nessuno escluso, e a tutti è chiesto di vegliare, di non farsi prendere dal sonno.

L’Avvento è il momento favorevole per reimparare ad abitare consapevolmente, restando svegli, facendo ciascuno la propria parte, con coraggio e con dolcezza. Il coraggio e la dolcezza di chi sa che il Signore gli è già accanto e che il Signore gli viene incontro.


Lasciare tracce, seguire le orme

 

Danh Vo, Christmas (Rome), 2012, 2013, Pinault Collection. Installation view, Icônes, 2023, Punta della Dogana, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection

Danh Vo, Christmas (Rome), 2012, 2013, Pinault Collection. Installation view, Icônes, 2023, Punta della Dogana, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection

Cosa hanno in comune i drappi appesi di Danh Vo e il vangelo che apre questo tempo di Avvento?
La capacità di saper cogliere i segni del tempo che passa per scorgere qualcosa di nuovo ed inedito: questo anche è il senso dell’attesa vigilante.

 

Danh Vo è un artista danese di origine vietnamita. il 23 dicembre 2012, per questo il titolo dell’opera è Christmas (Natale), molti membri della famiglia allargata di Danh Vo si sono recati dalla loro casa di Copenaghen a Roma, dove l’artista stava preparando una mostra. Durante la visita, la famiglia ha visitato insieme i musei Vaticani. Lì, l’artista rimase colpito dall’aspetto di alcune teche per oggetti liturgici e reliquie e in seguito riuscì ad acquistare il tessuto di velluto utilizzato per rivestire queste vetrine. Vo ha riutilizzato il materiale per creare quest’opera.

L’occhio attento e vigilante dell’artista ha colto un segno che gli altri non avevano intuito: il passaggio del tempo aveva scolorito i tessuti lasciandone le forme impresse lì dove gli oggetti erano appoggiati. Vo ci invita a guardare il nostro presente con vigilanza, con attenzione, proprio nel passare del tempo restano delle tracce delle orme del passaggio del Signore che si imprimono nelle nostre vite.

Guardando con attenzione i drappi riconosciamo le forme: piccole ampolle, icone, croci…piccoli segni di un passaggio nelle nostre vite, piccoli segni della responsabilità che il Signore ci lascia in attesa del suo ritorno.

Questo lavoro ha anche un significato biografico per Vo. Il cattolicesimo ha fatto parte della vita dell’artista fin dalla più tenera età, prima della fuga della sua famiglia dal Vietnam nel 1979, quando Vo aveva solo quattro anni. Questa educazione religiosa è direttamente collegata a un evento storico più ampio: l’assassinio di Ngô Đình Diệm, il primo presidente del Vietnam del Sud, nel 1963. Phung Vo, il padre dell’artista, sosteneva ferventemente questo leader cattolico vietnamita. Dopo l’assassinio di Diệm, Phung si convertì dal confucianesimo al cattolicesimo, un atto di protesta politica che alla fine si trasformò in una fede sincera e viva.

Un grande ringraziamento alla Pinault Collection della sede di Punta della Dogana a Venezia per averci concesso l’utilizzo delle immagini della mostra “Icônes” che si è conclusa il 26 novembre di quest’anno.

3 Dicembre 2023Permalink

2 dicembre 2023 _ Qualche traccia di storia per non dimenticare_ Ben Gurion

 

David Ben Gurion, che fece Israele

David Ben Gurion, che morì 50 anni fa, il 1° dicembre del 1973, è ancora oggi la più importante figura politica della storia di Israele, e il più importante leader del popolo ebraico della storia moderna. Fu il più grande organizzatore del movimento sionista novecentesco, il primo firmatario della dichiarazione di indipendenza di Israele, il primo ministro del paese e il primo ministro della Difesa. Per tutta la parte iniziale della storia di Israele l’influenza politica e anche sociale di Ben Gurion fu senza pari, anche se oggi il suo ideale di uno stato di Israele laico e secolare si è sempre più andato affievolendo.

La figura di Ben Gurion, benché quasi universalmente amata in Israele e ammirata in gran parte del mondo, è ancora piuttosto controversa tra gli storici. Per realizzare il sogno di creare uno stato per il popolo ebraico, Ben Gurion dimostrò una certa spregiudicatezza, ed ebbe posizioni altalenanti e a volte ciniche su numerose questioni di rilievo, come il rapporto tra israeliani e arabi, la possibilità di una pace duratura e l’uso della violenza e della guerra come strumenti di istituzione dello stato di Israele.

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David Ben Gurion nacque nel 1886 nella cittadina di Płońsk, che  attualmente si trova in Polonia ma al tempo faceva parte dell’Impero russo. Il suo vero nome era David Yosef Gruen, cambiato in età adulta in Ben Gurion, che in ebraico significa “figlio di un leone”. Gli anni della sua infanzia coincisero con la nascita del movimento sionista, che aspirava a creare per il popolo ebraico uno stato indipendente lontano dalle discriminazioni e dalle persecuzioni che gli ebrei subivano in Europa. Nel 1896 Theodor Herzl, il padre del sionismo moderno, pubblicò Der Judenstaat, cioè Lo Stato ebraico, un libro fondamentale per il movimento di creazione di uno stato ebraico, e in quello stesso anno il padre di Ben Gurion fondò un’associazione sionista a Płońsk.

Ben Gurion cominciò la sua carriera di attivista politico mentre ancora si trovava in Europa, dividendosi tra la causa sionista e quella socialista: tra le altre cose fu un sindacalista e dopo l’inizio della Rivoluzione russa del 1918 divenne un aperto ammiratore di Lenin. Per gran parte della sua vita rimase ateo e sospettoso nei confronti degli ebrei ortodossi: lavorava di sabato e mangiava carne di maiale, e si era vantato di aver messo piede in una sinagoga soltanto dopo la fondazione di Israele.

Nonostante questo, Ben Gurion era un conoscitore della Bibbia, che citava spesso nei suoi discorsi, e in vecchiaia disse di aver cominciato a credere in Dio.

Nel 1906, a vent’anni, Ben Gurion si trasferì in Palestina, che al tempo era sotto il controllo dell’Impero ottomano. Ben Gurion fece parte dei primi movimenti dell’“aliyah”, parola che in ebraico significa “ascesa” e che viene usata per descrivere il ritorno degli ebrei della diaspora in Palestina. Con alcune centinaia di compagni si integrò nelle comunità agricole gestite da ebrei che si stavano formando in quegli anni e che sarebbero state il precursore dei kibbutz. Le condizioni di vita erano estremamente difficili, tanto che a un certo punto Ben Gurion si ammalò di malaria.

Anche in Palestina divenne ben presto uno dei leader dei movimenti sionisti e socialisti che operavano al tempo.

Quando iniziò la Prima guerra mondiale (1914–1918), Ben Gurion e parte del movimento sionista tentarono prima di allearsi con l’Impero ottomano e poi, quando questo rifiutò (tra le altre cose Ben Gurion fu espulso dalla Palestina), con l’Impero britannico, che combatteva in Palestina proprio contro gli ottomani. Migliaia di ebrei da tutta Europa, compreso Ben Gurion e moltissimi di quelli che sarebbero in seguito diventati i leader politici di Israele, si arruolarono nell’esercito britannico dentro alla cosiddetta “Legione ebraica”, che ebbe un ruolo limitato nella guerra mondiale ma una certa importanza nella militarizzazione del movimento sionista.

Dopo la fine della Prima guerra mondiale, il Regno Unito assunse il “mandato” (cioè di fatto il controllo) della Palestina e di altri territori del Medio Oriente. In quegli anni, Ben Gurion divenne gradualmente il leader principale del movimento sionista: nel 1935 fu eletto presidente dell’Esecutivo sionista, il principale organo del sionismo mondiale, e dell’Agenzia ebraica, cioè il braccio operativo del movimento in Palestina. Di fatto, Ben Gurion divenne il capo del movimento sionista mondiale e il leader degli ebrei in Palestina. Continuò a dominare la politica ebraica per i successivi trent’anni.

Il suo rapporto con i dominatori britannici fu altalenante e in alcuni casi ambiguo. Ben Gurion partecipò alle operazioni clandestine per far arrivare in Palestina quanti più ebrei possibile (anche se i britannici volevano imporre dei limiti all’immigrazione ebraica) e per fare in modo che gli ebrei comprassero quanta più terra possibile nella regione. Nel 1936 la popolazione araba della Palestina si rivoltò sia contro i dominatori britannici sia contro le oppressioni e i soprusi degli immigrati ebrei, che tendenzialmente erano più ricchi e avevano a lungo goduto del sostegno dei britannici. Seguirono tre anni di quella che di fatto fu una guerra civile, e che secondo molti fu il punto d’inizio del conflitto israelo-palestinese.

Nel 1939, all’inizio della Seconda guerra mondiale, Ben Gurion esortò gli ebrei a sostenere lo sforzo bellico del Regno Unito e ad arruolarsi nell’esercito britannico. Ma a guerra finita, nel 1945, le cose cambiarono: nei decenni precedenti si erano formate in Palestina varie milizie e gruppi paramilitari ebraici che, dopo la fine della guerra, dichiararono guerra ai britannici, commettendo attacchi di guerriglia e atti di terrorismo. Formalmente, Ben Gurion si dissociò dagli attacchi delle milizie, ma in realtà sostenne almeno alcuni di questi gruppi.

Nel 1947, sfiancato dall’insurrezione ebraica, dalle pressioni dei leader arabi e dal costo di tenere sul campo 100 mila soldati, il Regno Unito lasciò il Mandato sulla Palestina alle Nazioni Unite, che in quello stesso anno proposero un piano di partizione della Palestina tra ebrei e palestinesi.

Nel novembre del 1947 l’Assemblea generale dell’ONU approvò la risoluzione 181, che prevedeva che il 56 per cento del territorio fosse dato agli ebrei, e il resto ai palestinesi. Gerusalemme sarebbe stata governata direttamente dall’ONU e sarebbe rimasta territorio neutrale. Ben Gurion e i leader ebrei accettarono immediatamente, e il 14 maggio 1948 Ben Gurion dichiarò la fondazione dello stato di Israele. Fu il primo firmatario della dichiarazione di indipendenza del nuovo stato e in breve ne divenne primo ministro e ministro della Difesa. Entrambe le grandi potenze del tempo, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, riconobbero il nuovo stato.

I palestinesi però non accettarono il piano dell’ONU. Ampie frange della società non accettavano l’idea che quello che fino a pochi decenni prima era stato territorio quasi interamente abitato da popolazioni arabe dovesse accogliere lo stato di Israele.

Nei giorni successivi alla dichiarazione di indipendenza israeliana, una coalizione di stati arabi solidali con la causa palestinese — l’Egitto, l’Iraq, la Giordania (che allora si chiamava Transgiordania) e la Siria — attaccarono lo stato di Israele appena nato da tutti i fronti, e cominciò la prima guerra arabo-israeliana.

Negli anni precedenti alla creazione dello stato di Israele, pubblicamente Ben Gurion si era detto fiducioso che i paesi arabi non avrebbero attaccato un eventuale stato ebraico, ma in realtà si stava preparando, e fu tra i principali artefici dell’unione di tutte le milizie ebraiche in quello che poi sarebbe diventato l’esercito israeliano. Contro le aspettative di molti, il nascente esercito israeliano si dimostrò più preparato del previsto e riuscì a contrattaccare conquistando enormi porzioni di territorio che l’ONU aveva attribuito ai palestinesi. Alla fine della guerra, nel luglio del 1949, Israele controllava il 72 per cento del territorio della Palestina contro il 56 previsto dall’ONU.

La guerra provocò anche la cosiddetta nakba, parola araba che significa catastrofe e che viene usata dai palestinesi per indicare il trasferimento forzato di oltre 700 mila persone palestinesi che furono costrette dall’esercito israeliano a lasciare le proprie case, abbandonare i territori palestinesi in cui abitavano e a trasferirsi in campi profughi. La nakba non fu un processo pacifico: in alcuni casi i soldati israeliani scacciarono i palestinesi con le buone, ma molto spesso ci furono violenze e massacri.

Alcuni storici e quasi tutti i palestinesi ritengono che Ben Gurion, in quanto principale leader politico di Israele e responsabile delle forze armate (anche se privo di un ruolo operativo) sia stato il principale artefice della nakba, e che fin dall’inizio l’obiettivo suo e dei suoi alleati fosse quello di creare uno stato israeliano cacciando gli abitanti palestinesi.

Su questo aspetto della vita di Ben Gurion (e più in generale sulle sue idee a proposito della convivenza tra israeliani e palestinesi) ci sono enormi dibattiti tra gli storici, in parte perché le posizioni dello stesso Ben Gurion sono state molto varie. Soprattutto all’inizio della sua carriera si era espresso pubblicamente sulla possibilità di una pacifica convivenza tra i due popoli, mentre più avanti, e sempre di più dopo la fondazione dello stato di Israele, fece dichiarazioni in cui parlava non soltanto di una divisione tra ebrei e palestinesi, ma anche di uno spostamento dei palestinesi fuori dalla Palestina come migliore soluzione per garantire la permanenza dello stato di Israele.

Più in generale, pur essendo al tempo ateo, Ben Gurion vedeva lo stato di Israele in un’ottica messianica: era convinto che gli ebrei avessero un diritto morale e storico alla Palestina, e che la fondazione dello stato di Israele fosse la ripresa di una storia millenaria che era stata temporaneamente interrotta con la diaspora.

Lo stato di Israele che Ben Gurion e gli altri leader sionisti crearono fu uno stato laico e secolare, tendenzialmente basato sui princìpi del socialismo, in cui gli ebrei ortodossi avevano un ruolo estremamente limitato e che divenne in poco tempo democratico e prospero. Ben Gurion presiedette alla creazione delle istituzioni dello stato e a vari progetti di sviluppo sociale ed economico.

Continuarono anche le operazioni militari: siccome miliziani palestinesi continuavano a fare operazioni in territorio israeliano, nel 1953 Ben Gurion diede ordine al generale Ariel Sharon di creare un’unità speciale che potesse muoversi agilmente per rispondere alle infiltrazioni dei miliziani palestinesi. Quest’unità lanciò numerosi attacchi contro le comunità e gli insediamenti palestinesi, facendo moltissimi morti civili e rendendosi tra le altre cose responsabile del massacro di Qibya, in cui furono uccisi 69 civili, quasi tutti donne e bambini.

Ben Gurion si dimise brevemente da primo ministro tra il 1954 e il 1955 per ragioni personali, ma poi tornò in carica anche grazie all’enorme sostegno popolare di cui godeva. Nel 1956 Israele attaccò l’Egitto assieme a Regno Unito e Francia, in quella che è nota come la “crisi di Suez”, cominciata dopo la decisione del presidente egiziano Gamal Abdel Nasser di nazionalizzare il canale di Suez. L’operazione però fu un insuccesso, soprattutto a causa delle pressioni internazionali di Stati Uniti e Unione Sovietica.

Nel 1963, ormai piuttosto anziano, Ben Gurion si dimise definitivamente, anche questa volta per ragioni personali. Rimase però una figura eccezionalmente influente nella politica israeliana ancora per quasi un decennio. Nel 1967, dopo la Guerra dei sei giorni, in cui tra le altre cose Israele conquistò tutta la Cisgiordania, Gerusalemme e la Striscia di Gaza, Ben Gurion sostenne che Israele dovesse restituire tutti i territori conquistati, con l’eccezione di Gerusalemme (non fu ascoltato).

Ben Gurion si ritirò infine dalla politica nel 1970 e trascorse i suoi ultimi anni in una modesta abitazione in un kibbutz nel deserto del Negev. Morì nel 1973, a 87 anni. Il suo corpo è stato seppellito a Sde Boker, in un parco nazionale, vicino a quello di sua moglie Paula Munweis.

 

David Ben Gurion, che fece Is

2 Dicembre 2023Permalink

1 dicembre 2023 – Calendario di dicembre

.1 dicembre 1970   –  Approvazione della legge 898. Disciplina dei casi di scioglimento
…………                      di matrimonio
………………………..Nota come ‘legge sul divorzio ’ sarà difesa con referendum nel 1974

.1 dicembre 1955 –     Rosa Parks si rifiuta di cedere a un bianco il suo posto in  autobus.
…………………… Boicottaggio dei bus a Montgomery. Alabama  (Montgomery Bus Boycott)

.1 dicembre 2000 –  Il giudice Guzman dispone il processo contro Pinochet in Cile

.2 dicembre 2002 –  Morte di Ivan Illich

.3 dicembre 1984 –  India, disastro di Bhopal. Muoiono più di 3800 persone

.3 dicembre 1967 –  Primo trapianto di cuore in Sud Africa

.4 dicembre 1975 –  Muore Hanna Arendt

.4 dicembre 1999 –  Muore Nilde Jotti

.4 dicembre 2016 –  Referendum confermativo modifica Costituzione – Fallito

.5 dicembre 1349 –  Norimberga – strage di ebrei accusati di essere responsabili della
…………………    peste del 1348.

.5 dicembre 2000 – Italia: ergastolo per due generali della dittatura argentina

.5 dicembre 2013..-  Muore Nelson Mandela

. 7 dicembre 2020-   Muore Lidia Menapace

.7dicembre  2023 –  Inizio Hanukkah 2023   Anno Ebraico 5784                        [nota 1]

.8 dicembre 1978 –  Fallisce il golpe di Junio Valerio Borghese

.8 dicembre 1965 –  Chiusura del Concilio Vaticano II

.9 dicembre 1987 –  Israele: inizio della prima Intifada

10 dicembre 1948 – Firma della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo  [nota 2]

10 dicembre          – Giornata internazionale dei diritti umani

11 dicembre 1997 –   L’Unione europea firma il protocollo di Kyoto

11 dicembre 2016 –  Morte del biblista e teologo  Paolo De Benedetti

11 dicembre 2018 –  Strage al mercatino di Natale di Salisburgo

12 dicembre 570 (?)– Nascita del profeta Muhammad
…………………………. La data è spostata da alcuni storici anche fino al 580

12 dicembre 1969 –  Milano: strage alla Banca dell’agricoltura di piazza Fontana

13 dicembre 1294 –   Celestino V rinuncia al papato

14 dicembre 1995 –   Bosnia: firma degli accordi di Dayton

14 dicembre  2019 –  Sardine a Roma. Piazza San Giovanni

15 dicembre 1969 –   Morte di Giuseppe Pinelli

15 dicembre 1972 –   Approvazione della legge 772 sull’obiezione di coscienza   [Nota  3]

15 dicembre 2018 –  Morte di Antonio Megalizzi                                                    [Nota 4]

15 dicembre  2023 – Chiusura  festa  Hanukkah 2023

17 dicembre 1969 –    Arresto di Pietro Valpreda

17 dicembre  2013-   Muore p. Mario Vit  , gesuita

17 dicembre 2014 –  USA e Cuba annunciano relazioni diplomatiche

18  dicembre 2022  – inizio  Hanukkah anno ebraico 5783   [nota 4]

19 dicembre 2001 –  In Argentina inizia il carcerolazo contro il governo

19 dicembre 2016 –  Berlino: strage al mercatino di Natale (probabile origine terroristica)

19 dicembre 2021 –  Cile_ elezione di Gabriel Boric, presidente del Cile

20 dicembre 2008 – Morte di Piergiorgio Welby

22 dicembre 1988  –  Brasile: uccisione di ‘Chico’ Mendes

22 dicembre 2017 –  Viene approvata la legge n. 219 “Norme in materia di consenso
……………………………….informato e di disposizioni anticipate di trattamento”.

23 dicembre 1899  –Nascita di Aldo Capitini

23 dicembre 2016 – ONU – approvata risoluzione sulla illegalità delle colonie nei Territori

23 dicembre 2017 – Il senato NON vota il cd ius soli con la collaborazione di Pd e .5stelle
……………………………..opportunisticamente silenti

24 dicembre 1979 – Le truppe sovietiche invadono l’Afghanistan

25 dicembre 1989 – Romania: viene giustiziato Nicolae Ceausescu

26 dicembre 1965 – Rapimento di Franca Viola

26 dicembre 1991 –  Si dissolve ufficialmente l’Unione Sovietica

26 dicembre 2021 – Morte di Desmond Tutu , primo arcivescovo nero del Sud Africa,
……………………….presidente della Commissione per la verità e la Riconciliazione,
,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,  premio Nobel per la pace 1994.

27 dicembre 2007 – Uccisione di Benazir Bhutto

27 dicembre 2016 – Consiglio di Sicurezza dell’ONU approva la risoluzione 2334 relativa
…………………..… agli  insediamenti nei Territori.

28 dicembre 2018 _ Morte di Amos Oz

29 dicembre 1908 –Terremoto di Messina

29 dicembre 1890 –USA. Il 7o cavalleggeri stermina gli ultimi Lakota Sioux

29 dicembre 2020  – Assassinio di Agitu  Gudeta, imprenditrice de “la capra felice”

30 dicembre 2006 – Impiccagione di Saddam Hussein

31 dicembre 1991 –   Si dissolve ufficialmente l’URS

31 dicembre 2022 – Morte di papa Benedetto XIV,  Joseph Ratzinger

NOTE

Nota 1
Hanukkah o Chanukkà è la festività Ebraica dei lumi che si festeggia con l’accensione serale  della menorah

Nota 2
La Giornata mondiale dei diritti umani è una celebrazione sovranazionale che si tiene in tutto il mondo il 10 dicembre di tutti gli anni. La data è stata scelta per ricordare la proclamazione da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite della Dichiarazione universale dei diritti umani, il 10 dicembre 1948.

Nota  3
Legge 15 dicembre 1972, n. 772 “Norme per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza” (abrogata dall’art. 23 della Legge 8 luglio 1998, n. 230).
Art. 1 Gli obbligati alla leva che dichiarino di essere contrari in ogni circostanza all’uso personale delle armi per imprescindibili motivi di coscienza, possono essere ammessi a soddisfare l’obbligo del servizio militare nei modi previsti dalla presente legge.

Nota  4
Morte di  Antonio Megalizzi, il giornalista italiano rimasto gravemente ferito nell’attentato di Strasburgo di martedì sera 11 dicembre. Il giovane, 28 anni, era in coma e le sue condizioni erano state definite «irreversibili». Non era stato giudicato operabile a causa della posizione in cui si era bloccato il proiettile che lo ha colpito.

1 Dicembre 2023Permalink