6 febbraio 2017 – Oggi è la giornata mondiale contro le Mutilazioni genitali femminili

Ricevo dal GrIS (di cui sono socia – vedi nota in calce) la lettera che trascrivo.
Non dimentico che proprio il consapevole impegno del GrIS del FVG portò ad affrontare, in un congresso della SIMM, la questione del rifiuto in legge della registrazione della dichiarazione di nascita con una posizione chiara che purtroppo altre associazioni non sanno manifestare

Carissime e carissimi soci del GrIS,

come saprete, oggi , 6 febbraio, in tutto il mondo, si celebra la Giornata Internazionale contro le Mutilazioni Genitali Femminili.

Le MGF, messe al bando dall’Assemblea Generale dell’ONU nel 2012, rappresentano una grave violazione dell’integrità fisica, psichica e morale delle donne e di uno dei diritti umani fondamentali che è il diritto alla salute.

Secondo le stime dell’UNICEF, nel mondo, vi sono 200 milioni di donne che sono state sottoposte a Mutilazioni Genitali Femminili; la pratica è diffusa principalmente in 30 Paesi, di cui la maggior parte si trova in Africa.

La presenza numericamente sempre più importante della componente femminile tra la popolazione immigrata ha reso visibile anche nei paesi occidentali e quindi anche in Italia il fenomeno delle Mutilazioni Genitali Femminili.

Secondo le stime del Parlamento Europeo, in Europa vi sono 500.000 donne portatrici di MGF, 39.000 in Italia.

Colgo l’occasione per ricordarvi che nel nostro paese esiste una legge “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile” varata nel 2006 , per il contrasto delle MGF.

E’ nostro impegno, quali operatori sociali e sanitari, offrire azioni di supporto e aiuto   alle donne presenti nel nostro paese portatrici di MGF e cercare di impedire con tutti i mezzi a disposizione (informazione, sensibilizzazione, segnalazione ecc.) che bambine e ragazze siano sottoposte alla pratica in Italia o nei paesi di provenienza dei genitori durante un periodo di soggiorno nei medesimi, come spesso avviene, ad esempio durante le vacanze estive.

Rimango a vostra disposizione per qualsiasi informazione o approfondimento sull’argomento,

un caro saluto Caudia Gandolfi

GrIS FVG

NOTA per saperne di più: GrIS – Gruppo Immigrazione e Salute – vedi https://www.simmweb.it/coordinamento-nazionale/gruppi-immigrazione-e-salute/15-gris-friuli-venezia-giulia

SIMM – Società Italiana di Medicina delle Migrazioni – vedi www.simmweb.it

Avevo segnalato la ricorrenza del 6 febbraio nel calendario del mio blog che pubblico il primo giorno di ogni mese

6 Febbraio 2017Permalink

29 gennaio 2017 – Interventi della magistratura a tutela dei diritti anche negli USA

Notizia veloce che voglio resti nel mio blog.
Ricopio un passo di un articolo di Repubblica e di seguito i link per raggiungere sia l’intero articolo di repubblica sia l’ampia notizia della BBC.
Mi spiace non aver tempo ora per tradurla. Spero che qualcuno lo faccia

Giudice federale di Brooklyn concede visto d’emergenza. Un giudice federale di Brooklyn, Anne Donnoly, intanto, ha stabilito il diritto dei cittadini stranieri dei paesi messi al bando da Trump e muniti di regolare visto di poter entrare “temporaneamente” negli Usa, in attesa di valutazioni più accurate sulla loro posizione. Secondo le organizzazioni per i diritti umani, in queste ore sarebbero almeno 200 le persone detenute dalla polizia e dall’immigrazione negli aeroporti americani dopo il varo dell’ordine esecutivo firmato dal presidente degli Stati Uniti.

http://www.repubblica.it/esteri/2017/01/29/news/stop_immigrazione_in_usa_gran_bretagna_canada_e_scozia_contrarie_-157109963/?ref=HREA-1

http://www.bbc.com/news/world-us-canada-38786660

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/nordamerica/2017/01/25/trumpgrande-giornocostruiamo-il-muro_a8d713a4-dc1f-4e22-8e88-f6fa376a5c85.html

 

29 Gennaio 2017Permalink

25 gennaio 2017 – Due donne scrivono alla Senatrice Doris Lo Moro

Gentile Senatrice Doris Lo Moro

Le scriviamo come cittadine dopo aver letto la Sua dichiarazione, come riportata da La Repubblica, di oggi:  “porteremo la riforma a casa”. Nel nostro sforzo di essere responsabilmente consapevoli ci rendiamo conto che nella commissione Affari Costituzionali del Senato si è creato una sorta di ingorgo istituzionale per cui  sono contemporaneamente all’attenzione della commissione stessa due ddl, il n. 2092 e il numero 2583 IL primo porta il titolo “Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, e altre disposizioni in materia di cittadinanza”, il secondo “Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati”. Sembrano due soggetti dissociati e non lo sono: ci permettiamo di segnalare un filo che li unisce e connette e che impone lo sforzo pesante e difficile  ma necessario dell’approvazione di entrambi. Chi siano i minori non  accompagnati lo sappiamo: la guerra, la violenza, la fame li cacciano dai loro paesi esponendoli al rischio di annegare e, quando arrivano, di sparire nell’oscurità dove protagoniste si fanno le più infami forme di tratta. Ce lo testimonia anche la relazione al ddl 2583 sopra citato. Nel ddl 2092 invece, insieme alla chiarezza del diritto alla cittadinanza per chi nasce o almeno trascorre un significativo tempo di vita nel nostro paese (senza che neppure conosca quello che è origine sua e dei suoi genitori), si sottolinea la creazione di una categoria  di bambini cui è negata alla nascita non la cittadinanza ma la stessa esistenza giuridicamente riconosciuta. Sono i figli dei migranti senza permesso di soggiorno che la legge 94/2009 art. 1, comma 22, lettera g ha voluto ridurre a fantasmi. Chiediamo a Lei e ai suoi colleghi nella commissione Affari Costituzionali di non cedere sul rispetto del comma 3 dell’art. 2 del ddl 2092 che, modificando la norma del 2009,  riconosce a questi piccoli la dignità di persone e toglie a noi tutti la responsabilità (dolorosa e, per chi vi consente, infamante) di sostenere una norma sostanzialmente razzista.

Cordialmente Augusta De Piero e Adriana Libanetti – Udine

NOTA 1:  La senatrice ha immediatamente ringraziato

NOTA 2: La senatrice Lo Moro è stata relatrice al Senato della legge approvata dalla Camera e diventata oggetto, ignorato da un anno, del silenzio della Commissione Affari costituzionali del Senato. Porta il titolo “Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, e altre disposizioni in materia di cittadinanza” (ddl 2092) e contiene il comma 3 dell’art. 2 che, se la norma fosse approvata anche dal Senato, salverebbe i bambini fantasma. Ho l’impressione che, con il conforto di un’opinione pubblica sbrindellata e neghittosa, non accadrà nulla e con l’intervenire delle elezioni tutto finirà nel baratro delle cose non fatte. Quindi cercherò di pubblicare rapidamente materiali secondo me importanti che vado raccogliendo per salvare dalla certezza del prossimo  buio, memorie – che saranno probabilmente tradite – di tentativi di affermazione di una civile responsabilità

26 Gennaio 2017Permalink

11 gennaio 2017 – Zygmunt Bauman: “Muri contro i migranti, una vittoria del terrorismo”

Meno democrazia, xenofobia, risentimento: tempi bui per i rifugiati in Europa. OM intervista il grande sociologo polacco  

«Per vincere, i terroristi fondamentalisti possono tranquillamente contare sulla miope collaborazione dei loro nemici». Sospensione di regole base della democrazia, risentimento verso gli stranieri, il circolo tra propaganda politica e xenofobia, stati-nazione incapaci di affrontare un fenomeno epocale come le grandi migrazioni. La “refugee crisis”, prima e dopo gli attentati di Parigi, è la cartina tornasole di una più globale crisi dell’Occidente, spiega in quest’intervista a Open Migration il grande sociologo della società liquida Zygmunt Bauman. Un’emergenza che durerà a lungo e alla quale l’Europa non ha ancora trovato gli argomenti adeguati per rispondere, presa in mezzo tra la necessità di aumentare i controlli – da ultimo la stretta sulle identificazioni forzate alle frontiere – e la necessità di tenere aperto uno spazio comune europeo.

Testo dell’intervista a Zygmunt Bauman del 27 dicembre 2015

Prof. Bauman, lei critica il modo in cui l’Europa ha reagito agli attentati del 13 novembre. Perché?

Se l’obiettivo strategico della guerra dei terroristi globali – come ha detto Hollande con il consenso di molti europei – è la distruzione di ciò che loro condannano e che invece noi abbiamo a cuore, ossia la civiltà occidentale, non c’è tattica migliore che quella di portare alcuni dei portavoce più importanti di tale civiltà a smantellarla gradualmente con le proprie mani, e tra gli applausi, il sostegno, o quantomeno l’indifferenza dei cittadini. Moltiplicando le misure eccezionali e mettendo da parte i valori che si vorrebbero difendere – anzi introducendo tali misure in nome di quei valori – si spiana la strada alle forze anti-occidentali. Un obiettivo che queste forze non sarebbero in grado di raggiungere da sole.

Qual è l’errore che attribuisce alla Francia e all’Occidente in questo momento?

Rinforzando la xenofobia dal basso e concentrandosi sui migranti provenienti dai paesi islamici si passa la palla nelle mani dei terroristi fondamentalisti. L’accoglienza ostile verso i rifugiati da una parte scoraggia i potenziali rifugiati che sono ancora nei loro paesi, dall’altra amplia le possibilità di reclutamento per le cellule terroristiche estendendo il contagio ai migranti residenti in Francia da tempo. Gli avversari di Hollande, Nicolas Sarkozy e Marine Le Pen, lo hanno spinto a rovesciare il principio della presunzione di innocenza, presupponendo che i rifugiati di fede islamica siano presunti terroristi fino a prova contraria. E così di fatto impedendogli di sentirsi accolti in un paese in cui speravano di sentirsi a casa. Ma non è facile che Hollande vinca la sua battaglia. Come si dice, c’è sempre un demagogo più grande in giro.

Un milione di arrivi in Europa nel 2015 e circa 4000 morti nelle traversate di migranti e rifugiati nel Mar Mediterraneo. Siamo di fronte a una situazione di emergenza o un fenomeno strutturale, che durerà negli anni futuri?

Una fatale coincidenza di entrambi. La migrazione di massa ha accompagnato l’era moderna fin dall’inizio. Quello che chiamiamo “stile di vita moderno” produce “persone in esubero”, ossia “inutili” per il mercato del lavoro a causa del progresso economico, o “intollerabili”, ossia respinte per effetto di conflitti bellici o sociali. Tra le cause di questo spostamento di massa c’è la destabilizzazione profonda, e apparentemente senza prospettive, dell’area mediorientale. Una destabilizzazione determinata da miopi e sciocche politiche e iniziative militari delle potenze occidentali.

Quest’anno è nata l’esigenza di distinguere in maniera netta tra “migranti economici” e “rifugiati”. È possibile tirare una linea senza discriminare?

Come le ho appena detto, le cause degli attuali movimenti di massa sono di due tipi. Ma è duplice anche l’impatto sui paesi di destinazione. Chi ha interessi economici nelle zone sviluppate del globo in cui sia i migranti economici che i rifugiati cercano riparo accoglie a braccia aperte questa manodopera a basso costo, spesso con competenze che possono essere utilmente sfruttate. D’altro canto, per la maggior parte della popolazione, già ossessionata dalla fragilità esistenziale e dalla precarietà della propria condizione sociale, tale afflusso significa un’ulteriore concorrenza sul mercato del lavoro, un’incertezza più profonda e una diminuzione delle possibilità di miglioramento della propria vita. Questo produce uno stato mentale politicamente esplosivo.

Anche prima degli attentati di Parigi i governanti europei sono stati spesso indecisi e oscillanti nelle scelte, si pensi alle aperture e chiusure di Angela Merkel.

Lo ripeto ancora una volta, i governi che si presumono ancora sovrani del loro territorio soffrono in realtà di un doppio legame, con alcuni poteri globali e con i loro elettori, locali, e ritenuti anch’essi sovrani. Nessuna meraviglia che, come lei suggerisce, siano ondivaghi e precari nelle decisioni. Avidamente ma invano, cercano di avere il piede in due scarpe, ma le richieste dei due campi non si conciliano. Al massimo possono essere ascoltate e, a intermittenza, realizzate. Tuttavia, quasi mai soddisfacendo fino in fondo una delle due parti, per non parlare di entrambi contemporaneamente.

Dove bisogna cercare le cause di questa crisi che lei definisce “strutturale”?

Gli stati-nazione indipendenti sono incapaci ormai di affrontare da soli i problemi derivanti dall’interdipendenza globale. Con la globalizzazione del potere che lascia indietro la politica locale, gli strumenti disponibili di azioni collettive efficaci non corrispondono alla misura dei problemi generati dalla nostra condizione globalizzata. Per citare Ulrich Beck, stiamo già in una situazione cosmopolita ma ci manca drammaticamente una consapevolezza cosmopolitica. Abbiamo fallito nella capacità di costruire con serietà istituzioni destinate a gettare le fondamenta di tale consapevolezza.

Quali rischi corre l’Europa con il boom delle forze politiche xenofobe?

Per il momento, la discussione pubblica è dominata dal risentimento verso gli stranieri, i “soliti sospetti”. In tempi di incertezza acuta e di terrorismo si avvicina la paura di un terremoto sociale. E gli stranieri sono oggi sospettati di essere la causa del caos globale.

Quali sono gli effetti politici dell’arrivo di decine di migliaia di migranti e rifugiati nei paesi europei?

La politica trae profitto dalla xenofobia ormai popolare in tutta Europa con la sola eccezione di Spagna, Portogallo e Finlandia, paesi finora esclusi dai flussi dell’immigrazione. Nella tradizionale Vienna progressista i quiz oggi dicono la il partito xenofobo Freiheitliche Partei è al livello dei socialdemocratici. In Olanda, suonare la melodia xenofoba ha fatto guadagnare più di dieci seggi parlamentari a Geert Wilders a scapito dei liberali di Mark Rutte che sono al potere. In Germania, la xenofobia ha spinto Alternative für Deutschland fuori dalla sua invisibilità politica. In Italia, Matteo Salvini e la Lega Nord potrebbero triplicare i loro voti grazie all’abbandono dell’autonomismo e concentrandosi solo sulla chiusura agli immigrati. In Gran Bretagna, il flusso dei migranti ha offerto una seconda vita a Nigel Farage e all’Ukip dopo la sua sconfitta elettorale dello scorso anno.

Come si risponde alla deriva xenofoba?

La xenofobia e il razzismo sono sintomi, non cure. Comunità etniche diverse sono destinate a coesistere nelle società moderne, a dispetto di ogni retorica che sogni un ritorno a una nazione pura e non meticcia. Per concludere, voglio usare le parole dello storico Eric Hobsbawm: «Oggi, la tipica minoranza nazionale nella maggior parte dei paesi di approdo dei migranti è un arcipelago di piccole isole piuttosto che un continente unico. Ancora una volta, i movimenti identitari sembrano essere il prodotto di debolezza e paura. In ogni società urbanizzata incontriamo stranieri: uomini e donne sradicati che ci ricordano la fragilità o il prosciugamento delle nostre radici famigliari».

Intervista di Alessandro Lanni

FONTE: https://openmigration.org/idee/intervista-a-zygmunt-bauman/

11 Gennaio 2017Permalink

6 gennaio 2017 – Non sono anonimi, non acronimi forse pseudonimi

Trasferisco questa pagina su fb nella speranza che qualcuno, leggendola, prenda atto della conclusione. Vorrei fosse considerata come un appello

Nel mio blog succede una cosa strana. Alla fine di ogni scritto è possibile a chiunque intervenire e io sono ben lieta di leggere i rari commenti e rispondere. Purtroppo però ricevo messaggi strani (non prendo neppure in considerazione chi cerca di inserire pubblicità o di darmi consigli su possibilità di miglioramento della grafica e lo fa con termini tecnici complessi). Questi messaggi sono uguali fra loro, si agganciano a vecchi scritti e dicono: “è da una settimana che cerco e il tuo blog è l’unica cosa apprezzabile che leggo. Veramente affascinante. Se tutte le persone che creano contenuti badassero a dare materiale convincente come questo il web sarebbe sicuramente molto più utile. Ϲontinua così”. Dopo una prima fase di meravigliata incredulità non posso credere che ci siano persone che vanno in giro per i blog, mi trovino e mi ammirino, cancello e, per quel che mi riguarda, pongo fine alla irritante presa in giro

Ieri però è successo di peggio. A seguito di una mia pagina del 2 maggio 2015 una persona che si firma con uno pseudonimo che non permette di identificarla – e neppure se stabilire se si  maschio o femmina ) scrive:

“Trovato gattino non sapevo come chiamarlo. Ho trovato qui un elenco completo (black and white cat names)”
http://allcatsnames.com/black-and-white-kittens-names.

Inserisco di seguito il link alla pagina del 2 maggio così che chiunque voglia potrà verificare che si trattava di un testo ampiamente documentato in cui scrivevo dei bambini invisibili, senza status giuridico, senza certificato di nascita (perché figli di migranti non comunitari irregolari) e perciò senza nome.

Link alla pagina. https://diariealtro.it/?p=3746)

Una precisazione Ho ricevuto un messaggio che riporta un documento significativo della comunità di Sant’Egidio di cui riprendo un passo, con una sottolineatura che si connette a quanto da sette anni quasi inutilmente scrivo: Non chiamateli “invisibili”. Anche la Comunità di Sant’Egidio si è occupata spesso del tema, soprattutto nel caso dei rom e sinti. “Bisogna tener conto che siamo di fronte a una situazione anomala – sottolinea Paolo Ciani -. La vicenda dei rom senza status giuridico riguarda un numero limitato di persone, ma allo stesso tempo c’è una sovraesposizione del tema a livello di opinione pubblica. Spesso parliamo di queste persone come invisibili, ma si tratta di bambini nati nei nostri ospedali, iscritti nelle nostre scuole, registrati nei nostri campi rom. Il loro problema non è certo la loro visibilità ma lo status giuridico che non hanno, per il resto sono visibilissimi da anni”. Per richiamare l’attenzione sul problema che coinvolge 600mila persone  in Ue, 50 organizzazioni della società civile, riunite nell’European network on statelessness( Ens) hanno consegnato una petizione ai parlamentari europei. “Quello che chiediamo agli stati è di adottare le convenzioni del ’54 (L.306/62, ndr) e del ’61, di rendere accessibile e facile la registrazione delle nascite e di mettere in pratica tutta una serie di tutele per concedere la cittadinanza ai bambini nati sul territorio, che altrimenti sarebbe apolidi – spiega Martina Bezzini di Ens -. L’obiettivo finale è porre fine all’apolidia e quindi fare in modo che tutti possano avere accesso a diritti fondamentali come la salute e all’istruzione”. Anche l’Unhcr ha lanciato una campagna sul tema dal titolo “I belong”. “Si tratta di una campagna globale per porre fine apolidia entro 10 anni – spiega Enrico Guida -. Per farlo si prevede un piano in 10 azioni che, se implementate, permetteranno la definitiva eliminazione entro il 2024”. (Eleonora Camilli) Fonte: Redattore Sociale

Conclusione. E’ chiaro che il sarcasmo di chi mi ha scritto suggerendo la scelta dei nomi di gatto per identificare bambini fantasma, sceglie di attribuire ad esseri umani una strada propria degli animali che non abbisognano di una legge e di procedure  ammnistrative per esistere. E’ altrettanto evidente che i parlamentari che in sette anni non hanno saputo (o meglio voluto) modificare la norma che ostacola la concessione del certificato di nascita a una fattispecie di neonati artatamente costruita sono confortati da chi è disposto ad usare i neonati come armi improprie per creare paura nei genitori e non so se quei parlamentari saranno in qualche modo stimolati  a un più decente comportamento dal comunicato di Sant’Egidio. Spero di sì. E spero che qualcuno glielo ricordi.

6 Gennaio 2017Permalink

3 dicembre 2016 – Una lettera alla Presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato

A seguito della notizia scritta ieri sul bambino fantasma di Moncalieri – e convinta che non sia il solo a vivere questa sorte (senza dimenticare i piccoli figli di migranti in Svizzera cfr nota finale) e soprattutto che l’esistenza di una legge del 2009 finalizzata a crearne alcuni ci insozza tutti– ho scritto alla Presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato.
Ho poi inviato simili lettere al direttore de La Stampa, de La Repubblica e ad alcuni parlamentari. Risponderanno? Non credo.

Gentile Presidente Finocchiaro,
ho letto su vari quotidiani (e ne ha dato notizia anche il Giornale Radio di Rai3 delle ore 13.45 di oggi 2 dicembre) di un bambino, nato nel 2009, che da allora è vissuto nascosto in casa a Moncalieri. Tale situazione lo avrebbe privato della frequenza alla scuola, delle vaccinazioni, delle relazioni con i coetanei.
Responsabile di questa violenza, perpetrata attraverso l’omissione di un atto dovuto, sarebbe il padre che non avrebbe provveduto a registrarne la dichiarazione di nascita. Se il padre del piccolo fantasma fosse italiano la situazione del comune (di cui quest’uomo è diventato spia) potrebbe risolversi con una miglior organizzazione degli uffici e una puntuale attenzione dei servizi alla popolazione più fragile,  pur nella consapevolezza della irrimediabilità del danno già fatto.
Dalle notizie che circolano non è però chiaro se il padre sia italiano.
Se fosse un cittadino non comunitario privo del permesso di soggiorno farebbe necessariamente parte dei soggetti ostacolati a riconoscersi genitori e interessati quindi all’approvazione dell’art. 2, comma 3 del ddl 2092 (Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, e altre disposizioni in materia di cittadinanza) da molti mesi all’attenzione della commissione che Lei presiede.
L’approvazione di quel comma risolverebbe la situazione creata nel 2009  (legge 94 art. 1 comma 22 lettera g) che penalizza bambini colpevoli di essere nati da genitori ‘burocraticamente sbagliati’, rendendoli simili al piccolo di Moncalieri.
Quel  caso dimostra quanto facile sia devastare la vita di un minore, fino a cancellarne l’esistenza giuridicamente riconosciuta. e per sé sollecita nuova attenzione al problema.
L ’approvazione del ddl 2092 darebbe finalmente  il segno di una attenzione dovuta ai diritti fondamentali della persona anche se incapace o non in grado di farsi voce forte e condivisa.
Ringraziandola per l’attenzione, porgo cordiali saluti
Augusta De Piero .

Articolo di riferimento: http://www.lastampa.it/2016/12/01/cronaca/a-moncalieri-vive-un-bambino-fantasma-ha-anni-ma-non-esiste-mai-registrato-alla-nascita-6dirmTCoc6GuJJaTLTCN6M/pagina.html

A proposito dei bambini nascosti in Svizzera
7 febbraio 2013  —  https://diariealtro.it/?p=2088

 

 

3 Dicembre 2016Permalink

16 novembre 2016 – Attendendo il 20 novembre

Lettera aperta – In occasione della giornata dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (20 novembre) ho scritto alla Garante nazionale

Egregia dott. Albano

mi rivolgo a lei per segnalarLe una ferita che – per essere stata scientemente inferta negando in legge il diritto di esistere giuridicamente di alcuni bambini appositamente classificati – umilia noi tutti (o almeno io mi sento impotente e umiliata).
Dal 2009 la legge 94 “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” all’art. 1 comma 22 lettera g) stabilisce che, per chiedere la registrazione della dichiarazione di nascita dei propri figli (nati in Italia), i migranti non comunitari debbano presentare il permesso di soggiorno.
Date le conseguenze che intervengono nell’esporsi come irregolari i migranti in tale condizione possono essere indotti a nascondere il loro figli. Così la legge italiana ostacola il loro diritto e il loro dovere di dirsi padri e madri, negando nel contempo la garanzia di quel certificato di nascita che è diritto personale di ogni nato. A ciò è stato posto precario e non risolutivo rimedio con una circolare ministeriale.
Inutilmente sono state presentate due proposte di legge per risolvere la questione e da allora il gruppo Convention on the Rights of the Child (CRC) chiede nei suoi rapporti annuali la modifica di legge.
Ora la norma che potrebbe essere risolutiva si trova nel comma 3 dell’articolo 2 nel ddl 2092 che fa parte delle ‘Disposizioni in materia di cittadinanza’ all’attenzione della Commissione Affari Costituzionali del Senato.
Il ddl 2092 è però fermo da mesi, pur se già approvato dalla Camera. Personalmente Le chiedo una parola chiara in proposito.

Domenica si celebrerà la giornata dei diritti dell’Infanzia e della adolescenza, condizioni che meglio si dovrebbero dire, per ciò che riguarda il loro riconoscimento al di là e prima di ogni situazione sociale discriminata nella realtà, diritti di molti infanti e adolescenti, non di tutti, essendo superato per legge il principio di uguaglianza abusando (a mio parere) della situazione amministrativa dei genitori…

Conto su di Lei e la ringrazio per l’attenzione
Augusta De Piero – Udine

16 Novembre 2016Permalink

26 ottobre 2016 – Quando un ministro si fa in due .. anzi è due

26 ottobre – Niente profughi a Gorino dopo le barricate. Alfano: Quella non è Italia.
Copio da un comunicato Ansa dell’Emilia Romagna una dichiarazione del ministro dell’interno, Angelino Alfano: . “Di fronte a 12 donne, delle quali una incinta, organizzare blocchi stradali non fa onore al nostro paese. Poi certo tutto può essere gestito meglio, possiamo trovare tutte le scuse che vogliamo, ma quella non è Italia. Quel che è accaduto non è lo specchio dell’Italia”.

LA VICENDA, raccontata nello stesso comunicato:

Gli abitanti avevano fin da ieri eretto barricate contro l’arrivo di profughi all’Ostello di Gorino, requisito dal Prefetto, per affrontare l’emergenza nel piano di accoglienza nazionale. Una protesta clamorosa contro la decisione di ospitare i migranti da parte di diversi cittadini di Gorino e della vicina Goro, che hanno eretto dei blocchi stradali per impedire il passaggio dei pullman. La protesta in qualche modo ha sortito il suo effetto. Le 12 profughe (di cui una incinta) sono state sistemate a Comacchio (4), Fiscaglia (4) e Ferrara

Qualche cosa mi frulla per la testa, verifico e scopro il secondo Alfano.

L’attuale ministro dell’interno, Angelino Alfano, era  Ministro della giustizia nel quarto  governo Berlusconi (dall’8 maggio 2008 al 27 luglio 2011) quando venne approvata la legge “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” che all’art. 1 comma 22, lettera g stabilisce che chi nasce in Italia, figlio di migranti non comunitari privi del permesso di soggiorno, non può avere il certificato di nascita.
E non basta: il 30 maggio 2013, quando fu espulsa dall’Italia la signora Shalabayeva con la figlia di sei anni lo stesso Alfano era ministro dell’interno del governo Letta e si autocertificò ignaro di quella strana vicenda. Dichiarò infatti: “Mi hanno tenuto all’oscuro. Pensate che io sono stato avvisato solo dal ministero degli Esteri”. (Il Ministro degli esteri era Emma Bonino il cui impegno avrebbe risolto la situazione alla fine dell’anno).
Ne ho parlato più volte nel mio blog. Una fra tante il 27 novembre 20\5

https://diariealtro.it/?p=4100

15 luglio 2009. L’Italia crea fantasmi per legge.
L’allora  ministro della giustizia è perciò responsabile (non da solo) del fatto che si sia violato un diritto fondamentale di ogni nuovo nato: quello di avere un’esistenza riconosciuta di cui è testimonianza il certificato di nascita, di avere una madre e un padre (se dopo il concepimento del figlio è ancora una figura identificabile), una cittadinanza (che con la legge attuale è quella dei genitori). Specularmente i genitori di questi piccoli non possono  dire (se non esponendosi al rischio di espulsione): “Questo è mio figlio”.

Dal quarto governo Berlusconi al primo governo Renzi.
Questa ferita ai fondamenti della nostra civiltà non è stata sanata. Infatti le due proposte di legge presentate in proposito non sono state discusse. Il principio che da quelle si ricava è stato invece inserito nella proposta di legge sulla cittadinanza che si giace dalla scorsa primavera alla (dis)attenzione della commissione Affari Costituzionali del Senato che non avrebbe i numeri per approvarla come la Camera ha fatto.

Il ministro Alfano è riconoscibile nella continuità della legale discriminazione dei bambini, nemico facile da combattere e vincere?
In questo caso la sua storia potrebbe fare di Gorino la testa di ponte esemplare per rendere operativo il principio che vuole la negazione dei figli e la penalizzazione di madri e padri..
Oppure il ministro che oggi sembra orientato alla loro tutela è un uomo nuovo e diverso colpito ‘sulla via di Gorino’ dalla visione grottesca delle barricate contro un autobus occupato da donne e bambini?
O la sua storia continuerà ad altalenare fra mr Jekylll e il dr Hyde in veste governativa?
Staremo a vedere. Ciò che mi fa temere il peggio è l’indifferenza dell’opinione pubblica a che una legge del nostro ordinamento crei fantasmi ‘di razza’. Sono sette  anni che lo verifico.

FONTE:

http://www.ansa.it/emiliaromagna/notizie/2016/10/24/barricate-contro-profughi-nel-ferrarese_e3a5f4af-588f-4433-9e69-092f4295f559.html

 

26 Ottobre 2016Permalink

14 ottobre 2016 –- Emma Bonino e i radicali di fronte ai problemi delle migrazioni

Non solo i radicali, per favore. Una mia premessa

Riporto testi proposti con competenza e senso di responsabilità che spero vengano letti e chiedo:
Chi vorrà dare altrettanta visibilità al problema dei bambini che nascono in Italia ma cui dal 2009 la legge nega il certificato di nascita perché figli di sans papier?

Nel testo che segue, un articolo pubblicato su La Repubblica del 13 ottobre il giornalista Vladimiro Polchi fa conoscere gli otto falsi miti da sfatare identificati da Emma Bonino
Di seguito la segnalazione delle proposte dei radicali italiani per cambiare il racconto sull’immigrazione

Migranti, gli otto falsi miti da sfatare

Dai 35 euro al giorno al lavoro rubato agli italiani. Emma Bonino ha ideato un “piccolo prontuario” per smontare punto per punto i pregiudizi sull’accoglienza

ROMA – “Ci rubano il lavoro”. “Gli diamo 35 euro al giorno per non fare niente”. “Li ospitiamo in alberghi a 5 stelle”. Fermo: “Tutto quello che sai sugli immigrati è falso!”. O almeno così sostiene un “prontuario” dei Radicali italiani, ideato da Emma Bonino, che prova a confutare punto per punto “otto grandi bugie” sui migranti.

  1. Siamo di fronte a un’invasione! Il “Piccolo prontuario per un racconto (finalmente) veritiero sull’immigrazione” parte da otto affermazioni, poi tenta di smontarle utilizzando dati di varie fonti. La prima: “Siamo di fronte a un’invasione!”. La replica: “Nell’Unione Europea, su oltre 500 milioni di residenti di ogni età (510 milioni) nel 2015, solo il 7% è costituito da immigrati (35 milioni), mentre gli autoctoni sono la stragrande maggioranza (93%, pari a 473 milioni). La quota di stranieri varia notevolmente tra i Paesi europei (il 10% in Spagna, il 9% in Germania, l’8% nel Regno Unito e in Italia, il 7% in Francia). È curioso, però, che i Paesi più ostili all’accoglienza degli immigrati sono quelli che ne hanno di meno: la Croazia, la Slovacchia e l’Ungheria, ad esempio, che ne hanno circa l’1%”.
  2. . Ma non c’è lavoro neanche per gli italiani, non possiamo accoglierli! La risposta dei Radicale: “Per mantenere sostanzialmente inalterata la popolazione italiana dei 15-64enni nel prossimo decennio, visto che tra il 2015 e il 2025 gli italiani diminuiranno di 1,8 milioni, è invece necessario un aumento degli immigrati di circa 1,6 milioni di persone: si tratta di un fabbisogno indispensabile per compensare la riduzione della popolazione italiana in età lavorativa”.
  3. Sì, ma questi ci rubano il lavoro! La replica: “Agli immigrati sono riservati solo i lavori non qualificati, in gran parte rifiutati dagli italiani: gli stranieri non riducono l’occupazione degli italiani, ma occupano progressivamente le posizioni meno qualificate abbandonate dagli autoctoni, soprattutto nei servizi alla persona, nelle costruzioni e in agricoltura: settori in cui il lavoro è prevalentemente manuale, più pesante, con remunerazioni modeste e con contratti non stabili. Dai dati più aggiornati del 2015, infatti, emerge che oltre un terzo degli immigrati svolge lavori non qualificati (36% contro il 9% degli italiani)”.
  4. Sarà, però ci tolgono risorse per il welfare. “I costi complessivi dell’immigrazione, tra welfare e settore della sicurezza, sono inferiori al 2% della spesa pubblica.  Dopodiché, gli stranieri sono soprattutto contribuenti: nel 2014 i loro contributi previdenziali hanno raggiunto quota 11 miliardi, e si può calcolare che equivalgono a 640mila pensioni italiane. Col particolare che i pensionati stranieri sono solo 100mila, mentre i pensionati totali oltre 16 milioni”.
  5. Comunque i rifugiati sono troppi, non c’è abbastanza spazio in Europa! “Dei 16 milioni complessivi – scrivono i Radicali – solo 1,3 milioni sono ospitati nei 28 Paesi dell’Unione europea (8,3%), tra cui l’Italia (118mila, pari allo 0,7%). I Paesi che ospitano il maggior numero di rifugiati nel 2015 sono la Turchia (2,5 milioni), il Pakistan (1,6 milioni), il Libano (1,1 milioni) e la Giordania (664 mila)”.
  6. Certo, e allora li ospitiamo negli alberghi. “I centri di accoglienza straordinaria sono strutture temporanee cui il ministero dell’Interno ha fatto ricorso, a partire dal 2014, in considerazione dell’aumento del flusso: le prefetture, insieme alle Regioni e agli enti locali, cercano ulteriori posti di accoglienza nei singoli territori regionali, e quando non li trovano si rivolgono anche a strutture alberghiere. Si tratta di una gestione straordinaria ed emergenziale, spesso criticata in primo luogo da chi si occupa di asilo, perché improvvisata, in molti casi non conforme agli standard minimi di accoglienza e quindi inadatta ad attuare percorsi di autonomia. Quindi sono uno scandalo non gli alberghi, ma la mala gestione e l’assenza di servizi forniti in quei centri improvvisati”.
  7. E diamo loro 35 euro al giorno per non fare niente! “In Italia, nel 2014, sono stati spesi complessivamente per l’accoglienza 630 milioni di euro, e nel 2015 circa 1 miliardo e 162 milioni. Il costo medio per l’accoglienza di un richiedente asilo o rifugiato è di 35 euro al giorno (45 per i minori) che non finiscono in tasca ai migranti ma vengono erogati agli enti gestori dei centri e servono a coprire le spese di gestione e manutenzione, ma anche a pagare lo stipendio degli operatori che ci lavorano. Della somma complessiva solo 2,5 euro in media, il cosiddetto “pocket money”, è la cifra che viene data ai migranti per le piccole spese quotidiane (dalle ricariche telefoniche alle sigarette)”.
  8. Sì, però i terroristi islamici stanno sfruttando i flussi migratori per fare attentati e conquistare l’Europa! “Limitando l’osservazione al terrorismo islamista, i primi 5 Paesi con la maggiore quota di morti sono l’Afghanistan (25%), l’Iraq (24%), la Nigeria (23%), la Siria (12%), il Niger (4%) e la Somalia (3%). Le vittime dell’Europa occidentale rappresentano una quota residuale, inferiore all’1%. L`Italia è terra d’immigrazione con molti cristiani ortodossi: oltre 2 milioni tra ucraini, romeni, moldavi e altre  nazionalità. Seguono circa 1 milione e 700mila persone di religione musulmana (compresi gli irregolari e minori), meno di un terzo del totale degli oltre 5 milioni di stranieri in Italia. In Europa solo il 5,8 per cento della popolazione è di religione islamica”.

Le proposte dei radicali italiani per cambiare il racconto sull’immigrazione

I radicali hanno anche pubblicato il rapporto “GOVERNANCE DELLE POLITICHE MIGRATORIE FRA LAVORO E INCLUSIONE”

Prefazione di Emma Bonino Introduzione di Riccardo Magi  Rapporto a cura di Roberto Cicciomessere* (capitoli 1-5 e 8) e Vitaliana Curigliano (capitoli 6-8) Hanno collaborato: Andrea Barone (paragrafo 6.4) Daniela Sala Valentina Brinis Simone Sapienza  Il rapporto è stato chiuso nel mese di settembre 2016.  * www.robertocicciomessere.eu

Una nota mia Non trascrivo il rapporto cui faccio riferimento perché è molto lungo e ricco di tabelle che non saprei riprodurre ma spero che la presentazione invogli qualcuno a leggerlo link nelle ‘fonti’).

Aggiungo che, essendo il rapporto focalizzato al problema del lavoro, non fa riferimento al problema ben noto a chi legge questo blog dei bimbi che nascono in Italia cui dal 2009 è negato il certificato di nascita, per legge. Vorrei che le associazioni che condividano la necessità di eliminare questa sconcezza si esprimessero pubblicamente nel merito. Non basta l’impegno di singole persone! Lo so per esperienza mia e di pochi altri.

FONTI

L’articolo di Polchi è disponibile on line    http://www.repubblica.it/cronaca/2016/10/13/news/migranti_falsi_miti_bonino-149688642/?ref=HREC1-4

Il testo del rapporto è disponibile on line:

http://www.radicali.it/primopiano/20160723/immigrazione-proposte-radicali

http://www.radicali.it/system/files/Governance_immigrazione%20Radicali%20italiani_0.pdf

14 Ottobre 2016Permalink

11 ottobre 2016 – Migrazioni: chi va e chi viene

Ricopio questo articolo di Max Mauro scrittore friulano, docente di Studi sullo Sport (Sport Studies) alla Southampton Solent University, Inghilterra. E’ stato pubblicato su  Il Manifesto del 27 Settembre.

Lucrative contraddizioni dello sport moderno

La partecipazione di una squadra di rifugiati alle Olimpiadi di Rio ha catturato l’attenzione dei mezzi di informazione di buona parte dell’Occidente. Più d’uno, senza troppa fantasia, l’ha definita «una grande storia olimpica». Tutto ciò è comprensibile se si tiene a mente che tra princìpi del movimento olimpico vi è quello di «contribuire alla costruzione di un mondo migliore e più pacifico educando la gioventù per mezzo dello sport, praticato senza discriminazioni di alcun genere» (articolo 6 della Carta Olimpica). Nel sogno delle Olimpiadi, lo sport viene inteso come massima espressione degli ideali universali di uguaglianza e inclusione sociale. Nel presentare l’iniziativa, il presidente del Comitato Olimpico Internazionale, Thomas Bach, aveva sottolineato l’ambizione che il Team Rifugiati potesse rendere il mondo più consapevole della crisi dei rifugiati.

Le poche voci critiche hanno puntato l’attenzione sulla visibile contraddizione di una comunità internazionale che, particolarmente in Europa, nega i diritti all’accoglienza dei rifugiati costruendo muri, attaccando navi disarmate cariche di disperati e organizzando rimpatri coattivi di minori non accompagnati, mentre invita alcuni “fortunati” a partecipare al più spettacolare festival dello sport.

I rappresentanti dello sport mondiale potrebbero facilmente difendersi da questo tipo di critica adducendo che lo sport non può risolvere i problemi della politica internazionale. Al massimo, come in questo caso, può offrire un palco da cui lanciare un messaggio. Quante volte si è sentito dire che lo sport è solo sport e non deve mescolarsi alla politica? Suona semplice, quasi ovvio, anche se ormai nessuno può negare le ingombranti implicazioni politiche, diplomatiche e finanziarie dei mega eventi sportivi. Gli esempi di Pechino 2008, Sochi 2014, di Rio 2016, senza dimenticare ovviamente la Coppa del Mondo di calcio del 2014, sono difficili da digerire per i sostenitori dello «sport per lo sport».

Altro che egualitario e inclusivo

Proviamo tuttavia a spostare l’attenzione proprio su questo terreno. Lo sport è veramente inclusivo ed egualitario come il presidente del Comitato olimpico internazionale vorrebbe farci credere? Purtroppo, la realtà sembra affermare il contrario. Nel corso della loro storia, gli sport moderni hanno sviluppato regole sempre più dettagliate per definire i limiti di partecipazione e accesso alla pratica sportiva. Queste regole riflettono il disegno organizzativo dello sport moderno, fondato sullo Stato-nazione. Pochi rammentano che la prima edizione delle moderne Olimpiadi, che si svolsero ad Atene nel 1896, era una competizione tra atleti individuali, non tra “nazioni”.

Non fu così a lungo, perché gli Stati, in primis quelli fascista e nazista, e più tardi quelli del blocco sovietico, capirono l’importanza del successo sportivo per guadagnare prestigio internazionale e rendere più coese le precarie entità immaginate come “nazioni”. Lo Stato-nazione è la cifra definitoria della partecipazione sportiva.

È attraverso l’appartenenza a uno Stato, il meccanismo allo stesso tempo fluido e restrittivo della cittadinanza, che un diritto universale quale lo sport (citando nuovamente la Carta Olimpica) diventa nei fatti un diritto esclusivo del cittadino. Emerge così la grande contraddizione delle democrazie occidentali segnalata da Hanna Arendt e Carl Schmitt e acutamente attualizzata da Giorgio Agamben: non esistono, se sono mai esistiti, diritti universali, solo diritti del cittadino. Come in altri casi, lo sport riflette e amplifica questa contraddizione. Le organizzazioni sportive

internazionali e nazionali non possono concepire se non come un’eccezione spettacolare e fatua l’idea di concorrenti che non rientrino tra le categorie della nazione contro altre nazioni. Come sarebbero altrimenti vendibili eventi quali le Olimpiadi o la Coppa del Mondo di calcio? La stretta sinergia tra detentori dei diritti televisivi, sponsor e organizzazioni sportive ha creato un’industria enormemente lucrativa che non può prescindere da questo stato di cose.

Categorizzare ed escludere

Il caso più evidente è offerto dal calcio, lo sport più popolare. Le norme Fifa per il tesseramento dei minori definisce almeno tre regimi di accesso alla pratica sportiva: cittadini nazionali, cittadini Ue, cittadini non-Ue. Diversi regimi comportano diversi termini di accesso, tipologie e numeri di documenti di identificazione da presentare, e tempi di valutazione delle domande di iscrizione. Nonostante approcci più o meno inclusivi adottati dalle diverse federazioni nazionali, questo «regime dei confini» – mutuando Sandro Mezzadra e Brett Neilson – della partecipazione sportiva, ha prodotto una quarta categoria di minori: coloro che non appartengono a nessuna delle altre tre. Sono minori non accompagnati, rifugiati, sans papier, undocumented, possessori di permessi umanitari temporanei, e le varie altre categorie di migranti create dalle democrazie occidentali per definire l’«altro» che si trova all’interno dei loro confini. Un modo per categorizzare e, allo stesso tempo, escludere.

L’Associazione studi giuridici dell’immigrazione (Asgi) da tempo denuncia il fatto che la Federazione italiana giuoco calcio (Figc) nega l’iscrizione ai campionati giovanili ai minori non accompagnati. Basandosi su un’interpretazione restrittiva delle norme Fifa, la Figc non riconosce la figura del tutore, che nel caso dei minori non accompagnati è di solito il direttore del centro di accoglienza in cui risiedono. Secondo i dati Eurostat, nel 2015 c’erano in Europa 90.000 minori non accompagnati. Attualmente, ricorda l’«Agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati», nel continente vi sono 680.000 apolidi, persone private dell’appartenenza a uno Stato. Sono numeri destinati purtroppo a crescere in un contesto caratterizzato da conflitti, crisi ambientali croniche e dittature. Di fronte a questo scenario la squadra olimpica dei rifugiati si presenta sotto una diversa luce: più che un messaggio di inclusione appare una riuscita operazione promozionale per l’industria sportiva globale.

 

11 Ottobre 2016Permalink