28 settembre 2016 – Scuola in partenza : Quale diritto all’educazione per i figli di genitori irregolari?

Inizio con una mia MIA DOMANDA  la cui ratio è chiarita dal documento che segue:

Scrive l’Associazione Studi Giuridici Immigrazione: “recente la notizia di un nuovo rifiuto di iscrizione alla scuola per l’infanzia di un minore straniero a causa del mancato possesso del permesso di soggiorno da parte della madre”.

CHIEDO: Perché l’ASGI giustamente sottolinea la ‘discriminazione infondata’ del bambino rifiutato dalla scuola dell’infanzia per la mancanza del permesso di soggiorno della madre e non si occupa dei bambini cui è negata l’esistenza – con il radicale rifiuto del certificato di nascita?


DOCUMENTO

Dal sito della ’Associazione Studi Giuridici Immigrazione   –   15/09/2016    

Accade spesso che i minori stranieri paghino il prezzo del mancato diritto di soggiorno dei propri genitori in Italia, incontrando ostacoli nell’accesso ai diritti fondamentali, tra cui l’istruzione pubblica. Che cosa dicono la normativa e gli indirizzi ministeriali?

I minori stranieri presenti sul territorio, indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno, sono soggetti all’obbligo scolastico e hanno diritto all’istruzione, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani, nelle scuole di ogni ordine e grado.

Sebbene le Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolscenza, l’ordinamento comunitario e la Costituzione italiana garantiscano il diritto del minore all’istruzione e alla formazione, senza discriminazioni fondate sulla cittadinanza, sulla regolarità del soggiorno o su qualsiasi altra circostanza, accade spesso che i minori stranieri paghino il prezzo del mancato diritto di soggiorno dei propri genitori in Italia, incontrando ostacoli nell’accesso ai diritti fondamentali.

Ci sembra opportuno e utile riportare questo articolo che abbiamo realizzato per il sito Sesamo didattica interculturale .

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Cronache di ordinaria ingiustizia

È recente la notizia di un nuovo rifiuto di iscrizione alla scuola per l’infanzia di un minore straniero a causa del mancato possesso del permesso di soggiorno da parte della madre.

Sebbene le Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolscenza, l’ordinamento comunitario e la Costituzione italiana garantiscano il diritto del minore all’istruzione e alla formazione, senza discriminazioni fondate sulla cittadinanza, sulla regolarità del soggiorno o su qualsiasi altra circostanza, accade spesso che i minori stranieri paghino il prezzo del mancato diritto di soggiorno dei propri genitori in Italia, incontrando ostacoli nell’accesso ai diritti fondamentali.

La scuola non è in effetti l’unico ambito in cui i minori stranieri figli di irregolari non possono godere della parità con i loro coetanei i cui genitori sono regolarmente presenti sul territorio. È solo di un paio di anni fa il tentativo della Regione Lombardia, poi fallito grazie all’intervento di alcune associazioni che tutelano il diritto degli stranieri, di non riconoscere l’accesso al pediatra di base ai minori figli di genitori irregolari.

E ancora è frutto di una recente modifica normativa, peraltro ancora non sempre correttamente applicata, il riconoscimento della possibilità ai neo diciottenni figli di irregolari di ottenere la cittadinanza italiana anche in mancanza di iscrizione anagrafica e permesso di soggiorno, qualora dimostrino con qualsiasi mezzo la permanenza stabile e continuativa sul territorio dal momento della nascita.

La normativa

Eppure come negli ambiti sopra descritti anche in materia di istruzione la normativa nazionale–e gli indirizzi dei vari ministeri – sono chiari sul punto. Infatti l’art 38 del d.lgs. 286/1998 (TU Immigrazione) e l’art 45 comma 1 del DPR 394/1999 (Regolamento attuativo TU Immigrazione) prevedono che i minori stranieri presenti sul territorio, indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno, sono soggetti all’obbligo scolastico e hanno diritto all’istruzione, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani, nelle scuole di ogni ordine e grado.

L’art. 6 comma 2 del regolamento citato esclude poi esplicitamente dall’onere di esibizione del permesso di soggiorno le iscrizioni e gli altri provvedimenti riguardanti le prestazioni scolastiche obbligatorie nella quale non vi è dubbio che vi rientri anche la scuola dell’infanzia facendo parte del sistema educativo di istruzione e formazione (L 53/03 art.2 comma 1) e concorrendo allo sviluppo del minore. Il Ministero dell’Interno ha confermato con nota 2589 del 13 aprile 2010 che non vi è necessità “di esibire i documenti attestanti la regolarità del soggiorno per iscrivere un minore straniero al servizio di asilo nido” e anche il Ministero dell’istruzione ha fornito specifiche indicazioni in materia con la circolare n. 375 del 25 gennaio 2013 ricordando che “l’obbligo scolastico integrato nel più ampio concetto di diritto- dovere all’istruzione e alla formazione, concerne anche i minori stranieri presenti sul territorio nazionale, indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al soggiorno in Italia e che in mancanza dei documenti prescritti la scola iscrive comunque il minore straniero”.

Tali affermazioni risultano peraltro coerenti con quanto previsto dallo stesso TU Immigrazione laddove l’art. 19 comma 2 let a) e l’art. 28 del regolamento attuativo citato prevedono che il minore – in quanto inespellibile – non sia mai irregolare ed abbia sempre e comunque diritto, sino al raggiungimento della maggiore età, ad un permesso di soggiorno.

Non solo ma la questione è stata già oggetto anche di un’azione giudiziale; il Tribunale di Milano (est. Marangioni, ordinanza del 11.2.2008) ha infatti ritenuto discriminatorio il comportamento del comune di Milano che subordinava l’iscrizione alla scuola dell’infanzia di un minore straniero al possesso del permesso di soggiorno della madre.

Discriminazioni infondate

Appare dunque inspiegabile che, nonostante la normativa e gli indirizzi ministeriali siano estremamente chiari sul punto e riconoscano senza dubbio la possibilità di iscrizione alcune istituzioni pubbliche ancora continuino a discriminare e violare il diritto all’istruzione dei minori figli di stranieri irregolari.

Anna Baracchi

Per saperne di più

Il diritto dei minori stranieri privi di permesso di soggiorno all’istruzione, alla formazione e all’accesso ai servizi socio-educativi, di Elena Rozzi

Il diritto dei minori stranieri privi di permesso di soggiorno all’istruzione, alla formazione e all’accesso ai servizi socio-educativi – GIUNTI

La sezione del sito Sesamo didattica interculturale con gli articoli curati da ASGI

FONTE http://www.asgi.it/famiglia-minori/scuola-diritto-educazione-figli-stranieri-genitori-irregolari/

28 Settembre 2016Permalink

4 settembre 2016 – Alla ricerca di parole chiare per pensieri puliti

In un arruffarsi di argomenti, o meglio di un vociare passato per argomentazione, sento sempre più il bisogno di parole chiare, dette e scritte per esprimere riflessioni che, pur muovendo dall’attualità, non si avviluppino negli indumenti aggrappandosi persino a Bibbia e Corano per uscire dal soffocamento che tessuti e pregiudizio possono provocare. Il 1 settembre avevo trovato, a mio conforto, un testo di Amos Luzzatto del 2004 e ora ho recuperato un  testo di Manconi, che avevo inserito su facebook un anno fa e mi è stato  riproposto. Lo trascrivo qui perché mi ha fatto bene rileggerlo e mi ha fatto bene anche ritrovare, in questo blog, un pezzo dello stesso Manconi, riportato il 14 settembre 2015.

settembre 2015 – Il linguaggio dell’odio e il razzismo   Luigi Manconi, parlamentare

La campagna d’estate della Lega nord e di alcuni organi di informazione è stata una mobilitazione di odio. Mi chiedo: perché?

E non si tratta di una domanda ingenua. In altre parole, perché mai la critica più radicale alle politiche del governo italiano e a quelle dell’Unione europea in materia d’immigrazione e asilo e la proposta di strategie totalmente alternative devono comportare la degradazione della persona del migrante e del profugo?

Questo è, infatti, il contenuto profondo e la forma linguistica del messaggio xenofobo: non un’argomentazione politica, bensì uno sfregio morale che deve –proprio per potersi efficacemente realizzare – richiamare un fondamento razzistico.

Sembra, cioè, che l’agitazione della Lega in materia d’immigrazione non possa non fondarsi su una “politica del disgusto”: un’opera di svilimento, che mira a sfigurare il proprio bersaglio, come premessa per così dire morale a un’attività di esclusione e discriminazione.

La classificazione gerarchica degli esseri umani emerge ancora e con violenza

Una politica che si fonda necessariamente su una concezione gerarchica degli uomini, dei popoli e delle etnie e su una inevitabile classificazione di essi secondo i tradizionali criteri di “superiorità” e “inferiorità”.

Questa concezione che costituisce il fondamento del razzismo e che essa sola giustifica il ricorso a un termine così gravemente denotativo – razzista, appunto – raramente oggi viene così esplicitamente teorizzata e adottata.

Infatti, il razzismo nelle società democratiche è tuttora soggetto a interdizione morale e politica, fino a rappresentare un residuale tabù. Un tabù fragile e precario, e tuttavia ancora attivo: sia perché i valori universalistici degli stati democratici negano qualsiasi legittimità alle teorie razzistiche, sia perché permangono in quegli stati – come in Italia, per esempio – consistenti tracce delle culture solidaristiche, di matrice egualitaria: religiosa o laica.

Il deprezzamento della vita

Dunque non può darsi – come ispirazione per le politiche per l’immigrazione – una classificazione degli esseri umani quali titolari o meno di dignità e meritevoli o meno di protezione in base alla nascita, alla provenienza geografica, all’appartenenza a un’etnia o a una classe sociale o a un sistema di cittadinanza.

Ma quella stessa classificazione gerarchica, formalmente interdetta, emerge ancora e con violenza, sia pure in maniera indiretta e mediata. E si rivela grazie a un indicatore inequivocabile: ovvero il deprezzamento della vita di una parte degli esseri umani nella percezione di un’altra parte di esseri umani.

È questo che rende il ragionamento sul razzismo particolarmente delicato.

L’indifferenza di tutti verso i morti nel Mediterraneo spiega l’odio di pochi verso i sopravvissuti

Aver accettato – come tutti abbiamo accettato – che appena al di là dei confini nazionali, nell’ultimo quarto di secolo si consumasse una strage ininterrotta di migranti e profughi, affogati nel Mediterraneo, costituisce un efficace metro di valutazione della tenuta dei principi ai quali diciamo di ispirarci.

Dà la misura, cioè, di quale sia nei fatti il valore reale che attribuiamo alla vita di quegli esseri umani. Un valore che, certamente, non è lo stesso che assegniamo alla vita dei membri della nostra comunità.

In altri termini, per sopportare il perpetuarsi di quell’ecatombe nel canale di Sicilia, è stato necessario accettare di considerare quei morti come sottouomini. E non è forse questa la base morale di un razzismo non solo non dichiarato, ma – anzi – esplicitamente rifiutato? E non è forse quella stessa base morale così diffusa presso tutti o molti a legittimare che presso pochi, singoli o gruppi o partiti, si manifestasse un’ostilità nutrita di odio?

Intendo dire che quella concezione gerarchica degli esseri umani che consente la degradazione degli “inferiori” e che motiva le politiche dell’esclusione, trova la sua giustificazione nel fatto che la svalutazione della vita di quegli “inferiori” sia diventata senso comune e mentalità condivisa. Anche quando tutto ciò resta implicito o viene addirittura negato con sdegno.

Insomma, l’indifferenza di tutti verso i morti nel Mediterraneo può arrivare a spiegare l’odio di pochi verso i sopravvissuti ai naufragi. Non a caso, i sommersi vengono definiti vittime, i salvati sono etichettati come “clandestini”.

http://www.internazionale.it/opinione/luigi-manconi/2015/09/02/razzismo-migranti

 

3 Settembre 2016Permalink

1 settembre 2016 – Premessa al calendario

Trovo necessario presentare il solito calendario del primo del mese.
Inizia l’anno scolastico per chi può andare a scuola

A giorni comincerà l’anno scolastico, diversamente scandito nelle varie regioni.
Non so come si comporterà la scuola italiana di fronte ai bambini che la legge vuole invisibili, fantasmi abusati per penalizzare i loro genitori se migranti non comunitari senza permesso di soggiorno. Per registrarne la nascita infatti devono presentare il documento che, per definizione, non hanno (legge 94/2009 art. 1, comma 22, lettera g).
Ha funzionato la circolare che, a garanzia dei nuovi nati, afferma il contrario della legge? I genitori, minacciati dalla loro piccola spia di carne, sanno di potersi giovare della circolare per fare di quella creatura condannata all’inesistenza legale il loro figlio riconosciuto e non solo partorito? E non potrebbe accadere che qualche sindaco garantista dei suoi indumenti verdi rifiuti la registrazione dei figli dei sans papier appellandosi alla legge?
Non si sa. Infatti, pur essendo dopo le elezioni del 2013 cambiati governo e maggioranza, la piccola norma che, condannando nuovi nati a non esistere, ci infanga tutti, non viene modificata da un parlamento che si adegua all’offesa alla Costituzione, confortato da un’opinione pubblica amante delle brevi, intense emozioni che le immagini ci offrono in irrimediabile sequenza e indifferente a ciò che non si vede: in fondo gli invisibili sono solo figli di poveracci stranieri.
Nell’overdose di tenerume che i media ci assicureranno celebrando il primo giorno di scuola in parola scritta, detta e in video, il mio piccolo calendario mensile scopre ricorrenze significative. Inizia con il ricordo della strage di Beslan (1 settembre 2004) e pochi giorni dopo celebra il Regio Decreto Legge 5 settembre 1938-XVI, n. 1390, Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista.

Giotto- la stage degli innocenti
Giotto- la stage degli innocenti

Le leggi organiche antiebraiche sarebbero venute più tardi ma, con la sensibilità imperante nel regime di allora, si decise di cominciare dalla scuola per cacciare anche i bambini. Più radicalmente ora li cacciamo dall’esistenza: abbiamo creato i fantasmi senza nome, senza identità, senza famiglia mentre una ministra inconsapevole esalta la fertilità in giovane età. Considerando il permanere della norma che ho ricordato sopra neppure i soggetti fertili sono tutti uguali.

http://www.limesonline.com/rubrica/il-cremlino-mente-sulla-strage-di-beslan

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/strage-degli-angeli-di-beslan-10-anni-dopo-ombre-e-dolore-432cd2cf-9817-4b30-a195-0072a426cdfc.html

http://www.treccani.it/enciclopedia/strage-di-beslan_(Lessico-del-XXI-Secolo)/

Una considerazione esemplare di Amos Luzzatto

Ho aggiunto, a quanto ho scritto su facebook e riportato sopra, i link che collegano a informazioni sulla strage di Beslan e di seguito trascrivo un passo di Amos Luzzatto (firmato come Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane) che ricopio dal catalogo della mostra ‘Dalle leggi antiebraiche alla Shoah’ del 2004 (ed. Shira).

«Nel 1938 la legislazione razziale in Italia discriminava e puniva soltanto gli ebrei, anche se , trattandosi ufficialmente della “difesa della razza ariana” , a lume di logica avrebbe dovuto individuare e punire tutti coloro che “ariani” non erano. Nella fase culminante della persecuzione in Europa, la quasi totalità dei colpiti (se si fa eccezione per gli zingari) erano ebrei. Il bilancio degli scomparsi, alla fine della guerra, riguardava in schiacciante maggioranza gli ebrei. Può sorgere una domanda: se la guerra fosse durata qualche altro anno, se la sconfitta dell’Asse fosse stata ritardata, se i nazisti e i loro alleati avessero avuto il tempo di completare l’uccisione di tutti gli ebrei viventi, allora, in Europa, si sarebbe per questo esaurito il razzismo? O vi sarebbe stato un altro gruppo umano da eleminare, un altro genocidio da eseguire, altri milioni di individui da sopprimere? La storia ci ha dato una risposta, presentandoci nuovi massacri e nuovi genocidi, da quello dei tutsi a quello dei cambogiani, a quello più vicino a noi avvenuto nella ex Jugoslavia.   Ma che cosa li collega alla Shoah, a parte la scontata malvagità umana? Io credo che, tragicamente, la Shoah, sia stata un punto di svolta, uno spartiacque, avendo dimostrato che lo sterminio di una popolazione per il solo fatto di essere quello che è, di avere caratteristiche fisiche o solo una tradizione culturale diversa da quella di coloro che detengono gli strumenti della forza bruta, sia possibile senza generare in coloro che osservano o che ne ricevono notizia una reazione solidale, una reazione di rivolta, una reazione che fermi la mano dei carnefici. La prova è stata fatta con il sangue degli ebrei, ma non per questo la ferocia è stata saziata. Sei milioni di vittime ebraiche hanno dimostrato a proprie spese che la loro Shoah era fattibile: si aperta un’epoca buia nella quale ciò può accadere di nuovo.»

1 Settembre 2016Permalink

22 agosto 2016 — L’involuzione di Ventotene e le italiche solidali libertà

Da Spinelli al trio Renzi, Hollande, Merkel

Meno di due chilometri e poco più di 750 abitanti Ventotene, situata nel mar Tirreno, tra Lazio e Campania in provincia di Latina, è entrata nella storia «isola del confino». Divenne famosa già al tempo degli antichi Romani perché fu il luogo in cui prima Augusto esiliò la figlia Giulia, poi l’imperatore Tiberio esiliò la nipote Agrippina nel 29 d.C. e più tardi l’imperatore Nerone esiliò sua moglie Ottavia. Durante il periodo fascista Ventotene divenne l’isola del confino per numerosi antifascisti e persone non gradite al regime tra cui Sandro Pertini, Luigi Longo, Umberto Terracini, Pietro Secchia, Eugenio Colorni, Altiero Spinelli, Ernesto Rossiventotene

Nota: Quando venni a sapere del manifesto di Ventotene avevo 15 anni. Poiché avevo conosciuto la guerra  e mi ero fatti un’idea del nazionalismo credevo e speravo, oggi credo ma non spero.

Fra Burkini imposto e italiche libertà

«Mio fratello sembrava un diavolo. Mi ha puntato addosso il fucile e ha sparato. Sono caduta e ho chiuso gli occhi per il dolore». Marisa Putortì, 21 anni, ricorda i momenti della sua gambizzazione ad opera del fratello Demetrio, quattro anni più grande, che le ha sparato per «gelosia» e per «punire» alcuni atteggiamenti della sorella. Dopo la morte del padre Carmelo, sei anni fa, Demetrio pensava di sostituirsi alla figura paterna in famiglia e, per questo, era diventato «ossessivo» nei confronti della sorella, tanto da proibirle frequentazioni e rimproverarla per il suo modo di vestire. «Era ormai da anni che non andavamo d’accordo — racconta Marisa nel suo letto in ospedale—. Neanche ci salutavamo più. A lui dava fastidio ogni cosa che facevo… Se mi truccavo o andavo in giro con la minigonna, se fumavo o mi fermavo in paese a parlare con uomini più grandi. Chissà cosa gli raccontavano di me i suoi amici». Poi si blocca e gira lo sguardo verso suo figlio Carmelo, cinque anni, frutto dell’amore adolescenziale con il suo attuale compagno, Massimo D’Ambrosi, 24 anni e un lavoro saltuario. Quindi riprende il racconto. «Ero vigile in ambulanza. Sentivo i medici che si auguravano che i pallini non avessero colpito l’arteria femorale, “altrimenti non ci arriva in ospedale”, dicevano tra loro, mentre io tremavo, pregavo e pensavo: sopravvivrò?». In ospedale al capitano Francesco Manzone, comandante della compagnia di Tropea che l’ha interrogata, Marisa ha taciuto il nome del suo sparatore. «Pensavo ci arrivassero da soli», dice con pudore. «Non l’ho fatto per proteggere mio fratello. Lui è uno schizofrenico. Non lo odio però, provo solo indifferenza». Perdonarlo? «Non me la sento proprio — continua —. Voglio che paghi per quello che ha fatto e quando lui uscirà di prigione io me ne andrò da Nicotera».

Demetrio Putortì 24 ore dopo aver sparato alla sorella si è costituito ammettendo le sue responsabilità. È in stato di fermo. I carabinieri stanno cercando di capire chi abbia fornito il fucile al giovane e dove sia finita l’arma. Si indaga sui rapporti tra Demetrio e ambienti della criminalità locale, con i quali sembrerebbe avesse dei rapporti.

Oltre la libertà la solidarietà! Catania, minorenni egiziani aggrediti con una mazza: grave sedicenne

Le tre vittime, tra i 16 e i 17 anni, sono ospiti di un centro di accoglienza: uno dei tre è stato operato per ridurre un grosso ematoma al cervello e ora è in prognosi riservata. Arrestati gli aggressori: sono tre italiani tra i 18 e i 32 anni

FONTI:

Minigonna

http://27esimaora.corriere.it/16_agosto_21/mio-fratello-mi-ha-sparato-perche-portavo-minigonna-8c74b692-67d9-11e6-b2ea-2981f37a7723.shtml

Aggressione ai minorenni

http://www.corriere.it/cronache/16_agosto_21/catania-minorenni-egiziani-aggrediti-una-mazza-grave-sedicenne-a177524a-67af-11e6-b2ea-2981f37a7723.shtml

22 Agosto 2016Permalink

19 agosto 2016 – Sei anni dopo

Oggi Facebook mi ha segnalato un vecchio post che faceva parte di altro blog che non c’è più, come non c’è più Paola Schiratti  e l’on Orlando, cui lei aveva suggerito l’interrogazione, ora fa il sindaco di Palermo e non si occupa più della questione che aveva posto in Parlamento sei anni fa. Speriamo registri regolarmente tutti i bambini che nascono nel suo comune anche i condannanti dalla legge 94/2009

19 agosto 2010 – Un parlamentare si occupa della registrazione anagrafica dei figli dei sans papier.

Mentre scrivevo uno dei miei pezzi sui bambini, mi è arrivato (e ringrazio la consigliera provinciale – Udine – dr. Schiratti che me lo ha inviato) il testo dell’interrogazione parlamentare  che pubblico di seguito.

 E’ il primo intervento parlamentare che registro dopo quelli in corso di dibattito (inizio 2009) degli on. Bachelet e Capano.

19 agosto 2016 Invece ho continuato, trovando alcune persone che mi hanno accompagnato fra la colpevole negligenza delle istituzioni e la neghittosità della sicietà (in)civile

Seduta n. 363 del 2/8/2010

INTERNO   Interrogazioni a risposta scritta:

LEOLUCA ORLANDO. – Al Ministro dell’interno. – Per sapere – premesso che:

in data 8 agosto 2009 è entrata in vigore la legge 15 luglio 2009, n. 94 «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica»;

alla lettera g del comma 22 dell’articolo 1 della predetta legge si modificava il comma 2 dell’articolo 6 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sostituendone una parte, con la frase «, per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui ali ‘articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie, »;

questa modifica è stata di fondamentale importanza per la tutela della maternità, della salute e dell’istruzione di tutte le persone extracomunitarie che si trovano, anche illegalmente, nel nostro Paese,

in quanto non obbliga le persone in situazione di bisogno sanitario urgente alla presentazione del permesso di soggiorno per ottenere le giuste cure;

in data 7 agosto 2009 è stata emanata, dal dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell’interno, una circolare (prot. 0008899) con oggetto: «Legge 15 luglio 2009, n. 94, recante »Disposizioni in materia di sicurezza pubblica«. Indicazioni in materia di anagrafe e stato civile», ed è stata inviata a tutti i prefetti della Repubblica italiana;

con questa circolare il Ministero dell’interno andava a sanare una situazione di interpretazione dubbia della suddetta legge, su alcuni temi, tra cui quello importantissimo delle dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione;

al punto 3 della predetta circolare si chiariva che «Per lo svolgimento delle attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita-stato civile) non devono essere esibiti documenti inerenti al soggiorno trattandosi di dichiarazioni rese, anche a tutela del minore, nell’interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto. L’atto di stato civile ha natura diversa e non assimilabile a quella dei provvedimenti menzionati nel citato articolo 6»;

a parere dell’interrogante, molti punti della circolare stessa sono fondamentali per la struttura e per la funzionale applicazione della legge n. 94 del 2009, ma il metodo applicato dell’uso della circolare stessa appare di indicazione troppo lieve e sicuramente meno impegnativa dell’uso di una legge nell’applicazione della stessa -:

se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative che attribuiscano valore normativo alla circolare del 7 agosto 2009 prot. 0008899 fornendo così strumenti sicuramente più incisivi a chi la stessa debba applicare.

E la storia continua

L’on Orlando ha poi presentato una proposta di legge, decaduta con la legislatura è stata ripresentata – sostanzialmente identica nel contenuto –  alla Camera e al Senato. Oggi è diventata un  comma della proposta sulla cittadinanza e resta lì, mentre il Parlamento traccheggia e la società civile a corrente alternata sostanzialmente se ne infischia

19 Agosto 2016Permalink

16 agosto 2016 – La pulizia di Salvini

Quando le feste di ferragosto evocano la cultura dei tempi dei pogrom

Oggi non escono giornali. Ricopio gli articoli che ho trovato sulle edizioni digitali di tre quotidiani (link in calce). In Italia la prima radicale indicazione di negazione ad esistere, caratterizzata da un rilievo istituzionale (dopo l’esclusione voluta dalla leggi razziali nel 1938), si radica dal 2009 nella legge che nega il certificato di nascita (legge 94/2009 – art. 1 comma 22 lettera g) ai figli dei migranti non comunitari irregolari. Il fatto che tale certificato sia concesso a norma di circolare non cancella il significato di quella norma che fu voluta dall’allora ministro Maroni nell’ambito culturale del quarto governo Berlusconi. Dedico la lettura di questi articoli a chi si rifiuta di abrogare l’articolo di legge che ho citato e a chi, a fronte della negazione dell’esistenza riconosciuta di un gruppo definito di neonati, si volta – annoiato o incredulo che sia – da una qualsivoglia altra parte per garantirsi la tranquillità di non vedere fastidiosi invisibili, piccoli ma minacciosi.

LA REPUBBLICA

15 AGOSTO 2016  SALVINI INCITA LA PLATEA LEGHISTA: “RIPULIAMO LE CITTÀ DAGLI IMMIGRATI”

Comizio a Ponte di Legno: “Andiamoci a riprendere gli alberghi, mano libera a carabinieri e polizia”. E annuncia una manifestazione a Roma dal nostro inviato MATTEO PUCCIARELLI

PONTE DI LEGNO – Sgomberare gli alberghi coi migranti e una grande manifestazione contro il governo a Firenze, il 12 novembre. Eccolo qua il Salvini in versione ferragostana, che – se possibile – sposta la Lega più a destra del solito. La playlist che anticipa l’intervista-comizio a Ponte di Legno è tutta un programma: il tormentone dell’estate “Andiamo a comandare” e Vasco Rossi con “C’è chi dice no”, ovvio riferimento al referendum costituzionale.

Salvini sale sul palco con la maglietta della polizia addosso: “Quando saremo al governo polizia e carabinieri avranno mano libera per ripulire le città”. Suona un po’ minaccioso, anche perché il segretario della Lega parla di “pulizia etnica controllata e finanziata”, quella che – dice lui – stanno subendo gli italiani, oppressi dai “clandestini”. I quali, aggiunge, “vanno fatti lavorare per ripagare il prezzo della nostra ospitalità, come fanno in Austria”. Chi la pensa diversamente è un “italiano smidollato”.

La versione da pugno duro di Salvini continua: “Basta con le buone maniere: lo propongo a tutti gli amministratori della Lega, andiamoci a riprendere un albergo in ogni regione e lo restituiamo agli italiani”. E per quanto riguarda gli albergatori, “vadano pure in fallimento”.

Le “zecche”, i lavavetri, i mendicanti, gli immigrati in fila all’ospedale: sono i mali principale della società: “Prendiamo un bel furgone, li carichiamo lì e li molliamo in mezzo al bosco a 200 chilometri, così ci mettono un po’ a tornare”. La base leghista che riempie il palazzetto dello sport è in visibilio.

L’intervistatore – anche lui amatissimo dal popolo lumbard, il giornalista e conduttore tv Paolo Del Debbio – alza la palla e Salvini schiaccia: sull’Islam chiede un commento sulla proposta del dirigente musulmano Hamza Piccardo di “legalizzare” la poligamia, il segretario del Carroccio se la prende con Laura Boldrini, bersaglio fisso: “Mette il becco su tutto e su questo non dice nulla?!”.

Poi si passa alla politica delle alleanze. “Chi vota sì al referendum non può stare con noi”, riferimento all’Ncd. Dopo, “chi si allea con noi firmi col sangue che la legge Fornero la abroghiamo. E magari la ex ministro la mandiamo in esilio”. Ancora, flat tax al 15 per cento. Infine, l’Europa: “Ad oggi Forza Italia la governa con Renzi. E quindi, o entro un anno ci si mette al tavolo e si riprendono in mano i trattati e si riscrivono oppure salutiamo tutti e ci riprendiamo in mano le chiavi del nostro paese”.

Si passa a Stefano Parisi. Parte qualche fischio dalla platea. Salvini allarga le braccia: “Poco tempo fa abbiamo perso le elezioni a Milano con lui candidato. Vediamo cosa vuole fare. Non mi interessa se parla con Alfano. E poi mi chiedo perché ha passato la campagna elettorale a dire di non essere ‘lepenista’, come se fosse un insulto”. Insomma, è una bocciatura. Anche perché poi Salvini chiede alla platea chi vuole allearsi con Fi alle prossime elezioni, e su due-tremila persone alzano le mani in venti.

Il leader della Lega, nonostante i moniti di Umberto Bossi con il quale resta la divergenza, non desiste sull’idea di allargarsi al sud: “Hanno clima stupendo, mare stupendo, vino stupendo e politici di merda”. Finora l’impresa non è riuscita ma “se penso alla Toscana dove abbiamo eletto il primo sindaco, allora tutto è possibile”.

Come un anno fa Salvini annuncia una grande manifestazione contro il governo: stavolta “a casa sua”, sabato 12 novembre.

Alla fine c’è anche lo spazio libro cuore: Salvini chiama sul palco tutti i ragazzini under 18, “siete il nostro futuro e noi lottiamo per  voi”. Uno di loro ha il cappellino alla rovescia. “Ascolti Fedez?”. “No”. “Bravo!”. Ad un altro bambino di otto anni: “Cosa hai capito dalla serata?”. Lui: “Che la mia mamma mi vuole bene”. Applausi, “siamo il partito dell’amore

CORRIERE DELLA SERA

15 AGOSTO 2016  SALVINI: «A NOVEMBRE A FIRENZE PER DARE L’AVVISO DI SFRATTO A RENZI»

Lo scetticismo su Parisi: «Non ho ancora capito cosa vuole fare e dove vuole andare. Se ci vuole proporre accordi con i Cicchitto e i Verdini non ci interessa» DI CESARE ZAPPERI, INVIATO A PONTE D LEGNO

Ponte di Legno (Brescia) – Niente «Va pensiero» verdiano ma un «C’è chi dice no» di Vasco Rossi sparato a tutti decibel. Niente felpa paesana ma una maglietta blu con le mostrine della Polizia. Il Matteo Salvini del Ferragosto 2016 in Valle Camonica sceglie la linea dura a partire dalle forme. «Forse c’è bisogno di un nuovo Fronte di liberazione nazionale» dice dal palco dove risponde alle domande di Paolo Del Debbio.

«Non dobbiamo più avere paura di niente e di nessuno»

La prima stoccata è un avviso di sfratto a Matteo Renzi: «Il 12 novembre andremo tutti a liberare Firenze, casa sua. Sarà la spallata finale», annunciando una manifestazione leghista nella città del premier. E poi, ecco la altre battaglie, a partire da quella contro gli immigrati. Il leader leghista lancia subito una sfida: «In ogni regione andremo a riprenderci uno degli alberghi dove bivaccano i profughi e li ridaremo agli italiani in difficoltà». L’attacco frontale è al ministro Angelino Alfano, dipinto con un epiteto, ma anche la sinistra di Capalbio «quella che ha il portafoglio gonfio e che è esempio del peggior razzismo». Ce n’è anche per la Chiesa e per quegli autorevoli esponenti «che si sono dimenticati i veri principi di fede. Io rimpiango Benedetto XVI». E qui torna l’immagine della maglietta della Polizia. La spiegazione è semplice: «Vogliamo che le forze dell’ordine abbiano mano libera nel ripulire le nostre città». Pugno duro, quindi, perché stiamo vivendo una «pulizia etnica al contrario. Organizzata, gestita e pagata per sfruttare gli italiani. Quelli smidollati che continuano a spalancare le porte agli stranieri».

Parisi

L’intervistatore cerca di portare l’attenzione su Stefano Parisi e il suo tentativo di lavorare per un nuovo centrodestra. La platea è tiepida, Salvini fa la battuta: «Parisi chi? So che il Milan ha comprato Lapadula». Scherzi a parte, il segretario del Carroccio conferma tutto il suo scetticismo sull’ex manager incaricato da Silvio Berlusconi. «Non ho ancora capito cosa vuole fare e dove vuole andare. Se ci vuole proporre accordi con i Cicchitto e i Verdini non ci interessa». A precisa domanda, Salvini pone le sue condizioni a chi vuole allearsi con la Lega: «Non ci metteremo con chi oggi sta con Renzi (Ncd e altri), con chi voterà “Sì” al referendum, con chi ha cambiato sei volte poltrona». Su Berlusconi il segretario usa toni cauti: «Credo che abbia capito di aver commesso qualche errore di recente. Ma chi pensa di seppellirlo sarà seppellito prima…».

Il finale

La conclusione è ad effetto. Salvini chiama sul palco tutti i bambini e i ragazzini presenti al palasport di Ponte di Legno. È un po’ effetto Zecchino d’oro. Ma nessuna canzone: «Siamo il partito dell’amore. Ragazzi riprendetevi il vostro futuro. Non abbiate paura – conclude Salvini ormai addolcito dai toni guerreschi dell’inizio – saremo al vostro fianco».

LA STAMPA

15 agosto 2016  “L’Islam sia fuorilegge. Le primarie? La gente è stufa del politichese”

Salvini: “Con Bossi discuto, ma il segretario sono io”

Alberto Mattioli  inviato a Ponte di Legno (Brescia)

Islam fuori legge, girotondi intorno a Montecitorio se dopo la «probabile» vittoria del no al referendum non si andrà a votare e grande manifestazione in novembre a Firenze, «sotto casa di Renzi». E’ il programmino ferragostano di Matteo Salvini, che oggi terrà il solito comizio a Ponte di Legno. L’intervista si svolge alla vigilia del dì di festa, con il «Matteo giusto» attovagliato nella piazza principale dell’ameno paesello mentre i suoi fan tentano di fargli battere il record mondiale di selfie all’ora. E va bene che siamo in una zona ad alta densità leghista, ma gli scatti sono davvero tanti.

Ieri, Parisi… «Uffa».

Uffa? «Ma sì, basta, le primarie, la leadership del centrodestra, il candidato premier. Tutto politichese che interessa pochissimo alla gente, quindi nemmeno a me. Parliamo di cose serie, per favore».

Tipo? «La Russia, la Turchia, gli Usa, quest’Europa di pazzi. Il futuro, anche degli italiani, passa molto di più da Washington e da Bruxelles che da Roma e dalle renzate».

Dica almeno se sarebbe favorevole alle primarie del centrodestra. «Io sono favorevole a far votare la gente il più possibile. Purché però si voti su dei programmi chiari».

Sabato ha rivisto Bossi. Ultimamente sembrate in perfetto disaccordo su tutto. «Di preoccupazioni sul fronte interno non ne ho. Con Bossi si parla sempre con profitto e anche con piacere. Poi resta il fatto che nel 2016 il segretario della Lega sono io».

Chi vince il referendum? «A occhio, il no. Però dobbiamo mettere in conto una campagna mediatica sovietica per il sì, che del resto è già iniziata. Fra un po’ la Rai farà propaganda anche durante le previsioni del tempo».

Par di capire che la gestione della tivù pubblica non le piaccia. «I tiggì sono imbarazzanti, tutti allineati e coperti, anzi servili. Mai la Rai è stata occupata, svilita e anche malgestita come oggi. Berlusconi aveva fatto molto meno».

Difende anche la Berlinguer? «Almeno era una voce fuori da questo vomitevole coro pro Renzi. Ormai Tg1, Tg2 e Tg3 sono uguali».

E quelli Mediaset? «Allineati al padrone mica male anche loro».

Chi si salva? «Mentana, cui riconosco libertà di pensiero e di favella. E soprattutto le tivù locali. L’informazione libera oggi sta lì».

È contento che Cairo sia il padrone del «Corriere»? «Molto. Lo conosco e lo stimo. È un editore “puro” e libero».

Se Renzi perde il referendum, se ne deve andare? «Ma Renzi è già bollito. Se ne andrà non per il referendum, ma per il disastro dell’economia. Il problema è che il Quirinale, Bruxelles e la Confindustria vogliono sostituirlo con il quarto fantoccio».

Prego? «Il quarto premier non eletto di fila».

Nel caso, che fareste? «Andremmo in piazza. Tutti a Roma a circondare il Parlamento».

La marcia su Roma è un precedente sgradevole. «Se i girotondi li fa la sinistra è democrazia e se li facciamo noi è fascismo?».

Perché vuol mettere fuorilegge l’Islam? «Perché ha un’idea della vita vecchia, arrogante e pericolosa».

La Costituzione tutela la libertà religiosa. «L’Islam non è una religione. È uno stile di vita incompatibile con il nostro. L’immigrazione incontrollata dei musulmani è il vero, grande pericolo per le nostre libertà. Aveva ragione il cardinale Biffi quando diceva che, se vogliamo integrarli davvero, meglio far entrare solo immigrati cristiani».

Alfano espelle un imam al giorno, sarà contento. «Figuriamoci. Uno ne esce e cento ne entrano. Ogni barcone che approda sono milioni per gli scafisti. Mi chiedo come i vari Renzi, Alfano e Boldrini riescano a dormire…».

Chiudiamo su una nota meno apocalittica. Perché si è finalmente fatto fotografare mano nella mano con Elisa Isoardi? «Perché tanto tutti sanno che stiamo insieme. E così spero che quando ci vediamo i paparazzi ci lascino vivere».

Vi sposerete? «No. E poi la vita privata si chiama così appunto perché è privata».

LINK:

http://www.repubblica.it/politica/2016/08/15/news/salvini_incita_la_platea_leghista_ripuliamo_le_citta_dagli_immigrati_-146054272/?ref=HREC1-2

http://www.corriere.it/politica/16_agosto_15/salvini-a-novembre-firenze-dare-l-avviso-sfratto-renzi-06511304-6328-11e6-9c04-fc260bea0f0e.shtml

http://www.lastampa.it/2016/08/15/italia/cronache/lislam-sia-fuorilegge-le-primarie-la-gente-stufa-del-politichese-wuZMJSVxccJu88e8PloOTJ/pagina.html

 

16 Agosto 2016Permalink

11 agosto 2016 – Ascoltando la radio scopro un sociologo che si occupa del razzismo

Come si crea il nemico in casa Inserito da Guido Viale on agosto 10, 2016 – 3:31

Dal razzismo nessuno è immune. Lo succhiamo con il latte materno. Lo assorbiamo con l’aria che respiriamo. Lo pratichiamo in forme spesso inconsapevoli. Per liberarcene ci vuole attenzione alle parole che usiamo e agli atti che compiamo. Non essere razzisti non è uno stato “naturale”; è il frutto di una continua autoeducazione. E’ come con la cultura patriarcale, a cui il razzismo è strettamente imparentato e che riguarda, in forme differenti, sia gli uomini che le donne; che ne sono spesso sia vittime che portatrici inconsapevoli. Ma anche il razzismo si manifesta, in forme diverse, sia in chi lo pratica che nelle vittime. Il pensiero postcoloniale ha fatto capire quanto è lunga la strada delle vittime per liberarsi dagli stereotipi dei dominatori. Questo è il “grado zero” del razzismo; che ha poi molti altri modi, vieppiù pesanti, di manifestarsi.

Primo: fastidio. Anch’esso in gran parte inconsapevole, ma più facile da riconoscere. Fatto di mille atti di insofferenza: l’uso, a volte ironico, di termini offensivi; il volgere lo sguardo altrove; la contrapposizione tra “casa nostra” e chi casa e paese suoi non li ha più. Nelle classi svantaggiate ha radici nella competizione, vera o presunta, per spazi, servizi e lavoro. Poi vengono le parole e i gesti aggressivi e discriminatori: l’affermazione di una “nostra” superiorità; le iniziative per escludere, separare, discriminare; le angherie che giustificano emarginazione e sfruttamento con differenze “razziali”. Fin qui la pratica del razzismo è affidato all’iniziativa “spontanea” dei singoli. Poi vengono le azioni organizzate, come i pogrom di varia intensità e la delega alle istituzioni: le angherie contro profughi, migranti, sinti e rom, della polizia o delle amministrazioni locali; le campagne di stampa e media contro di loro; le politiche di respingimento e le leggi discriminatorie. Ma ovviamente non ci si ferma qui. Il grado superiore è trattare profughi e migranti come scarafaggi, il loro confinamento fisico e, alla fine, le politiche di sterminio. Implicite, quando si affida a Stati “terzi” il compito di provvedervi, chiudendo gli occhi su ciò che questo comporta. Esplicite, quando vengono gestite direttamente. La Shoah è stata la manifestazione più aberrante di questa deriva; ma, prima di essa, lo sono stati i massacri del colonialismo e ora lo sono le pulizie etniche delle molte guerre civili del nostro tempo. Ma una volta la popolazione poteva far finta di non vedere. Oggi, nel villaggio globale dei media, le stragi le vediamo ogni giorno sul teleschermo. Ma vediamo anche quanto sia facile scivolare lungo la china della ferocia; e quanto sia invece difficile risalirla in senso inverso. D’altronde la strada che collega volgarità e prepotenza verso le donne al femminicidio, che in guerra può comportare stupri di massa, schiavitù e stragi, ha una unidirezionalità analoga.

Alla luce di queste considerazioni, l’alternativa tra respingimenti e accoglienza di profughi e migranti – che sta dividendo la popolazione di tutto l’Occidente “sviluppato” in due campi contrapposti, facendo terra bruciata delle posizioni intermedie – dovrebbe indurre a chiedersi quali possibilità di successo abbia il respingimento. Non nel suscitare consenso – qui il suo successo è travolgente – ma nel realizzare i suoi obiettivi. Ma anche se invocarlo non faccia percorrere a tutti, e in tempi rapidi, la strada che dal razzismo inconsapevole conduce allo sterminio. Non sono in gioco solo politica, diritto e convivenza, ma l’idea stessa che ci facciamo di noi e degli altri come persone.

Innanzitutto respingere, se si riesce a farlo, vuol dire rigettare tra gli artigli di chi li ha costretti a fuggire coloro che cercano asilo nei nostri territori; condannarli a inedia, morte, angherie e ferocia da cui avevano cercato di sottrarsi; o, peggio, farne le reclute di milizie e guerre da cui siamo ormai circondati, dall’Africa al Medioriente; o, ancora, affidare il compito di farla finita con “loro” – nella speranza, vana, di dissuadere altri dal tentare la stessa strada – a Stati, potentati o bande criminali che si trovano lungo la loro strada.

Ma respingere è più un desiderio che una possibilità reale: molti Stati da cui provengono profughi e migranti non hanno accordi di riammissione; non sono disposti a “riprenderseli”; non hanno istituzioni e mezzi per farlo. O li usano per ricattare, come fa il Governo turco. Per sbarazzarsene bisogna lasciarli affogare. Altrimenti, in Italia e in Grecia, i due punti di approdo, le persone cui viene negata l’accettazione – asilo, protezione sussidiaria o umanitaria, permesso di soggiorno – vengono abbandonate alla strada e alla clandestinità: merce a disposizione di lavoro nero e criminalità. In questa condizione sono già in decine di migliaia. Ma se il resto d’Europa continuerà a mantenere barriere ai confini di questi paesi, non ci sarà altra soluzione che quella di enormi campi di concentramento dove internare centinaia di migliaia di refoulés, senza alcuna prospettiva di uscita. Nessuno ne parla, ma il Governo non sta facendo niente per far aprire ai profughi sbarcati in Italia le porte di tutta l’Europa. Ma poi, dopo i campi di concentramento, cos’altro?

Ma mentre le politiche di respingimento infieriscono sul popolo dei profughi, legittimando ogni forma di razzismo, e si moltiplicano le stragi che accompagnano le guerre cosiddette “umanitarie”, non si fanno i conti con il fatto che in Europa ci sono decine di milioni di cittadini europei (oltre quaranta milioni di religione musulmana) legati da vincoli di cultura, religione, nazionalità e parentela, alle vittime dei soprusi perpetrati dentro e fuori i confini dell’Unione. Come si può pensare che tra loro non maturi una ripulsa ben più forte che quella che proviamo noi? Ma anche, tra molti, soprattutto giovani, la pulsione a “colpire nel mucchio”, come succede a tante vittime “collaterali” dei nostri bombardamenti? E’ uno stragismo che ha poco a che fare con la religione, ma molto con un senso pervertito di indignazione. Affrontare questi fenomeni senza una politica di riconciliazione (e, ovviamente, di pace) dentro e fuori i confini d’Europa significa promuovere l’apartheid. Ce n’è già tanto, ma di strada da percorrere è ancora molta. Con le politiche di respingimento si fa credere che adottandole potremo mantenere il nostro stile di vita e i nostri consumi, per quanto insoddisfacenti. Invece, che si accolga o si respinga, le nostre vite e le forme della convivenza sono destinate a cambiare radicalmente. Niente sarà più come prima.

http://www.guidoviale.it/come-si-crea-il-nemico-in-casa/

11 Agosto 2016Permalink

26 luglio 2016 – Dal 2013 al 2016 perplessità e preoccupazioni permangono

Oggi, secondo una cortese consuetudine, che sarebbe imbarazzante se non mi consentisse di verificare la mia monotematica coerenza, ho ritrovato una mia vecchia pagina di diario, da fb trasferita che ripubblico con la premessa aggiornata ad oggi e il link per raggiungerne il testo del 26 luglio 2013.

Per completare la vecchia notizia riesumata: Il dépliant segnalato nel 2013 è stato ritirato dopo un paio di mesi e sostituito da uno che non nomina il permesso di soggiorno fra i documenti da presentare per registrare la dichiarazione di nascita di un figlio. Ciò è avvenuto nel rispetto della circolare del ministero dell’interno che dice il contrario della legge che invece tanto impone (legge 9472009 art. 1 comma 22 lettera g). Purtroppo la mia segnalazione, in questo caso efficace, alla direzione dell’ospedale ha avuto solo in consenso di qualche persona amica. La società civile felicemente organizzata, pur se importante, ha taciuto e così continua. Per modificare la legge occorrerebbe un impegno della società civile che non c’è. Sorvolo – in un moto di mattutina e disgustata pietà – su istituzioni e chiese cristiane, cattolica e protestante, in ecumenica unione contro i figli dei sans papier.

https://diariealtro.it/?p=2535

 

26 Luglio 2016Permalink

15 luglio 2016 – Una giusta petizione da completare

 

Ieri ho  firmato la petizione “Al Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, : DOVE SONO FINITI I BAMBINI? 10.000 BAMBINI EMIGRATI IN EUROPA  SONO SCOMPARSI NEL NULLA” e vorrei chiederti di aiutarci aggiungendo il tuo nome.

https://www.change.org/p/al-presidente-della-repubblica-italiana-sergio-mattarella-dove-sono-finiti-i-bambini-10-000-bambini-emigrati-in-europa-sono-scomparsi-nel-nulla?recruiter=34062934&utm_source=share_petition&utm_medium=email&utm_campaign=share_email_responsive

L’ho girata a parecchi amici e ho ricevuto la conferma dell’adesione di molti di loro che hanno apposto la loro firma.

Ho aggiunto quello che per me è un necessario completamento del messaggio in cui non posso accettare zone d’ombra che coprono il razzismo italiano, finalizzato a distruggere nuovi nati

“Penso con dolore e orrore a questi bambini, finiti nelle maglie del crimine più o meno organizzato. Manteniamo comunque la richiesta della loro ricerca forte e chiara. E’ un dovere assoluto. Ricordiamo però che con sconvolgente, inammissibile e inaccettabile incoerenza la nostra legislazione dal 2009 prevede che vi siano bambini che nascono in Italia, cui è negato il certificato di nascita per l’irregolarità burocratica dei loro genitori (non comunitari privi di permesso di soggiorno). Modificare la legge sarebbe assai semplice solo che la relativa nuova norma venisse presa in considerazione dal Parlamento italiano. Il riferimento legislativo è l’art. 6 comma 2 del testo unico, decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, testo unico che, fino al 2009, non conteneva la norma cui ho fatto riferimento, norma che allora venne introdotta con la legge 94/2009 (art. 1 comma 22 lettera g). Mi rendo conto che rispetto alla quantità di minori che, fuggiti dalla guerra e dalla fame, hanno attraversato il mare e territori ostili, questo può sembrare un problema minore. Mi chiedo però che senso abbia fabbricare con legge minori che, nati in Italia, sono esposti alla criminalità senza poter essere difesi perché la legge li vuole giuridicamente inesistenti. Qui aggiungo: Il precedente più vicino a tutto questo, reperibile nella storia della shoa, é l’operato di Eichmann, il burocrate dello sterminio. E’ terribile che una norma presente nella legge italiana lo richiami alla mente”.

15 Luglio 2016Permalink

12 luglio 2016 – Bauman: “La paura e l’odio si nutrono dello stesso cibo”

Quando copiare è giusto. Perché dovrei scrivere io con le mie parole quando altri ha detto così bene ciò che penso con minor chiarezza?

11 luglio 2016 – Il filosofo: la xenofobia in Europa e a Dallas figlie della cronica incertezza
Francesca Paci  Roma

La paura è il demone più sinistro del nostro tempo», ammoniva già anni fa il filosofo polacco Zygmunt Bauman. A guardare il mondo occidentale, che dagli Usa all’acciaccata Europa, pare aver ceduto alle pulsioni più rabbiose quasi si fosse «mediorientalizzato», gli spettri evocati dal teorico della società liquida nonché una tra le menti più acute del pensiero contemporaneo assumono dimensioni epiche.

Dallas ma anche gli episodi xenofobi ripetutisi nel Regno Unito dopo la Brexit e, nell’Italia porto dei migranti, il rifugiato nigeriano ucciso a Fermo. Professor Bauman, stiamo passando dall’età della paura a quella dell’odio? «Non c’è alcun passaggio dalle paure nate dalla nostra cronica incertezza all’esibizione di odio a Dallas o ai mini pogrom avvenuti dopo la Brexit nelle strade inglesi: sono contemporanei, solo di rado li sperimentiamo separatamente. Paura e odio hanno le stesse origini e si nutrono dello stesso cibo: ricordano i gemelli siamesi condannati a trascorrere tutta la vita in compagnia reciproca: in molti casi non solo sono nati insieme ma possono solo morire insieme. La paura deve per forza cercare, inventare e costruire gli obiettivi su cui scaricare l’odio mentre l’odio ha bisogno della spaventosità dei suoi obiettivi come ragion d’essere: si rimpallano a vicenda, possono sopravvivere solo così».

C’è consequenzialità tra la diffusione dell’«hate speech» (incitamento all’odio) e le nuove tensioni etniche e razziali? «La loro coincidenza non è casuale ma neppure predeterminata. Come ogni alleanza è una scelta politica. Per quanto stiamo vivendo la scelta è stata dettata dalla simultaneità di due fenomeni. Il primo, individuato dal sociologo tedesco Ulrich Beck, è la stridente discrepanza tra l’essere stati assegnati a una “situazione cosmopolita” in assenza di una “consapevolezza cosmopolita” e senza gli strumenti adatti a gestirla. Il conseguente scontro tra strumenti di controllo politico territorialmente limitati e poteri extraterritoriali incontrollabili e imprevedibili ha prodotto la “deregulation” multi-direzionale delle condizioni di vita e ha saturato le nostre esistenze di paura per il futuro nostro e dei nostri figli. Quella paura era e resta una trinità avvelenata, l’incontro di tre sentimenti ossessionanti, ignoranza, impotenza e umiliazione. I poteri distanti e oscuri che ci condizionano vanno al di là del nostro sguardo e della nostra influenza, così come le nostre paure si muovono tra forze che siamo incapaci di addomesticare o contenere. Se non sappiamo respingere queste forze che minacciano tutto quanto ci è caro, non potremmo almeno tenerle a distanza, interdire loro l’accesso alle nostre case e ai luoghi di lavoro?».

Non potremmo, professore?   «L’afflusso massiccio e senza precedenti di rifugiati è il secondo fenomeno a cui accennavo e ha contribuito a dare a questa domanda una risposta credibile e “di buon senso” seppure falsa e fuorviante, una risposta elevata a rango di dogma da aspiranti politici che vi annusano la chance di un forte sostegno popolare. È balsamo per le anime tormentate: le paure senza sbocco e perciò tossiche non possono riversarsi sulle loro vere cause – forze poderose e così distanti da essere immuni al nostro risentimento – ma possono facilmente e tangibilmente rovesciarsi su chi appare e si comporta da straniero, dagli ambulanti ai mendicanti. Le aggressioni etniche e razziali sono la medicina dei poveri contro la propria miseria. La loro efficacia si misura non dal fatto che risolvano la fragilità della vita ma dal dare temporaneo sollievo al tormento psicologico dell’impotenza e dell’umiliazione».

La paura, certo. Ma non hanno responsabilità anche la diffusione delle armi in Usa, l’inanità europea sui migranti, Internet?   «Queste non sono cause: facilitano, anche molto, le azioni che quelle cause producono. Internet e i “social” possono servire altrettanto efficacemente all’inclusione come all’esclusione, al rispetto e al disprezzo, all’amicizia e all’odio. La responsabilità di scegliere ricade direttamente sulle nostre spalle di navigatori. Possiamo usare lo stesso coltello per tagliare pane o gole: a qualsiasi uso lo destini, chi lo tiene lo vuole affilato. Il web affila gli strumenti ma noi ne scegliamo l’applicazione».

È ancora «sonno della ragione»? «Come diceva il filosofo tedesco Leo Strauss, ci sono sempre stati e ci saranno sempre degli inattesi cambiamenti di punto di vista che modificano radicalmente il sapere precedente: ogni dottrina, per quanto definitiva sembri, sarà prima o poi soppiantata da un’altra. L’hanno già detto altri, il tribalismo è la risposta al perché le differenze tra gruppi della popolazione siano sempre ridotte a un rapporto inferiore/superiore».

 La reazione contrastata della Nra alle ultime uccisioni di neri da parte della polizia e alla strage dei poliziotti bianchi a Dallas ha aperto una faglia nella potente lobby. « L’associazione non ha esitato a fare le condoglianze ai familiari degli agenti uccisi, ma ha glissato sulla morte dei due afroamericani Sterling e Castile limitandosi a un blando comunicato che non prendeva posizione «dal momento che c’è una indagine in corso».

Fonte: http://www.lastampa.it/2016/07/11/esteri/bauman-la-paura-e-lodio-si-nutrono-dello-stesso-cibo-lobby-delle-armi-divisa-sugli-omicidi-dei-neri-uG4FeOyJcQwAGnlQk5M0yM/pagina.html

12 Luglio 2016Permalink