14 gennaio 2013 – Il fulmine che attraversa i pastrocchi e arriva alla sintesi.

Il fulmine è arrivato con la storia di una bambina, una piccola che la corte di Cassazione ha affidato alla sua mamma – che vive con una compagna – negando, a quanto ho capito, l’affido congiunto al padre che non aveva risparmiato scene di violenza alla figlia.
Spero di aver riassunto correttamente quanto letto e ascoltato, sobbalzando ogni volta che trovo la vicenda associata al riconoscimento del matrimonio degli omossessuali e al loro diritto ad adottare e mi chiedo invano ‘che c’entra?’.
L’ascolto del dibattito che ne è seguito è per molti versi deprimente. Attraverso messaggi di vario peso e natura il buon senso consolidato suggerisce che è preferibile il libero accesso nella vita familiare di un padre violento e la negazione di un equilibrio trovato dalla madre che il richiamo a una presenza omossessuale vicina alla piccola.
Io sono convinta che la Cassazione (che tra l’altro non è giudice monocratico né di primo grado) non abbia fatto giochini da salotto spericolato, sono interessata – molto – a un fatto per me centrale – il riferimento primario al diritto del minore – ma anche ad osservare quel che si è mosso attorno a un caso concreto e rivelatore.
Prima di riferirmi a quel che si è mosso voglio anche aggiungere che se il caso è arrivato ben documentato fino alla Cassazione ciò è certamente merito non solo delle protagoniste (mamma e bambina) ma anche degli avvocati che le hanno assistite. E così si apre un’altra pagina per cui il diritto del minore è tutelato quando c’è la cultura (operativa, non chiacchiera) e i mezzi per promuoverla. Sono felice che qualcuno se lo sia potuto permettere e penso a chi non può, tradito dalla dominanza del buon senso che riesce ad affermarsi nelle scelte politiche che non sanno aprirsi alla solidarietà, se non per sostenere quella benefico-privata  anche con il voto di scambio.
E’ un altro aspetto che nel mio ragionamento non voglio trascurare.

Natura e no

Quando sento la parola ‘natura’ adoperata alla leggera provo sempre un brivido.
Chi se ne considera interprete assoluto moralmente certificato  per ciò che concerne il matrimonio ha organizzato un piccolo blocco esclusivo che non deve essere scalfito.
La funzione procreativa e quello che, con brutale eufemismo visto da un solo lato, veniva chiamato ‘remedium concupiscentiae’ erano i sostegni di un muro invalicabile.
Altri rapporti venivano gettati fuori da quel muro e non solo nella storia del cattolicesimo cui non appartiene in forma esclusiva la condanna, per esempio, di relazioni diverse da quelle coniugali e di coloro che ne erano il frutto (‘la lettera scarlatta’ di Nathaniel Hawthorne tanto per restare alla letteratura-testimonianza).
Ho usato il passato con un certo tremore perché forse non è così realistico.

1974

Ricordo lo spauracchio che veniva agitato da parte democristiana ai tempi del referendum sul divorzio. Eppure ormai è costume cui si adattano nuovi modelli di famiglia allargata o non si adattano (ma era forse rosea la situazione precedente per chi avesse per esempio  la presenza di un padre portatore esclusivo di un principio di autorità fino all’estremo testimoniato da Gavino Ledda nel 1975?).
So che molti si chiederanno che c’entra tutto questo con la connessione affido di minore – omosessualità.
Non ho inventato io il legame ma il non compianto senatore Fanfani che, quando si dibatteva il referendum sul divorzio, dichiarò che a seguito del riconoscimento di quell’istituto ‘le vostre mogli fuggiranno con la cameriera’.
Forse, per quanto difficile sia districarsi in tanta volgarità, un indizio si può trovare nella paura di cui il senatore bollito (così lo aveva identificato Fortebraccio, l’indimenticabile corsivista de L’Unità) era evidente portatore: quella di esplorare il difficile, precario, mobile terreno degli affetti umani. Meglio un patriarcale blocco giuridico e poi … i giochi sono fatti e se chi paga è il più debole, lasciamo perdere. Basta negargli gli strumenti di difesa.

1967

Non si era accorto il senatore sullodato, ma in molti non se ne erano e non se ne sono accorti, che alcuni anni prima del famoso referendum (il card. Ruini ancora inoperante  … era andata bene) era avvenuta una rivoluzione ancora più significativa: l’adozione tout court era diventata ‘speciale’. Fino ad allora l’istituto dell’adozione era riservato alle coppie sterili, tanto anziane da assicurare con doppio requisito la propria incapacità procreativa e bisognose di un erede (per ragioni varie, non tutte nobili, che qui non mi interessano).
Nel 1967 si parlò di preminente diritto del minore ad avere una famiglia: così volle la legge sull’adozione  speciale
Fu una battaglia parlamentare di grande spessore e non breve di cui mi sono meravigliata che nei dibattiti che ho ascoltato sulla proposta di legge a iniziativa popolare sulla cittadinanza nessuno si sia ricordato, almeno che io sappia. Infine la legge passò e, insieme del diffondersi della cultura della contraccezione (1978 legge 194!), si passò allo svuotamento degli istituti dove bimbi e bimbe (spesso fonte di significativa possibilità di profitto per chi li gestiva) vivevano in rigoroso clima monosex senza che fosse discorso diffuso quello della natura bisex, delle figure paterna e materna nell’educazione ecc. ecc.
Ma se affrontassi anche il discorso dell’ipocrisia avrei bisogno di qualche altra pagina.

Omosessualità, eterosessualità, diritti e lobbies

Da quando una più intellettualmente dignitosa e onesta attenzione alle dimensioni reali della affettività umana (non filtrata, giudicata e condannata attraverso lenti di certezze che uniscono catechismi e perbenismi più o meno laici) consente di affrontare in forma trasparente il problema delle convivenze omossessuali si è posto il problema dei diritti da assicurare a questo tipo di coppie.
Quali e come è un discorso aperto che io spero venga affrontato con dignità, competenza e consapevolezza.
Quello che non vorrei è che la società –attraverso le istituzioni – venga interpellata da lobbies con pacchetti a scatola chiusa sventolati – quale che ne sia l’oggetto – come merce elettorale.
I bambini condannati all’istituto non lo potevano fare eppure una società consapevole trovò un punto di equilibrio nell’interesse superiore del minore.
Oggi nessuno dei responsabili politici che ho interpellato (né qualche responsabile nella società civile, salvo sussulti che per essere quantitativamente irrilevanti non pesano) ha voluto cercare un punto di equilibrio per i neonati figli di sans papier cui è negato per legge il diritto di esistere (per chi legga il mio blog l’argomento dovrebbe essere noto, comunque rinvio al 15 marzo 2011, quando ne ho dato dettagliata descrizione).
Vorrei che anche per questi bambini esistesse un tribunale responsabilmente attento come la Corte di Cassazione che ho ricordato all’inizio. Ma questi non hanno avvocati, sono pochi, non interpellano tribunali e non fanno lobby. Possono essere umiliati a protagonisti di una politica che speravamo lontana ma in cui ci stiamo ravvoltolando.

14 Gennaio 2013Permalink