18-aprile 2011 – “Restiamo umani, anche quando intorno a noi l’umanità pare si perda”

In ricordo di Vittorio Arrigoni.

Il titolo è la citazione di una espressione che ci viene detto sia stata cara a Vittorio Arrigoni, il volontario italiano ucciso pochi giorni fa a Gaza da –sembra- un gruppo di salafiti.
E’ un invito che Vittorio Arrigoni ha diritto di proporci per come è vissuto e per come è morto.
Ma poiché sono convinta che l’ipocrisia della celebrazione non faccia onore a nessuno voglio dire che condivido solo a metà un’altra citazione che gli appartiene: ”Non temo le urla dei  violenti, ma temo il silenzio degli onesti”.
E’ vero, del silenzio degli onesti, ammesso che ci siano situazioni in cui il silenzio è ‘onesto’, anch’io ho paura, anzi mi ripugna, ma mi ripugnano anche le urla dei violenti.
Violenza genera violenza e in Italia ben dovremmo saperlo, dove proprio urla e volgari sghignazzi-hanno convinto molti che il razzismo è cosa buona, che l’arroganza e l’assenza di qualsiasi etica caratterizzano chi ‘possiede’ il potere, che ciò che conta è costruire un nemico e ridurre le nostre scelte alla sua distruzione.  
E proprio perché neppure immobilizzarsi in un presente senza memoria è cosa umanamente buona voglio associare alla memoria recente di Arrigoni quella dei frati trappisti uccisi in Algeria probabilmente il 21 maggio 1996, della giovane Rachel Corrie, massacrata il 16 marzo del 2003 a Rafah (il valico fra Gaza e l’Egitto da un carro armato da cui passeranno i resti di Arrigoni quando saranno portati in Italia), del giornalista Enzo Baldoni, ucciso in Iraq il 26 agosto 2004 ai cui resti è stata concessa sepoltura solo il 27 novembre dello scorso anno, di Nicola Calipari ucciso il 4 marzo 2005 a Bagdad mentre riportava in Italia la giornalista Giuliana Sgrena, liberata dai suoi sequestratori.
La ricerca della pace non ha un’unica strada, secondo me esclude soltanto la guerra e la violenza perché la pace non è solo un obiettivo ma anche un metodo.
Qualcuno vorrà ricordare altri nomi: io ho scritto i primi che mi sono venuti in mente, lo spazio dei commenti del blog è a disposizione di chi voglia aggiungerne altri. 

La rivoluzione dei gelsomini

Il 15 aprile il giornalista Roberto Zichitella ha dedicato la trasmissione Radio 3 mondo delle 11.30 alla rivolta della Tunisia contro il presidente Ben Ali.
Ha detto: “Nel futuro della Tunisia ci sono incognite politiche Il 24 luglio ci saranno le elezioni per eleggere l’assemblea costituente. Dopo gli anni soffocanti del partito unico ora nascono decine di formazioni politiche. I partiti già registrati sono una cinquantina ma altri sono in lista di attesa. Ci sono partiti di ogni tendenza: liberali socialisti, ambientalisti perfino maoisti. Ci sono naturalmente anche i partiti islamici fra i quali Hennada messo fuori legge da Ben Ali”. Infine ha espresso il suo timore per una possibile deriva islamista in Tunisia, timore condiviso – in forma molto equilibrata e senza l’espressione di alcun fanatismo- dal vescovo di Tunisi, Maroun Lahham (di origine palestinese) che Zichitella ha intervistato.
Mi piace riportare una frase del vescovo che mi è sembrata di particolare interesse: “Io spero che la gioventù tunisina –  che è abbastanza colta abbastanza aperta – e che la donna tunisina –che è una delle donne più libere del mondo arabo- sia cosciente di questa ambiguità“. Così mons. Lahham descrive l’ambiguità che suscita la sua preoccupazione: “Un partito islamista politico anche se comincia con un linguaggio moderato ha una meta alla quale deve arrivare, la sharia islamica perché lo stato islamico fa parte del credo di un islamista non di un mussulmano”.
Una distinzione interessante e un importante riferimento alle donne su cui la gerarchia cattolica, a mio parere, dovrebbe riflettere anche in Europa.

18 Aprile 2011Permalink