Troppe questioni si precipitano dentro questo calderone che assomma due giorni:
– il 24 aprile , il genocidio armeno (inizio 24 aprile 2015)
– il 25 aprile, la data simbolo della liberazione.
Il genocidio armeno e non solo
Per la prima data segnalo che oggi il presidente americano Joe Biden ha riconosciuto ufficialmente il genocidio armeno in una dichiarazione diffusa
dalla Casa Bianca, precisando che il gesto è inteso a
“confermare la storia”.
Al link in calce unisco una piccola, inadeguata
fotografia del monumento che lo ricorda.
L’avevo visitato durante un viaggio con alcuni amici ma
il giorno dopo non ho partecipato all’attività comune
prevista e ho voluto ritornarci da sola.
Sapevo che non sarei tornata più in Armenia e quel
monumento mi aveva suscitato la stessa impressione
indescrivibile del lager di Majdanek, dove avevo visto (ordinatamente archiviati come gli assassini avevano voluto) i bambolotti giocattolo dei bambini che poco dopo sarebbero stati gasati, per poi cremarne il corpo nudo, privato di tutto, anche dell’ultimo legame d’affetto rassicurante che i bambolotti trasmettono.
Allora constatando una crudeltà gratuita e inutile mi chiedevo a che cosa servisse rubare bambolotti e conservarli come prede di guerra, in una situazione in cui era ovvio ammazzare bambini. Non bastava? (Anche per questo c’è un link in calce – fonte 1)
La spiegazione l’aveva già offerta Eichmann che durante il processo in Israele (che si sarebbe concluso con la condanna a morte) che i bambini si uccidono perché crescendo, nel ricordo dei loro cari strappati alle loro piccole vite, possono diventare nemici pericolosi.
Nell’Argentina dei colonnelli ne avevano fatto un altro uso: portate le prigioniere incinte fino al parto, le ammazzavano e affidavano i piccoli a coppie desiderose di adozioni.
Ma che c’entrano i bambolotti di Majdanek che mi ossessionano?
Oggi è il 24 aprile e domani è il 25 aprile.
Chi vada a visitare il monumento alla Resistenza in piazza 26 luglio a Udine potrà leggere una citazione di Pietro Calamandrei che trascrivo:
“Quando io considero questo misterioso e miracoloso moto di popolo, questo volontario accorrere di gente umile, fino a quel giorno inerme e pacifica, che in una improvvisa illuminazione sentì che era giunto il momento di darsi alla macchia, di prendere il fucile, di ritrovarsi in montagna per combattere contro il terrore, mi vien fatto di pensare a certi inesplicabili ritmi della vita cosmica, ai segreti comandi celesti che regolano i fenomeni collettivi, come le gemme degli alberi che spuntano lo stesso giorno s’accorgono che è giunta l’ora di mettersi in viaggio. Era giunta l’ora di resistere; era giunta l’ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini”.
Morire da uomini per vivere da uomini
Forse un punto d’arrivo possibile (non definitivo certamente).
Le questioni che mi tormentano sono troppo importanti perché io mi senta di chiuderle qui con una analisi insufficiente e certamente incompleta.
Ma una domanda me la faccio:
Chi domani sarà in piazza (penso più piazze virtuali che fisiche) porterà con sé il pensiero di chi soffre in ogni parte del mondo ma anche vicino a noi, probabilmente chiederà di affrontare la tragedia delle rotta balcanica con corridoi umanitari, chiederà soccorsi nel Mediterraneo, dirà no ai respingimenti, proporrà progetti solidali, parlerà del 25 aprile nato dal sacrificio consapevole di tanti, compiuto “per vivere da uomini”.
Un processo lungo, che non si ferma perché da lì è nata la Costituzione.
Ma non è un processo lineare. Si scoprono e si praticano significati importanti che nascono da mutate situazioni, nazionali e internazionali, da una cultura che ha esplorato altre strade.
Fra le tante cose che sono rimaste un punto fermo in questa storia è la certezza che
i figli possono essere usati come armi paralizzanti per i genitori.
Se sarà chiaro che non solo non è stata bloccata una legge che impedisce con un raggir
o crudele di riconoscere i propri nati in Italia ma che tutto questo è accettato dall’opinione pubblica che non trova nulla da dire e consapevolmente tace, avrà vinto la crepa che introduce la paura come forza che assicura “sicurezza” oggi … domani chissà.
La legge che ha voluto questa ignobile norma dice proprio così: “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”.
Certo questo non è vivere da uomini e da donne
Nello scrivere questo poche note che so ormai essere inefficaci , non mi arrendo al neutro universale. Domani vedremo
Una scommessa con me stessa: Oggi questo scritto va nel mio blog, se la giornata di domani mi consentirà di cambiare idea anche con un piccolo – ma credibile – segnale (no a pacche sulle spalle, reali e simboliche) sarò felice di passarlo su facebook con una autocritica altrimenti metterò in fila un’altra occasione di preoccupazione per il futuro.
(fonte 1)
https://www.lincontro.news/breve-storia-del-genocidio-armeno/
(fonte 2)
14 dicembre 1918 . Integrazione precoce a Codroipo, provincia di Udine
https://diariealtro.it/?p=6278