1 agosto 2015 – Calendario agosto

1 agosto 1944  –  Scoppio della rivolta  di Varsavia contro l’occupazione tedesca
1 agosto 1990   – L’Iraq invade il Kuwait
1 agosto 2014   – Entra in vigore la Convenzione di Istanbul (vedi nota)
2 agosto 1980   – Strage alla stazione di Bologna
3 agosto 1940   – l’Italia invade la Somalia britannica
4 agosto 1974   – Bomba sul treno Italicus vicino a Bologna
5 agosto 1938   – In Italia esce il Manifesto della razza
6 agosto 1945   – Bomba atomica USA su Hiroschima
6 agosto 1978   – Morte di papa Paolo VI
7 agosto 2014   – Estela Carlotto (Abuelas Plaza de Mayo) dichiara il ritrovamento del nipote Guido
8 agosto 1945   – Bomba atomica USA su Nagasaki
8 agosto 1956   – Tragedia di Marcinelle
12 agosto 1944 – Strage nazista a Sant’Anna di Stazzema
13 agosto 1961 – Inizia costruzione muro di Berlino
14 agosto 1945 – Resa del Giappone e fine della seconda guerra mondiale
15 agosto 1867 – L. 3848 – soppressione degli enti ecclesiastici e liquidazione dei loro beni
16 agosto 1968 – L’URSS invade la Cecoslovacchia
18 agosto 1936 – Assassinio di Federico Garcia Lorca
19 agosto 1954 – Morte di Alcide De Gasperi
19 agosto  1968 – L’URSS invade la Cecoslovacchia
20 agosto 1960 – Dichiarazione di indipendenza del Senegal
21 agosto 1964 – Morte di Palmiro Togliatti
23 agosto 1923 – Assassinio di don Minzoni
23 agosto 1927 – USA esecuzione di Sacco e Vanzetti
24 agosto 2004 – Assassinio di Enzo Baldoni
24 agosto 1978 – Morte di papa Luciani  (Giovani Paolo I)
25 agosto 1989 – Assassinio di Jerry Masslo
26 agosto 1769 – Francia: Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino
28 agosto 1963 – Martin Luther King guida la marcia su Washigton per la  dichiarazione  dei diritti civili.
29 agosto 1991 – La mafia uccide l’imprenditore Libero Grassi
31 agosto 1994 – Irlanda – L’IRA dichiara la cessazione di tutte le operazioni militari

NOTA: Convenzione di Istanbul – testo http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/8_marzo_2014/convenzione_Istanbul_violenza_donne.pdf

 

1 Agosto 2015Permalink

31 luglio 2015 – Un invito a farsi spie

Un appello

A commento del manifesto che riporto in calce e che ho trovato in rete, ho pubblicato su fb la nota che segue.
Per non perdere tempo, modificandolo in forma più consona al blog, ricopio quanto ho pubblicato su fb senza modifiche.

Restiamo umani! Evitiamo il moltiplicarsi dei casi Orzinuovi!
Gira sulla rete un manifesto della lega nord del comune di Orzinuovi (Brescia) che inizia dichiarando “Segnala il clandestino” e così continua “contattaci se vieni a sapere che enti, organizzazioni o altro stanno ospitando i clandestini. Non essere complice dell’invasione”.
E’ un invito alla delazione per facilitare l’espulsione di migranti irregolari (quale che sia la ragione dell’irregolarità).
Mentre mi associo alla richiesta di Paolo Limonta che l’ha reso noto di leggere e rileggere il manifesto di Orzinuovi, ricordo che esiste un altro luogo in cui la delazione può realizzarsi a norma di legge (e non solo di personali spiate come quelle che fra il 1943  il 1945 furono lo strumento privilegiato nella repubblica di Salò per inviare gli ebrei ai lager).
E’ l’ufficio anagrafe del comune.
Infatti dal 2009 chi non comunitario si presenti a chiedere la registrazione della nascita di un figlio deve presentare il permesso di soggiorno. Lo impone infatti il ‘pacchetto sicurezza’, legge 94/2009, articolo 1, comma 22, lettera g.
Se non vi fosse stata l’opposizione dei professionisti della sanità (a partire dagli ordini dei medici) i luoghi per raccogliere le voci delle spie sarebbero stati dal 2009 anche gli ospedali e i presidi sanitari dove un migrante si fosse recato per necessità.
Ora restano gli uffici dell’anagrafe cui spetta registrare ogni nuovo nato sul territorio del comune e assicurargli così il certificato di nascita.
Nonostante la legge l’operazione dovrebbe essere impraticabile perché esiste una circolare del ministero dell’interno (n. 19/2009) che afferma il contrario di quella norma e quindi esclude la richiesta del permesso di soggiorno per la registrazione della nascita di un figlio.  Ma, come ci ricorda la relazione alla proposta di legge presentata in senato con il numero 1562, gli atti di stato civile sono, a seguito delle disposizioni del pacchetto sicurezza, “sottoposti così ad un dubbio interpretativo relativo alla necessità o meno dell’attestazione del soggiorno” e “il contrasto fra le indicazioni della circolare ministeriale e la lettera della norma mantiene una incertezza interpretativa che non agevola la gestione univoca di situazioni analoghe nei diversi uffici dei diversi enti locali. Questo ha prodotto nel tempo diversi casi di mancata registrazione all’anagrafe della nascita dei propri figli da parte di genitori provenienti da Paesi non comunitari per paura di denunce e di espulsioni”.campagna antimmigrati_11760200_913545032044459_8147072619488403513_n
Per evitare che gli Orzinuovi si moltiplichino chiediamo anche la modifica del pacchetto sicurezza secondo quanto previsto dalla proposta di legge presentata in Senato con il numero 1562, analoga a quella presentata alla camera con il numero 740.

31 Luglio 2015Permalink

26 luglio 2015 — La Conferenza episcopale e le scuole paritarie (per minori riconosciuti esistenti)

25 luglio 2015 – Cassazione, il caso di Livorno
Il Comune di Livorno che presentò ricorso in Cassazione in merito a chi (in questo caso scuole religiose) non paga l’imposta sugli immobili ha ottenuto sentenza favorevole dalla Corte di Cassazione.
Mons. Galantino, segretario generale della Conferenza Episcopale italiana, definisce tale sentenza “pericolosa” perché, afferma: « ho la netta sensazione che con questo modo di pensare, si aspetti l’applauso di qualche parte ideologizzata. Il fatto è che non ci si sta rendendo conto del servizio che svolgono le scuole pubbliche paritarie». E aggiunge: «come ha detto giustamente il presidente della Fidae si rischia davvero la chiusura di queste scuole. Ma la chiusura delle scuole paritarie vuol dire limitare la libertà educativa…. » Fidae= Federazione Istituti di attività educativa (da Avvenire del 25 luglio. Link in calce)

La mia solita domanda
Perché i genitori che possono mandare i figli alle scuole paritarie (non solo cattoliche precisa il rigoroso, pluralistico monsignore) devono essere sostenuti nell’esercizio del loro diritto ad educare liberamente i figli, mentre la legge italiana da sei anni nega a chi non abbia il permesso di soggiorno persino il riconoscimento dei figli che nascono in Italia e quindi afferma – in quel caso – l’insussistenza di ogni possibile processo educativo?
Come mai l’esplicito, dichiarato interesse del Segretario della Cei per la legge e le sentenze della magistratura italiana non si estende alla norma che ad alcuni bambini nega esistenza giuridica, nome, appartenenza familiare e quindi esclude l’esercizio di ogni possibile attività educativa per genitori che per legge non esistono?
Forse che per mons. segretario i bambini i non sono tutti uguali nell’affermazione dei diritti fondamentali che appartengono alla loro persona?

Link agli articoli citati:
– il caso di Livorno
http://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/ici-scuole-cei-galantino-sentenza-cassazione-pericolosa.aspx

Aggiungo il link a due articoli, sempre da Avvenire, di cui ritengo importante aver memoria:
– Monsignor Galantino “Unioni civili, questo non è il bene comune 23 luglio http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/galantino-unioni-civili-22-luglio-2015.aspx

– 24 luglio 2015 Sentenze forti e ragioni deboli – Ma la Corte dei diritti di Strasburgo serve davvero? DI MARCO Olivetti
http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/corte-diritti-Strasburgo-serve-davvero.aspx

26 Luglio 2015Permalink

23 luglio 2015 – Il nuovo capro espiatorio: i nati in Italia dal 2009, figli di migranti irregolari

La sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo (CEDU)

Il 21 luglio 2015 la Corte di Strasburgo, nel censurare l’Italia perché la sua legislazione non tutela “le esigenze fondamentali di una coppia convivente dello stesso sesso impegnata in una relazione stabile”, ha ricordato al nostro paese che le unioni fra persone dello stesso sesso devono essere riconosciute in una forma che ne cancelli la discriminazione fondata appunto sull’orientamento sessuale

Il 22 luglio scriveva su la Repubblica il giurista Rodotà (in un articolo di cui non posso riportare il link perché on line è leggibile solo per chi sia iscritto al sito a pagamento e mi limito quindi a quanto ne ho manualmente ricopiato): «I giudici di Strasburgo hanno esplicitamente ricordato le loro precedenti decisioni sul riconoscimento delle unioni civili […]  Su questo punto la sentenza è chiarissima. I silenzi del Governo, la totale disattenzione di fronte ad espliciti inviti rivolti nel 2010 dalla Corte Costituzionale e nel 2013 dalla Corte di Cassazione , l’assoluta inazione del Parlamento hanno determinato una grave violazione del diritto alla tutela della vita privata e familiare, riconosciuto dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. […] La decisione della Corte non può essere facilmente aggirata ed è bene ricordare che è stata presa all’unanimità» 

Non dobbiamo dimenticare che la Corte europea agisce a seguito di denunce precise.

Nel caso specifico la vicenda che ha aperto la strada alla sentenza parte dalla denuncia di tre coppie, guidate da Enrico Oliari (Gaylib, associazione di gay liberali e di centrodestra), che, rivoltesi ai comuni di appartenenza, hanno visto negare il loro riconoscimento da parte dell’ente.

Il seguito è noto e perché ne sia chiaro il riferimento trascrivo l’art. 8 della Convenzione, citato da Rodotà:
«Articolo 8   Diritto al rispetto della vita privata e familiare

  1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.
    2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui
    »

Quindi oggi, per penalizzare un’unione omossessuale, dovremmo ripristinare la concezione e la prassi praticate quando l’omosessualità era considerata reato (ricordiamo Oscar Wilde? le misure fasciste contro gli omossessuali che sono state anche oggetto di un film con Mastroianni e Sofia Loren?)

In risposta alla sentenza della CEDU, Avvenire (“quotidiano di ispirazione cattolica” come dice la testata) pubblica numerosi articoli con cui nega che alla sentenza di Strasburgo consegua di necessità il riconoscimento del matrimonio fra persone dello stesso sesso. Non è una gran scoperta e neppure esclusiva ma Avvenire non si ferma qui e, nel timore di un ‘cedimento’ del governo italiano alla sentenza europea, si erge a paladino dell’autonomia del parlamento nei confronti del governo stesso. Evidentemente in questo contesto conta di più sulla propria possibile influenza  sul parlamento che sul governo. Ricopio, un po’ stupefatta, un passo dell’articolo di Avvenire (che si può leggere integralmente con il link riportato sotto)

23 luglio Unioni civili, chi è che alle Camere intima di «obbedire»?

«Di questi tempi, per molti, maternità e paternità hanno confini piuttosto labili. Sarà bene chiarire, però, di chi è ‘figlia’ la proposta di legge sulle unioni di fatto, il cosiddetto ‘Ddl Cirinnà’. Se nasce da un’iniziativa parlamentare o da una precisa volontà del governo.
Perché negli ultimi giorni la situazione si è fatta assai confusa e foriera di rischi, forse anche per la tenuta del quadro politico, certo per il libero e democratico esercizio dell’attività legislativa. Con il ministro dei Rapporti con il Parlamento che prende l’impegno ad approvare la legge entro l’anno». 

Che c’entra la chiesa cattolica nei rapporti politico istituzionali e che mettono in relazione governo e parlamento fino ad intervenire nell’agenda delle scadenze di discussioni di leggi? Non sentivamo da molti anni un  linguaggio così aggressivo e grossolano che meriterebbe per sé un’analisi, ma lasciamo perdere e veniamo all’argomento che per questo blog da molti anni è veramente centrale e dirimente. 

I diritti dei senza voce  – se nasce in Italia un figlio di sans papier  

Il 22 luglio Avvenire pubblicava un ampio editoriale del giurista Carlo Cardia intitolato ”Il bene decisivo è quello dei figli – I seri diritti da difendere”  (che si può leggere integralmente dal link riportato sotto) che riprende la tesi della non esclusività del matrimonio come scelta legislativa dovuta.

E in conclusione così annota a proposito di questo ‘bene decisivo’ «  se ne deve discutere, guardando alla realtà. Una società che nega al bambino che nasce il calore del corpo e dell’abbraccio della madre, perché in casa ci sono due padri, o nega programmaticamente la presenza e la sicurezza della figura paterna, è una società malata, che emargina la maternità e la paternità a un ruolo secondario nella vita delle persone, che viola quel diritto alla doppia genitorialità che è la culla di tutti i diritti, la base per una crescita armonica della personalità, il presupposto per poter fruire di tanti altri diritti che la società del Novecento ha riconosciuto quando ha combattuto contro tutti i totalitarismi e tutti gli egoismi.

Stiamo parlando di un argomento che investe la vita intera della persona che nasce, che ha bisogno di tutto, e alla quale non si vuole dare niente, negandogli la madre o il padre. Si tratta di un tema cruciale per il futuro della società, che non può essere affrontato in un orizzonte ideologico, o di sperimentazione antropologica sulle generazioni future, ma attraverso un dibattito al quale dia il proprio contributo ciascuna di quelle tradizioni culturali e religiose che hanno favorito una storia più dolce dell’Italia rispetto ad altri Paesi, che l’hanno resa terra e fonte di un umanesimo che non può rinnegare le proprie basi fondamentali. Trovare la scusa, oggi di una sentenza, domani di un’altra, anche se estranee al tema specifico, per spingere una riforma legislativa verso sponde estremiste, può sembrare vantaggioso. Ma è più serio e proficuo discutere e impegnarsi per tutelare i diritti dei minori che chiedono alla società di poter conservare un solo grande bene: il diritto di avere un papà e una mamma come tutti i bambini del mondo, di qualunque latitudine, colore, religione, siano».

Cercando di riassumerne la tesi fondamentale, Cardia (in un editoriale non in un articolo delle pagine culturali o altro luogo meno impegnativo per la testata che lo ha ospitato) sembra equiparare il riconoscimento di figli di coppie omossessuali  (anche nella forma dell’adozione del figlio del compagno o della compagna) a una sottrazione di bambini alla genitorialità eterosessuale. Quando –in anni ormai molto lontani – mi interessavo alla modifica della legge sull’adozione tante ne ho sentite per giustificare allora la permanenza di bambini negli istituti ma questa trovata rappresenta veramente una sconcertante novità.
Non voglio dimenticare che la legge del 1983 aprì la strada alla cultura che si esprime nella legge 176/1991, ratifica della Convenzione di New Your sui diritti del minore (20 novembre 1989), affermando, per la prima volta in Italia, che ‘Il minore ha diritto di essere educato nell’ambito della propria famiglia’ dove, per propria famiglia, si intende anche quella adottiva.

(Per una breve storia delle norme in questioni si veda il link: per un cenno alla storia dei diritti del minore).

E finalmente il ‘capro espiatorio’

Non posso ignorare la scelta di un linguaggio emotivo che si riscontra nell’editoriale del 22 luglio. Sembra fatto per confondere le idee, già precarie, di tanta opinione pubblica che, non sentendosi più legittimata da una qualche evoluzione nella coscienza collettiva, alla ‘liberatoria’ volgarità punitiva del linguaggio stile Salvini, pure vuole continuare ad esprimere la propria distanza dai ‘diversi per identità sessuale’. Questo linguaggio teneramente emotivo vorrebbe indurci ad assumere la certezza di una chiesa madre e protettiva – anche nei silenzi omissivi e mirati a una precisa categoria – come madre e protettiva sarebbe la società  che a tale chiesa si conformi. Ma non è così.
C’è una pubblica opinione impegnata a prendere le distanze dall’affermazione di diritti in termini di uguaglianza e sembra che a questa appartenga anche l’opinione dei vescovi italiani nella loro omissiva scelta di ignorare chi, per essere figlio di migranti irregolari, non ha diritto al certificato di nascita (si veda link relativo del 9 giugno).
Non mi si dica che è questione di leggi e che sulla formulazione delle leggi i vescovi, rispettosi della laicità dello stato, non vogliono intervenire, pur mantenendo legittimamente fermo il loro diritto ad esprimere un giudizio.
Non io, ma le rabbiose, recenti pagine di Avvenire li smentiscono.
Essere buoni e accoglienti va bene ma, a propria garanzia, è meglio assicurarsi una possibile deroga. E se è in legge tanto meglio.
E’ una deroga che si sente esprimere in una formula ripetuta e diffusa che ecumenicamente unisce credenti e non, laici e laicisti, cristiani cattolici e d’altre chiese anch’esse silenti: ‘Io non sono razzista ma…”
E se c’è bisogno di tener ferma una rassicurante deroga quale miglior oggetto d’uso di bambini indifesi? Se si parla di donne queste insorgono (ah! il femminismo!), se si parla di omossessuali si uniscono e si coalizzano nella giusta difesa della propria identità, se si parla di migranti adulti qualcuno ci ricorda che fra loro ci sono i richiedenti asilo che pur di sfuggire alla guerra rischiano di annegare e annegano … ma i neonati no, non possono parlare né alcuno può parlare per loro: sono il silente capro espiatorio perfetto da gettare alla forza invadente del pregiudizio come un osso a un cane. (vedi link relativo)

Eccezioni?

Alcuni parlamentari e senatori hanno presentato due proposte di legge per correggere lo scempio di civiltà voluto nel 2009 (rispettivamente n. 740 camera e 1562 senato, leggibili dal mio link del 9 giugno 2015) e, infine, recentissimo, il vescovo mons Bruno Forte, segretario speciale dell’assemblea dei vescovi sulla famiglia, ha ripreso correttamente la questione.
Se vogliamo conoscere le sue parole non le troviamo però nelle roventi pagine di Avvenire ma ne Il Sole 24 ore del 28 giugno scorso (il testo è riportato nel mio link datato 29 giugno) ll prossimo mese di ottobre si riunirà il sinodo sulla famiglia. Spero che non ne escano ancora una volta bambini indicati (o taciuti, ma è lo stesso) per essere senza famiglia –capri espiatori per la sicurezza delle perfidie del comune buon senso che, se lo desidera,  può giovarsi del conforto di vescovili autorità. 

Link ai documenti citati 

– LEGGE 27 maggio 1991, n.176 Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989.
http://www.comune.jesi.an.it/MV/leggi/l176-91.htm

– come un osso a un cane – 18 giugno 2015
https://diariealtro.it/?p=3835

 

24 Luglio 2015Permalink

22 luglio 2015 – L’Europa e le unioni gay – Raccolta informazioni

Premessa: tutti i link per raggiungere le fonti citate sono in nota

LA STAMPA
« L’Italia deve introdurre il riconoscimento legale per le coppie dello stesso sesso. L’ha stabilito la Corte europea dei diritti umani. I giudici di Strasburgo hanno condannato l’Italia per la violazione dell’articolo 8 – il diritto al rispetto della famiglia e della vita privata – della convenzione europea dei diritti umani, per il mancato riconoscimento delle unioni omosessuali. Per i gay “un’unione civile sarebbe il modo più appropriato per ottenere il riconoscimento delle loro relazioni”, si legge in una nota pubblicata a corredo della sentenza emessa a seguito del ricorso di tre coppie».

la Repubblica
«La sentenza: violato art. 8 Convenzione Diritti umani. Il giudizio è stato emesso all’unanimità nell’ambito del caso sollevato da Oliari e altri contro l’Italia. Si tratta di tre coppie omosessuali, guidate da di Enrico Oliari, presidente di Gaylib, l’associazione nazionale dei gay liberali e di centrodestra, che hanno fatto ricorso a Strasburgo contro l’impossibilità di vedersi riconoscere in patria l’unione. Le tre coppie omosessuali che vivono insieme da anni rispettivamente a Trento, Milano e Lissone (provincia di Milano) hanno chiesto ai loro Comuni di fare le pubblicazioni per potersi sposare ma si sono viste rifiutare la possibilità. “La corte ha considerato che la tutela legale attualmente disponibile in Italia per le coppie omosessuali non solo fallisce nel provvedere ai bisogni chiave di una coppia impegnata in una relazione stabile, ma non è nemmeno sufficientemente affidabile”, si legge in una nota della Corte. Per la corte dunque “un’unione civile o una partnership registrata sarebbe il modo più adeguato per riconoscere legalmente le coppie dello stesso sesso“».

Unioni gay, Scalfarotto:
“Ora la politica si assuma la sua responsabilità” Naturalmente come la sentenza europea così l’on. Scalfarotto si riferisce alle coppie adulte per garantire loro il riconoscimento giuridico della loro unione nella società civile, con i diritti che ne possono conseguire. Il fatto che vi siano bambini nati in Italia, privi per legge di nome, di famiglia, di identità non è cosa che meriti considerazione. Non ne parla l’on. Scalfarotto, che per il riconoscimento delle unioni civili ha affrontato anche il digiuno, non interessa al parlamento italiano che non mette a calendario le due proposte di legge che risolverebbero il problema, non interessa alla quasi totalità delle associazioni laiche, sedicenti finalizzate alla tutela dei diritti dei soggetti deboli, non interessa alle chiese cristiane che sul problema mantengono un ecumenico silenzio.

La chiesa cattolica in particolare non riesce a sfuggire all’argomento dal momento che si prepara al Sinodo ordinario sulla famiglia (4-25 ottobre) e al Convegno ecclesiale nazionale del 2015 (Firenze 9-13 novembre – tema «In Gesù Cristo il nuovo umanesimo»).
Il card. Lorenzo Baldisseri, segretario generale del sinodo dei vescovi, nella lettera (12 dicembre 2014) con cui trasmette alle conferenze episcopali il documento noto come ‘Lineamenta’ (che costituisce il risultato del dibattito sulla Relatio da cui furono espunti con voto negativo tre articoli – vedi nota finale), afferma che il sinodo straordinario dello scorso anno e quello ordinario del prossimo ottobre non sono due tappe celebrative ma “vengono integrate in un unico processo sinodale”.

E infine – in vista della conclusione di questo processo – (che sarà il sinodo ordinario di ottobre cui farà seguito il Convegno ecclesiale di Firenze) è stato approvato un documento ufficiale, noto come Instrumentum Laboris che all’art. 8 comma 2 afferma, criticando l’ipotesi del riconoscimento dei matrimoni gay: «Nello stesso tempo, però, si vuole riconoscere alla stabilità di una coppia istituita indipendentemente dalla differenza sessuale la stessa titolarità della relazione matrimoniale intrinsecamente legata ai ruoli paterno e materno, definiti a partire dalla biologia della generazione. La confusione non aiuta a definire la specificità sociale di tali unioni, mentre consegna all’opzione individualistica lo speciale legame fra differenza, generazione, identità umana. È certamente necessario un migliore approfondimento umano e culturale, non solo biologico, della differenza sessuale, nella consapevolezza che «la rimozione della differenza […] è il problema, non la soluzione (Francesco, Udienza generale, 15 aprile 2015)».

Papa censurato o documento difficile da trovare?

Devo precisare che non ho trovato la citazione riportata dall’Instrumentum Laboris nella predicazione del papa pronunciata nell’udienza del 15 aprile. L’unica frase comune è: “La rimozione della differenza, infatti, è il problema, non la soluzione”.
Non so se gli estensori dell’Instrumentum Laboris considerino il comma 2 dell’art. 8 un riassunto delle parole del papa. Forse, a loro modo di vedere, corrisponde e comunque non so se sia stato posto all’approvazione del papa e approvato. Ma, a mio parere e a meno che non esista un documento che non ho trovato, la citazione, posta così, è scorretta.
Mi limito a considerare che questo testo (cap 1 art. 8 comma 2) rappresenta una novità rispetto alla Relatio dato che non c’è la numerazione in corsivo che ne esplicita il riferimento).
Per comprendere questo rimando fra corsivi e non, cito dalla presentazione firmata dal card. Baldisseri: «Il presente Instrumentum Laboris è composto dal testo definitivo della Relatio Synodi integrato dalla sintesi delle Risposte, delle Osservazioni e dei Contributi di studio. Per facilitare la lettura, si segnala che la numerazione contiene sia il testo della Relatio che le integrazioni. Il testo originale della Relatio è riconoscibile dal numero tra parentesi e dal carattere corsivo».

Neonati cancellati con l’omissivo silenzio della chiesa cattolica?

Per trovare un documento, firmato da un vescovo, a proposito della ‘rimozione’ legale dell’esistenza di alcuni bambini dobbiamo andare all’articolo del 28 giugno di mons. Forte pubblicato da Il Sole 24 ore e riportato nel mio blog il 29 giugno.
In quell’articolo è correttamente citata la Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, unica organizzazione laica che in Italia abbia preso una posizione ufficiale sul problema e la documentazione del CRC (Convention on the Rights of the Child) che altri hanno riportato nei loro siti.

Documenti:

– testo articolo da LA STAMPA http://www.lastampa.it/2015/07/21/italia/cronache/strasburgo-condanna-litalia-riconosca-le-unioni-per-le-coppie-dello-stesso-sesso-ImopwAuERW4Vb1woQQQqaN/pagina.html

– testo articolo da la Repubblica http://www.repubblica.it/politica/2015/07/21/news/unioni_gay_arriva_la_condanna_di_strasburgo_all_italia_riconosca_i_loro_diritti_-119511643/?ref=HREA-1

– Testo integrale della sentenza della Corte Europea dei diritti umani 21 luglio 2015 – testo inglese http://www.repubblica.it/politica/2015/07/21/news/unioni_gay_il_testo_della_sentenza_della_corte_europea_dei_diritti_umani_che_condanna_l_italia-119515346/

– testo lettera card. Baldisseri http://www.vatican.va/roman_curia/synod/documents/rc_synod_doc_20141212_lettera-lineamenta-xiv-assembly_it.html

– testo Instrumentum laboris (che sarà discusso nel Sinodo) http://www.vatican.va/roman_curia/synod/documents/rc_synod_doc_20150623_instrumentum-xiv-assembly_it.html

– conferenza stampa di presentazione dell’Instumentum laboris “3 giugno 2015) http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2015/06/23/0499/01085.html

– Nota informativa con qualche nozione sulle caratteristiche dei documenti http://www.documentazione.info/instrumentum-laboris-del-sinodo-sulla-famiglia-guida-alla-lettura

– Udienza generale papa 15 aprile 2015 – https://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2015/documents/papa-francesco_20150415_udienza-generale.html

– articolo Prosperi relativo al famoso “Chi sono io..?” del papa http://www.cinemagay.it/dosart.asp?ID=37911

– testo articolo mons Forte https://diariealtro.it/?p=3863

NOTA: Testo degli articoli espunti con voto dalla Relatio discussa nel sinodo ordinario del 2014 52. Si è riflettuto sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Diversi Padri sinodali hanno insistito a favore della disciplina attuale, in forza del rapporto costitutivo fra la partecipazione all’Eucaristia e la comunione con la Chiesa ed il suo insegnamento sul matrimonio indissolubile. Altri si sono espressi per un’accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari ed a condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta di casi irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze ingiuste. L’eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la responsabilità del Vescovo diocesano. Va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che «l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate» da diversi «fattori psichici oppure sociali» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1735). 53. Alcuni Padri hanno sostenuto che le persone divorziate e risposate o conviventi possono ricorrere fruttuosamente alla comunione spirituale. Altri Padri si sono domandati perché allora non possano accedere a quella sacramentale. Viene quindi sollecitato un approfondimento della tematica in grado di far emergere la peculiarità delle due forme e la loro connessione con la teologia del matrimonio. 55. Alcune famiglie vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. Al riguardo ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. «A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4).

22 Luglio 2015Permalink

17 luglio 2015 – L’improbabile geografia esclusiva del sindaco di Alassio

Ricevo il testo di un’ordinanza del sindaco di Alassio che risale al primo luglio che allego e di cui ricopio, poche righe più avanti, la parte dispositiva. Credo che, per capire come un sindaco possa arrivare ad emettere un’ordinanza in cui viene affermato il fondamento razzista di una discriminazione, sia opportuno ripercorrere una storia che forse avrebbe prodotto effetti meno devastanti se qualche soggetto ritenuto autorevole se ne fosse interessato fin dall’inizio, quando nel 2009 fu approvato il ‘pacchetto sicurezza’ (legge 94). Lo faccio nella consapevolezza che quello che io posso proporre documentandolo è solo un filone di una vicenda più ampia ma è bene osservare le cose cercando di capirle punto per punto. Altri, che abbiano seguito altri filoni, ne parlino!
E così leggiamo ciò che il sindaco di Alassio

ORDINA:

«il divieto a persone prive di fissa dimora, provenienti da paesi dell’area africana, asiatica e sud americana, se non in possesso di regolare certificato sanitario attestante la negatività da malattie infettive e trasmissibili, di insediarsi anche occasionalmente nel territorio comunale»  allegato1435748608 ALASSIO

A tanto si sono opposte una serie di organizzazioni  Cgil, Arci, Medici Senza Frontiere, Amnesty International, Terre des Hommes, Avvocato di Strada, Asgi, Comunità di San Benedetto, Campagna LasciateCIEntrare, Simm, in nome delle quali un’avvocata di Genova ha presentato una segnalazione al governativo Ufficio Nazionale  Anti discriminazioni Razziali (Largo Chigi, 19  00187 – Roma) (mi riservo di pubblicare in seguito il testo interessante della segnalazione).

Ora mi limito a una domanda: come si è potuti arrivare a un’ordinanza sindacale che discrimina le persone per provenienza geografica e – soprattutto – fonda la discriminazione su un improbabile documento sanitario? E sarei molto curiosa di sapere perché nordamericani, australiani (non comunitari) ed europei (comunitari) non possano essere senza fissa dimora e ‘a rischio di malattie infettive e trasmissibili’. Ma non esageriamo; restiamo al testo com’è per cercar di capire come a tanto  si è arrivati e come, finalmente, si riscontri una civile opposizione.

Una squallida storia che ci si ostina ad ignorare.

Nel 2009, prima che fosse approvato il pacchetto sicurezza , si tentò di introdurre un emendamento  in una norma che per emendamenti  procede. Si sarebbe dovuto cancellare il comma 5 dell’art. 35 (che è invece ancora in vigore) del Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286  (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero). Il comma 5, che trascrivo di seguito, faceva parte del testo unico a seguito della legge 6 marzo 1998, n. 40, la cd Turco Napolitano che , per questo aspetto, non era stata modificata neppure dalla successiva Bossi Fini  (2002/189). La proposta di cancellazione determinò un forte impegno dell’Ordine dei Medici (nazionale e nelle sedi provinciali) e del personale sanitario in genere, indisponibile a farsi spia e il comma 5 restò in vigore.

Diceva e dice il comma 5 dell’art. 35 del Testo Unico citato sopra: «L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano». Per leggere correttamente questo comma non dobbiamo dimenticare il precedente comma 3 che afferma: «Ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all’ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presidi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché’ continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva”. Segue l’elenco della tipologia degli interventi assicurati a chi sia privo di permesso di soggiorno.

Neonati e giullari.

Tutta questa storia l’ho raccontata in un articolo nel mese di marzo del 2011, pubblicandola nel mensile il Gallo di Genova che, ricopiato nel mio blog, si può leggere anche da qui.

Se un lavoro accorto, intenso, ragionevole e convinto dell’ordine dei medici e di varie organizzazioni legate alla sanità era riuscito a salvare il comma 5 riportato sopra, era rimasta nel dannato pacchetto una norma altrettanto grave che avrebbe dovuto trovare il dissenso della società civile invece del tutto indifferente, spudoratamente beffarda che fosse o biascicante non so che. Si trattava della lettera g del comma 22 dell’articolo 1 che, decodificato nella sua criptica formulazione, afferma che per accedere alla registrazione degli atti di stato civile è necessario presentare il permesso di soggiorno, che non è invece richiesto, ad esempio, per “l’esercizio di attività sportive e ricreative a carattere temporaneo”. Quindi per dichiarare la nascita dei propri figli (e assicurare loro un’esistenza giuridicamente riconosciuta) e per sposarsi è necessario disporre del permesso di soggiorno, invece, per entrare in Italia a temporaneo divertimento dei residenti, no. Il ministro dell’Interno del IV governo Berlusconi (tale Maroni) sapeva bene che si possono penalizzare neonati che non interessano a nessuno ma non i giullari; ‘sempre allegri bisogna stare che il nostro piangere fa male al re’ cantava qualcuno che aveva capito.

Quando mi fu offerta l’opportunità di scriverne su Il Gallo (e sono sempre grata al suo direttore) me ne occupavo da due anni e mi ero con orrore resa conto che nessuno voleva saperne e che avevo bisogno di un punto fermo per non essere in seguito accusata di aver inventato tutto. La mia fiducia nella competenza democratica degli italiani in genere e degli autoctoni in particolare era arrivata allo zero, soprattutto se si trattasse di soggetti ‘buoni’ e pensavo ormai alla scrittura come documentata necessaria difesa a futura memoria.

Come un osso a un cane

Nel mese di luglio del 2011 la Corte Costituzionale modificava il codice civile, cancellandone la norma introdotta a seguito del pacchetto sicurezza decidendo ci si potesse sposare senza presentare il permesso di soggiorno. Anche questa vicenda si può leggere da qui

Quindi:- esclusa  fin dall’inizio la funzione di spionaggio sanitario e salvati i matrimoni – la penalizzazione esplicita e implacabile restava per i neonati che non hanno titolo a chiedere alcunché alla Corte Costituzionale, né lo hanno i loro terrorizzati genitori. La soluzione del loro caso sarebbe politica o meglio legislativa e, se intervenisse, ci ridarebbe un po’ di quella dignità che abbiamo buttato nel pattume ovunque presente.

L’on Maroni e i suoi complici –potenti o solo silenti- sapevano bene che mantenendo una simile norma rafforzavano le certezze della cultura che la Lega ormai aveva diffuso (e che ancora diffonde) oltre se stessa e che non avevano quindi prezzi da pagare a un’opinione pubblica ormai convinta alla necessità della paura dello ‘straniero’. E a questa ‘pubblica opinione’ si possono gettare alcuni ben definiti neonati come si getta un osso a un cane che infastidisce per renderlo ‘inoffensivo’.
Infatti anche le associazioni che si proclamano finalizzate alla tutela dei diritti umani potevano, con paciosa viltà, infischiarsene perché solo dal rapporto con adulti visibili e parlanti era ed è loro dato godere dei vantaggi del consenso che appaga e, a volte, paga.
I parlamentari così potevano – e possono- soddisfarsi delle proposte di legge presentate per rimediare allo scempio senza oneri di spesa, non impegnandosi a farle discutere e approvare

.Non torno a raccontare questa storia ampiamente e reiteratamente riportata nel mio blog dove faccio memoria anche dei pochi che se ne sono occupati da persone adulte, consapevoli e civili. Anche questo aspetto è ripreso nel blog il 9 giugno

Confortando il sindaco di Alassio

E così arriviamo alla grottesca ordinanza del sindaco di Alassio che sostanzialmente chiude il cerchio. Il signor sindaco è certamente consapevole di ciò che affermano anche  i rapporti del gruppo Convention on the Rights of the Child (CRC). Esiste infatti una circolare che, affiancata al pacchetto sicurezza, consentirebbe ciò che la legge nega se, invece di risolvere il più semplice dei problemi, non creasse dubbi agli uffici, Probabilmente consapevole della possibilità che tali dubbi possano essere risolti nel peggiore dei modi e del silenzio dell’opinione pubblica il sindaco ha riaperto il cerchio ed è tornato alla norma originaria, negata nel 2009: le condizioni di salute vengano accertate per espellere! I neonati come strumenti di espulsione dei genitori sono stati e sono un ripiego. Manteniamolo, ma torniamo a pensare in grande. Sappiamo che la società, altrimenti civile, accetta e tace.

17 Luglio 2015Permalink

15-07-2015. – Se terrà è un accordo storico, se non terrà sarebbe stato tale-2

Il pericolo non viene più da Teheran  Roberto Toscano

Oltre dieci anni di negoziati accompagnati da accanite polemiche e da quasi quotidiani dibattiti a livello politico e tra esperti. Ultimamente, una serie di scadenze che non erano tali, proroghe, negoziati ad oltranza. Finalmente, un accordo. Un accordo la cui importanza è dimostrata nello stesso tempo sia dalla difficoltà di raggiungerlo che dalla determinazione di entrambe le parti di conseguirlo nonostante critiche, accuse, ostilità e dubbi.

Per quanto riguarda le difficoltà, non ci si dovrebbe lasciare trarre in inganno dalle pur autentiche complessità del dossier nucleare, per superare le quali è stata necessaria tutta l’abilità di negoziatori di grande professionalità. Se si fosse applicato il Tnp, il Trattato di non-proliferazione, una soluzione sarebbe stata trovata oltre dieci anni fa, ai tempi del governo riformista di Khatami, allora pronto ad accettare sostanzialmente gli stessi compromessi che sono alla base dell’intesa di Vienna. In sintesi, un do ut des fra riconoscimento del diritto iraniano all’energia nucleare e l’accettazione di limiti e ispezioni.

Ma l’Iran era considerato «speciale» per tutta una serie di motivi: il lungo isolamento internazionale; la reciproca ostilità con gli Stati Uniti, retaggio di una storia difficile da superare; il sospetto delle sue ambizioni egemoniche da parte dei Paesi arabi del Golfo; le accuse israeliane di antisemitismo e intenzioni genocide, alimentate dalla retorica islamo-populista di Ahmadinejad.

Se alla fine un accordo è stato raggiunto è perché sia americani che europei sono arrivati alla conclusione che – al di là della storia, delle rivalità geopolitiche, della retorica rivoluzionaria – l’Iran è in realtà un Paese razionale, come ha detto Obama commentando l’accordo, e che quindi con l’Iran si possono raggiungere intese, accettare compromessi basati su considerazioni di interesse nazionale piuttosto che di ideologia, instaurare rapporti fatti di una miscela di collaborazione e contrapposizione, di contenimento e riconoscimento di legittimi interessi nazionali.

Il vero scontro sull’opportunità o meno di arrivare a un accordo sul nucleare, uno scontro che rimane aperto e che ancora potrebbe produrre sorprese (soprattutto nel Congresso americano – dove, come ha detto Obama, per evitare una bocciatura potrebbe essere necessario l’uso del veto presidenziale), non è mai stato, nonostante le apparenze, davvero centrato sul numero di centrifughe o sulle scorte di uranio arricchito, ma sulla natura del regime iraniano, sul suo ruolo regionale, sulle sue ambizioni geopolitiche.

E’ al riguardo rivelatore che negli ultimi giorni il negoziato abbia minacciato di arenarsi su un tema che non ha niente a che vedere con il nucleare, l’embargo alla vendita di armi all’Iran – che l’accordo di Vienna mantiene comunque per i prossimi cinque anni – e che i nemici dell’intesa, invece di prospettare improbabili «primi colpi» nucleari iraniani contro Israele, abbiano messo l’accento sul pericolo che la fine delle sanzioni possa mettere a disposizione del regime iraniano enormi risorse finanziarie aggiuntive da adibire a una politica eversiva ed espansiva a livello regionale.

Ma è proprio dal contesto regionale che è dipesa la disponibilità al compromesso (inevitabile quando non si tratta di una pura e semplice resa) da parte del Presidente Obama, e non solo. Si fa davvero molta fatica, oggi, ad accogliere la tesi di Netanyahu sull’Iran come nemico principale e minaccia alla stabilità regionale se non mondiale nel momento in cui lo Stato Islamico rivela non solo una tremenda sostenibilità militare, ma anche ambizioni espansive dal punto di vista sia ideologico che territoriale. Ambizioni che il regime iraniano ha da tempo abbandonato, dopo i primi anni di illusioni rivoluzionarie, per una realistica constatazione dell’impossibilità di estendere a livello regionale il khomeinismo per un Paese irrimediabilmente minoritario, in quanto persiano e non arabo, sciita e non sunnita.

L’Iran rimane anche dopo l’accordo sul nucleare un interlocutore/avversario problematico ma tutt’altro che irrazionale o fanatico. Se mai cinico, abile nella strategia e nella tattica, ma nel perseguimento del proprio interesse nazionale e non di un disegno smisurato ed apocalittico (il Califfato) come quello dello Stato Islamico. Uno Stato Islamico la cui minaccia crediamo abbia non poco pesato nel convincere i 5+1 della necessità di raggiungere, attraverso la rimozione dell’ostacolo costituito dalla questione nucleare, un tipo di rapporto meno conflittuale con l’Iran, nella convinzione che Teheran possa costituire, come già peraltro sta già facendo in Iraq, un indispensabile baluardo contro l’avanzata dello Stato Islamico e la minaccia di un crollo dello Stato iracheno.

A Vienna si è pensato certamente all’Iraq, e anche alla Siria, dato che soltanto un deciso intervento iraniano potrebbe fare pendere la bilancia verso quella soluzione diplomatica che Assad, incapace di prevalere ma difficile da sconfiggere militarmente, potrebbe accettare soltanto dietro pressione del suo alleato principale, l’Iran. Un Iran che non è da escludere che sia pronto ad accettare un compromesso piuttosto che correre il rischio che la Siria finisca per cadere sotto il controllo del jihadismo più radicale, contemporaneamente anti-occidentale e anti-iraniano.

E’ una scommessa forte e non priva di azzardo, ma non molto diversa da quella che fu a suo tempo alla base della distensione con l’Urss e della normalizzazione con la Cina, avversari ben più minacciosi, militarmente e ideologicamente, di quanto non sia mai stato l’Iran. Una scommessa il cui esito promette (o minaccia, come ritiene chi la teme) di ristrutturare l’intero quadro geopolitico del Medio Oriente e – va aggiunto – anche di determinare profonde trasformazioni interne nel regime iraniano. E’ chiaro che Obama, accettando di iniziare un difficile processo di normalizzazione con l’Iran, abbandona – e sauditi ed israeliani difficilmente lo perdoneranno per questo – il disegno, tanto ipotetico quanto rischioso, di un cambiamento di regime, ma faremmo bene a notare che non solo i cittadini iraniani, ma anche la stragrande maggioranza della diaspora iraniana, senza escludere i più coraggiosi dissidenti, la cui credibilità politica e morale è dimostrata dalla repressione patita, salutano questo accordo come la promettente premessa di un cambiamento nel regime capace di aprire la strada all’emergere di un Paese più prospero e più forte anche internazionalmente, non più isolato e boicottato. La speranza è che in queste condizioni diventi più facile riprendere anche se gradualmente un disegno di cambiamento in senso democratico. Proprio per questo motivo non mancano, nelle correnti più radicali del regime, timori sulle possibili ripercussioni interne dell’accordo concluso a Vienna.

Subito chi è contrario all’accordo lo ha definito «un regalo agli ayatollah» basato su pericolose concessioni. A Teheran, invece, è grande festa popolare, non di regime.

http://www.lastampa.it/2015/07/15/cultura/opinioni/editoriali/il-pericolo-non-viene-pi-da-teheran-h9mXnhgIA0kPorO2lQJrHI/pagina.html

 

17 Luglio 2015Permalink

14-07-2015. – Se terrà è un accordo storico, se non terrà sarebbe stato tale

IRAN, OBAMA: ACCORDO NUCLEARE NON SU FIDUCIA MA SU VERIFICA. ISRAELE, MONDO PIÙ PERICOLOSO

Soddisfatto il presidente Usa che cita Kennedy: “Non negoziamo mai sulla base della paura, ma non abbiamo paura dei negoziati” e aggiunge: “Se Teheran lo violerà ci saranno serie conseguenze”. Putin: “Lo sviluppo di Teheran non sarà più influenzato”. Netanyahu: “Errore storico mondiale”

WASHINGTON – L’accordo tra i Paesi 5+1 e l’Iran sul programma nucleare della Repubblica islamica “non si basa sulla fiducia ma sulla verifica”, ha assicurato il presidente americano Barack Obama, in una dichiarazione dalla Casa Bianca in cui si è detto soddisfatto dell’intesa raggiunta a Vienna. L’Iran dovrà eliminare “il 98% delle sue riserve di uranio arricchito” ha riferito, “ora ne ha sufficienza per fare 10 bombe atomiche da oggi sarà ridotto a una sola arma”, ha spiegato il presidente americano.

Ma, ha detto il presidente, “se l’Iran violerà l’accordo, tutte le sanzioni saranno ripristinate e ci saranno serie conseguenze”. Fonti ufficiali statunitensi, anonime, hanno aggiunto che le sanzioni verranno riattivate nel giro di 65 giorni nel caso in cui l’Iran non rispettasse i termini dell’accordo.

Il problema resta Israele. E’ Israele a essere deluso. L’accordo di Teheran è un “errore storico mondiale”, ha detto il primo ministro Benjamin Netanyahu che ha convocato per questo pomeriggio a Gerusalemme il consiglio di difesa del proprio governo: “Il mondo è molto più pericoloso” ed “Israele non si è impegnato” a rispettare l’accordo di Vienna sul nucleare iraniano perché l’Iran “insiste nel volerci distruggere” ha affermato all’inizio della seduta straordinaria”.

Obama l’ha chiamato e ha ribadito l’impegno forte degli Usa alla sicurezza di Israele: l’intesa “non diminuirà le preoccupazioni americane sul sostegno dell’Iran al terrorismo e alle minacce verso Israele”. Netanyahu dalla sua parte non ha dubbi, “nel prossimo decennio – ha detto – questo accordo garantirà all’Iran centinaia di miliardi di dollari una abbondanza di fondi che sarà utilizzata per diffondere il terrorismo e per accrescere gli sforzi di distruggere Israele”. “In maniera stupefacente – ha aggiunto – questo cattivo accordo non esige in alcun modo dall’Iran di cessare la propria aggressività”. Le potenze mondiali, ha concluso, hanno così “scommesso sul nostro futuro collettivo”. Nella notte italiana c’è stata anche una telefonata di rassicurazione, da parte di Obama, al sovrano saudita Salman bin Abdulaziz, con cui ha condiviso i dettagli sull’accordo raggiunto sul nucleare iraniano. “Obama – dice una nota della Casa Bianca – ha sottolineato l’impegno immutato nel lavorare con i partner del Golfo per contrastare le attività dell’Iran destabilizzanti nella regione”.

Per ora il presidente americano è sollevato. L’accordo impedirà a Teheran di avere un’arma nucleare: “Questo dimostra che la  diplomazia può portare cambiamenti reali” ha detto il presidente Usa. Perché questo accordo “soddisfa tutte le condizioni: le ispezioni, la trasparenza. E l’Iran non produrrà uranio arricchito”, ha continuato prima di citare Kennedy: “Non negoziamo mai sulla base della paura, ma non abbiamo paura dei negoziati”. Il Congresso degli Stati Uniti dovrà votare sull’intesa: “Porrò il veto a qualsiasi legge che si opporrà all’attuazione” dell’intesa.

“Credo che la sicurezza nazionale” degli Stati Uniti “dipenda dall’impedire all’Iran di arrivare ad armi nucleari” e “sarebbe da irresponsabili abbandonare questo accordo”. Previene il rischio che in futuro si debba “usare la forza militare per impedirglielo ” ha spiegato Obama: “Molte volte ho deciso di ricorrere alla forza e non esiterei a farlo se si trattasse della sicurezza del nostro Paese”. Ma i repubblicani scalpitano.  “L’accordo con l’Iran alimenterà nel mondo la corsa alle armi nucleari” afferma lo speaker della camera statunitense, il repubblicano John Boehner. “Questo è un passo importante che ci permette di mettere un punto sul programma nucleare e di concentrarci per tentare di prevenire altri comportamenti da parte dell’Iran” ha detto Hillary Clinton.

E mentre la Santa Sede valuta “positivamente” l’accordo, Vladimir Putin commenta ufficialmente dal sito del Cremlino: “La Russia si augura che tutte le parti interessate, prima di tutto il sestetto, attuino pienamente le soluzioni trovate” a Vienna dice il presidente russo, “lo sviluppo di Teheran non sarà più influenzato da fattori esterni”. Per Mosca l’accordo sul nucleare “è totalmente conforme all’idea di politica estera della Russia”, ha detto il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, citato dalle agenzie Interfax e TassK2-RF. Una risoluzione sull’accordo sul programma nucleare iraniano sarà presentata al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dove sarà poi messa al voto, nei prossimi giorni, ha anticipato Lavrov. Ad aprile Mosca ha tolto l’embargo alla vendita di missili S-300 a Teheran.

In contemporanea a Obama, il presidente iraniano Hassan Rohani, ha parlato alla nazione in diretta tv: con le elezioni del 2013 “il popolo iraniano ha detto chiaramente di volere la pace”, e ha “duramente sofferto per le ingiuste sanzioni” internazionali imposte dalla comunità internazionale per il programma nucleare di Teheran. Il governo iraniano lo ribadisce: “Non cercavamo in alcun modo di dotarci di un’arma nucleare” ha detto il ministro degli Esteri iraniano, Moahmad Javad Zarif. Ma l’intesa definitiva raggiunta con le grandi potenze sui programmi nucleari iraniani “non è solo un semplice accordo, è un buon accordo per tutte le parti in causa e tutta la comunità internazionale”.

“L’Italia deve essere forte e autorevole in tutte le sedi internazionali: è accaduto a Vienna in queste ore…” è l’elogio che il presidente del Consiglio Matteo Renzi riserva al lavoro svolto da Federica Mogherini nel suo ruolo di Alto rappresentante Ue al tavolo per i negoziati sul nucleare iraniano. “In una regione mediorientale da troppo tempo segnata da una pericolosa conflittualità e dalla recrudescenza del terrorismo, quest’intesa – ha sottolineato – dimostra che la soluzione delle crisi con mezzi pacifici, attraverso il dialogo, è possibile. Lo dobbiamo innanzitutto alla capacità e alla perseveranza dei negoziatori, ai quali vanno le mie più vive congratulazioni”.

All’Italia il compito di rassicurare. Per il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni “ci sono alcuni Paesi che vivono l’accordo con preoccupazione”, ma uno dei compiti dell’Italia “nei prossimi giorni sarà rassicurare questi Paesi”. Il ministro ha poi concluso che l’accordo sul nucleare potrà offrire una grande opportunità all’Iran per aiutare a rafforzare la stabilità anche del Libano

http://www.repubblica.it/esteri/2015/07/14/news/nucleare_obama_iran-119049307/?ref=HRER3-1

 

15 Luglio 2015Permalink

4 luglio 2015 – Uno dei primi atti dell’amministrazione Brugnaro a Venezia.

Il neo-sindaco del capoluogo veneto ha dato l’ordine di ritirare da tutte le scuole dell’infanzia i libri illustrati che descrivono la famiglia come fondata da un genitore 1 e un genitore 2, non necessariamente donna e uomo.

Al riferimento alla notizia, illustrata con i link che trascrivo, faccio seguire un intelligente comunicato stampa

http://www.repubblica.it/cronaca/2015/07/04/news/venezia_nei_libri_all_indice_per_il_gender_anche_i_capolavori_dell_infanzia-118306936/

http://nuovavenezia.gelocal.it/venezia/cronaca/2015/07/02/news/brugnaro-oggi-l-insediamento-consigliere-anziano-sara-crovato-1.11712583

** COMUNICATO STAMPA ** Liberi di leggere tutto, leggere per essere liberi

IBBY Italia, Nati per Leggere, la Commissione nazionale Biblioteche e servizi per ragazzi dell’Associazione Italiana Biblioteche guardano a queste due figure [* vedi nota], e a molte altre che ne hanno condiviso i principi, per il mandato di sostegno, educazione e promozione alla lettura che portano avanti. Un percorso che ha messo al centro, in tutte le azioni svolte in questi anni, il rispetto e il diritto di parola, di scrittura, di rappresentazione e il diritto alle storie delle bambine e dei bambini. La scelta del sindaco di Venezia ci vede sconcertati, addolorati, arrabbiati. Come è possibile che nel 2015 venga stilata una lista di libri messi all’indice, libri straordinari, patrimonio di molte biblioteche, nidi e scuole dell’infanzia in Italia e nel mondo? Libri cancellati dalle istituzioni educative della prima infanzia nella città che ospita il pluralismo artistico della Biennale, le diversità filmografiche del Festival del Cinema, in nome di una non ben chiara salvaguardia della famiglia. Ma cos’è una famiglia? L’etimologia ci dice, in prima istanza, che per famiglia si intendono le persone che abitano nella stessa casa, e aggiunge, poi, legate da vincoli di sangue, rapporti di parentela o affinità. I quarantanove libri raccontano lo stare assieme, raccontano cosa significa creare comunità, raccontano le scelte, raccontano la diversità e l’accoglienza, raccontano famiglie che si allargano e cambiano. Tutti libri che con le parole, ma in modo straordinario con le figure, trasmettono un senso di serenità, di condivisione, di incontro, di affetto: di famiglia. E allora perché impedire a bravi insegnanti di leggerli assieme, perché impedire a quei libri, buoni libri nella storia dell’editoria internazionale, di svolgere il loro ruolo primo, cioè quello di essere strumento necessario nella relazione adulto-bambino, utile a garantire una migliore qualità della vita, in nome della pluralità e del rispetto delle scelte?

– IBBY Italia – International Board on Books for Young People
– Nati per Leggere
– Associazione Italiana Biblioteche – Commissione nazionale Biblioteche e servizi per ragazzi

[*NOTA. Jella Lepman sceglie di usare i libri per cercare di ridare ai bambini tedeschi, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, un’idea di futuro e di speranza. Ai roghi che hanno caratterizzato il regime nazista, Jella sostituisce montagne di libri arrivati da tutto il mondo, in particolare libri con figure. Condivide l’avventura di quella che sarà (ed è) la Jugendbibliothek di Monaco di Baviera con lo scrittore tedesco Eric Kastner che nel libro La conferenza degli animali invita a una forma di pacifismo che non è solo opposizione al guerreggiare, ma apertura, rispetto, libertà di scelta e di vita]

4 Luglio 2015Permalink