3 settembre 2015 – Un marchio, la memoria, la pietà e il disprezzo

Leggo dall’agenzia Ansa e non commento

(ANSA) – ROMA, 2 SET – “È un fatto gravissimo”. Così il presidente dell’Unione delleCOMBO MARCHIO Comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna definisce “i segnali in queste drammatiche ore” dalla Repubblica Ceca dove “decine di profughi sono stati letteralmente marchiati come fossero bestiame al macello, richiamando inevitabilmente il periodo più oscuro della storia contemporanea”.

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2015/09/02/gattegna-marchiare-profughi-evoca-shoah_e857172e-59f5-4589-bc08-f1e822ff2053.html

Un’immagine che appare e scomparirà

bambino_spiaggia

In Italia abbiamo provveduto altrimenti. I figli dei migranti senza permesso di soggiorno sono buttati inermi e condannanti a sparire sulla spiaggia della vita con lo stesso spirito di chi ha caricato quel piccolo e la sua famiglia su un barcone che poteva affondare e sarebbe affondato vanificando anche la disperazione della speranza.
Spero che questa foto ci aiuti a chiederci ‘che fare?’, almeno dove possiamo intervenire.
I percorsi di civiltà e di solidarietà hanno tanti spazi da praticare, se si vogliono praticare.
Mi autocito mettendo il riferimento al mio pezzo del 18 giugno ‘Come un osso a un cane’ https://diariealtro.it/?p=3835

3 Settembre 2015Permalink

2 settembre 2015 – La parola e l’immagine

Il 25 agosto compariva sul web l’immagine di un uomo che vendeva penne a Beirut come tanti che anche da noi cercano di procurarsi qualche soldo per sopravvivere. Però quell’immagine aveva un elemento inusuale. Sulla spalla dell’uomo era penne2appollaiata una bambina che dormiva profondamente. Con un braccio il papà la sosteneva, con l’altro porgeva ai passanti la sua povera mercanzia. Un attivista svedese, trovata la foto in rete, l’ha diffusa. In pochi giorni l’immagine ha fatto il giro del mondo. E’ scattata una raccolta spontanea (la campagna #BuyPens), l’uomo è stato identificato come Abdul, un siriano fuggito dl campo profughi di Yarmuk e in poche ore si sono raccolti 80 mila dollari. La maggior parte delle donazioni è arrivata dagli Stati Uniti, poi Gran Bretagna e a seguire Emirati Arabi, Arabia Saudita, Svezia e Canada.

In Italia invece
Io posso solo augurarmi che nessuno abbia ricamato su questa storia e che Abdul possa trovare una sicurezza che gli consenta di mandare a scuola i suoi figli secondo il desiderio che ha espresso.

Comunque sia mi pongo una domanda. Quando sei anni fa ho cominciato a chiedermi e a chiedere cosa si potesse fare per cancellare l’infamia di una legge che nega il certificato di nascita ai figli dei migranti senza permesso di soggiorno (e non ho mai promosso raccolte di denaro ma soltanto chiesto di sostenere una semplice modifica di legge) mi sono scontrata con l’indifferenza. Certamente un padre che non può registrare la nascita del proprio figlio non può metterselo in spalla. Deve nasconderlo perché quel bambino senza nome non ha neppure una famiglia che come tale sia riconosciuta. Va bene così? Senza immagine si possono assicurare l’indifferenza e la complicità?

http://www.corriere.it/esteri/15_agosto_29/dal-crowdfunding-80-mila-dollari-abdul-profugo-che-vende-penne-09b1eeaa-4e30-11e5-a97c-e6365b575f76.shtml

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Il-venditore-di-penne-di-Beirut-5c3d789a-c2de-4a7a-8b54-e485f9903fac.html

2 Settembre 2015Permalink

1 settembre 2015 – Calendario di settembre

1 settembre 2004 –   Aggressione alla scuola di Beslan (Ossezia del Nord)
2 settembre 1945 –   Ho Chi Minh dichiara l’indipendenza del Vietnam dalla Francia
3 settembre 1982 –   Assassinio del gen. Della Chiesa e della moglie
3 settembre 2004 –   Strage nella scuola di Beslan
4 settembre 1965  –   Morte di Albert Schweitzert teologo, medico della giungla e premio nobel per la pace.
5 settembre 1938 –   Regio Decreto Legge 5 settembre 1938-XVI, n. 1390, Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista. Convertito in legge senza modifiche con L 99/1939.  – vedi nota
5 settembre 1972 –   Germania –irruzione di Settembre Nero nel villaggio olimpico
5 settembre 2010 –   Assassinio di Angelo Vassallo, sindaco di Pollica
7 settembre 1986 –   Desmond Tutu – primo vescovo nero a guidare la Chiesa Anglicana
8 settembre 1943 –   Armistizio dell’Italia con Inghilterra e Stati Uniti
8 settembre 2013 –   Liberazione dell’inviato de La Stampa Domenico Quirico, sequestrato in Siria
9 settembre 1943 –   Nasce il Comitato di Liberazione Nazionale
9 settembre 1976 –   Morte di Mao Tse Tung
9 settembre 2007 –    Argentina: condannato all’ergastolo Christian Von Wernich, il prete carnefice dei desaparecidos
11 settembre 1973 – Colpo di stato in Cile
11 settembre 2001 – New York – attentato alle Torri Gemelle
13  settembre 2015 – Rosh Hashanah anno 5776
13 settembre 1321 – Ravenna – morte di Dante Alighieri
15 settembre 1970 – Scomparsa di Mauro De Mauro
15 settembre 1993 – Assassinio di don Pugliesi
16 settembre 1982 – Libano – massacro di Sabra e Shatila
17 settembre 1978 – Accordi di pace di Camp David fra Egitto e Israele
18 settembre 2013 – Aggressione neonazista e assassinio del rapper Pavlos Fissas da parte di Alba Dorata.
19 settembre 1943 – Strage nazista a Boves (Cuneo)
20 settembre 1970 – Breccia di Porta Pia
21 settembre          –  Giornata mondiale della pace
21 settembre 1990 –  Assassinio del giudice Livatino
22 settembre 1980  – L’Iraq invade l’Iran
23 settembre 1939 –  Morte di Sigmund Freud
23 settembre 1973 –  Morte di Pablo Neruda
22-23 settembre 2915 – Yom Kippur  5776
24 settembre 1961 –  Prima marcia della pace Perugia Assisi, promossa da Aldo Capitini
24 settembre 2015 – Aid Al Adha detto anche Aid El Kabir(Festa del sacrificio)
26 settembre 1988 –  Assassinio di Mauro Rostagno
27 settembre 1996 –  Afghanistan: i talebani occupano Kabul
27 settembre 2015 –   Morte di Pietro Ingrao
28 settembre 1978  – Morte di Giovanni Paolo Primo.
29 settembre 1944 – Strage nazista a Marzabotto

Nota – 5 settembre: http://www.cdec.it/dsca/Leggi/Elenco.htm

 

1 Settembre 2015Permalink

24 agosto 2015 – Il card. Bagnasco dice bugie

Traggo questa citazione da un’intervista del card. Bagnasco al Corriere della sera di ieri

E come giudica le posizioni del governo Renzi sulle unioni civili?
«La Chiesa non è contro nessuno. Crede nella famiglia quale base della società, presidio dell’umano e garanzia per vivere insieme; la famiglia come è riconosciuta dalla nostra Costituzione e come corrisponde all’esperienza universale dei singoli e dei popoli: papà, mamma, bambini, con diritti e doveri che conseguono il patto matrimoniale. Applicare gli stessi diritti della famiglia ad altri tipi di relazione è voler trattare allo stesso modo realtà diverse: è un criterio scorretto anche logicamente e, quindi, un’omologazione impropria. I diritti individuali dei singoli conviventi, del resto, sono già riconosciuti in larga misura a livello normativo e giurisprudenziale».

Una considerazione per me non marginale
Oggi non posso e, a causa della mia lontananza, riprenderò a scrivere (ma mantengo in continuità il diritto a pensare) il mese prossimo.
Personalmente ritengo che il card. Bagnasco, se avesse dichiarato di non ritenere celebrabili nella forma prevista dal concordato matrimoni di coppie omossessuali, si sarebbe mosso nel suo legittimo ambito di autorità della chiesa cattolica (che tra l’altro oggi non si manifesta come monolite, ed è un bene).
Ha voluto andare oltre ma per sostenere la sua posizione ha detto una sciagurata bugia.
La ripeto: «I diritti individuali dei singoli conviventi, del resto, sono già riconosciuti in larga misura a livello normativo e giurisprudenziale».

Non è così.
La legge italiana nega a  conviventi e coniugi stranieri privi di permesso di soggiorno il diritto a registrare la dichiarazione di nascita dei figli che vengano al mondo in Italia. Viola quindi i diritti individuali dei coniugi o conviventi che siano e di neonati totalmente indifesi. (si veda il mio post del 9 giugno: https://diariealtro.it/?p=3821)

Un autorevole supporter del card Bagnasco

Le reazioni politiche sono varie e confuse. Spero che il parlamento sappia garantire una dignità che in questa circostanza non mi sembra appartenere al card. Bagnasco. A seguito dell’intervista del Corriere della sera c’è un twitt-dichiarazione dell’on Maroni.. L’on. Maroni fu colui che, nella sua veste di ministro dell’interno,  volle il pacchetto sicurezza del 2009, il tempo del quarto governo Berlusconi, maggioranza connivente.
Lo ricopio, eccolo:
Maroni, questa è la Chiesa che mi piace
“Questa e’ la Chiesa che mi piace”. Così, sul suo profilo Twitter, il presidente di Regione Lombardia Roberto Maroni con il link all’intervista del presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, al Corriere della Sera, sulla legge in discussione in Parlamento per le unioni civili.

Riporto anche per esteso i link di riferimento:

http://www.corriere.it/cronache/15_agosto_23/migranti-cardinal-bagnasco-poveri-mondo-non-vogliono-piu-vivere-modo-disumano-41382a02-495c-11e5-b566-99560c716b18.shtml#

http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2015/08/23/unioni-civili-card.bagnasco-no-a-stessi-diritti-famiglie_e38626d3-a9bd-41b1-8801-95e25ebc449d.html

 

 

24 Agosto 2015Permalink

23 agosto 2015 – Fra i vescovi italiani e il fondatore de La Repubblica

Due premesse, una considerazione e una domanda

Avvenire, quotidiano che si propone di ispirazione cattolica (ed è noto come la voce della Conferenza Episcopale Italiana) oggi pubblica un articolo che tratta dello sfruttamento dei minori profughi.
Sempre oggi lo ‘storico’ editoriale di Eugenio Scalfari afferma, riferendosi, a papa Francesco, “il compito che sta cercando di condurre a termine è il mandato ricevuto dal Vaticano II laddove indica come finalità l’incontro della Chiesa con il mondo moderno”.

Il mondo moderno ha inserito, prima in legge che nella propria cultura, la concezione del minore come persona, cui vengono riconosciuti diritti propri, e non come individuo dipendente, per lo status giuridico che gli viene riconosciuto, dai suoi genitori.
E lo strumento che sancisce questa sua caratteristica di persona la cui tutela deve essere riconosciuta come ‘supremo interesse’, da promuoversi con mezzi adeguati, è la Convenzione di New York sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza La Convenzione è ratificata da molti stati e anche dalla Santa Sede.
In Italia è la legge 176 del 1991.

In Italia però la legge nota come ‘pacchetto sicurezza’ (legge 94/2009) non rispetta questo principio alla lettera g del comma 22 dell’art. 1 quando impone al genitore che chiede di registrare la nascita del figlio la presentazione del permesso di soggiorno, affermando quindi che la garanzia del certificato di nascita, garanzia che appartiene al nuovo nato, è subordinata alla condizione amministrativa dei genitori.
Si instaura quindi una condizione di sfruttamento del minore  che posso chiamare burocratico-amministrativo (ma che a mio parere è criminale).
Viene abusato come fosse un Centro di Identificazione ed Espulsione per provocare l’espulsione dei genitori, nell’indifferenza ratificata in legge per i danni che alla persona del nuovo nato conseguono, a partire dalla possibile decisione dei genitori di nasconderne la ‘minacciosa’ presenza. (Si veda l’ottavo rapporto di Save the Children cap.3.1-pag.53)
Se il genitore deve essere espulso per ragioni legalmente fondate non si usi del figlio per scoprirlo!

Finalmente la domanda I
l silenzio omissivo dei recenti documenti della chiesa cattolica sul problema specifico ne  indica l’incontro con il mondo moderno che sfrutta i minori o con quello che li riconosce persone con diritti propri?

Da Avvenire – Così il racket sfrutta i piccoli profughi”

Le rotte dei migranti, i Balcani come il Mar Mediterraneo, costituiscono il corridoio principale di transito usato dai trafficanti per trasferire in Europa minori vulnerabili. Ed è così che cresce la schiavitù dei più piccoli. Dal 2012 a oggi 1.679 sono le vittime di tratta accertate in Italia e tra loro, dal 2013, ci sono 130 sono ragazzini, inseriti in progetti di protezione; mentre 7.357 sono gli adolescenti migranti arrivati in Italia dall’inizio dell’anno. Sono alcuni dei numeri del dossier 2015, «Piccoli schiavi invisibili», diffuso da Save the Children, alla vigilia della giornata Onu in ricordo della schiavitù e della sua abolizione.

La Nigeria e le schiave bambine

La Nigeria è considerato il principale Paese di provenienza, seguito da Romania, Marocco, Ghana, Senegal e Albania. Due sono le prime destinazioni in Italia per le giovani nigeriane: Napoli, dove avviene la compravendita delle ragazze che non hanno già una destinazione prefissata, e Torino per coloro che invece giungono in aereo. Ad attenderle una maman nigeriana, che da quel momento in avanti terrà in pugno le loro vite, stabilendo quando e dove debbano prostituirsi per ripagare il debito contratto dalle famiglie per il loro viaggio.

Dall’Est Europa anche per traffici illegali

Il dossier di Save the Children mette in luce anche altre forme di sfruttamento, oltre a quello sessuale. Sono soprattutto ragazzine, di origine rom e romena, a essere date in sposa dai loro stessi genitori alla famiglia del marito: diventando così “merce di scambio”, vendute per un costo variabile che può spingersi anche oltre i 50.000 euro. Per ripagare il debito contratto con il “matrimonio” le giovanissime sono costrette a compiere attività illegali come borseggi e furti in appartamenti. Dall’Est non mancano le storie di sfruttamento sessuale di 1617enni, rumene, albanesi, bulgare o moldave, adescate da conoscenti o giovani uomini che le portano in Italia con la promessa di un lavoro da parrucchiera o da baby sitter per poi obbligarle a prostituirsi, sia in strada che al chiuso, in appartamenti o night club.

Il lavoro nero riguarda i minori egiziani

Quasi 400 minori egiziani, tra giugno e agosto, sono arrivati in Italia: povertà e carenza di opportunità lavorative dell’Egitto sono i principali fattori li spingono a venire nel nostro Paese, con le famiglie che si sobbarcano un debito di viaggio con i trafficanti compreso fra i 2mila e i 5mila euro e che i ragazzi dovranno quindi ripagare con il loro lavoro. A rischio di vita e sotto il controllo dei trafficanti, affrontano il viaggio in mare: una volta approdati in Italia vengono collocati in strutture di accoglienza da cui però solitamente scappano per raggiungere Roma, o altre città del Nord come Torino o Milano. Dove vengono sfruttati nei mercati generali di frutta e verdura, negli autolavaggi, nelle pizzerie o nelle frutterie. 10 euro per caricare un camion di frutta e verdura e 50 centesimi per ogni cassetta riempita. Negli autolavaggi si lavora ininterrottamente anche per 12 ore a 2-3 euro all’ora, come nelle pizzerie.

Il racket dei minori eritrei e afghani

Lo sfruttamento non ha nazionalità: il racket, infatti, riguarda anche i minori afghani non accompagnati – 850 presenti in Italia al 30 giugno 2015 -: il loro viaggio può costare 3-4mila euro, per ripagare il quale i ragazzi si fermano anche mesi a lavorare in Turchia o Grecia, subendo sfruttamento, violenze e abusi. Talvolta coloro che non hanno disponibilità economica vengono usati dai trafficanti per manovrare il gommone dalla Turchia alla Grecia e così non pagano la tratta. Secondo alcune testimonianze sembra addirittura che, al fine di garantire l’arrivo, i trafficanti facciano fare loro una giornata di prova per imparare a guidare l’imbarcazione. Ad alto rischio anche i ragazzi eritrei – 1.600 arrivati in Italia al 30 giugno 2015 – che possono diventare vittime di tratta, sfruttamento e violenze soprattutto durante l’attraversamento del Sahara o la detenzione in Libia. Nel transito in Italia le loro condizioni di vita sono caratterizzate da un massiccio controllo dei connazionali e una forte promiscuità che, nel caso delle ragazze, può sfociare in violenze e abusi.

http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/Quei-piccoli-schiavi-del-2015-Il-racket-sfrutta-i-minori-stranieri-.aspx

http://www.repubblica.it/politica/2015/08/23/news/quando_un_papa_cita_ulisse_e_si_oppone_al_potere_temporale-121448559/?ref=HRER2-1

http://images.savethechildren.it/IT/f/img_pubblicazioni/img272_b.pdf?_ga=1.71298002.334414312.1415517229

23 Agosto 2015Permalink

21 agosto 2015 – Una lettera aperta. Si attende risposta del destinatario

oggetto: lettera aperta – diritto di ogni neonato al certificato di nascita

19 agosto 2015

A S. E. mons Nunzio Galantino Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana

Egregio monsignore,
cito da un articolo di Avvenire del 18 agosto «nessun politico dovrebbe mai cercare voti sulla pelle degli altri».
La frase che le è attribuita si colloca nella polemica di questi giorni che riguarda l’incapacità della politica di fronte alla necessità di accoglienza a dei profughi.
Da parte mia voglio fare un passo indietro, indietro di sei anni, quando fu approvata la legge 94/2009 (il cd ‘pacchetto sicurezza’) che impose la presentazione del permesso di soggiorno per la registrazione della nascita di un figlio in Italia anche a chi, per essere irregolare, il permesso di soggiorno non ha.
Preciso, per evitare una diffusa confusione fra la garanzia del certificato di nascita e la concessione della cittadinanza italiana, che quel figlio, se ne fosse registrata la nascita, avrebbe la cittadinanza dei genitori e non quella italiana.
Quella norma, che ancora è in vigore, fu voluta e votata con voto di fiducia (era il quarto governo Berlusconi, ministro dell’interno Maroni) nonostante l’abiezione insita nella trasformazione di un neonato in capo d’accusa per determinare l’espulsione di coloro che, non avendo il piccolo neppure un certificato di nascita, non sono legalmente i suoi genitori.
Esiste la scappatoia di una circolare che consente ciò che la legge nega … ma il principio d’infamia resta in legge, funzionale alla ricerca del consenso di una politica che Lei ha definito esercitarsi ‘sulla pelle degli altri’, in questo caso neonati.
La situazione che ne consegue è descritta nell’annuale rapporto del Gruppo Convention on the Rights of the Child dove 80 associazioni, fra cui la Caritas nazionale, segnalano che “l’introduzione del reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, obbliga alla denuncia i pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio che vengano a conoscenza della situazione di irregolarità di un migrante. Tale obbligo rappresenta un deterrente per quei genitori che, trovandosi in situazione irregolare, non si presentano agli uffici anagrafici per la registrazione del figlio, per paura di essere identificati ed eventualmente espulsi”.
Il parlamento ha gli strumenti per modificare la legge ma a tanto non provvede anche se il ritorno alla situazione precedente il ‘pacchetto sicurezza’ non comporta oneri di spesa.
La Chiesa cattolica si appresta a celebrare due importanti appuntamenti: il Sinodo ordinario (4-25 ottobre 2015) e il Quinto Convegno Ecclesiale Nazionale (Firenze 9 -13 novembre 2015) ed esistono documenti preparatori di quegli eventi che testimoniano un’attenzione ampia e anche nuova alla famiglia e ai soggetti fragili che ne fanno parte o ne sono privi ma i neonati stranieri, cui la famiglia è negata per legge, non sono nominati mai.
Le chiedo, come Segretario generale della CEI, di inserire nella sua richiesta di una politica ‘diversa’ anche l’attenzione dovuta a questi neonati abbandonati da tutti e di provvedere che a tanto si dimostri attenta anche la Chiesa che si esprimerà nel Sinodo e che si riunirà in Firenze il prossimo novembre.
Grata per la Sua attenzione, porgo distinti saluti

Augusta De Piero

La lettera è stata pubblicata il 20 agosto nel sito ‘ildialogo[.]org’

21 Agosto 2015Permalink

18 agosto 2015 – La volgarità di Salvini non può cancellare la memoria

  • Per non dimenticare: il riconoscimento dell’obiezione di coscienza

Spero che ci sia una rivolta della coscienza civile di fronte alla volgarità con cui viene difesa la ‘preghiera degli alpini’ nella sua integrità dalla neoteologia a marca leghista che ha il suo profeta nell’on. Salvini. Un vescovo avrebbe fatto censurare, in vista del canto in chiesa, il passo che afferma: “Rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra patria, la nostra bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana”. E’ un passaggio che mi ha sempre fatto orrore e se mai l’avessi sentito cantare in chiesa (per fortuna dato che ho sempre evitato le cerimonie militarizzate non mi è mai successo) sarei uscita per dignità almeno mia. Ho partecipato in anni lontani all’impegno per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza. Eravamo in tanti uniti da un’esigenza profonda e convinta avendo ragioni convergenti di coscienza civile e di fede. L’obiezione di coscienza fu riconosciuta in legge(n. 772)  il 15 dicembre 1972, n. 772.

Per non dimenticare: don Lorenzo Milani

Voglio perciò ricordare don Lorenzo Milani, priore di Barbiana che dal paesino dove era stato inviato dal vescovo di Firenze, seppe costruire una prassi di attenzione e rispetto ai giovani per cui avviò una scuola a tempo pieno. Le finalità educative della scuola erano sintetizzate su un cartello all’ingresso che proponeva il motto I care in contrapposizione, come Milani stesso spiegava, al ‘me ne frego’ fascista.

Ma l’episodio del canto degli alpini richiama soprattutto la lettera ai cappellani militari della Toscana che don Milani scrisse in risposta a un loro comunicato del 12 febbraio 1965 in cui tra l’altro affermavano:

«Considerano un insulto alla Patria e ai suoi caduti la cosiddetta “obiezione di coscienza” che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, è espressione di viltà».

Il documento con cui Milani espose le ragioni che impedivano a lui e ai suoi ragazzi di accettare la pronuncia dei cappellani militari si può leggere anche da qui:

http://www2.units.it/cusrp/presentazioni/milani_cappellani.html

Ebbe l’adesione di padre Ernesto Balducci e fu pubblicato da Rinascita, mensile politico culturale del partito comunista italiano (6 marzo 1965). Milani, Balducci e Luca Pavolini (il direttore di Rinascita) furono processati per apologia di reato. Il processo di primo grado si concluse con l’assoluzione (15 febbraio1966) ma il pubblico ministero ricorse subito in appello. Il processo di secondo grado si svolse senza don Milani che era morto  qualche mese prima che fosse celebrato (28 ottobre 1967):

Scrisse Luca Pavolini: «In appello sono andato solo, perché purtroppo don Milani era già morto. E naturalmente mi hanno condannato: a cinque mesi e dieci giorni… Ma non si sono accorti che la condanna veniva a cadere sotto amnistia».

Pur se radicalmente impedito a presenzia al processo don Milani non fece mancare la sua voce con una lettera ai giudici che si può leggere anche da qui. E’ un documento importante: spero venga letto.

http://www2.units.it/cusrp/presentazioni/milani_giudici.html

18 Agosto 2015Permalink

17 agosto 2015 – Alla ricerca di scritti intelligenti

domenica, 16 agosto 2015
Lo choc culturale dell’Italia alle prese con una Chiesa davvero “straniera”
SCRITTO DA Gad
Dietro alle grossolanità sui vescovi “comunisti”, dietro all’imbarazzo che scuote al suo interno la stessa Cei, si manifesta nel mondo cattolico italiano un disagio ben comprensibile nelle sue origini. Trattasi di vero e proprio choc culturale. Bergoglio è il terzo papa in sequenza di nazionalità straniera, dopo Wojtyla e Ratzinger. Ma è il primo papa davvero “straniero”, cioè extraeuropeo nella sua visione d’insieme della realtà. Quando scherzava sulla sua provenienza dalla periferia del mondo, stava anticipando l’intenzione di continuare a guardarlo dal basso verso l’alto. Come poi ha fatto nell’enciclica “Laudato si’” che auspica la decrescita economica di alcune regioni del pianeta (le nostre) a vantaggio di uno sviluppo complessivo più armonico e giusto. E’ la prima volta dacché esiste il papato che l’Italia deve fare i conti con un pontefice che la guarda dal basso in alto. Che s’immedesima naturalmente nei migranti piuttosto che negli “invasi” (si fa per dire). Che opera per un cambiamento degli equilibri mondiali in cui sia ridimensionato il ruolo dell’occidente. Ovvio che una parte del clero italiano, oltre che della classe politica più conservatrice, guardi a papa Francesco come un incidente della storia, confidando già sulla restaurazione nel prossimo conclave. Credo però che sottovalutino la profondità dei cambiamenti strutturali di baricentro vissuti dalla fede cristiana, per la quale oggi semmai è Roma a trovarsi in periferia rispetto ai fermenti dell’America Latina e dell’Asia. Prendersela con monsignor Galantino, manifestare nostalgia per il cardinale Ruini… a me paiono soprattutto manifestazioni di provincialismo.

http://www.gadlerner.it/2015/08/16/lo-choc-culturale-dellitalia-alle-prese-con-una-chiesa-davvero-straniera

Aggiungo, per mio promemoria, la segnalazione di un articolo di Adriano Sofri su La Repubblica di oggi che non è raggiungibile per un trasferimento. Cercherò di conservare il cartaceo.

17 Agosto 2015Permalink

14 agosto 2015 – Globalizzazione del razzismo

 Un premio Nobel contro il razzismo

La Repubblica. 12 agosto 2015  pag.29
Mario Vargasllosa. Donald Trump  “Se il razzismo si candida a guidare l’America”.
Forse in futuro copierò l’articolo che si può leggere dal sito di cui riporto l’indirizzo.
Ma non voglio trascurarlo per la futura memoria del mio blog che da anni si occupa soprattutto del razzismo che in Italia ha come obiettivo i neonati

http://80.241.231.25/Ucei/PDF/2015/2015-08-12/2015081230977566.pdf

Un vescovo che si oppone al razzismo

Il mio pezzo del 29 giugno documenta quanto ha scritto su Il Sole 24Ore (sic!) un vescovo italiano e noto teologo
Però nei documenti preparatori di due prossime grandi occasioni che la chiesa cattolica prepara in merito alla famiglia (il (Sinodo ordinario di ottobre e il Quinto Convegno ecclesiale nazionale di novembre) non si parla dei bambini che – per essere figli di migranti senza permesso di soggiorno – non hanno certificato di nascita e quindi sono senza nome e senza famiglia per legge.

Antirazzisti consapevoli in parrocchia

Hanno constatato l’assenza dei bambini invisibili, cui sono negati nome e famiglia, anche nei documenti della chiesa cattolica che si preparano a incontri sistematici sul problema famiglia e ne hanno scritto su il giornale diocesano (La Vita Cattolica del 6 agosto).
Non trovo il link e ricopio:

Neonati, senza volto, senza nome, senza identità:  neonati inesistenti per legge.
E’ possibile ! Dove ? Ma come dove, qui da noi, in Italia !
Incredibile, ma vero; e tutto sotto i nostri occhi, nella disinformazione generale.
Vediamo il perché.

Come noto, l’ingresso degli stranieri in Italia, è ammesso nei casi previsti dalla legge (ad esempio, per motivi economico/lavorativi o di studio).
Agli stranieri che entrano regolarmente nel nostro Paese, viene rilasciato un permesso di soggiorno.
Chi entra in Italia al di fuori dei casi e secondo le modalità previste dalla legge, viene considerato un irregolare ed è privo di permesso di soggiorno.
Mentre, peraltro, talune prestazioni (quali quelle sanitarie, o quelle relative alle prestazioni scolastiche obbligatorie) (art. 6 D.Lgs 286/98 e successive modifiche) prescindono dall’esibizione del permesso di soggiorno, gli atti dello stato civile (tra i quali il certificato di nascita) no.
Infatti, nel 2009, la norma che escludeva la necessità di esibire il permesso di soggiorno per gli atti di stato civile è stata abrogata.
E così, stando alla lettera della legge, i genitori stranieri privi di permesso di soggiorno, non potrebbero dichiarare all’anagrafe la nascita di un bimbo, o la presenza di un minore, trovandosi nel dilemma se svelare la propria clandestinità dinnanzi a un pubblico ufficiale (con relativo obbligo di segnalazione), o chiedere riconoscimento per il neonato.

La situazione è descritta nell’annuale rapporto del Gruppo Convention on the Rights of the Child dove 80 associazioni, fra cui la Caritas nazionale, segnalano che l’introduzione del reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, obbliga alla denuncia i pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio che vengano a conoscenza della situazione di irregolarità di un migrante. Tale obbligo rappresenta un deterrente per quei genitori che, trovandosi in situazione irregolare, non si presentano agli uffici anagrafici per la registrazione del figlio, per paura di essere identificati ed eventualmente espulsi”. La paradossale situazione è stata affrontata non a livello legislativo (così da ridare certezza giuridica ai genitori stranieri irregolari), ma a livello amministrativo, mediante una circolare indirizzata agli Uffici Anagrafe sul territorio (al cui contenuto non è stato peraltro  dato significativo risalto mediatico), in base alla quale il certificato di nascita dovrebbe essere garantito a prescindere dal possesso del permesso di soggiorno.
Ma si sa, la forza di una circolare cede rispetto al contenuto della legge, e allora, nel silenzio normativo, e in ragione del generale obbligo di denuncia, la circolare potrebbe essere disapplicata.
La Chiesa si appresta a celebrare due importanti appuntamenti: il Sinodo ordinario (4-25 ottobre 2015) e il Quinto Convegno Ecclesiale Nazionale  (Firenze 9 -13 novembre 2015). In nome della solidarietà e della vicinanza che emerge dalla lettura di tutti i documenti preparatori agli appuntamenti suindicati (….a tutti costoro va annunciato che Dio non abbandona mai nessuno…), mentre ricordiamo che le norme internazionali e le leggi del nostro Stato riconoscono il diritto del bambino alla famiglia (“il pilastro fondamentale e irrinunciabile del vivere sociale”), non possiamo tacere che altra norma presente nell’ordinamento italiano dal 2009 nega ai figli dei migranti privi di permesso di soggiorno il certificato di nascita che è più di un semplice diritto perché riguarda il modo in cui la società riconosce l’identità e l’esistenza di un bambino ed è fondamentale per garantire che i bambini non vengano dimenticati, che non vedano negati i propri diritti o che siano esclusi dall’avere una famiglia. Perciò chiediamo che fra le forme di solidarietà che si esprimeranno nel ‘nuovo umanesimo’ – tema del Quinto Convegno Ecclesiale Nazionale del prossimo novembre – si faccia riferimento anche a quei nuovi nati che la legge italiana condanna e non esistere. Speriamo quindi che la Chiesa che si riunirà in Firenze voglia esprimersi con chiarezza in merito alla necessità di assicurare che il certificato di nascita sia garantito per legge a tutti i nuovi nati in Italia, come chiede anche la Caritas italiana insieme ai firmatari dell’ottavo rapporto del Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza. 

don Claudio Como, parroco delle parrocchie del SS. Redentore e di S. Quirino
Paolo Agosti     (Referente per la parrocchia di San Quirino nel Consiglio Pastorale Unificato)
Franco Zoratti (Referente per la parrocchia del SS. Redentore nel Consiglio Pastorale Unificato)

 

14 Agosto 2015Permalink

13 agosto 2915 -Dal blog di Max Mauro – La mia casa è dove sono felice

Trascrivo dal blog di Max Mauro che devo imparare a guardate più spesso

Essere campioni è un dettaglio, ovvero la deriva reazionaria di Boniek

Essere campioni è un dettaglio. La celebre frase di Socrates (il calciatore brasiliano morto nel 2011, per chi non mastica calcio) trova amara applicazione in una storia che ci giunge dalla Polonia. Il protagonista è Zbigniew Boniek, classe 1956, detto ‘Zibì’, noto alle cronache calcistiche nostrane soprattutto per avere condiviso con Michel Platini alcune fortunate stagioni alla Juventus negli anni ottanta dello scorso secolo. E’ preistoria, per chi ha meno di quarant’anni, ma tant’è. Boniek è una leggenda vivente del calcio polacco e dal 2012 è il presidente della federazione calcistica di quel paese, dopo aver provato anche ad allenare la nazionale. Ha provato ad allenare anche in Italia, ma senza troppa fortuna. Boniek è uno a cui piacciono le luci della ribalta e interpreta in maniera molto liberale il suo ruolo istituzionale. Ha un account di Twitter dal quale lancia messaggi a cadenza quotidiana, spesso più messaggi al giorno. Pubblica foto di sé stesso a torso nudo (un novello Putin?) e commenta su ciò che gli pare. E’ probabilmente gratificato dall’avere 300.000 persone che lo seguono e non si trattiene, non riesce a trattenersi, forse non ci prova proprio. Alcuni giorni fa ha postato la fotografia di un membro dell’Associazione antirazzista Never Again accusandolo di gettare discredito sul calcio polacco. L’antefatto: la scorsa settimana il Lech Poznan, attuale campione di Polonia, è stato multato dalla UEFA perché i suoi tifosi hanno esposto uno striscione neonazista durante la partita di Champions League contro l’FK Sarajevo. La UEFA ha condannato la società a giocare la prossima partita a porte chiuse e a pagare una multa di 50.000 Euro. Va detto che questo è solo l’ultimo di una serie di episodi deprecabili che hanno visto protagonisti gli “ultras” di Poznan, noti per le inclinazioni neonaziste. La UEFA aveva già richiamato al società a un maggiore controllo della propria tifoseria nel 2011 e nel 2013, comminando sanzioni più leggere. Never Again è partner polacco di Football Against Racism Europe (FARE), che collabora con la UEFA nelle campagne contro il razzismo e le discriminazioni nel calcio. La UEFA pone molta attenzione ad evitare che gli stadi vengano utilizzati per promuovere ideologie razziste e neonaziste. Controlla e sanziona regolarmente le società che non impediscono che questo accada. Purtroppo ciò capita di frequente nell’Europa dell’Est, e la Polonia non fa differenza. A Boniek tutto questo non deve far piacere. No, capiamoci, a lui non importa che il suo paese abbia una fama di paese razzista e fortemente nazionalista, ma che il ‘suo’ calcio venga punito perché si fa tramite di simili ideologie. Il problema non sono le idee balorde di Boniek ma il modo in cui le comunica, facendo un uso a dir poco sconsiderato della sua fama e del suo ruolo istituzionale. Non pago di aver esposto una persona alle attenzioni di migliaia di forsennati razzisti che ovviamente non hanno perso tempo a lanciare minacce commentando il sul post con frasi tipo: “Smettiamola di pensare! Spacchiamogli la faccia!”. Non pago di aver messo a repentaglio la vita di una persona e dei coraggiosi attivisti della sua associazione, Boniek ha anche re-twittato un “articolo” pubblicato su un blog neofascista dal titolo piuttosto eloquente: “Il verme rosso e la spia comunista Jacek Purski” (Purski è la persona messa alla gogna mediatica da Boniek). Se pensate che questo basti e avanzi per demolire l’immagine di Boniek, vi sbagliate. Lui è proprio convinto di essere nel giusto. Continua a comunicare con questi toni sul suo account di twitter e ha persino scritto una lettera alla UEFA offrendo spicciole lezioni di storia, spiegando che nella “coscienza collettiva” del suo paese “il comunismo è stato un regime criminale come il nazismo” e conseguentemente “anche i simboli comunisti dovrebbero essere proibiti”. Questa ultima frase è forse il messaggio più inquietante, perché se l’uso dei social media può dare alla testa e magari una persona di una certa età (Boniek ha 59 anni) può non essere completamente in controllo del mezzo, una lettera ufficiale è altra cosa. Ora rimane da capire come si comporterà la UEFA di fronte a queste uscite di uno dei maggiori esponenti del calcio europeo. Scusi sig. Boniek, ma quanti “simboli comunisti” vede negli stadi del suo paese o, per esempio, in Russia? Non si è accorto che clima si vive in molti stadi in Polonia? Se siete arrivati fino a qui e avete pensato, magari anche involontariamente: beh, questo è peggio di Tavecchio, allontanate quel pensiero. Boniek è cittadino italiano e trascorre molto del suo tempo nella sua casa di Roma. Suo figlio ha frequentato le scuole e l’università in Italia. Se le cose buttassero male in Polonia Boniek potrebbe fare un pensierino alle presidenza della FIGC. Chissà. Nel frattempo raccoglie consensi su Twitter tra i suoi non pochi “followers” italiani.

Essere campioni è un dettaglio, ovvero la deriva neofascista di Boniek

13 Agosto 2015Permalink