5 Dicembre 2011 – Neonati ammessi ad esistere (forse)

XVI LEGISLATURA CAMERA DEI DEPUTATI
N. 4756 PROPOSTA DI LEGGE
d’iniziativa dei deputati LEOLUCA ORLANDO, DI GIUSEPPE, MONAI.

Modifica all’articolo 6 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno
Presentata il 7 novembre 2011
Onorevoli Colleghi! — La legge n. 94 del 2009, in materia di sicurezza pubblica, ha modificato il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998. In particolare, la lettera g) del comma 22 dell’articolo 1 della legge n. 94 del 2009 ha modificato il comma 2 dell’articolo 6 del testo unico in materia di obbligo di presentazione di documenti attestanti il soggiorno per gli stranieri: la nuova formulazione, nell’ambito dei provvedimenti esclusi dall’obbligo di presentazione di documenti attestanti il soggiorno, espungeva l’esplicito riferimento agli atti di stato civile e all’accesso ai servizi pubblici sostituendolo con quello inerente all’accesso alle prestazioni sanitarie e con quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie. Premesso che il citato comma 2, anche nel testo modificato, è stato di fondamentale importanza per la tutela della maternità, della salute e dell’istruzione – diritti fondamentali e diritti umani ma, soprattutto, di primario interesse pubblico – di tutte le persone extracomunitarie presenti, anche illegalmente, nel nostro Paese, in quanto non obbligava le persone in situazione di bisogno sanitario urgente alla presentazione del permesso di soggiorno per ottenere le cure adeguate, non altrettanto può dirsi degli atti di stato civile – quali nascita, stato di famiglia e morte degli stranieri – in ordine ai quali la modifica apportata della legge n. 94 del 2009 ha creato dubbi interpretativi, cioè se questi atti siano o meno esentati dall’attestazione del soggiorno. Di diversa natura, ma altrettanto problematico, è il nuovo riferimento alle prestazioni scolastiche obbligatorie – in luogo del più generico «accesso ai servizi pubblici» – dalle quali risulterebbero esclusi le scuole dell’infanzia e gli asili nido.
La necessità di chiarimenti sulle questioni inerenti allo stato civile introdotte dalla legge n. 94 del 2009 è testimoniata dalla tempestiva emanazione di una circolare del Ministero dell’interno – n. 19 del 7 agosto 2009, protocollo n. 0008899 – la quale chiariva, al punto 3, che «Per lo svolgimento delle attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita dello stato civile) non devono essere esibiti documenti inerenti al soggiorno trattandosi di dichiarazioni rese, anche a tutela del minore, nell’interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto».
Le indicazioni, pur lodevoli, della circolare, appaiono giuridicamente contraddittorie rispetto al tenore della normativa che, con tale strumento, non può ritenersi né sostituita né interpretata e da cui esplicitamente emerge la volontà di sopprimere il riferimento agli atti di stato civile.
In termini pratici, ciò che ne consegue è l’impreparazione degli uffici di molti enti locali in ordine a ciò che occorre applicare e la mancata registrazione di nascita da parte dei genitori extracomunitari per paura di denunce e di espulsioni, non costituendo la circolare, per loro, uno scudo sufficiente.
Dal Ministero dell’interno sono giunte a suo tempo rassicurazioni in ordine al diritto al riconoscimento dello status di figlio indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori, status che, ove mancante, lederebbe un diritto assoluto del figlio in quanto, in assenza dell’atto di nascita, risulterebbe inesistente dal punto di vista delle regole dell’ordinamento giuridico.
La Costituzione garantisce tutti i diritti a tutti i soggetti, senza distinzione alcuna, e in particolare afferma il principio dell’inviolabilità del diritto del nato, alla stregua di quanto sancito in materia di tutela dei minori dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva dalla legge n. 176 del 1991.
In armonia con lo spirito e con i dichiarati intenti della circolare ministeriale, nella ricerca di uno strumento idoneo a fugare ogni dubbio, si propone una modifica espressa alla normativa vigente al fine di escludere dall’obbligo di esibizione di documenti attestanti il soggiorno i provvedimenti inerenti agli atti di stato civile e alle prestazioni scolastiche delle scuole dell’infanzia e degli asili nido.

PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Il comma 2 dell’articolo 6 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
«2. Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo, per i provvedimenti inerenti agli atti di stato civile, per i provvedimenti inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 e per quelli attinenti all’accesso a pubblici servizi e alle prestazioni scolastiche nelle scuole di ogni ordine e grado, compresi le scuole dell’infanzia e gli asili nido, i documenti inerenti al soggiorno di cui all’articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni e altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati».

Per raggiungere questo testo:
www.camera.it
Alla voce; Progetti di legge – scrivere 4756
Compare la voce relativa
Clic su Scheda del progetto di legge
Clic su Testi
Sotto la voce ‘testi disponibili’ compare la possibilità di accesso alla voce C.4756 (formato word) e PDF (per il formato in pdf).

5 Dicembre 2011Permalink

2 dicembre 2011 – Proposta di legge per la registrazione anagrafica dei figli di sans papier.

Il nuovo governo forse ha creato le condizioni perché il parlamento possa esprimersi anche su di un aspetto del ‘pacchetto sicurezza’ di cui questo blog si occupa da quasi tre anni.  In questo clima alcuni deputati hanno firmato la proposta 4756.
Insieme a un’amica abbiamo deciso di impegnarci anche perché percorra un veloce iter fino alla su approvazione.
Abbiamo affidato il nostro desiderio a una corrispondenza che trascrivo.

Lettera al presidente Napolitano

Udine 24 novembre 2011

Egregio Presidente,
i due discorsi che Lei ha pronunciato il 15 e il 22 di novembre, l’uno dedicato ai ‘Nuovi Cittadini italiani’ e l’altro rivolto ai rappresentanti della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, ci sono stati di grande conforto. In entrambi infatti Lei ha fatto riferimento a bambini e ragazzi, nati in Italia o arrivati da noi  anche molto piccoli,  ma non italiani.
Grande fonte di speranza, li ha definiti e ne ha ricordato dispiacere e meraviglia perché, mentre si sentono italiani,  percepiscono la loro diversitànella vita quotidiana, nei sentimenti, nella percezione della propria identità’.
Con una acrobatica proiezione nel futuro una ragazzina (8 anni) annunciava in famiglia ‘Il quattro novembre saremo tutti italiani’. La maestra, cui la mamma si era rivolta per capire, aveva approfittato di un’occasione storica per parlare non di guerre e vittorie ma di fratellanza, di unità, di convivenza e in quei desideri quella bimbetta si era ritrovata cittadina, anche se non lo era. Venga la legge che cittadina la riconoscerà anche formalmente  per ritrovarci con lei, negli stessi valori.
Ma anche fra i migranti, egregio presidente, ci sono diversità che oggi non basta la volontà di riconoscere cittadino chi nasce sul nostro territorio – a prescindere da un’arcaica legge del sangue – a superare.
Infatti la lettera g) del comma 22 dell’art.1  della legge 94 del 2009 impone – cancellando la norma del precedente Testo Unico del 1998 che tanto non richiedeva – di presentare un adeguato titolo di soggiorno per la richiesta di registrazione di atti di stato civile, quelli che in una recente sentenza la Corte Costituzionale ha dichiarato appartenere «ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani», di talché la «condizione giuridica dello straniero non deve essere pertanto considerata – per quanto riguarda la tutela di tali diritti – come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi»
La Corte si è espressa riferendosi specificatamente ai matrimoni (la cui richiesta di celebrazione per due anni ha messo i non aventi titolo di soggiorno a rischio espulsione)  ma in questa fattispecie rientrano anche i certificati di nascita che difendono il nuovo nato dal rischio di essere apolide e assicurano ai suoi genitori il diritto di riconoscerlo figlio senza che la loro gioia sprofondi nella paura della cacciata.
Persino il precedente governo deve essersi accorto dell’incongruità di questa norma se, pochi giorni dopo aver acquisito l’approvazione con voto di fiducia della legge 94, ha emanato una precipitosa circolare interpretativa che –per i nuovi nati – dice il contrario della legge stessa.
Ma, pur se ammettiamo che la circolare sia stata diligentemente applicata e che le procedure abbiano avuto un tale carattere di trasparenza da vincere la paura dei migranti a presentarsi in comune per quella registrazione, restiamo offesi noi cittadini italiani dall’avere nel nostro ordinamento una norma che nega persino ai neonati un diritto che loro appartiene in quanto esseri umani.
Vogliamo esprimere anche a Lei, oltre a un nuovo grazie, la speranza che il Parlamento, ritrovando la dignità di un ruolo e lo spazio per esprimerla, sappia rimediare anche a questo vulnus.
Cordialmente
Augusta De Piero  –  Adriana Libanetti

Chi volesse leggere i due discorsi del Presidente citati sopra potrà farlo nell’ordine da qui e da qui.

Ancora lettere

Abbiamo poi inviato una lettera con simili contenuti al nuovo ministro alla Cooperazione internazionale e l’integrazione e infine abbiamo voluto sollecitare anche il Presidente della Camera nella speranza che voglia farsi carico di un’agenda in cui la proposta n, 4756 inizi presto il suo iter.

Egregio Presidente,
confortate dalle nobili parole del Presidente della Repubblica,  con enorme sollievo vediamo emergere un significativo interesse politico per il problema della cittadinanza ai figli di migranti stranieri, posto con determinazione da una campagna di promozione di una legge a iniziativa popolare.
Ci permettiamo di ricordarLe –oltre al problema del riconoscimento del diritto di cittadinanza a chi nasca nel nostro territorio – che la legge italiana prevede che i migranti privi di permesso di soggiorno,  per registrare la nascita di un figlio (assicurandolo così dal rischio di diventare apolide) devono presentare un titolo di soggiorno che – per contraddizion che nol consente- non hanno (lettera g comma 22 art. 1 legge 94/2009).
Su questo argomento ci risulta essere all’attenzione della Camera la proposta di legge n. 4756, primo firmatario l’on. Leoluca Orlando, “Modifica all’articolo 6 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno” .
Ci rendiamo conto che la dimensione del problema non è quantitativamente rilevante e che in ogni caso una circolare interpretativa, emanata pochi giorni dopo l’approvazione della legge 94, rende operativamente possibile la registrazione dell’atto di stato civile in legge negato.
Siamo però consapevoli della realtà della paura dei genitori interessati (stimolata anche da devastanti campagne xenofobe promosse dalla Lega Nord) e soprattutto dal fatto che noi, in quanto cittadini italiani, siamo offesi dalla presenza nel nostro ordinamento di una norma che fa dipendere l’esistenza di un neonato da una discriminante burocratica.
Le chiediamo quindi che nell’esercizio del suo mandato  istituzionale  voglia assumere iniziative che consentano un rapido iter alla citata proposta di legge 4756.
Augusta De Piero  –  Adriana Libanetti  – 

Il Presidente della Camera risponde

A strettissimo giro di posta abbiamo ricevuto la risposta dalla segreteria del Presidente Fini:

Si comunica che il Presidente ha disposto la trasmissione della Sua e-mail alla Commissione parlamentare competente, affinché’ i deputati che ne fanno parte possano prenderne visione ed assumere le iniziative che ritengano opportune.
Con i migliori saluti.
La Segreteria del Presidente della Camera dei deputati

Nello scritto che segue, Una storia noiosa e qualche commento, si può trovare molta documentazione tratta dal mio blog.
Rivederlo oggi mi è servito a ordinare la mia memoria e a rafforzare molte mie perplessità.

2 Dicembre 2011Permalink

2 dicembre 2011 – Una storia noiosa e qualche commento.

Alcune tappe di una storia noiosa.

Il 2 agosto del 2010 l’on, Orlando ha presentato un’interrogazione sulla questione che potrete leggere da qui.
Nel timore che finisse nel calderone delle interrogazioni inevase ho scritto al Presidente della Camera, per sollecitarlo a garantire un riscontro alla interrogazione Orlando.
La relativa corrispondenza può leggere qui.
Il sollecito del Presidente della Camera ha portato a una risposta scritta dell’allora sottosegretario Davico, un piccolo capolavoro di sintesi della rozzezza di un’intelligenza devastata dal pregiudizio che merita una lettura per aiutarci a ricordare quel che abbiamo passato e forse superato (ma non sono sicura).
Il 6 dicembre 2010 la Società Italiana  di Medicina delle Migrazioni (SIMM) affrontava il problema  in un suo documento. Il tema sarebbe stato ripreso il 24 dicembre di quest’anno in un comunicato del GrIS del Friuli Venezia Giulia, Gruppo locale Immigrazione e Salute della SIMM.
Sempre nel dicembre 2010 ho scritto al Presidente della Repubblica che mi ha risposto tramite, naturalmente, la sua segreteria  (corrispondenza leggibile da qui).
Per ciò che concerne l’informazione locale devo segnalare che, oltre al comunicato del GrIS citato sopra, ho sempre trovato spazio sul mensile udinese Ho un sogno e ho potuto scrivere un articolo su Il Gallo di Genova lo scorso mese di marzo.

L’amaro piacere di qualche commento

Evidentemente non riesco a liberarmi da ingenuità che l’esperienza imposta dall’età non dovrebbe consentirmi e quindi sono rimasta sconcertata dalle reazioni  che ho avuto modo di registrare quando parlavo  del problema della registrazione anagrafica dei figli di sans papier. Nello stesso tempo voglio tenere ben fermo il mio diritto all’indignazione e, qualche volta, al disgusto.
Mi è stato detto che ‘non è possibile quindi non è vero’, che ‘in questa situazione (Berlusconi ancora regnante) non ci sentiamo di parlare’, che ‘non protestiamo, ci affidiamo alla  sensibilizzazione’ o –meglio- ‘alla pancia’ (testuale e detto da donne … signore mie se nel ’74 ci fossimo avvitate sulle emozioni delle nostre pance non avremmo il divorzio!) e via blaterando…
Drammaticamente in molte associazioni ci si è affidati alla circolare del 2oo9 che ‘interpreta’ la legge dicendone il contrario e ammettendo quindi la registrazione anagrafica dei neonati.
Altro non poteva fare quello sciagurato ministero dell’interno, pena subire un richiamo da parte delle istituzioni europee, ma, se va detto ad onore degli operatori che collegando circolare e altre norme a tutela della maternità presenti nel testo unico del 1998 (che né la legge Bossi-Fini né il pacchetto sicurezza erano riusciti a cancellare),  riuscivano a proteggere neonati e genitori, non posso dimenticare che anche in associazioni sedicenti democratiche e sensibili (sic! Odio la sensibilità incompetente!|) correva voce che la situazione fosse sistemata, appunto con la circolare.
Ormai il criterio della beneficenza dilagante ad onore (e forse piacere) di chi la pratica e l’abbandono programmatico di ogni dignità di cittadinanza percorre –da destra a sinistra- tutta la nostra società che fu civile.
Per carità di patria non mi soffermo sul silenzio dei sindaci, pavidi minuscoli podestà, ignari del ruolo che dovrebbero esercitare nei confronti di tutti coloro che vivono – e nascono – nel loro territorio.

I matrimoni

A proposito della mia ingenuità colpevole di cui sopra, pur sapendo che la legge 94 del 2009 (lettera g comma 22 articolo 1) colpiva tutti gli atti di stato civile –e quindi oltre alla registrazione delle nascite negava anche quella dei matrimoni di chi non potesse presentare titolo di soggiorno – mi ero concentrata sulle nascite perché mi sembrava che la guerra ai neonati fosse quanto di più ripugnante si potesse segnalare (e comunque a tanto non erano arrivate nemmeno le leggi razziali del 1938).
L’indifferenza generale mi ha insegnato che non è così e, se la Corte Costituzionale è potuta intervenire a cancellare il divieto a celebrare matrimoni di persone prive di permesso di soggiorno (il pacchetto sicurezza aveva provveduto anche a una modifica del codice civile!), è stato perché una coppia mista  ha fatto ricorso contro il rifiuto dell’ufficiale di stato civile di non so quale comune siciliano  e ha vinto la causa, per sé e per tutti gli altri che si troveranno nelle stesse condizioni (ma chi rimedierà ai danni compiuti nei due anni trascorsi? Chi chiederà perdono per aver negato l’esercizio di diritti fondamentali che spettano a tutti in condizioni di uguaglianza?  E a chi? Non credo che i sindaci che abbiano detto no alla celebrazione di matrimoni di sans papier abbiano preso nota del nome delle persone offese nell’ipotesi di poter rimediare in futuro).
Bisogna rendere onore a quei pochi che ancora esercitano il loro dovere di parola là dove è possibile, che ancora sanno cosa significhi un diritto  e non si limitano all’urlo o al piagnisteo che collega – in un sordido clima emotivo – chi non sa – o non vuole – fare altro.
Particolarmente interessante a questo proposito la posizione della chiesa cattolica i cui ministri di culto  nell’atto di celebrare matrimoni sono ufficiali di stato civile e si sono accodati al no dei sindaci che, consapevoli o inconsapevoli che fossero, li coinvolgeva.
Sull’argomento matrimoni, di cui ho trovato notizie nel sito della Associazione Studi Giuridici Immigrazione (ASGI),  ha pubblicato un mio articolo la rivista Confronti (novembre 2011 –www.confronti.net).

2 Dicembre 2011Permalink

23 Novembre 2011 – “Una follia negare la cittadinanza”

“Una follia negare la cittadinanza” , così titola la stampa del 22 novembre, facendo riferimento al discorso pronunciato dal Presidente della Repubblica il 15 novembre  e che è possibile leggere per intero nel sito del Quirinale (si può fare anche da qui).
Così il Presidente esprime la sua consonanza con la legge a iniziativa popolare per cui vengono raccolte le firme nel contesto dell’iniziativa ‘L’Italia sono anch’io’  (per chi fosse interessato ricordo che, oltre che nei  banchetti che vengono promossi in luoghi vari delle città italiane,  è possibile  firmare anche negli uffici elettorali dei comuni).
Sempre da La Stampa apprendo che il senatore Marino ha depositato un disegno  di legge conforme a quello a iniziativa popolare, firmato da 113 senatori, di cui ho trovato notizia nel sito web del senatore che potete raggiungere anche da qui)  

Contrastare la discriminazione  –  Pro memoria.

Sono pienamente convinta che l’attribuzione della cittadinanza ai nuovi nati risolverebbe  (non oso ancora dire risolverà: nella pervasività della cultura della paura e della discriminazione, che la Lega Nord ha saputo abilmente suscitare, l’indicativo mi sembra troppo impegnativo) la maggior parte dei problemi che si oppongono a misure di civiltà relative a precisi diritti fondamentali.
Voglio ricordare la definizione datane dalla Corte Costituzionale che  ha detto come  tali diritti appartengano «ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani», di talché la «condizione giuridica dello straniero non deve essere pertanto considerata – per quanto riguarda la tutela di tali diritti – come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi»
La Corte si è espressa, riferendosi specificatamente ai matrimoni, con la sentenza n.245 dello scorso mese di luglio  (leggibile da qui) di cui ho scritto nel mio pezzo del 6 agosto.
Dopo che è stata pubblicizzata l’iniziativa de l’Italia sono anch’io alcuni comuni hanno comunicato ai residenti stranieri che compivano 18 anni – e che, diventando maggiorenni, non avrebbero potuto giovarsi del ricongiungimento familiare o di altre forme di tutela riservata ai minori – la possibilità di chiedere la cittadinanza italiana.
Ne ho scritto, ricordando che tale iniziativa è stata condivisa anche dal comune di Udine.
nel mio pezzo del 10 novembre che si può leggere da qui.

Last but not least: figli di sans papier.

Finalmente posso ordinatamente segnalare alcune importanti  iniziative positive.
Resta per me fondamentale la problematica della discriminazione, già al momento della registrazione anagrafica, dei figli di immigrati irregolari.
Ne ho scritto tante volte e, azionando i tag bambini o anagrafe, ne uscirà un materiale forse eccessivo, ma non avevo altro mezzo che scrivere per dire che io non  ci sto.
Ci sono casi in cui al responsabilità personale diventa ineludibile.
A titolo di informazione cito soltanto il mio articolo pubblicato dalla rivista Il Gallo che è leggibile anche da qui.
Fortunatamente della questione si è fatto carico il Gruppo immigrazione e salute – GrIS  del Friuli Venezia Giulia con il comunicato che ancora una volta trascrivo

Il Gruppo Immigrazione e Salute (GrIS) Friuli Venezia Giulia (della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni – SIMM) ha aderito alla campagna ‘L’Italia sono anch’io’ che promuove due proposte di legge a iniziativa popolare relative ai diritti dei migranti.
In particolare il GrIS del FVG ritiene che la proposta di Nuove norme sulla Cittadinanza, riconoscendo ad ogni nuovo nato in Italia il diritto ad esserne cittadino, attengano direttamente ai propri obiettivi di promozione della salute come diritto umano al completo benessere fisico, mentale e sociale, come ribadito, nel maggio di quest’anno, dalle “Raccomandazioni finali dell’XI Congresso della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni”.
Poiché è chiaro che un diritto è tale solo se si declina in termini di uguaglianza, il GrIS del FVG non può non guardare con preoccupazione alla legislazione in vigore che – dal 2009- impone ai migranti irregolari che vogliano registrare la nascita del proprio figlio la presentazione del permesso di soggiorno, documento che – per definizione – non possiedono.
Qui non si tratta di attribuzione di cittadinanza ma di garantire ad ogni bambina e ad ogni bambino sin dalla nascita, un nome e una nazionalità, come vuole la Convenzione di New York del 1989 che in Italia è legge (n.176/1991) evitandone la discriminazione in nome di un cavillo burocratico.
L’assenza di un certificato di nascita comporta gravi conseguenze per la tutela della salute.
Siamo al corrente che è stata precipitosamente emanata dal governo, a pochi giorni dall’approvazione del ‘pacchetto sicurezza’ una circolare interpretativa che apre una procedura che rende possibile la registrazione anagrafica delle nascite. Ma ciò non basta.
La Corte Costituzionale ci ha recentemente ricordato che i diritti inviolabili dell’uomo, di cui leggiamo negli artt. 2 e 3 della Costituzione, appartengono “ai singoli, non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”. Non possiamo perciò accettare che il diritto alla salute, di cui anche come operatori del settore siamo garanti, e ogni altro diritto inviolabile che appartiene ad ogni essere umano, sia affidato per alcuni bambini alla labilità di una circolare e non a una norma di legge che regoli la nostra convivenza civile.
Chiediamo perciò al Parlamento italiano di modificare con la necessaria urgenza la lettera g) del comma 22 dell’art. 1 della legge 94 del 2009 (cd. pacchetto sicurezza). 

Una risposta

La richiesta conclusiva del comunicato ha trovato una risposta il cui primo segnale è visibile nel sito della camera dei deputati.
Trascrivo:
Atto Camera: 4756 Proposta di legge: LEOLUCA ORLANDO: “Modifica all’articolo 6 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno”.
Per ora un indizio, spero che quanto prima venga pubblicato il testo della proposta.
Ne darò immediatamente notizia.

Sono pienamente consapevole che la circolare interpretativa di cui parla il comunicato (e ampiamente illustrata nell’articolo de Il gallo)  è stata utile strumento per chi, con competenza e onestà, si occupa di assistere gli immigrati nell’espletamento delle procedure che li riguardano ed è stata rispettata dai comuni non inquinati dal flusso dilagante di inciviltà.
Ma, se a un operatore –vuoi dell’ente locale vuoi del mondo associativo- tanto può bastare, non è così per un cittadino che, in quanto tale, non può accettare che motivi di discriminazione dichiarati in legge costringano un neonato a non avere genitori che la legge riconosca e a diventare apolide.
E’ per questo che da tre anni – e sono stati anni di frustrazioni e delusioni cocenti – mi occupo della registrazione anagrafica dei neonati figli di immigrati irregolari.

La peste è contagiosa.

Prima sono venuti a prendere gli zingari,
e noi non abbiamo protestato perché non eravamo zingari;
poi sono venuti a prendere gli ebrei,
e noi non abbiamo protestato perché non eravamo ebrei;
poi sono venuti a prendere i comunisti,
e noi non abbiamo protestato perché non eravamo comunisti;
poi sono venuti a prendere gli omosessuali,
e noi non abbiamo protestato perché non eravamo omosessuali;
infine sono venuti a prendere noi,
e non c’era più nessuno capace di protestare.
Martin Niemöller

23 Novembre 2011Permalink

24 ottobre 2011 – Anagrafe e cittadinanza – Un intervento importante

GrIS e bambini irregolari

Ricevo e riporto integralmente.  Per conoscere il GrIS andare a Simmweb e procedere secondo le indicazioni  

  

      GrIS Fvg     s.i.m.m.         

      Gruppo Immigrazione Salute Friuli Venezia Giulia            

     Società Italiana di Medicina delle Migrazioni    

  “anagrafe e cittadinanza: bambini irregolari ? “   

Il Gruppo Immigrazione e Salute (GrIS) Friuli Venezia Giulia (della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni – SIMM) ha aderito alla campagna ‘L’Italia sono anch’io’ che promuove due proposte di legge a iniziativa popolare relative ai diritti dei migranti.
In particolare il GrIS del FVG ritiene che le proposte di Nuove norme sulla Cittadinanza, riconoscendo ad ogni nuovo nato in Italia il diritto ad esserne cittadino, attengano direttamente ai propri obiettivi di promozione della salute come diritto umano al completo benessere fisico, mentale e sociale, come ribadito, nel maggio di quest’anno, dalle ” Raccomandazioni finali dell’XI Congresso della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni “
Poiché è chiaro che un diritto è tale solo se si declina in termini di uguaglianza, il GrIS del FVG non può non guardare con preoccupazione alla legislazione in vigore che – dal 2009- impone ai migranti irregolari che vogliano registrare la nascita del proprio figlio la presentazione del permesso di soggiorno, documento che – per definizione – non possiedono.
Qui non si tratta di attribuzione di cittadinanza ma di garantire ad ogni bambina e ad ogni bambino sin dalla nascita, un nome e una nazionalità, come vuole la Convenzione di New York del 1989 che in Italia è legge (n.176/1991) evitandone la discriminazione in nome di un cavillo burocratico.  

L’assenza di un certificato di nascita comporta gravi conseguenze per la tutela della salute.  

Siamo al corrente che è stata precipitosamente emanata dal governo, a pochi giorni dall’approvazione del ‘pacchetto sicurezza’ una circolare interpretativa che apre una procedura che rende possibile la registrazione anagrafica delle nascite.
Ma ciò non basta.
La Corte Costituzionale ci ha recentemente ricordato che i diritti inviolabili dell’uomo, di cui leggiamo negli artt. 2 e 3 della Costituzione, appartengono “ai singoli, non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”.
Non possiamo perciò accettare che il diritto alla salute, di cui anche come operatori del settore siamo garanti, e ogni altro diritto inviolabile che appartiene ad ogni essere umano, sia affidato per alcuni bambini alla labilità di una circolare e non a una norma di legge che regoli la nostra convivenza civile.
Chiediamo perciò al Parlamento italiano di modificare con la necessaria urgenza la lettera g) del comma 22 dell’art. 1 della legge 94/2009 (cd. pacchetto sicurezza).  

LA SALÛT E JE DI DUCJ
ZDRAVJE JE ZA VSIH
GESUNDHEIT IST FUER ALLE
ZDRAVLJE SVIMA
SHENDETI ESHTE PER TE GJITHE
SANATATEA ESTE A TUTUROR
GOOD HEALTH FOR ALL
LA SANTÉ POUR TOUS
LA SALUD ES PARA TODOS

Il GrIS è la prima associazione friulana che reagisce positivamente al richiamo della problematica dei diritti civili per i neonati, figli di immigrati irregolari.

A questo punto vorrei fare un breve bilancio dalle situazioni che ho conosciuto negli ultimi tre anni, ma attendo il consenso alla presentazione  di un documento che condivido completamente, ma non è mio.
Appena avrò un sì o un no alla pubblicazione riprenderò il discorso

Ritorno al mio blog del 21 ottobre – La morte di Gheddafi

Ritorno al 21 ottobre con un  link a un articolo di Caracciolo che introduce elementi di estremo interesse per collocare nel complicato scacchiere medio orientale la vicenda libica e segnatamente la morte (esecuzione?) di Gheddafi.

Ecco da Repubblica del 22 ottobre Islamismo e petrolio

L’ ESECUZIONE d i Gheddafi sarà forse l’ inizio della fine della rivoluzione libica. Forse. Di certo è una tappa importante della controrivoluzione geopolitica pilotata dalle petromonarchie del Golfo e dagli islamisti. Ossia dagli esclusi della prima ondata insurrezionale che dal 17 dicembre 2010 ha scosso il Nordafrica, a partire dalla Tunisia e dall’ Egitto. Sisma percepito con terrore dall’ Arabia Saudita e dai suoi satelliti nel Golfo. Regimi assolutisti che sposano il pubblico purismo islamico (di rado praticato in privato) al vincolo strategico con l’ America, fondato sullo scambio fra energia araba e asset militari a stelle e strisce rivolti contro l’ arcinemico comune: l’ Iran. Dopo il panico, la prima profilassi sotto specie di pioggia di dollari: quasi duecento miliardi elargiti pronta cassa dal re saudita ai suoi grati sudditi, varie decine dagli emiri del Golfo. Ma due eventi chiave marcano quasi contemporaneamente l’ avvio della controrivoluzione: l’ invasione saudita del Bahrein e la guerra per rovesciare Gheddafi, erratico nemico di Riyad e di quasi tutti i regimi arabi, oltre che degli islamisti. Il 12 febbraio le truppe saudite entrano a bandiere spiegate nel Bahrein in rivolta, nel timore che cada in mani iraniane. Buon esempio di “aiuto fraterno” che in tempi e contesti diversi avrebbe suscitato almeno la riprovazione delle nostre democrazie. Nulla di ciò. Anzi, sospiri di sollievo a Washington come a Londra, a Pechino come a Berlino, a Tokyo come a Parigi. Insomma ovunque si teme che la primavera araba possa estendersi ai custodi del più strategico tesoro energetico – le monarchie arabe del Golfo – tralignando in inverno globale. Proprio in quei giorni maturava in Cirenaica la rivolta contro Gheddafi. Dove l’ insofferenza popolare per l’ oppressione del duce libico affrettava il tentativo di colpo di Stato di alcuni ex fedelissimi del colonnello, supportati dall’ intelligencee da forze speciali francesi e britanniche. Scarsa attenzione si dedicava alla contingenza che le prime armi fossero state distribuite ai ribelli da un commando islamista che aveva assaltato la caserma di Derna. Meno ancora al fatto che l’ organo principe della disinformazione rivoluzionaria si confermava Al Jazeera, canale satellitare qatarino controllato dal più autocratico fra i petromonarchi, l’ emiro al-Thani. Un dittatore che vuole esportare la democrazia, sia pure molto lontano da casa sua – meglio, per tenercela lontana: un paradigma da segnalare nei futuri manuali di politologia. Quasi inosservata passerà poi la recente notizia delle dimissioni del direttore di Al Jazeera, smascherato da WikiLeaks come agente della Cia e prontamente sostituito da un cugino dell’ emiro. Inoltre, solo nella liberazione di Tripoli verrà pienamente in luce il ruolo decisivo delle brigate islamiste nella liquidazione del regime, ben più robuste delle raccogliticce milizie del Consiglio nazionale di transizione, referente dei francoinglesi e della Nato nella guerra contro Gheddafi. Le brigate islamiste erano e restano guidate da un jihadista doc come Abdel Hakim Belhaj. A ispirarle è lo sceicco Ali al-Salabi, esponente dei Fratelli musulmani, il quale ha chiesto e probabilmente otterrà le dimissioni del “primo ministro” del Cnt, Mahmud Jibril, e degli altri “secolaristi”. Di qui le persistenti rivalità fra i rivoluzionari libici, che si contendono armi in pugno quote di potere e di territorio. In attesa di stabilire chi sortirà vincitore dalla partita fra gli eversori del gheddafismo – temiamo ci vorrà del tempo e del sangue – questi e molti altri elementi inducono a stabilire che la rivoluzione libica segni insieme la fine di un’ odiosa tirannia e un passaggio rilevante nella controrivoluzione guidata dalle petromonarchie del Golfo. Una reazione ambiguamente assecondata dagli Stati Uniti, da altre potenze occidentali e non solo, accomunate ai sauditi nell’ interesse a scongiurare la destabilizzazione della Penisola arabica. Evento in sé catastrofico, che nella crisi economica attuale assumerebbe riflessi apocalittici. La sincronia fra invasione saudita del Bahrein e rivolta in Libia non è dunque meramente temporale, ma geopolitica. Si consideri solo che da questo doppio evento sono scaturite, fra le altre, queste conseguenze: a) il rapido declino delle istanze laiche e progressiste nelle piazze arabe e nordafricane, in parallelo all’ emergere di vari gruppi islamisti, dagli scaltri Fratelli Musulmani agli estremisti salafiti, spesso d’ intesa con gli autocrati sunniti del Golfo, Qatar in testa; b) il parallelo riaffermarsi delle Forze armate come centro del potere egiziano, non scalfibile dalle formazioni politiche emergenti; c) la rinuncia, almeno finora, a qualsiasi intervento occidentale o arabo in Siria – dove alAssad massacra a man salva gli oppositori – per timore che il prossimo regime si riveli più pericoloso dell’ attuale; d) il riesplodere degli istinti antisraeliani e antisemiti al Cairo e altrove; e) la parossistica tensione fra Arabia Saudita e Iran, dopo il presunto tentativo iraniano di assassinare l’ ambasciatore saudita a Washington. Il rischio di una guerra preventiva di Gerusalemme contro Teheran ne risulta accentuato. È presto per trarre un bilancio delle manovre in corso lungo la nostra periferia meridionale. Non è tardi per provare a interpretarle a partire non dai nostri desideri o dalle nostre edificanti semplificazioni, ma dalle ragioni e dagli interessi dei protagonisti, per quanto esoterici o esecrandi possano apparirci. Anche per evitare di caderne vittime.
LUCIO CARACCIOLO

 

24 Ottobre 2011Permalink

4 ottobre 2011 – Ho ricevuto due comunicazioni

Due notizie connesse

Le due notizie sono connesse: si riferiscono infatti all’articolo della legge 94 del 2009, quella che con un inconsapevole ossimoro, è stata chiamata ‘pacchetto sicurezza’.
Ho commentato più e più volte quella norma (la lettera 9, del comma 22 dell’art.1) che in sostanza impone (modificando il Testo Unico fino a quel momento in vigore) la presentazione del permesso di soggiorno per chi voglia registrare atti di stato civile.
Ora la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di tale richiesta in caso di matrimoni (che ho illustrato nel mio pezzo del 31 luglio, raggiungibile anche da qui)
Per ciò che riguarda le nascite a tanto aveva provveduto una circolare emanata a pochi giorni di distanza dall’approvazione del pacchetto sicurezza, circolare che pure ho illustrato – insieme alle mie riserve di principio – nel mio scritto del 15 marzo.
A questo punto mi sarebbe piaciuto chiedere al genitore sans papier, che mi ha inviato la nota di commento, di illustrarci la sua situazione, ma non l’ho fatto e non lo faccio, perché rispetto la sua probabile paura e non voglio essere causa di un’imprudenza.

Disobbedienze (in)civili

Non contenta di un’incongruenza trovata nello scritto di Repubblica, ho voluto risalire alla fonte e, in un sito governativo che raccoglie rassegna stampa, l’ho trovata in un ineffabile articolo de La Padania, datato 27 luglio “Il carroccio si ribella. No ai matrimoni di comodo”.
Sottotitolo: “Dopo la sentenza della Consulta, la Lega farà ricorso alla ‘disobbedienza’”.
“Mazzatorta duro: “I mostri sindaci non sposeranno mai i clandestini”.
Per la cronaca il duro Mazzatorta è sindaco del Comune di Chiari (Brescia) nonché senatore.
Superato lo sgomento per un sindaco che si rifiuta al suo ruolo di ufficiale di stato civile e non succede nulla – o nulla si sa in merito (e il prefetto che fa?)– trovo un’affermazione sconcertante in un virgolettato che ricopio (sono sempre parole del sullodato senatore): “Noi applicheremo l’articolo 6 della legge Bossi Fini che noi abbiamo introdotto nel 2009 e che prevede che siano richiesti i documenti per tutti i procedimenti amministrativi, compresi quelli di stato civile”.

Un po’ di esegesi

Prima di tutto la cronologia:
La cd. Legge Bossi Fini – o meglio  la legge 30 luglio 2002 n, 189 – precede di ben sette anni il riferimento al 2009, proposto dal sindaco-sen. Mazzatorta.
– E poi va considerata anche la connessione fra numeri buttati là e contenuto delle norme cui dovrebbero riferirsi:
Quel 2009 suggerisce forse una pista interpretativa.
Appartiene infatti al 2009 la legge 94 (più nota come ‘pacchetto sicurezza’)  e la lettera g) del comma 22 dell’art. 1 prevede esattamente ciò che il nostro descrive ma  lo fa a modifica del comma 2 dell’art. 6 del Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” e non all’interno della Bossi Fini, improponibile per sconnessione temporale.
Io ho scelto un’esegesi del pensiero del sen. Mazzatorta che cerca di dare un senso a tutti i numeri. Se qualcuno ha un’interpretazione migliore può proporla alla voce commento.

Quando gli ufficiali di stato civile disobbediscono.

E’ evidente che a fronte di tanta tracotanza la paura di un genitore a dichiararsi tale, se irregolare, è legittima.
Quanti bambini non hanno il certificato di nascita a seguito delle operazioni amministrative della Lega?

E non solo. Anche se –comuni legadipendenti a prescindere—i sindaci, nella loro veste di ufficiali di stato civile, dal 25 luglio celebrano i matrimoni degli irregolari senza chiedere il permesso di soggiorno quante coppie hanno dovuto rinunciare a formalizzare la loro unione nei due anni precedenti quando tale permesso era documento necessario?
Abbiamo notizia di due che hanno parlato (Trento e Catania), quanti hanno rinunciato a sposarsi?
E di questi quanti avrebbero celebrato il matrimonio con rito cattolico concordatario e ora sanno che di loro una gerarchia –spesso loquace oltre il lecito in materia di leggi dello stato – si disinteressa?

4 Ottobre 2011Permalink

21 MAGGIO 2011 — VESCOVI, MATRIMONI E BATTESIMI

Nel parlare, come da anni faccio, della questione del diritto degli immigrati privi di permesso di soggiorno ad accedere la registrazione degli atti di stato civile, non ero entrata nelle questione interne ai comportamenti della chiesa cattolica perché ritengo che i nostri doveri di solidarietà verso gli altri, quelli che la Costituzione della Repubblica prevede,  siano prima di tutto da affermarsi sul piano civile (laici siamo tutti, atei e credenti di qualsivoglia religione) e poi perché la chiesa come istituzione non ha detto nulla sul diritto a sposarsi dei sans papier e sui diritti dei loro figli.
Ma ora mons. Arcivescovo di Trieste mi ci ha trascinata dentro e non riesco a tacere anche perché il problema della registrazione anagrafica di nascite e matrimoni mi sembra strettamente connesso con la celebrazione di due sacramenti, il battesimo e il matrimonio.
Certamente questa è questione che riguarda i cattolici, che però sono cittadini italiani e non vedo come possano svincolarsi dai loro precisi diritti/doveri che anche il monsignore in questione richiama con una evidente attenzione al momento presente. Afferma:
“ … il momento elettorale conserva una sua indubbia importanza perché in esso il cittadino riflette non solo sui propri bisogni e interessi, ma sul “nostro” bene, il bene di tutti, il bene della comunità percepita come un tutto. E’ così anche per la comunità di Trieste. E’ così anche per le prossime elezioni amministrative”

Non rispetto l’ordine cronologico e comincio dal matrimonio.

Secondo la dottrina cattolica i celebranti del matrimonio sono gli sposi stessi, ma la loro volontà non si manifesta nel rifugio del privato bensì in una situazione del cui ordinato proporsi è garante un sacerdote (appunto se si tratta di cattolici) e dal 1929 il sacerdote, all’atto della celebrazione, è anche ufficiale di stato civile.
Quindi il matrimonio concordatario viene celebrato dopo che, anche negli idonei locali della chiesa, sono state esposte le pubblicazioni, la cui eventuale assenza non consente la celebrazione del matrimonio stesso. Ed è chiaro che, se entrambi o uno dei due sposi sono immigrati senza permesso di soggiorno, non ci saranno pubblicazioni poiché la chiesa deve attenersi alla decisione del Comune che agisce a norma della lettera g del comma 22 dell’art. 1 della legge 94/2009.
Della questione ho fatto cenno l’8 dicembre 2010, per un interessante intervento del giudice di Trento, alla fine del mio pezzo di allora.
Che fare a questo punto? Se gli sposi vogliono essere i celebranti del sacramento della loro unione possono chiedere un matrimonio che abbia significato solo religioso.
A questo punto il parroco che raccogliesse la loro richiesta dovrebbe rivolgersi al vescovo ed esibire motivazioni forti perché così gli è stato raccomandato dalle autorità canoniche. Se il permesso arriverà potrà farsi garante di questa celebrazione ‘segreta’. Infatti, se lo sposalizio fosse esibito alla pubblica attenzione, potrebbe esserci la ‘spiata’ già messa in atto persino a fronte di un medico costretto a intervenire pubblicamente a seguito di un malore di un sans papier(si veda il mio ‘quaderni del Gallo’ – 15 marzo).
Mi si è detto che così quel parroco darebbe soddisfazione alla sua coscienza di sacerdote ma, come dice mons. Vescovo, è valore umano “l’aiuto solidale ai poveri condotto in modo sussidiario, ossia evitando sprechi ed assistenzialismo e favorendo, invece, la creatività e l’assunzione di responsabilità di persone e corpi intermedi”.
Il matrimonio solo religioso agli effetti civili non esiste e quindi priva gli sposi di tutti i diritti che la legge loro altrimenti riconoscerebbe, a partire dalla reversibilità della pensione, e soprattutto li lascerebbe in balia della situazione di cui più volte ho scritto per ciò che riguarda il riconoscimento dei figli (si consultino i tag anagrafe, bambini, nascita).
Come la mettiamo qui con la creatività della solidarietà di cui al documento di monsignore?
Mi si è detto anche che la stessa situazione vale per qualsiasi coppia non sposata: vero solo in parte perché per molte coppie è possibile il matrimonio civile e per altre la discussione è aperta (penso alle unioni degli omosessuali) mentre nel caso dei sans papier il silenzio –laico e religioso che sia – è totale.
E inoltre i sans papier vengono discriminati non per una scelta di vita che le leggi dello stato o della chiesa cattolica non riconoscono ma perché stranieri con burocratiche difficoltà artatamente costruite e io continuo a pensare che questo sia razzismo.

Il battesimo e l’accoglienza della comunità
Riporto la lettera aperta che ho scritto al vescovo di Trieste. Se mi risponderà ne darò notizia.

Egregio monsignore,
pur non risiedendo nella diocesi di cui Lei è vescovo non posso non dichiararmi turbata, anche come cattolica, dal comunicato stampa emesso dai Suoi uffici il 10 maggio.
Inizio soffermandomi sulla frase finale che invita il cattolico a cercare  l’accettabilità dei programmi dei candidati “dal punto di vista dei valori fondamentali …” e a valutare “ la storia e il retroterra culturale dei partiti dentro cui i candidati operano”.
Non posso analizzare tutti i valori che Lei elenca –me lo impedisce la necessaria brevità dello scritto – per cui mi limito ad augurarmi che La sua proposta voglia essere una autorevole indicazione per la libera coscienza dei cattolici e non pretenda di farsi – sollecitando l’adesione di forze politiche in quanto tali – vincolo politico per chiunque, anche non cattolico.
Mi permetto però di richiamare la Sua attenzione su un punto che non c’è nel Suo comunicato.
La legge che, con uno sprezzante ossimoro, è stata chiamata “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” prevede che, per registrare gli atti di stato civile (nascita, morte, matrimonio), lo straniero non regolare debba presentare il permesso di soggiorno, esponendosi quindi, nel momento in cui cerca di avvalersi del godimento di diritti umani fondamentali al rischio dell’espulsione (il riferimento è alla lettera g) del comma 22 dell’art.1 della legge 94/2009).
Potrei dire molte cose ma, rivolgendomi a un Vescovo, Le chiedo come vi comporterete quando nelle chiese italiane si celebrerà il battesimo di un bambino senza famiglia per disposizione di legge, essendo i genitori impediti a riconoscere il piccolo dalla ragionevole paura dell’espulsione. Quel battesimo non potrà essere celebrato sottolineando, come si usa, l’atteggiamento di accoglienza della comunità al nuovo nato ma solo in forma che, per essere protettiva, dovrà essere catacombale, umiliando l’immagine gioiosa della celebrazione di un sacramento a quella oscura di un’attività scaramantica.
Non mi risponda che c’è una circolare che rende possibile la registrazione anagrafica delle nascite. La conosco bene ma non posso accettare che la difesa contro un principio di legge che discrimina i cittadini più deboli proprio per ciò che sono, sia affidata alla volatilità di un atto burocratico che comunque non garantirebbe sicurezza alla pubblica presenza dei genitori del battezzando in chiesa.
Certamente quando mi sono rivolta (inutilmente) ad esponenti politici il mio discorso non si basava sulla contraddizione fra la celebrazione del sacramento e la violazione dei diritti di un neonato che, crescendo apolide, non solo sarebbe privato a priori di ogni diritto ma diventerebbe, per l’oscurità cui sarebbe condannato, vittima privilegiata di ogni crimine a partire dalla pedofilia. La mia interrogazione teneva conto di un quadro ben più ampio e ora mi piacerebbe sapere come prevedono di comportarsi gli eletti sindaci e i candidati ai diversi ballottaggi (oltre naturalmente a quello triestino) quando la legge imporrà loro di farsi complici – nell’esercizio legittimo del loro ruolo di sindaci– della negazione di una registrazione di nascita, matrimonio, morte.
Ma non lo posso sapere perché nessuno glielo ha chiesto con quella autorevolezza che merita risposta né questo argomento mi risulta essere presente in alcun programma elettorale.
Ringraziandola per l’attenzione porgo distinti saluti.
(Augusta De Piero)

21 Maggio 2011Permalink

15 marzo 2011 – quaderni de Il Gallo, periodico genovese

quaderni de IL GALLO   – Marzo 2011  – Anno XXXV  (LXV) N. 710   NORME DI LEGGE LESIVE DI UMANITÀ (pag. 12) 

La paradossalità della situazione, così complessa da essere ignorata anche dagli organi di informazione, ci ha indotto a chiedere alla competenza dell’amica Augusta De Piero precise indicazioni – purtroppo un po’ complesse – sulle norme vigenti relative all’iscrizione anagrafica si nascite, matrimoni, morti da parte di stranieri presenti in Italia in situazioni di clandestinità. 

Sono ormai trascorsi due anni dall’approvazione della legge ‘Disposizioni in materia di sicurezza pubblica’ ( Legge 15 luglio 2009, n. 94  pubblicata nella  Gazzetta Ufficiale n. 170 del 24 luglio 2009) e se non è facile, né forse possibile, trarne un bilancio, sembra però necessario farsi consapevoli del contenuto della norma, anche esaminandola punto per punto.
Qui ci soffermeremo soltanto su un aspetto che identifica i casi in cui il migrante deve presentare il permesso di soggiorno per ottenere determinati documenti (art. 1, la lettera g,  comma 22) .Leggere il testo e decriptarlo è necessario per capire. Così dice la legge in vigore (94/09):

g) all’articolo 6, comma 2, le parole: «e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all’accesso a pubblici servizi» sono sostituite dalle seguenti: «per quelli inerenti all’accesso  alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie»;

Ed ecco il testo della norma precedente (Legge 6 marzo 1998, n. 40; r.d. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 144, comma 2 e 148):

2. Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all’accesso a pubblici servizi, i documenti inerenti al soggiorno <…>  devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati.

Nel 2009 quindi l’eccezione, precedentemente prevista per gli atti di stato civile, è deliberatamente soppressa e quindi la presentazione del permesso di soggiorno diventa necessaria anche per registrare nascite, matrimoni, morti. E’ importante sottolineare che la condanna a diventare apolidi, a non sposarsi, ad avere nel corpo di un estinto, per quanto caro, un ostacolo alla propria vita resa altrimenti possibile dall’essere migranti, non consegue ad una espressione esplicitamente e chiaramente discriminatoria, ma a un gioco linguistico di addizioni e sottrazioni di parole.
Naturalmente se una persona priva di permesso di soggiorno per qualsivoglia motivo (si tratti anche di un migrante che sia diventato irregolare per la perdita del lavoro) viene identificata come tale (e quale luogo più appropriato di un pubblico ufficio!) ne segue l’espulsione. La clandestinità, identificata surrettiziamente con l’irregolarità, è reato!
Queste disposizioni inducono quindi di fatto i genitori che si trovino in questa situazione a non iscrivere il neonato all’anagrafe, facendone un apolide privo di ogni diritto.

Lo Stato si fa creatore di apolidi

Persino il governo in carica deve essersi accorto della enormità per cui uno stato democratico si fa creatore di apolidi se, a pochi giorni dalla approvazione della legge, il Ministero dell’interno  ha emanato una circolare  (Circolare n. 19 del 7 Agosto 2009, concernente indicazioni operative in materia di anagrafe e   stato civile in applicazione della legge n.94,)  che dice essere possibile la registrazione anagrafica, anche in assenza del fatale permesso.
Al di là della stravaganza di una circolare che supera la legge (e che, come è stata emanata, così può essere cancellata senza interventi del parlamento), qualcuno ha finalmente cominciato ad accorgersi della intollerabilità di questa norma. Di recente il Giudice di Pace di Trento ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale di un provvedimento di espulsione conseguente le pubblicazioni di matrimonio di una cittadina cilena (priva appunto del permesso) con un italiano.
In attesa della pronuncia della Corte il provvedimento di espulsione é stato sospeso , mentre il giudice ricordava che il diritto a contrarre matrimonio ha carattere di universalità e può essere esercitato quindi indipendentemente dalla regolarità del soggiorno e dalla cittadinanza [1].
Torniamo ora alle dichiarazioni di nascita per cui non sembra esserci stato il tipo di interesse meritato dalle pubblicazioni di matrimonio, ma è chiaro che i genitori di un neonato, costretti a vedere in lui una minaccia alla loro permanenza in Italia, privi di mezzi per avvicinare un legale che ne sostenga la causa, non possono che agire in conseguenza della propria paura.
Certamente la mamma che partorisca in ospedale e riconosca il proprio bambino è protetta dall’obbligo al segreto sanitario (fermamente difeso dalle categorie professionali interessate) che in un primo tempo la Lega N0rd avrebbe voluto cancellare, con il complice consenso dei partiti di maggioranza e che è stato mantenuto nell’elenco delle eccezioni alla presentazione del permesso di soggiorno, confermando la permanenza dell’articolo già presente nella normativa precedente la legge 94 e non cancellato:

 5, L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul     soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia     obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano.

Però la registrazioni anagrafica non si ferma qui: la nascita e l’eventuale paternità deve essere dichiarata anche in Comune.
In virtù della circolare ricordata sopra l’immigrato irregolare non deve esibire il permesso di soggiorno, ma, presentandosi pubblicamente,  può rendersi visibile ad un anonimo denunciante. Il meccanismo che crea tale situazione e attraversa subdolamente leggi e burocrazie è stato svelato da un fatto preciso [2]. Il 28 novembre 2010 la questura di Milano ha denunciato un medico  per  favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. I soccorsi erano stati prestati a un egiziano irregolare che si era sentito male durante la protesta alla ex Carlo Erba a Milano. Il silenzio dovuto del medico era stato aggirato da una denuncia che, anche se anonima, aveva determinato la reazione dei pubblici uffici garanti della sicurezza.
E’ chiaro che il problema della registrazione anagrafica  potrebbe essere risolto assicurando la cittadinanza italiana a chi nasce in Italia, soluzione certamente auspicabile ma di lungo percorso cui non sarebbe di ostacolo la soluzione del piccolo problema della registrazione anagrafica di cui il governo è a piena conoscenza. Ne fa fede la risposta ad una recente interrogazione parlamentare:

Il Ministero dell’Interno, con la circolare n. 19 del 7 agosto 2009, ha inteso fornire indicazioni mirate a tutti gli operatori dello stato civile e di anagrafe, che quotidianamente si trovano a dover intervenire riguardo ai casi concreti, alla luce delle novità introdotte dalla legge n. 94/09 (entrata in vigore in data 8 agosto 2009), volta a consentire la verifica della regolarità del soggiorno dello straniero che intende sposarsi e ad arginare il noto fenomeno dei matrimoni “fittizi” o di “comodo”.
E’ stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale, indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico.
Il principio della inviolabilità del diritto del nato è coerente con i diritti garantiti dalla Costituzione italiana a tutti i soggetti, senza alcuna distinzione di sorta (artt. 2,3,30 ecc .), nonché con la tutela del minore sancita dalla Convenzione di New York del 20 novembre 1989 (Legge di ratifica n. 176 del 27/05/1991), in particolare agli artt. 1 e 7 della stessa, e da diverse norme comunitarie.
Considerato che a un anno dall’entrata in vigore della legge 94/09 non risultano essere pervenute segnalazioni e/o richieste di ulteriori chiarimenti, si ritiene che le disposizioni contenute nella predetta circolare siano state chiare ed esaustive, per cui non si è ravvisata sinora la necessita di prospettare interventi normativi in materia.
IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO   (Miche1ino Davico)”

Il Ministero è quindi consapevole che la situazione di irregolarità dei genitori non deve negare i diritti del bambino, ma il problema non si risolve finché permane l’obbligo di presentazione dei documenti di soggiorno che pubblicano la condizione di chi si presenta con el conseguenze di cui si è detto. Finora istituzioni e società civile non hanno dimostrato interesse al problema.
Ma .. non è mai troppo tardi! 


[1] Il provvedimento trentino è stato segnalato dal prezioso sito dell’Associazione Studi Giuridici Immigrazione e la relativa ordinanza può essere letta all’indirizzo: http://www.asgi.it/public/parser_download/save/giudice_pace_tn_
ord_680_2010.pdf

[2] All’indirizzo  http://www.simmweb.it(sito della Società Italiana di medicina delle Migrazioni) la notizia in questione si trova in data 30 novembre, mentre in data 10  gennaio 2011. è riportata la dichiarazione dell’ordine dei medici della provincia interessata.

15 Marzo 2011Permalink

8 dicembre 2010 – Se l’istituzione è forte, è più forte della politica – 3

Una frase chiave

La frase chiave per comprendere il crimine che la legge sulla sicurezza pubblica rende praticabile anche dai benpensanti è stata scritta dal sottosegretario Michelino Davico (origine Lega Nord – ora Sottosegretario di Stato per l’ interno dal 12 maggio 2008)

Ricopio la frase, anche se l’intero testo della comunicazione Davico si trova nel mio pezzo del 6 dicembre.

E’ stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale, indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico.

Il principio della inviolabilità del diritto del nato è coerente con i diritti garantiti dalla Costituzione italiana a tutti i soggetti, senza alcuna distinzione di sorta (artt. 2,3,30 ecc .), nonché con la tutela del minore sancita dalla Convenzione di New York del 20 novembre 1989 (Legge di ratifica n. 176 del 27/05/1991), in particolare agli artt. 1 e 7 della stessa, e da diverse norme comunitarie.

L’inequivoca valutazione del ‘’diritto assoluto’ del neonato (suo, come persona non come grazioso bagaglio della sua famiglia) – espressa da un membro del governo in carica – nasce dallo stimolo proposto da un’interrogazione parlamentare (nella fattispecie dell’on. Orlando – vedasi i miei scritti del 6 dicembre e del 19 agosto).
Prima domanda: perché nessun altro parlamentare si é mosso, salvo –a mia conoscenza – qualcuno (ricordo in particolare l’on. Capano) durante il dibattito del 2008 e 2009 su quello che allora chiamavamo ‘pacchetto sicurezza’, diventato poi legge 94/2009, Disposizioni in materia di sicurezza pubblica?
Tentar di rispondere a questa domanda implica l’aprirsi di una catena di infamie silenziose che arriva fino agli enti locali e, ai mezzi di informazione e quindi alle organizzazioni di una società sedicente civile, alle chiese, ai gruppi di ispirazione religiosa genericamente intesi.

Ancora un po’ di esegesi di testi non sacri 

Il convincimento governativo relativo al diritto del neonato, come espresso dal sottosegretario Davico –origine Lega Nord- è inequivocabile.

Quindi gli sciagurati consapevoli (non tutto è ignoranza, anche se il livello di ignoranza montante non è un rassicurante spettacolo) sanno quello che fanno quando scrivono “all’articolo 6, comma 2, le parole: «e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all’accesso a pubblici servizi» sono sostituite dalle seguenti: «, per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie»” (art. 1, comma 22, lettera g della legge 94/2009). 

Decripto il testo non tanto artatamente astruso, quanto conforme a una sciatta abitudine di legiferare per modifiche delle norme precedenti  “Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo e  «, per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie», i documenti inerenti al soggiorno di cui all’articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati”.Ne riassumo il senso per l’aspetto che ci interessa.

Le registrazioni degli atti di stato civile –nascite, matrimoni, morte –che venivano assicurate senza esibizione del permesso di soggiorno a norma del Testo Unico sull’immigrazione, Dlgs 286/1998, a seguito della legge 94 vengono concesse a condizione dell’esibizione del permesso stesso.

Di conseguenza l’immigrato irregolare (sia irregolarmente entrato o diventato tale a seguito della perdita del lavoro) non potrebbe avere figli che siano riconosciuti come suoi (se non fosse intervenuta la precaria garanzia della circolare interpretativa di cui ho scritto il 6 dicembre), non può sposarsi, non può uscire dal mondo dei vivi perché non gli è concessa la registrazione della morte.
Un essenziale documento di cui può disporre è la tessera Stranieri Temporaneamente Presenti (STP) che gli garantisce una serie di misure sanitarie (a tutela sua e della comunità in cui vive), contro cui, almeno in Friuli Venezia Giulia, la Lega Nord ha espresso un’opposizione feroce.
Inoltre gli è assicurato l’accesso alla scuola dell’obbligo a seguito di un emendamento dell’on. Mussoline, accolto nella legge 94. Se poi è capace e meritevole e vuol proseguire gli studi … torniamo all’esibizione del permesso di soggiorno.

Se i diritti dei nascituri non ci interessano, il trastullo offerto dai giullari invece

Tra l’altro la richiesta di un documento che l’irregolare non può avere “per la contraddizion che nol consente” (Dante, Inferno, XXVII, 118-120) sembra una incongruenza folle, quasi che la numerazione 22 del comma tante volte citato fosse una scelta sarcastica e non una casualità. Certamente la pretesa che i cittadini italiani, ancorché parlamentari, per dimostrare la loro buona integrazione nella società debbano conoscere il vecchio romanzo di Heller non ha senso e quindi possiamo tranquillamente accettare come casuale la numerazione del comma 22.
E, in ogni caso, non preoccupiamoci perché sempre allegri bisogna stare, come cantava Jannacci, “che il nostro piangere fa male al re / fa male al ricco e al cardinale / diventan tristi se noi piangiam!”.
E a garanzia della serenità di chi se la può permettere la presenza dei giullari è assicurata; infatti chi eserciti ‘attività sportive e ricreative a carattere temporaneo’ non deve esibire il permesso che non ha.

Il candore di un leghista a collocazione ministeriale.


Nell’incipit della risposta all’on. Orlando firmata dal sottosegretario Davico possiamo leggere che la legge 94 è “volta a consentire la verifica della regolarità del soggiorno dello straniero che intende sposarsi e ad arginare il noto fenomeno dei matrimoni “fittizi” o di “comodo”.

Così. per arginare il fenomeno dei matrimoni di comodo, il provvedimento governativo diventato legge a seguito di voto parlamentare, ha creato un’ampia voragine che probabilmente soddisfa il più osceno e volgare populismo, quello che condivide un razzismo profondo che l’esito, pur noto, delle leggi razziali del 1938 non ha evidentemente spento.
Non dimentichiamo però che il giudice di pace di Trento ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità di un provvedimento di espulsione di una immigrata – che si era scoperta criminale chiedendo le pubblicazioni di matrimonio con un cittadini italiano – ricordando che il diritto a contrarre matrimonio ha carattere di universalità e può essere esercitato quindi indipendentemente dalla regolarità del soggiorno e dalla cittadinanza.
Possiamo sperare nell’alta corte per il diritto sia degli sposi che dei neonati?

Continua

8 Dicembre 2010Permalink

6 dicembre 2010 – Se l’istituzione è forte, è più forte della politica – 2

L’argomento che scelgo diventa un’anguilla  

Ogni volta che cerco di affrontare la seconda puntata delle mie riflessioni la realtà mi impone cambiamenti rispetto a quello che avevo pensato fino a poco prima.  

Continuo a tenere come filo conduttore la questione della problematica iscrizione anagrafica dei figli degli immigrati irregolari.
Credo non ci sia misura più vergognosamente razzista della discriminazione di un neonato, che per legge diventa, per il solo fatto di essere nato, un pericolo per i propri genitori e per sé.  

Quando le istituzioni esprimono forza  

Il mio blog, anche nella sua precedente edizione, segue questa faccenda ormai da più di due anni e, solo da pochi mesi, ho ottenuto una prova di interesse da parte di un parlamentare che ha presentato un’interrogazione sull’argomento (Leoluca Orlando – vedi qui)
Decisa a fare tutto ciò che potevo perché quell’interrogazione non cadesse nel vuoto, il 7 settembre pubblicavo la lettera che avevo scritto al Presidente della Camera chiedendogli di adoperarsi affinché l’interrogazione avesse una risposta tempestiva precisando “e questo esito, ritengo, Le appartenga mentre evidentemente non Le appartiene l’indirizzo di ciò che il Ministro dirà”.
La lettera è leggibile integralmente anche da qui  

Il 5 novembre la segreteria del Presidente della Camera mi scriveva:
“Si comunica che il Presidente ha disposto la trasmissione della Sua e-mail alla Commissione parlamentare competente, affinché i deputati che ne fanno parte possano prenderne visione ed assumere le iniziative che ritengano opportune”.    

Non solo politici 

Il 19 e 20 novembre si svolgeva a Chieti il quarto convegno congiunto SIMM e SIP – GLNBI su “Bambini e Migrazioni”.

Una breve digressione dentro la digressione perché a me piace informare non proclamare.
Potete trovare notizie sul Convegno nel sito della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM- www.simmweb.it) .
E ricordo anche il significato delle altre sigle:
Sip (società italiana di pediatria http://www.sip.it/)
GLNBI (Gruppo di Lavoro Nazionale per il Bambino Immigrato http://www.glnbi.org/
  

Una delle relazioni centrali di quel convegno (Bambini stranieri in Italia: di quali leggi abbiamo bisogno. Intervento di Geraci e Mazzetti – potete leggerla da qui)  inseriva finalmente il riferimento al problema della registrazione anagrafica, dichiarando: Di fondo, ci sembra anche assolutamente necessario affrontare in modo definitivo la questione della iscrizione anagrafica dei figli degli immigrati irregolari oggi garantita grazie ad una circolare del Ministero dell’Interno del 7 agosto 2009 prot. 0008899: il “diritto umano” alla iscrizione anagrafica viene “prima” della questione della cittadinanza e attiene ai diritti civili fondamentali dei bambini (vedi le campagne per l’iscrizione anagrafica che molte ong conducono in vari paesi africani etc) e ci sembra fondamentale assumere iniziative che attribuiscano valore normativo al contenuto specifico di tale circolare fornendo così strumenti più sicuri e incontestabili per garantire tale diritto”.   

Il ministro risponde  

E torniamo così alla comunicazione del Presidente della Camera. Il 3 dicembre inaspettatamente (confesso il mio pessimismo) potevo scoprire che aveva centrato l’obiettivo e, tramite l’on. Orlando, ricevevo il testo che ricopio:
“Il Ministero dell’Interno, con la circolare n. 19 del 7 agosto 2009, ha inteso fornire indicazioni mirate a tutti gli operatori dello stato civile e di anagrafe, che quotidianamente si trovano a dover intervenire riguardo ai casi concreti, alla luce delle novità introdotte dalla legge n. 94/09 (entrata in vigore in data 8 agosto 2009), volta a consentire la verifica della regolarità del soggiorno dello straniero che intende sposarsi e ad arginare il noto fenomeno dei matrimoni “fittizi” o di “comodo”.
E’ stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale, indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico.
Il principio della inviolabilità del diritto del nato è coerente con i diritti garantiti dalla Costituzione italiana a tutti i soggetti, senza alcuna distinzione di sorta (artt. 2,3,30 ecc .), nonché con la tutela del minore sancita dalla Convenzione di New York del 20 novembre 1989 (Legge di ratifica n. 176 del 27/05/1991), in particolare agli artt. 1 e 7 della stessa, e da diverse norme comunitarie.
Considerato che a un anno dall’entrata in vigore della legge 94/09 non risultano essere pervenute segnalazioni e/o richieste di ulteriori chiarimenti, si ritiene che le disposizioni contenute nella predetta circolare siano state chiare ed esaustive, per cui non si è ravvisata sinora la necessita di prospettare interventi normativi in materia.
IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO   (Miche1ino Davico)”  

 Un po’ di esegesi di testi non sacri  

Nella ministerial risposta sono dette chiaramente due cose importanti, mentre una –altrettanto importante –è taciuta.

Vediamo per ordine:  

1. L’inconsulta esclusione degli atti di stato civile (registrazione dell’atto di nascita, del matrimonio e di morte) da quelli per cui non è necessario presentare il permesso di soggiorno era stata progettata per “arginare il noto fenomeno dei matrimoni “fittizi” o di “comodo”.
E allora per non fare la fatica di immaginare un ostacolo a un percorso improprio si era creata una voragine ampia e – a parere del legislatore ignorante e in malafede – risolutiva del problema.  

2.  L’on. Sottosegretario si dimostrava informato sul fatto che: “Il principio della inviolabilità del diritto del nato è coerente con i diritti garantiti dalla Costituzione italiana a tutti i soggetti, senza alcuna distinzione di sorta (artt. 2,3,30 ecc .), nonché con la tutela del minore sancita dalla Convenzione di New York del 20 novembre 1989 (Legge di ratifica n. 176 del 27/05/1991), in particolare agli artt. 1 e 7 della stessa, e da diverse norme comunitarie”  

3.  Ma ostentava di ignorare i rischi cui si espone un immigrato irregolare denunciando la nascita di un figlio, rischi che neppure il paravento della burocrazia può permettersi di cancellare.  

Infatti, e ce ne dà documentazione proprio il prezioso sito della SIMM, il 28 novembre la questura di Milano denunciava il medico che aveva soccorso un immigrato irregolare che partecipava su una gru alla protesta contro la ex Carlo Erba, senza che sia chiaro se la denuncia per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina si estenda anche al medico dell’Ospedale San Paolo che aveva preso in cura l’immigrato. 

E’ doveroso ricordare a questo punto che l’immigrazione cd ‘clandestina’ (perché non la chiamano irregolare?) a seguito della legge 94 è reato (vedi).

Lo schema dei rischi è chiaro  

I denuncianti non sono i medici (rispettosi del segreto sanitario che la Lega Nord e complici dei partiti di maggioranza non sono riusciti ad abolire) ma qualcuno che ha assistito all’attività di soccorso.
Lo stesso potrebbe avvenire per una persona (papà o mamma) che si rechi in Comune a denunciare la nascita di un figlio.
Proprio la Simm aveva creato il logo per una lunga battaglia per il rispetto del segreto sanitario, ma qui il  mio argomento anguilla si snoda e si allunga e lo devo rimandare a una prossima puntata.

 

6 Dicembre 2010Permalink