30 giugno 2022 _Noi siamo Chiesa

Dopo la Sentenza della Corte Suprema Usa, “Noi Siamo Chiesa” ribadisce il sostegno alla legge 194

Il pronunciamento con cui la Corte Suprema degli Stati Uniti ha revocato la sentenza Roe vs Wade del 1973, che aveva legalizzato l’aborto a livello federale, è occasione perché, da più parti, si chieda di riaprire la discussione sul tema anche in Italia.

Di fronte a ciò, il movimento per la riforma della Chiesa cattolica “Noi Siamo Chiesa” intende ribadire le ragioni del favore con cui, al pari di moltissimi altri credenti (anche tra chi ha responsabilità associative e nel clero), giudica la legge n. 194 del 1978, già confermata dal referendum del 1981.

1) La legge n. 194 è una buona legge, che affronta laicamente un reale problema sociale e afferma con determinazione il valore della vita, preoccupandosi di creare le condizioni affinché l’aborto sia evitato o, alla peggio, avvenga in condizioni accettabili, sottraendolo alla clandestinità ed alla speculazione. L’applicazione della legge è stata invece carente soprattutto per quanto riguarda l’educazione sessuale diffusa e la disomogenea e spesso insufficiente organizzazione dei servizi sanitari e sociali previsti.

2) La legge non può che riconoscere e rispettare la libertà di decisione della donna in una situazione come quella della gravidanza così intimamente connessa con il suo essere fisico, psicologico e con le sue prospettive esistenziali. E, per quanto possa essere faticoso da accettare, lo stesso giudizio etico (anche quando illuminato dalla fede) deve fermarsi ed avere il massimo rispetto delle decisioni della donna, spesso assunte in condizioni personali molto difficili. Ciò anche se, per tutte e per tutti, e soprattutto per i credenti, l’interruzione volontaria della gravidanza rimane un fatto traumatico, una violenza grave all’ordine della natura e della creazione e pone continuamente il problema della sua prevenzione.

3) La difesa dei valori della vita, inoltre, merita un’azione a tutto campo nei confronti del “quotidiano” di donne ed uomini che soffrono e amano, qui e oggi, e va ben al di là della rigida tutela dell’embrione. C’è anzitutto il problema delle condizioni sociali della famiglia, dal precariato del lavoro dei giovani ai carenti servizi all’infanzia, dagli interventi, quasi inesistenti, a favore delle famiglie numerose alla condizione degli extracomunitari. C’è la ribadita ostilità della posizione ufficiale della Chiesa nei confronti degli anticoncezionali, che è senza fondamento biblico e teologico, e suscita molte reazioni negative anche nel popolo cristiano. C’è lo stesso rapporto tra uomo e donna, spesso ancora segnato da una cultura e comportamenti maschilisti, che può costringere la donna a scegliere in solitudine se abortire o allevare da sola il bambino o la bambina; per non dire di quando la donna si trova incinta senza una sufficiente consapevolezza o in conseguenza di una violenza subita.

4) Una conferma dell’appoggio alla legge n. 194 non può dunque essere disgiunta dall’impegno per una cultura diversa nei confronti della donna, che ne rispetti la libertà, ne comprenda e aiuti i bisogni, ne valorizzi sentimenti e valori, di cui ha bisogno questa società organizzata sul protagonismo, la competizione e l’immagine. La Chiesa cattolica stessa, d’altro canto, è permeata di culture, prassi e strutture maschiliste, nonostante l’esaltazione retorica del “femminile”.

“Noi Siamo Chiesa” cerca di proporre nella comunità dei credenti comportamenti laici nei rapporti con la società e le istituzioni ed una cultura della difesa della vita che sia ispirata alla carità ed alla misericordia di cui parla l’Evangelo e non alle asprezze, anche ideologiche, ed alle pressioni, anche politiche, delle ricorrenti campagne promosse da autorità e organizzazioni cattoliche.

30 Giugno 2022Permalink

30 giugno 2022 _ La scuola pubblica all’ombra del Concordato

Copio dal prezioso sito Adista.it

Verona: licenziato dal vescovo Zenti il teologo e docente di religione Marco Campedelli

Ludovica Eugenio 30/06/2022, 07:49

VERONA-ADISTA. Alla fine il vescovo uscente ha voluto averla vinta, e nel modo più facile. Mons. Giuseppe Zenti, alla guida della diocesi di Verona dal 2007, già dimissionario dal marzo scorso per raggiunti limiti di età, ha silurato il teologo e insegnante di religione Marco Campedelli, che la settimana scorsa, alla vigilia del secondo turno delle elezioni per il sindaco della città, aveva risposto con franchezza e “parresia” alle indicazioni di voto per i preti diocesani espresse dallo stesso Zenti in un messaggio a loro rivolto con il pretesto di ricordare la scomparsa di p. Flavio Carraro, suo predecessore alla guida della diocesi.

Alla vigilia del ballottaggio fra i due candidati sindaco – Damiano Tommasi per il centro sinistra e Federico Sboarina sostenuto dalla destra –, il vescovo era infatti intervenuto per suggerire ai preti un “modus votandi”  da trasmettere a loro volta ai fedeli, riproponendo così l’idea di una Chiesa clericale che, tramite i pastori, guiderebbe, in questo caso verso i pascoli di “destra”, il “gregge” dei fedeli laici, non ritenuti evidentemente capaci di pensiero autonomo. Una abitudine inveterata, questa di Zenti, che già nel 2015 aveva sostenuto esplicitamente con nome e cognome, in una lettera ai professori di religione, Monica Lavarini, candidata nella lista civica vicina al presidente uscente Luca Zaia per le elezioni regionali in Veneto e iscritta alla Lega Nord di Matteo Salvini (v. Adista Notizie n. 20/15).

Qualche giorno dopo la diffusione della lettera di Zenti, Marco Campedelli rispondeva al vescovo con una lettera aperta, diffusa dal nostro giornale e rapidamente diventata virale in città, che faceva riferimento al libero pensiero e intendeva provocare un dialogo, un confronto, un «intelligente e responsabile dissenso», con tante domande poste al vescovo uscente: «Oggi nel 2022, c’è bisogno che il prete dica ancora alla gente che cosa votare? Siamo sicuri che i laici e le laiche circa la vita, con la sua concretezza, siano meno esperti dei preti (che circa la vita in realtà sono sempre un po’ in ritardo)? Perché il vescovo Zenti su certi temi nella lettera è cosi preciso e dettagliato: parla di “gender” “suola cattolica” e su altri è cosi generico come “accoglienza dello straniero”. Perché allora in questo caso non parlare di “ius soli” o di “ius culturae”? Perché il vescovo Zenti ha messo cosi tanto zelo nel voler ostacolare e chiudere esperienze in città e in provincia particolarmente attente al dialogo con le diversità?». Il riferimento è a San Nicolò all’Arena  – dove Campedelli è stato per 18 anni  – e Marcellise.  «Si dice che la Chiesa non sia una democrazia. E questo sarebbe un motivo sufficiente per non esprimere il proprio dissenso? Per cercare di aprire nuovi cammini? I preti devono sempre obbedire? E cosa significa obbedire?». Campedelli accennava anche al caso degli abusi sessuali perpetrati da membri del clero nell’Istituto per sordomuti Provolo, che «ha fatto il giro del mondo. Come è stato trattato a Verona? Come lo ha trattato il vescovo Zenti?». Una presa di posizione franca, laica, trasparente, critica, una rivendicazione dell’adultità e dell’autonomia di pensiero del popolo cattolico, che ha intercettato e interpretato un disagio dei giovani e della gente in generale rispetto a una Chiesa che esprime potere, di contro al vangelo inteso come “bene comune” non escludente, come “bellezza morale” di pasoliniana memoria, nella convinzione che la teologia possa esercitare una istanza critica anche nei confronti dell’autorità costituita.

Alla fine il ballottaggio l’ha vinto Tommasi. La città di Romeo e Giulietta avrà un sindaco cattolico, ma di centrosinistra. E il vescovo, in procinto di lasciare la diocesi – pare che il suo successore stia per essere nominato nei prossimi giorni – ha deciso di sferrare la sua zampata con un atto che ha tutto il sapore amaro della ripicca da parte di un superiore il cui potere istituzionale è in fase crepuscolare: licenziare Marco Campedelli dal suo incarico di insegnante di religione presso il liceo Scipione Maffei della città. Un incarico che portava avanti da ben 22 anni, fulcro della sua vita professionale, e al quale teneva molto, sotto il profilo umano e pedagogico; un lavoro portato avanti sotto la stella polare di don Milani, improntato alla formazione di una coscienza critica in nome della “responsabilità culturale dello studente”, come la definì il teologo, di origine veronese, Romano Guardini. Una misura che evidenzia una delle disfunzioni nel rapporto Chiesa-Stato nel nostro Paese, ossia la possibilità per un vescovo di togliere il lavoro – un lavoro che è un servizio allo Stato –  in maniera del tutto discrezionale. Sembra di essere ripiombati negli anni ’70, al tempo delle censure ecclesiastiche su dom Giovanni Franzoni che difendeva la libertà di coscienza e di voto politico.

30 Giugno 2022Permalink

28 giugno 2022 _ Un “influencer” di rara ferocia e il parere di un ecografista

26 giugno 2022  Sentenza Usa e noi. Aborto, quanta strada dalla legge 194.
Siamo pronti per un disgelo?   Giuseppe Anzani domenica  

Perché si può andare oltre decenni di letture ideologiche di una realtà profondamente umana

Overruled. È la parola chiave che mette fine a una lettura fuorviata della Costituzione americana. Quella che 50 anni fa, con la sentenza Roe vs. Wade, tolse agli States la potestà di legiferare in tema d’aborto, se non con limiti definiti. Parola più forte del révirement, cosa che accade senza scandalo quando un organo di giurisdizione cambia meditatamente decisione. Cancellata, ma anche ‘ribaltata’. Quello che per 50 anni è stato assunto dalla vulgata come diritto all’aborto garantito dalla Costituzione trova ora la bocciatura solenne, con il motivo elementare che quel giudizio era semplicemente sbagliato. Nella Costituzione il diritto d’aborto proprio non c’è. Per verità, neppure la sentenza Roe aveva sdoganato l’aborto libero, chiesto per «interrompere la gravidanza in qualsiasi momento, in qualsiasi modo e per qualsiasi motivo».

Anche allora i giudici avevano scritto «con questo non siamo d’accordo». Piuttosto, quella sentenza intendeva l’espulsione dell’ingerenza dei legislatori dalla sfera della privacy della donna incinta. Ma qualcosa di quella voglia è rimbalzato, col correre degli anni, nell’ideologia dell’«utero è mio», e del figlio come grumo cellulare da nutrire alla vita o da rifiutare come intruso ( Thomson), corpo estraneo nel corpo asservito. La nuova sentenza scuote ora anche all’altro versante del mondo che chiamiamo Occidente, l’Europa. Nessuna Costituzione menziona l’aborto fra i diritti; anzi. Però tutti i Paesi (tranne Malta) hanno leggi d’aborto. Perché non riflettere oggi sul contenuto, sul senso, sul fine di queste norme, ora che dal Nuovo Mondo viene una storica inversione di giudizio ‘in radice’? Perché di ‘diritto all’aborto’ si parla anche fra noi, nell’Italia culla del diritto, occultando che la tutela della vita ‘dall’inizio’ è principio costituzionale trascritto persino in cima alla legge 194? Da noi la spinta abortiva, a ridosso della sentenza Roe, si è mossa portando davanti alla Consulta un caso doloroso che il Codice avrebbe punito; fu esentato per una strettoia giudicata quasi simile alla ‘necessità’, così fu delineato il «danno o pericolo grave per la salute della donna medicalmente accertato e non altrimenti evitabile».

Una breccia che fece discutere, per stretta che fosse. A dilatarla, prima che la propaganda radicale puntasse all’abrogazione totale del reato per via referendaria, fu la pressione a dir poco terrorizzante sulle madri di Seveso in attesa, quando venne la diossina e la falsa premonizione dei figli deformi: 22 aborti, 22 feti mandati a Lubecca, esito delle analisi ‘tutti perfettamente sani’. Dolore. In un clima cupo, segnato dal terrorismo, pochi giorni dopo l’eccidio di Via Fani, fu approvata la legge sull’aborto. Nei lavori parlamentari, le parole «contro la piaga dell’aborto clandestino» si sprecano.

La legalizzazione, dicevano, instrada il tragico fenomeno su un binario che gli presta attenzione e possibile soccorso. Lo farà sparire. L’applicazione concreta però non aiutò la maternità difficile. Il soccorso fu invece offerto da iniziative spontanee di volontariato sociale, che aprirono i Centri di aiuto alla Vita. Nel 1981 due referendum contrapposti vennero bocciati. Nel 1997 i radicali tentano di far cancellare selettivamente le norme di tutela della vita e di soccorso alla maternità; ma la Corte costituzionale li bloccò con una lezione memorabile sulla inviolabilità del diritto alla vita.

È questa lezione che ancora non sembra penetrata nel cuore di chi sostiene di avere a cuore la condizione femminile; a tal punto paiono assurde le riluttanze, le proteste, le infastidite reazioni all’attività di soccorso offerto alla madre e al suo bambino. Avverrà ora un disgelo? Potrà esserci un ripensamento, più che sulle leggi, sulla vita? È questo, in fondo, che decide della vita: la capacità di amare. La sentenza Usa non fa sparire le leggi d’aborto. Sparirà l’aborto quando il villaggio umano aiuterà ogni maternità difficile e la gravidanza sarà il tempo d’una relazione d’amore. Chi ha un figlio nel cuore non lo caccia dal grembo.

https://www.avvenire.it/attualita/pagine/quanta-strada-dalla-legge-194-siamo-pronti-per-un-disgelo

La descrizione di una realtà in via di oscuramento  per tornare all’aborto per legge 194

IL PARERE DI UN ECOGRAFISTA
Un ecografista racconta:
“Ok, la questione è la seguente:
la legge anti-aborto approvata in Alabama è un fatto veramente preccupante. Ohio, Missouri, Georgia, Mississippi, Arkansas, Kentucky… mi rivolgo anche a loro, ma per ora concentriamoci sull’Alabama.
Il governatore dell’Alabama, Kay Ivey, ha da poco reso legge il divieto totale all’aborto, in qualsiasi caso, per qualsiasi ragione e in qualsiasi fase della gravidanza. Ad oggi si tratta della legge sull’aborto più restrittiva di tutti gli Stati Uniti.
Mi presento: sono un tecnico ecografista, io e i miei colleghi osserviamo bambini ogni giorno e in ogni fase ella gravidanza. Lavoro anche nell’unità di alto rischio, assistendo madri e feti in vari stati di salute, sia fisici che mentali.
Se pensi che un divieto all’aborto sia una cosa positiva, io probabilmente sono la persona migliore per spiegarti perché ti sbagli.
Per cui, lascia che ti parli di…
Quelle donne che portano in grembo un feto senza cranio, il cui cervello fluttua semplicemente in giro, ma il battito cardiaco c’è ancora… Ebbene, loro non possono abortire.
Quelle donne il cui feto ha una rara mutazione cromosomica chiamata T13: gli organi si sviluppano fuori dal corpo e c’è una palatoschisi così grave che il naso è praticamente assente… Neanche loro possono abortire.
Quelle donne la cui pressione sanguigna schizza a valori così alti che svengono e rischiano la morte prima del parto… Non possono abortire.
Quelle donne con una grave forma di emofilia per cui partorire sarebbe probabilmente fatale, per loro e per il bambino… Non possono abortire.
La ragazzina di 13 anni la cui scuola non è autorizzata ad insegnare educazione sessuale e che quindi non sa come evitare una gravidanza o le malattie sessualmente trasmissibili. Una ragazzina, il cui corpo non è ancora sviluppato abbastanza da portare a termine la gravidanza senza venirne danneggiato irreparabilmente… Quella ragazzina non potrà accedere all’aborto.
Quella donna che è stata stuprata dall’amico che voleva solo “assicurarsi che arrivasse sana e salva a casa”… Non può abortire.
Quella donna con Sindrome dell’Ovaio Policistico che ha le mestruazioni ogni 3-4 mesi e non riesce a trovare un anticoncezionale che funzioni per lei… Non può abortire.
Quella donna il cui “partner” ha tolto il profilattico durante il rapporto senza dirle nulla (questa pratica si chiama Stealthing e accade molto più spesso di quanto credi)… Neanche lei può abortire.
Quella donna con una gravidanza ectopica corneale, che probabilmente crescerà fino ad ucciderla… Non può abortire.
Quella donna che ha già due bambini che a stento può nutrire e il cui anticoncezionale ha raggiunto un prezzo troppo alto… Non può abortire.
Tutte le tante, tante, tantissime donne che semplicemente non vogliono sostenere una gravidanza per ragioni che appartengono loro, e a loro soltanto. Problemi di salute, relazioni tossiche, problemi finanziari, problemi sociali… Non potranno abortire.
Alcuni di questi casi potrebbero magari sembrarti legittimi e sensati. E potresti aver ragione. Ma la questione è che nessuno dovrebbe decidere cosa fare del corpo di un’altra persona, neanche per salvare una vita.
E pensare che c’è bisogno di un permesso scritto dalla persona deceduta per poter prelevare gli organi che salvarebbero numerose vite. Non puoi costringere qualcuno a donare gli organi, a donare sangue, a donare il midollo, a prescindere dalla situazione. Allo stesso modo non puoi costringere una donna a fare del suo corpo ciò che vuoi tu. Fine della storia.
Ma la storia non finisce qui, vero? Perché il peggio deve ancora venire: se l’aborto è considerato un omicidio, perché non considerare un aborto spontaneo come omicidio colposo? Si, è già realtà.
El Salvador, Ecuador e ora USA… Una donna può andare in carcere per un aborto spontaneo o per un figlio nato morto, perché non si sa mai che proprio lei abbia fatto qualcosa per causarlo.
Donne che hanno realmente avuto un aborto spontaneo non chiederanno aiuto ad un medico. Moriranno di sepsi o dissanguate sul pavimento del loro bagno.
Se si inizia a incarcerare donne e medici per aver preso decisioni riguardanti la salute, che non interessano nessuno se non loro stessi, allora bisogna aspettarsi che le donne smettano di rivolgersi ai medici per sottoporsi a procedure sicure e inizieranno invece a ordinare pillole online o ad usare qualsiasi strumento metallico esse riescano a trovare per porre fine autonomamente alla propria gravidanza.
Tutto ciò non ha nulla a che vedere con la “sacralità della vita”. Non più. Si tratta solamente di controllare le donne. Null’altro.”
(Sena Garven)
28 Giugno 2022Permalink

27 giugno 2022. La Corte Suprema USA e l’aborto

Un parere d Giancarla Codrignani (deputata nella Sinistra indipendente dal 1973 al 1987).
Fonte Adista.it         https://www.adista.it/articolo/68289

L’aborto e la Corte Suprema   Giancarla Codrignani 26/06/2022, 15:59

La Corte Suprema ha colpito gli interessi delle donne con conseguenze che, dagli Stati Uniti, si riversano sulle chiese cattoliche e protestanti e conferma la regressione sui principi conservatori. Giuste le manifestazioni delle donne, le proteste, il rammarico di Biden. Perfino noi italiane dovremo fare attenzione alle strumentalizzazioni della nostra destra nelle prossime, non facili elezioni politiche. Il Vaticano per bocca della PAV (Pontificia Accademia per la Vita) ha raccomandato di non fare ideologia sulla sentenza, che ovviamente non può contestare.

Tuttavia, data tutta la mia adesione al mantenimento della sentenza Roe vs. Wade del 1973, vorrei distinguere: la Corte ha negato la costituzionalità del “principio”, non la realtà del problema. Da quel che ho capito per la Suprema Corte non può essere “costituzionale” l’aborto perché non è una finalità di principio, un obiettivo – nonostante lo sia la scelta della donna – e ne lascia la determinazione di legge ai singoli Statiche, in America, hanno capacità legislativa e tutti sanno che alcuni mantengono a pena di morte, che questi giudici ritengono un caso analogo (giuridicamente) all’aborto. Il guaio sono le inaccettabili contraddizioni della legge di ogni singolo Stato con i principi “fondanti”: se il secondo emendamento, vincolante per tutti, riconosce ai privati la costituzionalità dell’acquisto e del possesso di armi anche di grosso calibro, riconosce implicitamente che lo scopo difensivo non privilegia il rispetto della vita non embrionale. Così il rovesciamento della sentenza del 1973 acquista il significato di una grave limitazione dei diritti delle donne. Il culto che abbiamo sempre portato per la democrazia americana (quante volte abbiamo citato il diritto alla felicità scritto nella Dichiarazione d’Indipendenza del 1776!) sta subendo attentati regressivi preoccupanti, dopo aver visto l’attacco al Campidoglio da parte di una banda di caratteristi da circo che toglieva valore al tentativo di “colpo di stato” di Tramp. Con questo attacco alla libertà femminile – che riguarderebbe anche la libertà maschile se il cittadino maschio non sfuggisse alla responsabilità che riguarda anche chi lascia sola la donna – la Conferenza episcopale americana potrà procedere (ci aveva provato,, stoppata dal papa) a scomunicare il Biden pro-choice. Le americane debbono reagire e avere la solidarietà di tutte, ma le italiane debbono prestare attenzione preventiva, anche se la 194 italiana giuridicamente è una legge per la maternità responsabile e l’interruzione volontaria della gravidanza. Dovremmo alzare il tiro e chiedere l’abolizione dell’obiezione di coscienza.

 

27 Giugno 2022Permalink

26 giugno 2022_NON ESISTONO MINORI DI SERIE B

Come faccio regolarmente riporto un mio scritto,  regolarmente firmato e pubblicato sul periodico Ho  un Sogno che esce  a Udine a cura dell’Associazione Proiezione Peters  Odv,  e  si propone come Strumento di informazione sulle risorse umane e sulle attività presenti in Friuli nel campo della pace e della cooperazione internazionale .  E’ arrivato al n. 268, n. 2 dell’anno XXXI.
Può essere richiesto a
asspp@iol.it e si trova in forma cartacea alla libreria Cluf in via Gemona 22 (Udine)

Oggi l’Alta Amministrazione dello  Stato è coinvolta in attività di accoglienza di minori non accompagnati  a partire dalla nomina della  Prefetto  Francesca Ferrandino a “Commissario delegato per il coordinamento delle misure e delle procedure finalizzate alle attività di assistenza nei confronti dei minori non accompagnati provenienti dall’Ucraina a seguito del conflitto in atto”.
Tale nomina non  si riferisce solo ai minori non accompagnati ucraini, ma fa capo al Piano ampio e articolato firmato dalla stessa Ferrandino, dove non  sono considerati segni distintivi tali da consentire una gerarchia che distingua, in una immaginaria lista d’attesa, i soggetti minori da accogliere.

Infatti il Piano muove dalla definizione di minore straniero non  accompagnato (come da art. 2 legge n.47/2017) “il minorenne non avente cittadinanza italiana o della Unione Europea che si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato o che è altrimenti sottoposto alla giurisdizione italiana , privo di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alla leggi vigenti nell’ordinamento italiano”.

Non resta ora che ricordare l’indifferenza del parlamento che dal 2009 impone ai migranti non comunitari la presentazione del permesso di soggiorno anche quando richiedano la registrazione di un loro nato in Italia. Il rischio di manifestarsi irregolari di fronte a un ufficiale di stato civile può indurli a non registrarne la nascita,  sottraendo il loro nuovo nato  oltre che all’esistenza giuridica anche alla protezione genitoriale ed esponendolo quindi a tutti i rischi che si vogliono evitare si minori in arrivo. A questi piccoli manca la caratteristica dell’essere in fuga e ciò li rende invisibili nel quadro degli interventi di protezione che possono passare solo attraverso una proposta di legge la cui necessità sembra estranea, come si è detto, all’iniziativa parlamentare , pur nelle variegate maggioranze che si sono proposte dal 2009 ad oggi. Appare infatti molto grave che l’Italia non  abbia ancora raggiunto sul piano legislativo il target 16.9 dell’Obiettivo 16 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo Sostenibile dell’ONU, ovvero “Entro il 2030, fornire l’identità giuridica per tutti, compresa la  registrazione delle nascite”.

Un ultimo tentativo, che vorremmo efficace, si deve alla proposta di legge regionale n.16 presentata in Regione che, se approvata, impegnerebbe il parlamento a una discussione. Da quanto abbiamo visto finora, seguendo il dibattito in commissione, alla già espressa negazione della giunta regionale sembra unirsi il silenzio dei partiti di opposizione: scarsa sensibilità o diffusa disattenzione? Speriamo di essere smentiti quando conosceremo l’esito finale della votazione.

26 Giugno 2022Permalink

8 giugno 2022 – Patriacato e clericalismo. Un contributo da adista

Paola Cavallari 05/06/2022    Patriarcato e clericalismo. Del genere della vulnerabilità

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 21 del 11/06/2022

  1. Ribaltamento

Si dice che le donne siano vulnerabili molto più degli uomini: una ragione per cui si nutre il convincimento che compito dell’uomo sia di proteggerci – e così viene salvaguardata la sua immagine di figura estranea a derive di assoggettamento/violenze; ovviamente lo stereotipo della debolezza della donna comporta e suscita, come contraltare, deprezzamenti, prevenzioni, barriere che impediscono il passaggio dal recinto del privato allo spazio pubblico.

Comprendere la vulnerabilità sotto questa prospettiva non può che danneggiare e offendere le donne e tutte le persone che non sono state incluse nel paradigma imperante del soggetto, l’essere che si è autocompreso nella sfera della Trascendenza, che ha governato polis e logos, che ha pattuito il Contratto sociale, godendo dello status di detentore di Razionalità, Autosufficienza e Volontà libera, nell’ambito di una democrazia esclusiva (1).

Dovremmo compiere un ribaltamento e operare un recupero della vulnerabilità: per entrarci dentro e abitarla come nostra attitudine naturale, adottando una prospettiva “dal margine”, cioè uno sguardo che sa decentrarci e disidentificarci dal pensiero egemone. Si tratta di ribaltare la rappresentazione di perdita, mancanza, di un deficit nel valore/salute/onorabilità della persona. E comprendere che tale ermeneutica si inscrive in una matrice patriarcale.

  1. Cosa eclissa la Fratelli tutti?

Il sistema Chiesa ha la sua responsabilità nell’alimentare e potenziare tutto ciò?

Nelle esternazioni, il magistero e la struttura ecclesiologica – la cui leadership è di soli uomini – si schierano in difesa delle vittime, degli ultimi: inneggiano a essi come depositari del Vangelo e ne fanno un idolo. La leadership ecclesiale non vive infatti l’esperienza degli ultimi; e tanto meno delle ultime, che sono donne. Le fonti storiche (J. S.Mill, The Subjection of women, per esempio) ci dicono che anche il più reietto dei reietti aveva comunque “sotto” di sé una donna con cui poteva rivalersi delle frustrazioni subite e sfogare i malsani istinti aggressivi. Anche quando l’uomo era povero e miserabile, egli poteva esercitare il suo privilegio inerente alla maschilità nei confronti della propria donna.

Così è tutt’ora.

La dottrina della Chiesa ha avallato la prospettiva per cui il Soggetto, per il proprio Sè, rifugge la condizione – contingente o meno – di vulnerabile: lui è soggetto attivo, i deboli/ vulnerabili/passivi sono gli altri; attivo nella misericordia, certo, ma comunque attivo. Le categorie di attivo e passivo, come quelle di forte e debole, non sono neutre, ma strettamente correlate al maschile e femminile.

Anche le ultime encicliche si nutrono di questa prospettiva. In Fratelli tutti, il richiamo all’amicizia sociale è la linfa del testo. Domando: quale tipo di cultura, quali strutture di peccato destabilizzano l’amicizia sociale? Quale genere umano (ovvero: uomini o donne?) è di fatto l’artefice di una cultura dell’ingiustizia? Nell’enciclica la questione del genere rimane oscurata. E nemmeno si enuncia che il disgregarsi della fratellanza (di sorellanza non si parla) si radica in un’economia di valori simbolici sessuati e in una storia dove le soggettività femminili e maschili non hanno esercitato equamente i poteri, né sono loro attribuibili le medesime responsabilità. È la soggettività maschile, poi, che si è sostanziata di valori quali l’onore, la competizione, la supremazia, la virilità, l’orrore della vulnerabilità.

Rimane evanescente e grande assente una visione dell’umano che, sull’invito neotestamentario («Quando sono debole è allora che sono forte», 2 Cor 12,10) ospita la propria fragilità e vulnerabilità. È la propria debolezza ciò da cui ci si ritrae, perché quella che riguarda gli altri («saperci responsabili della fragilità degli altri», 115) domina. La mia vulnerabilità è difetto da rimuovere, crepa da cui difendermi: «è possibile dominarla con l’aiuto di Dio» 166, si dice.

Il samaritano, esemplare figura di colui che disinteressatamente si prende cura, assume, nei risvolti dottrinali successivi, una metamorfosi, un inquinamento: chi si prende cura resta impigliato, confuso con una figura d’autorità inscalfibile, che mai mostra fessure di imperfezione, di debolezze, di crepe. E la figura del sacerdote, divenuto alter Christus, è catturata nel feticismo del rappresentante santo, senza macchia, senza paura, senza deficit (2).

  1. Un’altra vulnerabilità

Durante la IV Tavola rotonda interreligiosa “Fedi e femminismi in Italia: la profezia delle donne, trascendenza ed esperienza nell’orizzonte di una fede incarnata”, organizzata dall’Osservatorio Interreligioso sulle Violenze contro le Donne (O.I.V.D.) in collaborazione con il Fscire, a Bologna il 2 dicembre ‘21, inquadravo la vulnerabilità come premessa all’esercizio della profezia.

‹‹La vulnerabilità di cui parlo – osservavo – non è imparentata con alcuna vocazione oblativa, al “sacrificio”. Nei codici maschili si configura con un volto perturbante, che lambisce i sinistri fantasmi dell’impotenza. In tale cultura è cifra aborrita; nei casi rari in cui ne riconoscono il valore, quasi mai si assumono le responsabilità storiche, religiose e politiche per averla, nell’habitus maschile, denigrata o dileggiata… Il campo ermeneutico della vulnerabilità cui mi riferisco riguarda non già l’essere vittima di costrizioni, umiliazioni, vessazioni; o l’afflizione – morale, fisica e simbolica – che sommerge chi è accerchiata, schiacciata, manipolata… Mi sta a cuore, infatti, far lievitare ciò cui le donne hanno dato forma nella rivoluzione femminista: assunzione consapevole del corpo, dei sentimenti, del vissuto, della sessualità: luoghi costitutivi della politica sessuale.

Il movimento delle donne ha scompaginato l’ordine categoriale e le sue polarità: il Corpo, la Passività, i Sentimenti, la Materia sono stati svincolati dai lacci del disvalore e non più rappresentati come l’opposto – e subordinato – di Anima, Ragione, Attività, Spirito››(3).

Sempre più, nel mio inoltrarmi nell’universo delle violenze, mi imbatto nella resistenza, o forse meglio dire rimozione, alla comprensione della vulnerabilità in quanto costitutiva della condizione umana, parte integrante dell’ontologia dell’esistere. Si misconosce la stretta parentela che abbraccia vulnerabilità e apertura al divenire, al movimento della vita, al saper esporsi, all’avvento della grazia dell’Incontro.

Ho ritrovato con soddisfazione il mio taglio discorsivo negli interessanti articoli del teologo cileno Samuel Fernández, “Abusi di potere spirituale e colpevolizzazione delle vittime” (4) e della teologa tedesca Ute Leimgruber, “Vulneranza della cura pastorale” (5). Molteplici i risvolti tematici dei due testi, cui non posso che rimandare (6).

Anche secondo questi autori, la teologia prevalente ha avallato la concezione per cui nella cura pastorale si è adottata la prospettiva della vulnerabilità in un orizzonte di passività mancante, dipendenza di una persona a disposizione, che può essere spinta a scenografie sadomasochistiche. Ciò ha contribuito [e non ne è l’unica causa] al fatto che operatori pastorali vari potessero poi tradurre indebitamente – e sfruttare – la relazione di cura come occasione di godimento narcisistico per sé (non necessariamente sessuale) e manipolazione per l’altro/a.

  1. Potere kyriarcale

Il sistema ecclesiale (l’ampia e indefinita ameba cui appartengono istituzione Chiesa, le congregazioni e i movimenti ecclesiali vari) si fonda su un impianto simbolico strutturale: la commistione di patriarcato e sacralizzazione dei ministeri ordinati, una miscela esplosiva che rientra in ciò che E. Schüssler Fiorenza ha definito potere kyriarcale.

La sacralizzazione del ministero ordinato conferisce una differenza ontologica ai soggetti (non a caso maschi e non a caso celibi) che vi appartengono. Non va poi sottovalutato che il regime sacerdotale è imparentato col regime sacrificale, sulla cui natura non posso qui addentrarmi. I vari responsabili o leader dei movimenti ecclesiali sono duplicati dello stesso modello, per cui anche loro agiscono in nome di un principio sacro assoluto, in un’aura di soprannaturale. La domanda di accompagnamento di chi si rivolge loro si presta a essere letta come via maestra all’esercizio dell’assoggettamento. Vulneranza è il termine con cui Ute Leimgruber definisce la propensione – strutturale e non contingente – all’abuso spirituale che si manifesta in tali rapporti di cura pastorale, rapporti asimmetrici e di potere, sottolineando come sia lo stesso impianto del sistema a fornire su un piatto d’argento l’occasione di un abuso spirituale e di coscienza in primis).

  1. Sintesi
  2. Nella cultura dominante e in quella ecclesiale, la rappresentazione della vulnerabilità elude la dimensione di quell’umano che noi siamo, dell’apertura all’altro che essa dischiude; viene invece incapsulata nelle categorie attivo/passivo – soggetto/oggetto, – forte/debole (dove attivo/soggetto/forte è attributo del maschio); si consolida così e si perpetua l’impianto della cultura patriarcale.
  3. L’abuso in contesti clericali eclissa per lo più un elemento determinante; l’ambiente in cui si consuma è contrassegnato non solo da un impianto gerarchico, ma anche dall’aura sacrale di cui gode la guida spirituale. «Di fronte al potere sacro, la resistenza istintiva cede», osserva Ute Leimgruber. Va da sé che qui il sacro ha cifra e volto di un dio sovrano assoluto, autoritario e punitivo, un dio che le teologie femministe hanno decifrato come dio dell’immaginario patriarcale.

Due nodi (A e B) che si intersecano e si saldano in un’unica radice e campo gravitazionale: il dominio maschile.

Note

(1) L’espressione democrazia esclusiva è della filosofa Geneviève Fraisse.

(2) J. S. Mill. Di fatti, gli impedimenti ad esercitare il ministero ordinato nella chiesa cattolica hanno ricalcato per secoli la normativa ebraica [chi, pur facendo parte della tribù di Levi, avesse un difetto fisico, non poteva accostarsi per offrire sacrifici, cfr. Lv 21,16-23. Ora nel cattolicesimo non è più così, ma quanti preti disabili, in Italia, conosciamo?

(3) Da Per una coscienza della forza debole della profezia, atti del convegno “Fedi e femminismi in Italia: la profezia delle donne, trascendenza ed esperienza nell’orizzonte di una fede incarnata”, di prossima pubblicazione.

(4) https://www.adista.it/articolo/68050.

(5) https://www.adista.it/articolo/67792.

(6) La rivista Adista, e la direttora Ludovica Eugenio in particolare, ha offerto una documentazione preziosissima su questo tema; oltre ai due articoli qui citati, ricordo quello straordinario di Doris Reisinger, “Abusi sessuali del clero e gravidanze”: il primo studio accademico https://www.adista.it/articolo/67633).

Paola Cavallari è filosofa e teologa femminista, presidente dell’Osservatorio Interreligioso sulle Violenze contro le Donne (OIVD)

https://www.adista.it/articolo/68168?utm_campaign=shareaholic&utm_medium=google_mail&utm_source=email

8 Giugno 2022Permalink

1 giugno 2022 – Bambini invisibili per scelta differenziata

Scrivo sul mio diariealtro.it la lettera che invierò ad alcuni amici per farne e condividere memoria
Il mio povero blog è trascuratissimo perché l’affanno che mi prende a proposito della negazione della registrazione della nascita di chi nasce in Italia, figlio di migranti irregolari mi blocca anche nella attività di aggiornamento di questo povero blog
Far sintesi è difficile e non  parlo di quell’equivoco per cui si pretende che sintesi significhi esclusivamente  brevità, ma dell’esigenza di mettere insieme notizie, almeno quelle (e parlo per me) in cui nella congerie devastante per quantità disordinatamente ammucchiata  mi illudo di trovare un filo conduttore di collegamento.
A seguito della conclusione di un ciclo di audizioni in Commissione Giustizia al Senato, sui tanti disegni di legge sul doppio cognome presentati sin dall’inizio della legislatura da quasi tutti i partiti, ieri sono comparse notizie di rilevante significato per cui metterò quattro  files in calce riservando il seguito ad alcune indicazioni che mi interessano

ANSA) – ROMA, 31 MAG – Tutti i nuovi nati avranno il cognome di entrambi i genitori o, nel caso di accordo, solo quello di uno di loro.

Lo spiega la stessa Consulta nelle motivazioni della sentenza depositate  .
I giudici sottolineano che « l’automatica attribuzione del solo cognome paterno “si traduce nell’invisibilità della madre” ed è il segno di una diseguaglianza fra i genitori, che “si riverbera e si imprime sull’identità del figlio”».
Il cognome «collega l’individuo alla formazione sociale che lo accoglie » .
E ancora segnala nell’imposizione del cognome unico che:  «comporta la contestuale violazione degli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo».

Non so quante volte abbiamo parlato dal 2009 ad oggi di bambini invisibili.
Se fosse possibile parlare di analogie  (so che non è una modalità attendibile) rileggerei la citazione e così:  « l’ostacolo che dal 2009 la legge oppone alla regolarità della registrazione dell’atto di nascita rende incerto (e legato a condizioni soggettive indotte: la paura dei genitori irregolari) il godimento di un diritto assoluto di ogni nuovo nato /a e determina l’invisibilità di chi è venuto  al mondo in queste condizioni».

E’ chiaro, mi sembra, che non  si può attribuire a migranti regolari o irregolari che siano la conoscenza di norme criptiche, costruite su citazioni, e del loro intreccio con circolari  (tutte conoscenze invece alla portata di chi si è battuto per il doppio cognome) .
Nel caso della nascita entrano in gioco diritti umani imprescindibili e ciononostante negati  a fronte dei quali l’inerzia del parlamento e l’indifferenza della società civile lasciano sgomenti.

Nel vuoto che ho sperimentato per anni a livello locale voglio ricordare il bollettino Ho un Sogno che  ha mostrato la dignità della coerenza al suo ruolo di “Strumento di informazione sulle risorse e sulle attività presenti in Friuli nel campo della pace e della cooperazione internazionale” e non ha mai mancato di segnalare la norma approvata per creare  “bambini invisibili”.
C’è però qualcosa di più. Da qualche tempo Ho un Sogno ospita un piccolo glossario, curato da Francesco Bilotta, docente di diritto privato all’Università di Udine, che così ha scritto a proposito del termine Solidarietà:
«La parola solidarietà ci sollecita subito considerazioni   di carattere morale. Non è immediato quasi per nessuno  associarla al diritto. <…e > avendo in mente la sua accezione morale, è piuttosto difficile disgiungerla dalla libertà di scegliere se assumere o meno un  atteggiamento solidale nei rapporti con gli altri.
Eppure, la nostra Costituzione è chiara al riguardo, quando all’articolo 2 parla di “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Quindi non solo doveri, ma  addirittura inderogabili, cioè doveri che nessuno ha il potere di cancellare in alcun modo. Doveri che caratterizzano trasversalmente tutto il nostro vivere collettivo, come ci ricordano i tre aggettivi, “politica, economica e sociale”»

Mi sembrano indicazioni sufficienti per delineare – in chi ha parola –l’obiettivo di  un quadro di solidarietà che intenda rendere visibili in  bambini invisibili  (come si sta facendo per le mamme dal nome negato).  Ma tutto è inutile.

In Parlamento la proposta 3048 (che, con tutte le insufficienze del caso, se approvata renderebbe al nato  anonimo  almeno il diritto di un’esistenza riconosciuta) resta pressoché ignorata e prevale invece -con la visibilità propria di un’azione politica seriamente intrapresa  una precisa scelta del pd, espressa pubblicamente dal segretario – per il ddl  che modifica la legge sulla cittadinanza del 1992 introducendo lo jus scholae.
Giusto obiettivo, a fronte del quale  resta ben fermo, quasi una beffa,   il no al certificato di nascita ai nati in Italia figli di migranti irregolari.
Giustamente nel comunicato stampa che vi ho già inviato il consigliere reginale Honsell afferma:
«L’Italia di fatto non rientra ancora nel novero di quei paesi che hanno raggiunto il target 16.9 degli Obiettivi sostenibili 2030 dell’ONU:
“fornire identità giuridica per tutti, inclusa la registrazione delle nascite” »

Ho  citato il consigliere regionale Honsell che  è riuscito a porre la questione della registrazione dell’atto di nascita dei figli dei sans papier all’interno di un dibattito in sede istituzionale.
Sperare che vada in porto è un dovere che sembra un azzardo (certamente il rifiuto dell’associazionismo organizzato a farsi carico  del problema non aiuta un reale tentativo di risolverlo) ma io non posso che contare sul fatto che  – comunque sia – questo impegno assicuri visibilità a ciò che si vuole occultare con ampia determinazione.
Sarà già un passo avanti

https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2022/05/31/il-doppio-cognome-o-di-un-solo-genitore-a-tutti-i-nuovi-nati_51df6d3c-3160-44ec-8633-9dcaa67c1bc7.html

https://www.rainews.it/articoli/2022/05/cognome-dei-2-genitori-al-figlio-consulta-una-legge-per-evitare-danni-alla-funzione-identitaria–fd5f1082-7348-4f7f-9be6-7c8f9cbe85b8.html

Doppio cognome ai figli, da oggi c’è anche quello della madre (avvenire.it)

https://www.fanpage.it/politica/doppio-cognome-ai-figli-le-motivazioni-dellla-consulta-ora-una-legge-per-evitare-moltiplicazione/

Aggiungo anche il comunicato di Honsell citato sopra:

“Oggi (martedì 24 maggio) in Commissione Immigrazione del Consiglio Regionale si sono svolte le audizioni della proposta di Legge Nazionale n. 16, presentata da #OpenSinistraFVG, volta a ristabilire il diritto assoluto di ogni nata/o in Italia alla registrazione del loro nome alla nascita anche se figli di immigrati irregolari. Attualmente vige ancora la normativa del 2009 che nega questo diritto fondamentale sancito dal recepimento della Convenzione ONU del 1991 da parte dell’Italia. Questo autentico vulnus normativo che nega i diritti dei più deboli, i bambini, è compensato da una circolare ministeriale ‘interpretativa’ il cui utilizzo è legato alla buona volontà degli uffici di stato civile dei Comuni. L’Italia quindi di fatto non rientra ancora nel novero di quei paesi che hanno raggiunto il target 16.9 degli Obiettivi Sostenibili 2030 dell’ONU.

Il dibattito in aula ha dimostrato scarsa consapevolezza della problematica da parte di alcuni sindaci che hanno voluto fraintendere la norma parlando di ricongiungimento familiare, come il Sindaco di Monfalcone. Il tema riguarda invece i diritti fondamentali dell’individuo come giustamente hanno sottolineato i rappresentanti dell’associazione di Medicina delle Migrazioni e dell’ANUSCA, l’Associazione Nazionale Ufficiali di Stato Civile e d’Anagrafe. Ancora una volta la visione ideologica di alcuni esponenti non ha permesso di riconoscere il problema, che nulla a che fare con le norme sull’immigrazione, o sull’iscrizione all’anagrafe ma solo sul rispetto della Carta dei diritti del Fanciullo: il diritto ad avere un nome alla nascita, anche se i genitori sono irregolari.

Come Open Sinistra FVG proporremo degli emendamenti al nostro testo per scongiurare qualsiasi ulteriore fraintendimento su questa norma di civiltà, che è stata riconosciuta dallo stesso Ministero ancorché con una circolare”: così si è espresso il consigliere regionale #FurioHonsell.

1 Giugno 2022Permalink

1 giugno 2022 – Calendario di giugno

.1 giugno 2018 –     Giuramento del governo Conte. Inizio XVIII legislatura
.1 giugno 2018 –      Spagna. Cade il governo Rajoy
.1 giugno 2021    –   Scarcerazione di  Giovanni Brusca
.2 giugno –                Festa della Repubblica
.2 giugno 2016 –      Il parlamento tedesco riconosce il genocidio armeno
.3 giugno 1963 –      Muore papa Giovanni XXIII (eletto nel 1958)
.3 giugno 2016 –       Muore il pugile Cassius Clay – Muhammad Ali
.3 giugno 2016 –       Corleone – La processione del santo locale si inchina
alla  casa di Salvatore Riina
.4 giugno 1994 –       Muore Massimo Troisi
.5 giugno             –     Giornata mondiale in difesa dell’ambiente
.5 giugno 1967   –      Israele – Inizio della guerra dei 6 giorni
.6 giugno 2015 –        Visita papa Francesco a Sarajevo
.7 giugno 1929 –        Il Vaticano pubblica la legge fondamentale che ne fa
uno   stato sovrano come previsto nel Trattato di
febbraio.                                                      [Nota 1]
.9 giugno 2020 –        Funerali di George Floyd – Houston
10 giugno 1924 –      Assassinio di Giacomo Matteotti
10 giugno 1940 –      L’Italia dichiara guerra alla Francia e all’Inghilterra
11 giugno 1984 –      Morte di Enrico Berlinguer
12 giugno 1964 –      Condanna all’ergastolo di Nelson Mandela    [Nota 2]
..L’ergastolo si concluderà dopo 27 anni, l’11 febbraio 1990
13 giugno 1960 –       Incontro  papa Giovanni XXIII e Jules Isaac
14 giugno 1966 –       Il concilio Vaticano annuncia l’abolizione dell’indice
dei libri proibiti.
14 giugno 2022  –      morte di  Avraham Yehoshua
15 giugno 2007 –       Morte di Giuseppe Alberigo                         [Nota 3]
16 giugno 1976 –        Sudafrica: strage di Soweto
16 giugno 2016 –        Assassinio della deputata laburista Jo Fox
[Nota 4]
18 giugno 1982 –        Londra: ritrovamento del cadavere di Roberto Calvi
18 giugno 2015 –        Papa Francesco promulga l’Enciclica Laudato sii
19 giugno –                  Giornata mondiale del rifugiato
19 giugno1945 –         Birmania_Nascita di Aung San Suu Kyi    [Nota 5]
19 giugno 2013 –        Viene approvata la legge di ratifica della
Convenzione di Istanbul (L.27 .giugno 2013, n. 77)
20 giugno 1979 –         Nilde Jotti è eletta presidente della Camera dei
deputati,. .prima donna nella storia della
Repubblica
22 giugno 1633 –        Galileo è costretto all’abiura
22 giugno 2022 –         Morte di  Federico Carboni, primo caso di suicidio
assistito concluso in Italia
22 giugno 2015 –        Papa Francesco visita il Tempio valdese di Torino
23 giugno 1858 –       Papa Pio IX fa rapire il bambino ebreo Edgardo
Mortara                                                  [Nota 6]
23 giugno 2016 –        Gran Bretagna: Il referendum decreta la Brexit
24 giugno 2013 –        Sentenza processo Ruby                           [Nota 7]
17 giugno 1991 –         Fine dell’apartheid in Sudafrica
25 giugno 1946 –        Inizio dei lavori dell’Assemblea Costituente
26 giugno 1967 –        Morte di don Lorenzo Milani
27 giugno 1980 –         Ustica: esplosione del DC9. Muoiono 81 persone
28 giugno 1914 –         Sarajevo Assassinio di Francesco Ferdinando e
della moglie.
28 giugno 1919 –        Trattato di Versailles. Fine della prima guerra
mondiale
28 giugno  1969-         Moti di Stonewall                              [Nota 8]
29 giugno 1934 –         Germania: notte dei lunghi coltelli    [Nota 9]
29 giugno 2013 –         Muore la scienziata Margherita Hack   [Nota 10]
30 giugno 2005 –         Spagna: il Parlamento riconosce il matrimonio
omosessuale
30 giugno 2017 –         Muore Simone Veil                             [Nota 11]
30 giugno 2017 –        Muore Ettore Masina                           [Nota 12]

NOTE

[Nota 1]

http://www.vatican.va/roman_curia/secretariat_state/archivio/documents/rc_seg-st_19290211_patti-lateranensi_it.html

[Nota 2]

Nelson Mandela fu eletto Presidente del Sud Africa il 27 aprile 1994.
Il 10 maggio 1994 pronunciò il discorso che segnò la fine dell’apartheid.

http://www.vita.it/it/article/2013/12/06/il-discorso-di-mandela-che-ha-segnato-la-fine-dellapartheid/125515/

[Nota 3] http://www.treccani.it/enciclopedia/giuseppe-alberigo_(Dizionario-Biografico)

[Nota 4] assassinio  deputata Jo Fox
http://ltirreno.gelocal.it/italia-mondo/2016/06/19/news/omicidio-di-jo-fox-l-urlo-d-odio-del-killer-1.13688049

[Nota 5]   https://it.wikipedia.org/wiki/Aung_San_Suu_Kyi

[Nota 6]   David Kertzer, “Prigioniero del papa Re”
http://www.davidkertzer.com/it/biografia
diariealtro:  1858 – Quando il sovrano regnante  dello stato pontificio rapì un bambino ebreo. (diariealtro.it)

[Nota 7]   Il tribunale di Milano condanna in primo grado Silvio Berlusconi a 7 anni e
alla interdizione perpetua dai pubblici uffici per il reato di concussione e
prostituzione minorile

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-06-24/processo-ruby-berlusconi-giudici-130213.shtml?uuid=AbNsGw7H

[Nota 8]     La notte del 27 giugno 1969 iniziava la protesta passata alla storia con il nome di
Moti di Stonewall, con cui inaugurava il movimento di liberazione omossessuale.
L’anno seguente la marcia dal Greenwich Village a Central Park in commemorazione dei Moti di Stonewall segnò il primo gay pride.

[Nota 9]  http://www.artspecialday.com/9art/2018/06/30/la-notte-dei-lunghi-coltelli/

[Nota 10]  https://it.wikipedia.org/wiki/Margherita_Hack

[Nota 11]  https://it.wikipedia.org/wiki/Simone_Veil

[Nota 12]  http://www.noisiamochiesa.org/?p

 

1 Giugno 2022Permalink

13 maggio 2022 – Gli alpini fra infiltrati e solidarietà diffusa

Vorrei lasciar perdere e invece è doveroso far memoria per misurare via via il degrado e osservare se spunta la speranza di una risalita.

Vado malvolentieri su facebook ma lo faccio per vedere che si pensa di ciò che accade e interessa i social. Non uso i ‘mi piace’ né le piccole icone spiritose, sia perché non sempre capisco il significato di quelle innumerevoli faccine sia perché non  mi va di esprimere pareri sommari in un mondo traballante e a mio parere insicuro. Se decido di intervenire lo faccio cercando di essere breve e chiara.

Trovo una frase che mi lascia attonita e trascrivo a fatica Mame vonde  tete mi baste le gavete…, ho letto di normale praticata baldoria ma devono aver cancellato perché non ritrovo e passo al Messaggero Veneto, quotidiano diffuso in Friuli  (pag. 8 ) articolo a firma Chiara Baldi.
A questo punto l’indignazione diventa disagio e sofferenza.

Copio perché è doveroso ricordare:
Sonia Alvisi, coordinatrice delle donne dem di Rimini, doveva essere diventata ingombrante. Si è dimessa dopo aver pubblicamente sostenuto l’importanza della “denuncia formale” da parte delle donne molestate (alcune nel corso della loro attività lavorativa)  per essere più credibili e aver inviato un  messaggio di solidarietà agli alpini . Mah!
Intervengono la ministra Bonetti (pari opportunità?!) e l’on Serracchiani: “Sospendere il raduno sarebbe come arrendersi a un pugno di violenti ” (dixit).
L’assessora alle pari opportunità del Veneto dichiara: “Se uno mi fa un  sorriso e mi fischia dietro io sono pure contenta”. Stia lieta signora assessora Elena Donazzan, stia lieta: è affar suo ma rispetti chi “dietro” non ha conosciuto solo fischi e comunque poteva non  gradire nemmeno quelli.
Quello che però mi turba di più (ed è una obiezione ricorrente) è il continuo ricorso dal sapore assolutorio a misteriosi   infiltrati.
Vorrei poter prescindere dalla barocca situazione immaginata di maschi (giocherelloni? fischiatori o ???)  che si infilano nelle file adamantine della adunata alpina  per molestare le donne senza che ci sia notizia di una reazione offesa di chi l’infiltrazione avrebbe subito all’interno di un raggruppamento ordinato, discreto nel linguaggio  e  non solo, notoriamente sobrio,  guardando lo spettacolo fra le proprie file , ma  non riesco ad arrendermi al ridicolo perché ho un altro più serio e doloroso problema.
Come è possibile che donne adulte, intelligenti, acculturate, consapevoli dei propri diritti (parlo a ragion veduta) sentendo di molestie e violenze, poiché sono state dichiarate  nel quadro di una adunata alpina,  pensino agli infiltrati piuttosto che alla solidarietà alle proprie simili,  riservando se mai a un momento successivo l’ipotesi ‘infiltrati’?
Lesa  maestà, l’ombra di una sorta di sacralità  che copre e tutela gli alpini? Mi fermo qui anzi no.
Alcune di queste donne hanno ricordato che sono state molestate nel corso del proprio lavoro e di essersi trovate quindi in una situazione di disagio aggravato.
Vi immaginate una cameriera che denuncia un cliente, certa della solidarietà  dei presenti magari  irritati dal ritardo della pizza, e della solidarietà  del datore di lavoro? Sicurezza del lavoro .. ah già! Ma che c’entra?!  Qualche volta mi confondo.

13 Maggio 2022Permalink

12 maggio 2022 –    In una foto  il “no alla guerra”  (da L’Osservatore Romano)

Un’emozione di anni lontani che luna fotografia dal Vietnam rinnova implacabilmente nel dolore per le sporche guerre dei giorni nostri

Kim e Nick la guerra la conoscono bene. Vietnam, 8 giugno 1972: fuoco sul villaggio di Trang Bàng, 40 chilometri a ovest di Saigon. Dall’alto cadono bombe al napalm. Nick Ut “ferma” in uno scatto la disperazione della piccola Kim Phúc Pahn Thi che corre, avvolta dal napalm, con i vestiti evaporati per il fosforo.

Quella fotografia è diventata una delle immagini più iconiche della storia del Novecento.

Quasi mezzo secolo dopo eccoli qui, insieme, Kim e Nick, in piazza San Pietro, con Papa Francesco. A dire che la guerra è una follia. Per questo hanno donato al Pontefice una copia, con le loro due firme, della foto che da cinquant’anni dice “no alla guerra”.

E quel “no alla guerra” che arriva dal Vietnam, Papa Francesco lo ha rilanciato, stamani, accogliendo due giovani donne che stanno conoscendo gli orrori di un altro conflitto, stavolta in Ucraina. Sono le mogli di militari ucraini del battaglione Azov asserragliato nell’acciaieria di Mariupol. Francesco, alzandosi in piedi, ha stretto le loro mani nel gesto della preghiera.

Già, la guerra. Racconta Kim che oggi ha 59 anni: «A distanza di mezzo secolo, da sopravvissuta, mi permetto di dire che non vogliamo la guerra ma la pace perché il mondo ha bisogno di pace». E proprio con questo impegno per la pace stanno lavorando, sempre insieme, al documentario La bambina del napalm.

«Quella mattina piovevano bombe sul villaggio, scappavano tutti» ricorda Nick, oggi 71 anni, che era in prima linea come fotoreporter. «Ho visto una bomba far esplodere una pagoda: pensavo che dentro non ci fosse nessuno invece, tra il fumo, ho intravisto la nonna di Kim che stringeva un bimbo, morto fra le sue braccia. E subito dopo ho visto Kim che urlava “aiutatemi!”. Ho smesso di fotografare dopo uno scatto, “quello” scatto: dovevo agire. Ho preso l’acqua e gliel’ho gettata addosso. Ho caricato tanti bambini sul furgone e li ho portati all’ospedale».

Rientrato nel suo ufficio a Saigon, Nick sviluppò la foto divenuta subito «lo scatto che racconta la guerra in Vietnam». Vinse anche il premio Pulitzer.

Essenziale il racconto di Kim: «Quell’immagine continua a ricordarmi che ho perso la mia infanzia. Solo col tempo, però, ne ho compreso il valore. All’inizio l’ho odiata, ci vedevo un’umiliazione: una bimba esposta al mondo mentre, nuda, grida disperata. Sono stata anche aiutata, curata: 14 mesi di ospedale e 17 operazioni chirurgiche, senza pagare nulla».                                                                                                                                                                        di GIAMPAOLO MATTEI

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2022-05/quo-107/in-una-foto-il-no-alla-guerra.html

12 Maggio 2022Permalink