5 marzo 2022 — Leggendo Donatella De Cesare — No alle armi

04 marzo 2022 Guerra Ucraina-Russia, Di Cesare: “Non si aiutano ucraini dandogli armi” – Donatella Di Cesare

La filosofa cita l’opera di Kant del 1795: “Se in Europa non c’è pace perpetua, ci sarà nei cimiteri”
“Non si aiutano gli ucraini armandoli: è semplicemente questa la mia posizione. E l’Europa, che celebra una riunificazione in armi, in realtà nasconde il proprio fallimento”. Parlando con l’Adnkronos, è netta la filosofa Donatella Di Cesare nel sottolineare le proprie “posizioni pacifiste, ci tengo moltissimo a dirlo e a esserlo”, anche nei confronti di una guerra “raccontata attraverso una narrazione semplicistica: l’idea che tutto sia iniziato con l’invasione russa. Certo, chi non condannerebbe la Russia partendo soltanto da questo ‘antefatto’? Invece, bisognerebbe indagare un po’ più in profondità, andare indietro nel tempo, a prima della guerra, a cosa l’ha determinata”, aggiunge la professoressa di filosofia teoretica dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma, molto criticata dopo le sue affermazioni di ieri sera a ‘Piazza Pulita’ su La7.
Ciò che mancano e invece servirebbero, secondo la Di Cesare, sono “le voci della politica e della diplomazia che chiedano la pace: un’unificazione in armi, infatti, è una sconfitta e non la vittoria tanto celebrata dell’Europa. Vivo con dolore e angoscia le vicissitudini degli ucraini, ma penso che non si possa aiutare il popolo con le armi o mandando legionari. Non mi sarei mai aspettata una simile presa di posizione da parte dell’Italia e della Germania, non solo per la loro dipendenza energetica dalla Russia, ma anche per i legami culturali e politici che nel tempo avevano creato. Penso ad esempio al convegno su Kant a Kaliningrad (l’ex città di Königsberg, dove il filosofo tedesco era nato) in programma per il prossimo anno e che è stato annullato: un fatto grave quanto la cancellazione a Milano del corso su Dostoevskij di Paolo Nori. Evidentemente anche i morti fanno paura”.
A proposito di Kant, conclude, “mi viene in mente uno dei suoi testi più importanti, ‘Per la pace perpetua’, opera dal titolo ambiguo, che gioca con il riferimento alla quiete dei defunti nei camposanti. Se non ci sarà la pace perpetua in Europa, se la diplomazia non tenta di sostituirsi alle armi, ci sarà quella perpetua nei cimiteri”.
(di Cristiano Camera)

5 Marzo 2022Permalink

5 marzo 2022 – Putin secondo Civiltà Cattolica

LA CIVILTÀ CATTOLICA
LA RIVISTA PIÙ ANTICA IN LINGUA ITALIANA, DAL 1850
Quaderno 4121 pag. 482 – 488 Anno 2022 Volume I

5 Marzo 2022 LA RUSSIA DI PUTIN Vladimir Pachkov

A oltre vent’anni dalla prima elezione di Vladimir Putin a presidente della Russia, il Paese si trova a un bivio, in un momento critico a causa dell’invasione dell’Ucraina. La situazione precedente al conflitto era sostanzialmente positiva. Infatti, nonostante i forti monopoli statali, la Russia ha in buona sostanza un sistema economico di tipo capitalista e può operare in modo molto più efficiente rispetto al suo predecessore, l’Urss[1]. Il governo è tecnocratico e innovativo (in termini di innovazioni tecniche e digitalizzazione dell’amministrazione), ma non riesce a portare la nazione fuori dalla dipendenza da un’economia ancora in gran parte basata sull’estrazione di risorse naturali. E il rischio molto grande è che la nazione si stia preparando ad anni di stagnazione economica.
Naturalmente ci sono anche opinioni differenti, che descrivono la Russia come un normale Paese in via di sviluppo, con tutti i problemi e le peculiarità che in genere affronta questo tipo di Paesi. La si può anche considerare come un’antitesi al liberalismo occidentale (cosa che molti conservatori in Russia ritengono essere un complimento). Secondo tale visione, il «putinismo» è una dichiarata sfida al liberalismo e alla «democrazia liberale»: modernizzazione militare, aggressione del vicinato post-sovietico, costruzione della rete di propaganda globale. Il «putinismo» viene descritto come una forma di autocrazia conservatrice e populista. È conservatore non solo perché enfatizza i cosiddetti «valori tradizionali», come la famiglia, composta esclusivamente da marito, moglie e figli, la religione ecc., ma perché in generale vuole mantenere lo status quo. Non vuole alcun cambiamento, nemmeno nell’economia. Non ha bisogno di cambiamenti e riforme, perché vive della vendita delle risorse del sottosuolo.
L’economia petrolifera della Russia offre alle élite al potere una possibilità di arricchirsi maggiore rispetto allo sviluppo economico più lento che si potrebbe realizzare con riforme di lungo periodo. Invece di sostenere la diversificazione e lo sviluppo del settore industriale e terziario, il «putinismo» concentra la ricchezza nelle mani di poche persone. Invece di favorire l’ascesa di una classe media e di una imprenditorialità autonoma e al passo con i tempi, si promuovono quelle persone che sono al servizio dello Stato e da esso dipendono. Sembra che funzionari competenti che mostrino anche capacità di iniziativa non siano necessari all’economia basata sullo sfruttamento petrolifero. E ci sono casi in cui amministratori locali vengono licenziati non quando le loro regioni non mostrano crescita economica, ma quando alle elezioni non votano per il presidente o per il partito di governo[2].
Lo stato dell’economia e le prestazioni del presidente sono ciò che sta a cuore alla maggior parte dei russi. Questo è anche ciò che determina la sopravvivenza (o meno) del sistema che Putin ha creato. Avendo la Russia un’economia puramente – o principalmente – petrolifera, si può temere che la durata dell’esistenza del «sistema Putin» sia di pochi anni, perché, nonostante tutte le difficoltà, la transizione dell’economia mondiale verso «energie più verdi» sta progredendo. È molto difficile immaginare un cambiamento di rotta significativo nel breve periodo, soprattutto quando, pur senza trascurare i problemi dell’economia, sembrano esserci altre priorità all’orizzonte, come ad esempio la concorrenza geopolitica con gli Stati Uniti.
Naturalmente, non tutti i problemi del Paese sono da attribuire al governo in carica. Putin ha ereditato un’economia in pessime condizioni ed è riuscito a stabilizzarla e a farla crescere, grazie anche all’aiuto di validi collaboratori, come l’allora ministro delle Finanze Aleksej Kudrin (i prezzi alle stelle del petrolio e del gas hanno fatto il resto). In quasi 10 anni, dal 1999 al 2008, il Pil russo è cresciuto del 94% e anche i redditi dei russi sono aumentati allo stesso ritmo. Il periodo successivo, invece, può essere descritto come un periodo di transizione dalla stabilità alla stagnazione. La crisi economica mondiale ha colpito duramente anche la Russia, ed è emerso con chiarezza che il modello di sviluppo basato sulla vendita delle materie prime non funzionava più. La crescita economica annua dal 2010 al 2019 ha raggiunto solo il 2%. Come negli anni Novanta, la fuga di capitali ha raggiunto di nuovo cifre notevoli: dal 2014 al 2018, 320 miliardi di dollari sono stati portati fuori dal Paese. Era necessario trovare un altro modello, e sono state fatte riforme di vasta portata, ma non così coraggiose come la situazione richiedeva.
Il 2014 è stato un anno particolarmente difficile per la Russia. La crisi innescata sul confine ucraino ha peggiorato le relazioni con l’Occidente, e ciò ha influito negativamente sulla disponibilità, da parte delle aziende estere, a investire in Russia. Anche l’improvviso crollo del prezzo del petrolio ha avuto le sue drammatiche conseguenze. Da allora, i redditi russi sono in costante calo: nel 2020 erano inferiori rispetto al 2014.
Il governo ha fatto molto per attutire l’impatto del calo dei prezzi del petrolio, per attenuare i contraccolpi derivati dalle sanzioni occidentali e per invertire la rotta dell’economia russa. Secondo i dati del Fmi, le sanzioni applicate dai Paesi occidentali hanno ridotto il Pil russo solo dell’1,5%. Alcuni settori sono persino cresciuti. Ad aver tratto benefici è stata, ad esempio, l’agricoltura, ma anche l’industria di ingegneria meccanica agricola. Inoltre, come conseguenza delle sanzioni, il governo ha investito molto in industrie importanti per l’esercito, quali quelle per la produzione di motori per aerei, elicotteri e navi (molti dei quali erano precedentemente importati dall’Ucraina). La Russia ha anche messo in sicurezza il settore finanziario: le riserve auree sono state incrementate ed è stato sviluppato un proprio sistema di pagamento.
Ma queste sono solo alcune eccezioni, rispetto a una situazione che continua a essere per nulla ideale. Nonostante tutti gli sforzi e gli investimenti statali, la crescita oscilla tra l’1% e il 2% annuo. E questo non è sostenibile per un Paese come la Russia.
Ora il problema principale è che le idee e le prospettive per una crescita economica di lungo periodo sono state sacrificate in favore della ricerca ossessiva di stabilità politica e geopolitica. L’economia sta migliorando, ma troppo lentamente. L’attore principale è lo Stato, che vuole sostituire la mancanza di investimenti privati con i cosiddetti «progetti nazionali». Gli investimenti statali si concentrano in pochi progetti di grande portata, in cui sono coinvolte solo le persone vicine al governo. I piccoli e medi imprenditori soffrono delle sanzioni e della mancanza di opportunità per raccogliere capitali. Infatti, la percentuale di piccole e medie imprese nell’economia russa è scesa dal 22% del 2017 al 20% del 2020: volendo fare un confronto, la percentuale di piccole e medie imprese nei Paesi baltici, che pure facevano parte dell’Urss, rappresenta oltre i due terzi della forza produttiva.
Due dei maggiori problemi che aggravano ulteriormente la condizione economica russa sono la disuguaglianza e la povertà. Nel 2018, il 3% dei russi più ricchi possedeva l’87% dell’intera ricchezza. Il numero di miliardari in un anno (dal 2018 al 2019) è salito da 78 a 110, e quello dei milionari da 172.000 a 246.000. Per contro, il 21% dei russi vive nella povertà. La più grande preoccupazione delle persone russe non è la politica, ma l’economia: il 72% è preoccupato per l’aumento dei prezzi, il 52% per l’aumento della povertà e il 48% per la disoccupazione[3].
Purtroppo, gli andamenti economici registrati durante la pandemia hanno rafforzato tale tendenza, così come è aumentata la dipendenza del governo russo dalle entrate del gas e del petrolio. Anche se la crescita del 2021 (oltre il 4%) compensa il calo del 2020 (3%), ancora una volta è apparso evidente quanto lo sviluppo del Paese dipenda fortemente dallo sfruttamento del sottosuolo. Poiché nel 2021 il prezzo del gas e del petrolio è aumentato vertiginosamente, il bilancio potrebbe prevedere un surplus. Ma il bilancio è anche l’unica fonte di finanziamento per i servizi sociali da dedicare a una popolazione in crisi – è aumentata significativamente la spesa sanitaria – e per gli investimenti per rilanciare l’economia. Inoltre, il pericolo incombente è che la trasformazione tecnologica dell’economia globale porterà molto presto a un calo della domanda di combustibili fossili. Ciò avrà ricadute molto pesanti per la Russia[4]. È giunto il momento di scegliere tra geopolitica ed economia.
Uno dei problemi più rilevanti è che la classe dirigente presta molta attenzione alla pubblicazione delle analisi statistiche, ma non sempre i dati corrispondono alla realtà. Ai russi però non interessano i dati incoraggianti e illusori dei numeri, ma solo la qualità della loro vita concreta. Basta ricordare quanto è accaduto recentemente in Kazakistan, dove i dati ufficiali sullo sviluppo economico erano addirittura migliori che in Russia. Il governo russo prevede una crescita economica superiore al 4% ed entrate di bilancio in rialzo, mentre i redditi reali sono in caduta libera da più di 10 anni.
In molti sostengono che è arrivato il momento di spendere più soldi in progetti sociali, ma questo non risolverà il problema della bassa produttività e, di conseguenza, dei redditi bassi. Servono, invece, innovazione e investimenti privati, soprattutto esteri. Ma, come sappiamo, per ottenere tutto ciò andrebbe risolto il conflitto politico con l’Occidente, che invece il conflitto con l’Ucraina ha radicalizzato. La dura realtà è che la Russia è un Paese economicamente debole e non avrebbe potuto permettersi una politica conflittuale. Non si tratta di stabilire «chi ha ragione o di chi è la colpa»: la politica è l’arte del possibile e non dei desideri[5].
I cittadini russi sono stanchi di questa politica, che non è in grado di – ma nemmeno vuole – creare condizioni per una vita normale, e che antepone i sogni geopolitici della classe dirigente al benessere dei cittadini comuni[6].
Lo Stato e la società civile
È noto che, ad eccezione di alcuni periodi particolari – il 1917 o gli anni Novanta –, la Russia ha sempre avuto un governo che conferisce alla propria autorità un ruolo fondamentale. Putin e coloro che lo circondano non stanno facendo altro che portare avanti una vecchia tradizione in questo senso. Durante i suoi due primi mandati, Putin ha potuto porre fine al dominio dei gruppi criminali che si nascondevano dietro slogan di «libertà» e «democrazia», e portato «stabilità». In quella fase, egli ha sostenuto – a ragione – che la società russa era debole e frammentata e che aveva bisogno di riconciliazione. In realtà, la nuova stabilità è stata ottenuta non attraverso la riconciliazione, ma attraverso la smobilitazione e la pacificazione. La società ha in parte volontariamente ceduto i suoi diritti allo Stato, in parte se li è semplicemente visti portare via. Ma nei primi 10 anni di Putin, lo Stato si è concentrato sul consolidamento interno e non ha interferito negli affari della società.
L’economia è cresciuta, e molti russi sono riusciti, per la prima volta nella loro vita, a collocarsi tra la «classe media» e a godere della prosperità materiale. Ma questo non è durato a lungo. La crisi economica mondiale del 2008, la crisi ucraina e gli effetti ultimi della pandemia hanno colpito duramente il Paese, e così la promessa di una lunga prosperità è svanita.
Ora si può osservare che la popolazione è stanca della propaganda roboante – «Dobbiamo difenderci dai nemici che circondano il Paese!» – e non la prende più sul serio. Il governo sta perdendo non soltanto il contatto con la società, ma anche l’influenza ideologica su di essa. Ne sono prova anche le manifestazioni per la pace in corso in Russia. Secondo Tatiana Stanovaya, ricercatrice del Carnegie Moscow Center, dal 2018 il rapporto tra Stato e società può essere descritto con una massima: «Non vi dobbiamo nulla»[7].
Secondo l’opinione pubblica, l’attuale crisi nei rapporti con l’Occidente è ciò che può porre fine al «sistema Putin». Dopo gli eventi del 2014, la maggior parte dei russi ha considerato lo scontro con l’Occidente e la crisi economica come «una nuova normalità». Purtroppo, qualcosa di simile è accaduto anche con la percezione della guerra. A partire dal conflitto in Georgia nel 2008, la guerra – in Ucraina, in Siria ecc. – è diventata un elemento costante nella vita quotidiana. Con l’attuale crisi ucraina, il pericolo di una guerra su scala mondiale è reale. La guerra fa crollare il tasso del rublo e i mercati russi, e non porterà al compattamento della società a fianco del governo. La società russa è moderna ed è entrata nella «fase post-eroica», in cui non tutti sono pronti «a morire per la Patria e per Putin». Al contrario, non solo la guerra in sé, ma le conseguenze economiche della guerra – soprattutto se di lunga durata – potranno portare a un malcontento che molto probabilmente si trasformerà in una protesta dai connotati fortemente politici. E tale protesta sarà non solo nelle grandi città, o limitata ai cittadini politicamente attivi, ma coinvolgerà masse di popolazione, pensionati e lavoratori di provincia, cioè coloro che finora sono stati forti sostenitori della politica del governo. Anche se è pressoché impensabile che le proteste possano portare a cambiamenti politici, il mito del «modello Putin» ne uscirà quasi certamente ridimensionato.
La Russia, nonostante tutte le crisi e le catastrofi che fino ad oggi hanno causato incredibili sofferenze alle persone che la abitano, ha continuato a esistere ed è diventata una grande potenza politica e militare, ma non economica. Infatti, dal punto di vista economico non è in grado di eguagliare la potenza degli Usa o della Cina.
La Russia, anche sotto Putin, è la conferma che il destino di un Paese è determinato dalle sue tradizioni e dalla sua storia, e che profondi cambiamenti, nel bene o nel male, possono attuarsi solo molto lentamente. Oggi il rischio di rimanere isolata e di vivere una drammatica stagnazione economica è molto reale.
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1. Il fatto che la Russia sia un esportatore netto di prodotti agricoli rivela una grande differenza rispetto all’Urss, che non riusciva a nutrire la sua popolazione senza le importazioni. ↑
2. Cfr M. S. Fish, «The Kremlin Emboldened: What Is Putinism?», in Journal of Democracy, vol. 28, n. 4, ottobre 2017. ↑
3. Cfr R. E. Beris, «The State of the Russian Economy: Balancing Political and Economic Priorities», in https://www.nti.org/analysis/articles/state-russian-economy-balancing-political-and-economic-priorities/ ↑
4. Cfr V. Inozemtsev, «Oil, COVID and prospects of economic growth in Russia», in Riddle Russia (https://ridl.io/en/oil-covid-and-prospects-of-economic-growth-in-russia/), 18 novembre 2021. ↑
5. Cfr Id., «Time to choose geopolitics or stability», in Riddle Russia (https://ridl.io/en/time-to-choose-geopolitics-or-stability/), 7 gennaio 2022. ↑
6. Cfr «Russian public covers ears as state media heighten Ukraine rhetoric», in Financial Times (www.ft.com/content/e5bd10cc-d4de-4600-bbdd-83e8d52e8e08), 26 gennaio 2022. ↑
7. Cfr R. E. Berls Jr., «Civil Society in Russia: Its Role under an Authoritarian Regime», in https://www.nti.org/analysis/articles/civil-society-russia-its-role-under-authoritarian-regime-part-i-nature-russian-civil-society/ ↑
Politica internazionaleRussiaVladimir Putin
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Il contesto dell’articolo. In Russia anche l’opposizione più accanita non proviene dall’area liberale, bensì da quella conservatrice, per la quale Putin è certamente migliore di Eltsin e dei suoi, pur restando troppo «filoccidentale» e troppo «pragmatico». Perché l’articolo è importante?…
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Putin e gli inizi della “crisi ucraina”
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5 Marzo 2022Permalink

4 marzo 2022 – Indossare l’elmetto….o no?

04-03-2022 Non indossiamo l’elmetto! – di: Domenico Gallo

«Ecco gli elmi dei vinti / e quando un colpo / ce li ha sbalzati dalla testa / non fu allora la disfatta / fu quando obbedimmo / e li mettemmo in testa». Questa poesia di Bertold Brecht è il miglior commento possibile al momento drammatico che stiamo vivendo in perfetta incoscienza.

Da quando è iniziata la tragedia della guerra, il 24 febbraio, non è esploso soltanto un conflitto fondato sulla violenza delle armi. È dilagato in tutt’Europa lo spirito nefasto della guerra, si è materializzata l’immagine del nemico ed è iniziata una mobilitazione bellica della comunicazione, della cultura, delle coscienze. La condanna secca e senza appello dell’aggressione russa all’Ucraina si è trasformata velocemente nell’acritica accettazione della logica della guerra. Di fronte a questo disastro, segno tangibile del fallimento della politica di sicurezza e cooperazione in Europa, le principali forze politiche, non solo in Italia, con il conforto del fuoco di sbarramento unanime dei mass media, hanno assunto il linguaggio della guerra e si sono esercitate in una guerra delle parole contro il nemico. Lo spirito di guerra comporta una divisione manichea dell’umanità, per cui tutto il male sta dalla parte del nemico e tutto il bene dall’altra. Il dissenso non è tollerato perché giova al nemico. Così l’ex deputata europea Barbara Spinelli è stata additata come filoputiniana per aver scritto su Il Fatto Quotidiano che «il disastro poteva forse essere evitato, se Stati Uniti e Ue non avessero dato costantemente prova di cecità, sordità, e di una immensa incapacità di autocritica e di memoria» e il corrispondente della RAI Marc Innaro è stato oggetto dei fulmini del PD per aver osservato: «Basta guardare la cartina geografica per rendersi conto che chi si è allargato negli ultimi trent’anni non è stata la Russia, è stata la NATO». Ma il linciaggio mediatico più velenoso è quello effettuato contro l’ANPI e il suo Presidente, Gianfranco Pagliarulo, reo di aver scritto – in un comunicato precedente all’invasione russa – che «l’allargamento della Nato a Est è stato vissuto legittimamente da Mosca come una crescente minaccia». Non sono ammesse critiche sugli indirizzi di ordine politico che ci hanno fatto passare dallo smantellamento della guerra fredda, frutto delle scelte di disarmo e di distensione della politica di Gorbaciov, a una nuova corsa al riarmo e al confronto politico militare con la Russia di Putin, adesso drammaticamente sfociato in una guerra “calda” con l’invasione dell’Ucraina. Anzi non solo non sono ammessi ripensamenti, ma addirittura c’è la consacrazione di quelle scelte al punto che il segretario del PD, Enrico Letta, in una recente intervista a La Stampa ha dichiarato: «Quello che è successo dimostra che la Nato doveva fare entrare l’Ucraina prima. E che l’alleanza atlantica serve perché la democrazia va difesa».

Insomma la politica ha indossato l’elmetto ed è scesa simbolicamente in guerra. Però questa settimana è stata superata un’ulteriore soglia, col passaggio dalle parole alle azioni di guerra. Il presidente del Consiglio Draghi nelle sue comunicazioni alle Camere, il 1 marzo, ha motivato la decisione di inviare armi al Governo ucraino, con queste parole: «L’Italia ha risposto all’appello del presidente Zelensky, che aveva chiesto equipaggiamenti, armamenti e veicoli militari per proteggersi dall’aggressione russa. È necessario che il Governo democraticamente eletto sia in grado di resistere all’invasione e difendere l’indipendenza del Paese. […] La minaccia portata oggi dalla Russia è una spinta a investire nella difesa più di quanto abbiamo mai fatto finora». In sostanza la lezione che il Governo trae da questi fatti è che bisogna incrementare la corsa agli armamenti. L’unica opzione esistente – secondo Draghi – è «scegliere se farlo a livello nazionale oppure europeo». Lo scenario che si prefigura è quello della costruzione di un’Europa come potenza militare, armata fino ai denti, che costruisce le relazioni con i suoi vicini fondate sull’intimidazione invece che sul dialogo e la cooperazione: insomma la guerra fredda permanente.

Quello che non è stato spiegato al Parlamento e all’opinione pubblica è che la legge italiana sulla neutralità (regio decreto n. 1415 del 1938, All. B, art. 8) vieta di fornire armi ai paesi in guerra. La ragione è semplice: chi fornisce armi a un paese in guerra partecipa al conflitto e quindi non può essere più considerato neutrale. Con l’invio di uno stock imprecisato e secretato di armamenti e di mezzi bellici, l’Italia abbandona la neutralità e diviene un paese belligerante, sia pure per interposta persona. Insomma, armiamoci e partite! Queste forniture – ha scritto la rivista militare Analisi Difesa – ci rendono a tutti gli effetti “belligeranti” contro la Russia. Si tratta di un atto di ostilità in senso tecnico, che come tale è stato percepito dalla Russia. In nota ripresa dalla Tass il ministero degli Esteri russo dichiara: «Coloro che sono coinvolti nella fornitura di armi letali alle forze armate ucraine saranno responsabili delle conseguenze di queste azioni».

Come si vede si tratta di una scelta gravida di conseguenze imprevedibili. Dalla doverosa condanna dell’ingiustificabile aggressione russa, siamo passati – sia pure ambiguamente – alla partecipazione al conflitto armato. Quasi senza accorgercene ci hanno calato in testa l’elmetto e arruolato nella guerra contro la Russia. In questo modo si alimenta il conflitto e si rende più impervia la strada per una soluzione negoziata. E quel che è ancora più grave si crea un’ulteriore pericolo di escalation della guerra, rendendo più probabile il coinvolgimento della NATO. E allora togliamoci gli elmetti prima che un colpo fatale ce li sbalzi dalla testa.

NOTA: L’articolo che ho copiato da Adista, è pubblicato oggi sul sito del magistrato Domenico Gallo.

4 Marzo 2022Permalink

4 marzo 2022 _ Una storia di idiozia imprevedibile

3 Marzo 2022 L’avvelenata di Guia Soncini
Cancella gli idioti. I recenti fan di Dostoevskij hanno scoperto oggi la cancel culture nascosta nel sottosuolo

La decisione dell’Università Bicocca di fermare (e poi ripristinare) un corso di Paolo Nori sullo scrittore russo è nello spirito di questi tempi scemi, quelli della viltà intellettuale
Io non capisco cosa aspettino gli autori satirici a fare causa alla realtà per demansionamento.
Non so proprio quale altro abisso di mancanza di senso del ridicolo tocchi osservare per decidere che è troppo, che non si usurpa così il mestiere a chi si guadagna la mesata ideando paradossi, non si scippa l’ideazione del delirio a chi è iscritto all’ordine professionale degli immaginatori di scemenze, non quando si è rettori universitari o altre cariche istituzionali. È inaccettabile, cribbio.

Martedì sera Paolo Nori, su Instagram, riferisce d’aver ricevuto una lettera dall’università di Milano-Bicocca, presso la quale dalla settimana prossima dovrebbe tenere un corso, quattro lezioni sui romanzi di Dostoevskij.
Paolo Nori è un romanziere, uno studioso di letteratura russa, un intellettuale che in queste settimane si presta a fare divulgazione sulla lacuna di turno: il tema di cui in queste settimane sentiamo tutti l’urgenza di parlare pur non sapendone un cazzo. Alcuni turni sono più scoperti di altri, questo ha la fortuna d’esser coperto da Nori.

Dostoevskij, invece, è quel romanziere russo che non è Tolstoj: non quello della guerra e della pace, quello del delitto e del castigo (lo preciso per non farvi consumare Google). È, anche, il protagonista dell’ultimo romanzo di Nori, ma guarda un po’: Sanguina ancora, pubblicato da Mondadori. Avrebbe compiuto duecento anni qualche mese fa, Fëdor: ve lo preciso perché, senza consumare Google, possiate annuire e fingere di sapere benissimo che certo, mica è un contemporaneo, mica ha opinioni sull’attualità.
Nori legge a chi lo segue su Instagram le poche righe della Bicocca: «Caro professore, questa mattina il prorettore alla didattica mi ha comunicato la decisione presa con la rettrice di rimandare il percorso su Dostoevskij. Lo scopo è quello di evitare ogni forma di polemica soprattutto interna in quanto momento di forte tensione».
Se siete tra coloro che negli ultimi anni hanno assistito alla presa di potere della viltà intellettuale, non vi meraviglierete più di tanto: evitare polemiche sembra ormai lo scopo ultimo delle università di tutto il mondo. Anche coprendosi di ridicolo: leggere Memorie dal sottosuolo è controverso, perdindirindina, non potremmo sostituire il Dostoevskij col Gogol, che almeno era nato in Ucraina? (Questo non credo stesse nella comunicazione della Bicocca, o almeno Nori non l’ha letto a voce alta: sono io che sto sceneggiando ipotesi, tanto in ’sto delirio è concesso tutto).
C’è solo un modo d’averla vinta, nell’asilo nido che è divenuto il dibattito accademico. Far nascere una polemica reale che sia ancora più fastidiosa di quella potenziale «avete fatto un corso su un autore russo».

Ieri mattina il video di Nori era stato abbastanza diffuso da far dire alla Bicocca che era stato «un misunderstanding» (milanesi, prima o poi toccherà spiegarvi che dirlo in inglese non vi fa sembrare meno fessi – anzi). Il corso era stato ripristinato e la Bicocca aveva diramato un comunicato dall’imbarazzantissima chiusa «La rettrice dell’Ateneo incontrerà Paolo Nori la prossima settimana per un momento di riflessione».

Un momento di riflessione. Pregano insieme? Lui le regala dei bignami di Turgenev? Lei ha un figlio fancazzista e vuole sapere da lui se sia colpa di Oblomov? Lui le consiglia dei consulenti per la comunicazione che le evitino di passare per una deficiente che ritiene controverso un corso su uno scrittore di duecento anni fa? Fanno uno zoom col rettore di Yale che spiega loro quanto siamo in ritardo sulle forte tensioni e gli autori da cui è meglio tenersi lontani – a Yale già nel 2016 consideravano inopportuno Shakespeare, noi italiani sempre derivativi – e istituiscono una commissione di valutazione per stabilire se la peggior figura la si faccia a proibire o a lasciar fare? Lei chiede a lui conto di quella frase di Sanguina ancora che dice «Tutte le Russie sono tre: la piccola Russia, cioè l’Ucraina, la Russia bianca, cioè la Bielorussia, e la Russia Russia, cioè la Russia» e gli intima di rinnegarla? Ogni ipotesi fantasiosa è possibile.

Il fatto è che, mentre noialtri cui premeva far capire quanto fossimo in confidenza con la letteratura russa dell’Ottocento twittavamo spiritosaggini sbeffeggiando la cauta rettrice, là fuori c’era gente cui negli anni è stato detto che mica è necessariamente sbagliato rinnegare le opere se gli autori hanno la fedina penale sbagliata, la nazionalità sbagliata, il genere sessuale sbagliato, le convinzioni morali sbagliate. E quella gente era giustamente confusa. E sì, ci faceva ridere quando qualche carneade twittava che questo Fëdor deve prendere le distanze da Putin (giacché non riusciamo a seguire le istruzioni per montare la libreria Ikea ma ci pare inaccettabile che uno non sappia in che secolo è vissuto un romanziere che noi invece conosciamo); ma – una volta lasciata passare la linea per cui i consumi culturali non si valutano per la qualità delle opere ma per la fedina morale degli autori – perché Brocco75 non dovrebbe pretendere che Cechov faccia dire a Trofimov qualcosa contro Putin?
Il prorettore, ieri, dichiarava che l’equivoco (in milanese: misunderstanding) era dovuto all’idea di ampliare: volevano che Nori aggiungesse autori ucraini (quattro lezioni su Dostoevskij che diventano un bigino su tutta la letteratura di zona). Meccanismo già visto: mica vogliamo abolire Shakespeare, abbiamo sentito dire molte volte nelle università americane, ma ci sarà pure qualche trans d’origine thailandese che valga la pena studiare nella letteratura anglofona del Seicento, basta con ‘sto monopolio dei maschi bianchi.

Ieri il sindaco di Firenze ha twittato il suo fermo rifiuto di rimuovere la statua di Dostoevskij, inaugurata appunto per il duecentesimo compleanno. «Mi hanno chiesto di buttare giù la statua», ha scritto, spiegandoci poi che non bisogna «cancellare secoli di cultura russa». Ho telefonato all’ufficio stampa per sapere chi avesse chiesto a Nardella di abbattere la statua. La rettrice della Bicocca? Gli autori di libri con copertine gialle o azzurre che finalmente hanno accesso alle vetrine Feltrinelli in versione ucraina e non par loro vero che i gesti solidali siano l’anima del commercio? Il fan club di Tolstoj?
Mi ha risposto «dei passanti», e mi è sembrata una risposta pregna di spirito del tempo. Chiunque passa dice una stronzata, e noi gli diamo un turno sul palcoscenico della polemica del giorno. Sia quel chiunque turista che molesta il sindaco, o rettrice che molesta uno scrittore. Comunque vada, polemizzare ci pare più alla nostra portata che studiare la letteratura. Oltretutto, letteratura scritta da gente che neanche sta sui social a spiegarci cosa pensa dell’attualità spicciola.

I recenti fan di Dostoevskij hanno scoperto oggi la cancel culture nascosta nel sottosuolo

4 Marzo 2022Permalink

1 marzo 2022 – Calendario di marzo

.1 marzo1968 – La “Battaglia di Valle Giulia” dà inizio al ’68 italiano
.2 marzo 1956 – Il Marocco dichiara l’indipendenza dalla Francia
.4 marzo 2005 – Iraq. Soldati Usa uccidono Nicola Calipari…………. .. [Nota 1]
.4 marzo 2018 – Elezioni (apertura XVIII legislatura)
.5 marzo 2020 – CORONAVIRUS: Il presidente Mattarella parla alla nazione
.6 marzo 1975 – Italia: La maggiore età viene abbassata da 21 a 18 anni.
.6 marzo 2012 – Giornata europea dei Giusti istituita dal Parlamento Europeo [Nota 2]
.6 marzo 2016 – Muore Ray Tomlinson. Ideò l’e mail e creò @
.7 marzo 1991 – Arrivo a Brindisi della prima migrazione di albanesi
.8 marzo – ……….. Giornata mondiale della donna
10 marzo 1946 – In Italia le donne votano per la prima volta………… [Nota 3]
10 marzo 1987 – L’ONU riconosce il diritto di obiezione di coscienza alle armi [Nota 4]
10 marzo 2004 – Attentato di Atocha, Spagna
11 marzo 2011 – Fukushima, Giappone. Terremoto e incidente alla centrale nucleare.
12 marzo 2013 – Morte di Teresa Mattei……………………… ………. [Nota 5]
13 marzo 1983 – Assassinio di Marianella Garcia Villas in Salvador [Nota 6]
13 marzo 2013 – Elezione papa Francesco
14 marzo 1879 – Nascita di Albert Einstein
14 marzo 1883 – Morte di Karl Marx
14 marzo 2018 – Morte di Stephen Hawking
15 marzo 1545 – Apertura del Concilio di Trento
15 marzo 1976 – Nasce la trasmissione Prima Pagina.
…..…………………… ….. Il primo giornalista che la condusse fu Ruggero Orlando
15 marzo 1990 – Michail Gorbačëv viene eletto presidente dell’Unione Sovietica
15 marzo 2011 – Primi segnali del conflitto siriano
16 marzo 1978 – Rapimento di Aldo Moro
16 marzo 2003 – Morte di Rachel Corrie, schiacciata da una ruspa israeliana
Rafah, striscia di Gaza
17 marzo 1981 – Ritrovamento della lista dei membri della P2 [Nota 7]
8 marzo 1871 – Inizia la Comune di Parigi
18 marzo 1962 – Termina la guerra d’Algeria
18 marzo 2015 – Attentato al museo del Bardo – Tunisi
18 marzo 2016 – Bruxelles – Arresto di Salah Abdeslam (membro del commando
terrorista responsabile degli attacchi di Parigi del 13/11/2015).
18 marzo 2021 – Prima giornata nazionale in memoria delle vittime della epidemia da coronavirus
19 marzo 1994 – Assassinio don Peppino Diana, vittima della camorra a Casal di Principe
19 marzo 2002 – Bologna_ Assassinio di Marco Biagi (giuslavorista Università di Modena
20 marzo 1994 – Omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin
21 marzo – Nowruz – Capodanno persiano
21 marzo – Giornata mondiale della poesia [Nota 8]
21 marzo – Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo
…….…………………… ……delle vittime delle mafie, celebrata da Libera.
21 marzo – ……… Giornata contro la discriminazioni razziale, istituita nel 1966
………………………………….. in ricordo del Massacro di Sharpeville – Sud Africa
21 marzo 1960 – Massacro di Sharpeville – Sud Africa
21 marzo 2014 – Putin firma l’annessione della Crimea alla Russia
22 marzo Giornata mondiale dell’acqua [Nota 9]
22 marzo 2016 – Strage di Bruxelles – Tre attacchi terroristici
22 marzo 2017 – Londra. Attacco nei pressi del Parlamento
24 marzo 1944 – Strage delle Fosse Ardeatine
24 marzo 1976 – Golpe in Argentina
24 marzo 1980 – Assassino di mons. Oscar Romero in Salvador
24 marzo 1999 – Bombardamento di Belgrado. Operazione Alied Force [Nota 10]
24 marzo 2018 – Morte di Arnaud Beltrame, il poliziotto che si era offerto
…………………………… .… come ostaggio nel corso della strage di Carcassonne
25 marzo 1957 – Firma dei Trattati di Roma istitutivi della CEE [Nota 11]
26 marzo 1996 – Notte 26/27 marzo, rapimento monaci trappisti di Tibhirine [Nota 12]
27 marzo 1958 – Nikita Kruscev diventa primo ministro dell’URSS
27 marzo 1985 – Assassinio di Ezio Tarantelli, economista e accademico italiano,
. ucciso dalle Brigate Rosse in seguito ad un attentato.
27 marzo 2018 – Morte di Linda Brown , cittadina del Kansas.
…..………….…………… .. .Lottò contro la segregazione razziale nelle scuole americane.
28 marzo 1958 – La Cina scioglie il governo del Tibet
29 marzo 1973 – Fuga dei soldati americani dal Vietnam
29 marzo 2013 – Morte di Enzo Jannacci
29 marzo 2017 – La Camera approva la legge “Disposizioni in materia di misure
….……… ………………. di protezione dei minori stranieri non accompagnati”.
30 marzo 2016 – Il male del mondo. Conferenza stampa dei genitori di
………….……………… Giulio Regeni nella Aula Nassiriya del Senato
………….……….. …… (ucciso fra gennaio e febbraio) [Nota 13]
31 marzo 2005 – USA morte di Terry Schiavo, in coma vegetativo da 15 anni
31 marzo 2015 – Morte di Franz Jose Mǖller, ultimo superstite del gruppo de La Rosa Bianca

NOTE:
[Nota 1]
Era la notte del 4 marzo del 2005 quando il dirigente del Sismi Nicola Calipari
veniva ucciso a Baghdad ad un posto di blocco allestito da truppe statunitensi
nel corso dell’operazione che avrebbe portò alla liberazione della giornalista
del Manifesto Giuliana Sgrena.

[Nota 2]
Con Dichiarazione Scritta n. 3/2012 il Parlamento Europeo ha istituito la Giornata
europea dei Giusti, da celebrare il 6 marzo, per ricordare tutti gli uomini e le donne
che hanno operato per salvare vite umane nei genocidi e nelle diverse situazioni
di conflitto, violenza ed ingiustizia, tutelando la dignità umana e i diritti umani.
Gariwo è l’acronimo di Gardens of the Righteous Worldwide.

[Nota 3]
Era il 10 marzo del 1946 e alle elezioni amministrative per rinnovare 436 comuni
anche le italiane che avevano compiuto i 21 anni poterono esprimere il loro voto.
Si trattò delle prime elezioni amministrative libere dopo il fascismo.
In quello stesso giorno un decreto introduceva anche il diritto all’elettorato passivo
e un gruppo di donne veniva eletto all’Assemblea Costituente.
Il 2 giugno dello stesso anno le donne furono chiamate al voto per il referendum
che avrebbe sancito la fine della monarchia e l’inizio della Repubblica.

[Nota 4]
10 marzo 1987 La Commissione per i Diritti Umani dell’Onu riconosce l’obiezione di coscienza al servizio militare come diritto dell’uomo.
Legge 15 dicembre 1972, n. 772 “Norme per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza” (abrogata dall’art. 23 della Legge 8 luglio 1998, n. 230)

[Nota 5]
Terminata la guerra Teresa Mattei è eletta all’Assemblea Costituente con il PCI:
con i suoi 25 anni è la più giovane deputata dell’Aula.
Tra i suoi contributi l’introduzione della mimosa come simbolo dell’8 marzo
e la firma dell’articolo 3 della Costituzione.

[Nota 6]
Marianella García Villas è stata una politica e avvocatessa salvadoregna.
Membro dell’Associazione Cattolica Universitaria Salvadoregna, fondò
la Commissione per i diritti umani del Salvador, partecipò attivamente alla
Democrazia cristiana salvadoregna e fu collaboratrice di monsignor Oscar Romero.
Fu catturata il mattino del 12 marzo 1983.
La sua morte sopraggiunse nella notte fra il 13 ed il 14 marzo

[Nota 7]
17 marzo 1981 nella villa di Gelli viene ritrovata la lista dei membri della P2.
Della questione si occuperà l’on. Tina Anselmi a partire dal 1981nella sua veste
di presidente della Commissione d’inchiesta sulla loggia massonica P2,
che terminò i lavori nel 1985.
La relazione finale fu approvata dalla stessa commissione il 3 luglio

[Nota 8]
La Giornata Mondiale della Poesia è stata istituita dalla XXX Sessione della Conferenza Generale UNESCO nel 1999 ed è celebrata il 21 marzo, che segna anche il primo giorno
di primavera.

[Nota 9]
La Giornata Mondiale dell’Acqua (in inglese: World Water Day) è una ricorrenza
istituita dalle Nazioni Unite nel 1992, prevista all’interno delle direttive dell’agenda 21,
risultato della conferenza di Rio.
Il 22 marzo di ogni anno gli Stati che siedono all’interno dell’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite sono invitati alla promozione dell’acqua promuovendo
attività concrete nei loro rispettivi Paesi.
[Nota 10]
KOSOVO, FU UN ERRORE BOMBARDARE BELGRADO
– Massimo D’alema (massimodalema.it)
l 24 marzo 1999, poco dopo le ore 20, i bombardieri Nato colpivano i primi obiettivi serbi a Pristina, Pogdorica e alla periferia di Belgrado.
Cominciò così la guerra del Kosovo. La dichiararono i paesi dell’Alleanza atlantica alla Serbia, per fermare la pulizia etnica praticata dal regime di Slobodan Milosevic nella regione a maggioranza albanese. Per la seconda volta dal 1945 – la prima era stata la guerra del Golfo nel 1991 – l’Italia partecipò con propri mezzi e truppe a una operazione militare offensiva. E lo fece per decisione di un governo di centrosinistra.

[Nota 11]
Trattati istitutivi della Comunità economica Europea (CEE) e della Comunità europea
dell’energia atomica (TCEEA).
Firme: Sua Maestà il re dei belgi, il Presidente della Repubblica Federale di Germania,
il Presidente della Repubblica Francese, il Presidente della Repubblica Italiana,
sua altezza reale la Granduchessa del Lussemburgo, sua maestà la Regina dei Paesi Bassi.

[Nota 12]
Il testamento del priore Christian De Chergé :
Pietro Ichino | IL TESTAMENTO DI CHRISTIAN DE CHERGE’

[Nota 13]
http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2016/03/29/regeni-
parlano-i-genitori.-conferenza-stampa-al-senato-con-luigi-manconi_

3 Marzo 2022Permalink

3 febbraio 2022 – Una data per me importante


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E’ la mia iscrizione alla news letter del sito Equal.
Dopo anni di banalità dalle associazioni – spesso ottimi supporti del nulla politico e non solo – trovo notizie importanti dall’Università di Udine.
Oggi il giuramento di Mattarella la cui parola chiave è stata DIGNITA’.
Dignità è uno dei fondamenti dell’impegno per il superamento della norma che costruisce i bambini fantasma
Così ne ha scritto Francesco Bilotta nel suo saggio Responsabilità in Lessico della dignità (a cura sua, di Marina Brollo e Anna Zilli. Ed . Udine: Forum 2021)

Nella realtà queste tre accezioni della dignità spesso devono essere prese in considerazione in modo unitario.
Si pensi, per esempio, alla totale negazione della dignità (umana, personale, sociale) che subiscono i c.d. ‘bambini fantasma’ , ossia quei bambini nati in Italia da genitori che, non essendo in possesso del permesso di soggiorno, non si recano presso gli uffici anagrafici a denunciarne la nascita per timore di ritorsioni nei propri confronti. La mancata iscrizione della dichiarazione di nascita nei registri dello stato civile determina una condizione di invisibilità giuridica con ricadute gravi sulla possibilità per quei bambini di godere dei loro diritti fondamentali. pag.242).

3 Febbraio 2022Permalink

1 febbraio 2022 – Calendario di febbraio

.1 febbraio 1945 – Decreto Legislativo Luogotenenziale 1 febbraio 1945, n. 23 –
……………………. ….Riconosciuto il diritto di voto alle donne.
.1 febbraio 1979 – L’ayatollah Khomeini torna in Iran dopo l’esilio.
.2 febbraio 2017 – Muore Predrag Matvejevic
.2 febbraio 2020 – E’ stato isolato il virus del Covid
.3 febbraio 1985 – Sudafrica. Desmond Tutu è il primo vescovo anglicano nero.
.3 febbraio 1998 – Strage del Cermis
.3 febbraio 2016 – Ritrovamento della salma di Giulio Regeni
.3 febbraio 2022 – Giuramento del presidente Mattarella per il secondo mandato
.4 febbraio 1913 – Nasce Rosa Parks
.4 febbraio 1945 – Si apre a Yalta la Conferenza tra Roosvelt, Churchill e Stalin
.4 febbraio 1906 – Nasce Dietrich Bonhoeffer
.4 febbraio 2019 – Viaggio del papa ad Abu Dhabi
.5 febbraio 62 – Terremoto di Pompei
.5 febbraio 1848 – Processo a Marx ed Engels per attività sovversiva
.6 febbraio 1992 – Muore David Maria Turoldo
.6 febbraio – Giornata mondiale contro le Mutilazioni Genitali Femminili
.7 febbraio 1986 – Il dittatore Marcos fugge dalla Filippine, Duvalier da Haiti
.9 marso 2022 – Strage ospedale pediatrico di Mariupol
.9 marzo 2022 – Ingresso Giappone nella vicenda Ucraina [nota 1]
10 febbraio – “Giorno del ricordo” – vittime delle foibe (legge 92/2004)
10 febbraio 1990 – Sud Africa: De Klerk annuncia la liberazione di Mandela
11 febbraio – Giornata internazionale delle ragazze e delle donne nella scienza
…………………… (Nota 2)
11 febbraio 1929 – Firma dei Patti Lateranensi
11 febbraio 2011 – Egitto, dimissioni di Mubarak
12 febbraio 1938 – Anschluss, le truppe tedesche entrano in Austria
12 febbraio 2020 – Il senato accoglie la richiesta di rinvio dell’ex ministro Salvini al tribunale
…………………….ordinario per l’accusa di sequestro di persona sulla nave Gregoretti
15 febbraio 1945 – Aerei USA bombardano Dresda
15 febbraio 1967 – Uccisione Camillo Torres
17 febbraio 1600 – Roma – Rogo di Giordano Bruno, condannato per eresia
17 febbraio 1848 – Lettere Patenti, decreto con cui il re Carlo Alberto, concedeva
………………………..……………………. i diritti civili ai valdesi e, successivamente, agli ebrei.
18 febbraio 1564 – Morte di Michelangelo
18 febbraio 1943 – Monaco – arresto fratelli Scholl e altri membri della Rosa Bianca
18 febbraio 1984 – Firma del Nuovo Concordato fra Italia e Santa Sede
18 febbraio 2018 – Muore Giacometta Limentani
19 febbraio 1937 – Strage italiana in Etiopia – Giorno dei martiri etiopici *
……………………………………………………………………………… (Nota 3 e link in calce)
19 febbraio 2016 – Morte di Umberto Eco
20 febbraio 1958 – Approvazione della legge Merlin
20 febbraio 2016 – Muore Fernando Cardenal
21 febbraio 2015 – Caduta governo Letta (Nota 4)
21 febbraio 1965 – A New York viene ucciso Malcom X
22 febbraio 1943 – Esecuzione capitale dei membri della ‘rosa bianca’
22 febbraio 2021 – Vengono assassinati nel Congo orientale l’ambasciatore
……………………………………Luca Attanasio, il carabiniere della sua scorta
……………………………………..Vittorio Iacovacci Mustapha Milambo, l’autista.
23 febbraio 1903 – Cuba affitta ‘in perpetuo’ agli USA la baia di Guantanamo
24 febbraio 1990 – Morte di Sandro Pertini
24 febbraio 2010 – Sospensione spettacolo Nelle mani degli dei – (* Nota 5)
25 febbraio 2014 – Fiducia al governo Renzi – Ieri al senato oggi alla camera
………..……………………………..finirà il 12 dicembre 2016
25 febbraio 2018 – Chiusura Santo Sepolcro
26 febbraio 1991 – Si scioglie il patto di Varsavia
27 febbraio 1933 – Incendio del Reichstag
27 febbraio 1960- Morte Adriano Olivetti
28 febbraio 1986 – Assassinio del primo ministro svedese Olaf Palme
28 febbraio 2013 – Abdicazione papa Benedetto XVI
28 febbraio 2018 – Riapertura Santo Sepolcro

NOTA 1:
https://www.ilgiornale.it/news/mondo/sorpresa-giappone-scende-campo-ecco-chi-si-schiera-2016354.html

NOTA 2:
Fu istituita dalla Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2015.
Ricordo che delle materie STEM si parla anche nel Recovery Plan
(STEM acronimo dall’inglese di Science, Technology, Engineering and Mathematics)

NOTA 3:
A seguito di un attentato al maresciallo Graziani le truppe italiane in Etiopia perpetrarono
una delle tante stragi che caratterizzarono quella occupazione.
Per qualche informazione:
http://anpi.it/media/uploads/patria/2006/6/09-13_DE_PAOLIS.pdf

    NOTA 3:
    Il governo Letta è stato il sessantaduesimo esecutivo della Repubblica Italiana, il primo della XVII legislatura. Il governo rimase in carica dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014.

    NOTA 5:
    Notizia locale. Lo spettacolo sarà poi rappresentato in agosto nella sala della comunità di San Domenico e al teatro San Giorgio.
    Successivamente – il 25 settembre – lo spettacolo è stato rappresentato nella sala Madrassi di via Gemona, presenti docenti rappresentanti del Laboratorio Lavoro che ha sede nel Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Udine, a garanzia dell’inserimento dello spettacolo negli eventi del Festival dello sviluppo sostenibile 2020.

 
 

3 Febbraio 2022Permalink

27 gennaio 2022 – Giornata della memoria

27 gennaio 2022 – Giornata internazionale in commemorazione delle vittime della Shoah
Dal sito Equal – Attualità – Daniela Lafratta –
Nel novembre 2005, con la Risoluzione 60/7, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha designato il 27 gennaio, anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, Giornata internazionale in commemorazione delle vittime della Shoah. Il testo della risoluzione condanna “senza riserve” tutte le discriminazioni su base etnica o religiosa ovvero tutti gli atti di intolleranza, incitamento all’odio, molestia o violenza contro persone o popoli, esortando gli Stati membri a sviluppare pratiche e programmi educativi affinché la memoria non vada persa e impedire che il genocidio si ripeta.
Richiamando la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha ribadito che “l’Olocausto, che provocò l’uccisione di un terzo del popolo ebraico e di innumerevoli membri di altre minoranze, sarà per sempre un monito per tutti i popoli sui pericoli causati dall’odio, dal fanatismo, dal razzismo e dal pregiudizio”.
Innanzi all’orrore della Shoah il mondo, unanime, ha urlato “mai più”.
Oggi, dopo 77 anni dal quel 27 gennaio in cui le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nella grande offensiva oltre la Vistola in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, possiamo affermare che tali aberranti atti non si sono “mai più” verificati? Possiamo davvero affermare che l’Europa ha lottato contro ogni forma di discriminazione, intolleranza e odio verso i popoli? Il controllo delle frontiere e la regolamentazione dei flussi migratori può lecitamente assurgersi a indifferenza e politiche di non tutela della dignità umana?
È questa la riflessione a cui, oggi, vogliamo dedicare il nostro spazio.
La risposta al quesito appare semplice e immediata, la concezione ciclica del tempo ci inchioda a un solo inaccettabile esito: vi sono ancora lager e questa volta con l’approvazione e il sostegno di quella stessa Europa che fiera urlava “mai più”! Lager che nelle più differenziate forme continuano a mietere vittime dell’intolleranza e dell’odio. Nei nostri tempi, appena dietro le nostre spalle, molteplici sono i luoghi in cui migranti, 100 milioni secondo i dati del 2021 di UNHCR, provenienti da scenari di guerra o in fuga da estrema povertà, trovano la prigionia in condizioni disumane e altrettanti sono gli Stati membri che a tali pratiche partecipano attivamente sino ad accettare, coscientemente, di assistere alla continua perdita di vite umane. Il mediterraneo, la rotta balcanica, il deserto, i check point del Niger, la Libia. Ed è qui che chi scrive vuole soffermarsi. Perchè i centri di detenzione libici sono, tutto sommato, campi di concentramento?
Arresti arbitrari di uomini, donne e bambini soli, colpevoli di aver cercato la libertà, detenuti senza un’accusa, ammassati in campi di raccolta dove si sopravvive a pane e acqua. Abusi, torture, violenze sessuali e vendita di schiavi. Mesi di prigionia al buio, privazione del sonno. Nessuna possibilità per l’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite, di verificare il rispetto dei diritti umani. Un luogo ove le convenzioni internazionali non hanno alcun valore. Alcun diritto di difesa. Rapporti sessuali in cambio di cibo o della libertà. Gravi violenze e danno di chi oppone resistenza. Gli stranieri che, indipendentemente dall’età, non possiedono un’autorizzazione per stare in Libia vengono arrestati in base a leggi che risalgono all’era di Gheddafi e che criminalizzano e puniscono ogni ingresso, permanenza e uscita non documentata con detenzione, multe e lavori forzati.
“Dignità” è una parola senza significato dinanzi a tutto questo.
Su tali pratiche, già nel 2004, quasi venti anni fa, veniva consegnato, alla Commissione di Bruxelles dai delegati della Missione tecnica in Libia sull’immigrazione illegale, un dossier che in settanta pagine di denunce agghiaccianti raccontava le mostruosità dei centri di detenzione sparsi per la Libia. Ma il monito è caduto nel silenzio assordante degli interessi politici e così sono continuati gli accordi con la Turchia e con la Libia, con le logiche di dimenticanza verso le gravi violazioni dei diritti umani e di sottomissione al ricatto di criminali che, ad oggi, dimessi i ruoli di trafficanti, vestono le divise di una neo costituita guardia costiera finanziata dallo Stato italiano. Amnesty International, nel luglio 2021, ha rivelato, nel rapporto intitolato “nessuno verrà a cercarti” nuove prove di orribili violazioni dei diritti umani nei confronti di uomini, donne e bambini intercettati nel mar Mediterraneo e riportati nei centri di detenzione libici. Ciò nonostante, L’Italia e altri Stati membri dell’Unione europea garantiscono assistenza materiale ai guardacoste libici e stanno lavorando alla creazione di un centro di coordinamento marittimo nel porto di Tripoli, prevalentemente finanziato dal Fondo Fiduciario dell’Unione europea per l’Africa.
Il trattamento riservato ai migranti nei centri di detenzione libici, è crudele, inumano e degradante. Le autorità del Paese sono responsabili di questi abusi e secondo il dettato normativo dell’articolo 16 sulla responsabilità degli stati per atti internazionalmente illeciti della Commissione di diritto internazionale delle Nazioni Unite, uno Stato si rende responsabile di violazioni dei diritti umani se assiste o aiuta consapevolmente un altro stato a commettere abusi.
Nella misura in cui l’UE, l’Italia e gli altri governi danno consapevolmente un sostegno fondamentale agli abusi commessi sui detenuti, ne sono complici.
È davvero mai più?
EQUAL – Giornata internazionale in commemorazione delle vittime della Shoah (dirittoantidiscriminatorio.it)

27 Gennaio 2022Permalink

27 gennaio 2022 – Il ricordo di una mamma a Majdenek

Trovo e trascrivo il racconto di Lidia Maksymowicz, deportata a tre anni con la sua mamma.
Così ha narrato alla trasmissione Che tempo che fa:

Avevo 3 anni, arrivammo ad Auschwitz in un carro bestiame, il fatto di essere stata separata da mia madre è stato molto doloroso. I bambini venivano messi in una baracca e venivano usati da Mengele per i suoi esperimenti. Noi bambini cercavamo di scappare in un nascondiglio in basso per non essere visti da lui.
Mia madre veniva strisciando alla mia baracca per portarmi da mangiare e farmi ricordare il mio nome. Non ricordavo più il suo viso, ma solo le sua mani che mi portavano da mangiare Tra i bambini non c’era solidarietà ma solo una lotta per la sopravvivenza

».

Dei bambini nei campi di sterminio mi sono occupata tante volte ma oggi – giorno della memoria – voglio riportare un post scritto nel mio blog il 1r4 dicembre 2018 nel ricordo della mia visita a Majdanek, uno dei luoghi della Shoah

«Majdanek è una località situata a circa quattro chilometri ad est di Lublino in Polonia.
Sarebbe restrittivo definirlo un museo, è un campo di concentramento praticamente rimasto com’era dai tempi del nazismo. I pannelli esplicativi e gli oggetti esibiti all’interno delle baracche sono più che sufficienti per rivivere l’orrore di questo campo. Sono visibili anche i forni crematori, nonché le camere a gas in cui veniva usato il famigerato Zyclon B.
In quel campo, che visitai qualche anno fa, vidi ordinati in una bacheca i bambolotti di ‘celluloide’ (ai miei tempo si chiamava così) li conoscevo bene perché ci giocavo anch’io come i miei piccoli coetanei cui furono sottratti prima che fossero gasati e bruciati, ceneri nel vento.
Per far memoria della malvagità idiota quei bambolotti furono trattati come bottino di guerra e conservati tanto da poter essere esibiti anche oggi all’orrore di chi pensa a quali abissi di disvalore aggiunto possa arrivare la crudeltà, specialmente se organizzata».

Quei bambolotti per quei bambini rappresentavano una relazione , forse confortante , comunque l’ultimo briciolo di umanità consentito a quei piccoli esseri umani distinti per ‘razza’ (e sappiamo bene che in quei campi razza era anche l’essere ‘rom o sinti’ la cui strage ha un nome proprio da non dimenticare: Porrajmos) .
Altro da distruggere erano anche i disabili, gli omosessuali, gli avversari politici.
La memoria però non può consentirci un rifiuto nel passato, a puntello dell’indifferenza che ci consente di vivere l’oggi in una confortante rinnovata innocenza.
Si comincia dalle piccole cose, così piccole che si possono rendere banali, invisibili.
Tolleriamo senza scrupoli né consapevolezze adeguate la legge che dal 2009 impone ai migranti non comunitari la presentazione dei permesso di soggiorno per registrare la nascita di un figlio in Italia. La paura di esporsi irregolari di fronte a un ufficiale di stato civile può indurli a nascondere il loro nato negandogli, in una speranza di sicurezza, il certificato di nascita e anche la relazione primaria della genitorialità che, se non è documentata, non è.
Così quei piccoli diventano fantasmi senza nome e senza identità

La mamma di Lidia Maksymowicz che strisciava per portare un tozzo di pane alla sua bambina sfidava la violenza nazista per vincolare la sua piccola alla memoria del suo nome.
Pensiamoci se l’indifferenza non ci induce ad oscurare anche quella tragica, grande donna.

27 Gennaio 2022Permalink