21 novembre 2014 – Il destino è ironico quando non grottesco.

Il comma 22 è sempre in vigore

Nel 2009 avevo constatata la paradossale grottesca vicenda per cui il voto di fiducia al pacchetto sicurezza aveva imposto una numerazione che trasformava quella degli articoli del progetto di legge in numeri da attribuirsi ai commi di un unico emendamento-articolo (quello appunto su cui si sarebbe espresso il voto di fiducia).
L’articolo precedente la decisione del voto di fiducia portava il numero 45.
Il nuovo articolo si identifica nel punto specifico come comma 22 e voglio ripeterne la formulazione originaria quale pro memoria:
«Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo».
Gli aviatori americani di stanza su un’isoletta del Mediterraneo durante la seconda guerra mondiale cercavano così di difendere la propria vita, ma il cerchio era invalicabile e la vita spesso si perdeva. Il parlamento italiano nel 2009 (ma la situazione attuale è in piena paciosa, irresponsabile continuità) ha inventato un nuovo comma 22 che provo a formulare secondo attualità:
«Chi non dichiara la nascita del proprio figlio distrugge la propria paternità quale registrata per legge  ma a chi ne dichiara la nascita la paternità sarà distrutta per legge».
Praticamente questo è il senso imposto dalla legge 94/2009 con la lettera g, dell’articolo 1 del comma 22 che anche l’ONU ci chiede invano di modificare. Si veda il 7mo rapporto ONU a pag. 47
http://www.gruppocrc.net/7o-Rapporto-CRC-infanzia-e

Come non smontare il neo comma 22
La strada di cui tante volte ho scritto sarebbe la modifica dello specifico articolo del ‘pacchetto sicurezza’. Di recente il senato ha proposto un disegno di legge che porta il n. 1562 (da friulana sottolineo che nessun senatore/trice indigeno/a l’ha firmata). Per conoscerne il testo e l’ottima relazione si veda il mio blog del 24 ottobre scorso

Precedentemente era stata presentata alla Camera la pdl 740.
Avevo cercato un anno fa di promuoverne la calendarizzazione con una petizione pubblicata su change [punto] org che in un anno ha raccolto 673 firme. Poche certamente ma sono state strappate una ad una, con qualche significativo appoggio che ho sempre segnalato nel mio blog, ma le associazioni che contano in una cultura diffusa non hanno voluto assumersi responsabilità che portassero spezzare il muro che riesce ad assumere in sé le funzioni del cemento e della gomma e ostacola la calendarizzazione di entrambe le proposte facendone elemento quasi eroico di difesa nazionale per gli aderenti alla lega nord e il lega-dipendenti

Il nuovo paradosso del comma 22 si chiama 20 novembre

Il 20 novembre l’organizzazione di change mi comunica (nel rispetto delle proprie regole) che la raccolta di firme per la mia petizione si chiude (a meno che io non la rinnovi con una nuova) perché è trascorso un anno dalla presentazione della proposta stessa. Il 20 novembre è la giornata ONU per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. La data è stata scelta perché coincide con l’approvazione della Convenzione che in Italia è legge n. 176 dal 1991 Ne trascrivo l’art. 7, finora condannato irrispettosamente all’inefficacia programmata per una precisa e definita categoria di nuovi nati, costruita a norma del nostro comma 22:
Art. 7 1. Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto a un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi. 2. Gli Stati parti vigilano affinché questi diritti siano attuati in conformità con la loro legislazione nazionale e con gli obblighi che sono imposti loro dagli strumenti internazionali applicabili in materia, in particolare nei casi in cui se ciò non fosse fatto, il fanciullo verrebbe a trovarsi apolide.

21 Novembre 2014Permalink

13 novembre 2014 – L’intervento del gruppo regionale al Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni

Il Congresso nazionale della Società Italiana di medicina delle Migrazioni si era svolto in primavera e nei documenti conclusivi era presente una raccomandazione importante di cui ho già scritto ma che volentieri ripeto.

Dopo aver premesso «Il minore non è soltanto “oggetto di tutela e assistenza”, ma anche e soprattutto “soggetto di diritto”, e quindi titolare di diritti in prima persona […] In questo quadro, si riconosce l’importanza del riconoscimento della cittadinanza, come diritto ad avere diritti e punto di partenza per ogni possibile percorso di inserimento sociale»

Raccomandava tra l’altro di « approvare una legge che garantisca il diritto alla registrazione anagrafica per tutti i figli indipendentemente dalla situazione giuridico–‐amministrativa dei genitori, senza la necessità di esibire documenti inerenti al soggiorno, in modo da evitare che ci siano “nati invisibili” con conseguenze aberranti di ordine sociale e sanitario »

Ora finalmente sono stati pubblicato integralmente gli atti del Congresso e mi è stata recapitata la relazione integrale del gruppo regionale, con un importante aggiornamento:

Dagli atti del Congresso Nazionale SIMM di Agrigento
Gruppo Immigrazione Salute Friuli Venezia Giulia

Prima dello jus soli   –  GrIS Fvg

Nel 2008 si profilavano concrete iniziative di modifica del testo della legge Bossi Fini, che assemblate sotto il nome di ‘pacchetto sicurezza’ sarebbero diventate legge nell’estate successiva (l.94/2009 – Disposizioni in materia di sicurezza pubblica). Nell’ambito della discussione parlamentare furono presentati emendamenti che prevedevano l’ abrogazione del comma 5 dell’art. 35 del D.L.286/1998 (Testo Unico sull’immigrazione). Era chiaro l’intento di trasformare le strutture sanitarie in centri di identificazione degli immigrati irregolari, che sarebbero stati quindi denunciati per il reato di ingresso e/o soggiorno illegale introdotto dalla stessa legge. Si scatenò una grande mobilitazione: l’Ordine dei Medici della Provincia di Udine, accogliendo l’appello della SIMM, pubblicamente precisò: “Qualora dovessero passare i provvedimenti annunciati dal governo, i medici dovranno rifiutarsi di denunciare i pazienti immigrati irregolari, esercitando l’obiezione di coscienza per non venir meno ai principi etici e deontologici della loro professione” .

La campagna NOI NON SEGNALIAMO costrinse i parlamentari a cancellare quell’emendamento: nonostante l’introduzione del reato di ingresso e soggiorno irregolare, è infatti rimasto in vigore il dispositivo previsto dal comma 5 dell’art. 35 del TU: “L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione  all’autorità, …”

Meno forte – e con caratteri di estrema occasionalità – si levò la voce contro la norma che imponeva (con formule di difficile lettura che rendono le leggi testi da decriptare) la presentazione di “documenti inerenti il soggiorno” anche per la richiesta di “atti di stato civile” (legge 94/2009 art. 1, comma 22 lettera g).

Infatti il “pacchetto sicurezza” introduceva, non solo il reato di ingresso e/o soggiorno illegale ma anche l’ obbligo di dimostrare la regolarità del soggiorno ai fini del perfezionamento degli atti di stato civile (matrimonio, registrazione della nascita, riconoscimento del figlio naturale, registrazione della morte), oltre ad altre norme atte a complicare vari adempimenti burocratici ed amministrativi cui devono sottostare gli immigrati anche ai fini dell’accesso ai servizi (con esclusione di sanità, nei termini già precisati dalle norme precedenti, e scuola dell’obbligo).

Il GrIS del Friuli Venezia Giulia nel 2011, si pronunciò contro quella norma, dichiarando esplicitamente che l’esistenza giuridicamente riconosciuta di minori nati in Italia non poteva essere affidata alla labilità di una circolare, ma doveva essere garantita dalla legge: infatti a pochi giorni dall’approvazione del “pacchetto sicurezza” era stata emanata dal Ministero dell’Interno la circolare n. 19 che sostanzialmente consente ciò che la legge nega.

Come scritto nel quinto rapporto del gruppo CRC 2011-2012 al Cap. 3.1 , “l’introduzione del reato di ingresso e soggiorno illegale previsto dalla Legge 94/2009, con il conseguente obbligo di denuncia da parte dei pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio che vengano a conoscenza della situazione di irregolarità di un migrante , comporta il rischio che i genitori presenti in Italia privi di permesso di soggiorno possano non accedere ai pubblici servizi, compresi quelli anagrafici per la registrazione del figlio appena nato. La Circolare del 7 agosto 2009 del Ministero dell’Interno ha cercato di porre rimedio a questa situazione, chiarendo che non è necessario esibire documenti inerenti al soggiorno per attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita – dello stato civile). … Si deve comunque sottolineare come la Circolare Ministeriale non sia una fonte primaria del diritto e di conseguenza sia suscettibile di essere modificata o revocata dal potere esecutivo senza bisogno di alcun passaggio parlamentare. Il timore, quindi, di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato…”

Il CRC ha rilanciato la raccomandazione del Comitato ONU sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza perché il Governo italiano si impegni a superare le restrizioni legali e pratiche rispetto al diritto dei minori di origine straniera di essere registrati alla nascita e ha sua volta raccomandato al Parlamento di attuare una riforma legislativa che garantisca il diritto alla registrazione per tutti i minori, indipendentemente dalla situazione amministrativa dei genitori.

Alla Camera dei Deputati è stata ripresentata una proposta di legge (n.740) che, con un solo articolo, cui non necessita copertura finanziaria, ripristinerebbe il diritto ad esistere di ogni bambino: “Modifica dell’art 6 del Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno” presentata il 13 aprile 2013 a prima firma Rosato”.*** Il 26 febbraio di quest’anno una mozione del consiglio regionale del Friuli V.G. ne ha raccomandato l’approvazione. L’eventuale passaggio dallo jus sanguinis, come criterio primario per l’acquisizione della cittadinanza italiana, allo jus soli renderebbe comunque necessaria la correzione della norma del 2009. La cittadinanza (oggi quella dei genitori, domani – nei casi previsti – quella legata al territorio) per essere riconosciuta deve essere da qualche parte trascritta e, se il certificato di nascita non c’è, resta un principio volatile che non può garantire per sé i diritti imprescindibili del nuovo nato.

***AGGIORNAMENTO ottobre 2014: in Senato è stata recentemente presentata una proposta di legge per superare la norma introdotta nel 2009; porta il n. 1562, primo firmatario il senatore Sergio Lo Giudice.

E’ più articolata di quella (n.740) a suo tempo presentata alla camera. Per chi la volesse conoscere (ottima la relazione) segnaliamo tre link,

www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00797393.pdf
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/797393/index.html
https://diariealtro.it/?p=3401

I precedenti : ; Non voglio dimenticare la bella campagna ‘Non siamo spie’, che precedette l’approvazione in Parlamento del pacchetto sicurezza e che si arricchiva anche di un logo che riporto logo_divietodisegnalazione_400x160_01

Avevo sperato di vederne uno analogo proposto da sindaci e amministratori comunali. Ma non c’è stato

Ricordo anche il lavoro di Chiara Paccagnella (che fa capo sempre al GrIS e che ho pubblicato il 28 settembre 2013)

Infine collego i link per raggiungere i miei pezzi del 3 ottobre e del 6 novembre che si connettono a quanto scritto sopra

13 Novembre 2014Permalink

6 novembre 2014 – Ancora critiche anche se appare qualche spiraglio di competenza responsabile

Oltre alla proposta di legge Lo Giudice ( si veda 24 ottobre) registro proposte di legge ragionevoli e ben strutturate, presentate dalla senatrice Francesca Puglisi (Emilia Romagna – chi andasse a cercare fra i proponenti qualche senatore autoctono di qualsiasi etnia presente nel Friuli Venezia Giulia, lasci pur perdere. Non ci sono). Mi riservo di analizzarle e scriverne (come sempre a mia futura memoria).
Per ora ancora considerazioni critiche su due potenze culturali riconosciute.

1 – Disattenzioni vaticane
Chi volesse misurarsi con il testo finale del Sinodo sulla famiglia può andare al sito della sala stampa vaticana dove troverà il documento conclusivo del consesso vescovile e potrà fare alcune constatazioni interessanti.

La novità più significativa, a mio parere, è la presenza dei voti espressi articolo per articolo. Quindi nel dibattito ci sono state diversificazioni e, se per molti sarà deludente trovare un numero insufficiente di voti favorevoli per le situazioni più scottanti, emerge però traccia di un dibattito vero che riprenderà l’anno prossimo. Il confronto è pur sempre il contrario dell’annullamento di tante voci responsabilmente pensanti sepolte sotto la coltre perversa dell’unanimità imposta. Resta però fermo il punto di vista esclusivo per cui è l’adulto colui che conta e riesce a farsi sentire e anche ascoltare. I bambini sono bagaglio della famiglia, i diritti propri che la Convenzione ONU dichiara essere loro a prescindere dalla condizione giuridica, amministrativa, sociale dei genitori non sono presi in considerazione e così ci sono piccoli che, nella cattolica ufficializzata indifferenza, nascono in Italia e che per legge possono non esistere con buona pace delle loro eccellenze ed eminenze e del popolo italiano che non trova voce per contestare l’infamia di una legge che da cinque anni nega il certificato di nascita ai figli dei sans papier. Molto ha detto il sinodo in merito a situazioni un tempo taciute o condannate, ora almeno riconosciute e trattate con rispetto, ma nei lunghi elenchi, nei sottili distinguo ci sono neonati ignorati (e quindi conseguentemente spregiati dalle Eccellenze ed Eminenze loro e dalla opinione pubblica cattolica – e non solo più – diffusa) che fantasmi sono e fantasmi restano.

2  –  Beffe dell’UNICEF
Se a livello internazionale l’Unicef non si nega alla sua funzione di promotore di diritti in nome della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (1989 – ratificata con legge 176/1991)  lo fa però solo dove può assumere una veste che, per ridurre a fatto territoriale quello che è un  diritto assoluto, appunto esistere, appare – almeno a me – quella di un beffardo colonizzatore. Infatti in Italia si guarda bene dal sostenere ciò che ritiene essenziale altrove. Riporto il relativo documento 2013 e non commento perché sarei indotta a trascendere. Mi succede quando vedo esercitata una presa in giro.

Suggested citation: United Nations Children’s Fund, Every Child’s Birth Right: Inequities and trends in birth   registration, UNICEF, New York, 2013

Registrazione alla nascita, nel mondo un terzo dei bambini resta invisibile

Nel giorno del 67° anniversario dell’UNICEF (la cui istituzione da parte dell’ONU risale all’11 dicembre 1946), l’organizzazione lancia un nuovo Rapporto secondo il quale circa 230 milioni di bambini sotto i 5 anni non sono stati mai registrati alla nascita – circa 1 su 3, a livello globale.

«La registrazione alla nascita è più di un semplice diritto. Riguarda il modo in cui la società riconosce l’identità e l’esistenza di un bambino» spiega Geeta Rao Gupta, Vicedirettore dell’UNICEF. «La registrazione alla nascita è fondamentale per garantire che i bambini non vengano dimenticati, che non vedano negati i propri diritti o che siano esclusi dai progressi della propria nazione».

Dalla Somalia al Congo, la mappa dei neonati invisibili

Il nuovo rapporto, intitolato “Every Child’s Birth Right: Inequities and trends in birth registration” (Diritto alla nascita per ogni bambino. Diseguaglianze e tendenze nella registrazione alla nascita), presenta analisi statistiche condotte su 161 Stati, con i dati e le stime sul fenomeno più aggiornate disponibili, per ciascun paese.

A livello globale, nel 2012, solo circa il 60% dei neonati è stato registrato alla nascita. Il tasso varia significativamente a seconda delle regioni, con livelli più bassi in Asia Meridionale e in Africa Subsahariana.

I 10 Stati con i tassi di registrazione alla nascita più bassi sono, nell’ordine: Somalia (3%), Liberia (4%), Etiopia (7%), Zambia (14%), Ciad (16%), Tanzania (16%), Yemen (17%), Guinea Bissau (24%), Pakistan (27%) e Repubblica Democratica del Congo (28%).

Anche quando i bambini vengono regolarmente registrati, a molti di loro non rimane traccia della registrazione avvenuta. In Africa Orientale e Meridionale, ad esempio, solo circa metà dei bambini registrati dispone di un certificato di nascita. Nel mondo, 1 bambino registrato su 7 non ha il certificato di nascita.  In molti Paesi, ciò è dovuto a costi di registrazione troppo onerosi per i più poveri. Altrove, invece, il certificato di nascita semplicemente non viene rilasciato alle famiglie.

Certificato di nascita, molto più che un pezzo di carta

I bambini non registrati alla nascita o privi di documenti di identificazione sono spesso esclusi dall’accesso alla scuola, all’assistenza sanitaria e alla sicurezza sociale. Se un bambino viene separato dalla sua famiglia durante un disastro naturale, un conflitto o a causa di qualche forma di sfruttamento, la riunificazione diventa assai più difficile a causa della mancanza di documentazione ufficiale.

«La registrazione alla nascita e il relativo certificato sono fondamentali per garantire a un bambino il suo pieno sviluppo» prosegue Rao Gupta. «Tutti i bambini nascono con un potenziale enorme. Se la società non riesce a contarli tutti, e perfino a non riconoscere la loro esistenza, sono più vulnerabili a subire abusi e ad essere abbandonati. È inevitabile che in questo modo il loro potenziale verrà sensibilmente vanificato.»

La registrazione alla nascita quale componente essenziale del registro anagrafico di un Paese, migliora la qualità delle statistiche socio-demografiche, aiutando la programmazione e l’efficienza delle misure varate da un governo.

Per l’UNICEF, la mancata registrazione di un bambino alla nascita è sintomo di disuguaglianze e disparità sociali. I bambini più frequentemente colpiti da questa disuguaglianze sono queli che appartengono a determinati gruppi etnici e religiosi, quelli che abitano in aree rurali o remote, i figli di famiglie povere o di madri analfabete.

I programmi di sviluppo devono identificare le ragioni per cui le famiglie non registrano i bambini, dai costi alla scarsa conoscenza delle norme, dalle barriere culturali al timore di subire ulteriori discriminazioni o emarginazione.

Quando l’anagrafe viaggia sullo smartphone

L’UNICEF utilizza approcci innovativi per aiutare governi e comunità a migliorare i loro sistemi di registrazione anagrafica. In Kossovo, ad esempio, lo UNICEF Innovations Lab ha sviluppato un sistema di identificazione e di segnalazione delle nascite non registrate efficiente, efficace e a basso costo, basato su una piattaforma di SMS.

In Uganda, il governo – con il supporto dell’UNICEF e del settore privato – sta implementando una soluzione denominata MobileVRS che usa una nuova tecnologia di messaggistica via smartphone per completare le procedure di registrazione in pochi minuti, un processo che normalmente richiede mesi.

Sempre su questo tema, l’UNICEF ha reso pubblico oggi anche “A Passport to Protection. A Guide to Birth Registration Programming”, manuale per aiutare gli operatori adibiti alla registrazione alla nascita.

6 Novembre 2014Permalink

24 ottobre 2014 – Una proposta di legge antirazzista. La facciamo approvare?

Più di un anno fa, insulti a una Ministra della Repubblica

La notizia, anche per la particolare volgare incisività degli insulti del Calderoli, ebbe subito una certa notorietà e un senatore reagì.
Ricopio la notizia come da comunicato Ansa del 2013.

(ANSA) – ROMA, 15 LUG – “Stamattina ho inviato all’Unar- Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, una formale segnalazione dell’inquietante episodio di offese a sfondo razziale verso la ministra Cecile Kyenge che ha avuto come protagonista il vice presidente del Senato Roberto Calderoli”. Lo dichiara Sergio Lo Giudice, senatore del Partito Democratico. “Per conto della Presidenza del Consiglio dei Ministri e in ottemperanza alla Direttiva 2000/43/CE contro le discriminazioni razziale, l’Unar svolge da anni una meritoria attività di rilevazione e monitoraggio degli episodi di razzismo che accadono nel nostro paese. Ho ritenuto mio dovere segnalare questo episodio che, per la fonte istituzionale da cui proviene, assume una gravità eccezionale e rischia di essere elemento di sostegno e promozione di comportamenti fondati su un’idea di superiorità razziale e di discriminazioni sulla base delle origini etniche”, conclude. (ANSA). PH 15-LUG-13 13:36 NNNN

Nel clima di soporosa indifferenza ai problemi posti da una diffusa cultura razzista, l’idea che un  senatore ne identificasse finalmente un caso fra i tanti mi sembrò interessante, anche se non conoscevo e non conosco quella persona. Perciò gli scrissi esprimendo apprezzamento per la sua iniziativa e allo stesso tempo mi dichiarai “sconvolta dall’idea che ci siano bambini cui è negato per legge il certificato di nascita”, esprimendo la speranza che volesse occuparsene “con l’intelligente incisività con cui ha affrontato il caso che ho sopra ricordato”. Gli ricordai la proposta di legge 740, ben nota a questo blog, che rimedierebbe alla situazione se non si giacesse alla (dis)attenzione della commissione Affari Costituzionali della Camera dal mese di giugno dello scorso anno.

.Qualcuno risponde. Capita.

Ieri sera mi raggiunge un messaggio del sen. Lo Giudice che, ricopiando per fortuna in calce la mia vecchia comunicazione di cui avevo perso memoria, mi scrive: “Vorrei segnalarle che ho presentato in Senato  il disegno di legge 1562 “Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno e divieti di segnalazione.” Può scaricare il testo da questo indirizzo: www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00797393.pdf
Grazie per la sua sollecitazione.”

Verifico: il link funziona. Per sicurezza ne indico un secondo così – di qua o di là- chiunque voglia la potrà leggere..

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/797393/index.html

La bella novità: un senatore risponde a una cittadina e le segnala un adempimento realizzato! Non capita spesso.
Ora però è necessario mettere in atto tutti i mezzi possibili perché la proposta sia discussa e approvata.
L’unico mezzo che finora ha funzionato (almeno per me) è scrivere ai singoli parlamentari firmatari della proposta. Molte volte l’ho praticato e suggerito per la camera dei deputati, ora lo ripropongo per il senato.
I firmatari della pdl 1562 sono (nell’ordine di firma): Sergio Lo Giudice; Monica Cirinnà; Gianpiero Dalla Zuanna; Rosa Maria Di Giorgi; Francesco Giacobbe; Luigi Manconi; Marino Germano Mastrangeli; Francesco  Palermo; Magda Angela Zanoni; Lucrezia Ricchiuti

Ricopio inoltre il testo dell’ottima relazione, che chiarisce il senso della norma evitando le tecnicità del linguaggio legislativo,  e ne evidenzio in grassetto i passaggi essenziali

La relazione della proposta 1562

Il testo della norma è stato modificato dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, in materia di sicurezza pubblica. In particolare è stato modificato il comma 2 dell’articolo 6 recante «Facoltà ed obblighi inerenti al soggiorno».

Il testo attualmente vigente afferma che «Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo, per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie, i documenti inerenti al soggiorno di cui all’articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati.»

Nell’ambito dei provvedimenti esclusi dall’obbligo di presentazione di documenti attestanti il soggiorno, la formulazione introdotta nel 2009 ha eliminato l’esplicito riferimento agli atti di stato civile e all’accesso ai servizi pubblici sostituendolo con quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie e alle prestazioni scolastiche obbligatorie.

La norma così modificata garantisce a tutti i cittadini provenienti da Paesi terzi presenti sul territorio nazionale l’accesso alle cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali. L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno, infatti, non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, fatto salvo il caso in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano.

Sono così garantiti la tutela sociale della gravidanza e della maternità, la tutela della salute del minore, le vaccinazioni, gli interventi di profilassi internazionale e la diagnosi e la cura delle malattie infettive.

Tuttavia non può dirsi altrettanto per quanto riguarda gli atti di stato civile — certificati di nascita, stato di famiglia ed altro — espunti dal testo e sottoposti così ad un dubbio interpretativo relativo alla necessità o meno dell’attestazione del soggiorno.

La necessità di chiarimenti sulle questioni inerenti allo stato civile come modificate dalla legge n. 94 del 2009 è testimoniata dalla circolare del Ministero dell’interno n. 19 del 7 agosto 2009, protocollo n. 0008899, che al punto 3 specificava come «Per lo svolgimento delle attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita – dello stato civile) non devono essere esibiti documenti inerenti al soggiorno trattandosi di dichiarazioni rese, anche a tutela del minore, nell’interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto».

Tuttavia il contrasto fra le indicazioni della circolare ministeriale e la lettera della norma mantiene una incertezza interpretativa che non agevola la gestione univoca di situazioni analoghe nei diversi uffici dei diversi enti locali. Questo ha prodotto nel tempo diversi casi di mancata registrazione all’anagrafe della nascita dei propri figli da parte di genitori provenienti da Paesi non comunitari per paura di denunce e di espulsioni.

Dal canto loro gli uffici di alcuni enti locali, nella situazione di dubbio sulla corretta applicazione della norma, rifiutano di accettare la registrazione della nascita da parte di genitori sprovvisti di regolare titolo di soggiorno sul territorio nazionale.

Il mancato riconoscimento dello status di figlio, indipendentemente dalla situazione di irregolarità dei genitori, lede un diritto fondamentale del bambino il quale, in assenza di una certificazione anagrafica, risulterebbe giuridicamente inesistente. La Costituzione garantisce tutti i diritti a tutti i soggetti, senza distinzione alcuna, e in particolare afferma il principio dell’inviolabilità del diritto del nato, in sintonia con quanto stabilito dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, secondo la quale: «Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi».

Un ulteriore problema si è posto con la sostituzione del riferimento generico all’accesso ai servizi pubblici con la più specifica formulazione riferita alle prestazioni scolastiche obbligatorie, che rende incerto il tema dell’obbligo di presentazione dei documenti di soggiorno per l’accesso alle scuole dell’infanzia e agli asili nido.

Per garantire una uniforme applicazione della norma in oggetto su tutto il territorio nazionale, con particolare riferimento alle incertezze interpretative illustrate, si propone — con l’articolo 1 del presente disegno di legge — la modifica dell’articolo 6 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, volto a chiarire sul piano legislativo che sono esclusi dall’obbligo di presentazione di documenti attestanti il soggiorno, oltre che i provvedimenti inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35, quelli attinenti all’accesso ai servizi pubblici e alle prestazioni scolastiche nelle scuole di ogni ordine e grado, compresi le scuole dell’infanzia e gli asili nido, nonché i provvedimenti inerenti agli atti di stato civile.

Vengono poi introdotti, sulla scia della previsione attualmente contenuta nell’articolo 35, comma 5 del testo unico sull’immigrazione in materia di accesso alle prestazioni sanitarie, due analoghi divieti di segnalazione all’autorità volti a rendere effettivo per i migranti privi di un regolare permesso di soggiorno l’accesso ai provvedimenti inerenti gli atti di stato civile, nonché quelli attinenti all’accesso ai pubblici servizi ed alle prestazioni scolastiche nelle scuole di ogni ordine e grado, compresi le scuole dell’infanzia e gli asili nido.

Il presente disegno di legge non comporta variazioni al bilancio dello Stato, in quanto da esso non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

24 Ottobre 2014Permalink

9 ottobre 2014 – Lettera aperta al Sindaco di Udine che vuol trascrivere i matrimoni di coppie omossessuali

Egregio prof Honsell sindaco di Udine

mi rivolgo a lei perché non ho titolo né modo per scrivere a tutti i sindaci che hanno rivendicato la loro scelta di trascrivere i matrimoni di persone dello stesso sesso celebrati all’estero. Ha dichiarato di averlo fatto (e che continuerà) poiché non esiste nel nostro ordinamento legge che lo vieti e, di conseguenza, non c’è nessuno che lo possa proibire come vorrebbe invece la circolare annunciata dal Ministro Alfano. Il giurista Stefano Rodotà ha in proposito dichiarato “Il nostro ministro dell’Interno si chiude in una lettura formalistica della legislazione vigente e sfugge ad una precisa responsabilità politica, quella che da anni spetta al Parlamento” (La repubblica 8 ottobre 2014) Anche Lei ha fatto richiamo alla responsabilità del Parlamento e, con sbrigativa efficacia, ha dichiarato in una recente intervista che non ”ci faremo fermare da una circolare amministrativa” Nell’apprezzare la sua posizione, che fa seguito a una pagina di civiltà aperta dai cittadini omosessuali nel dichiararsi tali sfuggendo all’oscurità cui un tempo li condannavano le convenzioni sociali che ne volevano il nascondimento, desidero però porle un problema che, a mio parere, ha forti analogie con quanto ho sopra ricordato. Dal 2009 Lei, come ogni altro sindaco (e spero non ci siano eccezioni) registra la nascita dei figli dei migranti senza permesso di soggiorno non più a norma di legge ma di circolare, trattata questa in forma opposta a quella cui ho fatto riferimento finora. Infatti dal 2009 la legge 94 (all’art. 1 comma 22 lettera g che si può leggere anche nel testo coordinato del Testo Unico sull’immigrazione) prevede che, per registrare gli atti di stato civile – fra cui evidentemente l’atto di nascita – sia necessario presentare il permesso di soggiorno. A pochi giorni dall’approvazione della legge lo stesso ministero dell’interno emanò la circolare che, per la registrazione dell’atto di nascita, dice non essere necessaria la presentazione del permesso di soggiorno. Così fu motivata la scelta della circolare in una risposta ministeriale a interrogazione parlamentare: “La mancata iscrizione nei registri dello stato civile andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato” La legge esclusiva però è rimasta a garanzia dei sindaci che, ignorando la circolare, possono negare ai nuovi nati la dignità di persone destinatarie delle regole dell’ordinamento giuridico. Che esistano genitori costretti a nascondere i loro figli sia dall’insipienza delle amministrazioni italiane dei comuni dove sono nati, sia dalla paura di vederseli strappare a norma di occhiuta burocrazia, ce lo dice il gruppo CRC per cui “Il timore […] di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità (art. 7 CRC), nonché dell’art. 9 CRC contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori”. Non sia superfluo ricordare che l’acronimo CRC corrisponde a Convention on the Rights of the Child, organizzazione di associazioni italiane che opera al fine di garantire un sistema di monitoraggio indipendente sull’attuazione della Convenzione sui diritti del minore (ratificata in Italia con legge 176/1991). Se fosse approvata la pdl 740, già affidata da più di un anno alla commissione Affari Costituzionali, il problema sarebbe risolto almeno nella sua radice giuridica. In questo momento Lei è stato sollecitato a proporsi come istituzione di frontiera, chiamata ad impegnarsi per diritti di cittadini che hanno finalmente trovato parola e, sia pur contradditorio,  ascolto. Io le chiedo di impegnarsi anche per sollecitare l’approvazione della proposta di legge che assicurerebbe un diritto fondante tutta l’esistenza di chi parola non ha ma necessita del medesimo rispetto e protezione.

Distinti saluti  (firma)

Per non dimenticare il contesto

Il 28 di maggio 2013 (governo Letta) è Ministro dell’Interno l’on. Angelino Alfano, il sostenitore dei ‘valori non negoziabili’, che non impedisce l’espulsione di una minore con la sua mamma. E’ il caso Shalabayeva. Per farne memoria riporto qui il link con un articolo de La Repubblica.

Leggo che domani verrà interrogata dai magistrati di Perugia, non come persona informata sui fatti, ma in qualità di indagata, Stefania Lavore,. Giudice di Pace. Dovrà spiegare la sua versione dei fatti in merito a presunte omissioni contenute nel verbale di espulsione di Alma Shalabayeva e della piccola Alua, rispettivamente moglie e figlia del banchiere e dissidente kazako Muchtar Ablyazov. Omissioni che, oggi, costano al giudice l’accusa di falso e abuso d’ufficio.

Riscontri
10 ottobre – pubblicata da il Gazzettino
Girata da esponente SNOQ ai propri aderenti

9 Ottobre 2014Permalink

26 settembre 2014 – Una petizione fallimentare che non demorde

La petizione presentata lo scorso novembre per sollecitare l’approvazione della pdl 740 ha ottenuto solo 547 firme. Ma i diritti sono diritti a prescindere dal loro peso commisurato al numero delle persone che si espongono per sostenerli, non necessariamente e non sempre disposte a sottomettersi alla logica del voto di scambio pur a mio parere dominante. So bene che a volte (ma non sempre per fortuna) le associazioni che si dicono finalizzate alla promozione dei diritti delle persone sono attente invece al consenso che si avvita fra istituzioni e ‘senso comune’. E’ un consenso che può produrre contributi (o almeno notorietà) e quindi la premura a non dare fastidio diventa quasi ossessiva e porta a scelte anche squallide.
Considerato che la proposta di legge (di cui ho pubblicato il testo il 17 giugno 2013) resta proposta ho così scritto alla presidente Boldrini, ai deputati firmatari della pdl 740 e all’on. Kyenge, segnalando un interesse, tanto raro quanto pregevole, di realtà associative, fermo restando il mio rispetto e la mia gratitudine per chi si è impegnato a firme personali. Al solito, per lo sviluppo delle informazioni, rinvio al tag anagrafe nel blog e, in calce, riporterò il sito di change.org da cui è ancora possibile firmare la petizione.

Gentile presidente Boldrini, le scrivo quale prima firmataria della petizione con cui le viene chiesto di garantire, secondo le sue competenze istituzionali, la proposta di legge 740 (primo firmatario on. Ettore Rosato) che è all’attenzione della Commissione Affari Costituzionali da più di un anno. Se approvata cancellerebbe la discriminazione che da cinque anni nega il certificato di nascita ai figli dei migranti privi di permesso di soggiorno. Si tratta di bambini che nascono in Italia cui è negato il diritto, affermato dalle norme internazionali e nazionali, di avere un’esistenza giudicamene riconosciuta con tutto ciò che ne consegue nella vita di una persona e, in particolare, di una persona debole, messa a rischio senza difese non solo dalla violenza che in tanti modi si esercita nella nostra e in altre società ma direttamente dalla legge. Ce lo chiede anche il Comitato Onu per i diritti dell’infanzia (come riferisce il settimo rapporto della Convention on the Rights of the Child)  facendo esplicito riferimento a quanto previsto dalla legge 94/2009. Pochi giorni fa la petizione è stata firmata anche dal segretario del Movimento di cooperazione educativa che ha accompagnato la sua firma con questo commento: «Gent. Presidente, in qualità di segretario nazionale del MCE-Movimento di Cooperazione Educativa, riteniamo che l’educazione alla convivenza democratica, alla pace, alla mondialità, all’intercultura non possano essere ristretti ai cittadini ufficialmente riconosciuti da uno stato ma a tutti coloro che vi vivono e/o vi sono nati, senza preclusioni. Una scuola inclusiva e democratica presuppone una società inclusiva e aperta. Ringraziando vivamente per l’opportunità, Giancarlo Cavinato». Tale adesione, motivata e consapevole, si accompagna a quanto raccomandato a seguito del recente congresso dalla Società Italiana di Medicina delle Migrazioni: «approvare una legge che garantisca il diritto alla registrazione anagrafica per tutti i figli indipendentemente dalla situazione giuridico amministrativa dei genitori, senza la necessità di esibire documenti inerenti al soggiorno, in modo da evitare che ci siano “nati invisibili” con conseguenze aberranti di ordine sociale e sanitario». Queste voci sono state raccolte anche dalla Associazione Studi Giuridici Immigrazione che il 26 agosto scorso ha scritto in un comunicato pubblicato nel proprio sito web: «L’ASGI sostiene la proposta di legge presentata da un gruppo di Deputati per reintrodurre esplicitamente gli atti di stato civile tra quelli per i quali non è necessaria l’esibizione dei documenti di soggiorno». Non posso naturalmente citarle le parole di singole persone consapevoli che hanno cercato di far sentire la propria voce su questo problema, firmando la petizione e con altri strumenti di cui si sono voluti giovare. Contando sulla sua attenzione, porgo distinti saluti

Augusta De Piero – Udine

https://www.change.org/p/laura-boldrini-mai-pi%C3%B9-bambini-invisibili-agli-occhi-dello-stato-italiano

 

26 Settembre 2014Permalink

29 agosto 2014 – Ragionando su un documento confuso

Hypotheses non fingo

Ieri ho pubblicato un documento dell’Asgi (con tutti i link che oggi mi risparmio) e l’ho definito ‘confuso’ perché in calce al testo datato 26 agosto riporta suoi importanti documenti del 2009 senza contestualizzare il periodo di latenza durante il quale mai, a mia conoscenza, ne ha fatto menzione.
Scrivo per esperienza personale ma non così privata dato che sono andata a un convegno importante a Sasso Marconi, ho partecipato ad aggiornamenti promossi dall’ASGI, sempre sui problema dei minori e, quando segnalavo il problema della registrazione degli atti di nascita all’anagrafe ai solerti rappresentanti dell’illustre associazione mai ne è stato fatto riferimento.
Perché?
A 299 anni dalla saggia prudenza scientifica di Newton tengo le mie ipotesi per me e mi limito a considerare ciò che conosco del periodo di ASGI-latenza salvo una piccola contestualizzazione: nel 2009 regnava il presidente Berlusconi (e il trono del cav era sostenuto dalla Lega Nord).
Oggi invece…basta così, se non per ricordare come la cultura dell’inciviltà, abilmente diffusa, sia diventata dilagante senso comune.
Nonostante questo l’ASGI ha riesumato i suoi documenti.
Vedremo se ne farà uso oltre quanto ha scritto sulle squadrette di calcio negate ai figli dei sans papier (si veda mio blog dell’8 maggio) e sugli ostacoli rilevati nelle linee di indirizzo del Miur a proposito dell’iscrizione dei figli dei sans papier alla scuola dell’obbligo (si veda il mio blog del 16 maggio).

Correva l’anno 2009
e la legge, nota come pacchetto sicurezza (aggiungo io: sicurezza del pregiudizio là custodito e promosso attraverso norme assicurate se non da un rissoso consenso diffuso, almeno da un pacioso silenzio), non aveva ancora meritato l’approvazione con voto di fiducia. Sarebbe accaduto nel mese di luglio.
Fu allora che mi avvicinai al GrIS regionale, strumento operativo locale di quella ‘rete di reti’ che è la Società di Medicina delle Migrazioni, quando sostenne una campagna che riuscì a coinvolgere anche l’Ordine dei medici (ricordo il coraggioso pubblico comunicato dell’allora presidente dell’Ordine del FVG).
La campagna, condotta con competenza e determinazione, riuscì a far  rimuovere dalla proposta di legge l’articolo che avrebbe imposto ai medici la violazione del segreto sanitario se avessero curato o comunque soccorso un sans papier.
Quella fu una campagna vincente.
Al corrente degli ostacoli che sarebbero stati frapposti alla registrazione degli atti di stato civile scrissi al sindaco di Udine, nell’illusione che i sindaci si sentissero onorati dall’assicurare l’esistenza giuridica a chi nasce sul loro territorio. Non mi rispose e un assessore, da me contattato, negò il problema.
La lettera g del comma 22 dell’art. 1 del pacchetto sicurezza passò.
Nel 2011 la Corte Costituzionale (sentenza 245 – si veda tra l’altro il mio scritto del 26 giugno 2014) ristabilì la legalità per ciò che concerne i matrimoni (per due anni negati ai sans papier) ma nulla fece per i nuovi nati, la cui estromissione dal consorzio civile era ormai ratificata nell’indifferenza della complicità diffusa.
La proposta di legge 740 – che fa seguito a quella precedentemente presentata dall’on Orlando (si vedano i miei blog del 15 marzo 2011 e del 17 giugno 2013) – potrebbe porre rimedio a questa ferita di civiltà (che anche l’ONU ci chiede di rimuovere  si veda tra l’altro il mio blog dell’11 agosto) ma, se non ci sarà una spinta da parte della società cd civile, penso non ne sarà fatto nulla.

Voltare la testa. Una storia di interventi beffati
Mi limito ai titoli e poco più. Le date (se non c’è altra indicazione) si riferiscono alla pubblicazione nel blog
15 marzo 2011 e 21 dicembre 2012. Due articoli pubblicati dal mensile Il Gallo, di Genova.
Neppure quella storica pubblicazione riuscì a scuotere  la tetra totale indifferenza del mondo cattolico.
20 luglio 2010 Restando alle chiese cristiane devo registrare lo stesso atteggiamento nel mondo protestante, sebbene sia comparso anche di recente un nuovo articolo sul mensile Confronti.
Il mensile locale Ho un sogno (pure citato il 20 luglio 2010, reperibile presso la libreria CLUF di via Gemona 22 – Udine)  ha seguito costantemente la questione e ne ho sempre pubblicato gli articoli nel blog.
21 dicembre 2013 Neonati “clandestini” invisibili per lo Stato, articolo di Tommaso Canetta e Pietro Pruneddu sul quotidiano Linkiesta
9 giugno 2014 – Bambini “clandestini” e diritti negati  articolo di Paolo Citran nella rivista Insegnare del Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti.
11 giugno 2914Il XIII Congresso della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni scrive tra l’altro nelle raccomandazioni conclusive: «Il minore non è soltanto “oggetto di tutela e assistenza”, ma anche e soprattutto “soggetto di diritto”, e quindi titolare di diritti in prima persona […]  E prosegue con le raccomandazioni:  approvare una legge che garantisca il diritto alla registrazione anagrafica per tutti i figli indipendentemente dalla situazione giuridico–amministrativa dei genitori, senza la necessità di esibire documenti inerenti al soggiorno, in modo da evitare che ci siano “nati invisibili” con conseguenze aberranti di ordine sociale e sanitario»
22 giugno 2014 Una nota del MoVI (Notizie dal MoVI n 23-2014)e un articolo di Elia Beacco con le interviste a Frigerio e a me che si possono raggiungere dai link che trascrivo

http://www.moviduepuntozero.it/bambini-proibiti/

http://www.moviduepuntozero.it/bambini-invisibili/

6 maggio 2014 – Una misera petizione
Lo scorso mese di novembre ho scritto su change.org una petizioni e per l’on. Boldrini chiedendole di impegnarsi per la promozione della pdl 740.
Le avevo già scritto appena presentata la proposta e in entrambi i casi mi ha dato riscontro, facilitando anche – nell’ambito delle sue competenze- l’attribuzione della proposta alla commissione Affari Costituzionali, un luogo evidentemente di lunga giacenza (la proposta sta in quel contenitore dal 21 giugno 2013).
La petizione  – in dieci mesi – ha ottenuto 531 firme e, per assicurare un illuminante confronto quantitativo, segnalo che una petizione per impedire la caccia all’orso nei boschi del trentino ha ottenuto in pochi giorni più di 65.000 firme.
Per l’opinione pubblica italiana i bambini non sono una specie protetta e ai loro diritti si può applicare a rovescio l’art. 3 della Costituzione dove gli ostacoli da rimuovere diventino nei loro confronti (non nei confronti degli orsi, per carità!) segnali per la discriminazione.

Infine le donne

Ho più volte citato i rapporti della Convention on the Rights of the Child dove, in particolare nei rapporti 5 e 6 (2012 e 2013) si ricorda che «Il timore di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità (art. 7 CRC), nonché dell’art. 9 CRC contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori».
Dovrebbe essere considerato quindi non solo il danno al neonato, cui viene negata un’esistenza giuridicamente riconosciuta, alla vita familiare (di cui tanto si starnazza) ma anche alla salute della donna che partorisce di nascosto.
Da parte delle associazioni femminili – che ormai hanno evidentemente acquisito un concetto esclusivo di solidarietà nazionale e poco più– il silenzio è totale.
Non esistevano le ‘pari opportunità’?

29 Agosto 2014Permalink

11 agosto 2014 – In Italia i nuovi nati non sono tutti uguali – 2

Una registrazione anagrafica normale

La discussa e ben nota questione della registrazione dei gemelli nati dalla fecondazione assistita ma partoriti da una madre in cui era stato impiantato un embrione altrui (a causa di errore umano o da computer) è stata risolta nel più normale dei modi:
«I bambini, un maschio e una femmina – sono stati registrati all’anagrafe con il cognome del marito della donna che li ha dati alla luce e ciò, secondo la legge italiana, sancisce a tutti gli effetti il loro “status filiale”».
e, secondo quanto ha scritto il magisrato Vladimiro Zagrebelski,
«Nella nuova situazione venutasi a creare con la nascita dei due gemelli e la formazione del loro atto di nascita per effetto della dichiarazione della madre che li ha partoriti, essi hanno un nome, un cognome e una famiglia in cui crescere»

Altri pareri sottolineano questa situazione some definitiva.

In un caso drammatico (e che deve essere atrocemente doloroso per la coppia che ha inconsapevolmente fornito il proprio embrione fecondato ad altri) emerge una soluzione (realizzata, come dovuto, nel prioritario interesse dei minori) che segue l’iter di una piena normalità

Un iter normale

Una donna partorisce e riconosce come suo il bambino che ha appena messo al mondo.
E’ il primo passo che avviene in sala parto. Se così non fosse quel bambino entrerebbe immediatamente nello stato di adottabilità.
Se quella donna è sposata suo marito, quando si reca in comune (ed è auspicabile lo faccia immediatamente), provvede alla registrazione anagrafica a seguito della quale il bambino avrà un certificato di nascita in cui sarà registrato il suo nome giuridicamente riconosciuto, il nome dei suoi genitori, la sua cittadinanza.
La cittadinanza sarà italiana se figlio di italiani o d’altra nazione se i suoi genitori fossero stranieri.
Se la coppia dei genitori non fosse sposata – e il padre volesse riconoscere come suo il figlio – è prevista una procedura di riconoscimento.
Se così non fosse la madre può registrare il figlio come suo.
La legge n. 219/2012 ha previsto l’unificazione dello stato giuridico di figlio, con totale eliminazione di ogni differenza tra figli legittimi, naturali e adottivi.
E’ possibile seguire la normale procedura anche in molti ospedali – dove un funzionario sia stato delegato ad agire come ufficiale di stato civile.

Una deroga a norma razzista

Nella nuova situazione venutasi a creare con l’approvazione della legge 94/2009 (art. 1, comma 22, lettera g), qualora i genitori – o uno dei due – non  abbiano il permesso di soggiorno, anche se la madre riconosce il suo bambino questo non ha un nome, un cognome e non gli è concesso di avere una famiglia in cui crescere, che sia legalmente riconosciuta tale.
Dice il gruppo di associazioni cui è affidato il monitoraggio della Convenzione di New York sui diritti dei minori: «Il timore di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità (art. 7 CRC), nonché dell’art. 9 CRC contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori»
Nel 7morapporto – che si può leggere da qui e anche nel sito dell’Associazione Studi giuridici immigrazione – è riportata la raccomandazione che integralmente trascrivo:
«Il Comitato ONU è preoccupato per le restrizioni  legali e pratiche al diritto dei minorenni di origine straniera di essere registrati alla nascita. In particolare, il Comitato esprime preoccupazione per come la L. 94/2009 sulla pubblica sicurezza renda obbligatorio per i non cittadini mostrare il permesso di soggiorno per gli atti inerenti il registro civile» (cap. 3.1 pag. 47)

Quindi ci è testimoniata l’esistenza di bambini a rischio per legge. Sono infatti privi di riconoscimento giuridico e di famiglie cui è negata – per legge (non per una patologia da infertilità) – la filiazione per un discrimine burocratico (il permesso di soggiorno).

Perché?

Nel caso dei gemelli nati dopo lo scambio di embrioni la coppia biologica e la coppia gestante hanno avuto tutti i mezzi necessari per affrontare una procedura sanitaria onerosa sotto tanti aspetti e per affrontare ora la situazione giuridica (esperti autorevoli, competenti e noti, giornalisti attenti.
Le coppie prive di permesso di soggiorno sono straniere (e nella loro identificazione in legge scatta il discrimine inequivocabilmente razzista), non hanno certamente i mezzi finanziari per promuovere il processo di cui sopra, sono abbandonate alla loro paura da un’opinione pubblica disposta più ad emozionarsi che a ragionare.
Di fronte a un’opinione pubblica che si muove perciò solo se si tratta di ‘sensibilità’ (non voglio capire che roba sia e preferisco non  esprimere le mie ipotesi), le associazioni che si dicono finalizzate alla tutela dei diritti in buona parte tacciono e quelle che dicono qualche cosa non sono ascoltate.
Delle poche non ammutolite ho parlato nel mio blog che è poco letto e, se non serve alla loro notorietà e al loro onore, è utile almeno al mio conforto.
In parlamento si giace una proposta di legge che sarebbe risolutiva se approvata ma il suo dibattito non è stimolato neppure dai firmatari (Il testo integrale si può leggere nel blog del 17 giugno 2013 e da qui). https://diariealtro.it/?p=2393.
Ho l’impressione che i parlamentari siano scossi più che dalla negazione dei diritti dei soggetti a debole contrattualità dall’agitarsi di lobbies numerose che ammicchino a una scambio di voti.

Forse alla fine dovrò scusarmi per aver presentato una petizione alla Presidente Boldrini che si può leggere (e firmare!)
Finora lo hanno fatto in 531 persone che ringrazio.
https://www.change.org/it/petizioni/laura-boldrini-mai-pi%C3%B9-bambini-invisibili-agli-occhi-dello-stato-italiano

11 Agosto 2014Permalink

10 agosto 2014 – In Italia i nuovi nati non sono tutti uguali – 1

Neonati probabilmente amati, certamente non rispettati

L’analogia di due situazioni specularmente contrapposte – quella dei gemelli contesi fin dall’embrione – e quella dei figli dei migranti privi di permesso di soggiorno – è sconvolgente.

Ai primi è stato giustamente e doverosamente assicurato un nome e segnato sul certificato di nascita di cui hanno rimediatemene avuto certezza, ai secondi tutto questo è negato.

Per oggi mi limito a citare alcuni articoli che credo sufficienti per far conosce  la situazione. In seguito cercherò di ragionarci.

Il Sole 24 Ore  –  8 agosto

Ho letto su Il Sole 24 Ore dell’8 agosto un articolo importante che non voglio riassumere e di cui sottolineo un  passaggio che comunque ho ritrovato anche nei commenti di altri quotidiani. L’evidenziazione in grassetto è mia.

Nati e già registrati all’anagrafe i gemelli contesi  di S.Bio.

Sono nati già da alcuni giorni, lontano da Roma e con un parto cesareo, i due gemelli contesi da quattro genitori (genitori genetici e coppia gestante), a causa dello scambio di embrioni avvenuto nel dicembre 2013 durante un processo di fecondazione assistita nel reparto di Infertilità dell’ospedale Sandro Pertini di Roma. I bambini, un maschio e una femmina – sono stati registrati all’anagrafe con il cognome del marito della donna che li ha dati alla luce e ciò, secondo la legge italiana, sancisce a tutti gli effetti il loro «status filiale».

«Siamo contenti. Molto contenti: i nostri figli sono nati, stanno bene e li abbiamo già registrati all’anagrafe. Nessuno potrà più toglierceli», dice al quotidiano la donna che ha partorito. «Ci rendiamo conto della sofferenza» dell’altra coppia «e questo ci fa male, ma noi eravamo stati disponibili ad incontrarli. C’è una email che dimostra come avessimo chiesto di conoscere il motivo dell’incontro, e invece non ci hanno neppure risposto».
Intanto inizierà comunque questa mattina alle ore 11 al Tribunale civile di Roma la prima udienza sul caso dei due gemelli, che era stata anticipata di 10 giorni dal giudice Silvia Albano proprio per arrivare a una deliberazione prima della nascita dei bambini, prevista per metà agosto.

Erano stati i genitori biologici a presentare ricorso.

Intanto il giudice, Silvia Albano, della I sezione del Tribunale civile di Roma, si è riservato di decidere in merito al ricorso con il quale si sollecitava di bloccare le pratiche di iscrizione all’anagrafe dei due gemelli nati il 3 agosto a seguito dello scambio di embrioni avvenuto all’ospedale Sandro Pertini. Lo ha riferito l’avvocato Michele Ambrosini al termine dell’udienza durante circa un’ora e mezza. Il giudice della I Sezione Civile dovrà esprimersi in merito a tutte le questioni sollecitate nel ricorso presentate dai genitori biologici dei due gemelli che avevano chiesto di bloccare l’iscrizione all’anagrafe in vista del parto che sarebbe dovuto avvenire a metà agosto.

«Il giudice non ha dato un termine per sciogliere la riserva – ha spiegato l’avvocato Michele Ambrosini – Certamente ora la sua decisione terrà conto anche del fatto che, essendo avvenuta già alla nascita dei due gemelli, la richiesta viene meno».
Ai giornalisti, che chiedevano se è possibile ordinare la cancellazione all’anagrafe già compiuta, l’avvocato Ambrosini ha spiegato che si tratterebbe di un fatto contro la legge».
«Indubbiamente la richiesta di risarcimento verrà fatta anche se sarà problematico stabilire le varie voci» ha poi detto il legale della coppia di genitori che ha dato alla luce i due gemelli. Entrando nel Tribunale civile, l’avvocato Ambrosini ha aggiunto che «la decisione di partorire da parte della mia assistita è stata cooptata da due elementi: il primo è quello della volontà di dare alla vita i bambini che aveva in grembo e il secondo dal fatto che le norme la tutelano. La mia assistita è infatti tutelata dall’art.236 del diritto di famiglia, dalle sentenze della Corte europea e da ultimo dalla sentenza della Corte costituzionale 2014. Ci sono delle leggi di riferimento anche se si è verificato un errore umano (lo scambio di embrioni, ndr) ma la coppia ha fatto una scelta che la tutela».

Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2014 alle ore 09:47.

La stampa  –  9 agosto

Su La Stampa del 9 agosto, c’è un articolo di Vladimiro Zagrebelsky magistrato italiano, giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo dal 2001 al 2010.
Purtroppo non ne ho trovato il link per trasferirlo interamente, quindi mi limito a ricopiarne alcuni tratti.
L’evidenziazione in grassetto è mia.

La legge mette comunque i bambini la primo posto

Nella nuova situazione venutasi a creare con la nascita dei due gemelli e la formazione del loro atto di nascita per effetto della dichiarazione della madre che li ha partoriti, essi hanno un nome, un cognome e una famiglia in cui crescere.
<…>
Si è da più parti detto che questa vicenda sarebbe caduta in un vuoto giuridico, nell’assenza di una legge regolatrice. Non è così. Non è mai così. Potrà talora essere difficile ricostruire la disciplina legislativa di una data situazione , traendola da tante leggi divere, da convenzioni internazionali, dai principi generali, dalla Costituzione.
Ma il giudice non può rinunciare a decidere. D’altra parte, come stiamo vedendo, il Codice civile contiene le norme che assicurano subito ai nati il lro stato di filiazione <…>

Una fotografia crudele

In un quotidiano che non nomino (perché potrebbe essere il solo) c’è – in testa a un articolo – la foto di due neonati accostati.
Sono gemelli? Sono quei gemelli?
L’identificazione da parte di chi legge può essere automatica.
Se la fotografia appartiene ad altri è un inopportuno specchietto per l’allodola lettore, e comunque assenza di rispetto nei confronti dei piccoli usati per suscitare emozioni, se è dei gemelli discussi è un’indecenza priva di ogni umana dignità, una violenza a quei bambini già vittime di un  errore umano.

10 Agosto 2014Permalink

2 agosto 2014 – Nel ricordo della strage di Bologna (1980) la mia attenzione va anche alla violenza del capro espiatorio.

Un incrocio di ruoli nella continuità del linguaggio

Il ministro Alfano, secondo quanto ho letto, “va giù duro al termine del comitato nazionale per l’ordine pubblico e la sicurezza convocato nella prefettura di Caserta.
«Non accetteremo che un immigrato prenda il posto di lavoro di un italiano»”
Lo fa in una riunione nella prefettura di Caserta alla presenza dei sindaci del casertano.
L’on Kyenge – parlamentare europea – non condivide:  «Irresponsabili parole del Ministro Alfano che alimenta lo scontro tra poveri per il lavoro in un casertano già in fiamme»
Conclusione? Certamente no.
E’ molto interessante che il ministro del Nuovo  Centro Destra (nuovo ?!) operi – probabilmente senza accorgersene  – uno stravolgimento cronologico.
Nel 2009 l’on Alfano era Ministro della Giustizia nel quarto governo Berlusconi, Ministro dell’Interno era l’attuale governatore della Lombardia, Maroni.
Oggi Ministro dell’Interno è lui, Angelino Alfano.
Ma – in omaggio all’ideologia che gli occupa evidentemente  cervello e cuore – usa le parole dell’inimicizia.
Torno a scriverle: «Non accetteremo che un immigrato prenda il posto di lavoro di un italiano».
L’on Kyenge ha controbattuto ma, secondo me, non ha colto la centralità del messaggio alfaniano. L’italiano  è indicato esplicitamente come vittima della presenza non comunitaria, un incitamento all’inimicizia tra persone di diversa nazionalità.
E’ la scelta del capro espiatorio che consente di voltare la testa di fronte a molti altri problemi.
Così ho scritto nella pagina facebook della on. Kyenge
«Con queste parole (non a caso pronunciate in prefettura durante una riunione con i sindaci del casertano) il ministro Alfano si  conferma malsano portatore della cultura diffusa dalla Lega e ormai consolidata nella consapevolezza di molti.
Non a caso il parlamento italiano non discute la proposta di legge n. 740 che, se approvata, cancellerebbe lo sfregio di civiltà introdotto nel 2009. Con questa norma (legge 94/2009, art. 1 comma 22 lettera g) i cittadini non comunitari privi di permesso di soggiorno nel momento in cui denunciano la nascita del figlio corrono il rischio dell’espulsione.
Ciò fa sì che vi siano bambini nascosti e privi di esistenza giuridica e madri che non partoriscono in ospedale ma si assoggettano al nascondimento con tutti i rischi che comporta alla salute propria e del bambino (ce lo testimonia il Gruppo Convention on the Rights of the Child –CRC – che ha il compito di monitorare la Convenzione di new York sui diritti del minore.
Le ricordo che inizialmente la norma che ho citato riguardava anche i matrimoni: nel 2011 una sentenza della Corte Costituzionale sottrasse questi atti alla presentazione del permesso di soggiorno per tutelare questo diritto umano fondamentale. Ma non fu chiamata ad occuparsi dei nuovi nati su cui perciò continua a pesare quella minaccia.
On Kyenge questo minaccia la riguarda anche come parlamentare europea: può accettare che in Europa vi sia uno stato – il suo- – che viola principi fondamentali internazionalmente affermati?
Sarebbe interessante sapere se fra i bambini abusati – che saranno identificati dalla polizia italiana e tedesca per proteggerli – ci sono anche bambini con le caratteristiche previste dalla lettera g, del comma 22, dell’art. 1 della legge 94/2009, cioè i figli degli immigrati privi di permesso di soggiorno per cui la possibilità di registrare la nascita del figlio è pesantemente ostacolata.
E’ possibile chiedere al ministro competente un’indagine in proposito?.
Oltre che all’identificazione dei pedofili e dei loro complici vogliamo parlare anche delle responsabilità remote?
Non dimentichiamo che la mancanza del certificato di nascita rende una persona giuridicamente inesistente e quindi più esposta ad ogni rischio.
I bambini senza certificato quindi diventano soggetti di cui è più facile l’abuso»

Pedopornografia conclamata

Non a caso sono passata dalla questione lavoro negato alla questione esistenza negata ai minori figli di sans papier.
Leggo su La Repubblica on line di ieri (testo completo leggibile da qui):
«Maxi operazione della polizia italiana e tedesca. L’inchiesta è partita dalla Procura di Catania

Agenti della polizia postale al lavoro CATANIA Scaricavano e diffondevano su internet video di pornografia minorile, con abusi sessuali e anche torture su bambini di pochi anni. Due persone sono state arrestate e 34 indagate nell’ambito di una maxi operazione internazionale della polizia di Stato italiana e tedesca contro la pornografia minorile on line. La Procura distrettuale di Catania ha disposto numerose perquisizioni domiciliari in diverse città d’Italia, eseguite dalla Polizia Postale».

La biografia del Ministro Alfano non può essere ignorata

Non sarebbe rispettoso ignorare la biografia di una persona pubblica così importante quale un ministro dell’interno già della giustizia.
Nella significativa storia delle sua vita politica c’è anche la piccola Shalabayeva.
Forse non se ne è accorto ma per me è un macigno, simbolico (perché non è certo l’unica piccola vittima) ma insuperabile.
Ne avevo scritto nel mio blog il 14, 16 e 20 luglio 2013.
Legge sempre da La Repubblica del 30 luglio scorso:
« Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Muktar Abliazov, non doveva essere espulsa dall’Italia e il provvedimento di rimpatrio è viziato da “manifesta illegittimità originaria”. Lo afferma la Cassazione che ha accolto il ricorso della Shalabayeva contro il decreto del giudice di Pace di Roma del 31 maggio 2013. Tra le anomalie c’è inoltre il fatto che l’irruzione notturna nell’abitazione di Casal Palocco dove risiedeva la Shalabayeva, effettuata dalle forze dell’ordine, era stata fatta per cercare suo marito e non per finalità di prevenzione e repressione dell’immigrazione irregolare».

Chi volesse andare all’intero articolo (e può farlo anche da qui) troverà un richiamo all’archivio del caso.
Da parte mia voglio ricordare il lavoro efficace di Emma Bonino (Ministro degli esteri dall’aprile 2013 al febbraio 2014 – governo Letta).
Contribuendo in modo risolutivo alla soluzione di quel problema ha consentito, a chi voglia pensare, di identificare nodi della politica minori/capri espiatori.
Qualsiasi generale in guerra sa che bisogna attaccare il fronte dove è debole. E i minori sono deboli. Attaccando i ‘figli dei clandestini’ è assicurata la vittoria più importante, il consenso dell’opinione pubblica.

2 Agosto 2014Permalink