8 febbraio 2018 – Liliana Segre. C’è una politica che semina odio. Ora via la parola razza dalla Costituzione

Premetto che il testo successivo è stato ricopiato dal cartaceo parola per parola

La Repubblica 5 febbraio 2018 pag. 2-3 . Intervista di Simonetta Fiori (link in calce)
Esiste ancora un ventre molle del paese contaminato da fascismo e razzismo?
«E’ sempre esistito. Solo che nel dopoguerra ci si vergognava di tirarlo fuori. Il lutto e la disperazione provocati dai totalitarismi creavano una sorta di pudore intorno a certe tendenza, liquidate come oscene. Il tempo ha cancellato la memoria delle tragedie. Ed ecco ora riaffacciarsi violentemente queste pulsioni razziste e xenofobe».

Colpiscono gli argomenti giustificazionisti della destra: ci sono troppi neri.
«Eh già, ci mancava che applaudissero agli spari. Che vergogna. Ci sono uomini politici che non hanno più timore di evocare la “razza bianca”, addirittura denunciano un complotto per la “sostituzione etnica”. Cosa ci si può aspettare da una politica dell’odio come questa?».

Il mito del complotto contagia neonazisti e leghisti. Prima era una specialità dell’antisemitismo, che ricorre ai falsi Protocolli dei Savi di Sion per argomentare la pericolosità degli ebrei pronti a impadronirsi del mondo. I razzisti di oggi evocano dissennatamente un piano “Kalergi” per trasformare il popolo europeo in “una razza mista di africani e asiatici”. Sono entrambi dei falsi inventati per colpire delle vittime.
«Anche io ho pensato a questa similitudine e mi vengono i brividi. Spero di sbagliarmi. Spero di essere clamorosamente smentita dalla Storia».

Cosa le ha fatto pensare a un’analogia?
«Il meccanismo che dà vita al mito del complotto ha sempre gli stessi tratti. Si sospetta che siano in atto terribili piani misteriosi rispetto ai quali la gente comune resta all’oscuro finché vincono gli artefici della macchinazione. Quindi bisogna annichilire l’avversario finché si è in tempo».

I fantasmi sociali nascono sempre in un momento di crisi. 
«Sì, certo. Ed è in momenti come questi che si inventano capri espiatori su cui sfogare risentimento e paura. La rabbia oggi si respira per strada. La si vede non solo negli episodi eclatanti come la “caccia al nero” di Macerata, ma anche nella quotidianità. Bastano un sorpasso azzardato o un parcheggio maldestro. Basta una finestra che sbatte e si accoltella il vicino. Su questo terreno intervengono i maestri della politica e del Web assai abili nello spargere veleno e nel catturare l’attenzione. Anche perché l’attenzione dell’odio è molto più facile di quella dell’amore. Ha presa su platee più ampie».

E’ facile anche dare vita a n immaginario razzista. Lei l’ha subito da ragazza sotto il regime fascista. Pur nella differenza tra quell’Italia e oggi, rintraccia delle analogie tra i meccanismi che creano una propaganda fondata sulla discriminazione?
«E’ una questione che mi sono posta anche io. E purtroppo le somiglianze non mancano. La campagna antisemita non è nata da un giorno all’altro il 18 settembre quando Mussolini annunciò a Trieste le leggi razziali. Prima c’erano state le barzellette, le boutade, le caricature con il naso adunco e le orecchie a sventola. Gli ebrei ridotti a macchietta grottesca. Pian piano dalle vignette si è passati ai cartelli con la scritta: “vietato l’ingresso ai cani e agli ebrei”. E poi si sa dove siamo arrivati».

Nella sua esperienza personale in che modo ha sofferto l’esclusione?
«Io non ricordo l’atto violento – quello sarebbe arrivato dopo – ma lo sparire dallo sguardo delle persone. C’è un gioco che fanno i bambini senza capire quanto sia crudele. Si decide che uno di loro debba essere invisibile. E non c’è grido che li scuota. L’escluso reclama: ehi, ci sono, guardatemi! E gli altri niente, fanno finta di non vederlo e non sentirlo. Ecco, questo è ciò che ho patito. L’invisibilità». [**]

Qualcuna delle sue amichette le ha mai chiesto scusa in questi ottant’anni?
«No, non è mai successo. E anche per questo motivo che la nomina del presidente Mattarella ha rimesso a posto molte cose ».

Rispetto alla Shoah, non abbiamo mai fatto i conti fino in fondo con le nostre responsabilità attribuendo ogni colpa ai tedeschi. Deriva anche da questo la facilità con cui abbiamo sdoganato pulsioni xenofobe nella scena pubblica?

Rispetto alla Shoah, non abbiamo mai fatto i conti fino in fondo con le nostre responsabilità, attribuendo ogni colpa ai tedeschi. Deriva anche da questo la facilità con cui abbiamo sdoganato pulsioni xenofobe nella scena pubblica?
«Sicuramente. Da noi l’armadio della vergogna non è mai stato aperto. E l’esame di coscienza non è mai completamente mancato. In questi anni abbiamo creduto di stare con gli occhi aperti e le orecchie vigili, ma evidentemente non è stato fatto abbastanza ».

Le oggi siede nel Senato della repubblica. Quali atti intende compiere per fermare il razzismo diffuso?
«Contro la xenofobia non credo tanto nell’efficacia delle leggi, ma nel potere dell’educazione. Quello di cui mi farò carico sarà un progetto per la scuola. Classe per classe, testa per testa. I giovani devono conoscere quello che è realmente accaduto: è l’unico modo per porre un argine alla violenza presente e futura. Avverto questa urgenza da senatrice ma anche da nonna ».

Nei giorni scorsi è stata sollevata nuovamente la questione dell’uso della parola razza nella Carta. Il presidente della Corte costituzionale, Paolo Grossi, ha ricordato che quella parola viene evocata proprio per condannare ogni discriminazione: si usciva allora dalla tragedia dell’Olocausto. E ha aggiunto che oggi l’uso di quel termine non ha più senso. Le piacerebbe se “razza” scomparisse dalla Costituzione?

«Sì mi piacerebbe molto. Sono anche d’accordo con il presidente Grossi che ne ha contestualizzato l’uso. Ma vedrà che la parola razza verrà cancellata dalla Carta. Sarebbe un ottimo segnale». [*]

Una mia considerazione.  La legge che insegna i ‘giochi crudeli’. 
Ho espresso la mia posizione dalla cancellazione della parola ‘razza’ dalla Costituzione, che per Liliana Segre rappresenta un obiettivo condivisibile [*] nel mio blog del 6 febbraio “Razza o non razza? Un fatto o una parola?” ma c’è un altro punto che voglio segnalare nella intervista che ho ricopiato. C’è un passaggio in cui la senatrice Segre afferma: «Contro la xenofobia non credo tanto nell’efficacia delle leggi». E’ vero non sono le leggi ad uccidere il pregiudizio ma le leggi balorde possono contribuire a crearlo.
La norma che dal 2009 vuole senza certificato di nascita i nati in Italia, figli di sans papier equivale nel suo significato al gioco crudele di cui scrive Segre [**] con l’aggravante di essere una legge approvata che quindi appartiene al consenso, convinto, tacito, indifferente di tutti noi, tanto che la protesta diventa un – per me ineliminabile – grido al vento.
Ci sono posizioni che vanno espresse per la propria dignità anche se no trovano seguito efficace.

https://rep.repubblica.it/pwa/intervista/2018/02/04/news/sparatoria_macerata_traini_liliana_segre_la_politica_semina_odio-188048125/

8 Febbraio 2018Permalink

6 febbraio 2018 – Razza o non razza? Un fatto o una parola?

Un po’ di cronaca
Mentre ricopio lentamente la bella intervista concessa a La Repubblica dalla senatrice Liliana Segre (che così, appena conclusa la trascrizione, potrò cercare di diffondere fra persone che non avessero letto La Repubblica del 5 febbraio) mi soffermo sulla speranza di cancellare la parola ‘razza’ dal testo della Costituzione che a conclusione dell’intervista la senatrice esprime.
Ha affermato: « Sì mi piacerebbe molto. Sono anche d’accordo con il presidente Grossi che ne ha contestualizzato l’uso. Ma vedrà che la parola razza verrà cancellata dalla Carta. Sarebbe un ottimo segnale».   [Cfr. Note-Link 1]
Prima di tutto chiarisco il significato del riferimento al Presidente Grossi
[Cfr. Note-Link 2]
Il 17 gennaio del 2018 il presidente della Corte Costituzionale Paolo Grossi ha parlato agli studenti dell’Educandato statale Santissima Annunziata (Fi) che gli hanno chiesto come fosse possibile “che nel 2018 si parli ancora di razza nella Costituzione”. L’incontro era stato organizzato nel quadro del “Viaggio in Italia: la Corte costituzionale nelle scuole”.

A margine del video che consente l’ascolto del Presidente Grossi troviamo questa nota:
« I primi tre articoli sono il perno di tutta la Costituzione, ma soprattutto l’articolo 3 che ci indica il superamento di una visione astratta dei diritti del cittadino e cala tutto nella sua esistenza”. Così il presidente della Corte Costituzionale Paolo Grossi agli studenti dell’Educandato statale Santissima Annunziata che gli hanno chiesto come fosse possibile “che nel 2018 si parli ancora di razza nella Costituzione”. Parlando del rapporto tra immigrati e Costituzione, Grossi ha inoltre aggiunto che “dove si tratta di diritti fondamentali dell’uomo la Corte non ha avuto esitazione nell’estendere tali diritti».

Categorie e cultura europea.                                  [Cfr. Note- 3]
Fermo restando che la razza come fatto scientificamente attribuibile alla specie umana non esiste, è ben vero che solo due dei termini riscontrabili nel comma 1 dell’art. 3 della Costituzione (sesso, lingua..) sono oggettivamente riportabili a quei fattori di pari dignità che non devono subire ostacoli che impediscano il pieno sviluppo della persona umana (comma 2 dell’art. 3)

Ma agli altri che tipo di oggettività è attribuibile?
Religione (come si identifica se non con la dichiarazione di chi l’ha scelta ed eventualmente la pratica?) Quindi è riconosciuta come parola.
Opinioni politiche. La parola con cui una persona dichiari la propria opinione (o specularmente taccia per paura del discrimine che gliene possa venire) può essere supportata da elementi simbolici (abbigliamento, bandiere …) ma in definitiva ciò che ne assicura certezza di riferimento è la parola dichiarata.
Condizioni personali o sociali. Questi sono fattori difficilmente sintetizzabili anche se si comincia a parlarne in relazione alla disabilità, alla sessualità o, forse più oggettivamente per la ‘condizione sociale’, alla dichiarazione dei redditi che, guarda caso, pur quella è parola anche se scritta e non necessariamente pronunciata.

Resta la razza di cui è stata stabilita scientificamente l’insussistenza ma costituisce pur sempre una parola significante di una categoria in cui si sommano confusamente colori, tratti somatici, provenienze geografiche … un insieme volatile e precario che, per essere di solito usato con una precisa connotazione negativa, è tenuto assieme dal collante del pregiudizio.
Quindi la identificazione tramite la razza non può logicamente riferirsi al soggetto di cui si parla ma al soggetto che parla (e faremo un salto di qualità nella vita civile riconoscendo che la pronuncia del termine – volutamente a danno o per disprezzo di qualcuno – è vergogna per chi ne fa uso).

La parola razza
Ritengo che toglierla dalla Costituzione solleciterebbe la fantasia che si avvoltola nell’ignoranza e si alimenta del pregiudizio a cercare un altro termine per affastellare stupide malignità.
L’assenza della parola potrebbe inoltre creare difficoltà a chi voglia, occuparsi storicamente, antropologicamente, socialmente del razzismo.
Come si potrebbero definire le leggi razziste (termine che giustamente si propone come sostitutivo di razziali) senza riferimenti a quella che fu la parola razza in tutta la sua pesantezza concettuale e fattuale? Come si possono identificare nuove norme razziste (pur se meno clamorosamente proclamate oggi per l’Italia delle leggi del 1938: ogni cosa ha un inizio) se non avendo ben presente ciò che si intende per razza?

Le categorie di classificazione hanno una loro oggettiva pesantezza indipendentemente dall’esistenza dell’oggetto.
Se io classifico patologie faccio riferimento alla loro descrizione riconoscibile, per esempio, nei sintomi che si possono manifestare ma che in sé non sono cose.
Se io classifico libri secondo il genere letterario (e mi costruisco lo spazio per la saggistica, per l’arte, per la scienza …) saggistica, arte o scienza che siano … non si sostituiscono oggettivamente alla realtà del libro.
Peggio ancora se ordino i libri alfabeticamente l’iniziale del cognome dell’autore – che pur appartiene a una categoria di catalogazione – non si sostituisce all’interezza del cognome e men che meno alla persona dell’autore

Concludendo
Lasciamo la parola razza dove sta e ci serva come identificativo dell’ignominia di chi la pronuncia per trovare un elemento giustificativo alla condanna della persona che vuol discriminare e siano liberi gli storici di usarne nei loro studi senza il timore che si tratti di termine improprio o sgradito.
Disgraziatamente è stato appropriato a tragedie reali che potrebbero tornare.
E qua e là sono già tornate.
E’ meglio concentrarci sul rischio del ritorno.

[NOTE-LINK]
1. Incipit dell’articolo-intervista della senatrice Segre – La Repubblica 5 febbraio 2018
https://rep.repubblica.it/pwa/intervista/2018/02/04/news/sparatoria_macerata_traini_liliana_segre_la_politica_semina_odio-188048125/

2. Colloquio Presidente Corte Costituzionale con studenti fiorentini 17 gennaio 2018
https://video.repubblica.it/edizione/firenze/grossi-presidente-corte-costituzionale-articolo-3-supera-l-orrore-delle-leggi-razziali/294697/295311

3. Art 3 Costituzione
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [cfr. XIV] e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [cfr. artt. 29 c. 2, 37 c. 1, 48 c. 1, 51 c. 1], di razza, di lingua [cfr. art. 6], di religione [cfr. artt. 8, 19], di opinioni politiche [cfr. art. 22], di condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

6 Febbraio 2018Permalink

5 febbraio 2018 – Sull’uso di facebook

Da Il sole 24 ore

È un artigiano di Torano Castello, piccolo comune del cosentino disteso sulla valle del Crati, l’autore del fotomontaggio comparso su Facebook che ritraeva Laura Boldrini con la testa insanguinata e la scritta “Sgozzata da un nigeriano inferocito, questa è la fine che deve fare così per apprezzare le usanze dei suoi amici”. È stato individuato dagli agenti del Cnaipic (Centro anticrimine informatico della Polizia) che si sono avvalsi dell’aiuto proprio di Facebook.
Fin qui i fatti.
La notizia, tuttavia, ha una portata ben più ampia del semplice fatto di cronaca. E impone una lettura tutta nuova.

Lo scenario dei social sta cambiando, per volere delle autorità, ma anche di aziende come Facebook, sempre più nel mirino per i contenuti falsi o violenti condivisi sulle piattaforme. Proprio Facebook nelle ultime settimane, o comunque da quando è scoppiato lo scandalo Russiagate, ha intensificato gli sforzi per scovare fake news e post inappropriati, con l’istituzione di veri e propri team che di occupano della verifica. Un lavoro difficile, considerando che gli utenti del social network di Mark Zuckerberg sono oltre due miliardi. Ma comunque un segnale importante, anche in vista delle prossime elezioni politiche.

Sul caso della foto della Boldrini, però, si è andati ancora oltre. Perché da quanto appreso, Facebook ha collaborato in moto fattivo all’individuazione dell’autore del post. Un po’ una prima volta, che apre a scenari futuri molto diversi da quelli a cui siamo abituati. Scenari che tirano in ballo l’identità digitale, sempre più legata a quella fisica. Oggi Facebook (ma anche Google ed altre big del web) ha gli strumenti per risalire all’identità del gestore di un account, a prescindere dal fatto che si tratti di un profilo falso. Fra i dati in possesso del colosso di Zuckerberg, per ogni profilo, ci sono indirizzo email, geolocalizzazione e sempre più spesso, numero di telefono degli utenti. Negli ultimi mesi, infatti, proprio per autenticare molti account, Facebook sta spingendo sull’aggancio di un numero di telefono al profilo. Ovviamente si tratta di dati sensibili che la società californiana custodisce nel rispetto di normative sulla privacy sempre più stringenti.
La collaborazione con le forze di polizia per l’individuazione dell’utente che ha postato per primo la foto della Boldrini con la testa insanguinata, però, ci dice che esistono casi specifici in cui la privacy passa in secondo piano. E che forse, da oggi in poi, diffondere odio e notizie false nascondendosi dietro un falso profilo non rimarrà un’azione impunita.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-02-04/ora-facebook-collabora-lotta-fake-news-e-haters-un-punto-svolta-165011.shtml?uuid=AE7UQOuD

Considerazioni mie
Sono impopolarmente convinta che, se consideriamo facebook come un mezzo per cercare informazioni nei post altrui e per comunicare ad altri le proprie (scegliendo testi di particolare interesse e/o scrivendo le proprie opinioni), si debba farne un uso adulto e rinunciare a tutto l’armamentario emotivo/sentimentale che accompagna gli scritti.
Aggiungo la pericolosa equivoca polisemia del ‘mi piace’.
Provo a pubblicare e attendo critiche con il massimo interesse

5 Febbraio 2018Permalink

4 febbraio 2018 – Trattenere la memoria oltre le esternazioni occasionali potrebbe aiutare a capire (forse)

Di fronte alla disperazione della madre di una ragazza assassinata e non solo non è possibile dire nulla anzi è doveroso tacere ma di fronte alla sottovalutazione con cui si è guardato ai problemi delle migrazioni è doveroso dire, documentare, testimoniare, ragionare.
Il diario che io mi sono costruita come mio pro-memoria mi aiuta a fare una narrazione coerente che si rifiuta all’occasionalità.
Oltre il mio senso della decenza so che probabilmente non servirà a nulla

Premessa: tutti i documenti che cito hanno un link che si trova in fondo a questo testo

Comincio da una lettera che spiega (otto mesi fa!) cui fanno seguito un articolo di pochi giorni successivo alla lettera e le esternazioni di un parlamentare europeo, votato dagli italianmi.

22 maggio 2017 – Lettera aperta al sen. Pietro Grasso, Presidente del Senato
(lettera inevasa e ignorata)

Egregio Presidente del Senato
“Chi nasce e studia qui è italiano”.
Abbiamo ascoltato con vivo apprezzamento quanto da Lei dichiarato il 20 maggio alla marcia di Milano e perciò vogliamo proporLe una nostra considerazione cominciando da una ovvietà: per diventare cittadine/i di qualsivoglia stato bisogna esistere, non solo in virtù della propria presenza fisica ma anche per il riconoscimento della propria esistenza giuridica, garantita dal certificato di nascita..
Purtroppo dal 2009, a seguito della approvazione della legge 94/2009, ci sono persone cui la lettera g del comma 22 dell’art.1 di quella legge nega il certificato di nascita. Il mezzo con cui ciò avviene non è diretto ma obliquo: l’imposizione al genitore che voglia registrare la nascita di un figlio della presentazione del permesso di soggiorno, documento di cui non dispone se migrante non comunitario irregolare. Per evitare questo vulnus di civiltà che, per essere affermato in legge tutti ci umilia, basterebbe tornare al regime precedente al 2009 nel rispetto di un diritto umano sancito anche dalla legge 176/1991, ratifica della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (1989)
Ci è noto che ora è all’attenzione della Commissione Affari Costituzionali del Senato la norma già approvata dalla Camera “Disposizioni in materia di cittadinanza” che – oltre ad agire positivamente sulla possibilità di acquisizione della cittadinanza – con il comma 3 dell’art. 2 garantirebbe, se approvata, la cancellazione della norma che condanna alcuni nuovi nati in Italia all’inesistenza.
Sperando che il Senato riesca per tempo ad approvare quella norma così conforme, ci sembra, allo spirito di quanto da Lei affermato alla marcia di Milano, Le segnaliamo con viva urgenza e preoccupazione, la proposta di un emendamento soppressivo del comma 3 dell’art. 2, firmato da esponenti appartenenti a FI-PdL, che, se approvato, manterrebbe efficace l’atroce volontà di negare l’esistenza giuridica di alcuni neonati, vanificando per costoro anche il significato della volontà da Lei espressa a Milano.
Non sia superfluo ricordare che la mancata registrazione anagrafica di neonati comporta una violazione multipla dei diritti umani, in quanto, oltre a negare il loro diritto alla registrazione al momento della nascita (art. 7 legge 176/1991), li rende particolarmente vulnerabili, esponendoli alla apolidia e a varie forme di sfruttamento e crimini, tra cui la tratta di esseri umani nelle sue varie forme.
Contiamo su di lei
#Augusta De Piero – Udine –
#Valentina Degano – Pasian di Prato (UD)
#Daniela Rosa – Udine –
#Chiara Gallo – Udine –
#Eugenia Benigni – Udine

30 maggio 2017 Cittadinanza a bambini stranieri, Pd: «Grasso fermi l’emendamento del centrodestra»

I consiglieri Dem firmano una lettera al presidente del Senato contro «un provvedimento che condanna alcuni nuovi nati in Italia all’inesistenza»
«Il riconoscimento della cittadinanza italiana ai bambini stranieri nati in Italia è un atto di civiltà. Il presidente del Senato, Grasso fermi l’emendamento del centrodestra che ci farebbe fare un netto passo indietro nel campo dei diritti». A dirlo è la consigliera regionale del Pd Silvana Cremaschi, prima firmataria di una lettera rivolta al presidente del Senato, Pietro Grasso, sottoscritta da tutta la maggioranza consiliare.
Il documento riprende l’appello inviato da un gruppo di donne attive nel campo di diritti sociali, tra cui Augusta De Piero, già vice presidente del Consiglio regionale. «Ci è noto che ora è all’attenzione della Commissione affari costituzionali del Senato – si legge nella lettera al presidente Grasso – la norma già approvata dalla Camera “Disposizioni in materia di cittadinanza” che – oltre ad agire positivamente sulla possibilità di acquisizione della cittadinanza – con il comma 3 dell’art. 2 garantirebbe, se approvata, la cancellazione della norma che condanna alcuni nuovi nati in Italia all’inesistenza».

3 febbraio 2018 Raid razzista a Macerata, Salvini: “Colpa di chi ci riempie di clandestini”.
Il ministro dell’Interno Minniti: “Nessuno pensi di farsi giustizia da solo”. Grasso: “Fermare spirale di odio e violenza”. Saviano contro il leader della Lega: “È lui mandante morale”di PIERA MATTEUCCI
ROMA – “Non vedo l’ora di andare al governo per riportare sicurezza in tutta Italia, giustizia sociale, serenità. Chiunque spari è un delinquente, a prescindere dal colore della pelle”. Matteo Salvini, leader della Lega Nord, partito per il quale l’autore della sparatoria a Macerata, Luca Traini, era candidato alle Comunali di Corridonia nel 2017, commenta così il raid contro gli immigrati. Alla condanna, però, aggiunge che “è chiaro ed evidente che un’immigrazione fuori controllo, un’invasione come quella organizzata, voluta e finanziata in questi anni, porta allo scontro sociale”.

3 febbraio 2018 – Spero che nessuno usi delle parole della mamma di Pamela per farne una parte in gioco. Non metto link

Link alla lettera del 22 maggio 2017 https://diariealtro.it/?p=5000

Link all’articolo del 30 maggio 2017
http://www.triesteprima.it/politica/cittadinanza-bambini-stranieri-pd-grasso-fermi-emendamento-centrodestra-30-maggio-2017.html

Link all’articolo del 3 febbraio 2018
http://www.repubblica.it/politica/2018/02/03/news/raid_razziale_a_macerata_salvini_chiunque_spari_e_un_delinquente_-187953469/

4 Febbraio 2018Permalink

2 febbraio 2018 – La memoria noiosa di una vecchia documentata … che sono io.

Oggi mi è successa una cosa strana

La pagina del mio blog che avevo pubblicato ieri ha cominciato ad agitarsi e a strillare.
Ho verificato. Il 2 febbraio è la vigilia del 3 dello stesso mese e il 3 sta scritto tra altri documentati ricordi:

3 febbraio 1998 – Strage del Cermis [Link 1 – collegamento alla narrazione di rai storia ]
Fino all’anno precedente facevo parte del Comitato Misto Paritetico (Co.Mi.Par.) del Friuli Venezia Giulia che esamina i problemi connessi all’armonizzazione tra i piani di assetto territoriali e i programmi militari.
Il fatto che io mi interessassi del territorio (perché quello era il mio compito nel ruolo riconosciuto dalla legge) non interessava alla regione che pur a tanto mi aveva nominata e il fatto che io non mi esibissi in strilli pacifisti in luogo delle conoscenza che cercavo di assumere non piaceva all’associazionismo pacifista che pur informavo con annuali relazioni.
Così – dopo un pubblico attacco in un convegno in cui mi trovai completamente isolata (non so più quale elezione incombeva e distorceva gli interessi sulla pubblicità) – mi dimisi: era la fine di dicembre 2017.
Un mese dopo sarebbe intervenuta la strage del Cermis.

E qui comincia la storia del Memorandum ignorato (e millantato come segreto che riporto con le parole e i link di allora, 1998 [2])

La base di Aviano nacque su di un vecchio aeroporto italiano che fu affidato agli USA, a seguito dei trattati di pace, negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale. Un ulteriore accordo tra governi, stipulato nel ’54, stabilì che gli americani fossero da considerarsi ospiti e che le responsabilità del territorio della Base, non delle operazioni di volo, appartenessero alle Forze Armate italiane. Questo accordo tra l’Italia e gli USA è in parte noto e in parte segretato.
Io ne possiedo una parte, in qualche modo “conquistata”, perché quando si cerca di ottenere questo tipo di documentazione la prima risposta è negativa: “Si tratta di segreto militare”. Alla domanda che ne consegue: “Allora mostratemi il decreto di segretazione” (il segreto infatti non è soggetto all’arbitrio, ma è tale a seguito di una decisione precisa e formalizzata), improvvisamente i muri cadono allo squillo di immaginarie trombe di Gerico e il documento emerge, almeno nella parte non segretata .
Il documento di cui dicevo è denominato “Memorandum” ed è stato più volte contrattato fra il governo degli USA e il governo italiano.
Il testo del 30 novembre 1993 afferma esplicitamente che l’ufficiale responsabile della Base, del territorio della Base e non delle operazioni di volo, che appartengono all’aeronautica militare statunitense, è il comandante italiano.
E l’edizione successiva del Memorandum (2 febbraio1995) merita di essere letta anche per chi volesse ragionare sulla strage del Cermis. Apro una parentesi: per avere il testo di questo Memorandum i giudici di Trento sono dovuti andare fino a Roma; dopo di che – si è letto – avrebbero incriminato anche il comandante italiano della Base. Non conosco i capi d’accusa, però ritengo che, se ci sono, possano fondarsi sul testo che ora vi leggo, invitandovi a ricordare quanto ho detto precedentemente sulle competenze non solo delle Forze Armate, ma anche della Regione e dei sindaci nell’espressione di determinati pareri.

Dunque l’edizione del Memorandum del 2 febbraio 1995 precisa:
“L’installazione è posta sotto il Comando italiano. Le funzioni di tale Comando, che sono esercitate da un Ufficiale italiano, variano a seconda che l’installazione sia utilizzata congiuntamente o esclusivamente dalle Forze Armate degli USA. Il Comandante italiano ha piena giurisdizione sul sedime, sulle infrastrutture su di esso esistenti, su tutto il personale italiano militare e civile – assegnato a qualsiasi titolo all’installazione – e sull’equipaggiamento e i materiali nazionali […]. Il Comandante USA esercita il comando pieno sul personale, l’equipaggiamento e le operazioni statunitensi. Egli deve preventivamente informare il comandante italiano in merito a tutte le attività USA di rilievo, con particolare riferimento all’attività operativa e addestrativa, ai movimenti di materiali, armamenti, personale militare e civile, nonché agli avvenimenti o inconvenienti che dovessero verificarsi. Analogamente il Comandante italiano tiene informato il Comandante USA su tutte le attività nazionali di rilievo. Nel caso ritenga che le attività USA non rispettino le leggi italiane vigenti, il Comandante italiano informerà il Comandante USA e si rivolgerà immediatamente alle autorità italiane superiori per un parere. Le divergenze fra i Comandanti, in merito all’opportunità di intraprendere una particolare operazione, che non possono essere risolte localmente, saranno prontamente sottoposte alle rispettive Superiori Autorità…”.

Quindi il riferimento ai rispettivi Governi, o ai Ministeri della Difesa dei rispettivi Governi, non è un capriccio o una garanzia offerta in termini generici, ma è obbligatorio: quando i problemi non possono essere risolti in sede locale, i due Comandanti devono rivolgersi uno al Ministero della Difesa italiano, l’altro al Ministero della Difesa statunitense. Ancora una volta dobbiamo rilevare che non ci stiamo aggirando oscuramente nel quadro di un mistero imperscrutabile, ma esistono procedure che hanno il loro iter, che hanno i loro responsabili, e, nel caso specifico, ci sono anche persone tenute ad esprimere un parere su cui dovrebbe essere adeguatamente informata l’opinione pubblica. Anche in questa materia è possibile quindi identificare responsabilmente funzioni e referenti.
Viceversa nella conduzione della Base, almeno per gli aspetti di competenza del CoMiPar, c’è stata una strana collusione fra il responsabile americano e quello italiano. Non sto evidentemente parlando del problema dell’esistenza della Base. Credo che ragionare solo in termini di “Base sì, Base no, qui ed ora” sia improponibile e forse privo di efficacia, perché non mette in discussione il ruolo che gli USA possono esercitare nella politica europea. E’ già accaduto che, a fronte di proteste per la presenza della Base, gli americani abbiano proclamato che se ne sarebbero andati in Ungheria, dove ritenevano di poter avere migliore accoglienza.
In sostanza a chi tenta di dire la propria opinione sulla realtà del territorio in cui vive, i militari americani ricordano che la libertà di espressione del pensiero e della parola, quando si traduce in decisioni conseguenti, dà loro fastidio, irrita e disturba.

LINK
[1 http://raistoria.rai.it/articoli/tragedia-sul-monte-cermis/11985/default.aspx
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[2 link d’epoca – con gli ultimi 2 si arriva al testo del Memorandum]
https://www.google.it/search?q=http%3A%2F%2Fwww.bbc.com%2F&rls=com.microsoft:it-IT:IE-SearchBox&ie=UTF-8&oe=UTF-8&sourceid=ie7&gfe_rd=cr&ei=U53OVtChEZLF8AeUjbOYBw&gws_rd=ssl#q=CERMIS+1998+CORRIERE

https://it.wikipedia.org/wiki/Incidente_della_funivia_del_Cermis
http://www.repubblica.it/online/dossier/basi/tre/tre.html
http://www.repubblica.it/online/dossier/basi/trattato/trattato.html
http://www.repubblica.it/online/speciale/shell/uno/uno.html

2 Febbraio 2018Permalink

1 febbraio 2018 – Calendario

.1 febbraio 1876 – Gli USA dichiararono guerra ai Sioux.
……………………………..Massacro di Wounded Knee.
.1 febbraio 1945 – Decreto Legislativo Luogotenenziale 1 febbraio 1945, n. 23 –
………………………………Diritto di voto alle donne. Entrata in vigore 2 febbraio 1945
.1 febbraio 1979 – L’ayatollah Khomeini torna in Iran dopo l’esilio
.2 febbraio 2017 – Muore Predrag Matvejevic
.3 febbraio 1985 – Sudafrica. Desmond Tutu è il primo vescovo anglicano nero.
.3 febbraio 1998 – Strage del Cermis
.3 febbraio 2016 – Ritrovamento della salma di Giulio Regeni
.4 febbraio 1913 – Nasce Rosa Parks
.4 febbraio 1945 – Si apre a Yalta la Conferenza tra Roosvelt, Churchill e Stalin
.4 febbraio 1906 – Nasce Dietrich Bonhoeffer
.5 febbraio  62    – Terremoto di Pompei
.5 febbraio 1848 – Processo a Marx ed Engels per attività sovversiva
.6 febbraio 1992 – Muore David Maria Turoldo
.6 febbraio             Giornata mondiale contro le Mutilazioni Genitali Femminili
.7 febbraio 1986 – Il dittatore Marcos fugge dalla Filippine, Duvalier da Haiti
10 febbraio            “Giorno del ricordo” – vittime delle foibe (legge 92/2004)
10 febbraio 1990 – Sud Africa: De Klerk annuncia la liberazione di Mandela
11 febbraio 1929 – Firma dei Patti Lateranensi
11 febbraio 2011 – Egitto, dimissioni di Mubarak
12 febbraio 1938 – Anschluss, le truppe tedesche entrano in Austria
15 febbraio 1945 – Aerei USA bombardano Dresda
15 febbraio 1967 – Uccisione Camillo Torres
17 febbraio 1600 – Roma – Rogo di Giordano Bruno, condannato per eresia
17 febbraio 1848 – Lettere Patenti, decreto con cui il re Carlo Alberto, concedeva i
………………………… diritti civili ai valdesi e, successivamente, agli ebrei.
18 febbraio 1564 – Morte di Michelangelo
18 febbraio 1943 – Monaco – arresto fratelli Scholl e altri membri della Rosa Bianca
18 febbraio 1984 – Firma del Nuovo Concordato fra Italia e Santa Sede
18 febbraio  2018 – Muore Giacometta Limentani
19 febbraio 1937 – Strage italiana in Etiopia – Giorno dei martiri etiopici *
……………………………… (Nota  e link in calce)
19 febbraio 2016 – Morte di Umberto Eco
20 febbraio 1958 – Approvazione della legge Merlin
20 febbraio 2016 – Muore Fernando Cardenal
21 febbraio 2015 – Caduta governo Letta
21 febbraio 1965 – A New York viene ucciso Malcom X
22 febbraio 1943 – Esecuzione capitale dei membri della ‘rosa bianca’
23 febbraio 1903 – Cuba affitta ‘in perpetuo’ agli USA la baia di Guantanamo
24 febbraio 1990 – Morte di Sandro Pertini
25 febbraio 2014 – Fiducia al governo Renzi – Ieri al senato oggi alla camera
25 febbraio 2018 – Chiusura Santo Sepolcro
26 febbraio 1991 – Si scioglie il patto di Varsavia
27 febbraio 1933 – Incendio del Reichstag
28 febbraio 1986 – Assassinio del primo ministro svedese Olaf Palme
28 febbraio 2013 – Abdicazione papa Benedetto XVI
28 febbraio 2018 – Inizio Purim 5778 – digiuno di Ester
28 febbraio 2018 – Riapertura Santo Sepolcro

* NOTA:
A seguito di un attentato al maresciallo Graziani le truppe italiane in Etiopia perpetrarono una delle tante stragi che caratterizzarono quella occupazione. Per qualche informazione:
http://anpi.it/media/uploads/patria/2006/6/09-13_DE_PAOLIS.pdf
http://www.rastafari-regna.com/sezioni/giornomartiri2010.html

1 Febbraio 2018Permalink

27 gennaio 2018 – Intervento del Presidente Mattarella in occasione del Giorno della Memoria

Premessa: Il grassetto nel testo che segue è mio perché in quelle parole riconosco la chiave più stringente per collegare una memoria storica correttamente e puntualmente  evocata al presente della nostra legislazione, alla norma razzista che ci predispone ad altri futuri e forse già consumanti crimini, norma passivamente accettata dall’opinione pubblica e che i governi, con il sostegno di parlamenti ondeggianti fra il razzismo e l’indifferenza, si portano dietro dal 2009.
Si tratta della lettera g del comma 22 dell’art. 1 della legge 94/2009 che il governo in carica ha ereditato e trasferirà, nella fermezza della vergogna condivisa, alla XVIII legislatura per mantenere la categoria di chi nasce in Italia ma non ha diritto al certificato di nascita.
Come ha detto il presidente Mattarella “Tutti i sentimenti erano brutalmente proibiti, tranne quello della paura” e io aggiungo “in qualche caso ci siamo di nuovo”..

Palazzo del Quirinale 25/01/2018

Rivolgo un saluto ai presidenti del Senato, della Camera dei Deputati e della Corte costituzionale, ai membri del governo, a tutti i presenti, a coloro che ci ascoltano attraverso la tv.
Un saluto particolare ai superstiti dei campi di sterminio, alla senatrice Segre, ai ragazzi.

Il 27 gennaio del 1945 le truppe russe varcavano i cancelli di Auschwitz, spalancando, davanti al mondo attonito, le porte dell’abisso.
Quei corpi ammassati, i volti dei pochi sopravvissuti dallo sguardo spento e atterrito, i resti delle baracche, delle camere a gas, dei forni crematori erano il simbolo estremo della scellerata ideologia nazista.
Un virus letale – quello del razzismo omicida – era esploso al centro dell’Europa, contagiando nazioni e popoli fino a pochi anni prima emblema della civiltà, del progresso, dell’arte. Auschwitz era il frutto più emblematico di questa perversione.
Ancora oggi ciò che ci interroga e sgomenta maggiormente, di un mare di violenza e di abominio, sono la metodicità ossessiva, l’odio razziale divenuto sistema, la macchina lugubre e solerte degli apparati di sterminio di massa, sostenuta da una complessa organizzazione che estendeva i suoi gangli nella società tedesca.
Il cammino dell’umanità è purtroppo costellato di stragi, uccisioni, genocidi.
Tutte le vittime dell’odio sono uguali e meritano uguale rispetto. Ma la Shoah – per la sua micidiale combinazione di delirio razzista, volontà di sterminio, pianificazione burocratica, efficienza criminale – resta unica nella storia d’Europa.
Come fu possibile che anziani, donne, bambini anche di pochi mesi, stremati dalle lunghe persecuzioni, potessero essere sistematicamente eliminati, perché considerati pericolosi nemici? Che fine aveva fatto tra gli ufficiali di un esercito prestigioso, dalle grandi tradizioni, il senso dell’onore, quello per cui, quanto meno, non si uccidono gli inermi? Dove era finito il sentimento più elementare di umanità e di pietà di una nazione, evoluta e sviluppata, di fronte alle moltitudini di innocenti avviati, con zelo e nella generale indifferenza, verso le camere a gas?
Migliaia di cittadini, i “volenterosi carnefici di Hitler”, come li ha definiti lo storico Goldhagen, cooperavano alla distruzione degli ebrei.

Con questo consenso il nazismo riuscì a sterminare milioni di ebrei, di oppositori politici e di altri gruppi sociali – gitani, omosessuali, testimoni di Geova, disabili – considerati inferiori e ritenuti un ostacolo per il progresso della nazione.
Saluto e ringrazio per la loro presenza il presidente della Federazione dei Rom e Sinti, il presidente dell’Associazione deportati politici. Saluto anche il presidente degli internati militari: 800 mila soldati che, per il rifiuto di collaborare con i nazisti e di arruolarsi sotto le insegne di Salò, patirono privazioni, persecuzioni e violenze.
Da Liliana Segre e Pietro Terracina abbiamo sentito poc’anzi il racconto diretto, sconvolgente e inestimabile, dell’inferno dei campi, avvertendo la stessa emozione provata, nei giorni scorsi, ascoltando le parole, anch’esse essenziali e penetranti, di Sami Modiano. Agli internati venivano negati il nome, gli affetti, la memoria e il futuro, il diritto a essere persone.

Tutti i sentimenti erano brutalmente proibiti, tranne quello della paura.
Si possono uccidere, a freddo, senza remore, sei milioni di individui inermi se si nega non soltanto la loro appartenenza al genere umano ma la loro stessa esistenza. Soltanto per effetto di questa insana distorsione essi possono essere trasformati – con un progressivo e violento processo di spoliazione – da persone, titolari di diritti, in oggetti di freddi elenchi, in numeri, come quelli che i sopravvissuti ai campi di sterminio – che saluto tutti ancora – portano indelebilmente segnati sul proprio corpo.

Anche in Italia questo folle e scellerato processo di riduzione delle persone in oggetti fu attuato con consapevolezza e determinazione. Sul territorio nazionale, è vero, il regime fascista non fece costruire camere a gas e forni crematori. Ma, dopo l’8 settembre, il governo di Salò collaborò attivamente alla cattura degli ebrei che si trovavano in Italia e alla loro deportazione verso l’annientamento fisico.
Le misure persecutorie messe in atto con le leggi razziali del 1938, la schedatura e la concentrazione nei campi di lavoro favorirono enormemente l’ignobile lavoro dei carnefici delle SS.
Le leggi razziali – che, oggi, molti studiosi preferiscono chiamare “leggi razziste”- rappresentano un capitolo buio, una macchia indelebile, una pagina infamante della nostra storia.
Ideate e scritte di pugno da Mussolini, trovarono a tutti i livelli delle istituzioni, della politica, della cultura e della società italiana connivenze, complicità, turpi convenienze, indifferenza. Quella stessa indifferenza, come ha sovente sottolineato la senatrice Segre, che rappresenta l’atteggiamento più insidioso e gravido di pericoli.
Con la normativa sulla razza si rivela al massimo grado il carattere disumano del regime fascista e si manifesta il distacco definitivo della monarchia dai valori del Risorgimento e dello Statuto liberale.
Una donna forte e coraggiosa, Ernesta Bittanti, vedova dell’eroe trentino Cesare Battisti, commentava così nel suo diario quei giorni cupi e di dolore: «Io porto tutto il peso di queste sventure nel mio cuore (…) peso che mi viene dal ruinare di questa nostra povera Italia nell’abisso della barbarie spirituale. Da cui certo si riavrà un giorno!».
Lo Stato italiano del ventennio espelleva dal consesso civile una parte dei suoi cittadini, venendo meno al suo compito fondamentale, quello di rappresentare e difendere tutti gli italiani.
Dopo aver soppresso i partiti, ridotto al silenzio gli oppositori e sottomesso la stampa, svuotato ogni ordinamento dagli elementi di democrazia, il Fascismo mostrava ulteriormente il suo volto: alla conquista del cosiddetto impero accompagna l’introduzione di norme di discriminazione e persecuzione razziale, che si manifesta già nell’aprile del 1937, con il regio decreto legge volto a punire i rapporti tra cittadini italiani e quelli definiti sudditi dell’Africa orientale italiana, per evitare che venisse inquinata la razza.
Alla metà del 1938, con le leggi antiebraiche, rivolgeva il suo odio cieco contro una minoranza di italiani, attivi nella cultura, nell’arte, nelle professioni, nell’economia, nella vita sociale. Molti, venti anni prima, avevano servito con onore la Patria – come ufficiali, come soldati – nella grande guerra.
Ma la persecuzione, da sola, non fu ritenuta sufficiente. Occorreva tentare di darle una base giuridica, una giustificazione ideologica, delle argomentazioni pseudo-scientifiche. Vennero cercati – e, purtroppo, si trovarono – intellettuali, antropologi, medici, giuristi e storici compiacenti. Nacque Il Manifesto della Razza. Letto oggi potrebbe far persino sorridere, per la mole di stoltezze, banalità e falsità contenute, se sorridere si potesse su una tragedia così immane.
Eppure questo Manifesto, dalle basi così vacue e fallaci, costituì una pietra miliare della giurisprudenza del regime; e un nuovo “dogma” per moltissimi italiani, già assoggettati alla granitica logica del credere, obbedire, combattere.
La penna propagandistica, efficace nel suo cinismo, coniò lo slogan con il quale intendeva rassicurare gli italiani e il mondo, nel tentativo di prendere, apparentemente, le distanze dall’antisemitismo nazista: “Discriminare – disse Mussolini – non significa perseguitare”.
Ma cacciare i bambini dalle scuole, espellere gli ebrei dall’amministrazione statale, proibire loro il lavoro intellettuale, confiscare i beni e le attività commerciali, cancellare i nomi ebraici dai libri, dalle targhe e persino dagli elenchi del telefono e dai necrologi sui giornali costituiva una persecuzione della peggiore specie. Gli ebrei in Italia erano, di fatto, condannati alla segregazione, all’isolamento, all’oblio civile. In molti casi, tutto questo rappresentò la premessa dell’eliminazione fisica.
Sorprende sentir dire, ancora oggi, da qualche parte, che il Fascismo ebbe alcuni meriti, ma fece due gravi errori: le leggi razziali e l’entrata in guerra. Si tratta di un’affermazione gravemente sbagliata e inaccettabile, da respingere con determinazione. Perché razzismo e guerra non furono deviazioni o episodi rispetto al suo modo di pensare, ma diretta e inevitabile conseguenza. Volontà di dominio e di conquista, esaltazione della violenza, retorica bellicistica, sopraffazione e autoritarismo, supremazia razziale, intervento in guerra contro uno schieramento che sembrava prossimo alla sconfitta, furono diverse facce dello stesso prisma.
Abbiamo, in questo giorno della Memoria, ascoltato testimonianze coinvolgenti dei sopravvissuti. Nelle loro parole si avverte la forza e il fascino della loro vita ritrovata, della loro volontà di vivere con pienezza ma, al contempo, ci si rende conto dell’immenso patrimonio di presenze e di protagonismi che ci avrebbe assicurato la vita di coloro che sono stati trucidati nei lager e che quella programmata violenza omicida ci ha sottratto.
Dalla professoressa Foa, dalla presidente Di Segni, dalla ministra Fedeli abbiamo sentito discorsi netti e lungimiranti: le ringrazio molto. Abbiamo rivissuto, attraverso le voci incisive di Remo Girone e Victoria Zinny, momenti drammatici della nostra storia di allora.
Siamo stati affascinati dalle canzoni, commoventi e piene di speranza di Noa, messaggera di pace e di bellezza. Grande amica dell’Italia, venuta appositamente da Israele per condividere con noi il Giorno della Memoria e renderlo ancora più ricco di intensità. La ringrazio di cuore, con stima e amicizia.

Abbiamo incontrato anche i giovani appena tornati dall’esperienza, sconvolgente ma formativa, del viaggio ad Auschwitz. A loro viene affidato il compito di custodire e tramandare la Memoria, perché non si attenui e non si smarrisca mai, per non rischiare di provocare nuovi lutti e nuove tragedie.
Focolai di odio, di intolleranza, di razzismo, di antisemitismo sono infatti presenti nelle nostre società e in tante parti del mondo. Non vanno accreditati di un peso maggiore di quel che hanno: il nostro Paese, e l’Unione Europea, hanno gli anticorpi necessari per combatterli; ma sarebbe un errore capitale minimizzarne la pericolosità.
I cambiamenti rapidi e sconvolgenti che la globalizzazione comporta – le grandi migrazioni, i timori per lo smarrimento della propria identità, la paura di un futuro dai contorni incerti – possono far riemergere dalle tenebre del passato fantasmi, sentimenti, parole d’ordine, tentazioni semplificatrici, scorciatoie pericolose e nocive.
La predicazione dell’odio viene amplificata e propagata dai nuovi mezzi di comunicazione. La tecnologia e la scienza offrono grandi opportunità ma, come sempre, se non correttamente utilizzate, possono rendere disponibili strumenti sofisticati nelle mani di vecchi e nuovi profeti di morte.
Contro queste minacce, contro il terrorismo, contro il razzismo e la violenza dell’intolleranza serve cooperazione internazionale, servono coraggio e determinazione. E’ necessario, soprattutto, consolidare quegli ideali di democrazia, libertà, tolleranza, pace, eguaglianza, serena convivenza, sui quali abbiamo riedificato l’Europa dalle macerie della seconda guerra mondiale.
Le leggi razziali in Italia erano entrate in vigore nell’autunno del 1938.
Il 1 gennaio del 1948, dopo neppure dieci anni, la Costituzione Italiana sanciva solennemente che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Di mezzo, vi era stata la cesura della guerra. Una guerra terribile, che aveva sparso morte e devastazione su larga parte del mondo. E che aveva aperto gli occhi del mondo sulla follia portatrice di morte del nazismo e del fascismo.

La Memoria, custodita e tramandata, è un antidoto indispensabile contro i fantasmi del passato.
La Repubblica Italiana, nata dalla Resistenza, si è definita e sviluppata in totale contrapposizione al fascismo.
La nostra Costituzione ne rappresenta, per i valori che proclama e per gli ordinamenti che disegna, l’antitesi più netta.
L’indicazione delle discriminazioni da rifiutare e respingere, al suo articolo 3, rappresenta un monito. Il presente ci indica che di questo monito vi era e vi è tuttora bisogno.
Egualmente credo che tutti gli italiani abbiano il dovere, oggi, di riconoscere che un crimine turpe e inaccettabile è stato commesso, con l’approvazione delle leggi razziali, nei confronti dei nostri concittadini ebrei.
La Repubblica italiana, proprio perché forte e radicata nella democrazia, non ha timore di fare i conti con la storia d’Italia, non dimenticando né nascondendo quanto di terribile e di inumano è stato commesso nel nostro Paese, con la complicità di organismi dello Stato, di intellettuali, giuristi, magistrati, cittadini, asserviti a una ideologia nemica dell’uomo.
La Repubblica e la sua Costituzione sono il baluardo perché tutto questo non possa mai più avvenire.
Vi ringrazio.

Ho trascritto il testo dal  sito del senato dove è possibile anche raggiungere il video
http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Video&key=2527&vKey=2262&fVideo=7

27 Gennaio 2018Permalink

20 gennaio 2018 – Liliana Segre nominata senatrice a vita: “E’ stato un fulmine, sono solo un araldo”

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha nominato Senatrice a vita, ai sensi dell’articolo 59, secondo comma, della Costituzione, la dottoressa Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, per avere dato lustro alla Patria con altissimi meriti nel campo sociale.
Il decreto è stato controfirmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Paolo Gentiloni.
Il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, Consigliere Ugo Zampetti provvederà alla consegna al Presidente del Senato della Repubblica, Pietro Grasso, del decreto di nomina.
Il Presidente della Repubblica ha informato telefonicamente la neo Senatrice a vita della nomina. (fonte ANSA [1])

Il presidente del consiglio, Gentiloni ha dichiarato: ‘Indicherà il valore della memoria’
Quale memoria?
Liliana Segre ha usato una parola importantissima e illuminante: “Sono solo un araldo”
Nel Medioevo l’araldo era un pubblico ufficiale addetto alle corti dei sovrani o agli ordini cavallereschi, con mansioni di maestro delle cerimonie e di rappresentante del sovrano o del feudatario, ed anche con uffici militari o incarichi di fiducia presso i sovrani esteri.
I dizionari ci ricordano che si tratta di un messaggero che estensivamente può dirsi promotore o sostenitore di un movimento ideale.

Icasticamente lo scrittore uruguayano Eduardo Galeano ha chiarito “ Quando é viva davvero la memoria non contempla la storia, ma spinge a farla. <…> Come noi… è piena di contraddizioni … non è nata per servirci da ancoraggio. La sua vocazione sarebbe piuttosto di farci da catapulta”.

La presenza di Liliana Segre – condannata bambina come tanti, persone di ogni età, distrutti nei lager non per ciò che avessero fatto o sconsideratamente detto ma per ciò che erano– ci impone il ricordo delle leggi razziali – volute da Benito Mussolini , firmate da un re la cui salma è stata incomprensibilmente trasferita in Italia.
Il presidente della Repubblica ha dichiarato di averla nominata senatrice a vita per “aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale”. E le parole della signora Segre ci spiegano il significato di quel ‘campo sociale’. “Non posso darmi altra importanza – dice – che quella di essere un araldo, una persona che racconta ciò di cui è stata testimone”.
Quindi il senso dell’impegno di Liliana Segre è fondamentalmente un fatto culturale.

In parallelo ricordiamo che le leggi razziali del 1938 ebbero come primo motore il Manifesto degli scienziati razzisti [2]. Ne seguì la Dichiarazione sulla razza, approvata da Gran consiglio del fascismo il 6 ottobre 1938 e pubblicata sul “Foglio d’ordine” del Partito nazionale fascista il 26 ottobre 1938. (Fonte di questi documenti e delle leggi un sito governativo che le elenca e fornisce un link [3])
E ricordiamo ancora che il primo decreto fu approvato allora in modo da impedire l’ingresso nelle scuole italiane di studenti e insegnanti [4].
Solo più tardi fu approvato il decreto organico che merita di essere visitato ampiamente [5].
Mi limito a un punto che mi sembra pertinente:
Diceva l’art. 8 del Regio Decreto Legge  17 novembre 1938 – XVII, n. 1728
Art. 8 Agli effetti di legge:
a) è di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se appartenga a religione diversa da quella ebraica;
b) è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di cui uno di razza ebraica e l’altro di nazionalità straniera;
c) è considerato di razza ebraica colui che è nato da madre di razza ebraica qualora sia ignoto il padre;
d) è considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, appartenga alla religione ebraica, o sia, comunque, iscritto ad una comunità israelitica, ovvero abbia fatto, in qualsiasi altro modo, manifestazioni di ebraismo.

Nel 2009 si è approvata una legge che, non con la spudoratezza aperta e chiara della norma del 1938 (che pur gli italiani accettarono), ma con formula subdola, ambigua e vigliacca (che a chi la contrasti non impone i rischi di coloro che nel 1938 subirono senza consentire) afferma doversi presentare il permesso di soggiorno per registrare le dichiarazioni di matrimonio e di nascita e quindi, nel momento in cui si afferma un diritto umano proprio e dei propri figli, ci si esponga all’espulsione prevista dalla stessa norma per gli irregolari (detti clandestini con vulgata che il pregiudizio spiega ma l’ignoranza non giustifica) [6].
Due anni dopo (2011) la Corte Costituzionale con sentenza n. 245 stabilì che non si dovesse presentare il permesso di soggiorno in previsione di matrimonio e il codice civile che era stato modificato fu rimodificato.
Nulla fu fatto per i neonati, capri espiatori da offrire all’idolatria di cui è profeta la Lega Nord che, con un accorto, abile, costante lavoro ha corrotto la coscienza di molti italiani [7]

Oggi Liliana Segre entra in Senato in una situazione paradossale.
Il comma 3 dell’art. 2 della proposta sulle “Disposizioni in materia di cittadinanza” (cd ius soli) proponeva una norma che, se approvata, avrebbe consentito il superamento della condanna a norma razzista emanata otto anni prima. [8]
Le Disposizioni non sono state approvate e quindi lavoro, aspettative di chi credeva all’impegno preso anche dal presidente del senato di facilitare l’accesso alla cittadinanza per chi ne facesse richiesta, tutto è andato cancellato e insieme è andata vanificata la norma che avrebbe corretto l’infamia del 2009.
Resta e resterà fermo solo l’articolo che dal 2009 si fa beffa del dovere di assicurare il certificato di nascita ai propri figli, usando i piccoli nati in Italia da non comunitari senza permesso di soggiorno per creare paura e favorire il nascondimento che renda quei nuovi nati legalmente inesistenti.
Suggerisco la lettura del cap. 3.1 del 3° Rapporto Supplementare alle Nazioni Unite sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, anno 2016-2017, presentato dal gruppo CRC Convention on the Rights of the Child [9]
Contro la richiesta da anni reiterata del gruppo CRC la norma, voluta da Maroni con il conforto del quarto governo Berlusconi, è stata mantenuta dal pregiudizio dominante anche in parlamento e dalla paciosa indifferenza dei governi Monti, Letta, Renzi .
Ora Il presidente Gentiloni la traghetterà a chi gli sarà successore nella XVIII legislatura.
Questo è il senato in cui entra la senatrice Segre.

NOTE:
[1] http://www.governo.it/sites/governo.it/files/leggi_antiebraiche_38_43.pdf
e anche
Centro di documentazione ebraica contemporanea –CDEC http://www.cdec.it/home2_2.asp?idtesto=185&idtesto1=558&son=1&figlio=877&level=2
[2] http://www.cdec.it/dsca/Manif.htm
[3] http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2018/01/19/mattarella-nomina-liliana-segre-senatrice-a-vita-_fc751e24-d8ba-4f12-beab-afb6887040ee.html
[4] Regio Decreto Legge 5 settembre 1938, n. 1390, Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista
http://www.cdec.it/home2_2.asp?idtesto=185&idtesto1=643&son=1&figlio=558&level=6
[5] REGIO DECRETO – LEGGE 17 novembre 1938 – XVII, n. 1728
http://www.cdec.it/home2_2.asp?idtesto=185&idtesto1=564&son=1&figlio=558&level=7 [6] http://www.altalex.com/documents/leggi/2012/04/18/pacchetto-sicurezza-introdotto-il-reato-di-immigrazione-clandestina
[7] https://diariealtro.it/?p=5485
Dal mio blog del 5 gennaio: La crudeltà stupida che appaga e paga
[8] lettera g, del comma 22 dell’art. 1 della legge 94 2009
http://www.altalex.com/documents/leggi/2012/04/18/pacchetto-sicurezza-introdotto-il-reato-di-immigrazione-clandestina
[9] Ho dovuto cancellare il link perché introduce una pagina impropria.
Ci si arriva attraverso il sito ASGI
https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2017/12/Rapporto-CRC-3-Basso-per-sito-pdf.pdf

 

20 Gennaio 2018Permalink

17 gennaio 2018 – Fra ONU e Regione spuntano i bambini-persona

Una proposta di legge del Friuli Venezia Giulia
Mentre mi apprestavo a pubblicare nel blog la nota che segue ho avuto dalla Consigliera regionale Silvana Cremaschi la notizia del deposito della la proposta di legge “Crescere in Friuli Venezia Giulia: Armonizzazione delle politiche regionali per il benessere dei bambini e degli adolescenti”
Noto con piacere la conformità della norma al linguaggio del Comitato ONU, un segno di presa di distanza da terminologia arcaiche e dolciastre che ancora sono care a molti.

Dopo una immediata lettura frettolosa (ma sarà un testo di cui seguire l’iter sperando che l’approvazione intervenga in tempo prima delle elezioni) propongo una sola nota.
Il comma 3 dell’art. 2 alla lettera f recita “assicura il diritto delle giovani generazioni a essere informate e dotate di adeguati strumenti di conoscenza della realtà e a esprimere la propria cultura;”
A me sembrerebbe preferibile un richiamo alle persone interessate piuttosto che alle “generazioni” e mi piacerebbe che al diritto all’espressione “della propria cultura” venisse unito il diritto alla pronuncia delle proprie opinioni.
Ma queste sono quisquilie rispetto agli indirizzi proposti che aprono strade importanti nelle politiche di riferimento.

La prossima legislatura sarà capace di raccogliere le raccomandazioni che seguono e farne norme di civiltà?.

Il gruppo CRC (www.gruppocrc.net) nel mese di dicembre dello scorso anno ha presentato il 3° Rapporto Supplementare alle Nazioni Unite sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza in Italia, alla cui redazione hanno contribuito 144 operatori delle 96 associazioni del network.

Il gruppo CRC (Convention on the rights of the Child, Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza) è un network attualmente composto da 91 soggetti del Terzo Settore che da tempo si occupano attivamente della promozione e tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ed è coordinato da Save the Children Italia.
Il Gruppo si è costituito nel dicembre 2000 con l’obiettivo prioritario di preparare il Rapporto sull’attuazione della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza in Italia, supplementare a quello presentato dal Governo italiano, da sottoporre al Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza presso l’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite.

Da anni ne riporto una particolare raccomandazione che subito trascriverò anche se ci troviamo in una situazione ridicola. Infatti il Gruppo pubblicava nel proprio sito il 3o Rapporto , raccomandando l’approvazione dell’impegno “sul diritto di tutti i bambini a essere registrati alla nascita, indipendentemente dall’estrazione sociale ed etnica e dallo status soggiornante dei genitori” , mentre il Senato di apprestava ad affossare la proposta di legge (lo scempio sarebbe avvenuto il 23 dello stesso mese con la chiusura dell’attività parlamentare).
Il comma 3 dell’articolo 2, che avrebbe soddisfatto la raccomandazione del Gruppo e del Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza presso l’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, finirà nel nulla quando la conclusione della legislatura segnerà la scomparse di tutto ciò che, pur elaborato nella legislatura, non rappresenta una legge approvata.
Resterà, ferma, inamovibile, approvata al tempo del quarto governo Berlusconi, tutelata da tre governi e ora traghettata dal governo Gentiloni alla prossima legislatura, solo la norma che le raccomandazioni di cui copierò in calce il testo chiedono di abrogare da anni.

Raccomandazione del Comitato ONU (Capitolo 3.1)
29. Il Comitato, richiamando l’accettazione da parte dello Stato Italiano della raccomandazione n. 40 dell’Universal Periodic Review, al fine di attuare la Legge 5 febbraio 1992 n. 91 sulla cittadinanza italiana, in modo da preservare i diritti di tutti i minorenni che vivono sul territorio nazionale, raccomanda all’Italia:
a) di assicurare che l’impegno sia onorato tramite la legge e di facilitarlo nella pratica in relazione alla registrazione alla nascita di tutti i bambini nati e cresciuti in Italia;
b) di intraprendere una campagna di sensibiliz¬zazione sul diritto di tutti i bambini a esse¬re registrati alla nascita, indipendentemente dall’estrazione sociale ed etnica e dallo status soggiornante dei genitori;
c) di facilitare l’accesso alla cittadinanza per i bambini che potrebbero altrimenti essere apolidi.

Raccomandazione del Gruppo CRC
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Parlamento, alla luce dell’urgenza di ottenere una riforma che faciliti l’ac¬quisto della cittadinanza italiana per i minorenni di origine straniera, di ap¬provare in via definitiva, prima della fine dell’attuale Legislatura, il disegno di legge S. 2092 – “Modifiche alla leg¬ge 5 febbraio 1992 n. 91 e altre dispo¬sizioni in materia di cittadinanza” – già approvato in prima lettura alla Camera nel 2015;
2. Al Parlamento di legiferare in modo da garantire il diritto alla registrazione per tutti i minorenni nati in Italia, in¬dipendentemente dalla situazione am¬ministrativa dei genitori, adeguando in tal senso l’ordinamento interno.

17 Gennaio 2018Permalink

15 gennaio 2018 – Il nemico contro cui gli italici eroi possono lottare è sempre lì: il neonato a discrimine di razza

Una verifica importante
Da molti anni vado segnalando la sentenza della Corte Costituzionale (245/2011) che ha annullato la necessità di presentazione del permesso di soggiorno per la celebrazione dei matrimoni.
Il caso riportato è esemplare: La coppia ‘mista’ si è potuta sposare ma, fuori di quel momento garantito, il posto di ‘lui’ –irregolare – era il CIE.
E così è stato in attesa di una soluzione migliore della situazione di cui dice anche l’articolo che ricopio.
Ricordo che gli unici atti di stato civile per cui sussiste ancora la necessità di presentazione del permesso di soggiorno sono le registrazioni delle dichiarazioni di nascita.
Se sapessi far musico costruirei un inno ad Erode da proporre co me inno nazionale.
Credo avrebbe successo in particolare in questo intollerabile clima già elettorale

Brindisi, migrante si sposa ma non ha il permesso di soggiorno: lascia la moglie da sola e torna al Cie
La sposa campana e i parenti hanno festeggiato senza l’uomo, che è dovuto rientrare nel centro di Restinco. Ora il 40enne, nato in India, potrà chiedere un permesso di soggiorno per motivi di famiglia di CENZIO DI ZANNI
L’amore vince su tutto e questo, Jasvir e Gelsomina, lo sanno bene. Anche sui muri di un Centro di identificazione ed espulsione per migranti come quello di Restinco, alla periferia di Brindisi. Anche sulla burocrazia, talvolta cieca, dello Stato. E anche se il permesso per convolare a nozze dura il tempo necessario del rito civile, senza la possibilità di festeggiare.
Lui, Jasvir, è un 40enne indiano da tempo residente in Italia; lei, Gelsomina, ha qualche anno in più ed è della provincia di Napoli. Da sabato 13 gennaio sono marito e moglie, ma la cerimonia al Comune di San Vito dei Normanni davanti al vicesindaco Valerio Longo non è stata una come tante. Perché dopo aver detto ‘sì’ lo sposo è dovuto tornare fra le mura del Cie di Restinco. E alla festa con una ventina di amici e parenti arrivati da tutta l’Italia, Gelsomina c’è dovuta andare senza il marito.
Jasvir ha lavorato come collaboratore domestico in provincia di Brescia, con tutte le carte a posto, secondo quanto riportato dal Nuovo Quotidiano di Puglia. La loro storia d’amore è iniziata a Sorrento. È lì che durante una vacanza Jasvir ha incontrato Gelsomina. Tra loro è scoccata la scintilla e lui ha deciso di trasferirsi in Campania, dove ha continuato a lavorare stabilmente. Nel 2015, però, gli è stato negato un altro permesso di soggiorno. E dopo un controllo di routine delle forze dell’ordine mentre era in sella a un motorino è diventato ‘irregolare’. Così sulla carta, così per la legge. Quindi, tre mesi fa, le autorità hanno deciso il suo trasferimento a Brindisi. Destinazione Cie.
Intanto, le pratiche per il matrimonio erano già state avviate con l’assistenza dell’avvocato del 40enne indiano, Cosimo Castrignanò, cassazionista del foro di Lecce. C’era anche lui fra gli invitati della coppia. E il giorno del sì è arrivato il 13 gennaio, in ritardo per un inghippo burocratico con un nullaosta atteso dall’India, dove risiede la famiglia dello sposo. “Lui è un bravo ragazzo e la loro ci è sembrata da subito una bella storia d’amore. Di amore vero, non di soli interessi”, dice un funzionario dell’ufficio dello Stato civile di San Vito dei Normanni. “Avrà un permesso di soggiorno per ricongiungersi al coniuge e secondo la legge – aggiunge – occorrono due anni perché abbia la cittadinanza italiana, tempi che si dimezzano a un anno se arriva un figlio”.

http://bari.repubblica.it/cronaca/2018/01/15/news/migranti_puglia_salento_festa_di_nozze_senza_lo_sposo-186514457/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P4-S1.6-T1

15 Gennaio 2018Permalink