06 marzo 2016_ La strada stretta fra i laici sacerdoti del razzismo pervasivo e i vescovi italiani, custodi rassicuranti della chiesa preconciliare.

La faccia laica di una brutta storia a modo mio
Ogni storia deve avere un punto di partenza e la mia storia ne ha due, uno nel campo laico (2009) e uno nel campo ecclesiastico (2015).
Nel 2009, regnante il quarto governo Berlusconi, fu approvato il cd ‘pacchetto sicurezza’, una significativa modifica in peggio della legge Bossi Fini.
Chi voglia verificare l’ingresso delle modifiche introdotte nel Testo unico sull’immigrazione (Decreto legislativo, testo coordinato, 25/07/1998 n° 286) può servirsi dell’utilissimo sito di cui trascrivo il link alla Nota 1.
Io mi soffermo sul solito problema del certificato di nascita negato ai ‘figli degli altri’ con il trucco impudicamente, spietatamente beffardo di dover esibire per la registrazione della nascita di un figlio in Italia la presentazione del permesso di soggiorno che i migranti non comunitari irregolari non hanno.
Quindi ci sono persone cui è negata anche l’identità legalmente riconosciuta che subiscono, in condizioni che ne escludono qualsiasi possibilità di difesa, le conseguenze della situazione burocratica dei loro genitori.
Condannati non per colpe espresse ma per ciò che sono i loro genitori, in cosa si differenzia la loro collocazione dalle conclamate categorie dal razzismo?
Il 24 febbraio non era difficile prevedere il peggio che ieri ha avuto la sua aperta manifestazione. Avevo scritto una lettera aperta al presidente Gentiloni naturalmente senza riscontro perché una è una e solo i numeri interessano.
Ritenevo necessario cominciare a costruire una difesa di persone assolutamente fragili usate spietatamente per farne parte attiva di una devastazione. Così non è stato [Nota 2].
I più deboli pagheranno il costo più alto ma tutti pagheremo le conseguenze dell’inciviltà diventata dominio: la frana continuerà.

La faccia ecclesiastica di una brutta storia a modo mio
Nel 2015 si svolse nella chiesa cattolica il Sinodo della Famiglia che si concluse con una relazione finale, “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”. [Nota 3]
Nel documento erano puntualmente identificate le criticità della famiglia quindi dei soggetti che ne soffrivano, a una condizione: che avessero una famiglia.
Coloro che ne avrebbero avuto diritto ma non l’avevano furono puntigliosamente ignorati per creare una categoria perfettamente consona anche in un quadro religioso a quella identificata nel 2009 dal voto di fiducia del parlamento italiano.
Un solo vescovo (mons Bruno Forte, che aveva il titolo di segretario speciale del Sinodo) se ne accorse e pubblicò un articolo dove la legge del 2009 veniva abbondantemente citata ma lo fece su Il sole 24 ore del 28 giugno 2015 e non su un organo vaticano.
Ne riportai il testo dell’articolo il 29 giugno 2015 nel mio blog. [Nota 4]
Il risultato dell’intervento fu nullo e i vescovi continuarono nella loro omissione – mancante di ogni etica della solidarietà – seguiti da un pedissequo ‘popolo di Dio’.
Per capire la gravità della cosa (o almeno quella che io ritengo tale) bisogna fare una capriola all’indietro e tornare al Concilio Vaticano II

Una gerarchia che sceglie di essere preconciliare, forse per comodità forse per convinzione.
Il 7 dicembre 1965 papa Paolo VI promulgò la quarta Costituzione apostolica, la Gaudium et spes, che era stata approvata con 2.111 voti favorevoli su 2.373, 251 contrari e 11 nulli, [Nota 5]
Il giorno successivo il Concilio si sarebbe chiuso.
Il punto 4 della Costituzione (Speranze e angosce) introduceva il termine, Segni dei tempi, che papa Giovanni XXIII aveva usato nell’enciclica Pacem in terris.
Secondo il teologo Karl Rahner, l’espressione “segni dei tempi” è “una delle tre o quattro formule più significative del Concilio, al centro dei suoi lavori come anche all’origine della sua ispirazione”. Essa ha avuto come impatto quello di aprire la coscienza della Chiesa alla sua dimensione storica di dialogo con il mondo.
E ancora la costituzione conciliare. “Bisogna infatti conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo nonché le sue attese, le sue aspirazioni e la sua indole spesso drammatiche”.
Il mondo moderno che aveva alle spalle secoli di vaticane condanne veniva sdoganato e nulla impediva di considerare fra positivi segni dei tempi gli strumenti acquisiti di laica democrazia e, fra questi, il riconoscimento dell’identità dei nuovi nati da intendersi come loro diritto di persone.
Il silenzio gerarchico fa pensare che le loro eccellenze ed eminenze non abbiano interesse alcuno a che a ogni nuovo nato sia assicurata un’identità legalmente riconosciuta, soprattutto se le loro famiglie non sono quelle con cui costruirsi un’immagine di riconosciuta ‘bontà’.
E se non interessa ad eccellenze ed eminenze perché dovrebbe interessare ad adulti usi ad obbedire, convinti che il vescovil consenso sia una garanzia di confortante ‘verità’?

Un cardinale fra beneficenza da ammirare e diritti negati.
Nel 2005 fallì il referendum sulla legge 40 (“Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”). Il card Ruini, segretario di stato, aveva invitato ad astenersi dal voto intaccando un segno dei tempi importante: l’uso referendario del voto.
Pensavo che gli italiani avrebbero rivendicato la loro adulta cittadinanza. Non è stato così
Quel referendum conobbe una bassissima percentuale di votanti, ben lontana dal raggiungimento del quorum: un punto di forza per aggregazioni politiche che traggono ancora forza e conforto dalla cultura non spenta che nel 2005 aveva res0 vincente la ruinica eversione
E la norma che condanna alcuni neonati all’inesistenza ha attraversato i governi Monti, Letta, Renzi e ora viene traghettata dal presidente Gentiloni alla prossima legislatura.
La mamma (ne ho scritto il 3 marzo) i cui figli adottivi subiscono minacce e insulti ci avverte: non più solo i figli degli altri, ma anche i figli di cittadini italiani possano pagare il prezzo della loro pelle scura. Chi li insulta è forte del consenso creato sulla paura dal lavorio della Lega. [Nota 7]
Chi sarà il prossimo da penalizzare?
Non so, ma so che ci sarà. Di un diverso da distruggere hanno bisogno, laici e gerarchie ecclesiastiche che hanno lasciato perdere la teologia dei segni dei tempi..
Certo possiamo assicurare al ‘diverso’ benefici che nascono dalla nostra bontà ma non diritti.
Il vantaggio d’essere benefattore se lo può permettere chi può donare senza riconoscere se stesso nell’altro.
Farsi difensori di diritti fondamentali non crea immagine sentimentalmente appagante né il ritorno di vantaggi di genere alcuno.

NOTA 1
http://www.altalex.com/documents/codici-altalex/2014/04/09/testo-unico-sull-immigrazione

NOTA 2      https://diariealtro.it/?p=5574
(Chi voglia trovare altre notizie può servirsi del tag anagrafe nel mio blog diariealtro.it)

Nota 3;
http://it.radiovaticana.va/news/2015/10/25/sinodo_relazione_finale_famiglia,_luce_del_mondo/1181877

Nota 4:  https://diariealtro.it/?p=3863

Nota 5: http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19651207_gaudium-et-spes_it.html

Nota 6: “Quando si fa sera, voi dite: “Bel tempo, perché il cielo rosseggia”; 3e al mattino: “Oggi burrasca, perché il cielo è rosso cupo”. Sapete dunque interpretare l’aspetto del cielo e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi? (Mt 16, 3)

Nota 7:  https://diariealtro.it/?p=5588

6 Marzo 2018Permalink

3 marzo 2018 – Passo passo dentro il conforto del razzismo che diventa norma di pensiero e di vita.

La cultura del razzismo, abilmente inserito alla base delle nostre certezze e delle nostre paure con un lavorio che dura ormai da anni, dopo essere stata il solido conforto per il mantenimento della norma che dal 2009 nega il certificato di nascita ai figli dei sans papier, si va estendendo.
Ritengo che la continuità di quella norma possa essere considerata la cartina al tornasole di un degrado implacabile e strisciante. Nata durante il quarto governo Berlusconi, transitata indenne attraverso i governi Monti, Letta e Renzi è ora pronta ad essere traghettata dal governo Gentiloni alla XVIII legislatura dove continuerà e farà i suoi passi avanti, invasivi quanto un cancro  in un corpo che si crede sano.
Se i figli dei sans papier sono proprio figli degli altri, e perciò rigettati come corpi estranei, i figli adottivi che ora vengono colpiti lo sono un po’ meno ma ormai è noto che è possibile danneggiarli senza averne un riscontro negativi.
Molto dipenderà dal conforto elettorale che sarà assicurato ai gruppi razzisti e dal mantenimento della tolleranza della chiesa cattolica che, anche nel Sinodo sulla famiglia del 2015, è riuscita a ignorare questi piccoli la cui difesa non darebbe luogo a un consenso sociale emotivo o ragionevole che sia.
Sostenerne il diritto ad esistere sarebbe uno spreco di energie.
Ho riportato alcuni articoli di cui in fondo alla piccola raccolta ci sono i link per raggiungere l’originale e qualche riferimento a miei precedenti interventi (limitatamente al 2018) pubblicati nel mio blog.
Probabilmente l’utilità di tutto questo è l’averlo detto a me stessa.
Non ammetto mi sia sottratto il senso della mia dignità, almeno questo

Cosa vuol dire essere una mamma adottiva in un paese razzista

A sua figlia Luna, bimba kenyota di sei anni, hanno detto: «Non ti bacio, altrimenti divento marrone come te». Sua madre ci parla del clima di paura: «Sono preoccupata per quello che dovrà affrontare».
• di GIACOMO IACOMINO

L’hanno trovata in mezzo a una piantagione di caffè. Luna, il nome è di fantasia, aveva circa otto mesi, la mamma l’aveva abbandonata lì, nella speranza che qualcuno potesse prendersi cura di lei. Un coltivatore del luogo, o forse un pastore, l’ha vista, presa in braccio e portata nell’orfanotrofio più vicino. Qui Luna è rimasta circa un anno e mezzo. Poi, è stata adottata. Oggi ha sei anni e vive in provincia di Varese, con Chiara e Bruno e frequenta la prima elementare.«Perché sono nata in Kenya», risponde ai bambini che le chiedono il motivo per cui ha la pelle nera. I genitori adottivi le hanno insegnato cosa è meglio rispondere a domande di questo tipo aiutandola a esercitarsi per tutta l’estate. Luna è bellissima. Allegra. Molto alta per la sua età. Ha due occhi grandi e trasmette dolcezza in ogni suo gesto. «Ma tutto questo non durerà», dice sua madre che guarda in faccia alla realtà, e aggiunge: «Come mamma sono ben cosciente che arriverà presto il momento in cui verrà meno il cosiddetto white privilege, e quando sarà sola io mi domando: cosa succederà?».
IL WHITE PRIVILEGE
È un’espressione anglosassone, abbastanza intuibile anche solo con una traduzione letterale. Finché accanto a un bambino di colore ci sono persone con la pelle bianca, nessuno si permette mai di dirgli, o fargli, niente. Poi però il bambino cresce, a 14 anni inizia a uscire da solo e anche con una certa frequenza ed è a quel punto che occorre chiedersi: come verrà accolto dalla società? Si tratta di un tema diventato più che mai d’attualità dopo la lettera pubblicata su Facebook il 27 febbraio (e subito diventata virale con oltre 30 mila condivisioni) scritta da una mamma che ha adottato due bambini africani rivolgendosi a Matteo Salvini, leader e candidato premier per la Lega Nord: «Caro Salvini, volevo dirle che sta regalando ai miei figli momenti di terrore davvero fuori dal comune»: questo è l’incipit della lettera. Che prosegue così: «La più piccola ha sette anni, e prima di andare a dormire mi chiede sempre: ma se vince quello che parla male di noi mi rimandano in Africa? E piange, disperata». Poi conclude: «Mio figlio invece di anni ne ha 12. Quando prende il pullman per andare a giocare a calcio gliene dicono di ogni, tra cui: sporco negro, tornatene a casa tua invece di venire qui a rubare e uccidere le nostre donne».
LA STORIA DI LUNA
Dopo aver letto questa storia, ci siamo messi in contatto con un’altra donna che ha deciso di adottare un bambino africano. Per chiederle se questo clima di «paura» esiste per davvero, se viene percepito universalmente da tutti i genitori che hanno figli con la pelle di un colore diverso. Chiara, la mamma di Luna, ha 46 anni ed è sposata con Bruno, 49. Lo ammettono entrambi: fino a ora non si sono mai imbattuti in episodi di razzismo rivolti alla piccola. White privilege, si diceva. Finché sei un bimbo e sei accompagnato da genitori bianchi, perlomeno in questa società, non c’è niente che ti possa succedere. O quasi.
DOMANDA Chiara, davvero non è mai capitato a lei e sua figlia un episodio, se non di razzismo, quanto meno spiacevole?
RISPOSTA: In verità sì. Una volta un bambino le ha detto: «Io non ti bacio, altrimenti divento marrone come te, e non voglio». Era una situazione di gioco tra bambini, apparentemente tranquilla. Ma in quel momento mia figlia si è bloccata, ha smesso di ridere e di parlare. Poi siamo tornati a casa, e ha pianto per un’ora.
D: Trattandosi di bambini, forse però in questo caso si è trattato solo di un piccolo incidente.
R: Probabilmente è così. Sono anch’io convinta che non ci fosse alcuna impronta razzista nella frase pronunciata da quel bambino. Ma io e mio marito siamo costretti a convivere con la paura che questi episodi possano ripetersi sempre più frequentemente, man mano che nostra figlia crescerà. Non ci preoccupa più di tanto «l’adesso», quanto l’inizio dell’adolescenza, quando avrà 13 anni. Quanto ci metteranno le persone a scambiarla anche solo per un’immigrata, quando la incontreranno per strada?
La nostra è una società razzista. L’idea di crescere mia figlia in questo Paese mi spaventa.
D: Il che, se ci fosse un substrato sociale di un certo tipo, non dovrebbe essere un problema. Immigrati, italiani, stranieri, cinesi, ebrei, neri… Siamo tutti uguali.
R: E invece tutto questo non c’è. La nostra, e non mi vergogno di dire quello che sto per dire, è una società razzista. L’idea di crescere mia figlia in questo Paese mi spaventa. Non sono una persona ansiosa né eccessivamente protettiva. Ma so bene cosa l’aspetta e cosa c’è in serbo per lei che proviene da un mondo totalmente diverso.
D: Come va gestita questa situazione, in famiglia e fuori di casa?
R: Cerco di studiare e trovare gli strumenti giusti per facilitare il suo inserimento. Ovviamente non è ancora pronta per parlare del suo abbandono dal punto di vista emotivo. Ma se dei bambini dovessero iniziare a prenderla in giro a causa del colore della sua pelle, io credo che debba imparare il prima possibile a rispondere nel modo adeguato.
D: Come, per esempio?
R: C’è voluto tempo, un’intera estate, l’ultima, per insegnare a Luna le risposte più adeguate da dare ai suoi compagni di classe riguardo la sua diversità. In pratica simulavamo dei discorsi insieme e mentre lo dico mi sembra paradossale. Per cui a domande del tipo: «Perché hai la pelle nera?». Lei oggi risponde: «Perché ho più melanina» oppure, più semplicemente: »Perché sono nata in Kenya». Peraltro ha risposto così, di recente, a un altro bambino, che ha subito detto: «Wow, che bello!». Lei era felicissima. Aggiungo che siamo stati fortunati perché Luna è in una classe dove c’è anche un bambino giapponese, un altro Nord africano e persino un neozelandese, quasi ho pianto, quando me l’hanno detto. A scuola non ci sono problemi ma lo ripeto, siamo stati molto, molto fortunati. Penso ad esempio a cosa ha dovuto vivere una mia amica che vive a Padova.
D: Cosa le è successo?
R: Anche lei ha adottato un bambino di colore. Ed è stata costretta a fargli cambiare scuola, perché i compagni lo prendevano in giro. Cose del tipo: «Tu sei marrone, tu sei come la cacca, tu puzzi». E io francamente, con tutta la buona volontà, non posso certo dire a mia figlia di sei anni cosa rispondere se qualcuno le si rivolge in questo modo.
D: La scelta della scuola è un importantissimo punto di partenza per tutti. Per una famiglia come la vostra, lo è ancora di più.
R: Ci abbiamo messo sette mesi prima di trovare quella giusta. Qui Luna già conosce la metà dei suoi compagni perché li frequenta dall’asilo. Ma per intenderci: noi viviamo vicino Varese, dove gli impulsi leghisti non mancano. Poi è ovvio che è la scuola stessa a dover cambiare. Ritengo che sin dall’asilo si debba iniziare ad affrontare il tema della diversità, e lasciare che i bambini parlino di questa cosa liberamente.
D: Quand’è che Luna si è accorta del colore della pelle diverso da quello della sua mamma?
R: A tre anni. Le stavo preparando una fetta di pane con il burro. Lei mi ha detto: «Mamma, il tuo colore è uguale al burro, ma io ce l’ho come il cioccolato». Ovvio che lei non può attribuire alcun valore a questa cosa. A meno che qualcuno non glielo faccia notare in modo violento, come è accaduto con il bambino che non voleva baciarla o com’è successo alla figlia della mia amica padovana. Ecco perché sono preoccupata per il suo futuro.
D: Il clima di cui parla la mamma che ha scritto la lettera a Matteo Salvini esiste, dunque.
R: Certo, come ho detto: non è un timore. Ho la certezza che prima o poi succederà qualcosa. L’infanzia di Luna non è nient’altro che una bolla. Quando finirà temo ci vorrà poco tempo prima che le arrivino i primi ‘commenti’ e in qualità di genitori c’è la paura di non averla preparata abbastanza bene. Non devi farle il lavaggio del cervello, ma è indispensabile darle un vissuto importante a livello emotivo affinché riesca a tutelarsi da sola.
D: In che rapporti è con altre mamme che hanno adottato bambini africani o di colore?
R: Frequentiamo incontri, convegni in cui ci sono testimonianze di chi ha già vissuto potenziali episodi di razzismo, sono momenti utili in cui confrontarsi.
D: Qualche esempio?
R: Sono stata di recente alla conferenza della presentazione di un libro scritto da una ragazza nera, figlia di immigrati di seconda generazione, che vive a Bergamo. Ha raccontato di quando torna a casa la sera e c’è sempre un gruppo di persone, giovani e meno giovani, che le chiedono ‘quanto vuole’. Può immaginare che per me che sono madre di una figlia di sei anni kenyana, anche solo pensare a una cosa del genere mi mette un’ansia pazzesca.
D: Per una mamma di una bimba keniana di sei anni, pensare a una cosa del genere per la figlia non deve essere facile.
R: Ma ve ne racconta un’altra. Ho conosciuto una donna che ha adottato una bambina indiana. Un giorno la porta con sé in ufficio, dove non tutti erano al corrente dell’adozione. E così alcuni suoi colleghi vedono la piccola mentre gioca con la sua borsa. «Guarda che c’è una straniera che sta frugando tra le tue cose», le hanno detto.
Non siamo in Svizzera o in Inghilterra dove un direttore di banca con la pelle nera è qualcosa di assolutamente normale.
D: Suo marito è preoccupato quanto lei?
R: Più di lui lo è mia madre, quindi la nonna, che ha 80 anni. Teme che Luna possa essere trattata male, in ogni momento. D’altra parte dove viviamo noi non ci sono uomini e donne di colore che lavorano come dirigenti di qualche azienda o di qualche ufficio. Non siamo in Svizzera o in Inghilterra dove un direttore di banca con la pelle nera è qualcosa di assolutamente normale. Ecco perché farò in modo che Luna impari l’inglese il prima possibile. Per lei sogno un futuro all’estero. a Londra magari.
D: Dice che tra 20 anni l’Italia non sarà ancora pronta?
R: Non credo, ma ci spero tanto.

Il presente non ci faccia dimenticare la storia
1 marzo 2018 – Zeev Sternhell: “Israele, fascismo in crescita e razzismo come nazismo degli esordi”
La denuncia lo storico israeliano Zeev Sternhell: “Israele vuole privare i palestinesi dei diritti umani fondamentali. La sinistra non è più in grado di sconfiggere l’ultranazionalismo tossico che si è sviluppato qui, la cui versione europea ha praticamente sterminato la maggioranza del popolo ebraico”.
di Zeev Sternhell, da Haaretz *

Spesso mi chiedo come, tra 50 o 100 anni, uno storico interpreterà la nostra epoca. Quand’è – si chiederà – che la popolazione in Israele ha iniziato a realizzare che lo Stato, nato dalla guerra d’indipendenza, sulle rovine dell’ebraismo europeo, e pagato col sangue dei combattenti, alcuni dei quali erano sopravvissuti all’Olocausto, si è trasformato in una tale mostruosità per i suoi abitanti non ebrei? Quand’è che alcuni israeliani hanno capito che la loro crudeltà e la capacità di prevaricazione sugli altri, palestinesi o africani, ha iniziato a erodere la legittimità morale della loro esistenza come entità sovrana?

La risposta, potrebbe dire quello storico, è racchiusa nelle azioni di parlamentari come Miki Zohar e Bezalel Smotrich e nelle proposte di legge del ministro della Giustizia Ayelet Shaked. La legge dello Stato-nazione, che sembra formulata dal peggiore degli ultranazionalisti europei, è stata solo l’inizio. Dato che la sinistra non ha protestato contro di essa nelle manifestazioni in Rotchild Boulevard, quella è stata l’inizio della fine della vecchia Israele, la cui dichiarazione di indipendenza rimarrà come pezzo da museo. Un reperto archeologico che insegnerà alla gente ciò che Israele sarebbe potuta diventare, se solo la sua società non fosse stata disintegrata dalla devastazione morale causata dall’occupazione e dall’apartheid nei Territori.

La sinistra non è più in grado di sconfiggere l’ultranazionalismo tossico che si è sviluppato qui, la cui versione europea ha praticamente sterminato la maggioranza del popolo ebraico. Le interviste per Haaretz di Ravit Hech a Smotrich e Zohar (3 dicembre 2016 e 28 ottobre 2017) dovrebbero essere ampiamente diffuse su tutti i media in Israele e nel mondo ebraico. In entrambe, si nota non solo un crescente fascismo israeliano, ma anche un razzismo simile al nazismo degli esordi.

Come ogni ideologia, la teoria nazista della razza si è sviluppata nel corso degli anni. All’inizio, ha solo privato gli ebrei dei loro diritti umani e civili. È possibile che, se non ci fosse stata la Seconda Guerra Mondiale, la “questione ebraica” si sarebbe risolta con la sola espulsione “volontaria” degli ebrei dalle terre del Reich. Dopotutto, molti ebrei austriaci e tedeschi erano riusciti ad andarsene in tempo. È possibile che questo sia il futuro dei palestinesi.

Smotrich e Zohar, infatti, non vogliono nuocere fisicamente ai palestinesi, a patto che questi non si ribellino contro i loro padroni ebrei. Vogliono semplicemente privarli dei diritti umani fondamentali, come l’autogoverno nel loro Stato e la libertà dall’oppressione, o l’uguaglianza di diritti nel caso in cui i territori siano ufficialmente annessi a Israele. Per questi due rappresentanti della maggioranza alla Knesset, i palestinesi sono condannati a restare sotto occupazione per sempre. È probabile che anche il Comitato centrale del Likud la pensi così. Il ragionamento è semplice: gli arabi non sono ebrei, quindi non possono rivendicare la proprietà di alcuna porzione della terra che è stata promessa al popolo ebraico.

Secondo il ragionamento di Smotrich, Zohar e Shaked, un ebreo di Brooklin che non ha mai messo piede in questo Paese è il legittimo proprietario di questa terra, mentre un palestinese, la cui famiglia vive qui da generazioni, è uno straniero che vive qui solo grazie alla benevolenza degli ebrei. “Un palestinese – ha detto Zohar a Hecht – non ha alcun diritto all’autodeterminazione nazionale perché non possiede la terra in questo Paese. Per senso del vivere civile gli riconosco la residenza, dato che è nato qui e vive qui; non gli dirò di andarsene. Ma, mi dispiace dirlo, loro hanno un enorme handicap: non sono nati ebrei”.

Da ciò si può presumere che, anche se si convertissero tutti, si facessero crescere i payot (riccioli laterali) e studiassero la Torah, non servirebbe. Questa è la realtà dei richiedenti asilo sudanesi ed eritrei e dei loro figli, che sono israeliani a tutti gli effetti. Era lo stesso con i nazisti. Poi c’è l’apartheid, che si può applicare in determinate circostanze agli arabi con cittadinanza israeliana. La maggior parte degli israeliani non sembra preoccupata.

* Traduzione di Elena Bellini da Nena News (1 marzo 2018)

NOTA 1: fonti dell’articolo di Giacomo Iacomino
http://www.letteradonna.it/it/articoli/conversazioni/2018/03/02/mamma-adottiva-lettera-salvini-razzismo/25384/
http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/norazzismo/notizie_1520056996.htm

NOTA 2. Accesso al sito www.ildialogo.org – Osservatorio sul Razzismo e sulle migrazioni
http://www.ildialogo.org/ShowIndex.php?sez=norazzismo

NOTA 3: fonte dell’articolo di Zeev Sternhell
http://temi.repubblica.it/micromega-online/israele-fascismo-in-crescita-e-razzismo-come-nazismo-degli-esordi/

NOTA 4:
24 febbraio – Lettera aperta al presidente Gentiloni  https://diariealtro.it/?p=5574
8 febbraio – Liliana Segre: c’è una politica che semina odio
………………………………………………………………….https://diariealtro.it/?p=5534
6 febbraio – Razza o non razza? Un fatto o una parola?  https://diariealtro.it/?p=5532

3 Marzo 2018Permalink

1 marzo 2018 – Gerusalemme: la serrata del Santo Sepolcro

25 febbraio 2018 – Santo Sepolcro chiuso per protesta [fonte nota 1]

Con un’azione senza precedenti, le Chiese cristiane hanno deciso la chiusura indefinita del Santo Sepolcro a Gerusalemme come protesta contro le autorità israeliane. Il passo è stato annunciato congiuntamente dalla Chiesa cattolica, la chiesa greco ortodossa e la Chiesa Armena apostolica, in un comunicato in cui si parla di “campagna sistematica di abusi contro le Chiese e i Cristiani”.
Al centro della controversia, spiegano i media israeliani, vi è l’intenzione della municipalità di Gerusalemme di congelare beni ecclesiastici per ottenere il pagamento di tasse anche sulle proprietà delle chiese cristiane diverse dai luoghi d culto.
LA PROTESTA – Inoltre, i cristiani sono preoccupati per una legge in discussione alla Knesset che permetterà allo Stato di espropriare proprietà vendute dalle chiese cattolica e greca ortodossa a partire dal 2010.
VIOLAZIONE – Il documento diffuso dal Custode della Terrasanta Francesco Patton, il Patriarca greco ortodosso Teofilo III e il Patriarca armeno Nourhan Manougian parla di “flagrante violazione dello status quo” religioso di Gerusalemme e di “rottura degli accordi esistenti e degli obblighi internazionali”.
LA LEGGE – Il testo attacca con durezza “la legge razzista e discriminatoria che attacca soltanto le proprietà della comunità cristiana”, un provvedimento che ricorda “leggi di simile natura che furono messe in opera contro gli ebrei in periodi bui della storia europea”.

28 febbraio Non è questione di tasse, a Gerusalemmedal blog di Paola Caridi. [fonte nota 2 – per la foto vedi nota 3]

Il grande portone del Santo Sepolcro a Gerusalemme è stato riaperto all’alba.
La clamorosa protesta delle chiese cristiane presenti nella Città Santa e proprietarie di immobili si è chiusa, per il momento. O meglio, è stata sospesa quando si è aperta una linea di dialogo con il governo israeliano ed è stato messo per ora in un cassetto il progetto di legge presentato alla Knesset dalla deputata Rachel Azaria su complesse questioni immobiliari.
Sarebbe riduttivo descrivere lo scontro tra le chiese cristiane di Gerusalemme e Israele come una mera questione fiscale. Nessun parallelo è possibile con l’imposta sugli immobili di proprietà ecclesiastica in Italia. Gerusalemme è, nella sua parte orientale, occupata. Nella parte orientale, peraltro, ricade il Santo Sepolcro, così come molti degli appartamenti in cui vive, per esempio, la piccola comunità cattolica. La municipalità israeliana di Gerusalemme ha chiesto alle chiese (soprattutto a quelle che possiedono più immobili e più terra, come il patriarcato greco-ortodosso, la Custodia francescana di Terrasanta, gli armeni) il pagamento di imposte arretrate. Non sulle chiese, viene detto, bensì su appartamenti e alberghi. Dal punto di vista della comunicazione, non c’è dubbio che le autorità israeliane abbiano toccato un nervo sensibile, soprattutto in Italia. Perché non dovrebbero pagare, come tutti, l’esosa imposta sugli immobili che in loco porta il nome di “arnona”? Peccato che Gerusalemme sia una città completamente diversa da Roma, dal punto di vista del diritto internazionale. Peccato che la proprietà immobiliare debba relazionarsi non con una semplice amministrazione comunale, ma con una potenza occupante, per quanto concerne Gerusalemme.
E poi ci sono i nodi politici e diplomatici. La questione fiscale è parte integrante del negoziato pluridecennale tra Vaticano e Israele. E’ un negoziato complesso che non comprende solo gli alberghi per i pellegrini, ma proprietà delicatissime come – per esempio – la famosa Collina del Papa, un pezzo di terra tra l’area della Tomba di Lazzaro (quartiere palestinese) e la colonia israeliana di Maaleh Adumim che incide sulla stessa strategia di Tel Aviv verso il totale controllo della città. Re Hussein di Giordania donò la Collina a Paolo VI in occasione della sua visita in Terrasanta nel 1964. Appena alla vigilia del nuovo stravolgimento della terra e dei confini sancito dalla Guerra dei Sei Giorni. La Collina del Papa è all’interno di un’area cruciale per ridisegnare i confini municipali della città e tagliare il collegamento tra i quartieri orientali palestinesi e Ramallah.
E poi ci sono le case, gli appartamenti di proprietà della chiesa, dove vivono ad affitto calmierato famiglie palestinesi cristiane. A Beit Fage (l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, per intenderci), così come a Beit Hanina o a Shuafat, quartiere dove sono stati costruiti edifici residenziali sulla terra di proprietà ecclesiastica. Quelle case sono un piccolo polmone all’interno di un contesto abitativo difficilissimo: i palestinesi (compresi i palestinesi di fede cristiana) debbono fronteggiare una carenza nell’offerta immobiliare che penalizza la loro comunità a vantaggio degli abitanti israeliani. Praticamente impossibile ottenere una licenza per ampliare i piccoli edifici a Gerusalemme est, nella neanche tanto velata strategia di spingere i palestinesi fuori dalla città, verso Ramallah e Betlemme. Le famiglie che non vogliono abbandonare Gerusalemme e perdere il diritto di risiedervi hanno poche alternative: costruire abusivamente, senza licenza; essere costretti a vivere in piccoli spazi affollatissimi; pagare affitti sproporzionati nei pochi quartieri rimasti a maggioranza palestinese. Oppure, ma sono in pochi a poter avere questo privilegio, ottenere un appartamento di quelli che le chiese (greco-ortodossa e cattolica) riescono a costruire sulle terre di loro proprietà. L’arnona è l’ultimo dei problemi, dunque, in una situazione così complessa, e soggetta a un evidente doppio standard.
Il gesto clamoroso ed eclatante di questi giorni, in cui le chiese hanno reagito a un chiaro tentativo di rompere uno status quo vecchio di circa 150 anni, ha indotto Israele a non spingere sull’acceleratore. Il governo è stato cioè costretto a una ritirata tattica che non significa, però, la chiusura del caso. Il caso, cioè, verrà molto probabilmente riproposto quando si abbasseranno le luci per ora dirette sul portone del Santo Sepolcro. E dunque, sarà necessario continuare a seguire la vicenda.
Vi è una riflessione ulteriore da fare. La chiusura eccezionale del Santo Sepolcro fa il paio con la protesta su Al Aqsa di un anno e mezzo fa. In entrambi i casi, toccare i Luoghi Santi di Gerusalemme ha suscitato reazioni immediate e ferme da parte sia delle istituzioni religiose sia della popolazione palestinese, scesa subito in massa a protestare senza distinzione di fede. Palestinesi musulmani e cristiani assieme. I Luoghi Santi non si toccano, perché incarnano una dimensione che va ben oltre quella religiosa: è dimensione identitaria, comunitaria, nazionale, popolare, politica. Occorre non dimenticarlo, in queste settimane che preludono a una delle fasi più delicate di Gerusalemme, e cioè lo spostamento dell’ambasciata americana da Tel Aviv. Proprio in concomitanza con il settantesimo anniversario della fondazione dello Stato di Israele. In aperto conflitto con l’anniversario coincidente, la naqba, la catastrofe palestinese.

Nota 1:
http://www.adnkronos.com/fatti/esteri/2018/02/25/santo-sepolcro-chiuso-per-protesta_fFQcCCdhxsfBqrwqCTjRIL.html
Nota 2
https://www.invisiblearabs.com/tag/santo-sepolcro/
Nota 3
La foto del Santo Sepolcro è di circa un secolo fa, ed è conservata nel fondo Eric Matson presso la Library of Congress di Washington.

1 Marzo 2018Permalink

1 marzo 2018 – Calendario

.1 marzo1968 – La “Battaglia di Valle Giulia” dà inizio al ’68 italiano
.1 marzo 2018 – Purim 5778
.2 marzo 1956 – Il Marocco dichiara l’indipendenza dalla Francia
.4 marzo 2005 – Iraq. Soldati Usa uccidono Nicola Calipari
.4 marzo 2018 – Elezioni (apertura XVIII legislatura)
.6 marzo 1975 – Italia: La maggiore età viene abbassata da 21 a 18
………………………………anni .
.6 marzo 2012 – Giornata europea dei Giusti istituita dal Parlamento
…………………………………Europeo
.6 marzo 2016 –  Muore Ray Tomlinson. Ideò l’e mail e creò @
.7 marzo 1991 –  Arrivo a Brindisi della prima migrazione di albanesi
.8 marzo          –  Giornata mondiale della donna
10 marzo 1946 – In Italia le donne votano per la prima volta (Nota 1)
10 marzo 1987 – L’ONU riconosce il diritto di obiezione di coscienza
……………………………….alle armi
10 marzo 2004 –  Attentato di Atocha, Spagna
11 marzo 2011 – Fukushima, Giappone. Terremoto e incidente alla
………………………….centrale nucleare.
12 marzo 2013 – Morte di Teresa Mattei
13 marzo 1983 – Assassinio di Marianella Garcia Villas in Salvador
13 marzo 2013 – Elezione papa Francesco
14 marzo 1879 –  Nascita di Albert Einstein
14 marzo 1883 –  Morte di Karl Marx
14 marzo  2018-  Morte di Stephen Hawking
15 marzo 1545 – Apertura del Concilio di Trento
15 marzo 1976 –  Nasce la trasmissione Prima Pagina. Il primo
……………………………giornalista che la condusse fu Ruggero Orlando
15 marzo 1990 –  Michail Gorbačëv viene eletto presidente dell’Unione
…………………………….Sovietica
15 marzo 2011 –  Primi segnali del conflitto siriano
16 marzo 1978 – Rapimento di Aldo Moro
16 marzo 2003 –  Morte di Rachel Corrie, schiacciata da una ruspa
israeliana a Rafah, striscia di Gaza.
17 marzo 1981 – Ritrovamento della lista dei membri della P2 [2]
18 marzo 1871 – Inizia la Comune di Parigi
18 marzo 1962 – Termina la guerra d’Algeria
18 marzo 2015 –  Attentato al museo del Bardo – Tunisi
18 marzo 2016 –  Bruxelles – Arresto di Salah Abdeslam (membro del
…………………………..commando terrorista. responsabile degli attacchi
…………………………..di Parigi del 13/11/2015).
19 marzo 1994 – Assassinio don Peppino Diana
19 marzo 2002 –  Assassinio di Marco Biagi
20 marzo 1930 – Gandhi inizia la “marcia del sale”
20 marzo 1994 –  Omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin
21 marzo          –  Giornata mondiale della poesia
21 marzo          –  Nowruz – Capodanno persiano
21 marzo         –   Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo
………………………………delle vittime delle mafie.
21 marzo         –   Giornata contro la discriminazioni razziale
21 marzo 1960 –  Massacro di Sharpeville – Sud Africa
21 marzo 2014 –  Putin firma l’annessione della Crimea alla Russia
22 marzo          –  Giornata mondiale dell’acqua
22 marzo 2015 –  Strage di Bruxelles
22 marzo 2017 –  Londra. Attacco al Parlamento
24 marzo 1944 – Strage delle fosse ardeatine
24 marzo 1976 – Golpe in Argentina
24 marzo 1980 – Assassino di mons. Oscar Romero in Salvador
24 marzo 2017 –  Donald Trump non riesce a smantellare l’Obama care
24 marzo 2018 –  Morte di Arnaud Beltrame, l’eroe della strage di
…………………………..Carcassonne

25 marzo 1957 – Firma dei Trattati di Roma [3]
25 marzo 1970 – Radio libera di Danilo Dolci (fu chiusa dopo 20 ore)
26 marzo 1996 – Notte 26/27 marzo, rapimento monaci trappisti di
…………………………..Tibhirine [4]
27 marzo 1958 –  Nikita Kruscev diventa primo ministro dell’URSS
27 marzo 1985 – Assassinio di Ezio Tarantelli
27 marzo 2018 –  Morte di Linda Brown
28 marzo 1958 –  La Cina scioglie il governo del Tibet
29 marzo 1973 – Fuga dei soldati americani dal Vietnam
29 marzo 2013 – Morte di Enzo Jannacci
29 marzo 2017 – La Camera approva la legge “Disposizioni in materia
………………………….di misure di protezione dei minori stranieri non
………………………….accompagnati”.
30 marzo 2016 –  Il male del mondo. Conferenza stampa dei genitori di
……………………………Giulio Regeni nella Aula Nassiriya del Senato [5]
30 marzo 2018 – Inizio festività di Pesach (anno 5778)
31 marzo 2005 – USA morte di Terry Schiavo, in coma vegetativo da
……………………………15 anni
31 marzo 2015 – Morte di Franz Jose Mǖller, ultimo superstite del
…………………………… gruppo de La Rosa Bianca

NOTE:
[1] Era il 10 marzo del 1946 e alle elezioni amministrative per rinnovare 436 comuni anche le italiane che avevano compiuto i 21 anni poterono esprimere il loro voto. Si trattò delle prime elezioni amministrative libere dopo il Fascismo. In quello stesso giorno un decreto introduceva anche il diritto all’elettorato passivo e un gruppo di donne veniva eletto all’Assemblea Costituente. Il 2 giugno dello stesso anno le donne furono chiamate al voto per il referendum che avrebbe sancito la fine della monarchia e l’inizio della Repubblica. Un percorso tortuoso che trova un momento significativo nel 1877, quando Anna Maria Mozzoni, pioniera del nostro femminismo, presenta al Parlamento la prima petizione a favore del voto femminile.
See more at:  http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Settant-anni-fa-le-donne-italiane-votavano-per-la-prima-volta-51c8853c-490a-41f1-9484-d6df51888eea.html

[2] . 17 marzo 1981 nella villa di Gelli viene ritrovata la lista dei membri della P2 Della questione si occuperà l’on. Tina Anselmi a partire dal 1981nella sua veste di presidente della Commissione d’inchiesta sulla loggia massonica P2, che terminò i lavori nel 1985. La relazione finale fu approvata dalla stessa commissione il 3 luglio

[3] Trattati istitutivi della Comunità economica Europea (CEE) e della Comunità europea dell’energia atomica (TCEEA).
Firme: Sua Maestà il re dei belgi, il Presidente della Repubblica Federale di Germania, il Presidente della Repubblica Francese, il Presidente della Repubblica Italiana, sua altezza reale la Granduchessa del Lussemburgo, sua maestà la Regina dei Paesi Bassi.
https://it.wikisource.org/wiki/Trattato_che_istituisce_la_Comunità_economica_europea_-_Trattato,_Roma,_25_marzo_1957/Trattato

[4] Il testamento del priore Christian De Chergé :
http://www.pietroichino.it/?p=11286

[5] http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2016/03/29/regeni-parlano-i-genitori.-conferenza-stampa-al-senato-con-luigi-manconi_6b442870-6ad0-4a8d-b065-a573e5cc8e02.html

1 Marzo 2018Permalink

24 febbraio 2018 – Appello – lettera aperta – al Presidente Gentiloni

Avevo inviato un appello al Presidente dopo la bocciatura delle Disposizioni in materia di cittadinanza’ (cd ius soli).
Naturalmente non ho avuto risposta. 
Se il silenzio si addice a chi non c’è il presidente Gentiloni ha rivendicato la sua presenza nel confronti del presidente Juncker.
E, dato che vuole esserci, ci riprovo.

Ho spedito riferendomi all’indirizzo  Gentiloni[at]governo.it  che è un Contatto di posta elettronica cui si arriva visitando il sito della Presidenza del Consiglio

Signor Presidente ,
questa lettera aperta porta una sola firma, ed è facile considerarla insignificante ma gliela invio perché corrisponde all’abitudine di affermare la propria competente responsabilità, almeno per la propria dignità se altro non rimane. Ci sono principi cui non si addice il silenzio.
Ho trovato nel sito del senato il testo dell’Articolo 3 della Costituzione in una forma che ha il merito (per ogni termine che è definizione precisa di una condizione) di segnalare i successivi articoli che quel termine evoca.

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [cfr. XIV] e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [cfr. artt. 29 c. 2, 37 c. 1, 48 c. 1, 51 c. 1], di razza, di lingua [cfr. art. 6], di religione [cfr. artt. 8, 19], di opinioni politiche [cfr. art. 22], di condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Un solo termine manca di ogni riferimento, quello che suona ‘condizioni personali e sociali’.
Fra le tante ‘condizioni’ personali che è possibile evocare c’è anche il riconoscimento dell’esistenza legale che si esprime con la garanzia universale del certificato di nascita.
E’ una garanzia che ha la sua precisazione nell’art 7 della Convenzione di New York sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che in Italia è legge (n.176 del 1991) che riconosce il minore come portatore di diritti propri.

Art. 7
1. Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto a un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi.
2. Gli Stati parti vigilano affinché questi diritti siano attuati in conformità con la loro legislazione nazionale e con gli obblighi che sono imposti loro dagli strumenti internazionali applicabili in materia, in particolare nei casi in cui se ciò non fosse fatto, il fanciullo verrebbe a trovarsi apolide.

Dal 2009 la legge 94 (il cd pacchetto sicurezza) impone al migrante non comunitario privo di permesso di soggiorno di esibire il documento di cui non dispone per registrare la nascita di un figlio in Italia.
Una beffa crudele per distruggere una persona che non può difendersi.
Nelle tradite ‘Disposizioni in materia di cittadinanza’ (cd. Ius soli) – la cui possibilità di approvazione è franata in Senato il 23 dicembre scorso – c’era anche un comma (comma 3 dell’art. 2) che ristabiliva la garanzia dell’esistenza giuridicamente riconosciuta di ogni nuovo nato in Italia, superando la politica che riduce alcuni di loro a fantasmi, come volle il quarto governo Berlusconi, legando la certezza della devastazione di queste vite indifese a una norma approvata con voto di fiducia che ha attraversato inamovibile i governi Monti, Letta e Renzi per approdare al governo che Lei ancora presiede.

Egregio Presidente, se il suo governo sarà pienamente operativo anche dopo il 5 marzo (con buona pace del Presidente della Commissione Jean Claude Juncker), se un qualche gruppo parlamentare si renderà conto che trascinare di legislatura in legislatura la condanna di neonati a non esistere è una scelta aberrante che potrebbe essere cancellata da una legge da approvare senza onere di spesa, faccia quanto in suo potere per superare la decisione presa nel 2009 per creare neonati inesistenti e abusarli come minaccia per i genitori.
Augusta De Piero

24 Febbraio 2018Permalink

22 febbraio 2018 – Messaggio a Pax Christi

Alla Segreteria di Pax Christi.
Chiedo che questo mio messaggio sia consegnato a chi può occuparsi del problema che pongo

Ho avuto modo di leggere la vostra AGENDA DELLE MIGRAZIONI: SETTE PROPOSTE PER I CANDIDATI ALLE ELEZIONI
Non sono candidata a nulla ma mi permetto di segnalarvi un problema che seguo da nove anni: quello della negazione del certificato di nascita a nati in Italia (in questo caso non si tratta di ingressi ma di nascite).
La prima delle vostre sette proposte riguarda la legge sulla cittadinanza, di cui il Parlamento italiano si era occupato fino a proporre una norma, miseramente franata dopo essere stata approvata dalla Camera e aver parcheggiato per due anni al Senato (Disposizioni in materia di cittadinanza cd ius soli).
In quella norma cancellata c’era anche un comma (comma 3 dell’art. 2) che, se approvato, avrebbe garantito l’esistenza legale di ogni nuovo nato in Italia.
Oggi purtroppo così non è. Infatti per assicurare a ogni nato il certificato di nascita cui ha diritto (Costituzione art. 3 – Legge 176/1991, ratifica della Convenzione di New York) viene chiesta ai genitori la presentazione del permesso di soggiorno di cui, se irregolari, non dispongono.
L’assenza dichiarata di quel documento di fronte a un ufficiale di stato civile ne comporterebbe l’espulsione e quindi li pone nella condizione crudele di dover considerare l’esistenza legale del proprio figlio come una minaccia e ciò può indurli a nasconderlo
Il gruppo Convention on the Rights of the Child (che dal 2009 segnala il problema) lo scorso anno ha pubblicato nel 
3° Rapporto Supplementare alle Nazioni Unite sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, anno 2016-2017, una raccomandazione in proposito.
Al capitolo 3.1 si legge infatti la richiesta “DI INTRAPRENDERE UNA CAMPAGNA DI SENSIBILIZZAZIONE SUL DIRITTO DI TUTTI I BAMBINI A ESSERE REGISTRATI ALLA NASCITA, INDIPENDENTEMENTE DALL’ESTRAZIONE SOCIALE ED ETNICA E DELLO STATUS SOGGIORNANTE DEI GENITORI”.
E’ ben vero che, quando fu approvata con voto di fiducia la lettera g del comma 22 dell’art. 1 della legge 94 (ormai presente anche nel Testo unico sull’immigrazione come art. 6 comma 2), il governo di allora (quarto Berlusconi) ricorse a una misura che lo tutelasse da penalizzazioni internazionali ed emanò immediatamente una circolare che, in materia di registrazione anagrafica, diceva e dice il contrario della legge, concedendo quindi, con misura amministrativa, il certificato di nascita che la legge negava e nega (Ministero dell’interno, circolare n. 19 del 2009).
Le strumento amministrativo, come è noto, è di rango inferiore alla legge e per sé aleatorio.
Ora paradossalmente la misura penalizzante del 2009 resta in vigore mentre tutto il lavoro e l’impegno della società civile – e conseguentemente del Parlamento – in materia di acquisizione della cittadinanza riparte da zero e insieme è azzerata anche la salvezza dei neonati persona.
Quindi la condanna di una precisa e definita categoria di neonati a non esistere si affiderà inalterata alla XVIII legislatura , avendo attraversato la XVI – governo Monti – e la XVII – governo Letta, Renzi e infine Gentiloni.
Vi chiedo di farvi carico con la competenza e l’autorevolezza che vi appartengono anche di questi piccoli senza identità, senza genitori, senza cittadinanza.
Mi ostino a sperare.
Augusta De Piero

NOTA: Così dice il punto 1 delle sette proposte di Pax Christi
Riforma della legge sulla cittadinanza
Da troppi anni il nostro Paese non adegua la sua legislazione sull’acquisizione della cittadinanza al mutato contesto sociale e troppi cittadini di fatto non sono riconosciuti tali dall’ordinamento. Varare un provvedimento che sani queste contraddizioni non è più rimandabile”.

L’indirizzo della Segreteria è la mail per ogni comunicazione.

22 Febbraio 2018Permalink

19 febbraio 2018 – Venezuela. È fuga di massa.

Un’amica mi segnala l’articolo di Avvenire che ricopio.
Con il link riportato in calce si possono vedere fotografie e soprattutto uno schema numerico dell’esodo in vari paesi non solo sudamericani.

18 febbraio 2018 – Maduro apre le porte, caos nel continente
Lucia Capuzzi

Milioni di rifugiati nei Paesi vicini al Venezuela. E ormai è il caos.

«È il miglior investimento che puoi fare in Venezuela», dice Carlos mentre mette il fascio di banconote nelle mani dell’autista della “chiva”. Così si chiamano i fuoristrada semi- scassati che solcano in centinaia e centinaia, ogni giorno, la Troncal Caribe, via di collegamento tra Maracaibo e la regione colombiana de La Guajira. Un posto dentro la vettura costa 20mila bolivares, quasi la metà se si viaggia sul tetto, con la maglietta arrotolata sulla testa per proteggersi dal sole rovente. In ogni caso si tratta di pochi centesimi di euro: la moneta venezuelana è carta straccia sui mercati internazionali. Racimolarli, però, non è facile in una nazione dove lo stipendio medio è di 300mila bolivares e un chilo di farina ne costa 15mila al mercato nero, la sola forma di approvvigionamento di cibo e medicine. «Ma ne vale la pena. L’unica cosa da fare è andarsene ».

Carlos ha provato a resistere quando, un anno fa, i fratelli si sono messi in marcia per Argentina ed Ecuador. «Ora non ce la faccio più. Sono sieropositivo e gli antiretrovirali sono introvabili». Sono tra i due e i 4,5 milioni i venezuelani costretti a una simile scelta, secondo vari centri di ricerca. Difficile una maggiore approssimazione dato che Caracas non diffonde i dati ufficiali. Nell’ultimo anno, la migrazione si è trasformata in un vero e proprio esodo. La maggior parte si riversa nei confinanti Colombia e Brasile.

Pochi passano, però, per i valichi legali. Il resto si snoda per le “trochas”, le mulattiere dove non occorrono i documenti ma solo una tangente a chi controlla il transito. Le “chivas” da Maracaibo scaricano i passeggeri all’imbocco dei viottoli sterrati, proprio alle spalle della dogana di Paraguachón. Impossibile per gli agenti di frontiera di entrambi i lati non notare il via vai. Quest’ultimo è esploso nell’ultima settimana. Da quando, cioè, Bogotà ha blindato con 3mila poliziotti il principale corridoio migratorio, i ponti Simón Bolívar e Francisco de Paula che collegano le città venezuelane di San Antonio e San Cristóbal con la colombiana Cúcuta. «Prima del giro di vite, nei giorni di “punta” arrivavano anche 45mila persone.

Molti portavano qualcosa da vendere in modo da procurarsi i pesos per fare un po’ di spesa e poi tornavano indietro. Una parte, però, è rimasta. Solo in una delle nostre parrocchie, nel giro di due anni, si sono trasferite duemila famiglie», racconta padre Francesco Bortignon, missionario scalabriniano italiano impegnato nell’assistenza dei migranti a Cúcuta, dove gestisce alcuni centri in collaborazione con Terre des hommes. Il governo colombiano afferma che, nel 2017, i venezuelani residenti hanno raggiunto quota 550mila, il 62 per cento in più dell’anno precedente. Entro luglio, saranno più di un milione, con una spesa prevista per la prima assistenza di oltre 1,8 miliardi di dollari. Tanto che, martedì, il presidente Juan Manuel Santos ha chiesto aiuto internazionale per affrontare l’emergenza umanitaria. Anche il Brasile è preoccupato. A Boa Vista, capitale del Roraima, i venezuelani sono il 10 per cento della popolazione.

«Si trasferiscono, in media, 40mila persone al mese», ha affermato Joe Millman, portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) che ha paragonato il flusso dal Venezuela a quello degli africani verso le coste italiane. La questione ha assunto, ormai, dimensioni continentali. In Argentina, la richiesta di permessi di soggiorno è cresciuta del 142 per cento nel 2017. Negli Stati Uniti, le domande di asilo si sono moltiplicate di 37 volte in cinque anni. Per tale ragione, dal 31 gennaio, Washington ha imposto una serie di vincoli. La tentazione di chiudere le porte cresce in America.

Anche perché se, prima, a trasferirsi dal Venezuela erano soprattutto professionisti scontenti del chavismo, ora sono lavoratori poco qualificati, minori, anziani, malati e donne incinte, per cui in patria è impossibile andare avanti. Il loro numero dovrebbe aumentare ancora dopo le presidenziali “addomesticate” del 22 aprile. In cui la vittoria di Nicolás Maduro appare scontata, tanto che il partito d’opposizione Voluntad Popular ha deciso di boicottare il voto. Gli Stati latinoamericani hanno, dunque, deciso di giocare la carta della pressione per ammorbidire il governo di Caracas. E, in concomitanza delle elezioni, stanno spingendo sull’acceleratore. Come dimostra la scelta dei vicini, Perù in primis, di ritirare l’invito a Maduro per il vertice delle Americhe in programma a Lima il 13 e 14 aprile. Il leader però, sembra “impermeabile”. «Ci andrò, che piova o tiri vento», ha tuonato.

https://www.avvenire.it/mondo/pagine/maduro-sgancia-la-bomba-profughi

19 Febbraio 2018Permalink

19 febbraio 2018 – In ricordo di Giacometta Limentani

Il mio ricordo
Questa mattina  ho letto della morte di Giacometta Limentani, avvenuta ieri, 18 febbraio.
Ho avuto l’onore di conoscere Giacometta e di presentare un suo libro nella libreria udinese CLUF. Era presente e ha affascinato l’uditorio.
Ne conosco il lavoro e la vicenda personale di violenza subita da bambina.
Spero che il suo ricordo di scrittrice e di donna consentirà di diffonderne la conoscenza.
Quando visiterò la basilica di Aquileia, dove il mosaico rappresenta la storia di Giona, avrò sempre presente il libretto con il delizioso ‘midrash’ sul Leviatano che Giacometta ha immaginato.
Oggi la segnalazione di Lucia Cuocci mi ha permesso di raggiungere la testimonianza che ricopio

Giacometta Limentani (1927-2018)  (Link in calce)
Pubblicato in Attualità il 18/02/2018 – 3       אדר ב’ 5778
Traduttrice, narratrice e saggista. Una penna elegante ed efficace al tempo stesso, capace di toccare davvero il cuore. E un formidabile tramite di conoscenza verso l’ebraismo per i tantissimi lettori che in tutta Italia hanno imparato ad amarla e ad amare il suo stile, le sue parole, il suo messaggio. Aveva da poco festeggiato 90 anni Giacometta Limentani, una delle figure più significative dell’Italia ebraica. Numerose e significative le collaborazioni in campo giornalistico e letterario, accompagnate da un’intensa azione divulgativa quale animatrice di gruppi di studio centrati su Torah e Midrash.
“Gli eventi sono passati, saranno futuri, ma c’è una loro pregnanza in ogni momento. Ogni momento racchiude in sé l’istante, ma anche i ricordi, le possibilità e il divenire. Il tempo ebraico è un divenire che si esplica continuamente nelle percezioni del presente” raccontava in una intervista alla psicoterapeuta Helen Brunner su Pagine Ebraiche del gennaio 2014, che qui riproponiamo.
Tra i suoi racconti e romanzi In contumacia, Milano, Adelphi, 1967; Gli uomini del libro: leggende ebraiche, Milano, Adelphi, 1975; Il grande seduto, Milano, Adelphi, 1979; I discorsi della Bibbia, testi per due audiolibri, Milano, Mondadori, 1979; Il vizio del faraone e altre leggende ebraiche, Torino, Stampatori, 1980; L’ombra allo specchio, Milano, La tartaruga, 1988; Dentro la D, Genova, Marietti, 1992; Il più saggio e il più pazzo, Viterbo, Stampa alternativa, 1994; … e rise Mosé, Torino, Einaudi ragazzi, 1995; Da lunedì a lunedì, Torino, Einaudi ragazzi, 1999; La spirale della tigre, Varese, Giano, 2003. Mentre tra le opere teatrali si segnalano Il narrastorie di Breslav: sacra rappresentazione in due tempi e Nachman racconta: azione scenica in due atti.
La ricorda così Noemi Di Segni, Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane: “Instancabile e appassionata testimone di un’epoca, Giacometta Limentani è stata per molti di noi un formidabile esempio di vita. Vita nonostante, vita per, vita con. Una donna unica e preziosa, intelligente e libera. Genitrice di comunità e pensiero ebraico e generatrice di identità, memoria e cultura”.
Con la sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile. “Ma la sua – aggiunge la Presidente UCEI – è una traccia indelebile e di guida ai perplessi, grazie alle numerose opere e nelle molteplici iniziative che ha intrapreso nel corso della sua intensa esistenza. Un costante lavoro di connessione tra mondo ebraico e società circostante nel nome della cultura e dei valori fondamentali, che resterà a lungo patrimonio di questo paese”.
Grazie quindi Giacometta. Per il tuo impegno, il tuo entusiasmo e la tua generosità. “Non ti dimenticheremo mai” assicura Di Segni.
I funerali di Giacometta Limentani si svolgeranno domani a Roma. Sia il suo ricordo di benedizione

Giacometta e il ritmo della vita
I suoi libri tanto amati da generazioni tornano in una nuova veste e Giacoma Limentani riprende il suo racconto. Recentemente infatti i tre romanzi, “In contumacia”, “Dentro la D” e “La spirale della tigre”, sono stati ripubblicati da Iacobelli Editore in unico volume che si chiama “Trilogia” (2013) (“In contumacia” e “Dentro la D” erano tra l’altro irreperibili da anni).

Giacoma, vorrei chiederti innanzitutto che impressione ti ha fatto vedere questa nuova edizione dei tre romanzi insieme, che sono in fondo un nuovo libro?
È stato come vedere una fotografia mia, un ritratto che comprendesse nello stesso momento un’immagine dall’infanzia alla maturità e anche alla vecchiaia.

Questi tre romanzi sono stati scritti in tre momenti diversi della tua vita e parlano di episodi diversi, ma riprendono anche alcuni temi e li approfondiscono.
È un rientrare nella realtà, cercando di restituirla a quello che è vita privata. E la realtà della vita privata la sa solo chi la vive. È molto interessante il fatto che nel primo e nell’ultimo libro, cioè l’infanzia e la vecchiaia, si ripete con forme di violenza diversa lo stesso odio antiebraico. Nel primo con fascisti che accusano, nell’ultimo con l’essere cacciata da scuola in quanto ebrea.

Sono scritture diverse… Potresti parlarci di queste diverse maniere di scrivere che un po’ emergo- no sia nei tuoi romanzi sia anche nei saggi? Da una parte, per esempio, “In contumacia” è una scrittura che vuole raccontare di un trauma, di una violenza e c’è anche la frammentazione che questo ha causato, mentre dall’altra parte in “Dentro la D” si vede la tradizione midrashica che viene fuori.
Quando ho scritto “In contumacia” ancora non avevo cominciato a studiare ebraismo nel modo in cui ho fatto più tardi. Ho cominciato a studiare dopo che ho scritto “In contumacia” perché l’ebraismo mi affascina in quanto
dà al tempo una continua presenza. Gli eventi sono passati, saranno futuri, ma c’è una loro pregnanza in ogni momento. Ogni momento racchiude in sé l’istante, ma anche i ricordi, le possibilità e il divenire. Il tempo ebraico è un divenire che si esplica continuamente nelle percezioni del presente.

In questa tua visita in Friuli Venezia-Giulia hai fatto una presentazione del tuo libro “Trilogia” sia a Trieste sia a Udine e hai avuto degli incontri nelle scuole superiori con degli studenti. So che era tempo che non lo facevi: che cosa questo ha significato per te?
Ha significato un ritorno al dovere di esprimermi, esprimere in pubblico una mia realtà che non è la realtà di un momento, ma è la realtà di una gran parte di questo mondo di migranti nel quale viviamo.

Accanto al libro, negli ultimi anni hai lavorato a un nuovo progetto che coniuga due tue grandi passioni: da una parte la scrittura e la narrazione, dall’altra la musica e il canto. Hai anche prodotto dei cd che contengono appunto una narrazione della tua storia accompagnata dalle canzoni che hai cantato nella tua gioventù, in particolare francesi e americane. Potresti parlarcene? Perché l’hai fatto e che prospettive ha?
Tutto è ricominciato per caso, soprattutto per l’incontro con un pianista con il quale mi trovo sulla stessa lunghezza d’onda musicale. Come mi è capito di dire altre volte, io sono malata di canzoni, tutta la mia famiglia lo era. E le canzoni sono come una pun- teggiatura nella vita che si vive. Questa è un punto interrogativo, quella un punto esclamativo… molte sono altre domande. Sono vita, perché per me ricominciare a cantare, canticchiare con questo pianista con la poca voce che ho ormai, mi ha aiutato a rivivere tante cose. Mi rallegra e continua a darmi questa sensazione che ho io del tempo sempre presente, di una impossibilità di dividere i momenti del tempo stesso. E questo la musica ce l’ha fortissimo con il suo potere sull’imma- ginazione, sul ricordo, sul respiro. Questo mi aiuta, mi ha aiutato, soprattutto perché l’incasso di questi cd lo utilizzo per finanziare Saving Children, un’iniziativa israeliana del Centro Peres per la Pace che trovo determinante: far curare bambini palestinesi che nelle loro terre non possono essere curati bene in ospedali israeliani, come pure formare negli ospedali israeliani delle unità di soccorso che possano andare nei territori palestinesi a curare chi non è trasportabile e quindi creare una possibilità di vivere e conoscersi insieme. Quando i bambini stanno vicini in un letto di ospedale, un bambino israeliano e un bambino palestinese, e i loro genitori li vanno a trovare e si aiutano a vicenda, questo è un seme di pace più forte di qualsiasi articolo di giornale.

Un’ultima domanda: perché canzoni francesi e canzoni americane?
La risposta delle canzoni americane è la più facile. A me piace moltissimo il jazz, lo swing e quindi è un gusto anche musicale forte e poi è un ricordo dei film che mi rallegravano in gioventù, e ancora è l’enorme rispetto per i musicisti americani straordinari che abbiamo avuto e che ancora oggi sono attuali. Perché canzoni composte oggi possono svanire da un momento all’altro, ma canzoni come Night and day rimangono come classici assoluti. Le canzoni francesi hanno una storia più complessa, anche se in fondo proprio come canzoni le amo molto di meno. Però avevo una bisnonna che era francese, quindi quella era una lingua di casa. Quando da ragazzina mi piaceva imparare, come a tutti i ragazzini, le canzoni che si sentivano alla radio e mi resi conto che nella radio anche le canzoni venivano controllate dall’Ovra (Opera Volontari Repressione Antifascismo), siccome dall’Ovra la mia famiglia fu profondamente colpita, io per protesta non ho più cantato in italiano, finché poi non c’è stata la libertà. Ma quelle canzoni non le canto, oppure le canto per sfregio.
Helen Brunner, psicoterapeuta – Pagine Ebraiche Gennaio 2014

http://moked.it/blog/2018/02/18/121787/

Aggiungo – 20 febbraio
http://www.repubblica.it/cultura/2018/02/19/news/giacoma_limentani_morta_donna_iscritta_al_collegio_rabbinico-189218804/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P30-S1.6-T1

https://ilmanifesto.it/giacoma-limentani-la-memoria-e-una-prova-di-pazienza/

 

19 Febbraio 2018Permalink

17 febbraio 2018 – Il 31 gennaio è entrata in vigore la legge 219

Il 15 febbraio ho pubblicato nel mio blog il testo della legge 2 dicembre 2017, n. 219 Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento.
Li stesso giorno ho trovato un articolo della filosofa Michela Marzano che ho ricopiato parola per parola per poterlo conservare.

15 FEBBRAIO 2018 Il confine tra legge e dignità
Così il principio dell’autodeterminazione diventa il pilastro sul quale ricostruire il nostro ordinamento di Michela Marzano
Ogni persona è libera di decidere come e quando morire: è un principio cardine non solo della Convenzione dei diritti dell’uomo, ma anche della nostra Costituzione. Ce lo ha ricordato la Corte di Milano, riconoscendo che Marco Cappato non ha rafforzato la volontà di Dj Fabo di porre fine alla propria vita, e chiedendo al tempo stesso alla Consulta di pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del reato di aiuto al suicidio.
Una decisione storica, quindi, nonostante l’apparente neutralità, visto che il processo a Cappato è stato sospeso in attesa che si pronunci la Corte Costituzionale. Solo la Consulta può d’altronde stabilire fin dove può spingersi il diritto all’autodeterminazione di ciascuno di noi e quale sia la relazione esatta tra la dignità della persona e l’autonomia individuale.
Al di là della mancanza di coraggio da parte di un pezzo importante del mondo politico italiano, la v vicenda di Fabiano Antoniani e la decisione ci Marco Cappato di accompagnarlo in Svizzera, ci costringono a riflettere sullo spazio che la nostra società è disposta a dare al desiderio profondo di chi, costretto dalla sorte a ritrovarsi in un limbo di sofferenza e impotenza, vorrebbe solo mettere fine a una vita che, di vita, ha ormai molto poco. E’ una questione delicata sia dal punto di vista giuridico, sia, soprattutto, del punto di vista etico.
Ma dalla quale non è più possibile esimersi, visto che sono numerosissime le persone che aspettano che il proprio diritto all’autodeterminazione, nel momento in cui decidono di accedere al suicidio assistito, sia finalmente preso in considerazione.
In nome di quale principio si può d’altronde obbligare un’altra persona a comportarsi come alcuni pensano che si debba comportare? In nome di quali valori si può anche solo pensare di cancellare la soggettività altrui e di imporre agli altri la propria concezione del mondo e dell’esistenza?
La vita è sempre sacra, si sente ripetere da chi, forse, non si è mai dovuto confrontare con quella sofferenza profonda e quell’assenza di speranza – perché non c’è più nulla da far se non aspettare che finisca quella
«notte senza fine», come diceva Dj Fabo parlando della propria esistenza dopo l’incidente – che talvolta tolgono alla vita ogni dignità. Uccidere è un reato, si sente dire da chi, forse, non ha mai fatto lo sforzo di capire la differenza che esiste tra il “far morire” e il “lasciar partire”, il privare della vita chi, quella vita la vuol vivere e il liberare dal peso dell’esistenza chi, quell’esistenza, l’ha già abbandonata da tempo.
«Ho visto polmoni respirare da soli su un tavolo, macchine che sostituiscono cuori … Ma è vita questa?», si era chiesta la pm Tiziana Siciliano durante la requisitoria, chiedendo ai giudici o l’assoluzione di Marco Cappato o l’eccezione di legittimità costituzionale. Il cuore del problema, per lei, era proprio il senso che ha il termine “vita” quando non si ha più la possibilità di esercitare la propria dignità. Non è allora anodina la scelta della corte d’assise di tramettere gli atti alla Consulta: significa aver deciso che la questione dell’autodeterminazione non è più solo il cardine dell’etica contemporanea ma anche il pilastro attorno al quale ricostruire il nostro ordinamento giuridico. Certo, l’ultima parola spetterà al legislatore. Ma come potrà il legislatore tirarsi indietro una volta stabilito che è in nome della dignità umana che nessuno può giudicare cosa possa essere o meno degno per un’altra persona, compreso l’accesso al suicidio assistito?

https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2018/02/14/news/processo_a_cappato_il_confine_tra_legge_e_dignita_-188867430/?ref=RHPPTP-BH-I0-C12-P1-S1.4-T1

 

17 Febbraio 2018Permalink

15 febbraio 2018 – Testo della legge cd ‘fine vita’

Il testo della legge cd ‘fine vita’ è corredato da note (presenti nella Gazzetta Ufficiale, riportate in carattere corsivo)-

LEGGE 22 dicembre 2017, n. 219
Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento.
(GU Serie Generale n.12 del 16-01-2018)
note: Entrata in vigore del provvedimento: 31/01/2018

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga la seguente legge:

Art. 1 Consenso informato

1. La presente legge, nel rispetto dei principi di cui agli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e degli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge.
2. E’ promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, l’autonomia professionale e la responsabilità del medico.
Contribuiscono alla relazione di cura, in base alle rispettive competenze, gli esercenti una professione sanitaria che compongono l’équipe sanitaria. In tale relazione sono coinvolti, se il paziente lo desidera, anche i suoi familiari o la parte dell’unione civile o il convivente ovvero una persona di fiducia del paziente medesimo.
3. Ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché’ riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi. Può rifiutare in tutto o in parte di ricevere le informazioni ovvero indicare i familiari o una persona di sua fiducia incaricati di riceverle e di esprimere il consenso in sua vece se il paziente lo vuole. Il rifiuto o la rinuncia alle informazioni e l’eventuale indicazione di un incaricato sono registrati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.
4. Il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni alle condizioni del paziente, è documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare.
Il consenso informato, in qualunque forma espresso, è inserito nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.
5. Ogni persona capace di agire ha il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, con le stesse forme di cui al comma 4, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso. Ha, inoltre, il diritto di revocare in qualsiasi momento, con le stesse forme di cui al comma 4, il consenso prestato, anche quando la revoca comporti l’interruzione del trattamento. Ai fini della presente legge, sono considerati trattamenti sanitari la nutrizione artificiale e l’idratazione artificiale, in quanto somministrazione, su prescrizione medica, di nutrienti mediante dispositivi medici.
Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto di trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico prospetta al paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari, le conseguenze
di tale decisione e le possibili alternative e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica. Ferma restando la possibilità per il paziente di modificare la propria volontà, l’accettazione, la revoca e il rifiuto sono annotati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.
6. Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale. Il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste, il medico non ha obblighi professionali.
7. Nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico e i componenti dell’equipe sanitaria assicurano le cure necessarie, nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche ele circostanze consentano di recepirla.
8. Il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura.
9. Ogni struttura sanitaria pubblica o privata garantisce con proprie modalità organizzative la piena e corretta attuazione dei principi di cui alla presente legge, assicurando l’informazione necessaria ai pazienti e l’adeguata formazione del personale.
10. La formazione iniziale e continua dei medici e degli altri esercenti le professioni sanitarie comprende la formazione in materia di relazione e di comunicazione con il paziente, di terapia del dolore e di cure palliative.
11. E’ fatta salva l’applicazione delle norme speciali che disciplinano l’acquisizione del consenso informato per determinati atti o trattamenti sanitari.

N O T E
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato è stato redatto dall’amministrazione competente per materia ai sensi dell’art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull’emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n.1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi qui trascritti.

Note all’art. 1:
– Si riporta il testo degli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione:
“Art. 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”
“Art. 13. La libertà personale è inviolabile.
Non è ammessa forma alcuna di detenzione di ispezione o perquisizione personale, ne’ qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall’Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di Pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’Autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.
E’ punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.
– La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.”
“Art. 32. La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”.
– Si riporta il testo degli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea:
«Art. 1 (Dignità umana). -1. La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata.
«Art. 2 (Diritto alla vita). -1. Ogni persona ha diritto alla vita.
2. Nessuno può essere condannato alla pena di morte, ne’ giustiziato.
Art. 3 (Diritto all’integrità della persona).
– 1. Ogni persona ha diritto alla propria integrità fisica e psichica.
2. Nell’ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati:
a) il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge;
b) il divieto delle pratiche eugenetiche, in particolare di quelle aventi come scopo la selezione delle persone;
c) il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro;
d) il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani.».

Art. 2 Terapia del dolore, divieto di ostinazione irragionevole nelle cure e dignità nella fase finale della vita

1. Il medico, avvalendosi di mezzi appropriati allo stato del paziente, deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico.
A tal fine, è sempre garantita un’appropriata terapia del dolore, con il coinvolgimento del medico di medicina generale e l’erogazione delle cure palliative di cui alla legge 15 marzo 2010, n.38.
2. Nei casi di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati. In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente.
3. Il ricorso alla sedazione palliativa profonda continua o il rifiuto della stessa sono motivati e sono annotati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.

Note all’art. 2:
– La legge 15 marzo 2010, n. 38, reca “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”.

Art. 3 Minori e incapaci

1. La persona minore di età o incapace ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di decisione, nel rispetto dei diritti di cui all’articolo 1, comma 1.
Deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacità per essere messa nelle condizioni di esprimere la sua volontà.
2. Il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità.
3. Il consenso informato della persona interdetta ai sensi dell’articolo 414 del codice civile è espresso o rifiutato dal tutore, sentito l’interdetto ove possibile, avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita della persona nel pieno rispetto della sua dignità.
4. Il consenso informato della persona inabilitata è espresso dalla medesima persona inabilitata.
Nel caso in cui sia stato nominato un amministratore di sostegno la cui nomina preveda l’assistenza necessaria o la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario, il consenso informato è espresso o rifiutato anche dall’amministratore di sostegno ovvero solo da quest’ultimo, tenendo conto della volontà del beneficiario, in relazione al suo grado di capacità di intendere e di volere.
5. Nel caso in cui il rappresentante legale della persona interdetta o inabilitata oppure l’amministratore di sostegno, in assenza delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) di cui all’articolo 4, o il rappresentante legale della persona minore rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare su ricorso del rappresentante legale della persona interessata o dei soggetti di cui agli articoli 406 e seguenti del codice civile o del medico o del rappresentante legale della struttura sanitaria.

Note all’art. 3:
– Si riporta il testo dell’art. 414 del codice civile:
“Art. 414. Persone che possono essere interdette.
Il maggiore di età e il minore emancipato, i quali si trovano in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, sono interdetti quando ciò è necessario per assicurare la loro adeguata protezione.”.
– Si riporta il testo degli articoli 406 e seguenti del codice civile:
“406. Soggetti.
Il ricorso per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno può essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato, ovvero da uno dei soggetti indicati nell’art. 417.
Se il ricorso concerne persona interdetta o inabilitata il medesimo è presentato congiuntamente all’istanza di revoca dell’interdizione o dell’inabilitazione davanti al giudice competente per quest’ultima.
I responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno, sono tenuti a proporre al giudice tutelare il ricorso di cui all’art. 407 o a fornirne comunque notizia al pubblico ministero.
(Omissis).
417. Istanza d’interdizione o di inabilitazione.
L’interdizione o l’inabilitazione possono essere promosse dalle persone indicate negli articoli 414 e 415, dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore o curatore ovvero dal pubblico ministero.
Se l’interdicendo o l’inabilitando si trova sotto la responsabilità genitoriale o ha per curatore uno dei genitori, l’interdizione o l’inabilitazione non può essere promossa che su istanza del genitore medesimo o del pubblico ministero.”.
Il Capo I del Titolo XII del libro I del codice civile e’ stato introdotto dalla legge 9 gennaio 2004, n. 6, relativa all’istituzione dell’amministrazione di sostegno e modifica degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in materia di interdizioni e di inabilitazione, nonché’ relative norme di attuazione, di coordinamento e finali.

Art. 4 Disposizioni anticipate di trattamento

1. Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze
delle sue scelte, può, attraverso le DAT, esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché’ il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari. Indica altresì una persona di sua fiducia, di seguito denominata «fiduciario», che ne faccia le veci e la rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie.
2. Il fiduciario deve essere una persona maggiorenne e capace di intendere e di volere. L’accettazione della nomina da parte del fiduciario avviene attraverso la sottoscrizione delle DAT o con atto successivo, che è allegato alle DAT. Al fiduciario è rilasciata una copia delle DAT. Il fiduciario può rinunciare alla nomina con atto scritto, che è comunicato al disponente.
3. L’incarico del fiduciario può essere revocato dal disponente in qualsiasi momento, con le stesse modalità previste per la nomina e senza obbligo di motivazione.
4. Nel caso in cui le DAT non contengano l’indicazione del fiduciario o questi vi abbia rinunciato o sia deceduto o sia divenuto incapace, le DAT mantengono efficacia in merito alle volontà del disponente.
In caso di necessità, il giudice tutelare provvede alla nomina di un amministratore di sostegno, ai sensi del capo I del titolo XII del libro I del codice civile.
5. Fermo restando quanto previsto dal comma 6 dell’articolo 1, il medico è tenuto al rispetto delle DAT, le quali possono essere disattese, in tutto o in parte, dal medico stesso, in accordo con il fiduciario, qualora esse appaiano palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita. Nel caso di conflitto tra il fiduciario e il medico, si procede ai sensi del comma 5, dell’articolo 3.
6. Le DAT devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata autenticata ovvero per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio dello stato civile del
comune di residenza del disponente medesimo, che provvede all’annotazione in apposito registro, ove istituito, oppure presso le strutture sanitarie, qualora ricorrano i presupposti di cui al comma
7. Sono esenti dall’obbligo di registrazione, dall’imposta di bollo e da qualsiasi altro tributo, imposta, diritto e tassa. Nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, le DAT possono essere espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare. Con le medesime forme esse sono rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento. Nei casi in cui ragioni di emergenza e urgenza impedissero di procedere alla revoca delle DAT con le forme previste
dai periodi precedenti, queste possono essere revocate con dichiarazione verbale raccolta o videoregistrata da un medico, con l’assistenza di due testimoni.
7. Le regioni che adottano modalità telematiche di gestione della cartella clinica o il fascicolo sanitario elettronico o altre modalità informatiche di gestione dei dati del singolo iscritto al Servizio sanitario nazionale possono, con proprio atto, regolamentare la raccolta di copia delle DAT, compresa l’indicazione del fiduciario, e il loro inserimento nella banca dati, lasciando comunque al firmatario la libertà di scegliere se darne copia o indicare dove esse siano reperibili.
8. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero della salute, le regioni e le aziende sanitarie provvedono a informare della possibilità di redigere le DAT in base alla presente legge, anche attraverso i rispettivi siti internet.

Art. 5 Pianificazione condivisa delle cure

1. Nella relazione tra paziente e medico di cui all’articolo 1, comma 2, rispetto all’evolversi delle conseguenze di una patologia cronica e invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione
con prognosi infausta, può essere realizzata una pianificazione delle cure condivisa tra il paziente e il medico, alla quale il medico e l’equipe sanitaria sono tenuti ad attenersi qualora il paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il proprio consenso o in una condizione di incapacità.
2. Il paziente e, con il suo consenso, i suoi familiari o la parte dell’unione civile o il convivente ovvero una persona di sua fiducia sono adeguatamente informati, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, in particolare sul possibile evolversi della patologia in atto, su quanto il paziente può realisticamente attendersi in termini di qualità della vita, sulle possibilità cliniche di intervenire e sulle cure palliative.
3. Il paziente esprime il proprio consenso rispetto a quanto proposto dal medico ai sensi del comma 2 e i propri intendimenti per il futuro, compresa l’eventuale indicazione di un fiduciario.
4. Il consenso del paziente e l’eventuale indicazione di un fiduciario, di cui al comma 3, sono espressi in forma scritta ovvero, nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, attraverso video-registrazione o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare, e sono inseriti nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico. La pianificazione delle cure può essere aggiornata al progressivo evolversi della malattia, su richiesta del paziente o su suggerimento del medico.
5. Per quanto riguarda gli aspetti non espressamente disciplinati dal presente articolo si applicano le disposizioni dell’articolo 4.

Art. 6 Norma transitoria

1. Ai documenti atti ad esprimere le volontà del disponente in merito ai trattamenti sanitari, depositati presso il comune di residenza o presso un notaio prima della data di entrata in vigore della presente legge, si applicano le disposizioni della medesima legge.

Art. 7 Clausola di invarianza finanziaria

1. Le amministrazioni pubbliche interessate provvedono all’attuazione delle disposizioni della presente legge nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Art. 8 Relazione alle Camere

1. Il Ministro della salute trasmette alle Camere, entro il 30 aprile di ogni anno, a decorrere dall’anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, una relazione sull’applicazione della legge stessa. Le regioni sono tenute a fornire le informazioni necessarie entro il mese di febbraio di ciascun anno, sulla base di questionari predisposti dal Ministero della salute.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addi’ 22 dicembre 2017

MATTARELLA
Gentiloni Silveri, Presidente del Consiglio dei ministri
Visto, il Guardasigilli: Orlando

Testo legge:
http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2018/1/16/18G00006/sg

Novità introdotte dalla legge 219/2017
http://www.altalex.com/documents/news/2017/12/18/legge-sul-biotestamento
Pubblichiamo la tabella redatta dal Dott. Giuseppe Buffone, che illustra le novità previste dalla Legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento), pubblicata in Gazzetta Ufficiale 16 gennaio 2018, n. 12.
Tabella novità
http://www.altalex.com/~/media/altalex/allegati/2018/allegati%20free/legge-biotestamento-tabella-novita-buffone-giuseppe%20pdf.pdf

15 Febbraio 2018Permalink