6 novembre 2016 – Una chiacchierata su facebook che voglio ricordare

Cominciando da una vignetta
Ho condiviso su facebook una vignetta garbata e pertinente, formata da due battute attribuite e figure femminili Dice la figura 1: “Secondo Radio Maria il terremoto è un castigo divino perché in Italia abbiamo approvato la legge sulle unioni civili …” Replica la seconda: “… e cosa abbiamo combinato di peggio per avere Radio Maria”.

Un amico ha inserito un commento che trascrivo: “Fonzaga è quello che ha detto che lo tsunami del sud est asiatico l’ha voluto dio per portare nuove anime in paradiso. Dal suo punto di vista è coerente. Del resto un viceministro israeliano (druso) ha detto che il terremoto italiano era una punizione per il voto di astensione all’unesco. Bisogna avere pazienza…”

Ho replicato: “Poiché l’individuo Fonzaga si colloca in un ambito definito ognuno abbia la responsabilità di esprimerne il suo indignato dissenso, prima di tutto chi appartiene a quell’ambito quale che sia, soprattutto se in posizione di autorevolezza riconosciuta. Non capisco invece la precisazione etnica accanto alla funzione del viceministro dello stato di Israele. Quando io scrivo stupidaggini spero vengano contestate a prescindere dalla mia statura, peso o numero di scarpe, caratteristiche secondo me assimilabili a una eventuale appartenenza etnica mi venga appiccicata addosso”.

L’amico che aveva inviato il primo commento ha aggiunto due note. “Lo specifico per evitare (spero) la canea antisemita che si scatena a sentir parlare di un ministro israeliano” e ancora “Spero tu capisca che è un po’ diverso dal numero di scarpa, anche se concordo che non dovrebbe essere così”.

Ho risposto:
Caro J., mi spiace dover chiarire con te, che mi sei amico, quello che ritenevo ovvio ma proprio perché mi sei e ti sono amica, rispondo: 1. Ho scritto che – PER ME – una serie di caratteristiche di carattere banale sono “assimilabili a una eventuale appartenenza etnica mi venga appiccicata addosso”. Mi spiego: se qualcuno dice che sono nata in Friuli, che sono vissuta in Friuli, che risiedo in Friuli afferma evidenti dati di fatto. Ma se qualcuno mi attribuisce opinioni perché ‘friulana’ mi offendo perché trasferisce le mie scelte di vita all’immobile immodificabilità della etnia subita per nascita (che comprenderebbe quindi non solo nascita e residenza ma intelletto, etica e quant’altro – PER ME- appartiene alla libera scelta, maturata da una persona responsabile e consapevole o che almeno cerca di esserlo).
Ho vissuto la mia adolescenza e la mia prima giovinezza negli anni ’50 quando il sistema educativo (dalla famiglia, alla scuola, all’ambiente sociale) si riferiva alla tradizione consolidata localmente e quindi a una presunzione ‘etnica’ rigida, esclusiva non inclusiva. Mi sembrava di essere un bidone della spazzatura da riempire e il mio disgusto per tutto questo nato allora, è rimasto negli anni e negli anni (molti) l’ho elaborato.
2. L’indicazione di druso accanto al nome del ministro di Israele mi è sembrato un qualche cosa di inutile: aveva detto una sciocchezza nell’ambito del suo ruolo istituzionale e come tale meritava responsabile opposizione, come lo sciagurato teologo di Radio Maria, così come è doveroso sottoporre a attenzione critica e dissenso la risoluzione dell’Unesco, ricordando che gli antichi nomi di Gerusalemme hanno ANCHE una denominazione araba, entrambe non esclusive almeno nella storia.

6 Novembre 2016Permalink

1 novembre 2016 – Calendario di novembre

.1 novembre 1911   –   Primo bombardamento aereo italiano in Libia
………………………….(e primo bombardamento aereo della storia).
.1 novembre 2009  –     Morte di Alda Merini
.1 novembre 2016  –     Morte di Tina Anselmi, prima donna ministro nella storia della
………………………………..repubblica
.2 novembre 1975  –     Assassinio di Pier Paolo Pasolini
.3 novembre 1970  —    Salvador Allende diventa presidente del Cile.
.4 novembre 1966       Alluvione di Firenze
.4 novembre 1995 –      Assassinio di Yitzhak Rabin
.6 novembre 1962 –     Risoluzione ONU contro l’apartheid in Sudafrica
.7 novembre 1917 –     Rivoluzione d’Ottobre
.8 novembre 1960 –     USA: elezione alla presidenza di J.F.Kennedy
.9 novembre          –      Giornata internazionale contro il fascismo e l’antisemitismo
……………………………(nota)
.9 novembre 1938 –     Germania: “notte dei cristalli”
.9 novembre 1989 –     Germania: abbattimento del muro di Berlino
.9 novembre 1993 –     Distruzione del ponte di Mostar
10 novembre 1483 –    Nascita di Martin Lutero
11 novembre 1992 –    La chiesa anglicana inglese ammette le donne pastore (gli
…………………………..anglicani usano anche il termine ‘prete’). Nel mese di dicembre
…………………………..2014 verrà consacrata la prima ‘vescova’
13 novembre 354   –     Nascita di Agostino di Ippona
13 novembre 2015 –     Attentati dell’ISIS a Parigi – strage del Bataclan
15 novembre 1988 –    L’ANP annuncia la nascita dello stato palestinese
16 novembre 1989 –     El Salvador – strage dell’UCA – Universidad Centroamericana
…………………………..José Simeón Cañas
17 Novembre 1938 –   REGIO DECRETO LEGGE n. 1728 Provvedimenti per la
……………………………difesa della razza italiana
18 novembre 1626 –   Consacrazione della basilica di San Pietro
19 novembre 1975 –   Spagna: morte di Francisco Franco
20 novembre               Giornata internazionale per i diritti dell’Infanzia e
………………………….dell’adolescenza (nota)
20 novembre 1945 –   Inizio del processo di Norimberga
20 novembre 1989 –   L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approva la
………………………….Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e
………………………….dell’adolescenza, ratificata dall’Italia con legge 176/1991
20 novembre 2016 –    Chiusura giubileo della Misericordia
22 novembre 2004 –   Ucraina: inizio della ‘rivoluzione arancione’
23 novembre 1971 –   La Cina sostituisce Taiwan nel Consiglio di Sicurezza
……………………………dell’ONU.
25 novembre 1973 –   Grecia: golpe militare
25 novembre 1992 –   Il Parlamento vota la divisione fra Repubblica Ceca e Slovacca
25 novembre 2016 –    Morte di Fidel Castro
26 novembre 1915 –   Einstein presenta la teoria della relatività generale
26 novembre 1954 –   Ritorno di Trieste all’Italia
27 novembre 1941 –   Resa di Gondar: l’Italia lascia l’Africa Orientale.
………………  ………Gondar – antica capitale imperiale dell’Etiopia
29 novembre          –   ONU: giornata internazionale di solidarietà con il popolo
……………………………palestinese (nota)
30 novembre 1943  –  Morte di Etty Hillesum ad Auschwitz
30 novembre 1999 –   Seattle: prima mobilitazione del movimento no-global

L’elenco delle giornate internazionali celebrate dalle Nazioni Unite si raggiunge con

http://www.centrounesco.to.it/?action=view&id=337

1 Novembre 2016Permalink

26 ottobre 2016 – Quando un ministro si fa in due .. anzi è due

26 ottobre – Niente profughi a Gorino dopo le barricate. Alfano: Quella non è Italia.
Copio da un comunicato Ansa dell’Emilia Romagna una dichiarazione del ministro dell’interno, Angelino Alfano: . “Di fronte a 12 donne, delle quali una incinta, organizzare blocchi stradali non fa onore al nostro paese. Poi certo tutto può essere gestito meglio, possiamo trovare tutte le scuse che vogliamo, ma quella non è Italia. Quel che è accaduto non è lo specchio dell’Italia”.

LA VICENDA, raccontata nello stesso comunicato:

Gli abitanti avevano fin da ieri eretto barricate contro l’arrivo di profughi all’Ostello di Gorino, requisito dal Prefetto, per affrontare l’emergenza nel piano di accoglienza nazionale. Una protesta clamorosa contro la decisione di ospitare i migranti da parte di diversi cittadini di Gorino e della vicina Goro, che hanno eretto dei blocchi stradali per impedire il passaggio dei pullman. La protesta in qualche modo ha sortito il suo effetto. Le 12 profughe (di cui una incinta) sono state sistemate a Comacchio (4), Fiscaglia (4) e Ferrara

Qualche cosa mi frulla per la testa, verifico e scopro il secondo Alfano.

L’attuale ministro dell’interno, Angelino Alfano, era  Ministro della giustizia nel quarto  governo Berlusconi (dall’8 maggio 2008 al 27 luglio 2011) quando venne approvata la legge “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” che all’art. 1 comma 22, lettera g stabilisce che chi nasce in Italia, figlio di migranti non comunitari privi del permesso di soggiorno, non può avere il certificato di nascita.
E non basta: il 30 maggio 2013, quando fu espulsa dall’Italia la signora Shalabayeva con la figlia di sei anni lo stesso Alfano era ministro dell’interno del governo Letta e si autocertificò ignaro di quella strana vicenda. Dichiarò infatti: “Mi hanno tenuto all’oscuro. Pensate che io sono stato avvisato solo dal ministero degli Esteri”. (Il Ministro degli esteri era Emma Bonino il cui impegno avrebbe risolto la situazione alla fine dell’anno).
Ne ho parlato più volte nel mio blog. Una fra tante il 27 novembre 20\5

https://diariealtro.it/?p=4100

15 luglio 2009. L’Italia crea fantasmi per legge.
L’allora  ministro della giustizia è perciò responsabile (non da solo) del fatto che si sia violato un diritto fondamentale di ogni nuovo nato: quello di avere un’esistenza riconosciuta di cui è testimonianza il certificato di nascita, di avere una madre e un padre (se dopo il concepimento del figlio è ancora una figura identificabile), una cittadinanza (che con la legge attuale è quella dei genitori). Specularmente i genitori di questi piccoli non possono  dire (se non esponendosi al rischio di espulsione): “Questo è mio figlio”.

Dal quarto governo Berlusconi al primo governo Renzi.
Questa ferita ai fondamenti della nostra civiltà non è stata sanata. Infatti le due proposte di legge presentate in proposito non sono state discusse. Il principio che da quelle si ricava è stato invece inserito nella proposta di legge sulla cittadinanza che si giace dalla scorsa primavera alla (dis)attenzione della commissione Affari Costituzionali del Senato che non avrebbe i numeri per approvarla come la Camera ha fatto.

Il ministro Alfano è riconoscibile nella continuità della legale discriminazione dei bambini, nemico facile da combattere e vincere?
In questo caso la sua storia potrebbe fare di Gorino la testa di ponte esemplare per rendere operativo il principio che vuole la negazione dei figli e la penalizzazione di madri e padri..
Oppure il ministro che oggi sembra orientato alla loro tutela è un uomo nuovo e diverso colpito ‘sulla via di Gorino’ dalla visione grottesca delle barricate contro un autobus occupato da donne e bambini?
O la sua storia continuerà ad altalenare fra mr Jekylll e il dr Hyde in veste governativa?
Staremo a vedere. Ciò che mi fa temere il peggio è l’indifferenza dell’opinione pubblica a che una legge del nostro ordinamento crei fantasmi ‘di razza’. Sono sette  anni che lo verifico.

FONTE:

http://www.ansa.it/emiliaromagna/notizie/2016/10/24/barricate-contro-profughi-nel-ferrarese_e3a5f4af-588f-4433-9e69-092f4295f559.html

 

26 Ottobre 2016Permalink

25 ottobre 2016 — Quando la conoscenza della storia può costruire uno strumento per superare non sopiti, anche speculari, razzismi.

Facendo seguito a ciò che ho scritto ieri sull’uso strumentale della storia che “può costruire le condizioni per rinnovare non sopiti, anche speculari, razzismi” trascrivo un articolo di Ezio Mauro (fonte in calce) di cui segnalo un passo che sintetizza le ragioni per cui l’ho collocato in questo mio tentativo di ragionamento.

“Dunque esiste una scala nell’antisemitismo che è specifica ma rimanda un’eco per tutti i razzismi e le xenofobie: stigmatizzazione, conversione forzata, discriminazione, segregazione, espulsione, aggressione, sterminio. La soluzione finale non arriva quindi per caso o all’improvviso. Prima c’è la riduzione dell'”altro” a corpo estraneo, corpo ostile non assimilabile, che va escluso dalla vita politica, economica, culturale per spingerlo a emigrare, poi c’è l’espulsione per chi resta”.

20 ottobre 2016  Antisemitismo, corsi e ricorsi di una tragedia dall’ottusità burocratica allo sterminio sistematico In un saggio di Taguieff i miti negativi che nutrirono le persecuzioni degli ebrei.
Un’indagine da leggere in parallelo con il ritorno di pratiche xenofobe di EZIO MAURO

SICURAMENTE ignorante, dunque apparentemente “innocente” secondo i canoni rovesciati della nuova antipolitica, sta ritornando in Europa una pratica che dovremmo conoscere bene: i governi che prescrivono la “lista” degli stranieri, la loro individuazione, la classificazione, la divisione delle persone in categorie distinte, con le scuole che procedono all’identificazione di specifiche caratteristiche antropologiche per chi viene da altri Paesi. Quasi come se le democrazie spaventate si muovessero inconsciamente alla ricerca dell’ultima forma del peccato originale, il peccato d’origine. Tutto questo disegnando con le persone una scala implicita di vicinanza o di lontananza dall’uomo bianco indigeno che i populisti xenofobi o anche i conservatori a caccia di voti considerano ormai l’unico soggetto meritevole di tutela.

Non sappiamo quel che stiamo facendo, non ne leggiamo il significato profondo e universale che pure dovrebbe risalire dalla nostra storia recente, preferiamo trasformare le pulsioni estreme in burocratiche misure amministrative e poi rapidamente in “gaffe” quando scoppia l’incidente, e il governo di Sua Maestà britannica deve chiedere scusa.

Siamo nuovamente tornati a ragionare di spazi, movimenti, frontiere, e dentro questa spazialità identitaria ci stiamo smarrendo credendo di proteggerci, mentre abbiamo paura di tutto ciò che si muove tra i vecchi confini. Osserviamo il rimpicciolimento dei nostri orizzonti, le chiusure progressive a cui scegliamo di assoggettarci: prima il terrore della mondializzazione, con qualche motivo. Poi il ripudio dell’Europa, con troppa fretta. Quindi la chiusura nell’identità nazionale nascosta tra i muri. Infine, in quello spazio recintato e protetto, l’ultima distinzione e la definitiva separazione: l’elenco dello straniero, marchiato burocraticamente nel cuore dell’Europa democratica del 2016.Ma era stata proprio la burocrazia statale ad agire per prima e per gradi, due mesi dopo la presa del potere di Adolf Hitler. Dunque, se siamo fortunatamente vaccinati dai fascismi, dovremmo almeno vigilare sull’ottusità strumentale degli apparati amministrativi di governo, sui loro meccanismi che una politica spaventata e inconsapevole sta nuovamente mettendo in moto. Dovremmo ricordare che in soli dodici anni, tra il 1933 e il 1945, il governo del Reich firmò duemila decreti anti- ebrei per cancellare passo dopo passo i loro diritti, realizzando nel 1933 quella che fu chiamata la loro “morte civica”, nel 1935 la “morte politica” e nel 1938 la “morte economica”. Anche allora era pura tecnica amministrativa?

Stiamo parlando di anni in cui la logica hitleriana è ancora quella della persecuzione e della discriminazione come armi di pressione per costringere gli ebrei tedeschi ad emigrare in massa, e infatti all’avvento del regime vivevano in Germania 500 mila ebrei, mentre nel 1939 la metà di loro aveva cercato scampo all’estero. Lo strumento è la compressione crescente dei diritti degli ebrei, la progressiva e sistematica riduzione del loro spazio di cittadinanza, la vita quotidiana mutilata pezzo per pezzo sotto gli occhi di tutti, sotto gli occhi degli altri, cittadini a pieno diritto. Prima il boicottaggio delle attività commerciali nel 1933, poi gli ostacoli di una “banale” azione amministrativa contro i medici e gli avvocati, quindi l’esclusione dagli uffici pubblici, infine da tutti i settori vitali del Paese per arrivare nel ’35 alle leggi di Norimberga che vietano i matrimoni misti e codificano la categoria da colpire: chi ha almeno due nonni ebrei.

È utile, oggi che ci sentiamo al riparo della storia, indagare la banalità della selezione, ripercorrere l’ottusità tecnica della differenziazione, fisica, civile o culturale, fino alla risoluzione dell’Unesco che due giorni fa ha negato il legame tra il “miglio sacro” dei luoghi santi di Gerusalemme e gli ebrei. Lo fa Pierre-André Taguieff nel suo saggio sull’antisemitismo (Cortina editore), che è una storia dettagliata della giudeofobia e delle sue metamorfosi dall’antichità fino al contemporaneo, ma è anche un’indagine sul pregiudizio e sui miti negativi che lo sostengono e lo giustificano, ottundendo via via il senso di una responsabilità comune, la coscienza democratica, il sentimento di umanità.

Il termine “antisemitismo” (che si basa sull’equivoco di una visione razziale della storia fondata sulla lotta tra semiti e ariani, mentre gli ebrei non sono semiti in senso etnico, e non tutti i semiti sono ebrei) viene coniato nel 1860 dall’ebreo austriaco Moritz Steinschneider per denunciare un pregiudizio antiebraico ma presto viene impugnato da movimenti antiebraici per definire se stessi, tanto che nel 1888 si raccolgono 265 mila firme per la “Petizione degli antisemiti” contro l’emancipazione degli ebrei e nel 1882 la definizione approda sul dizionario tedesco Brokhaus: “Odio verso gli ebrei, avversione per l’ebraismo, lotta contro i caratteri, i modi e le intenzioni del semitismo”.

Prende così il via la fase post- religiosa della giudeofobia, che cataloga le caratteristiche razziali, fisiche, mentali dell’ebreo considerandole fisse e immutabili, per innestare su questo profilo codificato e denunciato pubblicamente una visione fantasmatica capace di alimentare odio e ostilità verso ogni individuo che appartenga al gruppo, proprio e soltanto per l’appartenenza. La giudeofobia è prima pagana, ricorda Taguieff classificandola storicamente, poi teologico- religiosa cristiana, poi antireligiosa illuministica, poi anticapitalistica e socialista, poi ancora razziale e nazionalistica per approdare alla forma contemporanea dell’antisionismo radicale che salda i due stereotipi eterni quando mescola la denuncia di nazionalismo all’accusa di mondialismo: deorientalizzando e desemitizzando il popolo ebraico per occidentalizzarlo radicalmente nella guerra annunciata da Bin Laden nel 1998 contro “la crociata mondiale”.

La sua persistenza nella storia attraverso una continua metamorfosi dell’odio è dovuta alla forte carica mitica, al fondamento teologico, alla capacità di adattamento a culture diverse. L’accusa più ricorrente agli ebrei è di costituire uno Stato nello Stato, una sorta di nazione separata all’interno della nazione d’accoglienza, con la conseguenza per cui l’antisemitismo sarebbe una forma di difesa indigena. A questo corto-circuito di comodo ha già risposto Sartre, spiegando che non è l’ebreo a provocare l’antisemitismo, ma al contrario è l’antisemitismo che crea l’ebreo come soggetto immaginario e mitologico, costruito su misura per giustificare l’odio fobico dei suoi avversari. I quali in questo processo di costruzione del nemico eterno, universale, lo sopravvalutano dilatandolo nel numero dunque nella presenza, nelle facoltà, quindi nella potenza, nell’ubiquità leggendaria, fino ai luoghi del dominio. È la formula di Alfred Rosenberg, l’ideologo nazista: “L’ebreo si erge come il nostro avversario metafisico”.

Queste accuse sono anche forme di razionalizzazione teologica, politica, scientifica dell’antisemitismo, appoggiandolo ai grandi miti antiebraici che ideologizzano e culturizzano la giudeofobia, dall’odio verso il genere umano all’assassinio rituale, al deicidio con l’assassinio di Cristo, alla maledizione con l’erranza, alla perfidia della speculazione finanziaria, alla cospirazione, al razzismo per l’elezione divina del popolo prediletto. È da qui che sono nate le tre politiche con cui si è manifestata la violenza contro gli ebrei: la conversione, da quando nel IV secolo Costantino trasforma il cristianesimo in religione di Stato, la persecuzione ogni volta che la conversione fallisce, con il Talmud processato e portato in piazza nel 1242 su 24 carretti per essere bruciato pubblicamente. L’ultima politica è l’annientamento.

Bisognerebbe riflettere sulla concatenazione dei passaggi. La giudeofobia ha quattro dimensioni, e la prima è fatta di atteggiamenti e opinioni (credenze ostili, stereotipi negativi, pregiudizi) che producono esclusione simbolica; la seconda da comportamenti individuali o collettivi che producono esclusione sociale; la terza da decisioni istituzionali che producono esclusione discriminatoria, la quarta da discorsi ideologici e dottrinari, che teorizzano la violenza finale. Dunque esiste una scala nell’antisemitismo che è specifica ma rimanda un’eco per tutti i razzismi e le xenofobie: stigmatizzazione, conversione forzata, discriminazione, segregazione, espulsione, aggressione, sterminio. La soluzione finale non arriva quindi per caso o all’improvviso. Prima c’è la riduzione dell'”altro” a corpo estraneo, corpo ostile non assimilabile, che va escluso dalla vita politica, economica, culturale per spingerlo a emigrare, poi c’è l’espulsione per chi resta, dal 1941 c’è lo sterminio “come logica conseguenza di un lungo processo di emarginazione degli ebrei, trattati come estranei al genere umano, patologizzati, demonizzati come una potenza satanica”.

È un’evoluzione per stadi, che Hilberg riassume in questi tre passaggi via via più prescrittivi: “Se rimanete ebrei, non avete il diritto di vivere tra noi”. “Non avete il diritto di vivere tra noi”. “Non avete il diritto di vivere”. Lo strumento tecnico di queste politiche è fin dall’inizio la lista, perché su di essa si basa l’intenzione di “purificare” la popolazione legittima, distinguendo gli “altri”. Ben prima della soluzione finale, l’emarginazione, la discriminazione, la delegittimazione e infine la segregazione hanno bisogno di una tecnica di supporto, con strumenti pratici e amministrativi per individuare, identificare, localizzare, registrare, classificare, censire, marchiare, comunque separare. È l’ossessione del “passeggero clandestino”, dell’infiltrato, dell’estraneo nel corpo nazionale supposto puro, dunque da distinguere e difendere. Tutto questo nasce nello spazio occidentale, nel quadro delle procedure democratiche, nel dominio del diritto, nel cuore dell’Europa cristiana e dell’umanesimo progressista, ultima religione secolare dei moderni. La cornice di civiltà non ci preserva. L’orrore, ci ricorda Bauman, non è figlio dell’irrazionale ma è l’esito di un processo che è al contrario espressione della modernità e della sua razionalità e usa la competenza tecnologica, impiega gli strumenti del progresso, misura l’efficacia dei metodi,

valuta il rapporto tra mezzi e fini, ricorre all’applicazione universale della norma. Fino alla conclusione: La violenza burocratizzata, in tutte le sue forme, “è l’espressione stessa della civiltà occidentale contemporanea, non una ribellione contro di essa”.

http://www.repubblica.it/cultura/2016/10/20/news/antisemitismo-150163167/

25 Ottobre 2016Permalink

24 ottobre 2016 — Quando l’uso strumentale della storia può costruire le condizioni per rinnovare non sopiti, anche speculari, razzismi.

Il 21 ottobre del 2015 Huffington Post  pubblicava un articolo redazionale dal titolo: “Benyamin Netanyahu: “Sono stati i palestinesi a spingere Hitler allo sterminio degli ebrei” “. Berlino: “Non cambiamo la storia” (link in calce)

L’articolo torna a girare non so per quale ragione. Lo ricopio e ricordo che pochi giorni fa c’è stato l’anniversario dello deportazione degli ebrei dal ghetto di Roma, di cui ho scritto nel mio blog il 16 ottobre e che Israele non riconosce (in consonanza con la Turchia) il genocidio armeno. Anche di questo ho pubblicato documentazione nel mio blog il 13 luglio scorso. Così ho dato spazio, il 16 settembre,  a un ‘Appello agli ebrei nel mondo’ (primi firmatari gli scrittori David Grossman e Amos Oz).

21 ottobre del 2015 “Benyamin Netanyahu: “Sono stati i palestinesi a spingere Hitler allo sterminio degli ebrei” “. Berlino: “Non cambiamo la storia”

Conosciamo bene i fatti, non c’è nessun motivo per cambiare la storia”, poche e lapidarie le parole del portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert, rispondendo alle affermazioni di Netanyahu sulla Shoah secondo cui Hitler all’epoca non voleva “sterminare” gli ebrei, ma “espellerli”. “Conosciamo bene l’origine dei fatti – ha aggiunto – ed è giusto che la responsabilità sia sulle spalle dei tedeschi”.

Le affermazioni del premier Benyamin Netanyahu hanno suscitato molto scalpore. Secondo quanto ha detto il premier israeliano, HItler fu convinto alla Soluzione finale dal Muftì di Gerusalemme Haj Amin Al-Husseini. “Hitler -ha detto al Congresso sionista- all’epoca non voleva sterminare gli ebrei ma espellerli. Il Muftì andò e gli disse ‘se li espelli, verranno in Palestina. ‘Cosa dovrei fare?’ chiese e il Muftì rispose ‘Bruciali'”.

Come ricorda oggi il quotidiano Haaretz, Netanyahu aveva già sostenuto tale tesi in un discorso tenuto alla Knesset nel 2012, quando definì Husseini “uno dei principali architetti” della soluzione finale. Una ricostruzione avanzata da diversi storici, ha sottolineato il quotidiano, ma respinta dai più accreditati ricercatori sull’olocausto.

Interpellati oggi dal quotidiano Yedioth Aharonot, diversi storici hanno di nuovo respinto tale ricostruzione. Il professore dan michman, a capo dell’istituto per la ricerca sull’olocausto dell’università di bar-ilan, tel aviv, e presidente dell’istituto internazionale per la ricerca sull’olocausto dello Yad Vashem, ha confermato l’incontro tra Hitler e il muftì, sottolineando però che questo avvenne quando la soluzione finale era già stata avviata.

Anche il presidente degli storici dello Yad Vashem, Dina Porat, ha respinto la ricostruzione di Netanyahu: “Non si può dire che è stato il muftì a dare a Hitler l’idea di uccidere o bruciare gli ebrei. Non è vero”.

Dura la replica del leader dell’opposizione Isaac Herzog: “Una pericolosa distorsione. Chiedo a Netanyahu di correggerla immediatamente perché minimizza la Shoah… e la responsabilità di Hitler nel terribile disastro del nostro popolo”.

L’affermazione di Netanyahu è totalmente senza basi”, ha invece commentato Efraim Zuroff, direttore del Centro Wiesenthal di Gerusalemme. “Che il Muftì spingesse sui nazisti e volesse l’invasione della Palestina è fuori discussione, ma Hitler non doveva essere convinto da nessuno”.

“Non ho avuta alcuna intenzione di sollevare Hitler dalla responsabilità per l’Olocausto e la Soluzione Finale”, ha in seguito precisato Netanyahu.

Fonti:

http://www.huffingtonpost.it/2015/10/21/netanyahu-palestinesi-hitler_n_8344490.html

16 ottobre 2016: La necessità della memoria,   https://diariealtro.it/?p=4656

13 luglio 2016 ‘Uso politico del negazionismo’   https://diariealtro.it/?p=4472

16 settembre 2016 ‘Appello agli ebrei nel mondo’ https://diariealtro.it/?p=4595

24 Ottobre 2016Permalink

16 ottobre 2016 – La necessità della memoria

“Quando é viva davvero la memoria non contempla la storia, ma spinge a farla. <…> Come noi… è  piena di contraddizioni … non è  nata per servirci da ancoraggio. La sua vocazione sarebbe piuttosto di farci da catapulta”.  Eduardo Galeano scrittore uruguayano

Roma 16-10-43: Una mostra ricorda il rastrellamento del ghetto ebraico

Le foto e le lettere dei deportati, le testimonianze di chi si è salvato di UMBERTO GENTILONI

ROMA – “Sono nato in via del Portico d’Ottavia al numero 9. Quella mattina del 16 ottobre 1943 i tedeschi ci entrarono in casa. Ci hanno svegliati e siamo scesi in strada, seguendo istruzioni precise. Dovevamo attraversare la via, passare sul marciapiede opposto e camminare verso il Tevere. Poco più avanti, al primo slargo con un incrocio, ci aspettava un camion dove saremmo dovuti salire per iniziare un lungo viaggio”.

Parla con precisione e commozione Mario Mieli (meglio conosciuto come Mario Papà) mentre riavvolge il nastro di una storia che ha inizio alle prime luci dell’alba di un sabato mattina di settantatré anni fa. Sono tracce di memorie lontane, parole che a fatica mettono insieme sensazioni, ricordi, racconti collettivi passati attraverso la ferita di un giorno inimmaginabile: la grande retata degli ebrei romani, la tragedia che giunge in pochi minuti, irrompe nelle famiglie, nelle storie più diverse, senza preavviso. E la vita rimane appesa a un filo, a un confine che non esiste tra il prima e il dopo.

L’irruzione in casa di uomini in divisa, porte sfondate, armi in pugno, il calcio del mitra, terrore diffuso in lunghi attimi di attesa rotti da poche parole per molti incomprensibili. A seguire la consegna delle istruzioni dattiloscritte su un piccolo ritaglio di carta bianca: “1. Insieme con la vostra famiglia e con gli altri ebrei appartenenti alla vostra casa sarete trasferiti. 2. Bisogna portare con sé: a) viveri per almeno otto giorni; b) tessere annonarie; c) carta d’identità; d) bicchieri. 3. Si può portare via: a) valigetta con effetti e biancheria personale, coperte; b) denaro e gioielli. 4. Chiudere a chiave l’appartamento e prendere con sé le chiavi. 5. Ammalati, anche casi gravissimi, non possono per nessun motivo rimanere indietro. Infermeria si trova nel campo. 6. Venti minuti dopo la presentazione di questo biglietto la famiglia deve essere pronta per la partenza”.

Un linguaggio sinistro che è già una condanna pianificata: tenere insieme i nuclei delle famiglie per fingere di dare conforto evitando reazioni o resistenze, indicare una meta inesistente (il trasferimento), giocare sul fattore tempo, far presto senza lasciare tracce o prove degli spostamenti di truppe o persone mobilitate in quella mattina. Solo venti minuti prima che la tragedia abbia inizio: appena il tempo di chiudere con la vita precedente per piombare increduli e impreparati nel cono d’ombra della deportazione. E da lì il destino delle situazioni diverse, degli imprevisti del caso o delle piccole grandi azioni di chi si trova dentro il tracciato di un itinerario che inizia con gli sportelli di un camion parcheggiato dietro casa per concludersi sulla rampa di Auschwitz-Birkenau.

FONTI
http://www.repubblica.it/cultura/2016/10/16/news/roma_16-10-43_una_mostra_ricorda_il_rastrellamento_del_ghetto_ebraico-149881966/?ref=HREC1-1

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/16-ottobre-1943-72-anni-fa-il-rastrellamento-del-Ghetto-di-Roma-aa097814-89c5-4823-ac47-5e76675c42f5.html

http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/sabato-nero/404/default.aspx

 

 

16 Ottobre 2016Permalink

14 ottobre 2016 –- Emma Bonino e i radicali di fronte ai problemi delle migrazioni

Non solo i radicali, per favore. Una mia premessa

Riporto testi proposti con competenza e senso di responsabilità che spero vengano letti e chiedo:
Chi vorrà dare altrettanta visibilità al problema dei bambini che nascono in Italia ma cui dal 2009 la legge nega il certificato di nascita perché figli di sans papier?

Nel testo che segue, un articolo pubblicato su La Repubblica del 13 ottobre il giornalista Vladimiro Polchi fa conoscere gli otto falsi miti da sfatare identificati da Emma Bonino
Di seguito la segnalazione delle proposte dei radicali italiani per cambiare il racconto sull’immigrazione

Migranti, gli otto falsi miti da sfatare

Dai 35 euro al giorno al lavoro rubato agli italiani. Emma Bonino ha ideato un “piccolo prontuario” per smontare punto per punto i pregiudizi sull’accoglienza

ROMA – “Ci rubano il lavoro”. “Gli diamo 35 euro al giorno per non fare niente”. “Li ospitiamo in alberghi a 5 stelle”. Fermo: “Tutto quello che sai sugli immigrati è falso!”. O almeno così sostiene un “prontuario” dei Radicali italiani, ideato da Emma Bonino, che prova a confutare punto per punto “otto grandi bugie” sui migranti.

  1. Siamo di fronte a un’invasione! Il “Piccolo prontuario per un racconto (finalmente) veritiero sull’immigrazione” parte da otto affermazioni, poi tenta di smontarle utilizzando dati di varie fonti. La prima: “Siamo di fronte a un’invasione!”. La replica: “Nell’Unione Europea, su oltre 500 milioni di residenti di ogni età (510 milioni) nel 2015, solo il 7% è costituito da immigrati (35 milioni), mentre gli autoctoni sono la stragrande maggioranza (93%, pari a 473 milioni). La quota di stranieri varia notevolmente tra i Paesi europei (il 10% in Spagna, il 9% in Germania, l’8% nel Regno Unito e in Italia, il 7% in Francia). È curioso, però, che i Paesi più ostili all’accoglienza degli immigrati sono quelli che ne hanno di meno: la Croazia, la Slovacchia e l’Ungheria, ad esempio, che ne hanno circa l’1%”.
  2. . Ma non c’è lavoro neanche per gli italiani, non possiamo accoglierli! La risposta dei Radicale: “Per mantenere sostanzialmente inalterata la popolazione italiana dei 15-64enni nel prossimo decennio, visto che tra il 2015 e il 2025 gli italiani diminuiranno di 1,8 milioni, è invece necessario un aumento degli immigrati di circa 1,6 milioni di persone: si tratta di un fabbisogno indispensabile per compensare la riduzione della popolazione italiana in età lavorativa”.
  3. Sì, ma questi ci rubano il lavoro! La replica: “Agli immigrati sono riservati solo i lavori non qualificati, in gran parte rifiutati dagli italiani: gli stranieri non riducono l’occupazione degli italiani, ma occupano progressivamente le posizioni meno qualificate abbandonate dagli autoctoni, soprattutto nei servizi alla persona, nelle costruzioni e in agricoltura: settori in cui il lavoro è prevalentemente manuale, più pesante, con remunerazioni modeste e con contratti non stabili. Dai dati più aggiornati del 2015, infatti, emerge che oltre un terzo degli immigrati svolge lavori non qualificati (36% contro il 9% degli italiani)”.
  4. Sarà, però ci tolgono risorse per il welfare. “I costi complessivi dell’immigrazione, tra welfare e settore della sicurezza, sono inferiori al 2% della spesa pubblica.  Dopodiché, gli stranieri sono soprattutto contribuenti: nel 2014 i loro contributi previdenziali hanno raggiunto quota 11 miliardi, e si può calcolare che equivalgono a 640mila pensioni italiane. Col particolare che i pensionati stranieri sono solo 100mila, mentre i pensionati totali oltre 16 milioni”.
  5. Comunque i rifugiati sono troppi, non c’è abbastanza spazio in Europa! “Dei 16 milioni complessivi – scrivono i Radicali – solo 1,3 milioni sono ospitati nei 28 Paesi dell’Unione europea (8,3%), tra cui l’Italia (118mila, pari allo 0,7%). I Paesi che ospitano il maggior numero di rifugiati nel 2015 sono la Turchia (2,5 milioni), il Pakistan (1,6 milioni), il Libano (1,1 milioni) e la Giordania (664 mila)”.
  6. Certo, e allora li ospitiamo negli alberghi. “I centri di accoglienza straordinaria sono strutture temporanee cui il ministero dell’Interno ha fatto ricorso, a partire dal 2014, in considerazione dell’aumento del flusso: le prefetture, insieme alle Regioni e agli enti locali, cercano ulteriori posti di accoglienza nei singoli territori regionali, e quando non li trovano si rivolgono anche a strutture alberghiere. Si tratta di una gestione straordinaria ed emergenziale, spesso criticata in primo luogo da chi si occupa di asilo, perché improvvisata, in molti casi non conforme agli standard minimi di accoglienza e quindi inadatta ad attuare percorsi di autonomia. Quindi sono uno scandalo non gli alberghi, ma la mala gestione e l’assenza di servizi forniti in quei centri improvvisati”.
  7. E diamo loro 35 euro al giorno per non fare niente! “In Italia, nel 2014, sono stati spesi complessivamente per l’accoglienza 630 milioni di euro, e nel 2015 circa 1 miliardo e 162 milioni. Il costo medio per l’accoglienza di un richiedente asilo o rifugiato è di 35 euro al giorno (45 per i minori) che non finiscono in tasca ai migranti ma vengono erogati agli enti gestori dei centri e servono a coprire le spese di gestione e manutenzione, ma anche a pagare lo stipendio degli operatori che ci lavorano. Della somma complessiva solo 2,5 euro in media, il cosiddetto “pocket money”, è la cifra che viene data ai migranti per le piccole spese quotidiane (dalle ricariche telefoniche alle sigarette)”.
  8. Sì, però i terroristi islamici stanno sfruttando i flussi migratori per fare attentati e conquistare l’Europa! “Limitando l’osservazione al terrorismo islamista, i primi 5 Paesi con la maggiore quota di morti sono l’Afghanistan (25%), l’Iraq (24%), la Nigeria (23%), la Siria (12%), il Niger (4%) e la Somalia (3%). Le vittime dell’Europa occidentale rappresentano una quota residuale, inferiore all’1%. L`Italia è terra d’immigrazione con molti cristiani ortodossi: oltre 2 milioni tra ucraini, romeni, moldavi e altre  nazionalità. Seguono circa 1 milione e 700mila persone di religione musulmana (compresi gli irregolari e minori), meno di un terzo del totale degli oltre 5 milioni di stranieri in Italia. In Europa solo il 5,8 per cento della popolazione è di religione islamica”.

Le proposte dei radicali italiani per cambiare il racconto sull’immigrazione

I radicali hanno anche pubblicato il rapporto “GOVERNANCE DELLE POLITICHE MIGRATORIE FRA LAVORO E INCLUSIONE”

Prefazione di Emma Bonino Introduzione di Riccardo Magi  Rapporto a cura di Roberto Cicciomessere* (capitoli 1-5 e 8) e Vitaliana Curigliano (capitoli 6-8) Hanno collaborato: Andrea Barone (paragrafo 6.4) Daniela Sala Valentina Brinis Simone Sapienza  Il rapporto è stato chiuso nel mese di settembre 2016.  * www.robertocicciomessere.eu

Una nota mia Non trascrivo il rapporto cui faccio riferimento perché è molto lungo e ricco di tabelle che non saprei riprodurre ma spero che la presentazione invogli qualcuno a leggerlo link nelle ‘fonti’).

Aggiungo che, essendo il rapporto focalizzato al problema del lavoro, non fa riferimento al problema ben noto a chi legge questo blog dei bimbi che nascono in Italia cui dal 2009 è negato il certificato di nascita, per legge. Vorrei che le associazioni che condividano la necessità di eliminare questa sconcezza si esprimessero pubblicamente nel merito. Non basta l’impegno di singole persone! Lo so per esperienza mia e di pochi altri.

FONTI

L’articolo di Polchi è disponibile on line    http://www.repubblica.it/cronaca/2016/10/13/news/migranti_falsi_miti_bonino-149688642/?ref=HREC1-4

Il testo del rapporto è disponibile on line:

http://www.radicali.it/primopiano/20160723/immigrazione-proposte-radicali

http://www.radicali.it/system/files/Governance_immigrazione%20Radicali%20italiani_0.pdf

14 Ottobre 2016Permalink

12 ottobre 2016 – Che fine hanno fatto i diecimila minori non accompagnati scomparsi in Europa nel 2015?

Un articolo di Annalisa Camilli, giornalista di Internazionale

L’Europol ha lanciato l’allarme: diecimila minori non accompagnati entrati in Europa nel 2015 sono scomparsi dopo il loro arrivo. Probabilmente sono finiti nelle mani di “una rete criminale internazionale” che negli ultimi 18 mesi ha approfittato dell’arrivo alle frontiere europee di migliaia di persone senza regolari documenti per strutturare un’attività illegale molto redditizia, ha dichiarato all’Observer Brian Donald, il capo dell’intelligence europea.

La criminalità ha sfruttato la necessità di migliaia di profughi e richiedenti asilo di viaggiare all’interno dell’Unione senza passaporto o senza visto e ha trasformato la debolezza dei migranti e l’incapacità delle autorità europee di gestire il fenomeno in un giro d’affari con un fatturato da migliaia di euro. Solo in Italia sono cinquemila i ragazzi irrintracciabili: minorenni che una volta sbarcati sulle coste italiane sono stati affidati al sistema di prima accoglienza, ma poi si sono sottratti volontariamente al controllo delle autorità e hanno fatto perdere le loro tracce.

Già nel 2014 in un’inchiesta del Guardian Elvira Iovino del Centro Astalli di Catania aveva denunciato: “La maggior parte dei minori eritrei che arrivano in Italia rifiutano di essere identificati dalle autorità, perché se fossero registrati in Italia il trattato di Dublino non gli permetterebbe di chiedere l’asilo in altri paesi dell’Unione”. Per questo la maggior parte di loro scappa dai centri di accoglienza e vive per strada, dormendo nelle stazioni ferroviarie o nei parchi.

Scomparsi o scappati?

In molti casi i ragazzi spariti in Italia semplicemente si sottraggono all’accoglienza ufficiale e si rimettono in viaggio tentando di raggiungere parenti e amici nel Nordeuropa, affidandosi a una rete informale di conoscenze.

“Nelle stazioni ferroviarie i ragazzi sono intercettati da reti di trafficanti che gli promettono un alloggio e un lavoro, ma spesso vengono rapiti e se le famiglie non possono pagare il riscatto i minori devono lavorare come spacciatori o prostituirsi. Attività molto redditizie per la criminalità”, ha denunciato Iovino.

Viviana Valastro di Save the children spiega a Internazionale che in Italia i minori stranieri non accompagnati non sono protetti da una legge specifica, ma dalla stessa norma che regola i casi di minori abbandonati. “Questa è una parte del problema”, afferma Valastro. “Non esiste nel paese una legge specifica per i minori stranieri non accompagnati. È in discussione in Commissione diritti umani della camera una proposta di legge la cui prima firmataria è l’onorevole Sandra Zampa, che però è stata bloccata dalla Commissione bilancio. La proposta fu presentata il 4 ottobre 2013, in seguito al naufragio al largo di Lampedusa. La proposta prevede per esempio che ogni minore abbia un tutore individuale che si occupi di lui. Al momento in Italia spesso i tutori sono i sindaci delle città dove i minori risiedono che sono affidatari di diversi casi. Inoltre i posti a disposizione negli Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) sono insufficienti rispetto al numero degli arrivi, così i minori rimangono nelle strutture di prima accoglienza spesso fino alla maggiore età”.

Secondo Save the children, sono circa 12.300 i minori non accompagnati arrivati in Italia nel 2015

Al momento i minori non accompagnati vengono affidati ai centri di prima accoglienza o agli Sprar, ma i posti disponibili per loro non sono molti (750) e non è prevista una forma di assistenza dedicata.

Secondo Save the children, sono circa 12.300 i minori non accompagnati arrivati in Italia nel 2015. La maggior parte di loro sono eritrei (3.100), somali (1.300), egiziani (1.700), gambiani (1.300), nigeriani (1.000), siriani (700).

“Per quanto riguarda eritrei, siriani e somali si tratta di esperienze di transito, quindi di persone che dichiarano già all’arrivo in Italia di non volersi fare identificare perché vogliono raggiungere altri paesi europei. Il fatto che risultino scomparsi significa che si sono sottratti all’identificazione, oppure sono scappati dai centri di prima accoglienza per raggiungere altri paesi”, spiega Valastro.

Nel caso degli eritrei si tratta di ragazzi di 15, 16 o 17 anni che vogliono evitare il servizio militare obbligatorio nel loro paese. Infatti sotto la dittatura di Isaias Afewerki la coscrizione obbligatoria si è trasformata in un sistema di lavori forzati che dura tutta la vita e i ragazzi cercano di lasciare il paese prima di compiere la maggiore età, in molti casi senza nemmeno mettere al corrente i genitori del loro progetto di emigrare. Gli eritrei nel loro viaggio si affidano ai connazionali della diaspora che gli offrono sostegno economico e alloggio, e per questo sono più fortunati di altri gruppi di minori non accompagnati.

Molti ragazzi invece, in particolare gli egiziani, devono ripagare il debito contratto con i trafficanti per raggiungere l’Europa via mare (un pedaggio che costa tra i 1.500 e i 3.500 euro). Per questo una volta arrivati nei nostri paesi la loro priorità è lavorare e guadagnare abbastanza da restituire i soldi ai trafficanti.

“Per questi ragazzini è difficile capire il concetto di sfruttamento”, spiega Viviana Valastro. “A casa loro lavorano e sono pagati anche di meno, per loro non è un problema lavorare anche per pochi soldi. È molto difficile fargli accettare che l’istruzione e la formazione potrebbero offrire loro una vita migliore”.

La polizia ferroviaria di Roma in un’operazione del maggio del 2015 aveva svelato un giro di prostituzione minorile alla stazione Termini di Roma che aveva portato all’arresto di otto persone, tra cui un prete.

In quell’occasione Emanuele Fattori, capo della polizia della stazione Termini, aveva spiegato che i minorenni sono preziosi per le organizzazioni criminali: “Usano i ragazzi stranieri che hanno meno di 14 anni, perché per la legge italiana non possono essere incriminati”.

In un’inchiesta della Cnn sulla stesso tema, un ragazzino egiziano coinvolto nei traffici della stazione Termini aveva raccontato alla giornalista: “La roba illegale è la cosa più facile, non solo qui a Roma, in tutto il paese […] i nostri genitori hanno speso tanto per mandarci qui e ora dobbiamo ripagarli”.

La responsabilità di contrastare il fenomeno dello sfruttamento dei minori in Europa non può essere affidata solo alle forze dell’ordine

Altre inchieste hanno denunciato che i minori vengono impiegati nell’agricoltura e nel commercio all’ingrosso di frutta e verdura che in Italia sfugge al controllo delle autorità.

Il mercato ortofrutticolo della capitale che si trova a Guidonia, alle porte di Roma, è da tempo sotto osservazione da parte della polizia italiana per l’uso dilagante di lavoro minorile.

Mariella Chiaramonte, capo della polizia di Tivoli, aveva spiegato al Guardian che i facchini del mercato ortofrutticolo di Guidonia erano tutti minori egiziani, pagati pochi euro per un lavoro massacrante. “Anche quando i minori vengono affidati a case famiglia, nessuno controlla che vadano a scuola. Pensiamo che ci sia un rapporto tra le reti criminali che li portano in Italia e quelle che li sfruttano una volta arrivati”, aveva detto.

Queste indagini, che confermano l’allarme lanciato dall’Europol, sottolineano che la responsabilità di contrastare il fenomeno dello sfruttamento e della riduzione in schiavitù dei minori stranieri in Europa non può essere affidata solo alle forze dell’ordine. Non è possibile trovare una risposta concreta allo sfruttamento dei minori se non si offre un’accoglienza adeguata alle migliaia di persone che negli ultimi anni sono arrivate alle nostre frontiere in cerca di una vita migliore.

Il mio commento: Un danno a soggetti che hanno diritto alla tutela e un sostegno ‘legale’ a chi se ne disinteressa

L’articolo che ho copiato (di cui il link in calce) è stato collegato da Elisabetta di Lernia a una sua petizione al Presidente della Repubblica in cui chiede sia adeguatamente affrontato il problema dei minori scomparsi, petizione che ora aggiorna chiedendo le ragioni del silenzio indifferente dell’opinione pubblica. L’ho firmata e diffusa su facebook e ne riporto in calce il link per chi venendone a conoscenza anche da qui la volesse firmare.
Chi legge il mio blog sa che da sette anni mi occupo inutilmente, registrando la stessa silente indifferenza, della legge che dal 2009 nega il certificato di nascita ai minori che nascono in Italia da genitori privi di permesso di soggiorno e che si vedono costretti a nascondere i figli. E’ chiaro che senza quel certificato scompaiono come i 10.000 giunti da altrove e sono esposti agli stessi rischi. (Preciso che l’art. 1, comma 22 lettera g della legge 94/2009 che prevede quanto sopra ha conformemente modificato il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 – Testo Unico sull’immigrazione).
Nel caso che pongo (che non è risolutivo del problema generale ma è un segnale da non trascurare) basterebbe una abrogazione della norma introdotta nel ‘pacchetto sicurezza’ sette anni fa .E sarebbe una modifica senza oneri di spesa cui il Parlamento non provvede proprio perché l’opinione pubblica si muove al massimo (e per breve tempo) solo per qualche caso emotivamente significativo (morte, violenza possibilmente documentata visivamente o con racconti choc ecc) I minori, neonati e più avanti con l’età, non fanno lobby in grado di muovere qualche cosa. Quindi non interessano.
I 10.000 scomparsi non si vedono, i figli nascosti neppure e quindi la Repubblica italiana crea per legge neonati esposti alla stessa situazione segnalata dall’articolo che ho ricopiato e dalla petizione di Elisabetta di Lernia

FONTi:

https://www.change.org/p/al-presidente-della-repubblica-italiana-sergio-mattarella-dove-sono-finiti-i-bambini-10-000-bambini-emigrati-in-europa-sono-scomparsi-nel-nulla

http://www.internazionale.it/opinione/annalisa-camilli/2016/02/01/minori-scomparsi-2015

 

12 Ottobre 2016Permalink

11 ottobre 2016 – Migrazioni: chi va e chi viene

Ricopio questo articolo di Max Mauro scrittore friulano, docente di Studi sullo Sport (Sport Studies) alla Southampton Solent University, Inghilterra. E’ stato pubblicato su  Il Manifesto del 27 Settembre.

Lucrative contraddizioni dello sport moderno

La partecipazione di una squadra di rifugiati alle Olimpiadi di Rio ha catturato l’attenzione dei mezzi di informazione di buona parte dell’Occidente. Più d’uno, senza troppa fantasia, l’ha definita «una grande storia olimpica». Tutto ciò è comprensibile se si tiene a mente che tra princìpi del movimento olimpico vi è quello di «contribuire alla costruzione di un mondo migliore e più pacifico educando la gioventù per mezzo dello sport, praticato senza discriminazioni di alcun genere» (articolo 6 della Carta Olimpica). Nel sogno delle Olimpiadi, lo sport viene inteso come massima espressione degli ideali universali di uguaglianza e inclusione sociale. Nel presentare l’iniziativa, il presidente del Comitato Olimpico Internazionale, Thomas Bach, aveva sottolineato l’ambizione che il Team Rifugiati potesse rendere il mondo più consapevole della crisi dei rifugiati.

Le poche voci critiche hanno puntato l’attenzione sulla visibile contraddizione di una comunità internazionale che, particolarmente in Europa, nega i diritti all’accoglienza dei rifugiati costruendo muri, attaccando navi disarmate cariche di disperati e organizzando rimpatri coattivi di minori non accompagnati, mentre invita alcuni “fortunati” a partecipare al più spettacolare festival dello sport.

I rappresentanti dello sport mondiale potrebbero facilmente difendersi da questo tipo di critica adducendo che lo sport non può risolvere i problemi della politica internazionale. Al massimo, come in questo caso, può offrire un palco da cui lanciare un messaggio. Quante volte si è sentito dire che lo sport è solo sport e non deve mescolarsi alla politica? Suona semplice, quasi ovvio, anche se ormai nessuno può negare le ingombranti implicazioni politiche, diplomatiche e finanziarie dei mega eventi sportivi. Gli esempi di Pechino 2008, Sochi 2014, di Rio 2016, senza dimenticare ovviamente la Coppa del Mondo di calcio del 2014, sono difficili da digerire per i sostenitori dello «sport per lo sport».

Altro che egualitario e inclusivo

Proviamo tuttavia a spostare l’attenzione proprio su questo terreno. Lo sport è veramente inclusivo ed egualitario come il presidente del Comitato olimpico internazionale vorrebbe farci credere? Purtroppo, la realtà sembra affermare il contrario. Nel corso della loro storia, gli sport moderni hanno sviluppato regole sempre più dettagliate per definire i limiti di partecipazione e accesso alla pratica sportiva. Queste regole riflettono il disegno organizzativo dello sport moderno, fondato sullo Stato-nazione. Pochi rammentano che la prima edizione delle moderne Olimpiadi, che si svolsero ad Atene nel 1896, era una competizione tra atleti individuali, non tra “nazioni”.

Non fu così a lungo, perché gli Stati, in primis quelli fascista e nazista, e più tardi quelli del blocco sovietico, capirono l’importanza del successo sportivo per guadagnare prestigio internazionale e rendere più coese le precarie entità immaginate come “nazioni”. Lo Stato-nazione è la cifra definitoria della partecipazione sportiva.

È attraverso l’appartenenza a uno Stato, il meccanismo allo stesso tempo fluido e restrittivo della cittadinanza, che un diritto universale quale lo sport (citando nuovamente la Carta Olimpica) diventa nei fatti un diritto esclusivo del cittadino. Emerge così la grande contraddizione delle democrazie occidentali segnalata da Hanna Arendt e Carl Schmitt e acutamente attualizzata da Giorgio Agamben: non esistono, se sono mai esistiti, diritti universali, solo diritti del cittadino. Come in altri casi, lo sport riflette e amplifica questa contraddizione. Le organizzazioni sportive

internazionali e nazionali non possono concepire se non come un’eccezione spettacolare e fatua l’idea di concorrenti che non rientrino tra le categorie della nazione contro altre nazioni. Come sarebbero altrimenti vendibili eventi quali le Olimpiadi o la Coppa del Mondo di calcio? La stretta sinergia tra detentori dei diritti televisivi, sponsor e organizzazioni sportive ha creato un’industria enormemente lucrativa che non può prescindere da questo stato di cose.

Categorizzare ed escludere

Il caso più evidente è offerto dal calcio, lo sport più popolare. Le norme Fifa per il tesseramento dei minori definisce almeno tre regimi di accesso alla pratica sportiva: cittadini nazionali, cittadini Ue, cittadini non-Ue. Diversi regimi comportano diversi termini di accesso, tipologie e numeri di documenti di identificazione da presentare, e tempi di valutazione delle domande di iscrizione. Nonostante approcci più o meno inclusivi adottati dalle diverse federazioni nazionali, questo «regime dei confini» – mutuando Sandro Mezzadra e Brett Neilson – della partecipazione sportiva, ha prodotto una quarta categoria di minori: coloro che non appartengono a nessuna delle altre tre. Sono minori non accompagnati, rifugiati, sans papier, undocumented, possessori di permessi umanitari temporanei, e le varie altre categorie di migranti create dalle democrazie occidentali per definire l’«altro» che si trova all’interno dei loro confini. Un modo per categorizzare e, allo stesso tempo, escludere.

L’Associazione studi giuridici dell’immigrazione (Asgi) da tempo denuncia il fatto che la Federazione italiana giuoco calcio (Figc) nega l’iscrizione ai campionati giovanili ai minori non accompagnati. Basandosi su un’interpretazione restrittiva delle norme Fifa, la Figc non riconosce la figura del tutore, che nel caso dei minori non accompagnati è di solito il direttore del centro di accoglienza in cui risiedono. Secondo i dati Eurostat, nel 2015 c’erano in Europa 90.000 minori non accompagnati. Attualmente, ricorda l’«Agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati», nel continente vi sono 680.000 apolidi, persone private dell’appartenenza a uno Stato. Sono numeri destinati purtroppo a crescere in un contesto caratterizzato da conflitti, crisi ambientali croniche e dittature. Di fronte a questo scenario la squadra olimpica dei rifugiati si presenta sotto una diversa luce: più che un messaggio di inclusione appare una riuscita operazione promozionale per l’industria sportiva globale.

 

11 Ottobre 2016Permalink

1 ottobre 2016 – Calendario di ottobre

1 ottobre 1946 –  Il Tribunale di Norimberga condanna i gerarchi nazisti
2 ottobre              Giornata internazionale della nonviolenza
2 0ttobre 2016     Vigilia Rosh Hashanah 5777 (3 e 4 ottobre 2016; (nota)
2 ottobre 1868     Nascita di Gandhi
3 ottobre 1935 –   L’Italia invade l’Etiopia  (nota)
3 ottobre 1990 –   Riunificazione della Germania
3 ottobre 2013 –   Strage di 366 migranti – Lampedusa
3 ottobre 2016 –   Primo giorno di Muhharam 1437 – Capodanno islamico (nota)
6 ottobre 1973 –   Guerra del Kippur
7 ottobre 2001 –   Inizio guerra USA contro l’Afghanistan
7 ottobre 2006 –   Assassinio della giornalista Anna Politkovskaja
8 ottobre 1963 –   Nella notte catastrofe del Vajont
9 ottobre 1967 –   Uccisione di Ernesto ‘Che’ Guevara in Bolivia
10 ottobre        –   Giornata mondiale contro la pena di morte
10 ottobre 2015 – Strage ad Ankara. Bombe su corteo pacifista
11 ottobre 1962 –   Apertura del Concilio Vaticano II
12 ottobre 2016  –  Ashura (10 Muhharam 1438)
12 ottobre 2016  –  Yom Kippur – 5777
14 ottobre 1964 –   Premio Nobel per la pace a Martin Luther King
14 ottobre 1979 –   Prima marcia per i diritti dei gay negli USA
15 ottobre 1582 –   Entra in vigore il calendario gregoriano
16 ottobre 1943 –   Rastrellamento nazista nel ghetto di Roma
17 ottobre          –   Festa dii Sukkot (conclude 24 ottobre)
19 ottobre 1968 –   Muore Aldo Capitini
20 0ttobre 2011 –   Spagna: l’ETA depone le armi   (nota)
20 0ttobre 2011 –   Libia: uccisione di Ghedaffi
21 ottobre 1945 –   Francia: le donne votano per la prima volta
23 ottobre 1915 –   A New York 30.000 donne chiedono il diritto di voto
24 ottobre 1945 –   Nasce l’Organizzazione delle Nazioni Unite
24 0ttobre 2005 –   Morte di Rosa Parks
25 ottobre 1936 –   Hitler e Mussolini creano l’Asse Roma-Berlino
25 ottobre 1996 –   Irlanda. Chiusura dell’ultima lavanderia Magdalene
26 ottobre 1954 –   Ritorno di Trieste all’Italia  –  (nota)
26 ottobre 2016 –   Altre forti scosse nelle stesse zone del sisma del 24 agosto
27 ottobre 1479 –   Nascita di Erasmo da Rotterdam
27 ottobre 2016 –   Quindicesima giornata del dialogo cristiano-islamico
28 ottobre 1922 –   Marcia su Roma
29 ottobre 1923 –    La Turchia diventa Repubblica indipendente
30 ottobre 2016 –    Nuova scossa terremoto. Norcia: crollo della cattedrale di San
………………………….Bendetto
31 ottobre 1517 –    Lutero affigge le sue 95 tesi sulla porta della chiesa di Wittemberg
31 ottobre           –   Le  chiese protestanti celebrano la festa della Riforma
31 ottobre 1967 –    Primo numero di Adista dal cui calendario nasce il primo nucleo
………………………….di   questo
NOTE

note 2 e  3 ottobre
http://www.comunitaebraicabologna.it/it/festivita/calendario/1375-il-calendario-delle-festivita-ebraiche-5777-2016-2017

https://www.hebcal.com/holidays/2016-2017

http://www.arab.it/calendario/calendario-scadenziario-islamico.html

nota 3 ottobre
1935. Un breve promemoria in:
http://www.treccani.it/enciclopedia/guerra-italo-etiopica_(Enciclopedia-Italiana)

nota 20 0ttobre  – ETA: Euskadi Ta Askatasuna (in spagnolo País Vasco y Libertad, letteralmente “paese basco e libertà”

nota 26 ott0bre Nel 1945, la Venezia Giulia, divisa in due zone di influenza, fu al centro della prima fase della guerra fredda. L’area fu divisa in due macro zone di influenza: la zona A controllata dagli anglo-americani e la zona B dagli jugoslavi. Dal 1947 Gorizia e Monfalcone tornarono all’Italia, mentre l’Istria divenne parte del territorio della Federazione Jugoslava. Anche la città di Trieste fu separata in due zone e posta sotto l’amministrazione anglo-americana (AMG-FTT) o Territorio libero di Trieste, e sotto l’amministrazione di Belgrado (zona B-TLT). In seguito al Memorandum di Londra firmato il 5 ottobre 1954 fra i Governi d’Italia, del Regno Unito, degli Stati Uniti e della Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia, concernente il Territorio Libero di Trieste, si stabiliva che la Zona A passava dall’amministrazione militare alleata all’amministrazione civile italiana (con alcune correzioni territoriali a favore della Jugoslavia con l’Operazione Giardinaggio) e quindi passavano all’amministrazione italiana i seguenti comuni della zona A: Duino, Aurisina, Sgonico, Monrupino, Trieste, Muggia, San Dorligo della Valle.

nota 31 ottobre  – ADISTA – Agenzia Di Informazioni STAmpa

30 Settembre 2016Permalink