1 dicembre 2016 – Fantasma a Moncalieri

Ricopio con disagio profondo la notizia che segue

A Moncalieri vive un bambino fantasma, ha 7 anni ma non esiste: “Mai registrato alla nascita”

Il piccolo non frequenta alcuna scuola, né è stato sottoposto a vaccinazioni. La madre: “Il mio compagno mi ha sempre detto di averlo registrato alla nascita”. Il padre è irreperibile

Giuseppe Legato Moncalieri   Pubblicato il 01/12/2016 (Ultima modifica il 01/12/2016 alle ore 19:29)

Un bambino invisibile. Mai registrato all’anagrafe, mai iscritto a scuola. Ha 7 anni. Lo hanno trovato i carabinieri di Moncalieri martedì scorso all’interno di una casa in una borgata delle precollina. Viveva con la mamma, il padre è irreperibile. I militari dovevano notificare un atto giudiziario alla donna, e quando hanno visto il piccolo hanno chiesto chi fosse (dai loro controlli anagrafici risultava una sola persona in quell’alloggio). Cinzia F., 48 anni ha risposto senza esitare: «E’ mio figlio». Ma il minore, nato all’ospedale di Moncalieri nel 2009, non esiste per lo Stato italiano.

Non ha frequentato la scuola, non ha mai fatto le vaccinazioni obbligatorie. Un fantasma. La donna ha sostenuto di averlo partorito a Moncalieri e i riscontri fatti dai carabinieri confermano. «Il mio compagno mi aveva detto che ci avrebbe pensato lui», ha raccontato lei ai militari.

Sia lei sia il padre – irreperibile al momento – sono stati denunciati per inosservanza dell’obbligo di istruzione. Secondo quanto si apprende dai carabinieri il bambino è in buone condizioni di salute ed è stato visitato all’ospedale Regina Margherita e trasferito in una località protetta. Stessa sorte per la madre, affidata ai servizi socio-assistenziali: dietro a questa storia c’è un retroscena di disagio familiare.

2009: una data significativa

Il bambino è nato nel 2009, nell’anno in cui fu approvata la legge 94 che all’art. 1 comma 22 lettera g) impone la presentazione del permesso di soggiorno per registrare gli atti di nascita. I primi bambini penalizzati da quella norma infame oggi avrebbero appunto sette anni, come il piccolo fantasma casualmente trovato a Moncalieri dai carabinieri.

Il padre irreperibile
E’ italiano o non comunitario privo di permesso di soggiorno e quindi in una condizione burocratica tale per la legge italiana da suggerirgli, se così fosse, di non registrare la dichiarazione di nascita del figlio per non incorrere nel rischio di espulsione?
Situazione di disagio familiare dice l’asettica notizia, tale però da suggerire il trasferimento del piccolo in una località protetta ‘provvedendo’ allo stesso modo alla madre.
Sono sette anni che inseguo fantasmi costruiti a norma di legge (si veda nel mio blog il tag anagrafe).
Se questo piccolo fosse uno di quei fantasmi dove dovrebbero recarsi i carabinieri? In Parlamento?

FONTE

http://www.lastampa.it/2016/12/01/cronaca/a-moncalieri-vive-un-bambino-fantasma-ha-anni-ma-non-esiste-mai-registrato-alla-nascita-6dirmTCoc6GuJJaTLTCN6M/pagina.html

1 Dicembre 2016Permalink

1 dicembre 2016 – Calendario di dicembre

.1 dicembre 1955 – Rosa Parks si rifiuta di cedere a un bianco il suo posto in
…………………………. autobus. Alabama (Montgomery Bus Boycott)
.1 dicembre 2000 – Il giudice Guzman dispone il processo contro Pinochet in Cile
.1 dicembre 2013 –  Rogo fabbrica cinese a Prato .
.2 dicembre 1968 –  La polizia uccide due braccianti ad Avola
.2 dicembre 2002 –  Morte di Ivan Illich
.2 dicembre 2015 –  Strage a San Bernardino – California
.3 dicembre 1984 – India, disastro di Bhopal. Muoiono più di 3800 persone
.4 dicembre 1975 –  Morte di Hanna Arendt
.4 dicembre 1999  – Morte di Nilde Jotti
.4 dicembre  2016 – Referendum confermativo modifica Costituzione
.5 dicembre 1349 –  Norimberga strage ebrei accusati di essere responsabili della
peste del 1348.
.5 dicembre 2000 – Italia: ergastolo per due generali della dittatura argentina
.5 dicembre 2013..- Morte di NELSON MANDELA
.6 dicembre 1975 – Roma: prima manifestazione del movimento femminista
.6 dicembre 1990 –  Casalecchio di Reno. Strage liceo Salvemini
.6 dicembre 2015  – Primo giorni di Hanukkah (Chanukach)
.7 dicembre 1965 –  Si chiude il Concilio Vaticano II
.7 dicembre 1970  –  Colpo di stato Borghese
.8 dicembre 1978 –  Viene fermato il golpe di Junio Valeria Borghese
.8 dicembre 2015 –   Apertura del Concilio Vaticano II
.9 dicembre 1987 –  Israele: inizio della prima Intifada
10 dicembre 1948 – Firma della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo (nota)
11 dicembre 1997  – Unione europea firma il protocollo di Kyoto
11 dicembre 2016  –  Morte di Paolo De Benedetti
12 dicembre 570 (?)– Nascita del profeta Muhammad (Mawlid al-Nabi)
………………………….. La data è da alcuni storici spostata anche fino al 580
12 dicembre 1969 – Milano: strage alla Banca dell’agricoltura di piazza Fontana
13 dicembre 1294 – Celestino V rinuncia al papato
14 dicembre 1995 – Bosnia: firma degli accordi di Dayton
14 dicembre 2015 – Ultimo giorno di Hanukkah (Chanukach)
15 dicembre 1969 – Morte Giuseppe Pinelli
15 dicembre 1972 – Approvazione della legge 772 sull’obiezione di coscienza
17 dicembre 2014 –  USA e Cuba annunciano relazioni diplomatiche
18 dicembre 1994 – Si dimette Silvio Berlusconi (primo governo)
19 dicembre 2001 –  In Argentina inizia il carcerolazo contro il governo
19 dicembre 2016 –  Berlino: strage al mercatino di Natale (probabile origine
………………………….. terroristica)
20 dicembre 2008 – Morte di Piergiorgio Welby
22 dicembre 1988 – Brasile: uccisione di ‘Chico’ Mendes
23 dicembre 1899 –  Nascita di Aldo Capitini
23 dicembre 2016 –  Inizio celebrazioni Chanukkà
23 dicembre 2016 –   ONU – approvata risoluzione sulla illegalità delle colonie nei
…………………………… Territori
24 dicembre 1979 –  Le truppe sovietiche invadono l’Afghanistan
25 dicembre 1989 –  Romania: viene giustiziato Nicolae Ceausescu
25 dicembre 2016  –  Hanukkah (Festa della luce. 25 – 31 dicembre)
26 dicembre 1965  –  Rapimento di Franca Viola
26  dicembre 1991 –  Si dissolve ufficialmente l’Unione Sovietica
26 dicembre 1996  –   Affonda un battello di migranti a Portopalo – 283 morti
27 dicembre 2007  –  Uccisione di Benazir Bhutto
27 dicembre 2016  –  Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU approva la risoluzione 2334
…………………………… relativa agli insediamenti.
29 dicembre 1908 –  Terremoto di Messina
29 dicembre 1890 —  USA. Il 7° cavalleggeri stermina gli ultimi Lakota Sioux
30 dicembre 2006 –  Impiccagione di Saddam Hussein

NOTA
La Giornata mondiale dei diritti umani è una celebrazione sovranazionale che si tiene in tutto il mondo il 10 dicembre di tutti gli anni. La data è stata scelta per ricordare la proclamazione da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite della Dichiarazione universale dei diritti umani, il 10 dicembre 1948.

1 Dicembre 2016Permalink

25 novembre 2016 – La scelta che mi è negata

Attendendo il 4 dicembre. SI’ o NO?

Ero partita con una convincente adesione al NO, paradossalmente rafforzata leggendo testi seri pro SI’ (dove fosse proposta anche la comparazione testuale fra gli articoli della Costituzione in vigore e i nuovi). Nel tempo i miei dubbi aumentavano ma resistevo contro me stessa per ché proprio non riuscivo e non riesco a digerire il SI’.

Continuava però a ronzarmi in testa la domanda: se vincerà il NO, dopo, nell’insieme delle forze disomogenee che lo sostengono, ci sarà qualcuno in grado di formulare una nuova proposta, aprendo un nuovo dibattito, su opportune modifiche della Costituzione (a partire dal bicameralismo perfetto)?
Mi turbava e mi turba non poco verificare che il collante delle presenze pro NO si rivela sempre di più un esclusivo antirenzismo (non che il Presidente del Consiglio nonché Segretario DS non  si meriti un ‘anti’ convinto se non  altro per la sua banale autoreferenzialità priva anche di ironia) e aspettavo da qualcuno una parola chiara che permettesse un distinguo che facesse baluginare l’idea di un’alleanza possibile post referendum o di un deciso differenziarsi nel ribollire del calderone.
Ma nulla ho trovato di propositivo che fosse chiaro e convincente (ammetto che leggo ma non ascolto i talk show perché li trovo generalmente stupidi e insopportabili in quel sovrapporsi di voci che i conduttori non riescono a controllare. Fa eccezione, con qualche caduta, Lilli Gruber che perciò cerco di ascoltare).

Ora si è resa chiara una posizione orrifica contro cui non trovo aperte diffuse obiezioni.
Proclama un manifesto pro vita con tanto di simbolo per il NO:
“Pro vita non si occupa della politica. A noi non interessano i partiti ma i diritti dei bambini. Se passa il referendum sulla riforma costituzionale il 4 dicembre ci troveremo con una Camera legislativa nelle mani della maggioranza che farà passare leggi come l’utero in affitto, l’eutanasia, le norme contro l’omofobia, la liberalizzazione della cannabis. Quindi, per ragioni di coscienza non abbiamo alternativa, il 4 dicembre votiamo ‘no'”.

Questi non la smettono con il tradimento dei bambini, umiliati dentro la trappola delle loro ideologie, senza attenzione  e senza rispetto, abusati per creare quel pavido consenso che si fonda sulla paura.

Mi aggrappo alla mia coerenza.  –  Cito dal mio blog (link in calce)

  • 8 novembre 2015   Sbucano i bambini invisibili

Scrivevo, fra l’altro, dell’approvazione della legge 19 ottobre 2015, n. 173 che si occupa – positivamente – della continuità affettiva fra affido e adozione (limitatamente però alle coppie eterosessuali)  e di ciò ragionavo il

E poi ci sono i fantasmi per legge

Non posso nemmeno tentare l’elenco di quanto ho scritto nel blog e oltre per i bambini che, per nascere in Italia figli di non comunitari privi del permesso di soggiorno , non hanno –per legge – diritto ad esistere .

A questo punto che dire ai signori del NO che in nome dell’antirenzismo digeriscono (e temo anche metabolizzino) pro vita?
E che , se non accettano, tacciono,  a mio parere con la viltà di chi pensa che quel silenzio sia sostegno alla ‘vittoria’ del 4 dicembre?
E che dire ai signori del SI’ incapaci di modificare la legge che ha creato i fantasmi?

Attendo e per il momento faccio mia la conclusione proposta oggi dalla vignetta di Altan

NON DICO COME VOTO. NON VOGLIO ROVINARMI LA SORPRESA.

  • Link a ‘diariealtro’

https://diariealtro.it/?p=4081

https://diariealtro.it/?p=4268

25 Novembre 2016Permalink

21 novembre 2016 — Ho un sogno n. 245

Questa settimana sarà reperibile alla Libreria CLUF di via Gemona 22 il n. 245 di Ho un sogno.

Contiene dati di particolare interesse regionale riportando l’elenco dei 35 progetti di collaborazione allo sviluppo che sono stati finanziati e non mancano due miei articoli, uno si può lettere il 18 novembre, l’altro qui di seguito.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

 6 Mai! No sai ce chi fasarai (6 maggio! Non so cosa farò)

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

Il quarantennale del terremoto del Friuli è stata un’occasione non solo di celebrazioni ma anche di stimolo al rinnovarsi di memorie. Fra le tante ce n’è una che ci sembra degna di farsi patrimonio condiviso. In occasione del Natale 1975 le bambine e i bambini delle due classi quinte della scuola elementare di Gemona con le loro maestre, Maria Mansi e Lina Zulian, avevano realizzato un lavoro cui gli eventi avrebbero dato un significato inimmaginabile, impreziosito persino dalla misteriosa coincidenza di dichiarato disorientamento che compare nel testo del 6 maggio. Si trattava di un lunario, un calendario che riportava ogni giorno dell’anno detti, motti  poesie appartenenti alla tradizione popolare friulana

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

Era il regalo di Natale per le famiglie dei piccoli autori ma gli eventi successivi ne avrebbero fatto un dono alla città tutta. Lo ricevette anche Grazia Levi, gemonese di Roma, che lo affidò a Gianni Rodari, il famoso scrittore di fiabe, filastrocche e racconti per bambini e in maggio quel lunario gli fu guida quando si recò a Gemona come redattore di Paese Sera. Dei 42 bambini che l’avevano firmato tre non c’erano più: il loro nome era scritto sul testo che nella loro breve vita avevano contribuito a produrre. Intanto il lunario aveva suscitato l’interesse comitato italiano dell’Unicef  e l’anno successivo, trasformato in diario scolastico, fu distribuito ai bambini delle scuole del Friuli.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

Il filo della memoria, come ne ha testimoniato la testata giornalistica gemonese Pense & Maravee, non si è spezzato: in occasione del quarantennale del terremoto la scuola elementare di Gemona ha rimesso il lunario nelle mani dei ragazzi perché lo aggiornassero. E’ stata anche l’occasione di incontro con alcuni gemonesi cinquantenni, nel 1976 responsabili della ‘prima edizione’. La casualità delle vicende della nostra terra vuole purtroppo che il loro sia uno sguardo più consapevole e partecipe d’altri su quanto è accaduto in agosto nel centro Italia.

 

21 Novembre 2016Permalink

18 novembre 2016 – Ho un sogno n. 245

La prossima settimana sarà reperibile alla Libreria CLUF di via Gemona 22 il n. 245 di Ho un sogno.
Contiene dati di particolare interesse regionale riportando l’elenco dei 35 progetti di collaborazione allo sviluppo che sono stati finanziati e non mancano due miei articoli
Ricopio il primo

Le nuove agane

Ogni evento se ha un significato ha una storia che lo sottrae all’occasionalità. Così accade anche per il “filo di mosaico” a Tramonti di Sotto, piccolo comune della Val Tramontina in provincia di Pordenone dove due anni fa la mosaicista Carolina Zanelli realizzò un mosaico, posto sulla parete esterna della pro loco di cui era allora presidente Patrizia Bertoncello, oggi assessora alla cultura del Comune.  Da quell’incontro nacque un’iniziativa che vede protagoniste sette mosaiciste, tutte legate alla Scuola del Mosaico di Spilimbergo, una realtà importante nella cultura friulana e ben nota all’estero. Lo testimoniano gli studenti che provengono dai più lontani paesi anche di altri continenti. Le sette mosaiciste hanno costituito un piccolo gruppo che di anno in anno, nel contesto di un work in progress, crea un filo di mosaico che si dipana sulle pareti delle case del paese, fra strade e cortili, in un’iniziativa non solo ben accolta, ma partecipata, quest’anno alla sua seconda edizione. Come dimenticare la signora che offriva l’acqua alle artiste-artigiane all’opera sul muro della sua casa, o il vicino che prestava la scala, e come ignorare bambini e adulti che all’ombra del gazebo-laboratorio (quest’anno elevato dal 21 al 24 luglio) lavorano con le mosaiciste o offrono piccoli oggetti da inserire nel filo (la contemporaneità della scelta artistica infatti fa sì che il mosaico non si limiti alle tessere tradizionali)? bollaPaesani, villeggianti, amici, curiosi, in molti hanno partecipato al progetto. Le mosaiciste accolgono i visitatori tutte vestite di bianco rivisitando così l’antico mito delle agane, creature dei boschi, streghe o fate che fossero, o simboli della spesso dolente condizione femminile. Le nostre ‘agane’ (ricordiamone i nomi: li proponiamo in un ordine alfabetico corrispondente al cognome: Lisa Battistutta, Gabriella Buzzi, Laura Carraro, Dagmar Friedrich, Sarah Persello, Valentina Rossi, Carolina Zanelli) non umiliano però la creatività che deve assicurare un risultato duraturo e di qualità sul piano estetico. Hanno ben chiari tre obiettivi, condivisi sette-mosaiciste-e-una-volontariaevidentemente con la lungimirante assessora,: creare comunità, abbellire il paese e attirare turismo. Quest’anno risulta ci siano riuscite. Torneremo a trovarle nel 2017.

19 Novembre 2016Permalink

16 novembre 2016 – Attendendo il 20 novembre

Lettera aperta – In occasione della giornata dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (20 novembre) ho scritto alla Garante nazionale

Egregia dott. Albano

mi rivolgo a lei per segnalarLe una ferita che – per essere stata scientemente inferta negando in legge il diritto di esistere giuridicamente di alcuni bambini appositamente classificati – umilia noi tutti (o almeno io mi sento impotente e umiliata).
Dal 2009 la legge 94 “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” all’art. 1 comma 22 lettera g) stabilisce che, per chiedere la registrazione della dichiarazione di nascita dei propri figli (nati in Italia), i migranti non comunitari debbano presentare il permesso di soggiorno.
Date le conseguenze che intervengono nell’esporsi come irregolari i migranti in tale condizione possono essere indotti a nascondere il loro figli. Così la legge italiana ostacola il loro diritto e il loro dovere di dirsi padri e madri, negando nel contempo la garanzia di quel certificato di nascita che è diritto personale di ogni nato. A ciò è stato posto precario e non risolutivo rimedio con una circolare ministeriale.
Inutilmente sono state presentate due proposte di legge per risolvere la questione e da allora il gruppo Convention on the Rights of the Child (CRC) chiede nei suoi rapporti annuali la modifica di legge.
Ora la norma che potrebbe essere risolutiva si trova nel comma 3 dell’articolo 2 nel ddl 2092 che fa parte delle ‘Disposizioni in materia di cittadinanza’ all’attenzione della Commissione Affari Costituzionali del Senato.
Il ddl 2092 è però fermo da mesi, pur se già approvato dalla Camera. Personalmente Le chiedo una parola chiara in proposito.

Domenica si celebrerà la giornata dei diritti dell’Infanzia e della adolescenza, condizioni che meglio si dovrebbero dire, per ciò che riguarda il loro riconoscimento al di là e prima di ogni situazione sociale discriminata nella realtà, diritti di molti infanti e adolescenti, non di tutti, essendo superato per legge il principio di uguaglianza abusando (a mio parere) della situazione amministrativa dei genitori…

Conto su di Lei e la ringrazio per l’attenzione
Augusta De Piero – Udine

16 Novembre 2016Permalink

14 novembre 2016 — A scuola ma non da sole.

Due storie americane fra il 1960 e il 2016

Il 14 novembre 1960 per la prima volta in Louisiana una bambina afroamericana entrava in una scuola per bianchixus_marshals_with_young_ruby_bridges_on_school_steps-jpgqitokfys6utr_-pagespeed-ic-bew-_ccfau

Una bambina di sei anni, un fiocco nei capelli, la cartella nella mano destra e l’aria seria e un po’ preoccupata di chi inizia un nuovo percorso. Sembrerebbe una normale fotografia del primo giorno di scuola ma ad allargare lo sguardo sull’immagine si nota tutta la tensione di una situazione anomala: una piccola afroamericana scortata dai federali che la proteggono dalla folla inferocita che vorrebbe impedirle di entrare in classe. Il suo nome è Ruby Bridges ed è la prima bambina di colore nel sud degli stati Uniti ad avere l’accesso a una scuola fino a quel momento frequentata soltanto da bianchi.

Siamo a New Orleans, in Lousiana, nel 1960, e da poco è finalmente passata la sentenza della Corte Suprema che stabilisce la desegregazione delle scuole: basta con i ghetti, d’ora in poi le classi saranno miste. Una decisione che incontra una grande resistenza a livello sociale, fra pregiudizi e razzismo da un lato e la paura della repressione dall’altro. Infatti, nel tentativo di dimostrare che non sono all’altezza degli istituti per bianchi, i bambini neri vengono sottoposti a un test attitudinale particolarmente complesso quando ancora frequentano l’asilo: un crudele – e inutile – stratagemma per ritardare la decisione della Corte.

Ruby è una dei sei bambini afroamericani a passare l’esame, l’unica a poter andare alla William Frantz, la scuola elementare per bianchi a pochi isolati da casa sua. Il padre non vorrebbe mandarla, ben conscio di che cosa la aspetta, ma la madre insiste: studierà in una scuola migliore e segnerà anche una svolta importante nel cammino dei diritti per i cittadini afroamericani.

Così, per la determinazione di una donna e il coraggio di una bambina, la storia fa un balzo in avanti. Ma il cammino verso l’uguaglianza è lastricato di ingiustizie e sofferenza, e in questo caso non si tratta solo di un’immagine figurata, visto che la piccola Ruby deve essere protetta da militari armati per evitare gli attacchi della folla che cerca di aggredirla lungo la strada; e una volta arrivata passerà tutta la mattina dal direttore, perché gli altri allievi non sono venuti, tenuti a casa dai genitori in segno di protesta. Il secondo giorno il film è lo stesso: soltanto un bambino bianco entrerà a scuola, accompagnato dal pastore metodista Lloyd Anderson Foreman.

Sarà un anno duro per Ruby: ogni giorno scortata dai federali anche per andare in bagno, costretta a mangiare da sola il cibo che si porta da casa, per evitare che qualcuno tenti di avvelenarla, come è successo il secondo giorno di scuola; unica alunna della sua classe, senza compagni che vogliano sedersi accanto a lei, riuscirà a studiare soltanto grazie all’impegno di una maestra, Barbara Henry, che la prende sotto la sua protezione e decide controcorrente di occuparsi della sua istruzione. Anche la famiglia subisce dei pesanti contraccolpi: il padre perde il lavoro, i nonni, proprietari di una fattoria nel Mississippi, vengono espropriati della terra.

I federali la ricordano oggi come una bambina determinata, che non piangeva né si lamentava mai. Ma il coraggio non è sinonimo di indifferenza, e non evita le ferite: Ruby non riesce a mangiare a scuola e la notte ha gli incubi, si sveglia urlando. Con l’aiuto di uno psicologo e l’affetto dei genitori, la bambina riuscirà ad arrivare alla fine dell’anno, vincendo a poco a poco le resistenze dei suoi compagni e ricompattando la piccola comunità scolastica. La seconda elementare si svolgerà infatti in modo normale, quasi non fosse mai esistita la lotta estenuante dell’anno precedente; il padre trova un altro impiego, i ragazzini si frequentano anche fuori dalle aule scolastiche senza badare al colore della pelle e la vita riprende a scorrere regolarmente. Ruby e la sua mamma hanno vinto.

Da adulta Ruby Bridges è diventata un’attivista dei diritti degli afroamericani e con la sua Ruby Bridges Foundation, che ha sede a New Orleans, continua a battersi contro i pregiudizi con le armi del rispetto, della tolleranza, dell’istruzione e della valorizzazione delle differenze: «il razzismo è una malattia degli adulti e dobbiamo usare i bambini per evitare che si diffonda», è il suo motto. La sua storia è una pietra miliare nella lunga lotta di liberazione degli afroamericani. Il quadro del pittore Norman Rockwell, The Problem All Live With, del 1964, che ritrae la piccola con i federali sulla strada per la scuola, è diventato un’icona del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti. Non a caso, dietro suggerimento di Ruby, il presidente Obama lo ha installato come monito alla Casa Bianca, nel corridoio fuori dalla Stanza Ovale. Chissà che fine farà, con il restyling dell’arredamento del neoeletto Trump e di sua moglie Melanie.

13/11/2016 Natasha Nkhama, vittima di insulti razzisti da parte di un sostenitore di Trump, riceve una sorpresa straordinaria dagli studenti del suo campus.
L’Huffington Post    |  Di Ilaria Betti

È stata insultata per il colore della pelle e spinta giù dal marciapiede da un ragazzo che giustificava il suo gesto ripetendo lo slogan di Trump: “Make America great again”. Natasha Nkhama ha raccontato il brutto episodio, avvenuto alla Baylor University in Texas, in un video diventato virale. E grazie proprio a quel filmato più di 300 studenti hanno deciso di farle una sorpresa, accompagnandola, in gruppo, ad una lezione, dimostrandole che l’amore può vincere sulla rabbia.

“Mentre andavo in classe, questo ragazzo mi ha urtata e mi ha spinta giù dal marciapiede. Mi ha detto: ‘Nessun negro è ammesso su questo marciapiede’. Io ero scioccata, non avevo parole”, racconta nel video. Uno studente di passaggio ha detto qualcosa all’aggressore e lui, di tutta risposta, ha ammesso: “Sto solo cercando di rendere l’America grande di nuovo”, ripetendo lo slogan del neoeletto presidente Donald Trump, “Make America great again”. “Quindi – aggiunge la giovane nel filmato – se avete votato per Trump, spero che capirete cosa questo possa significare per una persona con un altro punto di vista”.

Grazie anche al video e al passaparola, la storia di Natasha si è diffusa nel campus. Gli studenti hanno così deciso di fare un gesto dimostrativo per lei e accompagnarla, tutti insieme, alla sua lezione di venerdì mattina. Si sono accordati sui social usando l’hashtag #IWalkWithNatasha (“Io cammino con Natasha”) e, in più di 300, si sono presentati all’uscita dell’istituto, sorprendendola. I professori hanno lasciato che uscissero prima dalle loro classi, consentendo la buona riuscita dell’improvvisata.

Natasha è rimasta senza parole alla vista di tutte quelle persone, accorse lì per lei, per accompagnarla, per ricordarle che la gentilezza è l’arma più potente contro il razzismo e la rabbia. “Vorrei che tutti vedessero questo gesto – ha commentato – e sapessero che Baylor è il campus dell’amore

FONTI:

http://www.riforma.it/it/articolo/2016/11/14/una-storia-americana

http://www.huffingtonpost.it/2016/11/13/natasha-nkhama-vittima-insulti-sorpresa-_n_12942156.html?utm_hp_ref=italy

14 Novembre 2016Permalink

12 novembre 2016 – Ilhan Omar, rifugiata e migrante, prima somala eletta al parlamento a stelle e strisce

10 novembre 2016   La prima volta per una donna negli Stati Uniti, ma non è Hillary di Claudio Geymonat

Donna, immigrata, anzi di più, rifugiata; e poi musulmana praticante, sempre con l’hijab in testa, impegnata fin da giovanissima nelle battaglie per l’emancipazione delle donne immigrate, in particolare quelle di prima e
seconda generazione.ilhan-omar

Insomma, un po’ tutto ciò che il neo presidente degli Stati Uniti ha dimostrato di odiare, a stare almeno alle roboanti dichiarazioni esternate da una parte all’altra della nazione, durante i mesi frenetici che hanno preceduto la tornata elettorale. Chissà quindi se si daranno la mano il 20 gennaio prossimo, giorno dell’insediamento alla Casa bianca, Donald J. Trump e Ilhan Omar, che nella Caporetto democratica dell’8 novembre rappresenta un raggio di speranza. Ilhan è infatti la prima donna somala, e la prima rifugiata, a vincere un seggio per la Camera dei rappresentanti, che con il Senato rappresenta uno dei due rami del parlamento a stelle e strisce.

E’ successo a Minneapolis nello stato del Minnesota, uno dei pochi a colorarsi di blu anche dopo lo spoglio delle schede, e non soltanto nei disastrosi sondaggi pre-elettorali che davano tutti o quasi per certa la prima volta di una donna al 1660 di Pennsylvania avenue.

Quindi lo scettro di novità più significativa emersa dall’election day spetta forse proprio a lei, Ilhan Omar, classe 1982, giunta negli Stati Uniti insieme alla famiglia nel 1994, in fuga dalla drammatica guerra civile somala, che tanti capitoli dolorosi e misteriosi ha scritto attorno alle vicende della missione “Restore Hope”, teoricamente promossa dalla Nazioni Unite ma in pratica creatura e feudo a stelle e strisce.

Prima del viaggio transoceanico per Ilhan e i suoi cari ci sono stati però quattro durissimi anni di permanenza in un campo profughi in Kenia, terra di salvezza per centinaia di migliaia di disperati in fuga da un conflitto fratricida. Negli States la prima tappa è la Virginia, Arlington, la città sul Potomac sede del celebre cimitero militare che ospita tutti i caduti delle guerre, oltre alle tombe di moltissime personalità politiche fra cui John Kennedy.

Quasi subito i genitori si spostano in Minnesota. Qui Ilhan può frequentare le scuole, imparando in appena tre mesi l’inglese e completando prima le superiori e quindi la facoltà di scienze politiche.

Immediato l’amore per l’agone pubblico che la porta già dal 2006 a impegnarsi con il partito democratico nelle campagne per le elezioni comunali. Dopo anni di lavoro a fianco delle minoranze a inizio 2016 il grande salto, la scelta di candidarsi per un seggio. Nelle primarie democratiche c’è però da sconfiggere Phyllis Kahn, 79 anni, dal 1973 ininterrottamente seduta a Capitol Hill, la più anziana parlamentare in servizio. Dal caucus di agosto la prima grande sorpresa: nonostante una campagna con toni razzisti pesanti nei suoi confronti da parte anche di compagni di partito, il cosiddetto fuoco amico, Ilhan Omar esce vincitrice. E’ il trampolino di lancio verso il Campidoglio in uno stato, il Minnesota, che sempre premia i democratici e che nelle primarie repubblicane aveva in massa scelto Marco Rubio rispetto a Trump.

Ma se a livello nazionale Hillary Clinton ha pagato pegno (anche) al suo essere donna, a livello locale a Ilhan è riuscita l’impresa di superare i pregiudizi raccogliendo consenso anche fuori dalle comunità di riferimento, formate per lo più da immigrati.

«E’ l’inizio di qualche cosa di nuovo – ha commentato a caldo Omar-. Questo distretto ha fatto tante volte la storia di questo paese e in qualche modo la sta facendo anche ora. Sono entusiasta per i valori progressisti di questa terra e per il ruolo di rappresentante delle tante culture che qui vivono cui sono chiamata a dare voce a Washington».

Da un campo profughi al Campidoglio, una tipica storia di quelle che piacciono tanto ai cultori del sogno americano, che nessuno lascia indietro e a tutti concede una chance. In realtà c’è ben altro, in anni in cui l’american dream ha perso la carica che lo rappresentava, di fronte alla spaventosa crisi che ha messo in ginocchio l’economia interna, ripartita grazie alle brillanti politiche di Barack Obama. Non è bastato a far si che il voto popolare sancisse la bontà del solco tracciato. Gli elettori hanno scelto altro, un voto di rottura, di protesta o chissà in quante altre migliaia di modi lo sentiremo definire in questi giorni di analisi dei flussi, fra evangelical conservatori e chiese storiche progressiste, ispanici che non si capisce più cosa siano e donne che hanno preferito chi le insulta rispetto a chi ne rappresenta la summa, il vertice di una piramide dalle pareti scivolose, alla cui cima è riuscito a scalare un uomo di colore, evidentemente mobilitando il voto afro-americano, ma non è riuscita una donna, che certo molte simpatie non deve aver attirato nemmeno fra le attiviste.

Nelle incertezze e nelle contraddizioni sociali che il voto di martedì ha reso palesi, la storia di Ilhan Omar rappresenta un segnale che un approccio differente all’agone politico è possibile anche oltre oceano, in cui l’impegno concreto a fianco dei più deboli e per la crescita sociale, che dovrebbe essere la pietra angolare di ogni impegno pubblico a volte rappresentano ancora un plus, capace a volte di sovvertire pronostici, sconfiggere lobby, sedere in parlamento.

FONTE: http://www.riforma.it/it/articolo/2016/11/10/la-prima-volta-una-donna-negli-stati-uniti-ma-non-e-hillary

 

 

12 Novembre 2016Permalink

9 novembre 2016 – Fra il presidente USA e il referendum italiano

Sorvolando su quello che è avvenuto negli USA vengo all’Italia dove, dopo il 4 dicembre, mi sembra profilarsi una situazione che mi preoccupa in ogni caso (veramente mi preoccupa a ragion veduta anche il prima)..
Se vince il SI’ avremo una Costituzione peggiorata, se vince il NO il vuoto. Infatti il NO non è sostenuto da un gruppo politico in grado di proporre qualche cosa ma da un’ammucchiata scoordinata. I ‘Salvini’ avranno più forza che mai (la vittoria del NO ne aggiungerà parecchia a quella di cui già dispongono oltre i voti che in una elezione possono assicurarsi come partito). Mi capita che quando esamino la riforma mi viene voglia di votare NO, quando guardo all’ammucchiata … ho l’impressione angosciosa del vuoto che minaccia.bruegel_ciechi1
Alla galleria di Capodimonte c’è un quadro di Pieter Bruegel il Vecchio ‘La parabole dei ciechi’ (1568).
Nel mio immaginario si sovrappone ai commenti politici: un cieco conduce una fila di ciechi verso un baratro che non vedono.

 

 

9 Novembre 2016Permalink

8 novembre 2016 – L’onore militare colpisce ancora

 Dal Messaggero Veneto 07 novembre 2016   –  La vergognosa retromarcia del Senato sul testo approvato dalla Camera. Degli alpini fucilati si riconosce «il sacrificio» e si dimentica il processo farsa   di Andrea Zanini

Dopo la rivelazione del Messaggero Veneto dell’avvenuto stravolgimento del testo approvato alla Camera da parte del Senato, interviene il direttore del Dipartimento di studi umanistici e del patrimonio culturale dell’Università di Udine, lo storico Andrea Zannini.  cercivento-2

+++++

Si sente spesso dire che l’Italia è un Paese che non riesce a fare i conti con la propria storia. Ciò che è appena accaduto in Senato, a proposito della richiesta di riabilitare gli oltre mille soldati italiani giustiziati “per dare l’esempio” durante la Prima Guerra mondiale ne è purtroppo l’ennesima conferma.

Nel 1914-18 milioni di soldati furono gettati in una guerra dove si impiegarono per la prima volta in modo massiccio armi in uso ancor oggi. Due generazioni almeno di europei furono tenuti per quattro anni dentro un mattatoio grazie alla propaganda e alla coercizione.

L’Italia usò a fondo lo strumento delle fucilazioni esemplari. Un Tribunale straordinario, in deroga alle garanzie previste dal Codice militare di guerra, giudicava coloro che non avevano obbedito agli ordini e li mandava a morte. Oltre mille, secondo ricerche recenti, sono stati i casi di questo genere in Italia, contro le poche centinaia in Francia e Gran Bretagna

Emblematico ciò che avvenne a Cercivento, in Carnia. La chiesa venne svuotata e fu montato un processo contro un plotone che si era rifiutato di assaltare in pieno giorno, andando contro morte certa e sconfitta, la vetta del Cellon, controllata dagli austro-tedeschi. Furono comminati centinaia di anni di carcere e quattro alpini, tutti carnici o friulani, furono fucilati.    Da esperti conoscitori di quelle montagne avevano chiesto agli ufficiali di ritardare di qualche ora l’attacco.

In Gran Bretagna la riabilitazione di casi come questi è stata inserita in un codice militare. In Francia, il primo ministro Jospin ne ha pubblicamente riabilitato la memoria. In vista del centenario dell’inizio del conflitto, un Comitato composto di storici, intellettuali e religiosi ha promosso un’iniziativa parlamentare per provare, anche noi, a fare i conti con la nostra storia. Il 25 maggio 2015 la Camera dei Deputati ha così approvato una proposta di legge per riabilitare la memoria di quei soldati.

In questi giorni la Commissione Difesa del Senato, guidata dall’onorevole La Torre del Partito democratico, ha però proposto un nuovo testo, che stravolge completamente quello passato nella Camera bassa, e i cui primi firmatari erano i deputati Scanu e Zanin, compagni di partito di La Torre.

La nuova proposta di legge “riconosce il sacrificio” di coloro per i quali non fu accertata responsabilità penale, ignorando che furono tutti riconosciuti penalmente colpevoli. Promuove ogni iniziativa storica a riguardo, come se la ricerca storica non fosse libera. Dispone l’apertura degli archivi storici, archivi che sono già stati ampiamente consultati. Commissiona infine l’affissione di una targa al Vittoriano nella quale si affermerà che l’«Italia offre il proprio commosso perdono» ai soldati giustiziati senza un giusto processo. Li perdoniamo per cosa? Per averli mandati a morte senza un giusto processo?

Il Senato si appresta ad aggiungere torto a torto

Cosa ne pensa la presidente Debora Serracchiani, vicesegretario del Pd, che aveva sostenuto la battaglia per restituire dignità e memoria a tutte le vittime dei tribunali speciali della Prima Guerra mondiale?     cercivento1

 

Da diariealtro 31 maggio 2014 https://diariealtro.it/?p=3085

L’immagine a fianco fa riferimento a un passaggio dello scritto raggiungibile con il link

8 Novembre 2016Permalink