22 marzo 2013 – Hai avuto il certificato di nascita con qualche anno di ritardo? Niente cittadinanza

Rinvio al tag anagrafe chi eventualmente legga il mio blog e desideri verificare i precedenti alla lettera che trascrivo.
E’ evidente che non è possibile far ordine nel caos normativo italiano che purtroppo sembra essere anche una linea di indirizzo per il futuro.
Perché infatti non ci impegniamo per la modifica della norma che chiede il permesso di soggiorno a chi voglia registrare i propri figli e abbiamo quindi deciso di continuare a creare apolidi?
Vorrei che i politici italiani meditassero sulle conseguenze che la firmataria della lettera subisce per essere stata per qualche anno nella sua infanzia priva di certificato di nascita.
Quanto ho visto finora non mi fa sperare in un soprassalto di competenza e dignità né nei responsabili politici né nella società civile.

11.03.2013 Che colpa abbiamo noi?
Mi chiamo M., e sono una ragazza di origine albanese, nata in Italia nel 1994. Il 3/6/2012 ho compiuto 18 anni ed ho presentato al Comune di M., dove risiedo, la dichiarazione di elezione della cittadinanza italiana.
La dichiarazione non è stata ancora accolta per il fatto che, benché’ io abbia soggiornato legalmente in Italia ininterrottamente dalla nascita, la mia iscrizione anagrafica è avvenuta in ritardo.
Il mio Sindaco ha inviato una lettera, nonché tutta la documentazione (permessi di soggiorno, libretto vaccinazione, iscrizione sanitaria, ricevute di affitto ecc) a dimostrazione della continuità del mio soggiorno legale. Per il momento, il Ministero si è espresso negativamente, sebbene risulti provata di fatto la ininterrotta presenza mia nel territorio italiano, in quanto, nessuno dei miei genitori era iscritto all’anagrafe al momento della mia nascita.
Mi sento una condannata, per un reato che non ho commesso, per colpa di una legge ingiusta, e vi spiego anche perché.

Art. 1 co. 2 lettera a) DPR 572/1993 stabilisce che

2. Ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana:
a. si considera legalmente residente nel territorio dello stato chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d’ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia d’iscrizione anagrafica;

L’iscrizione anagrafica avvenne tardivamente perché’ mia madre, se la vide rifiutare, prima ancora della mia nascita, sulla base del fatto che il permesso di soggiorno per studio (di cui mia madre era titolare all’epoca) non consentiva l’iscrizione anagrafica. Tale motivazione, comunicata a mia madre – secondo una prassi diffusa, quanto deprecabile – solo verbalmente, era già al tempo del tutto priva di fondamento giuridico, dato che art. 6 co. 1 della Legge 39/1990 stabiliva:

1. Gli stranieri in possesso di permesso di soggiorno hanno diritto all’iscrizione anagrafica presso il comune di residenza secondo le norme in vigore per i cittadini italiani.

In questa situazione, appare evidente come mia madre e, a maggior ragione, io stessa abbiamo “soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d’ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia d’iscrizione anagrafica” e che il requisito di residenza legale ininterrotta dalla nascita fino al compimento dei 18 anni sia quindi da me soddisfatto, non potendo rilevare a tal fine il mancato adempimento da parte di terzi (in questo caso, chi allora agiva come ufficiale d’anagrafe del Comune di residenza di mia madre).
Una recente sentenza della Corte d’Appello di Napoli, sostiene che non possono imputarsi al minore gli inadempimenti dei genitori, rilevando solo, quindi, la residenza di fatto. Meno che mai, sulla base di questo orientamento, il diritto del neo-diciottenne dovrebbe essere sterilizzato da inadempimenti dell’amministrazione.
Questo orientamento appare perfettamente compatibile con il tenore letterale della disposizione di cui all’art. 1 comma 2 lettera a) del DPR 572/1993, dal momento che, trattandosi di un diritto soggettivo della persona (l’acquisto della cittadinanza iure soli), le condizioni che lo integrano non possono che riguardare dati e comportamenti del neo-diciottenne richiedente.
In altri termini, anche prescindendo dal fatto che nel caso che mi riguarda l’iscrizione anagrafica di mia madre e’ stata a suo tempo illegittimamente rifiutata, non esiste alcun adempimento in materia anagrafica al quale il minorenne sia tenuto, spettando a chi esercita la patria potesta’ di rendere le dichiarazioni anagrafiche di cui all’articolo 13 DPR 223/1989. Non si puo’ quindi ritenere inadempiente il neo-diciottenne in relazione ad obblighi che non gli spettavano.

Nella mia situazione si trovano migliaia di ragazzi, che aspirano al riconoscimento della cittadinanza italiana, ma che non possono ottenerlo perché i loro genitori, per vari motivi, non hanno potuto perfezionare, a tempo debito, l’iscrizione anagrafica, pur vivendo legalmente in Italia, lavorando in Italia, pagando le tasse in Italia.
In attesa di una riforma legislativa, che richiederà comunque tempi lunghi, chiedo con questa lettera al Ministro dell’interno, di dare istruzioni, con una circolare, perché’ venga riconosciuto il nostro essere italiani, non solo di fatto, ma di diritto.

Cordiali Saluti
M. D.

22 Marzo 2013Permalink

6 marzo 2013 – Un notizia positiva e una mia perplessità

La notizia positiva

Ho ricevuto dal sito change.org (che propone petizioni che segnalo, che firmo e che non firmo)  la comunicazione che trascrivo e  che trasmetto con piacere:

“Grazie! Abbiamo ottenuto la cittadinanza italiana per i tre senegalesi feriti il 13 dicembre 2011 a Firenze.

Il Consiglio dei Ministri ha conferito la cittadinanza italiana ai sopravvissuti del raid razzista di Gianluca Casseri. “La concessione della cittadinanza – spiega il Consiglio dei Ministri – rappresenta un gesto di doveroso riconoscimento e di concreta solidarietà”.

Abbiamo raggiunto questo incredibile obiettivo anche con la tua firma.

Il 13 dicembre 2011 a Firenze Modou Samb e Mor Diop vennero assassinati e Sougou Mor, Mbengue Cheike e Moustapha Dieng furono gravemente feriti durante l’attacco armato di un fanatico razzista. Moustapha è tetraplegico e non potrà più essere autosufficiente.

Ma per loro si accende ora una speranza e una certezza, quella che nel Paese in cui vivono non tutti sono razzisti.

Grazie ancora a nome di tutti loro,
Pape Diaw via Change.org

La mia perplessità

Ieri ho ricevuto un’altra petizione che afferma “Ispirandoci all’articolo 3 della nostra Costituzione che stabilisce il principio dell’uguaglianza tra le persone, abbiamo sostenuto una Proposta di Legge Popolare che promuove lo ius soli e quindi il diritto di cittadinanza per i ragazzi che nascono e crescono in Italia” e conseguentemente chiede al Parlamento non ancora insediato di mettere in agenda e discutere tale proposta.

La richiesta è pienamente condivisibile o meglio la condividevo totalmente finché non mi sono resa conto che la concessione della cittadinanza italiana così come prevista non può estendersi ai piccoli che nascono in Italia se i loro genitori non dispongono del permesso di soggiorno.

Trascrivo l’art. 1 della legge in vigore sulla cittadinanza e l’art. 1 della proposta di legge a iniziativa popolare con cui dovrebbe confrontarsi anche il futuro parlamento (se mai lo farà).

Legge n. 91/1992 Art. 1
1. È cittadino per nascita:
a) il figlio di padre o di madre cittadini;
b) chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono.
2. È considerato cittadino per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza
.

Proposta di legge a iniziativa popolare:

Art. 1. (Nascita)
1. Al comma 1 dell’articolo 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:
b-bis).Chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia legalmente soggiornante in Italia da almeno un anno.”
“b-ter). Chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia nato in Italia.”

Purtroppo parlando con parlamentari e amministratori locali ho scoperto che c’è un’incredibile confusione fra il concetto di cittadinanza e quello di registrazione anagrafica: molti pensano che la seconda sia una conseguenza automatica della prima come se la cittadinanza fosse un segno visibile sulla persona e non un dato riportato nel certificato di nascita che consegue la registrazione.
E io non riesco ad accettare che un problema burocratico riguardante i genitori penalizzi i figli fino a farli apolidi e che si ‘abbandoni’ la proposta sulla cittadinanza nelle mani di persone che non capiscono un problema così elementare.
Inoltre ci facciamo beffe del recepimento nella nostra legislazione della Convenzione di New York sui diritti dei minori che per noi è legge n.176/1991 che così recita all’art. 7 “1. Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza”
Tenterò di parlarne con qualche parlamentare neoeletto e, se non otterrò alcun risultato, non mi resterà che prendere atto del fatto che non c’è opposizione a una legislazione barbara che mi ripugna.

Una considerazione finale.
Il 3 marzo avevo scritto del broglio che –già nel 2oo6- aveva penalizzato la sen. Menapace, sottraendole il ruolo di presidente della commissione difesa che le sarebbe spettato.
Poiché non voglio che il ricordo di quell’episodio sia completamente rimosso, dopo aver considerato che nessun giornale ne parla pur essendo venuto ai disonori delle cronache il fatto della compravendita del sen. De Gregorio, ho inviato una lettera a un’ampia cerchia di amici e conoscenti.
Per la prima volta ho ricevuto riscontri positivi.

6 Marzo 2013Permalink

9 febbraio 2013 – Una firma per un caso

Ho firmato e chiesto ad alcuni amici di firmare (pubblicando anche su facebook la mia adesione) la petizione che potete raggiungere facendo clic sull’indicazione che segue. Visualizza la petizione: |
Poi ho ricevuto di nuovo il testo della petizione che ora non voglio trascurare. Eccolo:

Sono la mamma di Cristian, un ragazzo con sindrome di Down che, pur essendo nato in Italia non è italiano, perché io sono cittadina colombiana e il padre italiano non lo ha riconosciuto.

Al compimento della maggiore età Cristian ha provato a inoltrare la richiesta di cittadinanza italiana (come prevede la legge n. 91/92 l’istanza può essere presentata, per i nati in Italia, fino al compimento del 19mo anno di età). Ma ancora prima di entrare nel merito della questione, è bastato alla prefettura sapere che Cristian è persona con sindrome di Down per ritenerlo non idoneo a prestare il giuramento di fedeltà alla Repubblica, atto necessario per la convalida del decreto di cittadinanza.
Sia all’anagrafe che in prefettura, mi hanno detto: secondo la legislazione italiana, può ottenere la cittadinanza solo chi sia in grado di manifestare «autonomamente la propria volontà e il desiderio di diventare cittadino».

Se è certamente possibile che alcune persone con sindrome di Down, o con altra disabilità intellettiva, non comprendano il senso di quanto devono giurare, è altrettanto vero che tale incapacità non può essere presunta a priori per tutti.
Impedire a Cristian di accedere a tale diritto si traduce in un atto di discriminazione basata sul suo stato di persona con disabilità, violando l’art. 18 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dal nostro Paese con la legge n. 18/2009.

Cristian è nato nel nostro Paese e vorrebbe che il suo essere cittadino italiano di fatto fosse riconosciuto a livello giuridico, cosa che sarebbe possibile semplicemente prevedendo l’acquisizione per “ius soli” cioè per nascita nel territorio italiano.

Nonostante sia uscita la notizia che il Ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri abbia richiesto una risoluzione del mio caso, a tutt’oggi non ho ricevuto alcuna comunicazione ufficiale. Chiedo pertanto che venga risolto il caso di mio figlio e che l’ufficio legislativo del Viminale lavori alla stesura di un disegno di legge, da lasciare pronto per l’avvio della prossima legislatura, che eviti per il futuro il ripetersi di casi simili.

Questo messaggio è di Gloria Ramos, il creatore della petizione Cittadinanza per Cristian, discriminato in quanto disabile che hai firmato su Change.org.

Non solo un caso

La signora Ramos, mamma di Cristian, dice una cosa importantissima “Chiedo pertanto <…> che l’ufficio legislativo del Viminale lavori alla stesura di un disegno di legge, da lasciare pronto per l’avvio della prossima legislatura, che eviti per il futuro il ripetersi di casi simili”.
E’ emozionante trovare una cittadina (in questo caso non italiana ma residente in Italia) che ha capito quello che sfugge a politici, aspiranti a un seggio al Parlamento e, se non al Parlamento, a una qualche regione o comune e persino a esponenti della società civile. Risolvere un caso è un atto riparatorio di giustizia negata ma UN CASO può essere una spia di pessima, confusa legislazione costruita (da incompetenti o irresponsabili) su spinte di lobbies e non sul rispetto di norme fondanti la nostra convivenza che pur ci vincolano.
Purtroppo ho verificato molti esempi di questa malinconica deriva che ci umilia tutti.
La signora Ramos richiama tutti alla responsabilità, all’etica e alla competenza necessarie a chi ci rappresenta e ci rappresenterà.
Il mio commosso grazie alla mamma di Cristian.

E voglio proseguire

Chi legge il mio blog sa bene come da anni io mi occupi della registrazione anagrafica negata in legge a chi non ha il permesso di soggiorno.
Il mio è un chiaro fallimento, ma nella mia etica ci sono impegni che prescindono dal successo e perciò mi ostino e ora voglio leggere le mie considerazioni in parallelo a quanto scrive la signora Ramos, sostenendo – da cittadina che sa leggere i segni positivi che il nostro tempo riesce ancora ad offrire – la causa di suo figlio.

Scrive la signora Ramos: che suo figlio ‘pur essendo nato in Italia non è italiano, perché io sono cittadina colombiana e il padre italiano non lo ha riconosciuto’.
Sorvolo sul ‘padre italiano’ (la cui scelta di negarsi a un figlio è legittima per quanto ripugnante) e ricordo che – in parallelo – ci sono padri che vorrebbero registrare all’anagrafe i propri figli, sottraendoli così al destino di apolidi. Questi padri però (e madri evidentemente la cui condizione è in qualche modo e per un certo tempo meglio protetta) al momento della richiesta di registrazione in comune devono presentare il permesso di soggiorno e, se non ce l’hanno (quale che sia la ragione), rischiano l’espulsione e quindi l’abbandono coatto del figlio. E’ vero che la madre potrebbe tenerlo con sé ma se la coppia volesse restare unita (sostenitori della famiglia procreativa dove siete?) e portare il figlio con sé, nonostante l’assenza di qualsiasi registrazione che testimoniasse la loro genitorialità, potrebbero trovarsi nella condizione di rapitori di bambini. Quindi si nascondono e nascondono il piccolo se non è stato loro possibile giovarsi della volatile circolare che consente la registrazione del nuovo nato.
Questa infamia (ha altre definizioni la negazione di paternità e maternità riconosciute e certificate come si conviene nella società civile?) funziona dal 2009, da quando cioè fu approvato il cosiddetto ‘pacchetto sicurezza’. Prima sia la legge Turco Napolitano, sia la Bossi Fini non richiedevano l’esibizione del permesso di soggiorno per la registrazione delle nascite. Rinvio, per altre informazioni, al tag anagrafe.
Naturalmente le mie sono ipotesi relative a una non remota possibilità.
Casi concreti non ne conosco e se li conoscessi non li dichiarerei
Testimonianze della situazione si possono trovare nella documentazione del gruppo CRC che qui collego (si veda il cap. 3.1)

Io spero che ci sia un intervento efficace per il figlio della signora Ramos ma so che i rappresentanti politici da me interpellati e i rappresentanti di quella che viene ancora chiamata – chissà perché – società civile hanno negato qualsiasi attenzione al problema della mancata registrazione anagrafica, pur prevista per tutti dalla legge 176/1991 (legge di ratifica alla Convenzione di New York sui diritti dei minori).

9 Febbraio 2013Permalink

25 gennaio 2013 – Un po’ di sintesi e un manifesto

Il sonno della ragione genera mostri

‘Il sonno della ragione genera mostri’, così nel 1797 Francisco Goya intitolava una sua acquaforte e tanto gli abbiamo dato ragione che potremmo anche sospendere  questa azione di postuma solidarietà. Poiché parecchi tentativi di inserirmi in un collettivo ragionare sono falliti assicuro almeno a me stessa uno spazio per far sintesi delle notizie che ho raccolto e che mi hanno costretta a qualche non occasionale riflessione.

La scuola dell’obbligo senza permesso di soggiorno?

Così raccontava la lettera g) del comma 22 della legge 94/2009 (nota come ‘pacchetto sicurezza’) e, per la cronaca, l’eccezione relativa alla scuola dell’obbligo era stata frutto di un emendamento presentato dalla on. Mussolini, ispirata dal presidente della Camera on. Fini. Questa eccezione risolveva solo un frammento del problema (più a discutibile onore dei proponenti che a garanzia dei soggetti interessati) perché restavano del tutto scoperti gli asili nido, le scuole dell’infanzia e, posto che fosse possibile l’accesso alla scuola superiore, c’era il rischio che al compimento dei 18 anni lo studente non potesse essere ammesso all’esame di maturità. Problemi emersi, fallimenti, circolari occasionali … un caos e una perdita di tempo dovuti a una pessima modalità di legiferare.

Ora anche quel frammento crolla perché

1) chi iscrive i figli alla scuola pubblica, con le modalità previste per la metodologia elettronica, anche se non possiede un PC – e la scuola stessa lo soccorre- deve però disporre di un indirizzo e-mail.
Che se ne fa uno senza computer di un indirizzo di posta elettronica? Credo siamo nello spazio culturale della regina Maria Antonietta: “Se non hanno pane mangino brioches”;

2) Nella documentazione da proporre per l’iscrizione alla scuola ci deve essere il codice fiscale di cui, chi non ha il permesso di soggiorno, non dispone. Fantastico!
Adesso capisco perché un destino ironico e amaro ha fatto sì che tutto questo pastrocchio facesse capo a un comma 22! Joseph Heller era stato profeta e oggi potrebbe riscrivere il suo cerchio indistruttibile così:
‘Chi non ha il permesso di soggiorno può iscrivere i propri figli alla scuola dell’obbligo
ma chi iscrive i propri figli alla scuola dell’obbligo deve avere il permesso di soggiorno’.

Il Manifesto dell’Associazione Studi Giuridici Immigrazione (ASGI) per riformare la legislazione sull’immigrazione

Il Manifesto si sostanzia in dieci punti che non trascrivo. Sono indicazioni preziose e chi vorrà potrà andarsele a leggere nel sito che ho collegato all’acronimo ASGI, sperando che chi lo praticherà non si fermi all’enunciazione ma entri, secondo le proprie competenze e interessi, nelle singole voci.
E’ un’operazione che ho fatto anch’io e mi limito a un punto che è strettamente connesso a quello che scrivo inutilmente da anni:
Ricopio dal paragrafo 3 del Manifesto ASGI:

I minori stranieri devono essere trattati, in primo luogo, come minori.
La
Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata dall’Italia con legge n. 176/91, stabilisce che i diritti da essa sanciti devono essere riconosciuti a tutti i minori che rientrano nella giurisdizione dello Stato, senza alcuna discriminazione, indipendentemente dalla loro nazionalità, regolarità del soggiorno o apolidia. Ai sensi della Convenzione, inoltre, in tutte le decisioni che riguardano i minori, il superiore interesse del minore deve essere una considerazione preminente. Tali principi sono già previsti nel testo unico delle leggi sull’immigrazione, ma spesso, nella prassi, sono disapplicati o non attuati.
Per garantire i diritti dei minori stranieri è dunque necessario che:
1) si affermi inequivocabilmente che ai minori stranieri presenti sul territorio nazionale, indipendentemente dal possesso di un permesso di soggiorno da parte loro o dei genitori, sono riconosciuti in via generale pari diritti rispetto ai minori italiani, inclusi i diritti inerenti gli atti di stato civile, il diritto all’iscrizione al servizio sanitario nazionale, l’accesso agli interventi di sostegno al nucleo familiare finalizzati a consentire al minore di essere educato nell’ambito della propria famiglia, il diritto all’istruzione e alla formazione fino al conseguimento del titolo finale del corso iniziato durante la minore età;

Come rendere operativi i principi del manifesto ASGI?

Per me gli ostacoli sono due e mi limito ad enunciarli

1) nei parlamentari, senatori o deputati che siano, o aspiranti tali, l’incapacità a considerare i diritti fondamentali al di fuori di una logica di voto di scambio e la determinazione a dare risposte occasionali con un occhio di riguardo alle lobbies e quindi al numero e alla visibilità di chi si rivolge loro con qualche proposta. Di recente una persona, che è ben emersa alle primarie e quindi si proporrà al nostro acritico voto (condizionato dalla scelta del partito a norma di legge suina) mi ha detto: ‘ma a queste cose penseremo in un futuro con una nuova legge sull’immigrazione!” E io parlavo di registrazione anagrafica! Possibile che non riescano a capire che i diritti fondamentali non sono beneficenza, per quanto nobile, ma garanzie universali?!

2) nella società civile, l’arroccamento attorno al proprio ‘particulare’, nobile o ignobile che sia (provate a rileggere Guicciardini!) che riduce il rapporto politico se non a un voto di scambio alle sue premesse e l’incapacità –per paura di perdere simpatie calate dall’alto – a farsi propositivi. Non diverso danno viene da coloro che limitano la propria partecipazione a un urlo contro, tanto appagante se collettivamente esercitato, quanto inutile.

C’è il rischio che i principi ASGI, sventolati come bandiere, vengano vanificati nel loro significato e non si sostanzino in leggi di cui abbiamo bisogno. Che fare?

La prima cosa che faccio io

Trascrivo l’art. 1 della legge in vigore sulla cittadinanza e l’art. 1 della proposta di legge a iniziativa popolare con cui dovrebbe confrontarsi anche il futuro parlamento (se mai lo farà).

Legge n. 91/1992   Art. 1

1. È cittadino per nascita:
a) il figlio di padre o di madre cittadini;
b) chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono.
2. È considerato cittadino per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza
.

Proposta di legge a iniziativa popolare:

Art. 1. (Nascita)

1. Al comma 1 dell’articolo 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:
b-bis).Chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia legalmente soggiornante in Italia da almeno un anno.”

“b-ter). Chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia nato in Italia.”

Ultima domanda:
perché quando pongo il problema della registrazione anagrafica dei sans papier molti mi dicono che l’accoglimento della proposta  di legge a iniziativa popolare risolverà il problema?
Pensano di tranquillizzarmi?
Signori miei, essere vecchie non significa essere sceme e comunque non fa perdere il diritto di voto, anche se vale uno e non si unisce a lobbies da sondaggio.

25 Gennaio 2013Permalink

17 novembre 2012 – La logica ci salverebbe ma se ne sono perse le tracce

Non era questa la strada che volevo seguire nel far sintesi ancora una volta della questione della registrazione anagrafica dei figli di persone senza permesso di soggiorno e dei loro diritti alle cure pediatriche ma, a seguito di quanto ho pubblicato il 15 novembre scorso, ho ricevuto un’informazione preziosa, la scheda che in Friuli Venezia Giulia viene illustrata ai mediatori di comunità che si occupano anche degli stranieri senza permesso di soggiorno (quelli identificati con il codice STP – stranieri temporaneamente presenti).
Ecco la scheda che illustra la possibilità di cure pediatriche (fino a 14 anni) ai figli di persone senza permesso di soggiorno facendo riferimento a una delibera della giunta regionale, emanata dalla giunta precedente quella ora in carica.

SCHEDA

Alcuni bambini rischiano di rimanere ai margini del sistema sanitario:

se viene loro negata l’iscrizione al SSN, le conseguenze possono essere:

–  accessi impropri ai Pronto Soccorso

– carenza di interventi di prevenzione  quali screening e bilanci di salute

– carenza di interventi di educazione

Assistenza primaria pediatrica a favore dei minori di anni 14 figli di cittadini extracomunitari privi di permesso di soggiorno nella regione Friuli Venezia Giulia –

delibera Giunta Regionale n° 340 del 23.02.2007 

Considerando che il numero totale dei minori di anni 14 STP, presenti in Regione al 31.12.2006, secondo i dati forniti dall’INSIEL, ammonta a 57 unità e  ipotizzando un numero massimo di 5 visite annuali

1. I pediatri di libera scelta convenzionati dovranno effettuare le visite ambulatoriali e domiciliari anche favore dei minori di anni 14 in possesso del codice STP;

2. I pediatri di libera scelta convenzionati che effettueranno le visite occasionali a favore dei minori di cui sopra, saranno compensati con gli importi e secondo le modalità previste, rispettivamente, dai commi 3 e 4, dell’art. 56, dell’Accordo collettivo nazionale di cui in premessa.

3. I bisogni socio – sanitari, riscontrati nelle viste pediatriche occasionali, saranno segnalati, dai pediatri di libera scelta convenzionati, alle competenti strutture socio –sanitarie territoriali e ospedaliere;

 La DGR n. 340 27 febbraio  2007 è ’stata promulgata  tenendo conto delle:
Politiche internazionali, nazionali e regionali di tutela della salute dei minori
Indicazioni contenute nel documento finale della IX Consensus Conference e VII Congresso Nazionale SIMM ( aprile 2006)

Criticità rilevate nei confronti dell’assistenza sanitaria ai bambini stranieri STP che indicavano accessi impropri al PS e soprattutto carenza di interventi di prevenzione e di educazione alla salute

Garantisce l’ “Assistenza primaria pediatrica a favore dei minori di anni 14 figli di cittadini extracomunitari privi di permesso di soggiorno” tramite l’accesso ai Pediatri di Libera Scelta

Le prestazioni dei PLS, nei confronti di minori in possesso di codice STP, sono configurate quali visite occasionali e sono retribuite dalle Aziende Sanitarie nell’ambito del finanziamento indistinto annualmente assegnato alle medesime e destinato alle attività istituzionali

—————–

Quindi

–        non solo il ministro Balduzzi è al corrente dell’esistenza degli immigrati senza permesso di soggiorno (la cui mancanza non inibisce la possibilità di procreare) e dei loro figli ma anche i consiglieri regionali del Friuli Venezia Giulia i quali con sciagurata negligenza non conoscono il contenuto delle delibere giuntali o fingono di non conoscerlo;

–        la regione FVG scarica la patata bollente a un’associazione che agisce al meglio ma non ha fra i suoi compiti quello di promuovere una campagna di informazione per i sindaci né di sollecitare i parlamentari ad assicurare  il ritorno alla legislazione precedente il 2009 il che, ripristinando la possibilità di registrare anche i figli dei sans papier, semplificherebbe tutte le procedure relative ai minori (oppure nelle istituzioni tutti sono complici di un turpe gioco alle scimmie non sagge: non vedo, non sento, non parlo?).

Ma su tutto questo tornerò.
Per ora mi limito a riportare una notizia per cui rinvio a un mio scritto del 31 luglio 2011  per consentirne una miglior comprensione

Don Abbondio risorge nel bergamasco.

Sebbene la Corte Costituzionale abbia cancellato la modifica intervenuta nel 2009 nel codice civile e reintrodotto l’assenza di obbligo di presentazione del permesso di soggiorno per i matrimoni, il sindaco di Terno d’Isola (BG) ha rifiutato di celebrare il matrimonio di un cittadino del Marocco privo di permesso di soggiorno.
Poi la questione è stata sanata e il matrimonio è stato celebrato da un’impiegata dell’ufficio anagrafe.
Per maggiori informazioni collego ai link de la Repubblica e de Il giorno.

17 Novembre 2012Permalink

23 ottobre 2012 – Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita

Uno spiraglio di vita per i bambini fantasma?

Concludevo il mio post precedente con un paragrafo che avevo intitolato: Chi vuole i bambini fantasma e che ora in parte ricopio

Se non posso far colpa ai parlamentari dissenzienti (e so che ce ne sono) dalla legge 94 (ho ricordato sopra il voto di fiducia) faccio una colpa che mi ripugna al silenzio di tutti i politici, non solo parlamentari ma anche sindaci che dovrebbero sentirsi offesi dal vulnus che la legge 94 impone al loro compito di farsi garanti della popolazione che nasce e vive nel loro territorio. A questo proposito ricordo un episodio squallido e ridicolo: mentre era ancora parlamentare l’on. Orlando aveva presentato una proposta di legge per sanare il vulnus inserito nel nostro ordinamento dalla legge 94 (l’avevo pubblicata nel mio blog 5 dicembre scorso)..

Ma, felicemente smentendomi (una, per ora una, eccezione c’è!) il 5 ottobre scorso la giunta del comune di Udine ha approvato una delibera che in parte riassumo, ricopiandone poi la parte dispositiva:

LA GIUNTA COMUNALE  …CONSIDERATO CHE

Seguono
– alcuni dati statistici sulla presenza straniera in Italia e a Udine (relativamente ai bambini);
– citazione di alcune affermazioni del Presidente della Repubblica in merito alla cittadinanza, relative al passaggio dallo jus sanguinis allo jus soli, come previsto dalla proposta di legge a iniziativa popolare;
– ricorda poi la modifica al testo unico sull’immigrazione, intervenuta con la legge 94 del 2009, che ha imposto la presentazione del permesso di soggiorno per la registrazione degli atti di stato civile e la circolare che, per gli atti di nascita, consente agli uffici competenti un comportamento difforme da quello previsto dalla legge

DELIBERA

1 di dar mandato al Sindaco di procedere con tutti gli atti necessari a sostegno del riconoscimento della cittadinanza italiana per lo jus soli ai figli nati in Italia da genitori entrambi stranieri regolarmente residenti e ai ragazzi arrivati in  Italia adolescenti, figli di cittadini non italiani regolarmente residenti e che abbiano compiuto un ciclo scolastico;

2 di attivare altresì ogni utile iniziativa per richiedere il ripristino della norma di legge che non prevede la presentazione del permesso di soggiorno per la registrazione delle nascite, come da testo precedente la legge 94/2009, prendendo atto che per ciò che concerne la registrazione degli atti di matrimonio a tanto ha provveduto la Corte Costituzionale con sentenza 245 del 25 luglio 2011.

Un mio commento

Mi soffermo solo sul punto 2 di cui questo blog si occupa da quattro anni, non senza notare che nel punto 1 la giunta del comune di Udine si è discostata dal testo della P.d.l. a iniziativa popolare sulla cittadinanza a proposito della definizione dell’età pur salvando il principio fondamentale del passaggio dallo jus sanguinis allo jus soli.

Il punto 2 dà mandato al Sindaco perché operi nelle sedi opportune al fine di ripristinare il Testo Unico sull’Immigrazione come precedente il cd pacchetto sicurezza del 2009, esonerando quindi i genitori del nuovo nato dalla presentazione del permesso di soggiorno.
Voglio sottolineare qui che – a seguito di una sentenza 245/2011 della Corte Costituzionale correttamente citata – il vulnus introdotto nel 2009 è stato superato per i matrimoni.
Nessuno però si è preoccupato di agire in modo trasparente e responsabile in nome dei neonati – come una coppia cui era stato negato il diritto al matrimonio e che, con la denuncia presentata, ha aperto la via della correzione della legge.
Voglio ostinatamente sperare che il richiamo al Sindaco di Udine, presentatogli dalla sua giunta, diventi operativo (e che quindi chi tale richiamo ha voluto ne verifichi con costanza il percorso efficace)  e che altri comuni seguano l’esempio di quello udinese che, a mia conoscenza, è il primo in Italia a dignitosamente occuparsi della questione.
Spero non prendano esempio dai parlamentari dell’IDV che hanno bellamente dimenticato la proposta di legge a suo tempo presentata dall’on. Orlando che risolverebbe il problema se non giacesse in Parlamento negletta e ignorata.

Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita

Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi”.
Così dice il comma 1 dell’art 7 della legge 27 maggio 1991, n.176  Ratifica ed esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989.
Ed è importante (al di là dell’infelice traduzione: perché non dire minore?) ricordare anche l’art. 2 della stessa legge che al comma 1 recita: “Gli Stati parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta ed a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza”.

Spero che il sindaco di Udine quando onorerà l’impegno che la giunta gli ha attribuito avrà sempre presente a quale alto livello politico si sta ispirando e non scivoli nella melassa dell’assistenzialismo.

 

 

 

 

 

 

23 Ottobre 2012Permalink

21 ottobre 2012 – Una speranza per i bambini ridotti a fantasma?

Le segnalazioni sono state aggiornate

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Sono tornata al sito tanto praticato in passato della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM). Non dimenticherò mai che il loro impegno ha fatto sì che fra le tante infamie presenti nel ‘pacchetto sicurezza’ (legge 94-2009) non ci sia la violazione del segreto sanitario per le persone prive di permesso di soggiorno.
Ne ho scritto nel mio blog più volte (si veda il tag ‘segreto sanitario).
Forse altri se ne occuparono ma dove io vivo arrivò solo questa voce e, in quel caso, l’opera di prevenzione esercitata nella società civile fu determinante: il tragico, grottesco pacchetto divenne legge con voto di fiducia, condizione che ammutolisce chi in parlamento si oppone, pur senza nulla sottrarre alla voce che costoro possono esprimere come politici pensanti quando di pensiero siano capaci oltre qualsiasi slogan. Ma il segreto sanitario fu salvo anche per i migranti irregolari.
Nelle relazioni del recente XII Congresso della SIMM ci sono tante notizie interessanti per cui invio al sito, limitandomi ad informare su una soltanto.

9 ottobre 2012. Conferenza stampa sul XII Congresso SIMM

Traggo il passo che desidero riferire dall’ampia Scheda per la stampa del sito SIMM

“Al Ministro della Salute Prof. Renato Balduzzi, che ha assicurato la sua presenza il 12 ottobre, consegneremo il documento finale con le nostre Raccomandazioni, una serie di proposte concrete, come quelle di cercare una uniformità di applicazione della normativa nelle varie realtà locali in un’ottica di inclusione e non discriminazione e di garantire il Pediatra di libera scelta per ogni bambino indipendentemente dallo status giuridico, proposte su cui il Ministro si era impegnato a discutere dopo l’incontro dell’11 maggio scorso con una delegazione SIMM e su cui si è favorevolmente pronunciato in questi ultimi giorni”. 

Pochi giorni dopo la stessa SIMM scriveva ancora

12 ottobre 2012. Ministro Balduzzi annuncia documento su assistenza salute migranti. Il Comunicato stampa del Ministero della Salute n°206 annuncia che il Ministro della Salute, prof. Renato Balduzzi, ha trasmesso in data 12 ottobre 2012 alla Conferenza Stato-Regioni un Documento per la corretta applicazione della normativa dell’assistenza sanitaria alla popolazione straniera. Il Ministro lo ha annunciato in un videomessaggio al XII Congresso nazionale della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, in corso a Viterbo, al quale era prevista la sua partecipazione poi annullata per impegni istituzionali.

Anch’io ho qualche cosa da dire

Non so se e quanto la promessa Balduzzi avrà esito nella realtà  Spero che, comune vada, ne avrò notizia e, in tal caso, la comunicherò.
Voglio però sottolineare il fatto che con questo impegno – e il suo sperabile risultato – la SIMM ha agito nel suo stretto ambito di competenza nel settore sanitario.
A questo punto, se la promessa sarà mantenuta, ci sarà un codice per identificare –solo agli effetti della cura – i ‘bambini clandestini’ protetti dal segreto sanitario e garantiti al loro diritto alla salute almeno limitatamente all’ambito di cura (la salute è molto di più).
Inoltre (e ciò è un bene) l’intervento di cura non sarà occasionale – come succede in una situazione precaria quale può essere assicurata anche dal più nobile dei volontariati – ma certo, come quello che deve essere assicurato a un bambino non clandestino o, se preferite, non ridotto a stato di fantasma vivente.
Inoltre i pediatri, riconosciuti nella loro funzione di sanitari finalmente regolarmente esercitata anche in queste situazioni, saranno regolarmente retribuiti: e ciò è giusto.

Con che nome i pediatri convenzionati registreranno i piccoli pazienti fantasma?

I figli di immigrati irregolari, come tante volte ho scritto, non hanno diritto per legge alla registrazione anagrafica e ne consegue per logica conseguenza l’assenza di un nome che non sia quello loro garantito dall’amore dei genitori che vorrebbero dire ‘questo è mio figlio’ ma non possono. La legge glielo vieta.
Certamente una circolare che contraddice la legge crea poi una scappatoia (e anche di ciò ho scritto il 15 marzo 2011 – e non solo – si veda la voce anagrafe nei tag) ma l’infamia di quella legge pesa sulle spalle di tutti noi come una vergogna nazionale.
Io non posso fingere che la legge non esista: la circolare è un’utile scappatoia ma non ci dà la dignità che ci è dovuta come cittadini/e consapevoli.
Tutta questa partita appartiene alle istituzioni e alla politica, non evidentemente alla sanità che cercato di fare il suo dovere.

Chi vuole i bambini fantasma

Se non posso far colpa ai parlamentari dissenzienti (e so che ce ne sono) dalla legge 94 (ho ricordato sopra il voto di fiducia) faccio una colpa che mi ripugna al silenzio di tutti i politici, non solo parlamentari ma anche sindaci che dovrebbero sentirsi offesi dal vulnus che la legge 94 impone al loro compito di farsi garanti della popolazione che nasce e vive nel loro territorio. A questo proposito ricordo un episodio squallido e ridicolo: mentre era ancora parlamentare l’on. Orlando aveva presentato una proposta di legge per sanare il vulnus inserito nel nostro ordinamento dalla legge 94 (l’avevo pubblicata nel mio blog 5 dicembre scorso).. Poi l’on. Orlando è diventato sindaco di Palermo e gli altri due firmatari sono piombati in un orribile totale silenzio e di quella proposta nessuno si è occupato più.
Per ciò che concerne la società che fu civile …i neonati non vanno in piazza, non riempiono sale di convegni … e perciò non vale la pena occuparsene con la determinazione dovuta.
Trascrivo però un comunicato del GrIS (Gruppo Immigrazione Salute Friuli Venezia Giulia della SIMM), che avevo pubblicato nel mio blog il 24 ottobre 2011, con cui un gruppo di medici e operatori sanitari del FVG seppe esprimere non solo la dignità della propria professione ma anche quella di cittadine e cittadini consapevoli.

Ecco il passo del Comunicato GrIS del FVG.

L’assenza di un certificato di nascita comporta gravi conseguenze per la tutela della salute.Siamo al corrente che è stata precipitosamente emanata dal governo, a pochi giorni dall’approvazione del ‘pacchetto sicurezza’ una circolare interpretativa che apre una procedura che rende possibile la registrazione anagrafica delle nascite.
Ma ciò non basta.
La Corte Costituzionale ci ha recentemente ricordato che i diritti inviolabili dell’uomo, di cui leggiamo negli artt. 2 e 3 della Costituzione, appartengono “ai singoli, non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”.
Non possiamo perciò accettare che il diritto alla salute, di cui anche come operatori del settore siamo garanti, e ogni altro diritto inviolabile che appartiene ad ogni essere umano, sia affidato per alcuni bambini alla labilità di una circolare e non a una norma di legge che regoli la nostra convivenza civile.
Chiediamo perciò al Parlamento italiano di modificare con la necessaria urgenza la lettera g) del comma 22 dell’art. 1 della legge 94/2009 (cd. pacchetto sicurezza).

 

 

21 Ottobre 2012Permalink

16 agosto 2012 – Ferragosto, da Repubblica

Mi ero proposta di affrettare la conclusione del mio diario del cammino di Santiago ma non
voglio ignorare l’articolo di Repubblica che trascrivo integralmente. Chi volesse raggiungerlo nel sito del quotidiano potrà farlo anche da qui
Proviamo a riflettere su cosa sarebbe successo a Muna se la sua mamma fosse arrivata in Italia: le avrebbero messe in un Centro di identificazione ed espulsione (CIE), spero facendo scattare anche le particolari tipologie di protezione che la legge prevede per le puerpere. Ma l’inesistenza di una legge sul rifugio avrebbe reso confusa la situazione della mamma di Muna e, senza permesso di soggiorno, la registrazione dei figli comporta l’espulsione del reo che si definisce genitore. Così dice una legge voluta da una cultura legadipendente così pervasiva che non c’è impegno alcuno per la sua modifica:  la registrazione anagrafica senza rischi dei bambini è affidata a una circolare che può essere rimossa senza che il parlamento ne sappia nulla, così come senza che nulla ne sapesse è stata emanata (la legge della vergogna no, quella era stata votata). E continuo a non capire –perché capirlo mi spaventa- perché nessun partito (im)politico si voglia far carico di richiederne la modifica.
Molto ho già documentato di tutto ciò in questo blog e lo si può verificare attraverso il tag ‘anagrafe’.

15 agosto – La bimba nata su una nave senza patria e documenti

Le organizzazioni umanitarie si stanno battendo per lei: “Le leggi non la tutelano”. Ora ha 4 anni e vive in Francia con la mamma. Ma è apolide. E tra poco ci sarà la scuola
di DAVIDE CARLUCCI 

L’UMILIAZIONE potrebbe arrivare il primo giorno di scuola. “Dove sei nata, piccola?”. “In una barca, signore”.  Muna non avrà altre risposte da dare. Perché questa bambina somala di 4 anni, che oggi vive a Parigi, non ha nessun documento da esibire. Nessun pezzo di carta in cui è scritto in quale angolo della Terra è nata. E ora le organizzazioni cattoliche e umanitarie maltesi si stanno mobilitando perché le venga riconosciuto questo diritto.

Orfana del “qui e ora” che definisce ogni esordio umano nel mondo, Muna è nata in mare, figlia di una profuga somala salvata dal naufragio con altri 74 immigrati partiti dalla Libia e diretti verso l’Italia. Era il novembre del 2008, il Mediterraneo era grosso come un bestione affamato e cinque passeggeri finirono, uno dopo l’altro, inghiottiti dalle onde. Ma in quell’inferno di morte e salsedine c’era anche spazio per tre nuove vite: Muna e, figli di una madre diversa, altri due gemelli. Per prima nacque Muna. La barca era ancora in acque libiche o, forse, già internazionali. Chi poteva dirlo, in quel momento, quando c’era solo da salvare la pelle? E così, quando accostò la nave russa Yelenia Shatrova per salvare i disperati, la piccola appena nata salì a bordo, in braccio alla madre 24enne, già con un luogo di nascita confuso.

I due gemelli, invece, seppero aspettare. Fino a quando – la nave ormai in acque maltesi – arrivò l’elicottero della Marina militare italiana che prelevò la loro mamma e la trasportò d’urgenza all’ospedale maltese Mater Dei. “Da quel momento – spiega monsignor Philip Calleja, il presidente della commissione per gli immigrati della Chiesa maltese – il destino dei tre bambini si è diviso. I due gemelli sono stati immediatamente registrati a Malta. La bambina invece, vive ancora in un limbo civile. E questo va contro ogni elementare principio di dignità, a cominciare da quelli sanciti dalla Convenzione dei diritti dell’uomo dell’Onu”.

Calleja ha aperto un contenzioso con le autorità del suo Paese: ne è nata una disputa legale su quale nazione dovesse sobbarcarsi la registrazione della povera Muna. La Russia no, perché la bimba è nata prima dei soccorsi. La Libia? La Somalia? “Ma cos’avrebbe dovuto fare la madre – non riesce a capire il sacerdote – ritornare da dove fuggiva perseguitata?”. “Ogni persona deve avere un’identità”, protesta Tonio Azzopardi, l’avvocato che segue la causa e che ora, dopo una prima sentenza sfavorevole del tribunale, ha presentato un ricorso urgente in appello.

Per ottenere la registrazione anagrafica della figlia, la madre della bambina, Chama Hatra, ha fatto nel febbraio 2009 una dichiarazione giurata nella quale spiegava, chiamando a testimoni gli altri profughi che l’avevano aiutata a partorire: si legge che sua figlia è nata il 2 novembre 2008 “while on boat”, “mentre era su una barca”. In una autodichiarazione successiva, la donna scrive che la piccola è venuta al mondo “between Lybia and Malta”. Tutto qui: sono gli unici due atti “ufficiali” – di un’ufficialità provvisoria e labile – di cui la bambina dispone per poter attribuire un luogo, sia pure vago, alla sua comparsa sul pianeta. Ma è con questi due fogli, logori perché di continuo esibiti e rimessi a posto, che Chama, dopo essere stata ospite di un centro di accoglienza a Malta, è riuscita a ottenere un lasciapassare per raggiungere nel 2009 la Francia, dove vive grazie a un progetto europeo per la ricollocazione degli stranieri ai quali l’isola, troppo piccola, non riesce a garantire la permanenza.

“Quella bambina rischia di diventare un piccolo fantasma”, teme Laura Boldrini, portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati. Nel mondo, spiega, gli apolidi sono sempre di più, “almeno dieci milioni. Ma sono stime: pochi stati hanno accettato di istituire il registro che noi abbiamo chiesto. In questo caso manca addirittura la registrazione, il primo passo per l’acquisizione di qualsiasi diritto”.

Altri bambini nel mondo, spiega monsignor Calleja, si trovano o rischiano di trovarsi nel limbo di Muna. “Le legislazioni nazionali devono cominciare a tutelarli”. In molte nazioni, compresa l’Italia, si decide di registrare i neonati nella città portuale più vicina alla nascita. A Lampedusa, dove le puerpere di solito emigrano verso gli ospedali di Palermo, gli immigrati hanno rimpolpato il bilancio anagrafico. E il nome di Yeabsera, una piccola etiope nata a marzo del 2011 al largo di Linosa (ma in acque internazionali), è in un registro dell’ufficio comunale palermitano. Muna, invece no: il momento della sua venuta al mondo si è perso nel tempo indefinito del mare.

16 Agosto 2012Permalink

31 luglio 2012 – Senza legge e senza pietà

Il 15 luglio ho pubblicato una nota (raggiungibile anche da qui) in cui riportavo un messaggio ricevuto che segnalava la presenza di una donna straniera, in avanzato stato di gravidanza che, fuori dal Centro di identificazione ed espulsione (CIE di Gradisca – Go), cercava di sollecitare l’opportuno interesse per il padre del suo bambino, trattenuto nel Centro.
Non sono riuscita a saperne più nulla e non so quindi se si sia attivato un processo di tutela dovuta a lei e al nascituro (il comune di Gradisca è intervenuto per garantire a una donna incinta ridotta in strada le misure di assistenza dovute? Qualcuno ha assicurato il padre del padre del piccolo in merito alla registrazione anagrafica dopo la nascita, atto che deve poter compiere senza presentazione alcuna del permesso di soggiorno per far sì che quel bambino non diventi un apolide – si veda il tag anagrafe in questo blog)?
Di regola da queste parti le associazioni e i movimenti che si adoperano per i migranti scelgono la strada della protesta generale contro il CIE (obiettivo certamente condivisibile) affidando la tutela dei soggetti in difficoltà a misure assistenziali di vario genere, cui spesso sono estranei i soggetti istituzionali se non come erogatori di contributi (quando ne erogano).

La legge che non c’è
Ricopio di seguito una nota ricevuta da un’amica bolognese che segnala la strada della tutela individuale a termine di legge.
Personalmente penso che una seria riflessione sui diritti violati servirebbe anche a sostenere la richiesta di modifica dei CIE e non solo.
In Italia manca infatti una legge sull’asilo a norma della Convenzione di Ginevra.
L’articolo 1 della Legge 28 febbraio 1990, n. 39 (cd legge Martelli) dice: “Dalla data di entrata in vigore del presente decreto cessano nell’ordinamento interno gli effetti della dichiarazione di limitazione geografica e delle riserve di cui agli articoli 17 e 18 della convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, ratificata con legge 24 luglio 1954, n. 722, poste dall’Italia all’atto della sottoscrizione della convenzione stessa. Il Governo provvede agli adempimenti necessari per il formale ritiro di tale limitazione e di tali riserve”.
Nonostante gli impegni allora previsti nulla è stato fatto per questo problema anche se sono state emanate diverse norme (di vario livello e con diverse finalità) relative ai migranti.
Il semplice testo della Convenzione si dimostra da tempo insufficiente garanzia per i richiedenti asilo, uomini e donne.
La drammaticità della notizia che pubblico ci ricorda l’importanza della distinzione di genere.

LA RIFUGIATA LIBANESE A BOLOGNA           Repubblica/BO, 20 luglio 2012
Giancarla Codrignani
Anche a Bologna non ci sono soltanto stranieri – e straniere – immigrati. Anche a Bologna ci sono i richiedenti asilo e rifugiati e la struttura per la loro protezione (Sprar) che gestisce tre centri di accoglienza: 18  posti sono riservati a donne sole, che, ben peggio di noi occidentali, vivono la discriminazione di genere. L’avvocata Antonietta Cozza e le operatrici dei servizi  si fanno carico dei “diritti difficili” di queste persone vulnerabili, ma riscontrano che le donne hanno contro tutto: non credute, in conflitto con legislazioni discriminatorie del loro paese, “diverse” anche ai fini dell’ottenimento della protezione.

E’ accaduto così che non sia stata giustificata la richiesta di una camerunese impossibilitata a rientrare perché, giudicata strega, chiunque può aggredirla; oppure che abbia ottenuto solo “protezione umanitaria” la congolese settantenne che non può certo trovare casa e lavoro per mantenere un soggiorno non richiesto.

Oggi è in grande difficoltà una signora libanese arrivata a Bologna alla fine del 2010, dopo un viaggio fortunoso fino al porto di Ancona e presa in carico dallo sportello protezioni internazionali dell’Asp Poveri vergognosi, in osservazione al Bellaria per ematoma cranico e difesa dall’avv. Cozza. Si tratta di un caso apparentemente fuori dalla giurisprudenza della Convenzione di Ginevra (del 1951, estesa ai paesi non-europei nel 1967) perché legato a persecuzione e maltrattamenti maritali; ma la ragione della richiesta di protezione è dovuta alla volontà della donna di far uscire l’ultimo figlio avuto da un marito che, dopo il divorzio, l’ha inseguita, ingravidata e abbandonata con un figlio “illegittimo” e privo di personalità giuridica secondo la legge patriarcale libanese. Amal – chimiamola così – è’ stata ascoltata in febbraio di quest’anno dalla Commissione per il Riconoscimento che, in giugno, le notificava il respingimento, pur consentendole il soggiorno. La lettura dell’atto è interessante: per tutte le dichiarazioni della donna si usa l’indicativo dell’oggettività, per l’uomo il condizionale dubitativo, anche per l’edema cerebrale dell’ultima aggressione e per l’affidamento al padre dei quattro figli non più rivisti. Si tratterebbe, dunque, di questioni “di natura esclusivamente personale e familiare”, di un rapporto “complesso”, non sarebbe “credibile” la rinuncia ai figli e, ancor meno convincente, che “la donna non abbia potuto presentare denuncia per le aggressioni subite”. Ma soprattutto non si fa menzione della ragione della richiesta di protezione e non di soggiorno: Amal chiede il ricongiungimento familiare per salvare il suo bambino “illegittimo” e senza diritti e su questa base è urgente il riesame del provvedimento.
La Convenzione, nata per tutelare gli esuli politici, oggi si confronta con ben altri problemi di sopravvivenza e di dignità umana: per le donne vari paesi tengono in considerazione anche la fuga da paesi che legittimano l’infibulazione. Ma c’è anche la Convenzione per i diritti dell’infanzia. La loro applicazione secondi la nostra concezione dell’universalità dei diritti.

 

31 Luglio 2012Permalink

29 luglio 2012 –Olimpiadi, rappresentanza nazionale e contraddizioni insanabili

Leggo su facebook in data di oggi il pezzo che ricopio.

Della vicenda di Balotelli si è parlato tanto durante gli Europei, ma i nuovi italiani sono molti, meno famosi e alcuni di loro alle Olimpiadi di Londra porteranno la bandiera italiana, mentre altri, per questioni burocratiche, non saranno lì a rappresentare il paese in cui, di fatto, sono nati o cresciuti.

Gli italiani di origine straniera che parteciperanno alle Olimpiadi di Londra sono 21 fra i nati in Italia da genitori stranieri o nati all’estero, ma naturalizzati per matrimonio e per sport.

Gli italiani con genitori stranieri. Gloria Hooper (atletica), nata in Veneto da genitori del Ghana. Ivan Zaytsev, pallavolista, è nato a Spoleto e i suoi genitori sono Russi. Nathalie Moellhausen (scherma) è nata a Milano da un genitore tedesco e uno brasiliano.

Gli atleti naturalizzati. Sono dodici. Dragan Travica (pallavolo) Croato. Michail Lasko (pallavolo) Polacco. Noemi Batki (tuffi) Ungherese. Mihai Bobocica (tennis tavolo) Rumena. Deni Fiorentini (pallanuoto) Croato. Pietro Figlioni (pallanuoto) è di Rio de Janeiro. Claudia Wurzel (canottaggio) è tedesca, mentre la pallavolista Carolina Costagrande è Argentina. Jiri Kovar (pallavolo) è originario della Repubblica Ceca. Edwige Gwend (judo), è nata a Edea in Camerun. Andrea Stefanescu è nata Romania e Anzhalica Savrayuk, in Ucraina.

Gli “italiani per matrimonio”. La canoista azzurra Josefa Idem, tedesca d’origine; Nadia Ejjafini (atletica), nata in Marocco; Libania Grenot (atletica) e Amau Rys Perez (pallanuoto) cubani. E’ cinese, Wenling Tan (tennis tavolo), mentre è Moldava la tiratrice con l’arco Natalia Valeeva.

Non saranno presenti alle olimpiadi per questioni burocratiche legate ai tempi delle leggi italiane sulla cittadinanza: Dariya Derkach, di origine Ucraina, campionessa di atletica, in Italia fin da bambina, ma che per motivi burocratici non è stata ammessa perché non ancora ufficialmente Italiana. Hakim Chebakia, pugile di origine marocchina, in Italia dall’età di sei anni, ha richiesto la cittadinanza quattro anni fa, ma non è arrivata in tempo per la partecipazione alle olimpiadi. Eusebio Haliti, nato in Albania, qui dall’età di 9 anni in Italia, campione di atletica potrà richiedere la cittadinanza Italiana solo da settembre 2012. Judy Ekeh, campionessa di atletica nata in Nigeria e che, nonostante i 15 in Italia, non è ancora cittadina italiana e per questo è stata esclusa dalle Olimpiadi.

Arriva, dunque, anche dallo sport, un segnale forte che invita le istituzioni a riconsiderare seriamente la legislazione sulla cittadinanza, proprio alla luce di quello che questi cittadini italiani di origine straniera, possono

Così ho risposto

Non so se arrivi dallo sport un qualche segnale forte di civiltà e dubito ci sia qualcuno che, se arriva, lo voglia raccogliere, almeno in relazione agli atleti italiani di origine straniera. Esiste infatti nell’ordinamento italiano una norma che nega (dal 2009) alle persone prive di permesso di soggiorno la possibilità di riconoscere i figli: presentandosi in comune a registrarne la nascita infatti si esporrebbero a misura di espulsione. Poco importa vi sia una circolare che permette di aggirare l’ostacolo: quel che conta in fatto di principio è che siamo, per legge, produttori di apolidi che, qualora avessero attitudini sportive, non  potrebbero gareggiare per nessuno stato.
E questo sarebbe l’aspetto meno drammatico conseguente questa condivisa scelta di inciviltà.
Mi occupo inutilmente da anni della questione e ho scoperto che molti cittadini italiani – anche con ruoli istituzionali – ignorano la differenza fra cittadinanza e registrazione anagrafica, da cui l’indifferenza al problema e l’impossibilità di legiferare per irresponsabile, colpevole ignoranza.
Chi volesse saperne di più può andare al mio blog www.diariealtro.it e evidenziando i tag anagrafe, nascita, bambini potrà trovare molte informazioni che sono disposta anche a girare, se richiesta, a chi fosse interessato al problema (augusta.depiero@tin.it)

Ricopio quanto avevo scritto il 29 0ttobre 2010.

Le mie opinioni sulle due signore di cui avevo scritto due anni fa, una delle quali è anche oggi presente a Londra, non differiscono per nulla da quelle di allora e ci tengo a dire che simili personaggi non mi rappresentano vincano, perdano o facciano quel che accidenti gli pare.

Consenso e svendita dei figli.
Alla televisione capita spesso di vedere corpi di bambini usati per pubblicità: non è un bello spettacolo e forse nemmeno decente, ma, a mio parere, esistono casi intollerabili per le contraddizioni interne che presentano.
Ci sono due signore che praticano con successo internazionalmente riconosciuto lo sport loro congeniale che, attraverso ciò che propinano ai loro figli e figlie impietosamente esibiti in attività masticatorie, traggono un reddito aggiuntivo.
A me consta che quando si fanno campagne contro l’obesità infantile uno dei cibi indicati come pericolosi siano le merendine che le due sventate propinano alle loro redditizie creature.
E si tratta di signore che per la loro attività hanno cura del proprio corpo ben conservato e anche i loro figli non sono obesi.
Forse nella vita privata non faranno ingurgitare ai graziosi piccini ciò che danno loro davanti alla macchina da presa.
Come spiegheranno la contraddizione?
Diranno – o lasceranno intendere- che ci sono bambini di qualità, che devono avere rispetto per la loro salute e altri, di qualità inferiore, cui tanto non è dovuto?
Di qui all’accettazione dei bambini di razza il passo non è poi così lungo.
A questo punto mi vengono in mente le critiche ai rom che mandano i loro figli a mendicare. Non so perché mi frullino per la testa queste strane idee.
Qualcuno me lo sa spiegare?

Indirizzo relativo alla citazione iniziale:
http://www.avoicomunicare.it/blogpost/futuro/nuovi-italiani-alle-olimpiadi-di-londra-chi-va-e-chi-no

29 Luglio 2012Permalink