10 gennaio 2015 — Morire sulla strada, morire sull’altare

Nel 1998 a seguito di un rifacimento del transetto ovest dell’Abbazia di Westminster, centro della comunione anglicana, sono state poste dieci statue di martiri cristiani di ogni confessione che, nel passato recente, hanno dato la loro vita per il Vangelo.
Tra di loro ci sono Dietrich Bonhoeffer, Martin Luther King, Massimiliano Kolbe
e Oscar Romero.  Westminster_Abbey_-_20th_Century_Martyrs

 

Ora anche la chiesa cattolica riconosce la morte di Romero, arcivescovo di San Salvador, come martirio. Fu assassinato il 24 marzo 1980.

http://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/Riconosciuto-il-martirio-di-Oscar-Romero.aspx

http://m.repubblica.it/mobile/r/sezioni/esteri/2015/01/09/news/vaticano_romero-104574445/

10 Gennaio 2015Permalink

9 gennaio 2015 – Tiziano Terzani scriveva a Oriana Fallaci

Mentre sento ricordare Fallaci pubblico come ho ricopiato, ricordando un dibattito per me importante.
Il testo dell’articolo di Terzani è accompagnato da una nota che trascrivo  doverosamente in premessa. Comparve su Il Corriere della sera nell’ottobre del 2001 e fu poi ripreso in diverse pubblicazioni nel 2006 a seguito dell’uscita de ‘La rabbia e l’orgoglio’ di Fallaci.
Allora Terzani non c’era più.

Terzani scriveva a Fallaci

Gli articoli apparsi originariamente su questo sito possono essere riprodotti liberamente,
sia in formato elettronico che su carta, a condizione che
non si cambi nulla, che si specifichi la fonte – il sito web Kelebek http://www.kelebekler.com

e che si pubblichi anche questa precisazione

Il Sultano e San Francesco

di Tiziano Terzani

Oriana, dalla finestra di una casa poco lontana da quella in cui anche tu sei nata, guardo le lame austere ed eleganti dei cipressi contro il cielo e ti penso a guardare, dalle tue finestre a New York, il panorama dei grattacieli da cui ora mancano le Torri Gemelle. Mi torna in mente un pomeriggio di tanti, tantissimi anni fa quando assieme facemmo una lunga passeggiata per le stradine di questi nostri colli argentati dagli ulivi. Io mi affacciavo, piccolo, alla professione nella quale tu eri gia’ grande e tu proponesti di scambiarci delle “Lettere da due mondi diversi”: io dalla Cina dell’immediato dopo-Mao in cui andavo a vivere, tu dall’America. Per colpa mia non lo facemmo. Ma e’ in nome di quella tua generosa offerta di allora, e non certo per coinvolgerti ora in una corrispondenza che tutti e due vogliamo evitare, che mi permetto di scriverti. Davvero mai come ora, pur vivendo sullo stesso pianeta, ho l’impressione di stare in un mondo assolutamente diverso dal tuo.

Ti scrivo anche – e pubblicamente per questo – per non far sentire troppo soli quei lettori che forse, come me, sono rimasti sbigottiti dalle tue invettive, quasi come dal crollo delle due Torri. La’ morivano migliaia di persone e con loro il nostro senso di sicurezza; nelle tue parole sembra morire il meglio della testa umana – la ragione; il meglio del cuore – la compassione.

Il tuo sfogo mi ha colpito, ferito e mi ha fatto pensare a Karl Kraus. “Chi ha qualcosa da dire si faccia avanti e taccia”, scrisse, disperato dal fatto che, dinanzi all’indicibile orrore della Prima Guerra Mondiale, alla gente non si fosse paralizzata la lingua. Al contrario, gli si era sciolta, creando tutto attorno un assurdo e confondente chiacchierio. Tacere per Kraus significava riprendere fiato, cercare le parole giuste, riflettere prima di esprimersi. Lui uso’ di quel consapevole silenzio per scrivere Gli ultimi giorni dell’umanita’, un’opera che sembra essere ancora di un’inquietante attualita’.

Pensare quel che pensi e scriverlo e’ un tuo diritto. Il problema e’ pero’ che, grazie alla tua notorieta’, la tua brillante lezione di intolleranza arriva ora anche nelle scuole, influenza tanti giovani e questo mi inquieta.

Il nostro di ora e’ un momento di straordinaria importanza. L’orrore indicibile e’ appena cominciato, ma e’ ancora possibile fermarlo facendo di questo momento una grande occasione di ripensamento. E un momento anche di enorme responsabilita’ perche’ certe concitate parole, pronunciate dalle lingue sciolte, servono solo a risvegliare i nostri istinti piu’ bassi, ad aizzare la bestia dell’odio che dorme in ognuno di noi ed a provocare quella cecita’ delle passioni che rende pensabile ogni misfatto e permette, a noi come ai nostri nemici, il suicidarsi e l’uccidere. “Conquistare le passioni mi pare di gran lunga piu’ difficile che conquistare il mondo con la forza delle armi. Ho ancora un difficile cammino dinanzi a me”, scriveva nel 1925 quella bell’anima di Gandhi. Ed aggiungeva: “Finche’ l’uomo non si mettera’ di sua volonta’ all’ultimo posto fra le altre creature sulla terra, non ci sara’ per lui alcuna salvezza”.

E tu, Oriana, mettendoti al primo posto di questa crociata contro tutti quelli che non sono come te o che ti sono antipatici, credi davvero di offrirci salvezza? La salvezza non e’ nella tua rabbia accalorata, ne’ nella calcolata campagna militare chiamata, tanto per rendercela piu’ accettabile, “Liberta’ duratura”.

O tu pensi davvero che la violenza sia il miglior modo per sconfiggere la violenza? Da che mondo e’ mondo non c’e’ stata ancora la guerra che ha messo fine a tutte le guerre. Non lo sara’ nemmeno questa.

Quel che ci sta succedendo e’ nuovo. Il mondo ci sta cambiando attorno. Cambiamo allora il nostro modo di pensare, il nostro modo di stare al mondo. E una grande occasione. Non perdiamola: rimettiamo in discussione tutto, immaginiamoci un futuro diverso da quello che ci illudevamo d’aver davanti prima dell’11 settembre e soprattutto non arrendiamoci alla inevitabilita’ di nulla, tanto meno all’inevitabilita’ della guerra come strumento di giustizia o semplicemente di vendetta.

Le guerre sono tutte terribili. Il moderno affinarsi delle tecniche di distruzione e di morte le rendono sempre piu’ tali. Pensiamoci bene: se noi siamo disposti a combattere la guerra attuale con ogni arma a nostra disposizione, compresa quella atomica, come propone il Segretario alla Difesa americano, allora dobbiamo aspettarci che anche i nostri nemici, chiunque essi siano, saranno ancor piu’ determinati di prima a fare lo stesso, ad agire senza regole, senza il rispetto di nessun principio. Se alla violenza del loro attacco alle Torri Gemelle noi risponderemo con una ancor piu’ terribile violenza – ora in Afghanistan, poi in Iraq, poi chi sa dove -, alla nostra ne seguira’ necessariamente una loro ancora piu’ orribile e poi un’altra nostra e cosi’ via.

Perche’ non fermarsi prima? Abbiamo perso la misura di chi siamo, il senso di quanto fragile ed interconnesso sia il mondo in cui viviamo, e ci illudiamo di poter usare una dose, magari “intelligente”, di violenza per mettere fine alla terribile violenza altrui.

Cambiamo illusione e, tanto per cominciare, chiediamo a chi fra di noi dispone di armi nucleari, armi chimiche e armi batteriologiche – Stati Uniti in testa – d’impegnarsi solennemente con tutta l’umanita’ a non usarle mai per primo, invece di ricordarcene minacciosamente la disponibilita’. Sarebbe un primo passo in una nuova direzione. Non solo questo darebbe a chi lo fa un vantaggio morale – di per se’ un’arma importante per il futuro -, ma potrebbe anche disinnescare l’orrore indicibile ora attivato dalla reazione a catena della vendetta. In questi giorni ho ripreso in mano un bellissimo libro (peccato che non sia ancora in italiano) di un vecchio amico, uscito due anni fa in Germania. Il libro si intitola Die Kunst, nicht regiert zu werden: ethische Politik von Sokrates bis Mozart (L’arte di non essere governati: l’etica politica da Socrate a Mozart). L’autore e’ Ekkehart Krippendorff, che ha insegnato per anni a Bologna prima di tornare all’Universita’ di Berlino. La affascinante tesi di Krippendorff e’ che la politica, nella sua espressione piu’ nobile, nasce dal superamento della vendetta e che la cultura occidentale ha le sue radici piu’ profonde in alcuni miti, come quello di Caino e quello delle Erinni, intesi da sempre a ricordare all’uomo la necessita’ di rompere il circolo vizioso della vendetta per dare origine alla civilta’.

Caino uccide il fratello, ma Dio impedisce agli uomini di vendicare Abele e, dopo aver marchiato Caino – un marchio che e’ anche una protezione -, lo condanna all’esilio dove quello fonda la prima citta’. La vendetta non e’ degli uomini, spetta a Dio.

Secondo Krippendorff il teatro, da Eschilo a Shakespeare, ha avuto una funzione determinante nella formazione dell’uomo occidentale perche’ col suo mettere sulla scena tutti i protagonisti di un conflitto, ognuno col suo punto di vista, i suoi ripensamenti e le sue possibili scelte di azione, il teatro e’ servito a far riflettere sul senso delle passioni e sulla inutilita’ della violenza che non raggiunge mai il suo fine.

Purtroppo, oggi, sul palcoscenico del mondo noi occidentali siamo insieme i soli protagonisti ed i soli spettatori, e cosi’, attraverso le nostre televisioni ed i nostri giornali, non ascoltiamo che le nostre ragioni, non proviamo che il nostro dolore.

A te, Oriana, i kamikaze non interessano. A me tanto invece. Ho passato giorni in Sri Lanka con alcuni giovani delle “Tigri Tamil”, votati al suicidio. Mi interessano i giovani palestinesi di “Hamas” che si fanno saltare in aria nelle pizzerie israeliane. Un po’ di pieta’ sarebbe forse venuta anche a te se in Giappone, sull’isola di Kyushu, tu avessi visitato Chiran, il centro dove i primi kamikaze vennero addestrati e tu avessi letto le parole, a volte poetiche e tristissime, scritte segretamente prima di andare, riluttanti, a morire per la bandiera e per l’Imperatore. I kamikaze mi interessano perche’ vorrei capire che cosa li rende cosi’ disposti a quell’innaturale atto che e’ il suicidio e che cosa potrebbe fermarli.

Quelli di noi a cui i figli – fortunatamente – sono nati, si preoccupano oggi moltissimo di vederli bruciare nella fiammata di questo nuovo, dilagante tipo di violenza di cui l’ecatombe nelle Torri Gemelle potrebbe essere solo un episodio.

Non si tratta di giustificare, di condonare, ma di capire. Capire, perche’ io sono convinto che il problema del terrorismo non si risolvera’ uccidendo i terroristi, ma eliminando le ragioni che li rendono tali.

Niente nella storia umana e’ semplice da spiegare e fra un fatto ed un altro c’e’ raramente una correlazione diretta e precisa. Ogni evento, anche della nostra vita, e’ il risultato di migliaia di cause che producono, assieme a quell’evento, altre migliaia di effetti, che a loro volta sono le cause di altre migliaia di effetti. L’attacco alle Torri Gemelle e’ uno di questi eventi: il risultato di tanti e complessi fatti antecedenti. Certo non e’ l’atto di “una guerra di religione” degli estremisti musulmani per la conquista delle nostre anime, una Crociata alla rovescia, come la chiami tu, Oriana. Non e’ neppure “un attacco alla liberta’ ed alla democrazia occidentale”, come vorrebbe la semplicistica formula ora usata dai politici. Un vecchio accademico dell’Universita’ di Berkeley, un uomo certo non sospetto di anti-americanismo o di simpatie sinistrorse da’ di questa storia una interpretazione completamente diversa. “Gli assassini suicidi dell’11 settembre non hanno attaccato l’America: hanno attaccato la politica estera americana”, scrive Chalmers Johnson nel numero di The Nation del 15 ottobre. Per lui, autore di vari libri – l’ultimo, Blowback, contraccolpo, uscito l’anno scorso (in Italia edito da Garzanti, ndr) ha del profetico – si tratterebbe appunto di un ennesimo “contraccolpo” al fatto che, nonostante la fine della Guerra Fredda e lo sfasciarsi dell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti hanno mantenuto intatta la loro rete imperiale di circa 800 installazioni militari nel mondo Con una analisi che al tempo della Guerra Fredda sarebbe parsa il prodotto della disinformazione del Kgb, Chalmers Johnson fa l’elenco di tutti gli imbrogli, complotti, colpi di Stato, delle persecuzioni, degli assassinii e degli interventi a favore di regimi dittatoriali e corrotti nei quali gli Stati Uniti sono stati apertamente o clandestinamente coinvolti in America Latina, in Africa, in Asia e nel Medio Oriente dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ad oggi.

Il “contraccolpo” dell’attacco alle Torri Gemelle ed al Pentagono avrebbe a che fare con tutta una serie di fatti di questo tipo: fatti che vanno dal colpo di Stato ispirato dalla Cia contro Mossadeq nel 1953, seguito dall’installazione dello Shah in Iran, alla Guerra del Golfo, con la conseguente permanenza delle truppe americane nella penisola araba, in particolare l’Arabia Saudita dove sono i luoghi sacri dell’Islam. Secondo Johnson sarebbe stata questa politica americana “a convincere tanta brava gente in tutto il mondo islamico che gli Stati Uniti sono un implacabile nemico”.

Cosi’ si spiegherebbe il virulento anti-americanismo diffuso nel mondo musulmano e che oggi tanto sorprende gli Stati Uniti ed i loro alleati.

Esatta o meno che sia l’analisi di Chalmers Johnson, e’ evidente che al fondo di tutti i problemi odierni degli americani e nostri nel Medio Oriente c’e’, a parte la questione israeliano-palestinese, la ossessiva preoccupazione occidentale di far restare nelle mani di regimi “amici”, qualunque essi fossero, le riserve petrolifere della regione. Questa e’ stata la trappola.

L’occasione per uscirne e’ ora.

Perche’ non rivediamo la nostra dipendenza economica dal petrolio? Perche’ non studiamo davvero, come avremmo potuto gia’ fare da una ventina d’anni, tutte le possibili fonti alternative di energia?

Ci eviteremmo cosi’ d’essere coinvolti nel Golfo con regimi non meno repressivi ed odiosi dei talebani; ci eviteremmo i sempre piu’ disastrosi “contraccolpi” che ci verranno sferrati dagli oppositori a quei regimi, e potremmo comunque contribuire a mantenere un migliore equilibrio ecologico sul pianeta.

Magari salviamo cosi’ anche l’Alaska che proprio un paio di mesi fa e’ stata aperta ai trivellatori, guarda caso dal presidente Bush, le cui radici politiche – tutti lo sanno – sono fra i petrolieri.

A proposito del petrolio, Oriana, sono certo che anche tu avrai notato come, con tutto quel che si sta scrivendo e dicendo sull’Afghanistan, pochissimi fanno notare che il grande interesse per questo paese e’ legato al fatto d’essere il passaggio obbligato di qualsiasi conduttura intesa a portare le immense risorse di metano e petrolio dell’Asia Centrale (vale a dire di quelle repubbliche ex-sovietiche ora tutte, improvvisamente, alleate con gli Stati Uniti) verso il Pakistan, l’India e da li’ nei paesi del Sud Est Asiatico. Il tutto senza dover passare dall’Iran. Nessuno in questi giorni ha ricordato che, ancora nel 1997, due delegazioni degli “orribili” talebani sono state ricevute a Washington (anche al Dipartimento di Stato) per trattare di questa faccenda e che una grande azienda petrolifera americana, la Unocal, con la consulenza niente di meno che di Henry Kissinger, si e’ impegnata col Turkmenistan a costruire quell’oleodotto attraverso l’Afghanistan.

E dunque possibile che, dietro i discorsi sulla necessita’ di proteggere la liberta’ e la democrazia, l’imminente attacco contro l’Afghanistan nasconda anche altre considerazioni meno altisonanti, ma non meno determinanti. E per questo che nell’America stessa alcuni intellettuali cominciano a preoccuparsi che la combinazione fra gli interessi dell’industria petrolifera con quelli dell’industria bellica – combinazione ora prominentemente rappresentata nella compagine al potere a Washington – finisca per determinare in un unico senso le future scelte politiche americane nel mondo e per limitare all’interno del paese, in ragione dell’emergenza anti-terrorismo, i margini di quelle straordinarie liberta’ che rendono l’America cosi’ particolare.

Il fatto che un giornalista televisivo americano sia stato redarguito dal pulpito della Casa Bianca per essersi chiesto se l’aggettivo “codardi”, usato da Bush, fosse appropriato per i terroristi-suicidi, cosi’ come la censura di certi programmi e l’allontanamento da alcuni giornali, di collaboratori giudicati non ortodossi, hanno aumentato queste preoccupazioni. L’aver diviso il mondo in maniera – mi pare – “talebana”, fra “quelli che stanno con noi e quelli contro di noi”, crea ovviamente i presupposti per quel clima da caccia alle streghe di cui l’America ha gia’ sofferto negli anni Cinquanta col maccartismo, quando tanti intellettuali, funzionari di Stato ed accademici, ingiustamente accusati di essere comunisti o loro simpatizzanti, vennero perseguitati, processati e in moltissimi casi lasciati senza lavoro.

Il tuo attacco, Oriana – anche a colpi di sputo – alle “cicale” ed agli intellettuali “del dubbio” va in quello stesso senso. Dubitare e’ una funzione essenziale del pensiero; il dubbio e’ il fondo della nostra cultura. Voler togliere il dubbio dalle nostre teste e’ come volere togliere l’aria ai nostri polmoni. Io non pretendo affatto d’aver risposte chiare e precise ai problemi del mondo (per questo non faccio il politico), ma penso sia utile che mi si lasci dubitare delle risposte altrui e mi si lasci porre delle oneste domande.

In questi tempi di guerra non deve essere un crimine parlare di pace. Purtroppo anche qui da noi, specie nel mondo “ufficiale” della politica e dell’establishment mediatico, c’e’ stata una disperante corsa alla ortodossia. E come se l’America ci mettesse gia’ paura. Capita cosi’ di sentir dire in televisione a un post-comunista in odore di una qualche carica nel suo partito, che il soldato Ryan e’ un importante simbolo di quell’America che per due volte ci ha salvato. Ma non c’era anche lui nelle marce contro la guerra americana in Vietnam?

Per i politici – me ne rendo conto – e’ un momento difficilissimo. Li capisco e capisco ancor piu’ l’angoscia di qualcuno che, avendo preso la via del potere come una scorciatoia per risolvere un piccolo conflitto di interessi terreni si ritrova ora alle prese con un enorme conflitto di interessi divini, una guerra di civilta’ combattuta in nome di Iddio e di Allah. No. Non li invidio, i politici.

Siamo fortunati noi, Oriana. Abbiamo poco da decidere e non trovandoci in mezzo ai flutti del fiume, abbiamo il privilegio di poter stare sulla riva a guardare la corrente.

Ma questo ci impone anche grandi responsabilita’ come quella, non facile, di andare dietro alla verita’ e di dedicarci soprattutto “a creare campi di comprensione, invece che campi di battaglia”, come ha scritto Edward Said, professore di origine palestinese ora alla Columbia University, in un saggio sul ruolo degli intellettuali uscito proprio una settimana prima degli attentati in America.

Il nostro mestiere consiste anche nel semplificare quel che e’ complicato. Ma non si puo’ esagerare, Oriana, presentando Arafat come la quintessenza della doppiezza e del terrorismo ed indicando le comunita’ di immigrati musulmani da noi come incubatrici di terroristi.

Le tue argomentazioni verranno ora usate nelle scuole contro quelle buoniste, da libro Cuore, ma tu credi che gli italiani di domani, educati a questo semplicismo intollerante, saranno migliori? Non sarebbe invece meglio che imparassero, a lezione di religione, anche che cosa e’ l’Islam? Che a lezione di letteratura leggessero anche Rumi o il da te disprezzato Omar Kayan? Non sarebbe meglio che ci fossero quelli che studiano l’arabo, oltre ai tanti che gia’ studiano l’inglese e magari il giapponese?

Lo sai che al ministero degli Esteri di questo nostro paese affacciato sul Mediterraneo e sul mondo musulmano, ci sono solo due funzionari che parlano arabo? Uno attualmente e’, come capita da noi, console ad Adelaide in Australia.

Mi frulla in testa una frase di Toynbee: “Le opere di artisti e letterati hanno vita piu’ lunga delle gesta di soldati, di statisti e mercanti. I poeti ed i filosofi vanno piu’ in la’ degli storici. Ma i santi e i profeti valgono di piu’ di tutti gli altri messi assieme”.

Dove sono oggi i santi ed i profeti? Davvero, ce ne vorrebbe almeno uno! Ci rivorrebbe un San Francesco. Anche i suoi erano tempi di crociate, ma il suo interesse era per “gli altri”, per quelli contro i quali combattevano i crociati. Fece di tutto per andarli a trovare. Ci provo’ una prima volta, ma la nave su cui viaggiava naufrago’ e lui si salvo’ a malapena. Ci provo’ una seconda volta, ma si ammalo’ prima di arrivare e torno’ indietro. Finalmente, nel corso della quinta crociata, durante l’assedio di Damietta in Egitto, amareggiato dal comportamento dei crociati (“vide il male ed il peccato”), sconvolto da una spaventosa battaglia di cui aveva visto le vittime, San Francesco attraverso’ le linee del fronte. Venne catturato, incatenato e portato al cospetto del Sultano. Peccato che non c’era ancora la Cnn – era il 1219 – perche’ sarebbe interessantissimo rivedere oggi il filmato di quell’incontro. Certo fu particolarissimo perche’, dopo una chiacchierata che probabilmente ando’ avanti nella notte, al mattino il Sultano lascio’ che San Francesco tornasse, incolume, all’accampamento dei crociati.

Mi diverte pensare che l’uno disse all’altro le sue ragioni, che San Francesco parlo’ di Cristo, che il Sultano lesse passi del Corano e che alla fine si trovarono d’accordo sul messaggio che il poverello di Assisi ripeteva ovunque: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Mi diverte anche immaginare che, siccome il frate sapeva ridere come predicare, fra i due non ci fu aggressivita’ e che si lasciarono di buon umore sapendo che comunque non potevano fermare la storia.

Ma oggi? Non fermarla puo’ voler dire farla finire. Ti ricordi, Oriana, Padre Balducci che predicava a Firenze quando noi eravamo ragazzi? Riguardo all’orrore dell’olocausto atomico pose una bella domanda: “La sindrome da fine del mondo, l’alternativa fra essere e non essere, hanno fatto diventare l’uomo piu’ umano?”. A guardarsi intorno la risposta mi pare debba essere “No”.

Ma non possiamo rinunciare alla speranza.

“Mi dica, che cosa spinge l’uomo alla guerra?”, chiedeva Albert Einstein nel 1932 in una lettera a Sigmund Freud. “E possibile dirigere l’evoluzione psichica dell’uomo in modo che egli diventi piu’ capace di resistere alla psicosi dell’odio e della distruzione?” Freud si prese due mesi per rispondergli. La sua conclusione fu che c’era da sperare: l’influsso di due fattori – un atteggiamento piu’ civile, ed il giustificato timore degli effetti di una guerra futura – avrebbe dovuto mettere fine alle guerre in un prossimo avvenire.

Giusto in tempo la morte risparmio’ a Freud gli orrori della Seconda Guerra Mondiale.

Non li risparmio’ invece ad Einstein, che divenne pero’ sempre piu’ convinto della necessita’ del pacifismo. Nel 1955, poco prima di morire, dalla sua casetta di Princeton in America dove aveva trovato rifugio, rivolse all’umanita’ un ultimo appello per la sua sopravvivenza:

“Ricordatevi che siete uomini e dimenticatevi tutto il resto”.

Per difendersi, Oriana, non c’e’ bisogno di offendere (penso ai tuoi sputi ed ai tuoi calci). Per proteggersi non c’e’ bisogno d’ammazzare. Ed anche in questo possono esserci delle giuste eccezioni.

M’e’ sempre piaciuta nei Jataka, le storie delle vite precedenti di Buddha, quella in cui persino lui, epitome della non violenza, in una incarnazione anteriore uccide. Viaggia su una barca assieme ad altre 500 persone. Lui, che ha gia’ i poteri della preveggenza, “vede” che uno dei passeggeri, un brigante, sta per ammazzare tutti e derubarli e lui lo previene buttandolo nell’acqua ad affogare per salvare gli altri.

Essere contro la pena di morte non vuol dire essere contro la pena in genere ed in favore della liberta’ di tutti i delinquenti. Ma per punire con giustizia occorre il rispetto di certe regole che sono il frutto dell’incivilimento, occorre il convincimento della ragione, occorrono delle prove. I gerarchi nazisti furono portati dinanzi al Tribunale di Norimberga; quelli giapponesi responsabili di tutte le atrocita’ commesse in Asia, furono portati dinanzi al Tribunale di Tokio prima di essere, gli uni e gli altri, dovutamente impiccati. Le prove contro ognuno di loro erano schiaccianti. Ma quelle contro Osama Bin Laden?

“Noi abbiamo tutte le prove contro Warren Anderson, presidente della Union Carbide. Aspettiamo che ce lo estradiate”, scrive in questi giorni dall’India agli americani, ovviamente a mo’ di provocazione, Arundhati Roy, la scrittrice de Il Dio delle piccole cose: una come te, Oriana, famosa e contestata, amata ed odiata. Come te, sempre pronta a cominciare una rissa, la Roy ha usato della discussione mondiale su Osama Bin Laden per chiedere che venga portato dinanzi ad un tribunale indiano il presidente americano della Union Carbide responsabile dell’esplosione nel 1984 nella fabbrica chimica di Bhopal in India che fece 16.000 morti. Un terrorista anche lui? Dal punto di vista di quei morti forse si’.

L’immagine del terrorista che ora ci viene additata come quella del “nemico” da abbattere e’ il miliardario saudita che, da una tana nelle montagne dell’Afghanistan, ordina l’attacco alle Torri Gemelle; e’ l’ingegnere-pilota, islamista fanatico, che in nome di Allah uccide se stesso e migliaia di innocenti; e’ il ragazzo palestinese che con una borsetta imbottita di dinamite si fa esplodere in mezzo ad una folla. Dobbiamo pero’ accettare che per altri il “terrorista” possa essere l’uomo d’affari che arriva in un paese povero del Terzo Mondo con nella borsetta non una bomba, ma i piani per la costruzione di una fabbrica chimica che, a causa di rischi di esplosione ed inquinamento, non potrebbe mai essere costruita in un paese ricco del Primo Mondo. E la centrale nucleare che fa ammalare di cancro la gente che ci vive vicino? E la diga che disloca decine di migliaia di famiglie? O semplicemente la costruzione di tante piccole industrie che cementificano risaie secolari, trasformando migliaia di contadini in operai per produrre scarpe da ginnastica o radioline, fino al giorno in cui e’ piu’ conveniente portare quelle lavorazioni altrove e le fabbriche chiudono, gli operai restano senza lavoro e non essendoci piu’ i campi per far crescere il riso, muoiono di fame?

Questo non e’ relativismo. Voglio solo dire che il terrorismo, come modo di usare la violenza, puo’ esprimersi in varie forme, a volte anche economiche, e che sara’ difficile arrivare ad una definizione comune del nemico da debellare.

I governi occidentali oggi sono uniti nell’essere a fianco degli Stati Uniti; pretendono di sapere esattamente chi sono i terroristi e come vanno combattuti.

Molto meno convinti pero’ sembrano i cittadini dei vari paesi. Per il momento non ci sono state in Europa dimostrazioni di massa per la pace; ma il senso del disagio e’ diffuso cosi’ come e’ diffusa la confusione su quel che si debba volere al posto della guerra.

“Dateci qualcosa di piu’ carino del capitalismo”, diceva il cartello di un dimostrante in Germania.

“Un mondo giusto non e’ mai NATO“, c’era scritto sullo striscione di alcuni giovani che marciavano giorni fa a Bologna. Gia’. Un mondo “piu’ giusto” e’ forse quel che noi tutti, ora piu’ che mai, potremmo pretendere. Un mondo in cui chi ha tanto si preoccupa di chi non ha nulla; un mondo retto da principi di legalita’ ed ispirato ad un po’ piu’ di moralita’.

La vastissima, composita alleanza che Washington sta mettendo in piedi, rovesciando vecchi schieramenti e riavvicinando paesi e personaggi che erano stati messi alla gogna, solo perche’ ora tornano comodi, e’ solo l’ennesimo esempio di quel cinismo politico che oggi alimenta il terrorismo in certe aree del mondo e scoraggia tanta brava gente nei nostri paesi.

Gli Stati Uniti, per avere la maggiore copertura possibile e per dare alla guerra contro il terrorismo un crisma di legalita’ internazionale, hanno coinvolto le Nazioni Unite, eppure gli Stati Uniti stessi rimangono il paese piu’ reticente a pagare le proprie quote al Palazzo di Vetro, sono il paese che non ha ancora ratificato ne’ il trattato costitutivo della Corte Internazionale di Giustizia, ne’ il trattato per la messa al bando delle mine anti-uomo e tanto meno quello di Kyoto sulle mutazioni climatiche. L’interesse nazionale americano ha la meglio su qualsiasi altro principio. Per questo ora Washington riscopre l’utilita’ del Pakistan, prima tenuto a distanza per il suo regime militare e punito con sanzioni economiche a causa dei suoi esperimenti nucleari; per questo la Cia sara’ presto autorizzata di nuovo ad assoldare mafiosi e gangster cui affidare i “lavoretti sporchi” di liquidare qua e la’ nel mondo le persone che la Cia stessa mettera’ sulla sua lista nera.

Eppure un giorno la politica dovra’ ricongiungersi con l’etica se vorremo vivere in un mondo migliore: migliore in Asia come in Africa, a Timbuctu come a Firenze.

A proposito, Oriana. Anche a me ogni volta che, come ora, ci passo, questa citta’ mi fa male e mi intristisce. Tutto e’ cambiato, tutto e’ involgarito. Ma la colpa non e’ dell’Islam o degli immigrati che ci si sono installati. Non son loro che han fatto di Firenze una citta’ bottegaia, prostituita al turismo! E successo dappertutto. Firenze era bella quando era piu’ piccola e piu’ povera. Ora e’ un obbrobrio, ma non perche’ i musulmani si attendano in Piazza del Duomo, perche’ i filippini si riuniscono il giovedi’ in Piazza Santa Maria Novella e gli albanesi ogni giorno attorno alla stazione.

E cosi’ perche’ anche Firenze s’e’ “globalizzata”, perche’ non ha resistito all’assalto di quella forza che, fino ad ieri, pareva irresistibile: la forza del mercato.

Nel giro di due anni da una bella strada del centro in cui mi piaceva andare a spasso e’ scomparsa una libreria storica, un vecchio bar, una tradizionalissima farmacia ed un negozio di musica. Per far posto a che? A tanti negozi di moda. Credimi, anch’io non mi ci ritrovo piu’.

Per questo sto, anch’io ritirato, in una sorta di baita nell’Himalaya indiana dinanzi alle piu’ divine montagne del mondo. Passo ore, da solo, a guardarle, li’ maestose ed immobili, simbolo della piu’ grande stabilita’, eppure anche loro, col passare delle ore, continuamente diverse e impermanenti come tutto in questo mondo.

La natura e’ una grande maestra, Oriana, e bisogna ogni tanto tornarci a prendere lezione. Tornaci anche tu. Chiusa nella scatola di un appartamento dentro la scatola di un grattacielo, con dinanzi altri grattacieli pieni di gente inscatolata, finirai per sentirti sola davvero; sentirai la tua esistenza come un accidente e non come parte di un tutto molto, molto piu’ grande di tutte le torri che hai davanti e di quelle che non ci sono piu’. Guarda un filo d’erba al vento e sentiti come lui. Ti passera’ anche la rabbia. Ti saluto, Oriana e ti auguro di tutto cuore di trovare pace.

Perche’ se quella non e’ dentro di noi non sara’ mai da nessuna parte.

9 Gennaio 2015Permalink

6 gennaio 2015 – Un voce alla radio e una lettera

Devo rendere onore a una giornalista di Radio spazio, la radio della diocesi di
Udine che mi ha intervistato e inserito l’intervista anche su facebook.
Ci  tenevo anche perché era la prima volta che un’organizzazione – apertamente collegata alla chiesa cattolica – si occupava del problema del certificato di nascita negato ai figli dei sans papier esclusi con  la pratica del silenzio dalle varie tipologie di famiglie di cui pure il sinodo si è occupato.
Finora (al di là del coinvolgimento di singole persone) si è espresso pubblicamente solo un parroco totalmente inascoltato.
Poiché l’autorevolezza della chiesa è indubbia mi sembrava un passo avanti anche nei confronti di quei cattolici (e finora sono molti) che hanno rifiutato l’espressione di un qualsiasi interesse per questo problema.
Anche nella società civile la componente di chi si occupa dei diritti di chi non può costituire lobby è pure ridicolmente minoritaria.
Perciò ho tentato, per un po’ inutilmente di trasmettere il link che consentiva l’ascolto ad alcuni miei corrispondenti senza utili risultati.
Poi sono riuscita a scaricare l’intervista nell’archivio del mio PC arrivando così a disporre di un indirizzo da inserire nel blog.
Ci sono riuscita.


Forse qualche persona in  più potrà essere informata sapendo che viene dai rispettabili spazi della radio della diocesi.
Servirà? Non so, ma di più non posso fare

Ecumenismo?

Aggiungo che nel suo numero 48, datato 24 dicembre 2014, Riforma, il settimanale delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi, ha pubblicato la mia lettera che trascrivo, non dimenticando che un amico pastore aveva scritto sull’argomento nella sua lettera circolare alla comunità di Como.

Gentile direttore pur non appartenendo ad alcuna chiesa protestante sono una dei molti che destinano l’8 per mille alla chiesa valdese conoscendone i criteri di attenzione solidale ai soggetti deboli. Per questo mi permetto di segnalare un problema normalmente ignorato. Ferma restando l’importanza essenziale degli aspetti materiali e culturali collegati all’attenzione operativa ai migranti e ai minori comunque in situazioni di privazione, da cinque anni (e precisamente dalla approvazione della legge 94/2009, il cd pacchetti sicurezza fortemente voluto dall’allora ministro Maroni operante nel quarto governo Berlusconi) ad alcuni nuovi nati in Italia viene ostacolata la garanzia loro dovuta del certificato di nascita. Si tratta di bambini, figli di migranti ‘irregolari’, condannati a non avere famiglia, protezione genitoriale, esistenza giuridicamente riconosciuta – e conseguente vita di relazione –perché la legge impone ai loro genitori al momento della registrazione della nascita la presentazione del permesso di soggiorno che ovviamente in quanto ‘irregolari’ non possiedono. Sebbene una circolare – precipitosamente emanata a pochi giorni dall’approvazione della legge allo scopo di evitare penalizzazioni internazionali – affermi possibile ciò che la legge nega, la paura induce molti genitori a non registrare i nuovi nati e quindi a privarli del certificato di nascita. Così ne scrive nel suo Quinto rapporto il gruppo Convention on the Rights of the Child che ha il compito di monitorare la Convenzione ONU sui diritti dei minori: “Il timore di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità (art. 7 CRC), nonché dell’art. 9 CRC contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori.  Pur non esistendo dati certi sull’entità del fenomeno, le ultime stime evidenziano la presenza di 544 mila migranti privi di permesso di soggiorno. Questo può far supporre che vi sia un numero significativo di gestanti in situazione irregolare”. Inoltre, nel suo settimo – e più recente– rapporto, lo stesso gruppo ci informa – e ne dà notizia anche l’Associazione studi Giuridici Immigrazione nel proprio sito in data 19 giugno 2014- l’ONU ci chiede esplicitamente di  assicurare con legge la registrazione alla nascita di tutti i bambini nati e cresciuti in Italia. Per eliminare questa ferita di civiltà introdotta nel nostro ordinamento nel 2009 sarebbe sufficiente dar corso all’approvazione delle proposte di legge già presentate e convergenti nell’obiettivo e nelle modalità previste (n. 740 alla Camera e n. 1562 al Senato) che non prevedono onere alcuno di spesa. Purtroppo, ancorché affidate alle rispettive commissioni Affari Costituzionali, non sono calendarizzate. Sperando in una sollecitazione da parte del settimanale da lei diretto che possa essere segno efficace di solidarietà nei confronti di soggetti indifesi, porgo cordiali saluti.

 

6 Gennaio 2015Permalink

2 gennaio 2015 – Garanti, competenti e il rispetto di giovani studenti – 4

Speravo di concludere prima questa miniserie , ma quest’ultima puntata mi ha un po’ tormentato. Comunque le precedenti si trovano nelle tre giornate che collego con link:
15 dicembre  https://diariealtro.it/?p=3501
16 dicembre  https://diariealtro.it/?p=3510
18 dicembre  https://diariealtro.it/?p=3522

L’imperativo categorico (mutilato)

Finalmente sono arrivata a Kant, di cui il  relatore n. 1 nel suo intervento aveva  citato integralmente la seconda formula dell’imperativo categorico «agisci in modo tale da considerare  l’umanità  in te e negli altri, sempre anche come un fine, mai soltanto come mezzo». Non ho nulla da obiettare sull’insieme della relazione anche se non apprezzo le citazioni decontestualizzate che, prese in sé, scatenano di regola non tanto la riflessione quanto l’esplosione dei buoni sentimenti e le fibrillazioni del cosiddetto buon senso che trova belle parole cui aggrapparsi spesso falsificandone il significato. Il mio problema è sorto a relazione conclusa quando ho chiesto ai presenti (relatori e garanti) ragione della loro eventuale soddisfazione per la sottrazione alla legge e la riduzione ad esecuzione di una circolare di un principio fondante la nostra civiltà, la garanzia del certificato di nascita. Per chiarezza premetto, ricordando l’art. 7 della Convention  on the Rights of the Child (in Italia legge 176/1991) ciò che autorevolmente ne dice Geeta Rao Gupta, Vicedirettore dell’UNICEF.  «La registrazione alla nascita è più di un semplice diritto. Riguarda il modo in cui la società riconosce l’identità e l’esistenza di un bambino. La registrazione alla nascita è fondamentale per garantire che i bambini non vengano dimenticati, che non vedano negati i propri diritti o che siano esclusi dai progressi della propria nazione». Il relatore del 10 dicembre, riferendosi alla mia domanda, ha esordito così: «possiamo realizzare questo diritto e questo ideale che ci preme nel momento in cui troviamo una risposta anche a certe paure reali e irrazionali che le persone hanno rispetto alla loro sicurezza»  «Cioè a me interessa portare a casa il risultato». *
Poi, evidentemente per concentrare l’attenzione su un cammino storicamente almeno in parte realizzato, ha segnalato contraddizioni originaria fra i principi della Costituzione degli Stati Uniti e il trattamento di neri e donne. Molto disinvoltamente ha così trasferito il ragionamento dall’esistenza giuridica che il certificato di nascita garantisce a specifici diritti negati a particolari categoria di persone, di cui però non è messa in dubbio l’esistenza, negazioni cui via via la storia ha posto un almeno parziale rimedio promuovendo un cammino verso l’uguaglianza. Ma per iniziare quel cammino negli USA si è dovuta negare la liceità della schiavitù e per farlo si è combattuta una guerra (guerra di secessione 1861-1865).
Il relatore ha fatto però due affermazioni molto gravi e fra loro connesse, a mio parere pericolosamente. Infatti la ricerca del risultato nulla ha a che fare con l’imperativo categorico di Kant alla cui seconda formula ha fatto esplicito riferimento (e questo spero che gli insegnanti presenti lo abbiano chiarito agli studenti al ritorno in classe) e ha subordinato il rispetto di quel diritto alle ‘paure’ di una parte della popolazione.

Kant ci viene ancora in aiuto.

Il nostro, che aveva pubblicato nel 1788 la Critica della ragion Pratica (da cui è stata tratta la formula dell’imperativo categorico citata il 10 dicembre), nel 1793 precisava in un prezioso breve saggio: «Si chiama teoria un complesso di regole anche pratiche, quando queste regole sono pensate come principi generali e si fa, inoltre, astrazione da una quantità di condizioni che pure hanno necessaria influenza sulla loro applicazione. Inversamente non si chiama pratica qualsiasi atto, ma solo quello che attua uno scopo ed è pensato in rapporto a certi principi della condotta rappresentati nella loro generalità» E fra teoria e pratica «deve aggiungersi un atto del giudizio per il quale l’uomo pratico distingue se il caso cade o non sotto la regola». **
Secondo il nostro relatore 1 quindi quell’atto di giudizio per cui dovremmo chiederci se la teoria, quale espressa nella funzione che attribuiamo al certificato di nascita deve realizzarsi per tutti gli esseri umani o solo per una parte di loro (grande o piccola che sia), ha un limite quantitativo: «Allora se io sento che una fetta della popolazione è spaventata dall’immigrato io devo lottare per riconoscere il diritto di riconoscere il diritto dei suoi figli e creare le condizioni per cui si abbassi una tensione sociale che non ci consente di essere puri, trasparenti e vedere il problema per quello che è»

Strategie
Già perché  «Si pone il problema delle strategie. Allora le strategie richiedono di trovare modi di crescita culturale perché noi dobbiamo far sì che i principi e i diritti siano sentiti come significativi per tutta la popolazione. Faccio un esempio. Noi dobbiamo lottare perché indipendentemente da chi è tuo padre o da quelli che sono i […] di tuo padre  un bambino appena nato andrebbe riconosciuto. Ma possiamo realizzare questo diritto e questo ideale che ci preme nel momento in cui troviamo una risposta anche a certe paure reali e irrazionali che le persone hanno rispetto alla loro sicurezza. Cioè a me interessa portare a casa il risultato». Come volevasi dimostrare, mi avevano insegnato a scrivere a conclusione della dimostrazione di un teorema, solo che l’obiettivo di ‘portare a casa un risultato’ è estraneo alla pura formalità dell’imperativo categorico e va considerato su altro piano..

Restiamo quindi al rapporto teoria – pratica .
Teoria: l’art. 7 della Convention (e conseguentemente della legge 176)
Art. 7 . Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto a un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi.
Pratica:  la lettera g del comma 22 dell’art 1 della legge 94/2009 che contraddice la generalità dell’art. 7
Domanda per pronunciare un giudizio:  Cade o no la limitazione imposta nel 2009 sotto la regola della teoria come espressa nell’art. 7 della legge 176/1991?

Il prezzo delle strategie
Articolo meglio la domanda retorica scritta sopra: la strumentalizzazione che la pratica impone quando subordina il diritto di un soggetto debole alle paure di una parte ‘forte’ della popolazione cade sotto la regola della teoria affermata nell’art. 7? Sia chiaro che blandire questa parte (che si è imposta nel 2009) nel caso specifico significa negare il riconoscimento dell’identità e dell’esistenza di un bambino.
Evidentemente c’è chi se la sente.

NOTE *  Chi volesse leggere integralmente la risposta del relatore1 potrà trovarla nel mio post del 15 dicembre nel capitoletto ‘Illusa da giovane, scema da vecchia’
** Sopra il detto comune: «Questo può essere giustificato in teoria, ma non vale per la pratica».

2 Gennaio 2015Permalink

1 gennaio 2015 – L’Italia riconosca lo stato di Palestina

Ricopio dalla newsletter di ‘Bocche scucite”.
In Palestina, se ben ricordo, ci sono tre patriarchi : cattolico, ortodosso e armeno. Poiché il patriarca cattolico dipende dalla Santa Sede questa dichiarazione mi sembra di rilevante significato. Forse sarebbe ancor più rilevante una posizione unitaria delle chiese cristiane, comprese quelle protestanti.

IN ESCLUSIVA per il lancio dell’Appello “ANCHE L’ITALIA AFFRETTI LA PACE”, il PATRIARCA DI GERUSALEMME dichiara il suo appoggio alla richiesta al parlamento italiano per il riconoscimento dello Stato di Palestina:

Riconoscere lo Stato di Palestina incoraggia i palestinesi a credere nel dialogo che dovrà seguire a questo riconoscimento. Non capisco perché l’Italia, che é stata sempre vicina a noi, tarda a riconoscere lo Stato di Palestina. Se l’Italia riconoscerà questo Stato dopo tanti altri Stati, non avrà, in realtà, molto merito. Ma se lo fa adesso, sarà un gesto profetico e coraggioso, e avrà il rispetto di un miliardo di musulmani nel mondo. D’altra parte, va ricordato a tutti che lo Stato di Palestina è già nato! La storia può tardare oppure affrettare i tempi, ma deve registrare che il nostro Stato di Palestina é già nato.

Appoggio il vostro Appello “Anche l’Italia affretti la pace” e vi ringrazio di cuore per il vostro impegno. Buon anno nuovo, pieno di coraggio, di buona salute e di buone sorprese! Amen.

Mons. FOUAD TWAL  Patriarca Latino di Gerusalemme, 25 dicembre 2014

vedi anche: http://www.bocchescucite.org/anche-litalia-affretti-la-pace/

 

1 Gennaio 2015Permalink

25 dicembre 2014 – Due notizie natalizie o forse no.

Prima notizia – E dopo il rinvio attendiamo il giudizio

http://milano.repubblica.it/cronaca/2014/12/24/news/insulti_razzisti_all_ex_ministro_kyenge_a_milano_chiesto_il_processo_per_i_leghisti_borghezio_e_boso-103666308/?ref=HREC1-11

da La Repubblica 24 dicembre

“Insulti razzisti all’ex ministro Kyenge”, chiesto il processo per i leghisti Borghezio e Boso

I due politici sotto inchiesta a Milano per aver propagandato “idee fondate sull’odio razziale ed etnico”. Fra le frasi incriminate; “Gli africani appartengono a un’etnia molto diversa dalla nostra”

Il procuratore aggiunto milanese Maurizio Romanelli ha chiesto il rinvio a giudizio per l’europarlamentare leghista Mario Borghezio e per Erminio Boso, ex senatore del Carroccio, indagati per aver propagandato “idee fondate sull’odio razziale ed etnico” in relazione ad alcune frasi pronunciate contro l’ex ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge alla trasmissione di Radio24 La Zanzara. Borghezio, intervistato il 29 aprile 2013 sulla nomina di Kyenge, aveva detto fra le altre cose che “gli africani sono africani e appartengono a un’etnia molto diversa dalla nostra”. E ancora: “Non siamo congolesi, abbiamo un diritto ultramillenario” e “Kyenge fa il medico, gli abbiamo dato un posto in una Asl che è stato tolto a qualche medico italiano”. Frasi finite sotto la lente d’ingrandimento della Procura di Milano, così come quelle pronunciate da Boso, intervistato qualche giorno dopo. Sempre parlando di Kyenge, Boso aveva affermato che l’allora ministro doveva “rimanere a casa sua, in Congo”, definendola “un’estranea a casa mia”. Poi aveva ammesso di essere “razzista”. Nella richiesta di rinvio a giudizio depositata dal procuratore aggiunto Romanelli, che lo scorso 22 ottobre chiuso le indagini preliminari, vengono individuate come persone offese l’ex ministro e la presidenza del consiglio dei ministri. Borghezio e Boso sono accusati di discriminazione razziale in base alla legge 85 del 2006.

Seconda notizia – Gesù bambino come arma impropria

da www.ildialogo.org http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/scuola/notizie_1419426783.htm

ANPI Sicilia condanna il grave “connubio” tra strutture scolastiche in provincia di Ragusa e un’organizzazione politica dell’estrema destra di ANPI SICILIA

Gravissimo e fortemente inquietante l’evento che si è verificato pochi giorni addietro a Scicli e Modica.

Giorno 21 dicembre, come riportato da organi di informazione locali, “Presidi e dirigenti scolastici di alcune scuole dei due comuni hanno accolto rappresentanti di Forza Nuova per la consegna di 2500 “ bambin Gesù” da distribuire agli alunni”. Compreso l’Istituto comprensivo Poidomani di Modica. Un fatto incredibile che lede i principi fondamentali, normativi e regolamenti che disciplinano la missione, e i codici comportamentali di organismi pubblici. A maggior ragione se trattasi di strutture scolastiche che svolgono l’inderogabile ruolo di fondamentale formazione delle giovani coscienze in assoluto rispetto ed insegnamento dei valori civili e democratici comandati dalla Costituzione. Ancor più non si possono accettare regali da chi non ossequia nella propria pratica quotidiana i Valori costituzionali e il percorso di nascita della nostra Repubblica nata dalla lotta al nazi-fascismo, compreso in particolare il rispetto dei migranti, dei diseredati che sfuggendo a dittature e a guerre cercano solidarietà e diritto d’asilo. Così come categoricamente imposti dall’art. 10 e 3 della nostra Costituzione che proclamano accoglienza e rigettano qualsiasi forma di discriminazione e di razzismo. La succitata struttura politica, in molti casi verificatosi nell’ambito nazionale, compreso nell’area ragusana con la manifestazione organizzata a Pozzallo il 16 novembre dello scorso anno, ha assunto atti e proclami diametralmente divergenti. Si evidenzia, inoltre, che nella cultura della religione cattolica il “ bambin Gesù” è rappresentazione di fratellanza, solidarietà e rispetto per tutti gli esseri umani. Ben altro che la lotta ad altri, donne, bambini e uomini. L’ ANPI SICILIA con la massima urgenza opererà nei riguardi degli Organi scolastici ed istituzionali interessati tutti gli interventi necessari di chiarificazione e condanna.
Palermo, 23 dicembre 2014

Nota mia

Lo stile della comunicazione dell’ANPI Sicilia non mi piace. Avrei preferito ricordassero la Convenzione di New York sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza  che dal 1991 in Italia è legge (n.176). Però la notizia è importante. Probabilmente segna l’avvio della penetrazione della cultura della lega Nord nel Sud come voluto da M. Salvini.

 

25 Dicembre 2014Permalink

24 dicembre 2014 – Dopo la grotta la cella

Non volevo aprire ancora facebook ma una notizia ascoltata mi ha inorridito
Ai piccoli figli delle carcerate a Rebibbia (Roma) non sarà concesso il sabato al parco (la loro ora d’aria!) perché non ci sono finanziamenti per il pulmino che li trasportava per affidarli alle cure di una associazione che se ne faceva carico.
A questo punto non posso soffocare uno dei più orrendi ricordi della mia esperienza politica.
Seconda metà degli anni ’70. Ero consigliera comunale. La maggioranza politica e culturale era democristiana con qualche aggancio di partiti minori allora esistenti.
Con l’aiuto di un deputato che mi fece passare per sua segretaria riuscii a visitare il carcere.
La riforma Gozzini ancora non esisteva e l’esperienza per me fu di quelle che non si devono dimenticare.
Non ne parlo in generale: mi limito ai bambini piccoli che stavano con le loro madri (in maggioranza rom) in una stanza col pavimento di cemento e nessun arredo appropriato.
Cercai di intervenire per una proposta assolutamente rivoluzionaria:  chiesi che i bambini potessero avere una collocazione al nido e che il pavimento fosse coperto da un telo che consentisse loro di gattonare (altrimenti dovevano stare sempre in braccio alle madri) e una vaschetta di plastica per il bagnetto.
Le reazioni assolutamente negative vennero da chi avrebbe dovuto provvedere tecnicamente ad assicurare le modalità per la presenza al nido e del resto non si parlò.
Oggi ho un elemento in più per qualificare le radici dell’indifferenza politica e sociale alla garanzia del certificato di nascita a tutti i bambini che nascono in Italia.
La norma razzista della lettera g del comma 22 dell’art. 1 della legge 94/ 2009 appartiene a una cultura punitiva (pre Beccaria!) che quando non può distruggere i padri massacra i figli.
Infatti condanna bimbi ben identificati al nascondimento che è prigione, generata dall’incontro di una norma infame e della paura dei loro genitori che tali non si possono dichiarare,
Non è consolante ma mi offre un elemento in più per cercar di capire.
Buon Natale?

 

24 Dicembre 2014Permalink

21 dicembre 2014 – Frottole tosco-francescane per discriminare le bambine di Betlemme.

Si parla di francescani inguaiati per un affare finanziario ‘poco chiaro’ (diciamo così) Nel 2005 sono stata testimone di una affare a quanto ne so non  finanziario ma decisamente oscuro., Mi trovato a Betlemme per un periodo abbastanza lungo per consentirmi di guardare attorno e avevo avuto modo di visitare l’edificio della bellissima scuola dell’infanzia, costruita dall’Italia (e vedremo fra poco chi sostenne l’iniziativa) nel compound della Scuola di terra Santa dei Francescani. Sapevo con certezza che era frequentata solo da maschi ma mi turbava il vago ricordo di una campagna finalizzata alla raccolta di fondi finalizzati a un  regalo per “i bambini e le bambine di Betlemme”.

Rovistando nei miei appunti ho trovato il testo di un comunicato stampa d’epoca, di cui purtroppo non ho conservato il link. Lo ricopio lo stesso perché alla fine ci sarà la prova del fatto che segnalo da fonte diversa del mio diario 

2004 – Il vecchio comunicato  ”Giorgio La Pira”, una scuola per la pace

Domenica 24 ottobre, è stata inaugurata la scuola materna Giorgio La Pira del Terra Santa college di Betlemme.  Erano presenti Claudio Martini, presidente della Regione Toscana, mons. Luciano Giovannetti, vescovo di Fiesole, mons. Rodolfo Cetoloni, vescovo di Montepulciano, Chiusi e Pienza, Mario Primicerio, presidente Fondazione La Pira, Turiddo Campaini, presidente di Unicoop Firenze e alcuni primi cittadini della Toscana. Presente anche l’on. Rosi Bindi. La costruzione della Scuola materna del Terra Santa college di Betlemme è un progetto che ha visto la convergenza di tanti: da Unicoop Firenze, alle diocesi toscane, dall’Antoniano di Bologna, ai comuni gemellati con Betlemme e molte altre istituzioni. L’intento di tutti é quello di offrire ai bambini e alle bambine di Betlemme un ambiente accogliente per far crescere una speranza di pace e normalità. E’ stata chiamata Giorgio la Pira, in omaggio ad una grande personalità fiorentina, nel centenario della sua nascita. La scuola Terra Santa offre a oltre duemila alunni, maschi e femmine, sostegno materiale e possibilità di studiare: dalla materna alle superiori. E’ aperta a palestinesi cristiani e musulmani che fanno esperienza vera di convivenza e collaborazione, ed è una possibilità unica di aggregazione e vita civile. Essa rappresenta uno strumento fondamentale di qualificazione delle nuove generazioni: di formazione e di apertura alla speranza. Alla realizzazione della nuova scuola materna Unicoop Firenze ha destinato 100 mila euro

Dopo il 14 agosto 2005 (quando avevo registrato la prima notizia) scrissi più volte all’Ufficio stampa Unicoop (e ne ho dato resoconto nel mio blog) sempre senza risposta. Allora avevo questi riferimenti che non so se siano ancora validi ma li trascrivo nel caso incuriosissero qualcuno
Claudio Vanni – Ufficio stampa Unicoop Firenze Tel. 0554780316
E-mail: c.vanni@coopfirenze.it

20017  -Un amico giornalista ottiene risposta

Nel 2007 un amico giornalista (che collaborava alla rivista Diario) si occupò della questione e ne trasse l’articolo che riporto.

Da Diario nr. 1/2007   Un asilo a Betlemme: peccato sia solo per maschi

Dalla coop ai comuni in tanti avevano dato i soldi: ma le bambine nella scuola non possono entrare.  di Max Mauro

Una scuola materna per i bambini e le bambine di Betlemme. Per questo obiettivo nel Natale del 2002 venne avviata una raccolta di fondi con protagonisti Unicoop Firenze, le diocesi toscane, l’Antoniano di Bologna e vari comuni gemellati con la città. Venne reperita la somma di un milione e duecentomila dollari, necessaria alla costruzione dell’edificio all’interno del Terra Santa College, gestito da frati francescani. La scuola materna è stata inaugurata il 24 ottobre 2004 alla presenza del presidente della regione Toscana Claudio Martini e dell’allora deputata o oggi ministro Rosi Bindi. Un successo della solidarietà internazionale, quindi? Non proprio, perché in quella scuola ci vanno solo bambini, bambini maschi s’intende, in barba alla propagandata intenzione “di offrire ai bambini e alle bambine di Betlemme un ambiente accogliente per far crescere una speranza di pace e normalità”, come si può leggere in un comunicato di Unicoop.

A denunciare il fatto è Augusta De Piero, una pensionata che dopo una vita divisa tra la politica – è stata vicepresidente del consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, eletta col Pci – e l’insegnamento, ha deciso di dedicare parte del suo tempo al volontariato. Trascorre alcuni mesi all’anno in Palestina ed è durante uno di questi viaggi che ha avuto modo di visitare il Terra Santa College. “La realtà è ben diversa da come hanno voluto far credere i promotori”, dice. “Quella scuola è frequentata solo da maschi. All’interno del Terra Santa College non esiste un’esperienza di integrazione tra bambini e bambine, quale invece si può trovare alla scuola Dar Al Khalima, gestita da luterani”. La risposta di Unicoop cela qualche imbarazzo. “Noi siamo solo dei sostenitori del progetto”, dice Claudio Vanni dell’ufficio stampa, “abbiamo raccolto 100mila euro per acquistare gli arredi. E’ vero, là maschi e femmine sono separati,  una cosa che io personalmente non condivido, ma è la loro cultura e va rispettata”. Per avere maggiori informazioni Vanni ci rimanda a Angelo Rossi, collaboratore della Conferenza Episcopale Italiana e uno dei promotori del progetto. “Sappiamo di questo problema” dice, “ma i fondi sono stati indirizzati in quella struttura perché c’era il terreno disponibile e un progetto, ora si vorrebbe proseguire, magari aiutando una scuola materna dell’Autorità Palestinese. Farne una per le femmine? E’ difficile raccogliere di nuovo tutti quei soldi”.

Conclusione irrinunciabilmente mia

Io non posso mettere ostacoli ad alcuno che voglia costruire una scuola monosex. Che però lo faccia in ambiente dove la condizione della donna andrebbe sostenuta e promossa e racconti frottole ai sottoscrittori questo mi infastidisce. Io non ho contribuito a quel progetto ma se lo avessi fatto – per fare un regalo a bambini e bambine – e poi avessi scoperto che le bambine erano state usate come esca per essere poi cancellate – e di conseguenza io sarei stata presa in giro – non gliela avrei fatta passare liscia se mai fossi riuscita a disturbare quei muri silenti e impermeabili. Secondo il mio ordine di valori quello che esce da questa notizia segnala un fatto non meno grave di un ipotetico pastrocchio finanziario.

21 Dicembre 2014Permalink

18 dicembre 2014 – Garanti, competenti e il rispetto di giovani studenti – 3

 Prima di passare a Kant un po’ di storia.

Il parlamento italiano legiferava nella sua XVI legislatura.

Era precisamente il 2 agosto 2010, un anno dopo l’approvazione del pacchetto sicurezza e la notifica della circolare che precipitosamente, per la registrazione delle nascite, lo contraddiceva mantenendolo in vigore e un allora deputato interrogava: LEOLUCA ORLANDO. – Al Ministro dell’interno. – Per sapere – premesso che:

in data 8 agosto 2009 è entrata in vigore la legge 15 luglio 2009, n. 94 «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica»;

alla lettera g del comma 22 dell’articolo 1 della predetta legge si modificava il comma 2 dell’articolo 6 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sostituendone una parte, con la frase «, per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui ali ‘articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie, »;

questa modifica è stata di fondamentale importanza per la tutela della maternità, della salute e dell’istruzione di tutte le persone extracomunitarie che si trovano, anche illegalmente, nel nostro Paese,

in quanto non obbliga le persone in situazione di bisogno sanitario urgente alla presentazione del permesso di soggiorno per ottenere le giuste cure;

in data 7 agosto 2009 è stata emanata, dal dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell’interno, una circolare (prot. 0008899) con oggetto: «Legge 15 luglio 2009, n. 94, recante »Disposizioni in materia di sicurezza pubblica«. Indicazioni in materia di anagrafe e stato civile», ed è stata inviata a tutti i prefetti della Repubblica italiana;

con questa circolare il Ministero dell’interno andava a sanare una situazione di interpretazione dubbia della suddetta legge, su alcuni temi, tra cui quello importantissimo delle dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione;

al punto 3 della predetta circolare si chiariva che «Per lo svolgimento delle attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita-stato civile) non devono essere esibiti documenti inerenti al soggiorno trattandosi di dichiarazioni rese, anche a tutela del minore, nell’interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto. L’atto di stato civile ha natura diversa e non assimilabile a quella dei provvedimenti menzionati nel citato articolo 6»;

a parere dell’interrogante, molti punti della circolare stessa sono fondamentali per la struttura e per la funzionale applicazione della legge n. 94 del 2009, ma il metodo applicato dell’uso della circolare stessa appare di indicazione troppo lieve e sicuramente meno impegnativa dell’uso di una legge nell’applicazione della stessa -:

se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative che attribuiscano valore normativo alla circolare del 7 agosto 2009 prot. 0008899 fornendo così strumenti sicuramente più incisivi a chi la stessa debba applicare.

Passavano altri sei mesi e l’interrogazione riceveva risposta

All’Interrogazione 4-08314 presentata da    LEOLUCA ORLANDO
Il ministero dell’interno, con la circolare n. 19 del 7 agosto 2009, ha inteso fornire indicazioni mirate a tutti gli operatori dello stato civile e di anagrafe, che quotidianamente si trovano a dover intervenire riguardo ai casi concreti, alla luce delle novità introdotte dalla legge n. 94 del 2009 (entrata in vigore in data 8 agosto 2009), volta a consentire la verifica della regolarità del soggiorno dello straniero che intende sposarsi e ad arginare il noto fenomeno dei matrimoni   «  fittizi  »   o di   «  comodo  »  .

È stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale, indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico.

Il principio della inviolabilità del diritto del nato è coerente con i diritti garantiti dalla Costituzione italiana a tutti i soggetti, senza alcuna distinzione di sorta (articoli 2, 3, 30 eccetera), nonché con la tutela del minore sancita dalla convenzione di New York del 20 novembre 1989 (Legge di ratifica n. 176 del 27 maggio 1991), in particolare agli articoli 1 e 7 della stessa, e da diverse norme comunitarie.

Considerato che a un anno dall’entrata in vigore della legge n. 94 del 2009 non risultano essere pervenute segnalazioni e/o richieste di ulteriori chiarimenti, si ritiene che le deposizioni contenute nella predetta circolare siano state chiare ed esaustive, per cui non si è ravvisata sinora la necessità di prospettare interventi normativi in materia.

Il Sottosegretario di Stato per l’interno: Michelino Davico. (Risposta scritta pubblicata lunedì 31 gennaio 2011    nell’allegato B della seduta n. 426)

Da parte mia la riportavo integralmente nell’articolo pubblicato in data 15 marzo 2011 dal mensile ‘Il Gallo’. Si può leggere anche da qui 

Passavano altri nove mesi (una gravidanza!) e il 7 novembre 2011 l’allora deputato  Orlando presentava la proposta di legge n.4756 

Proposta di legge: LEOLUCA ORLANDO: “Modifica all’articolo 6 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno” (4756)

Non ne riporto il testo perché è identico a quello della pdl 740 che ho trascritto nel mio blog il 17 giugno 2013 e poi citato non so più quante volte.

Il parlamento italiano legifera anche nella XVII legislatura

La ripresentazione della pdl si era resa necessaria perché il 22 dicembre 2012 – a seguito delle dimissioni del governo Monti – il Presidente della Repubblica aveva sciolto le camere e si era andati a nuove elezioni. Iniziava così la XVII legislatura (15 marzo 2013). Durante il governo Letta (28 aprile 2013 – 22 febbraio 2014) veniva presentata la pdl 740.
Si può leggere anche da qui

Il 22 febbraio 2014 entrava in carica il governo Renzi (sessantatreesimo Governo della Repubblica Italiana
) e l’11 settembre veniva presentato in Senato il ddl 1562: “Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno e divieti di segnalazione”.
La bella relazione che ne spiega il contenuto si può leggere nel mio blog in data 24 ottobre 2014. In quella pagina si trova anche il link per il testo, identico nell’obiettivo alla pdl 740 ma più ampiamente articolato. 

Tutta questa spiegazione avrebbe un che di ridicolo se non fosse in atto una specie di damnatio memoriae per cui su questo argomento molti sembrano svegliarsi ogni mattina segnalandone la novità se non  l’azzardo di fronte a un’opinione pubblica culturalmente impreparata (come è accaduto nella sede degli uffici udinesi della regione il 10 dicembre). La vicenda però ha anche un altro significativo risvolto perché

Questo matrimonio non s’ha da fare
L’allora sottosegretario Davicoper spiegare una circolare che imponeva un comportamento contrario a quello previsto dalla legge – aveva precisato all’on Leoluca Orlando che ciò che si voleva impedire non era l’iscrizione dei nuovi nati nei registri dello stato civile, interdizione – diceva con indecente improntitudine –  che “andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico”.
Si voleva bensì verificare la “regolarità del soggiorno dello straniero che intende sposarsi e ad arginare il noto fenomeno dei matrimoni   «fittizi» o di «comodo»  “.

A realizzare tale scopo provvedeva ormai il codice civile che, all’art 116 prescriveva: “Matrimonio dello straniero nello Stato Lo straniero che vuole contrarre matrimonio nello Stato deve presentare all’ufficiale dello stato civile una dichiarazione dell’autorità competente del proprio paese, dalla quale risulti che giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio. Anche lo straniero è tuttavia soggetto alle disposizioni contenute negli artt. 85, 86, 87, nn.1, 2 e 4, 88 e 89.)”. Inoltre, a seguito del comma 15 dell’art. 1 della legge 94/2009, aveva aggiunto il seguente comma: “All’articolo 116, primo comma, del codice civile, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano»”.

Per chiarezza e prudenza sono andata a verificare i contenuti deli articoli citati di cui riporto i titoli e il testo essenziale, facilmente verificabile
– Art. 85  Interdizione per infermità di mente Non può contrarre matrimonio l’interdetto per infermità di mente.
– Art. 86 Libertà di stato. Non può contrarre matrimonio chi è vincolato da un matrimonio precedente
– Art. 87.Parentela, affinità, adozione.
Non possono contrarre matrimonio fra loro: 1) gli ascendenti e i discendenti in linea retta; 2) i fratelli e le sorelle germani, consanguinei o uterini; 4) gli affini in linea retta; il divieto sussiste anche nel caso in cui l’affinità deriva da matrimonio dichiarato nullo o sciolto o per il quale è stata pronunziata la cessazione degli effetti civili;
– Art. 88. Delitto. Non possono contrarre matrimonio tra loro persone delle quali l’una è stata condannata per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell’altra.
– Art. 89. Divieto temporaneo di nuove nozze. Non può contrarre matrimonio la donna, se non dopo trecento giorni dallo scioglimento, dall’annullamento o dalla cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio

Correva l’anno 2009

e in Sicilia una coppia mista (lei italiana lui marocchino) aveva deciso di contrarre matrimonio. Ne riporto la storia dalla sentenza 245/2011della Corte Costituzionale, leggibile da qui.
Il giudice a quo di cui si legge nella sentenza è il magistrato che aveva bloccato il decreto di espulsione comminato al fidanzato marocchino che, per contrarre matrimonio, aveva scoperto l’irregolarità della sua presenza in Italia:

“Il 31 agosto 2009, l’ufficiale dello stato civile aveva motivato il diniego alla celebrazione del matrimonio per la mancanza di un «documento attestante la regolarità del permesso di soggiorno del cittadino marocchino», così come previsto dall’art. 116 cod. civ., come novellato dalla legge n. 94 del 2009, entrata in vigore nelle more.

1.2.— Tanto premesso in fatto, il giudice a quo prospetta l’illegittimità costituzionale della norma suddetta, giacché essa contrasterebbe:

con l’art. 2 Cost., che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità;

con l’art. 3 Cost., per violazione del principio di eguaglianza e di ragionevolezza;

con l’art. 29 Cost., per violazione del diritto fondamentale a contrarre liberamente matrimonio e di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi sui quali è ordinato il sistema del matrimonio nel vigente ordinamento giuridico;

con l’art. 31 Cost., perché interpone un serio ostacolo alla realizzazione del diritto fondamentale a contrarre matrimonio;

con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 12 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)”.

 

La conclusione della sentenza dell’Alta Corte che si può leggere anche da qui: www.asgi.it/wp-content/uploads/public/corte_costituzionale_sentenza_245_2011.pdf

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 116, primo comma, del codice civile, come modificato dall’art. 1, comma 15, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), limitatamente alle parole «nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano».

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale Palazzo della Consulta, il 20 luglio 2011.

La mia conclusione è una domanda che articolo in tre punti

I signori che ho ascoltato il 10 dicembre mi hanno fatto sapere che“se io sento che una fetta della popolazione è spaventata dall’immigrato io devo lottare per riconoscere il diritto di riconoscere il diritto dei suoi figli e creare le condizioni per cui si abbassi una tensione sociale che non ci consente di essere puri, trasparenti e vedere il problema per quello che è”
E ancora: “se tu i diritti li imponi dall’alto e non c’è una comunità, un terreno che li riconosce e li implementa faremo un buco nell’acqua”. Si sentono codesti signori di dire all’Alta Corte che ha fatto un buco nell’acqua per non aver verificato la accettabilità della sua decisione con preventivo sondaggio? E se un sindaco di fede lego-razzista si rifiutasse di celebrare un matrimonio di cui uno dei due contraenti sia (come loro dicono) un clandestino – è già accaduto – che fare? Prevale la legge o la ‘sensibilità’ collettiva?

  1. Perché il Parlamento non approva le proposte di legge che consentirebbero il certificato di nascita ai nuovi nati in Italia (sia jus sanguinis o soli, la cittadinanza deve comunque essere registrata da qualche parte) facendo uso degli stessi argomenti con cui la Corte Costituzionale ha riscattato il diritto a sposarsi? Stiano tranquilli e continuino pure così: anche il Sinodo sulla famiglia dell’autorevole chiesa cattolica si è con paciosa autorevolezza disinteressato dei bambini cui è negato il certificato di nascita e non parliamo quindi delle aggregazioni politiche (si dicano partiti o movimenti) e delle associazioni che da anni ci raccontano di essere finalizzate a sostenere i diritti dei migranti, mentre non si accorgono di aver umiliato la propria dignità di cittadini proni a una norma razzista.
  2. Ho letto nei quotidiani del 1938 le cronache relative all’inizio dell’anno scolastico e –trovando descrizioni di insegnanti, direttori didattici, presidi e ispettori scolastici – che se ne stavano in piedi perché in ginocchio il saluto romano in cui si impegnavano sarebbe stato incongruo, ho sghignazzato. Elogiavano senza riserve la cacciata degli insegnanti e degli studenti dalla scuola, pronti ad affrontare gioiosamente le loro classi mutilate. Ho sghignazzato. Chi sghignazzerà di me fra 76 anni? e che ne sarà stato della vita di quei bambini cui dal 2009 neghiamo il diritto di esistere? 
18 Dicembre 2014Permalink