17 dicembre 2014 – Gruppo CRC: in Italia esiste una cultura dell’infanzia ma non una strategia

L’articolo che trascrivo (e che si può leggere anche da qui) è pubblicato nel sito della Associazione Studi Giuridici Immigrazione in data 20 novembre.

A 25 anni dall’approvazione della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza si afferma una cultura dell’infanzia ma non una strategia: ancora difficoltà nel mettere a sistema gli interventi e nel programmare risorse adeguate. Manca un Piano infanzia dal 2011; scarsi gli investimenti sulla prima infanzia: solo  il 13,5% dei bambini 0 – 3 anni ha accesso a nidi comunali  o servizi integrativi

In 25 anni dall’approvazione della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC), avvenuta il 20 novembre 1989 si sta lentamente affermando in Italia una cultura dell’infanzia ma c’è ancora da fare in termini di programmazione e risorse dedicate ai bambini e agli adolescenti. La Convenzione ha compiuto una “rivoluzione culturale” , riconoscendo il minore non soltanto come oggetto di tutela e assistenza, ma anche come soggetto di diritto, e quindi titolare di diritti in prima persona.

In questi 25 anni in Italia sono stati adottati provvedimenti importanti, a partire dalla ratifica  della Convenzione (Legge 27 maggio 1991 n. 176), e dei suoi due Protocolli Opzionali1(con Legge 46/2002), alla Legge 285/97 che aveva creato un Fondo Nazionale per l’Infanzia e l’adolescenza (poi superato da un fondo unico indistinto per le politiche sociali), la Legge 451/97 che ho previsto organismi di coordinamento specifici dedicati all’infanzia quali: la Commissione parlamentare infanzia, l’Osservatorio nazionale infanzia, il Centro nazionale di documentazione e di analisi per l’infanzia, ed infine nel 2011 (Legge 112/2011) l’istituzione del Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza che affianca i Garanti regionali presenti in alcune Regioni.

Tuttavia il sistema così come pensato fatica ad andare a regime, e l’assenza di un Piano Nazionale infanzia dal 2011, peraltro senza copertura finanziaria, ben riflette il ritardo nella programmazione organica degli interventi per i minori e relativi investimenti.

Negli ultimi quattordici anni il Gruppo CRC, un network composto dalle principali associazioni che si occupano attivamente della tutela e promozione dei diritti dell’infanzia in Italia, ho monitorato l’attuazione della Convenzione in Italia, attraverso l’elaborazione di rapporti di aggiornamento e l’organizzazione di incontri istituzionali di confronto con le istituzioni competenti a livello centrale e locale.

Ancora oggi solo il 13,5% dei bambini 0 – 3 anni  ha accesso a nidi comunali  o servizi integrativi. A questa percentuale si stima vada aggiunto un ulteriore 4% di bambini accolti da servizi privati non sovvenzionati da fondi pubblici. Al Sud e nelle Isole la situazione è più difficile: solo il 2,5% di bambini in Calabria che ha accesso ai nidi, seguita dalla Campania con il 2,8%.

La difficoltà principale che emerge dall’ultimo Rapporto del Gruppo CRC è quella di “mettere a sistema” le politiche per l’infanzia e l’adolescenza nel nostro Paese. Si è infatti assistito a un decentramento delle politiche sociali verso le Regioni, senza la definizione dei Livelli Essenziali di Prestazioni concernenti i Diritti Civili e Sociali (LEP) e soprattutto con la progressiva e costante diminuzione delle risorse destinate alle politiche sociali nel corso degli anni.

Inoltre, non esiste un monitoraggio compiuto a livello istituzionale delle risorse dedicate all’infanzia e all’adolescenza e proprio dall’analisi realizzata dal Gruppo CRC risulta evidente che manca una strategia complessiva e una visione di lungo periodo.

Anche sul fronte raccolta dati sull’infanzia, si resta un passo indietro. Permane la carenza del sistema italiano di raccolta dati inerenti l’infanzia e l’adolescenza; lacuna che non permette di stimare l’incidenza di importanti fenomeni e costituisce un impedimento per la programmazione e la realizzazione di politiche ed interventi idonei e qualificati.

Il Gruppo CRC sollecita da anni il Governo a rendere operative la Banca Dati Nazionale dei Minori Adottabili e delle Coppie Disponibili all’Adozione e la banca dati in relazione al fenomeno dell’abuso sessuale dei minori. Rispetto alla prima infanzia inoltre, mancano dati sui bambini con disabilità nella fascia di età 0-5.

“Oggi in occasione dei 25 anni della CRC – dichiara Arianna Saulini coordinatrice del Gruppo CRC –  interveniamo al Convegno organizzato in Parlamento dalla Commissione Infanzia ed incontriamo i Presidenti di Camera e Senato chiedendo loro che lo stesso Parlamento s’impegni a portare a termine importanti provvedimenti a favore dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nel nostro Paese. Alla Camera ci sono proposte di legge importanti come quelle di riforma della legge sulla cittadinanza e la proposta per misure di protezione e accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, così come altri provvedimenti urgenti al Senato, quali la Ratifica del Protocollo opzionale della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia sulle procedure di comunicazione o la proposta di legge per un Sistema integrato di educazione e istruzione 0 – 6 anni. Il nostro auspicio è che da questo 20 novembre in poi si faccia un salto di qualità e che si passi da un’affermata cultura dell’infanzia anche a politiche e provvedimenti lungimiranti”.

NOTA GRUPPO CRC

Il Gruppo CRC impegnato nella tutela e promozione dei diritti dell’infanzia, opera a partire dal 2000 è nato per preparare un Rapporto indipendente, supplementare a quello governativo, da sottoporre al Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. La CRC (Convention on the Rights of the Child) prevede un sistema di monitoraggio che si basa sulla presentazione di rapporti periodici al Comitato ONU da parte degli Stati che l’hanno ratificata, e da parte di coalizioni di ONG (organizzazioni non governative). Negli oltre dieci anni di lavoro il Gruppo di lavoro per la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Gruppo CRC2) ha pubblicato sette Rapporti di aggiornamento annuale e due Rapporti Supplementari  che sono stati inviati al Comitato ONU per contribuire, insieme al Rapporto governativo, all’analisi dello stato di attuazione della Convenzione in Italia.

Oggi il Gruppo CRC, coordinato da Save the Children Italia, è composto da 87 soggetti del Terzo Settore che hanno dato vita ad un sistema di monitoraggio permanente, indipendente e condiviso sull’attuazione della CRC in Italia.

Il Gruppo CRC è composto dalle seguenti 87 associazioni: Fondazione ABIO Italia onlus, ACP – Associazione Culturale Pediatri,Fondazione ACRA – CCS, AGBE, Agedo – Associazione di genitori, parenti e amici di omosessuali, AGESCI – Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani, AIAF – Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori, Ai.Bi. – Associazione Amici dei Bambini, ALAMA – Associazione Laziale Asma e Malattie Allergiche, Ali per giocare – Associazione Italiana dei Ludobus e delle Ludoteche , AMANI – Associazione di volontariato, Anfaa – Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie, Anffas Onlus – Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale, ANPE – Associazione Nazionale dei Pedagogisti Italiani, ANPEF Associazione Nazionale dei Pedagogisti Familiari, Associazione Antigone, Associazione Bruno Trentin -ISF – IRES, Archè – Associazione di Volontariato Onlus, Archivio Disarmo – Istituto di Ricerche Internazionali, Arciragazzi, ASGI – Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, Associazione Bambinisenzasbarre, Batya – Associazione per l’accoglienza, l’affidamento e l’adozione, CAM – Centro Ausiliario per i problemi Minorili, Camina, Caritas Italiana, CbM –Centro per il bambino maltrattato e la cura della crisi famigliare, Centro per la Salute del Bambino onlus, Centro Studi Hansel e Gretel, Centro Studi Minori e Media, Centro Studi e Ricerche IDOS/Immigrazione Dossier Statistico, Cesvi Fondazione Onlus, CIAI – Centro Italiano Aiuti all’Infanzia, CIES – Centro Informazione e Educazione allo Sviluppo, CISMAI – Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso dell’Infanzia, Cittadinanzattiva, CNCA – Coordinamento Nazionale delle Comunità d’Accoglienza, CND – Consiglio Nazionale sulla Disabilità, Comitato Giù Le mani dai bambini onlus, Comitato italiano per l’Unicef Onlus, Coordinamento Genitori Democratici onlus, Coordinamento La Gabbianella onlus, CSI  – Centro Sportivo Italiano, CTM onlus Lecce, Dedalus Cooperativa Sociale, ECPAT Italia, FederASMA e ALLERGIE Onlus – Federazione Italiana Pazienti, FISH onlus – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, Fondazione Fabiola De Clercq-ABA onlus, Associazione Figli Sottratti, Geordie Associazione onlus, Associazione Giovanna d’Arco Onlus, Associazione Gruppo Abele Onlus, Gruppo Nazionale nidi e infanzia, IBFAN Italia, Il Corpo va in città, Intervita onlus, IPDM – Istituto per la Prevenzione del Disagio Minorile,IRFMN – Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Associazione L’abilità Onlus, Fondazione L’Albero della Vita onlus, L’Altro diritto onlus, La Gabbianella ed altri animali, La Leche League Italia Onlus, Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, M.A.I.S. – Movimento per l’Autosviluppo l’interscambio e la Solidarietà, MAMI – Movimento Allattamento Materno Italiano Onlus, On the Road Associazione onlus, Opera Nomadi Milano, OsservAzione – centro di ricerca azione contro la discriminazione di rom e sinti, OVCI la Nostra Famiglia, Fondazione PAIDEIA, Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori Onlus, Fondazione Roberto Franceschi onlus, Save the Children Italia, Saveria Antiochia Omicron, SIMM – Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, SINPIA – Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, SIP – Società Italiana di Pediatria, SOS Villaggi dei Bambini onlus, Terre des Hommes, UNCM – Unione Nazionale Camere Minorile, UISP – Unione Italiana Sport Per tutti, Valeria Associazione Onlus, VIS – Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, Fondazione Emanuela Zancan onlus, Associazione 21 Luglio

È possibile scaricare il 7°Rapporto CRC completo dal sito: www.gruppocrc.net

NOTE MIE
1.
Mentre mi predisponevo a organizzare il materiale che ho raccolto per una terza puntata della serie  “Garanti, competenti e il rispetto di giovani studenti” sono andata a dareun’occhiata al sito dell’ASGI e ho trovato quanto ho trascritto sopra. E’ un articolo importante perché dice con dovizia di particolari quello che è il Gruppo CRC che tanto spesso ho citato (e citerò). Noto però una mancanza: fra le associazioni che formano il gruppo CRC c’è la SIMM che, come ho scritto più volte nel mio blog, nel suo ultimo congresso ha approvato la seguente raccomandazione: «approvare una legge che garantisca il diritto alla registrazione anagrafica per tutti i figli indipendentemente dalla situazione giuridico–‐amministrativa dei genitori, senza la necessità di esibire documenti inerenti al soggiorno, in modo da evitare che ci siano “nati invisibili” con conseguenze aberranti di ordine sociale e sanitario» Non sono citate neppure le proposte di legge (740 Camera e 1562 senato) che rimedierebbero al vergognoso pasticcio relativo alla registrazione alla nascita che in Italia è norma di legge dal 2009. Contemporaneamente è segnalato (ed è scaricabile) il 7mo rapporto CRC che chiede quella specifica modifica. Ne ho scritto il 21 giugno  https://diariealtro.it/?p=3139

2. Faccio notare che, secondo il rapporto CRC in Italia mancano le strategie per l’infanzia cui invece è stato fatto positivo riferimento durante l’evento che è descritto ieri e l’altro ieri. In quel contesto le ‘strategie’ costituivano il ragionevole possibile avvio di un percorso verso principi troppo lontani per essere raggiungibili e comunque tali d risultare inaccettabili a una popolazione ‘spaventata dall’immigrato’.

17 Dicembre 2014Permalink

16 dicembre 2104 – Garanti, competenti e il rispetto di giovani studenti – 2

Il relatore di cui ho scritto ieri, parlando all’incontro del 10 dicembre ha citato esattamente la seconda formula dell’imperativo categorico kantiano che voglio trascrivere, coì come quel signore l’ha pronunciata: «Agisci in modo tale da considerare  l’umanità  in te e negli altri, sempre anche come un fine, mai soltanto come mezzo».
Forte delle argomentazioni che aveva offerto – e di quella citazione – più tardi ho illustrato brevemente il problema degli ostacoli frapposti alla registrazione alla nascita in Italia dei figli dei sans papier e ho chiesto ai presenti ragione della loro eventuale soddisfazione per un principio fondante di civiltà che, sottratto alla legge,  viene ridotto ad esecuzione di una circolare. E’ successo quello che ho già descritto e, in particolare, il fondamento etico di una relazione umana che provo ad esprimere così: “tu esisti come io esisto e come umano ti devo riconoscere” è stato strumentalizzato sotto il peso oscuro e fangoso del pregiudizio.

I neri non esistevano. Ma davvero?

‘Ni’ ha risposto il relatore che tanto ha affermato. Infatti così ha esordito: «possiamo realizzare questo diritto e questo ideale che ci preme nel momento in cui troviamo una risposta anche a certe paure reali e irrazionali che le persone hanno rispetto alla loro sicurezza». Mentre cercavo un orientamento mentale che mi consentisse di decodificare quella affermazione sono arrivati gli esempi purtroppo chiarificatori del significato. Anche nella Costituzione degli Stati Uniti: « si dice che sono [..]  nati uguali in dignità e diritti sono […] dal loro creatore di diritti inalienabili. Poi uno va a vedere: è scritto nella Costituzione e I neri non esistevano, le donne non esistevano…». I puntini fra parentesi quadre riguardano qualche parola mal registrata ma il senso è chiaro e proprio non ci siamo. A me consta che neppure i razzisti più feroci abbiano mai negato l’esistenza dei neri. Ciò che negavano era che i neri fossero esseri umani con una loro propri identità mentre li riconoscevano ‘cose’ animate e utili per determinati lavori, proprietà dei loro padroni. Tanto ne avevano chiara l’esistenza che per far uscire la popolazione di colore dallo stato di schiavitù negli Stati Uniti si combatté una guerra feroce e lacerante. E anche in seguito tanta era la certezza della loro esistenza che il Ku Klux Klan ne organizzava il linciaggio tramite rogo, operazione non fattibile se non fossero stati riconosciuti esistenti. Il problema non era il passaggio dall’inesistenza all’esistenza ma da ‘cosa’ a essere umano.      E quel passaggio non significava né significa la soluzione automatica dei problemi sociali ma il riconoscimento di relazioni fondamentali di identità personale e nazionale, paternità e maternità, di famiglia, di tutela affidata a soggetti riconosciuti come genitori, formalmente, su quel dannato pezzo di carta che chiamiamo certificato di nascita.

Dichiarazioni dell’Unicef e stampa vaticana

Nel giorno del 67° anniversario dell’UNICEF (la cui istituzione da parte dell’ONU risale all’11 dicembre 1946), l’organizzazione ha lanciato un nuovo Rapporto secondo il quale circa 230 milioni di bambinisotto i 5 anni non sono stati mai registrati alla nascita – circa 1 su 3, a livello globale. «La registrazione alla nascita è più di un semplice diritto. Riguarda il modo in cui la società riconosce l’identità e l’esistenza di un bambino» spiega Geeta Rao Gupta, Vicedirettore dell’UNICEF. «La registrazione alla nascita è fondamentale per garantire che i bambini non vengano dimenticati, che non vedano negati i propri diritti o che siano esclusi dai progressi della propria nazione».
Per approfondire: http://www.unicef.org/publications/index_71514.html

Il 5 dicembre ho riportato un interessante articolo de L’Osservatore Romano sulla tratta di minori e mi sembra che non sia il caso di rafforzare lo stravagante concetto per cui si nega il certificato di nascita – primo fondamento per la protezione di un’identità – anche nella consapevolezza dei rischi della tratta. Rinvio a quel testo e non ci torno su https://diariealtro.it/?p=3481

Non posso però fingere di non aver sentito (ma non potevo andare all’Ikea a comprare regali natalizi il 10 dicembre?) che  «le strategie richiedono di trovare modi di crescita culturale perché noi dobbiamo far sì che i principi e i diritti siano sentiti come significativi per tutta la popolazione».Quindi l’obiettivo sarebbe l’unanimità per poter riconoscere un diritto? Mi sembra un azzardo fuori della storia. Se quello fosse un obiettivo condivisibile per un impegno di civiltà non avremmo avuto per esempio la legge sulla violenza sessuale, che ha richiesto molti anni per essere approvata ma non è tata assicurata certamente dall’essere riconosciuta “significativa per tutta la popolazione”. Non lo è neppure oggi a 18 anni dall’approvazione di quella tardiva, fastidiosa legge. E così mi sono venute in mente le donne …

Nemmeno le donne esistevano, però

Già anche questo è stato detto anche se si intendeva che non votavano. Ma chi lo ha detto pensava davvero che nel giugno del 1946 l’Italia tutta fosse unanime nel riconoscere che un diritto era stato realizzato? Le donne esistevano eccome: si potevano violentare e poi sposare (matrimonio riparatore che, per essere celebrato, richiedeva anch’esso il certificato di nascita), era possibile licenziarle se restavano incinte, dovevano assolvere al ‘dovere coniugale’ con la consapevolezza di essere poco più di un’aspirina (remedium concupiscentiae nei confronti del vorace marito come l’aspirina nei confronti della febbre). Però esistevano, erano riconosciute esistenti senza bisogno di categorie e opportunistici distinguo. Nessuno mise in dubbio l’essitenza della compagna del corridore Coppi quando fu messa in prigione per adulterio. Come avrebbero potuto chiuderla in cella se non fosse stata esistente?

Ifigenia è sempre a disposizione.

Vorrei che quel 10 dicembre non fosse stato adoperato il verbo esistere per giocare con la pelle dei bambini, di alcuni bambini. Avrei preferito la lealtà sciagurata – ma almeno non travestita da realistica sensibilità – con cui fosse stato detto agli studenti che l’art. 3 della Costituzione è stato reso insignificante da un’abile campagna culturale che ha a suo promotore la Lega Nord (forte di tante complicità) e che l’opportunismo politico ha bisogno di vittime, meglio se deboli e indifese così non è faticoso mantenerle nella loro condizione appunto di utile bottino da esibire a un’opinione pubblica largamente forcaiola. Poi magari qualche insegnante poteva spiegare al ritorno in classe il mito di Ifigenia all’insegna del “è sempre stato così. E così è: il presidente del consiglio regionale ve lo ha fatto spiegare da esperti e politici tanto diligenti da trascorrere con voi un’intera mattina, cari figlioli”..

Non ho dimenticato Kant. Alla prossima terza puntata (continua)

Puntata precedente: https://diariealtro.it/?p=3501

 

 

 

16 Dicembre 2014Permalink

15 dicembre 2014 – Garanti, competenti e il rispetto di giovani studenti – 1

 Il 10 dicembre – per l’attenzione dovuta e condivisibile alla giornata in cui nel 1948 venne firmata la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo – i garanti della regione Friuli Venezia Giulia sono stati protagonisti di un incontro indetto dal presidente del consiglio regionale dal tema “Diritti umani e organismi di garanzia”.

Chi sono i garanti

Si tratta di tre persone esperte cui la regione affida con legge compiti precisi Trascrivo l’art. 1 della legge regionale  9/2014 “Istituzione del Garante regionale dei diritti della persona”: «La Regione autonoma Friuli Venezia Giulia considerando impegno prioritario la tutela dei diritti delle persone soprattutto di quelle che non sono in grado di difenderli in modo diretto e autonomo, concorre a garantirne il rispetto in particolare di quelli dei bambini e degli adolescenti e di coloro che sono privati della libertà personale o a rischio di discriminazione, in adempimento a quanto previsto dalla normativa internazionale, europea e statale»

E all’art. 8 così ne precisa alcuni compiti su cui intendo soffermarmi

«a) verifica e promuove il rispetto dei diritti dei bambini e degli adolescenti alla vita, alla salute, all’istruzione e alla famiglia, all’educazione, all’ascolto e partecipazione, alla pace e più in generale ai diritti sanciti dalla Convenzione di New York del 1989;

b)sollecita l’adozione di provvedimenti normativi a tutela dei diritti dei minori presenti sul territorio regionale, con particolare attenzione per bambini e adolescenti maggiormente svantaggiati e vulnerabili, quali i minori provenienti da Paesi terzi non accompagnati e richiedenti asilo, i minori vittime di tratta o figli di vittime di tratta, i soggetti con disabilità, i minori collocati al di fuori della famiglia di origine o situati negli istituti penali e verifica la corretta attuazione delle norme regionali attinenti»

Naturalmente i compiti dei garanti non sono solo questi. Chi volesse conoscere gli altri può farlo anche da qui

Il 10 dicembre,

nell’auditorium della regione, sono stati convocati i garanti (purtroppo uno, il garante per le persone private della libertà personale, era malato) insieme a due competenti evidentemente di fiducia di chi aveva indetto la riunione. Il pubblico era costituito soprattutto da studenti. Ottime le due relazioni (il cui testo spero verrà pubblicato), di cui prendo in considerazione la prima intitolata “Alla radice dei diritti umani: spunti in prospettiva filosofica e bioetica”. Mi affido ai miei appunti e trascrivo un passaggio e mi permetto le virgolette perché sono in grado di assicurarne l’esattezza: «I diritti umani sono un’invenzione giuridica che serve a proteggere qualche cosa di importante che non è giuridico. […] L’origine dell’etica interpersonale è il riconoscimento che ciascun essere umano ha un valore che lo stato non pone, ma riconosce e si impegna a tutelare». Sembra persino ovvio dire che il primo valore è l’esistenza riconosciuta in un contesto di relazioni che ne preveda l’accoglienza dal momento della nascita, quando il nuovo nato si pone come corpo (traggo la terminologia legata alla constatazione della corporeità dalle affermazioni del relatore), corpo libero, corpo in relazione e vulnerabile. Si suppone quindi che si possa considerare superato l’antico culto romano della dea Levana, quando il padre decideva se sollevare o no il figlio che la levatrice gli metteva davanti, con un gesto che ne implicava il riconoscimento o il rifiuto. Sappiamo che non è così: dal 2009 in Italia per una certa categoria ben definita di neonati lo stato si sostituisce all’antico padre-padrone e ne ostacola il riconoscimento che li renderebbe Centri di Identificazione ed Espulsione di carne. Per l’ennesima volta trascrivo una citazione dal rapporto del gruppo Convention on the Rights of the Child: «… Il timore […] di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità […], nonché […] contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori. Pur non esistendo dati certi sull’entità del fenomeno, le ultime stime evidenziano la presenza di 544 mila migranti privi di permesso di soggiorno. Questo può far supporre che vi sia un numero significativo di gestanti in situazione irregolare»..
Ho scelto il passo di riferimento alla madre tanto per dire che lo stato italiano, nuovo Levana, gode se non di ampi consensi almeno di rassicurante indifferenza, ivi compresa quella dei movimenti di donne che non riescono a pensarsi in un contesto universale neppure in quanto partorienti e quindi si disinteressano della discriminazione fondamentalmente razzista.

Illusa da giovane, scema da vecchia

Questa sono io. Infatti, forte delle belle espressioni dell’esperto cui era stata affidata la prima relazione, sono malauguratamente intervenuta per chiedere a lor signori se si ritengano soddisfatti del fatto che il riconoscimento del bambino alla nascita, che anche l’ONU (CRC) afferma essere universale, in Italia sia invece limitato da un’eccezione a norma di legge e un principio di universalità sia affidato ad una circolare.
A questo punto sono piombata in una condizione di avvilimento che non riesco a superare, soprattutto perché il relatore parlava di fronte a giovani di cui non conoscevo le capacità di difesa. Infatti mi ha spiegato che « …sempre nella storia dobbiamo sapere che c’è un gap tra l’ideale che noi ci poniamo e il reale e il compito nobile della politica, della polis è di colmare questo gap. Si pone il problema delle strategie. Allora le strategie richiedono di trovare modi di crescita culturale perché noi dobbiamo far sì che i principi e i diritti siano sentiti come significativi per tutta la popolazione. Faccio un esempio. Noi dobbiamo lottare perché indipendentemente da chi è tuo padre o da quelli che sono i […] di tuo padre  un bambino appena nato andrebbe riconosciuto. […] Allora se io sento che una fetta della popolazione è spaventata dall’immigrato io devo lottare per riconoscere il diritto di riconoscere il diritto dei suoi figli e creare le condizioni per cui si abbassi una tensione sociale che non ci consente di essere puri, trasparenti e ere il problema per quello che è».
La dott. Mellita Bares, presidente del piccolo comitato di garanti, nel far riferimento al mio intervento ha invece usato (e le sia reso onore) la parola ‘delitto’ in relazione al mancato riconoscimento anagrafico.
A questo punto, se ci sono strategie da identificare nel sistema di welfare che obbligano a considerare priorità in relazione alle risorse, come assicuriamo il valore del ‘corpo vulnerabile’ in una relazione che precede la legge (non l’ho detto io, l’ho ascoltato), nel riconoscimento dovuto ma molto discusso?

Immanuel Kant perdonaci

Su questo tornerò perché non è mancata la citazione dotta ed esatta della seconda formula del kantiano imperativo categorico ma, secondo un uso irritante e diffuso, non è stata contestualizzata, bensì proposta come un bell’aforisma piombato da chissà quale cielo remoto dove si ignorano le strategie. E meno male che nessuno si è ricordato di quel pazzerellone di Cesare Beccaria che 250 anni fa pubblicava “Dei delitti e delle pene” in cui si pronunciava contro la tortura e la pena di morte del tutto immemore (cito sempre dalla risposta che mi è stata data) delle “paure reali e irrazionali che le persone hanno rispetto alla loro sicurezza” che a quel tempo non dovevano mancare se non mancano neppure oggi. Mi dispiace per gli studenti: Kant non meritava di essere trattato, almeno davanti a loro,  con un’approssimazione che alla mia vecchia mente maligna fa venire in mente l’inesausta casalinga di Voghera, simbolo del buon senso comune.. Ma di questo scriverò ancora perché non è una modalità che io possa digerire in silenzio.
(1 continua).

15 Dicembre 2014Permalink

12 dicembre 2014 – Da facebook: una nota significativa

Due giorni fa Tiziano Sguazzero ha pubblicato su facebook una citazione che ritengo importante quanto il suo commento.
Trascrivo perché desidero farne memoria, almeno per me

Torture democratiche
Non sono per nulla convincenti le affermazioni del filosofo Michael Walzer, secondo il quale (in relazione al Rapporto della Commissione Intelligence del Senato Usa sui crimini della Cia nei confronti dei sospetti terroristi) «per le azioni politiche, anche le peggiori, la punizione più grave (in una democrazia) dev’essere la sconfitta, anche’essa politica. Questo è uno dei paradossi della democrazia». Mi chiedo: per quale motivo si ritiene opportuno colpire i governanti dei regimi non democratici con pene severissime (molto spesso con la pena di morte) per i delitti di cui si sono macchiati (spesso crimini contro l’umanità) mentre i massimi responsabili della vita politica delle «democrazie» pagano (talora, non sempre) solo con l’allontanamento dalle leve del potere (ma non economicamente, o con la detenzione, ecc.)? Se si colpissero i governanti dei paesi democratici che si sono macchiati di delitti – afferma Walzer «il processo democratico crollerebbe: nessun partito uscente sarebbe più disposto a cedere il potere» (Intervista a M. Walzer, «La Repubblica», 10 dicembre 2014). Trovo piuttosto bizzarra questa giustificazione: le democrazie restano tali (non si trasformano in regimi antidemocratici) soltanto se i detentori del potere hanno la sicurezza di non essere colpiti (con la carcerazione, ecc.) per gli eventuali crimini da loro commessi. E’ questa la vera natura di uno Stato democratico?

12 Dicembre 2014Permalink

7 dicembre 2014 – Notizie da Israele

Limes_4-12-2014Lo scorso 3 dicembre avevo copiato un articolo dello scrittore arabo israeliano Sayed Kashua sull’incendio provocato alla scuola bilingue Hand in Hand a Gerusalemme. Ora trovo i link a due articoli di Limes del 4 dicembre che si riferiscono al disegno di legge fondamentale approvato il 23 novembre dal Consiglio dei ministri di Israele col titolo  “Israele, Stato nazionale del popolo ebraico”. A seguito di quell’approvazione Netanyahu ha estromesso dal governo i ministri Yair Lapid e Tzipi Livni che vi si erano opposti.

http://temi.repubblica.it/limes/israele-lo-stato-nazione-del-popolo-ebraico-e-lodio-di-se/67526

http://temi.repubblica.it/limes/la-scelta-di-netanyahu-elezioni-sullidea-stessa-di-israele/67524

Intanto Amos Oz, David Grossman e Abraham Yehoshua  hanno sottoscritto un appello ad alcuni Parlamenti europei per il riconoscimento dello stato palestinese. Insieme a loro hanno firmato altri  800 cittadini dello Stato di Israele  tra i quali il Nobel Daniel Kahneman. “Un atto di incoraggiamento soprattutto per il negoziato”

http://www.repubblica.it/esteri/2014/12/07/news/israele_oz_grossman_yehoshua_palestina-102347383/

Trovo anche notizia di un convegno organizzato in una università israeliana a vent’anni dal genocidio del Ruanda. Il commento di Corriere.tv è breve ma introduce un argomento importante. |

http://video.corriere.it/israele-si-frantuma-tabu/f383449a-7922-11e4-abc3-1c132dc377f5

 

7 Dicembre 2014Permalink

5 dicembre 2014 – Scrive L’Osservatore romano

27 novembre 2014
Sono minori un terzo delle vittime del traffico di esseri umani

La tratta dei bambini

Indetta per l’8 febbraio una giornata di preghiera

VIENNA, 26. Un terzo delle vittime della tratta di esseri umani è rappresentato da bambini. Lo rivela un rapporto pubblicato ieri a Vienna dall’Unodoc, l’agenzia dell’O nu contro la droga e il crimine e riferito al triennio 2010-2012, precisando che si tratta di una quota in aumento del cinque per cento rispetto al 2007-2009. Il rapporto sottolinea che questo aspetto è particolarmente accentuato in Africa e in Medio oriente dove i bambini sono il 62 per cento delle vittime della tratta. Ma nessun Paese è immune: sono almeno 152 quelli di origine e di destinazione del traffico di esseri umani.

La tratta si verifica soprattutto all’interno dei confini nazionali o della stessa regione, mentre il traffico transcontinentale si dirige soprattutto verso i Paesi ricchi. «Purtroppo, non c’è posto al mondo nel quale i bambini, le donne e gli uomini siano al sicuro da questo pericolo», ha detto il direttore esecutivo dell’Unodc, Yury Fedotov, presentando il rapporto. «I dati ufficiali riferiti dalle autorità nazionali rappresentano ciò che è rilevabile. Ma è chiaro che si tratta solo della parte emersa dell’iceberg», ha aggiunto. L’Unodoc parla di 21 milioni di vittime, che ogni anno aumentano di due milioni e mezzo. In più della metà dei casi, il 53 per cento, il traffico ha finalità di sfruttamento sessuale. Ciò accade specialmente nei Paesi di destinazione in Europa e in Asia centrale. In Asia orientale e nel Pacifico la destinazione delle vittime è invece soprattutto il mercato del lavoro forzato. A questa si aggiungono altre forme di sfruttamento, dalla servitù domestica, al matrimonio forzato, alle adozioni illegali, fino a quella atroce dell’espianto di organi per i trapianti. La stragrande maggioranza dei trafficanti condannati, il 72 per cento, sono maschi e cittadini del Paese in cui operano. Si tratta comunque di successi limitati contro un fenomeno che rappresenta, con un fatturato stimato a 32 miliardi di dollari l’anno, la terza voce dell’economia criminale, dopo il traffico d’armi e quello di droga. Il rapporto ricorda che l’impunità resta un problema grave: il 40 per cento dei Paesi ha registrato poche o nessuna condanna, e nel corso degli ultimi 10 anni non vi è stato alcun aumento percepibile delle pene contro questo crimine. Per sensibilizzare maggiormente le coscienze su questa drammatica realtà, il prossimo 8 febbraio si celebrerà la prima Giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone. L’iniziativa è stata promossa dai Pontifici consigli della pastorale per i Migranti e gli itineranti e della Giustizia e della pace e dalle Unioni internazionali femminili e maschili dei superiori e superiore generali.

Vuole essere una risposta all’appello di Papa Francesco a combattere il fenomeno della tratta e a prendersi cura delle vittime. Fin dall’inizio del suo pontificato, il Papa ha più volte denunciato con forza questo traffico come un crimine contro l’umanità. La scelta della data è significativa: l’8 febbraio, infatti, è la memoria liturgica di santa Giuseppina Bakhita, schiava sudanese, liberata e divenuta religiosa canossiana, canonizzata nel 2000. La prima Giornata sarà celebrata in tutte le diocesi e le parrocchie del mondo, nei gruppi e nelle scuole e vedrà l’adesione di numerose associazioni e istituzioni, tra le quali: Pontificia accademia delle scienze sociali, Caritas internationalis, Talitha kum, Ufficio “Tratta donne e minori” Usmi, Slaves no more, Unione mondiale associazioni femminili cattoliche, Comunità Papa Giovanni XXIII, Jesuit refugee service (Jrs), International catholic migration commission, International forum catholic action, Congregazione figlie della carità canossiane.

La mia lettera al direttore de l’Osservatore romano

 Udine 27 novembre 2014
Al direttore de L’Osservatore Romano dr. Giovanni Maria Vian
Sua Sede

Ho letto sul giornale da lei diretto l’intervento a proposito della istituzione della giornata di preghiera contro la tratta e la sottolineatura della tratta dei bambini. Trovo però singolare che ci sia un  problema di cui non si parla mai: quello dei bambini condannati per legge dal 2009 a non avere una famiglia perché privati per legge del certificato di nascita e cui perciò è negata un’esistenza giuridicamente riconosciuta. Ne ho cercato traccia nel documento conclusivo del recente Sinodo e nella prolusione del card. Bagnasco all’Assemblea dei Vescovi italiani. Nulla Mi spiego: nel 2009 fu approvato con voto di fiducia il cd pacchetto sicurezza (legge 94) che alla lettera g del comma 22 dell’art. 1 richiede la presentazione del permesso di soggiorno per la registrazione degli atti di stato civile. E’ evidente che -‘per contraddizion che nol consente’ – gli immigrati irregolari non hanno il permesso di soggiorno altrimenti irregolari non sarebbero. Lo stesso governo di allora (quarto Berlusconi, ministro interno Maroni) realizzò l’enormità della cosa ed emanò nel giro di pochi giorni una circolare che dice il contrario della legge per ciò che concerne le nascite. Nel 2011 la Corte Costituzionale cancellò questa stortura legislativa (sentenza 245) per ciò che concerne i matrimoni. Nessuno si fece parte diligente per le nascite. Nel corso dell’attuale legislatura sono state presentate due proposte di legge (n. 740 alla camera, n.1562 al senato) che, se approvate, rimedierebbero al problema ma non vengono neppure calendarizzate. Il gruppo Convention on the Rights of the Child presenta annualmente un documento in cui reiteratamente richiama il problema nei termini che traggo dal Quinto rapporto (2011-2912): “Il timore di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità (art. 7 CRC), nonché dell’art. 9 CRC contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori.

Pur non esistendo dati certi sull’entità del fenomeno, le ultime stime evidenziano la presenza di 544 mila migranti privi di permesso di soggiorno . Questo può far supporre che vi sia un numero significativo di gestanti in situazione irregolare”. Il rapporto è firmato anche dalla Caritas italiana *

Mi sembra che il rischio di facilitare l’esposizione di bambini nati in Italia alla tratta sia evidente: chi potrebbe denunciarne la scomparsa dato che giuridicamente non esistono e la loro reale famiglia non risulta esserlo? Mi occupo da cinque anni della questione senza risultato alcuno (sono praticamente sola e il mio impegno è dettato solo da una coscienza che pretende di essere vigile). C’è modo di fare qualche cosa perché la questione sia autorevolmente proposta nel mondo cattolico in modo da facilitare il percorso di una norma di legge che corregga questa ferita?
Grazie
Augusta De Piero

* Fonte: Dossier Statistico immigrazione 2011Caritas/Migrantes

continua  – i miei commenti ai prossimi post

Trovare il testo integrale dell’articolo non è stato facile ma – dato l’atteggiamento omertoso e irresponsabile del mondo cattolico, laico, clericale, anticlericale ecc. ecc. sul problema – non ho mollato finché ci sono riuscita e l’ho manualmente copiato.
Preciso che l’edizione a stampa, e quindi completa, dell’articolo non è possibile con il copia-incolla, le edicole di Udine non lo ricevono e la Biblioteca del Seminario Arcivescovile, pur essendo abbonata, lo riceve in ritardo (non so se dipenda dalle poste italiane o dalle poste vaticane).

 

 

 

5 Dicembre 2014Permalink

3 dicembre 2014 – Hanno bruciato un luogo in cui mi ero concessa una speranza

 

Un articolo di Sayed Kashua, scrittore arabo israeliano

Apro la Repubblica e trovo un articolo di Sayed Kashua. Parla di una scuola bruciata e scopro che è proprio quella in cui sono stata e di cui avevo scritto nel 2009. Ritrovo il mio vecchio post che si può leggere anche da qui e provo a scaricare l’articolo di Kashua.  Non si può. E allora decido di copiarlo perché è molto bello anche se tristissimo.

La scuola simbolo bruciata da fanatici contro la pace

Lo scorso sabato sera è andata a fuoco la scuola arabo ebraica “Mano nella Mano”, a Gerusalemme. Due aule di prima elementare sono state completamente distrutte. Ho visto scheletri di seggioline dove bambini ebrei e arabi stavano seduti l’uno accanto all’altro (e dove anche i miei figli erano stati seduti quando frequentavano quella scuola), cappotti semicarbonizzati lasciati in classe dai bambini e libri bruciati in arabo e in  ebraico. «Morte agli arabi» era scritto fra le altre cose sui muri della scuola, «Basta con l’assimilazione» e «Con un cancro non si convive». Chi ha appiccato il fuoco non riesce ad accettare l’idea che alunni arabi ed ebrei possano sedere gli uni di fianco agli altri nella stessa classe, senza distinzioni. Per la prima volta, da quando mi sono trasferito con la mia famiglia in Illinois per una anno sabbatico, mi sono rammaricato di non essere a Gerusalemme. Di non poter insistere, nonostante tutto (e forse proprio a causa di questo incendio) a mandare i miei figli a quella scuola insieme ad altri genitori. Mi sono rammaricato di non essere accanto agli insegnanti nell’accogliere i bambini con un rassicurante sorriso e la promessa che andrà tutto bene, che un giorno lo slogan appeso alle pareti delle aule dopo la guerra di Gaza – «Arabi ed ebrei rifiutano di essere nemici» – diventerà realtà e che, come viene insegnato loro, l’uguaglianza e la convivenza saranno possibili. Ma sarà davvero così? E’ moralmente giusto dare ai nostri figli l’illusione che arabi ed ebrei possano convivere su un piano di parità? Posso davvero guardare miei figli negli occhi e dire loro che un giorno saranno cittadini di Israele a pieno titolo? Era difficile, se non addirittura impossibile, garantire ai nostri figli l’uguaglianza a livello giuridico anche prima della proposta di legge del governo che decreta che Israele è lo Stato della nazione ebraica. Israele, sin dalla sua creazione, si è posto al servizio esclusivo degli ebrei che vi vivono e, di fatto, anche di quelli che non vi vivono. Viceversa lo Stato di Israele non  ha mai voluto essere il mio Paese, non è stato creato per me o per la mia famiglia né per i cittadini arabi che detengono il suo solo passaporto. Io e i miei figli facciamo parte dell’oltre milione e mezzo di cittadini arabi israeliani (da non confondere con i palestinesi di Gerusalemme, della Cisgiordania e della Striscia di Gaza occupate nel 1967) che vive entro la Linea Verde fin  dalla sua fondazione nel 1948, costituisce circa il 20 per cento della popolazione, è discriminato rispetto agli ebrei in tutti i settori della vita e deve sopportare enormi disparità. Nessun nuovo insediamento arabo è sorto dopo la creazione di Israele, a fronte di circa 700 ebraici, e l’area di competenza delle municipalità arabe rappresenta meno del tre per cento dell’intero territorio. L’attuale disegno di legge che stabilisce che “Israele è lo Stato della nazione ebraica” è diretto a garantire che, in caso di conflitto tra il carattere ebraico dello Stato e il principio di uguaglianza, il primo avrà la meglio sul secondo. Dio non voglia che la democrazia garantisca una qualche parità di diritti fra ebrei e non ebrei. «Ancorare per legge» è l’espressione usata dal governo israeliano in riferimento al decerato legge e sta a significare quanto segue: se le cose stanno in ogni caso così, perché non sancirle a livello giuridico? La discriminazione fra arabi ed ebrei in tutti i settori esiste comunque, tanto vale renderla legale. Molti palestinesi con cittadinanza israeliana sono felici di questa proposta di legge. Semplicemente perché, una volta che la legge sarà approvata, l’ineguaglianza non sarà celata dietro alla cortina di fumo di una cosiddetta “democrazia”. Molti pensano che questa legge metterà a nudo “l’etnocrazia” israeliana ( una democrazia solo se sei ebreo). E’ possibile che la fondazione di uno Stato ebraico fosse indispensabile considerata la terribile storia degli ebrei. Ma è davvero necessario che questo rifugio trasformi milioni di persone in rifugiati indifesi, ostaggi del governo israeliano? Che sia solo ed esclusivamente riservato agli ebrei? Che esseri umani vivano in esso separati a causa delle loro etnia? Che scuole che credono nella convivenza vengano bruciate? Avrei voluto moltissimo essere all’ingresso della scuola bilingue di Gerusalemme questa settimana, accanto ad altri genitori arabi ed ebrei che credono nell’uguaglianza. Avrei voluto moltissimo dire ai miei figli che gli autori di questo gesto sono solo un piccolo gruppo di stupidi criminali e che un giorno, vedrete, saremo un  popolo libero e voi potrete vivere e studiare dove vorrete. Ma non posso farlo. Il primo ministro e le sue leggi razziali mi negano la capacità di sognare un futuro migliore.
(traduzione di Alessandra Shomroni)

Nota aggiuntiva  – 5 dicembre

Appena pubblicato questo pezzo ho saputo delle modifiche imposte dal primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu alla composizione del proprio governo. Uno dei due ministri rimossi è Yair Lapid.
Di suo padre, fuggito dall’Europa razzista già prima dell’occupazione nazista avevo scritto il 3 settembre 2010 in un post che si può leggere da qui.
https://diariealtro.it/?p=3096

3 Dicembre 2014Permalink

1 dicembre 2014 – Calendario di dicembre

1 dicembre 2000  – Il giudice Guzman dispone il processo contro Pinochet in Cile
1 dicembre 2013 –   Rogo fabbrica cinese a Prato
3 dicembre 1984 – India, disastro di Bhopal. Muoiono più di 3800 persone
5 dicembre 2000 – Italia: ergastolo per due generali della dittatura argentina
5 dicembre 2013 –  Morte di NELSON MANDELA
6 dicembre 1975 – Roma: prima manifestazione del movimento femminista
7 dicembre 1965 – Si chiude il Concilio Vaticano II
8 dicembre 1978 – Viene fermato il golpe di Junio Valeria Borghese
9 dicembre 1987 – Israele: inizio della prima Intifada
10 dicembre 1948 – Firma della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo
12 dicembre 1969 – Milano: strage alla Banca dell’agricoltura di piazza Fontana
13 dicembre 1294 – Celestino V rinuncia al papato
14 dicembre 1995 – Bosnia: firma degli accordi di Dayton
15 dicembre 1972 – Approvazione della legge 772 sull’obiezione di coscienza
15 dicembre 1969 –  Morte Giuseppe Pinelli
16 dicembre 2014  –  Primo giorni di Hanukkah
20 dicembre 2008 –  Morte di Piergiorgio Welby
22 dicembre 1988 –  Brasile: uccisione di ‘Chico’ Mendes
23 dicembre 1899 – Nascita di Aldo Capitini
24 dicembre 1979 – Le truppe sovietiche invadono l’Afghanistan
24 dicembre 2014 – Ultimo giorno di Hanukkah
25 dicembre 1989–  Romania: viene giustiziato Nicolae Ceausescu
26 dicembre 1996  – Affonda un battello di migranti a Portopalo – 283 morti
27 dicembre 2007 – Uccisione di Benazir Bhutto
29 dicembre  1908 – Terremoto di Messina
29 dicembre  1809 –  Il 7° cavalleggeri stermina gli ultimi Lakota Sioux
30 dicembre  2006 – Impiccagione di Saddam Hussein
31 dicembre 1991 – Si dissolve ufficialmente l’Unione Sovietica

30 Novembre 2014Permalink

27 novembre 2014 – Quel che è troppo è troppo

Oggi l’Osservatore Romano ha pubblicato un lungo articolo finalizzato a far conoscere l’istituzione della giornata di preghiera contro la tratta (8 febbraio 2015)
Ne riporto il testo nella sua forma breve, quale appare in rete, raggiungibile anche da qui.

«Un terzo delle vittime della tratta di esseri umani è rappresentato da bambini. Lo rivela un rapporto pubblicato ieri a Vienna dall’Unodoc, l’agenzia dell’Onu contro la droga e il crimine e riferito al triennio 2010-2012., precisando che si tratta di una quota è in aumento del cinque per cento rispetto al 2007-2009. Il rapporto sottolinea che questo aspetto è particolarmente accentuato in Africa e in Medio Oriente dove i bambini sono il 62 delle vittime della tratta. Ma nessun Paese è immune: sono almeno 152 quelli di origine quelli di destinazione del traffico di esseri umani. La tratta si verifica soprattutto all’interno dei confini nazionali o della stessa regione, mentre il traffico transcontinentale si dirige soprattutto verso i Paesi ricchi. «Purtroppo, non c’è posto al mondo nel quale i bambini, le donne e gli uomini siano al sicuro da questo pericolo», ha detto il direttore esecutivo dell’Unodc, Yury Fedotov, presentando il rapporto. «I dati ufficiali riferiti dalle autorità nazionali rappresentano solo ciò che è rilevabile. Ma è chiaro che si tratta solo della parte emersa dell’iceberg», ha aggiunto. L’Unodoc parla di 21 milioni di vittime, che ogni anno aumentano di due milioni e mezzo. In Asia orientale e nel Pacifico la destinazione delle vittime è invece soprattutto il mercato del lavoro forzato. A questo si aggiungono arte forme di sfruttamento, dalla servitù domestica, al matrimonio forzato, alle adozioni illegali, fino a quella atroce dell’espianto di organi per i trapianti.»

Se la scelta delle argomentazioni è sincera (ma non ne sono sicura) è comunque incompleta. Infatti a fronte dei dati abbondanti, a fronte della chiarezza nell’uso del termine crimine (cui, nella più ampia edizione a stampa si aggiunge anche il problema della impunità) nulla si dice della prevenzione. Un caso? Dopo cinque anni che me ne occupo non sono più disposta a ritenerlo tale.

Prevenire, reprimere o rimandare la responsabilità altrove?

Tanto più grave appare il silenzio sulla prevenzione se andiamo a leggere (Avvenire – 11 novembre 2014) quanto disse il card. Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, nella sua prolusione all’Assemblea della Conferenza stessa il 10 novembre ad Assisi. Ne riporto il passo relativo alla famiglia dove le espressioni in grassetto non  sono mie ma si trovano alla fonte: «Per questo è irresponsabile indebolire la famiglia, creando nuove figure – seppure con distinguo pretestuosi che hanno l’unico scopo di confondere la gente e di essere una specie di cavallo di troia di classica memoria – per scalzare culturalmente e socialmente il nucleo portante della persona e dell’umano. L’amore non è solo sentimento – è risuonato nell’Aula sinodale – è decisione; i figli non sono oggetti né da produrre né da pretendere o contendere, non sono a servizio dei desideri degli adulti: sono i soggetti più deboli e delicati, hanno diritto a un papà e a una mamma.»

Non si dica che il cardinale si occupa di sommi principi e non di legislazione italiana. Anche senza l’indicazione delle fonti precise (anno, numero della legge, eventuale indicazione di altra fonte) il giochetto di Sua Eminenza è chiaro. Il richiamo al diritto del bambino “a un papà e a una mamma” è un modo obliquo per indicare come scelta univoca quella della famiglia tradizionale su cui la Lega Nord sta sprecando le sue confuse e populistiche, ma coincidenti,  energie. Il cardinale si chiude quindi a quelle che lui stesso chiama ‘nuove figure’ ma non solo. E dei bambini che hanno un papà e una mamma ma cui è negato farsi famiglia che ne facciamo? Lasciamo che Sua Eminenza ci chiuda gli occhi e intorpidisca la mente? Io non ci sto e per l’ennesima volta riporto un passo dal Rapporto 5 (2011-12) del gruppo CRC, di cui fanno  parte anche la Caritas italiana, l’AGESCI e altre organizzazioni gradite nell’ambito cattolico: «Il timore di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità (art. 7 CRC), nonché dell’art. 9 CRC contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori.

Pur non esistendo dati certi sull’entità del fenomeno, le ultime stime evidenziano la presenza di 544 mila migranti privi di permesso di soggiorno Questo può far supporre che vi sia un numero significativo di gestanti in situazione irregolare».
(per verificare i rapporti CRC trasferire su un motore di ricerca l’indirizzo che segue: http://www.gruppocrc.net/-documenti-)

Al di là dell’analisi della lettera g del comma 22 dell’art. 1 della legge 94/2009 (che l’ONU ci chiede  esplicitamente di modificare come ci informa il 7mo rapporto CRC) ci viene testimoniata l’esistenza del problema che unisce molti nell’indifferenza creando legami insospettabili. Chi avrebbe detto di veder insieme, uniti nell’intento di voltare la testa dall’altra parte, le loro eminenze e i gruppi di sostegno alle donne che mai del problema delle gestanti costrette – vuoi dalla paura vuoi da minacce percepite nell’ambiente in cui vivono –  a nascondersi, a partorire di nascosto e a nascondere il proprio nato?

Nel memorabile recente discorso di Strasburgo il papa ha detto, probabilmente invano, ignaro forse o impotente di fronte al vescovil disinteresse ben forte nella base cattolica sempre unita dal legame razzista a molti laici  (questa volta il grassetto è mio)

«Nel mondo politico attuale dell’Europa risulta sterile il dialogo solamente interno agli organismi (politici, religiosi, culturali) della propria appartenenza. La storia oggi chiede la capacità di uscire per l’incontro dalle strutture che “contengono” la propria identità al fine di renderla più forte e più feconda nel confronto fraterno della trasversalità. Un’Europa che dialoghi solamente entro i gruppi chiusi di appartenenza rimane a metà strada; c’è bisogno dello spirito giovanile che accetti la sfida della trasversalità. < omissis> Parimenti sono numerose le sfide del mondo contemporaneo che necessitano di studio e di un impegno comune, a partire dall’accoglienza dei migranti, i quali hanno bisogno anzitutto dell’essenziale per vivere, ma principalmente che venga riconosciuta la loro dignità di persone

Aggiungo:” e quale maggior ferita alla dignità della negazione dei legami fondamentali dell’esistenza umana?”.

Tornando al punto di partenza Se un bambino che non esiste sarà rapito da bande pedofile come potranno denunciarne la scomparsa i suoi genitori che non possono nemmeno dimostrare di essere tali  se non  c’è documento che lo certifichi? So che nessuno vorrà rispondermi ma io la domanda la pongo lo stesso come un messaggio in una bottiglia.

27 Novembre 2014Permalink

25 novembre 2014 – In Friuli Venezia Giulia la famiglia è “cosa”, naturale o innaturale.

Ho ascoltato il discorso del papa a Strasburgo. Ha volato alto anche nei silenzi che evidentemente significavano attenzione al luogo in cui si trovava e a ciò – motivo ricorrente nel discorso – che si può fare insieme. Così ho deciso che il commento più adeguato per segnare la differenza fra il discorso di papa Francesco (cui unisco i pensieri alti che siamo capaci di formulare e di dire) e gli squallori locali è il titolo con cui il settimanale diocesano di Udine – la Vita Cattolica – intitola la sua notizia in merito alla bocciatura di una mozione presentata al Consiglio regionale che si può leggere di seguito.. Ecco qua, non merita spreco di parole. Lo squallore basta a se stesso:

La famiglia? In Friuli-V.G. non è una cosa «naturale»

Credo sia opportuno conoscere ciò che circola nelle nostre sedi istituzionali e chi ne sono i sostenitori. Ricopio il testo della mozione n. 83 presentata in Consiglio regionale dai consiglieri Barbara Zilli e Claudio Violino. 

<La famiglia, quale nucleo naturale e fondamentale della società: la Regione celebri la “Festa della Famiglia”>

Il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia,

PREMESSO che:
– la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna rappresenta l’istituzione naturale aperta alla trasmissione della vita e l’unico adeguato ambito sociale in cui possono essere accolti i minori in difficoltà, anche attraverso gli istituti dell’affidamento e dell’adozione;
– <la famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società> e come tale <ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato> secondo quanto sancito dall’articolo 16 terzo comma della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948;
– <la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio> secondo quanto sancito dall’art. 29 della Costituzione della Repubblica italiana dai nostri padri fondatori nel 1945, i quali non hanno specificato l’esigenza della diversità di genere perché per essi era naturale che il matrimonio fosse possibile tra persone di sesso diverso;
– la famiglia costituisce, più ancora di un mero nucleo giuridico, sociale ed economico, una comunità di affetti e di solidarietà in grado di insegnare e trasmettere valori culturali, etici, sociali, spirituali e religiosi, essenziali per lo sviluppo e il benessere dei propri membri e della società , nonché il luogo dove diverse generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a crescere nella sapienza umana e ad armonizzare i diritti degli individui con le altre istanze della vita sociale;
– le istituzioni devono provvedere allo stanziamento di pubblici sostegni al fine di valorizzare la famiglia per la crescita e il potenziamento del singolo e del tessuto sociale, anche garantendo ai genitori un’effettiva libertà di scelta nella scuola per i propri figli, senza essere costretti a sostenere, direttamente o indirettamente, spese supplementari che impediscano o limitino di fatto tale libertà;

RICHIAMATA la legge regionale 7 luglio 2006, n. 11 (Interventi regionali a sostegno della famiglia e della genitorialità) in cui la Regione Friuli Venezia Giulia sostiene la famiglia quale nucleo fondante della società e valorizza il ruolo dei genitori nei compiti di cura, educazione, crescita e tutela del benessere dei figli;

SOTTOLINEATO il ruolo della famiglia quale protagonista attiva e costruttiva della società friulana;

CONSIDERATO che:

– in tutto il Paese, con il pretesto di combattere “inutili” stereotipi, si stanno moltiplicando i casi di aperta propaganda contro la famiglia naturale, soprattutto nel mondo scolastico, con proiezione di film e sitcom gay, diffusione di fiabe rivedute e corrette in chiave omosessuale consegnate ai bimbi della scuola dell’infanzia e pubblicate dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), che dipende dal Dipartimento Pari Opportunità, che a sua volta fa capo al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. E’ legittimo e condivisibile che nelle scuole si insegni a non discriminare i gay o altre minoranze, ma questo non deve necessariamente comportare l’imposizione di un modello di società che prevede l’eliminazione delle naturali differenze tra i sessi;
– nel liceo “Giulio Cesare” di Roma i professori hanno imposto ad allievi minorenni la lettura di un romanzo, a forte impronta omosessualista, dal titolo “Sei come sei” della scrittrice Melania Mazzucco (Edizioni Einaudi), alcuni passi del quale rivelano, in realtà, un chiaro contenuto pornografico descrivendo fra l’altro nei dettagli un rapporto orale fra due maschi;
– in numerose scuole italiane, nello scorso mese di marzo e in occasione della c.d. “settimana contro il razzismo”, è stata proiettata a un pubblico di minori la sitcom gay “Vicini”, con numerose polemiche e proteste da parte delle associazioni dei genitori (nel video in questione vengono pronunciate frasi come ”La famiglia tradizionale deve finire”, o si assiste a scene di gay che si sposano davanti ad un prete, a sua volta omosessuale);
– nella scuola materna “I sei colori di Ugo” a Roma si è deciso quest’anno di sostituire la festa del papà con una più inclusiva “festa delle famiglie” per non discriminare una bambina con due madri lesbiche;
– la strategia dell’UNAR mira nei fatti a destrutturate la famiglia naturale, impartendo già nei soggetti più deboli e in crescita questi insegnamenti;
– nell’opuscolo dell’UNAR, dedicato ai docenti, viene richiesto a chi insegna di <<non usare analogie che facciano riferimento a una prospettiva etero normativa in quanto tale punto di vista, ad esempio, potrebbe assumersi nell’assunzione che un bambino da grande si innamorerà di una donna e la sposerà>>;
– si sta moltiplicando in numerose scuole materne ed elementari d’Italia il documento standard per l’educazione sessuale in Europa che prevede tra l’altro, nella fascia di età fra i 4 e 6 anni, l’introduzione alla masturbazione infantile precoce, capacità di identificare i genitali nei dettagli e l’identità di genere, ovvero la scelta se essere maschietti o femminucce;
– la legge c.d. “Scalfarotto”, relativa al contrasto dell’omofobia e della transfobia, approvata alla Camera e in discussione attualmente al Senato, parifica l’omofobia ai reati già condannati dalla legge Mancino (razzismo, antisemitismo, etc). Una volta approvata la legge in via definitiva, chi ad esempio si dichiarerà contrario al matrimonio fra persone dello stesso sesso sarà punito con 1 anno e 6 mesi di reclusione (che possono arrivare a 4 anni se il reato è svolto in forma associativa). Lo Stato avrà l’obbligo di procedere d’ufficio anche se la persona ritenuta offesa dovesse ritirare la querela;

RICHIAMATE, inoltre, le mozioni a sostegno della famiglia naturale approvate dal Consiglio regionale della Lombardia il 1° luglio u.s. e dal Consiglio regionale del Veneto il 14 ottobre u.s.;

Tutto ciò premesso;   impegna la Giunta regionale

1) a individuare una data per la celebrazione della festa della famiglia naturale, fondata sull’unione fra uomo e donna, promuovendone sia direttamente che indirettamente attraverso scuole, associazioni ed Enti Locali la valorizzazione dei principi culturali, educativi e sociali;
2) a chiedere al Governo centrale la non applicazione del documento standard per l’educazione sessuale in Europa, redatto dall’ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Presentata alla Presidenza il 27/10/2014

Così ne ha scritto in un proprio sito on line il settimanale diocesano di Udine, la Vita Cattolica  

Larga bocciatura in Consiglio regionale per una mozione che chiedeva l’istituzione di una festa
La famiglia? In Friuli-V.G. non è una cosa «naturale»

25.11.2014Respinta ieri pomeriggio con 22 voti contrari e 7 a favore la mozione depositata dai consiglieri Barbara Zilli (Lega Nord) e Claudio Violino (Misto) che impegnava la Giunta a individuare una data per celebrare la festa della famiglia, fondata sull’unione fra uomo e donna, promuovendone direttamente e indirettamente attraverso scuole, associazioni ed enti locali la valorizzazione dei principi culturali, educativi e sociali, nonché a chiedere al Governo centrale la non applicazione del documento standard per l’educazione sessuale in Europa, redatto dall’ufficio europeo dell’Organizzazione mondiale della sanità. Alla base del provvedimento la considerazione che la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna rappresenta l’istituzione naturale aperta alla trasmissione della vita e l’unico adeguato ambito sociale in cui possono essere accolti i minori in difficoltà, anche attraverso gli istituti dell’affidamento e dell’adozione; inoltre il riferimento a quanto enunciato dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo adottata dall’assemblea generale dell’Onu nel 1948 e dall’articolo 29 della Costituzione italiana, e alla legge regionale 11/2006 che sostiene la famiglia come nucleo fondante della società e valorizza il ruolo dei genitori nei compiti di cura, educazione, crescita e tutela del benessere dei figli. Al termine di un lungo e articolato dibattito, Zilli – che aveva illustrato il provvedimento – ha emendato parzialmente il testo, ma della votazione la mozione è risultata bocciata.

Per collegarsi alla fonte inserire in un motore di ricerca il link che trascrivo.

http://www.lavitacattolica.it/stories/regione/6839_la_famiglia_in_friuli-vg_non__una_cosa_naturale/

25 Novembre 2014Permalink