22 novembre 2014 – Una vera Babilonia.

Ho un sogno continua con i suoi racconti del tempo della prima guerra mondiale.
Il 13 0ttobre ho scritto dei pregiudizi di cui sono testimoni diari dei parroci. Oggi trascrivo

Un amore in tempo di guerra

In tempo di guerra un uomo in uniforme finisce per essere la figura anonima di uno schema: amico, nemico, unità operativa cui appartiene. Se sopravviva o muoia, se si trovi in una parte del fronte o in un’altra … le sue scelte non contano nulla: ordini spesso incomprensibili se non insensati si incrociano con la casualità. Nel 1917, al tempo di Caporetto, un poeta serbo, Miloš Crnjanski, annotava: “Sapevo che lontano, davanti a me, in modo folle e abietto, morivano i reggimenti bosniaci, scendendo verso la città di Udine“. Il caso, il commediante Caso, come il poeta lo identificava, lo aveva portato in Friuli, ufficiale dell’esercito imperiale austro ungarico. Settantacinque  anni dopo avrebbe ripercorso quella strada attraverso suoi scritti portati da un altro scrittore, Božidar Stanišić che, sfuggendo alla ferocia della crisi bosniaca, non si era privato, fra le tante perdite, di quella traccia della sua vita. Nell’impegno a riconoscersi nella nuova terra che il commediante Caso gli aveva offerto Stanišić ebbe a guida anche l’esile indizio del nome di un paese: San Vito al Tagliamento. Là Crnjanski aveva scritto la poesia “Racconto”, mentre si predisponeva a un necessario ritorno, se mai ritorno sarebbe stato possibile. Era il 1918.

Ricordo solo che era
vergine e snella
e che i suoi capelli erano
caldi come seta nera
sul petto nudo.
E che prima della sveglia
l’acacia bianca profumò in noi.
Io triste per caso ricordai,
perché amo serrare gli occhi e tacere.
Quando l’acacia l’anno venturo profumerà
chissà dove sarò.
Nel silenzio ho il presentimento
di non ricordare il suo nome
mai più.  

Crnjanski aveva desiderato, forse amato, una donna snella, capelli neri e profumo d’acacia e l’aveva così rinchiusa nel ruolo di simbolo di vita in uno scenario di morte. Di lei non sappiamo nulla: il suo nome è negato anche al ricordo. Non sappiamo se la sua storia fosse nota o l’avesse nascosta per non lasciarla infangare nello schema della donna che ‘si dà’ al nemico. Nulla. Al poeta è stato offerto il dono della parola che consente alla memoria di farsi presente,  di rinascere, a lei nemmeno questo, vittima dell’anonimato come tanti scomparsi in guerra. Così ha voluto per l’ignota “Lei”, il commediante Caso

21 Novembre 2014Permalink

21 novembre 2014 – Il destino è ironico quando non grottesco.

Il comma 22 è sempre in vigore

Nel 2009 avevo constatata la paradossale grottesca vicenda per cui il voto di fiducia al pacchetto sicurezza aveva imposto una numerazione che trasformava quella degli articoli del progetto di legge in numeri da attribuirsi ai commi di un unico emendamento-articolo (quello appunto su cui si sarebbe espresso il voto di fiducia).
L’articolo precedente la decisione del voto di fiducia portava il numero 45.
Il nuovo articolo si identifica nel punto specifico come comma 22 e voglio ripeterne la formulazione originaria quale pro memoria:
«Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo».
Gli aviatori americani di stanza su un’isoletta del Mediterraneo durante la seconda guerra mondiale cercavano così di difendere la propria vita, ma il cerchio era invalicabile e la vita spesso si perdeva. Il parlamento italiano nel 2009 (ma la situazione attuale è in piena paciosa, irresponsabile continuità) ha inventato un nuovo comma 22 che provo a formulare secondo attualità:
«Chi non dichiara la nascita del proprio figlio distrugge la propria paternità quale registrata per legge  ma a chi ne dichiara la nascita la paternità sarà distrutta per legge».
Praticamente questo è il senso imposto dalla legge 94/2009 con la lettera g, dell’articolo 1 del comma 22 che anche l’ONU ci chiede invano di modificare. Si veda il 7mo rapporto ONU a pag. 47
http://www.gruppocrc.net/7o-Rapporto-CRC-infanzia-e

Come non smontare il neo comma 22
La strada di cui tante volte ho scritto sarebbe la modifica dello specifico articolo del ‘pacchetto sicurezza’. Di recente il senato ha proposto un disegno di legge che porta il n. 1562 (da friulana sottolineo che nessun senatore/trice indigeno/a l’ha firmata). Per conoscerne il testo e l’ottima relazione si veda il mio blog del 24 ottobre scorso

Precedentemente era stata presentata alla Camera la pdl 740.
Avevo cercato un anno fa di promuoverne la calendarizzazione con una petizione pubblicata su change [punto] org che in un anno ha raccolto 673 firme. Poche certamente ma sono state strappate una ad una, con qualche significativo appoggio che ho sempre segnalato nel mio blog, ma le associazioni che contano in una cultura diffusa non hanno voluto assumersi responsabilità che portassero spezzare il muro che riesce ad assumere in sé le funzioni del cemento e della gomma e ostacola la calendarizzazione di entrambe le proposte facendone elemento quasi eroico di difesa nazionale per gli aderenti alla lega nord e il lega-dipendenti

Il nuovo paradosso del comma 22 si chiama 20 novembre

Il 20 novembre l’organizzazione di change mi comunica (nel rispetto delle proprie regole) che la raccolta di firme per la mia petizione si chiude (a meno che io non la rinnovi con una nuova) perché è trascorso un anno dalla presentazione della proposta stessa. Il 20 novembre è la giornata ONU per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. La data è stata scelta perché coincide con l’approvazione della Convenzione che in Italia è legge n. 176 dal 1991 Ne trascrivo l’art. 7, finora condannato irrispettosamente all’inefficacia programmata per una precisa e definita categoria di nuovi nati, costruita a norma del nostro comma 22:
Art. 7 1. Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto a un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi. 2. Gli Stati parti vigilano affinché questi diritti siano attuati in conformità con la loro legislazione nazionale e con gli obblighi che sono imposti loro dagli strumenti internazionali applicabili in materia, in particolare nei casi in cui se ciò non fosse fatto, il fanciullo verrebbe a trovarsi apolide.

21 Novembre 2014Permalink

16 novembre 2016 – La memoria che voglio viva di Reyhaneh Jabbari

Una petizione al sindaco di Roma

Ho chiesto a molti amici, usando dell’invio automatico di firmare la petizione che si raggiunge anche da qui
La petizione (che oggi, 16 novembre, è prossima alle 5000 firme) si rivolge al sindaco di Roma e dice:

« Abbiamo appreso dagli organi di stampa l’orrendo destino che le leggi dello Stato islamico dell’Iran hanno riservato a Reyhaneh Jabbari, cittadina iraniana. Subendo un tentativo di stupro, riuscì a liberarsi solo uccidendo il suo aggressore, ma le implacabili e distorte leggi della teocrazia iraniana, invece di difenderla, la hanno uccisa, condannandola a una tragica pena capitale, eseguita…

Abbiamo appreso dagli organi di stampa l’orrendo destino che le leggi dello Stato islamico dell’Iran hanno riservato a Reyhaneh Jabbari, cittadina iraniana. Subendo un tentativo di stupro, riuscì a liberarsi solo uccidendo il suo aggressore, ma le implacabili e distorte leggi della teocrazia iraniana, invece di difenderla, la hanno uccisa, condannandola a una tragica pena capitale, eseguita tramite impiccagione. Dopo la condanna, le venne offerta la possibilità di chiedere perdono al figlio del suo aggressore: costui le sottopose un orrendo ricatto: il suo perdono in cambio di una dichiarazione dove discolpava il morto dall’accusa di stupro! Lei non si piegò al ricatto, e l’infame ebbe “l’onore” di scalciare lo sgabello sotto i piedi della povera donna. Costernati, chiediamo al Comune di Roma di ribadire l’indignazione generale di chiunque abbia appreso la notizia, tramite un’azione nonviolenta che riproponga quotidianamente, allo Stato islamico dell’Iran, l’onta che lo ha ricoperto, e proponiamo quindi che il tratto della Via Nomentana compreso tra la Via di Sant’Agnese e la via Massaua (tratto dove, ai numeri civici 361 e 363, sono gli uffici rispettivamente dell’Ambasciata e del Consolato della Repubblica islamica dell’Iran), venga ridenominato: “Viale Reyhaneh Jabbari / 1988 ca. – 25 ottobre 2014 / Vittima della violenza dello Stato che doveva difenderla”».

Non solo a Roma

Così ho scritto nel messaggio che ho inviato a parecchi amici chiedendo di sostenere la mia povera petizione che ha raggiunto in un anno le 660 firme. Penso che il mio povero risultato sia dovuto al fatto che non chiedo di promuovere rifiuto di una realtà estranea ma solo della cattiva, incompetente coscienza della politica italiana e dell’ipocrita, opportunistica ostentazione di indifferenza della società (in)civile. «Mi sembra che l’intitolazione della strada a una donna ammazzata perché si è trovata a tutelare da sola la sua dignità di persona segni  – se accolta dal sindaco di Roma e dalla sua giunta – la consapevolezza di un ruolo alto delle istituzioni molto più che amministratori garanti di una burocrazia che può ridursi a cieco meccanismo. Abbandonare la memoria che vuole essere viva di Reyhaneh Jabbari significa la derubricazione del reato di violenza sessuale a giochino consuetudinario sostanzialmente tollerato se non guardato con maligna ostentazione di presa di distanza ipocrita. Ho ben chiaro che quando c’è stato in Italia un vero consapevole impegno della società civile a promuovere la legge sulla violenza sessuale le risposte erano di indifferenza e di sostanziale tutela verso i violentatori e i loro complici in nome di una cultura consuetudinaria. Ma allora c’è stata una classe politica che non si è avvilita sui sondaggi ma ha saputo affermare un principio. Quindi vi prego, firmate per intitolare una strada, quella specifica strada, a Reyhaneh Jabbari ma non solo contro l’Iran ma anche perché considerate voi stessi e il sindaco che per primo vi rappresenta strumenti consapevoli per dar voce a chi non ne ha nella difesa dei propri diritti e della propria dignità. Vi prego di sollecitare i rappresentati delle istituzioni italiane ad ogni livello di assicurare la modifica della legge che ostacola l’attribuzione del certificato di nascita ai figli di chi non ha il permesso di soggiorno o almeno di firmare anche la petizione che tante volte ho cercato di promuovere e si raggiunge anche da qui.».

16 Novembre 2014Permalink

13 novembre 2014 – L’intervento del gruppo regionale al Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni

Il Congresso nazionale della Società Italiana di medicina delle Migrazioni si era svolto in primavera e nei documenti conclusivi era presente una raccomandazione importante di cui ho già scritto ma che volentieri ripeto.

Dopo aver premesso «Il minore non è soltanto “oggetto di tutela e assistenza”, ma anche e soprattutto “soggetto di diritto”, e quindi titolare di diritti in prima persona […] In questo quadro, si riconosce l’importanza del riconoscimento della cittadinanza, come diritto ad avere diritti e punto di partenza per ogni possibile percorso di inserimento sociale»

Raccomandava tra l’altro di « approvare una legge che garantisca il diritto alla registrazione anagrafica per tutti i figli indipendentemente dalla situazione giuridico–‐amministrativa dei genitori, senza la necessità di esibire documenti inerenti al soggiorno, in modo da evitare che ci siano “nati invisibili” con conseguenze aberranti di ordine sociale e sanitario »

Ora finalmente sono stati pubblicato integralmente gli atti del Congresso e mi è stata recapitata la relazione integrale del gruppo regionale, con un importante aggiornamento:

Dagli atti del Congresso Nazionale SIMM di Agrigento
Gruppo Immigrazione Salute Friuli Venezia Giulia

Prima dello jus soli   –  GrIS Fvg

Nel 2008 si profilavano concrete iniziative di modifica del testo della legge Bossi Fini, che assemblate sotto il nome di ‘pacchetto sicurezza’ sarebbero diventate legge nell’estate successiva (l.94/2009 – Disposizioni in materia di sicurezza pubblica). Nell’ambito della discussione parlamentare furono presentati emendamenti che prevedevano l’ abrogazione del comma 5 dell’art. 35 del D.L.286/1998 (Testo Unico sull’immigrazione). Era chiaro l’intento di trasformare le strutture sanitarie in centri di identificazione degli immigrati irregolari, che sarebbero stati quindi denunciati per il reato di ingresso e/o soggiorno illegale introdotto dalla stessa legge. Si scatenò una grande mobilitazione: l’Ordine dei Medici della Provincia di Udine, accogliendo l’appello della SIMM, pubblicamente precisò: “Qualora dovessero passare i provvedimenti annunciati dal governo, i medici dovranno rifiutarsi di denunciare i pazienti immigrati irregolari, esercitando l’obiezione di coscienza per non venir meno ai principi etici e deontologici della loro professione” .

La campagna NOI NON SEGNALIAMO costrinse i parlamentari a cancellare quell’emendamento: nonostante l’introduzione del reato di ingresso e soggiorno irregolare, è infatti rimasto in vigore il dispositivo previsto dal comma 5 dell’art. 35 del TU: “L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione  all’autorità, …”

Meno forte – e con caratteri di estrema occasionalità – si levò la voce contro la norma che imponeva (con formule di difficile lettura che rendono le leggi testi da decriptare) la presentazione di “documenti inerenti il soggiorno” anche per la richiesta di “atti di stato civile” (legge 94/2009 art. 1, comma 22 lettera g).

Infatti il “pacchetto sicurezza” introduceva, non solo il reato di ingresso e/o soggiorno illegale ma anche l’ obbligo di dimostrare la regolarità del soggiorno ai fini del perfezionamento degli atti di stato civile (matrimonio, registrazione della nascita, riconoscimento del figlio naturale, registrazione della morte), oltre ad altre norme atte a complicare vari adempimenti burocratici ed amministrativi cui devono sottostare gli immigrati anche ai fini dell’accesso ai servizi (con esclusione di sanità, nei termini già precisati dalle norme precedenti, e scuola dell’obbligo).

Il GrIS del Friuli Venezia Giulia nel 2011, si pronunciò contro quella norma, dichiarando esplicitamente che l’esistenza giuridicamente riconosciuta di minori nati in Italia non poteva essere affidata alla labilità di una circolare, ma doveva essere garantita dalla legge: infatti a pochi giorni dall’approvazione del “pacchetto sicurezza” era stata emanata dal Ministero dell’Interno la circolare n. 19 che sostanzialmente consente ciò che la legge nega.

Come scritto nel quinto rapporto del gruppo CRC 2011-2012 al Cap. 3.1 , “l’introduzione del reato di ingresso e soggiorno illegale previsto dalla Legge 94/2009, con il conseguente obbligo di denuncia da parte dei pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio che vengano a conoscenza della situazione di irregolarità di un migrante , comporta il rischio che i genitori presenti in Italia privi di permesso di soggiorno possano non accedere ai pubblici servizi, compresi quelli anagrafici per la registrazione del figlio appena nato. La Circolare del 7 agosto 2009 del Ministero dell’Interno ha cercato di porre rimedio a questa situazione, chiarendo che non è necessario esibire documenti inerenti al soggiorno per attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita – dello stato civile). … Si deve comunque sottolineare come la Circolare Ministeriale non sia una fonte primaria del diritto e di conseguenza sia suscettibile di essere modificata o revocata dal potere esecutivo senza bisogno di alcun passaggio parlamentare. Il timore, quindi, di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato…”

Il CRC ha rilanciato la raccomandazione del Comitato ONU sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza perché il Governo italiano si impegni a superare le restrizioni legali e pratiche rispetto al diritto dei minori di origine straniera di essere registrati alla nascita e ha sua volta raccomandato al Parlamento di attuare una riforma legislativa che garantisca il diritto alla registrazione per tutti i minori, indipendentemente dalla situazione amministrativa dei genitori.

Alla Camera dei Deputati è stata ripresentata una proposta di legge (n.740) che, con un solo articolo, cui non necessita copertura finanziaria, ripristinerebbe il diritto ad esistere di ogni bambino: “Modifica dell’art 6 del Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno” presentata il 13 aprile 2013 a prima firma Rosato”.*** Il 26 febbraio di quest’anno una mozione del consiglio regionale del Friuli V.G. ne ha raccomandato l’approvazione. L’eventuale passaggio dallo jus sanguinis, come criterio primario per l’acquisizione della cittadinanza italiana, allo jus soli renderebbe comunque necessaria la correzione della norma del 2009. La cittadinanza (oggi quella dei genitori, domani – nei casi previsti – quella legata al territorio) per essere riconosciuta deve essere da qualche parte trascritta e, se il certificato di nascita non c’è, resta un principio volatile che non può garantire per sé i diritti imprescindibili del nuovo nato.

***AGGIORNAMENTO ottobre 2014: in Senato è stata recentemente presentata una proposta di legge per superare la norma introdotta nel 2009; porta il n. 1562, primo firmatario il senatore Sergio Lo Giudice.

E’ più articolata di quella (n.740) a suo tempo presentata alla camera. Per chi la volesse conoscere (ottima la relazione) segnaliamo tre link,

www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00797393.pdf
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/797393/index.html
https://diariealtro.it/?p=3401

I precedenti : ; Non voglio dimenticare la bella campagna ‘Non siamo spie’, che precedette l’approvazione in Parlamento del pacchetto sicurezza e che si arricchiva anche di un logo che riporto logo_divietodisegnalazione_400x160_01

Avevo sperato di vederne uno analogo proposto da sindaci e amministratori comunali. Ma non c’è stato

Ricordo anche il lavoro di Chiara Paccagnella (che fa capo sempre al GrIS e che ho pubblicato il 28 settembre 2013)

Infine collego i link per raggiungere i miei pezzi del 3 ottobre e del 6 novembre che si connettono a quanto scritto sopra

13 Novembre 2014Permalink

6 novembre 2014 – Ancora critiche anche se appare qualche spiraglio di competenza responsabile

Oltre alla proposta di legge Lo Giudice ( si veda 24 ottobre) registro proposte di legge ragionevoli e ben strutturate, presentate dalla senatrice Francesca Puglisi (Emilia Romagna – chi andasse a cercare fra i proponenti qualche senatore autoctono di qualsiasi etnia presente nel Friuli Venezia Giulia, lasci pur perdere. Non ci sono). Mi riservo di analizzarle e scriverne (come sempre a mia futura memoria).
Per ora ancora considerazioni critiche su due potenze culturali riconosciute.

1 – Disattenzioni vaticane
Chi volesse misurarsi con il testo finale del Sinodo sulla famiglia può andare al sito della sala stampa vaticana dove troverà il documento conclusivo del consesso vescovile e potrà fare alcune constatazioni interessanti.

La novità più significativa, a mio parere, è la presenza dei voti espressi articolo per articolo. Quindi nel dibattito ci sono state diversificazioni e, se per molti sarà deludente trovare un numero insufficiente di voti favorevoli per le situazioni più scottanti, emerge però traccia di un dibattito vero che riprenderà l’anno prossimo. Il confronto è pur sempre il contrario dell’annullamento di tante voci responsabilmente pensanti sepolte sotto la coltre perversa dell’unanimità imposta. Resta però fermo il punto di vista esclusivo per cui è l’adulto colui che conta e riesce a farsi sentire e anche ascoltare. I bambini sono bagaglio della famiglia, i diritti propri che la Convenzione ONU dichiara essere loro a prescindere dalla condizione giuridica, amministrativa, sociale dei genitori non sono presi in considerazione e così ci sono piccoli che, nella cattolica ufficializzata indifferenza, nascono in Italia e che per legge possono non esistere con buona pace delle loro eccellenze ed eminenze e del popolo italiano che non trova voce per contestare l’infamia di una legge che da cinque anni nega il certificato di nascita ai figli dei sans papier. Molto ha detto il sinodo in merito a situazioni un tempo taciute o condannate, ora almeno riconosciute e trattate con rispetto, ma nei lunghi elenchi, nei sottili distinguo ci sono neonati ignorati (e quindi conseguentemente spregiati dalle Eccellenze ed Eminenze loro e dalla opinione pubblica cattolica – e non solo più – diffusa) che fantasmi sono e fantasmi restano.

2  –  Beffe dell’UNICEF
Se a livello internazionale l’Unicef non si nega alla sua funzione di promotore di diritti in nome della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (1989 – ratificata con legge 176/1991)  lo fa però solo dove può assumere una veste che, per ridurre a fatto territoriale quello che è un  diritto assoluto, appunto esistere, appare – almeno a me – quella di un beffardo colonizzatore. Infatti in Italia si guarda bene dal sostenere ciò che ritiene essenziale altrove. Riporto il relativo documento 2013 e non commento perché sarei indotta a trascendere. Mi succede quando vedo esercitata una presa in giro.

Suggested citation: United Nations Children’s Fund, Every Child’s Birth Right: Inequities and trends in birth   registration, UNICEF, New York, 2013

Registrazione alla nascita, nel mondo un terzo dei bambini resta invisibile

Nel giorno del 67° anniversario dell’UNICEF (la cui istituzione da parte dell’ONU risale all’11 dicembre 1946), l’organizzazione lancia un nuovo Rapporto secondo il quale circa 230 milioni di bambini sotto i 5 anni non sono stati mai registrati alla nascita – circa 1 su 3, a livello globale.

«La registrazione alla nascita è più di un semplice diritto. Riguarda il modo in cui la società riconosce l’identità e l’esistenza di un bambino» spiega Geeta Rao Gupta, Vicedirettore dell’UNICEF. «La registrazione alla nascita è fondamentale per garantire che i bambini non vengano dimenticati, che non vedano negati i propri diritti o che siano esclusi dai progressi della propria nazione».

Dalla Somalia al Congo, la mappa dei neonati invisibili

Il nuovo rapporto, intitolato “Every Child’s Birth Right: Inequities and trends in birth registration” (Diritto alla nascita per ogni bambino. Diseguaglianze e tendenze nella registrazione alla nascita), presenta analisi statistiche condotte su 161 Stati, con i dati e le stime sul fenomeno più aggiornate disponibili, per ciascun paese.

A livello globale, nel 2012, solo circa il 60% dei neonati è stato registrato alla nascita. Il tasso varia significativamente a seconda delle regioni, con livelli più bassi in Asia Meridionale e in Africa Subsahariana.

I 10 Stati con i tassi di registrazione alla nascita più bassi sono, nell’ordine: Somalia (3%), Liberia (4%), Etiopia (7%), Zambia (14%), Ciad (16%), Tanzania (16%), Yemen (17%), Guinea Bissau (24%), Pakistan (27%) e Repubblica Democratica del Congo (28%).

Anche quando i bambini vengono regolarmente registrati, a molti di loro non rimane traccia della registrazione avvenuta. In Africa Orientale e Meridionale, ad esempio, solo circa metà dei bambini registrati dispone di un certificato di nascita. Nel mondo, 1 bambino registrato su 7 non ha il certificato di nascita.  In molti Paesi, ciò è dovuto a costi di registrazione troppo onerosi per i più poveri. Altrove, invece, il certificato di nascita semplicemente non viene rilasciato alle famiglie.

Certificato di nascita, molto più che un pezzo di carta

I bambini non registrati alla nascita o privi di documenti di identificazione sono spesso esclusi dall’accesso alla scuola, all’assistenza sanitaria e alla sicurezza sociale. Se un bambino viene separato dalla sua famiglia durante un disastro naturale, un conflitto o a causa di qualche forma di sfruttamento, la riunificazione diventa assai più difficile a causa della mancanza di documentazione ufficiale.

«La registrazione alla nascita e il relativo certificato sono fondamentali per garantire a un bambino il suo pieno sviluppo» prosegue Rao Gupta. «Tutti i bambini nascono con un potenziale enorme. Se la società non riesce a contarli tutti, e perfino a non riconoscere la loro esistenza, sono più vulnerabili a subire abusi e ad essere abbandonati. È inevitabile che in questo modo il loro potenziale verrà sensibilmente vanificato.»

La registrazione alla nascita quale componente essenziale del registro anagrafico di un Paese, migliora la qualità delle statistiche socio-demografiche, aiutando la programmazione e l’efficienza delle misure varate da un governo.

Per l’UNICEF, la mancata registrazione di un bambino alla nascita è sintomo di disuguaglianze e disparità sociali. I bambini più frequentemente colpiti da questa disuguaglianze sono queli che appartengono a determinati gruppi etnici e religiosi, quelli che abitano in aree rurali o remote, i figli di famiglie povere o di madri analfabete.

I programmi di sviluppo devono identificare le ragioni per cui le famiglie non registrano i bambini, dai costi alla scarsa conoscenza delle norme, dalle barriere culturali al timore di subire ulteriori discriminazioni o emarginazione.

Quando l’anagrafe viaggia sullo smartphone

L’UNICEF utilizza approcci innovativi per aiutare governi e comunità a migliorare i loro sistemi di registrazione anagrafica. In Kossovo, ad esempio, lo UNICEF Innovations Lab ha sviluppato un sistema di identificazione e di segnalazione delle nascite non registrate efficiente, efficace e a basso costo, basato su una piattaforma di SMS.

In Uganda, il governo – con il supporto dell’UNICEF e del settore privato – sta implementando una soluzione denominata MobileVRS che usa una nuova tecnologia di messaggistica via smartphone per completare le procedure di registrazione in pochi minuti, un processo che normalmente richiede mesi.

Sempre su questo tema, l’UNICEF ha reso pubblico oggi anche “A Passport to Protection. A Guide to Birth Registration Programming”, manuale per aiutare gli operatori adibiti alla registrazione alla nascita.

6 Novembre 2014Permalink

2 novembre 2014 – CIDI Promemoria

Dopo un faticoso abbonamento alla rivista on line del Centro di Iniziativa democratica insegnanti (ma perché hanno scelto un percorso così tortuoso?) annoto due link ad articoli di Paolo Citran che meritano di non andar dispersi

http://www.insegnareonline.com/istanze/filosofia-educazione-societa/bambini-clandestini-diritti-negati

http://www.insegnareonline.com/istanze/filosofia-educazione-societa/verita-fa#.VC8jpv4umNA.facebook

2 Novembre 2014Permalink

1 novembre 2014 – Calendario di novembre

1 novembre 1911 –  Primo bombardamento aereo italiano in Libia
2 novembre !975  –  Assassinio di Pasolini
6 novembre 1962 – Risoluzione ONU contro l’apartheid in Sudafrica
7 novembre 1917 –  Rivoluzione d’Ottobre
8 novembre 1960 –  USA: elezione alla presidenza di J.F.Kennedy
9 novembre –            Giornata internazionale contro l’antisemitismo
9 novembre 1938 –  Germania: “notte dei cristalli”
9 novembre 1989 –  Germania: abbattimento muro Berlino
9 novembre 1993 –  Distruzione del ponte di Mostar
10 novembre 1483  – Nascita di Martin Lutero
11 novembre 1992 –  La chiesa anglicana inglese ammette le donne prete
15 novembre 1988 –  L’ANP annuncia la nascita dello stato palestinese
17 Novembre 1938 – REGIO DECRETO LEGGE n. 1728 Provvedimenti per la difesa della razza italiana
19 novembre 1975 – Spagna: morte di Francisco Franco
20 novembre 1945 – Inizio del processo di Norimberga
20 novembre              Giornata internazionale per i diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza
20 novembre 1989 –  L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite  approva la Convenzione internazionale sui  diritti del minore
22 novembre 2004 – Ucraina: inizio della ‘rivoluzione arancione’
23 novembre 1971 – La Cina prende il posto di Taiwan nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
25 novembre 1973 – Grecia: golpe militare
25 novembre 1992 – Il Parlamento vota la divisione fra Repubblica Ceca e Slovacca
26 novembre 1915  – Einstein presenta la teoria della relatività generale
26 novembre 1954 –  Ritorno di Trieste all’Italia
27 novembre 1941 –  Resa di Gondar: l’Italia lascia l’Africa Orientale
29 novembre  –          ONU: giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese
30 novembre 1999 –  Seattle: prima mobilitazione del movimento no-global

1 Novembre 2014Permalink

29 ottobre 2014 – Morte di Reyhaneh Jabbari

Il 25 ottobre di Reyhaneh Jabbari è stata impiccata.  L’ultimo messaggio alla madre

Cara Shole,

oggi ho appreso che e’ arrivato il mio turno di affrontare la Qisas (la legge del taglione ndr). Mi sento ferita, perché non mi avevi detto che sono arrivata all’ultima pagina del libro della mia vita. Non pensi che dovrei saperlo? Non sai quanto mi vergogno per la tua tristezza. Perché non mi hai dato la possibilità di baciare la tua mano e quella di papa’?

Il mondo mi ha permesso di vivere fino a 19 anni. Quella notte fatale avrei dovuto essere uccisa. Il mio corpo sarebbe stato gettato in un qualche angolo della città e, dopo qualche giorno, la polizia ti avrebbe portata all’obitorio per identificare il mio cadavere, e avresti appreso anche che ero stata stuprata. L’assassino non sarebbe mai stato trovato poiché noi non godiamo della loro ricchezza e del loro potere. E poi avresti continuato la tua vita nel dolore e nella vergogna, e un paio di anni dopo saresti morta per questa sofferenza, e sarebbe finita cosi’.

Ma a causa di quel colpo maledetto la storia e’ cambiata. Il mio corpo non e’ stato gettato via, ma nella fossa della prigione di Evin e nelle sue celle di isolamento e ora in questo carcere-tomba di Shahr-e Ray. Ma non vacillare di fronte al destino e non ti lamentare. Sai bene che la morte non e’ la fine della vita.

Mi hai insegnato che veniamo al mondo per fare esperienza e per imparare una lezione, e che ogni nascita porta con se’ una responsabilità. Ho imparato che a volte bisogna combattere. Mi ricordo quando mi dicesti che l’uomo che conduceva la vettura aveva protestato contro l’uomo che mi stava frustando, ma quest’ultimo ha colpito l’altro con la frusta sulla testa e sul volto, causandone alla fine la morte. Sei stata tu a insegnarmi che bisogna perseverare, anche fino alla morte, per i valori.

Ci hai insegnato andando a scuola ad essere delle signore di fronte alle liti e alle lamentele. Ti ricordi quanto hai influenzato il modo in cui ci comportiamo? La tua esperienza pero’ e’ sbagliata. Quando l’incidente e’ avvenuto, le cose che avevo imparato non mi sono servite. Quando sono apparsa in corte, agli occhi della gente sembravo una assassina a sangue freddo e una criminale senza scrupoli. Non ho versato lacrime, non ho supplicato nessuno.  Non ho cercato di piangere fino a perdere la testa, perché confidavo nella legge.

Ma sono stata incriminata per indifferenza di fronte ad un crimine. Vedi, non ho ucciso mai nemmeno le zanzare e gettavo fuori gli scarafaggi prendendoli per le antenne. Ora sono colpevole di omicidio premeditato. Il mio trattamento degli animali e’ stato interpretato come un comportamento da ragazzo e il giudice non si e’ nemmeno preoccupato di considerate il fatto che, al tempo dell’incidente, avevo le unghie lunghe e laccate.

Quanto ero ottimista ad aspettarmi giustizia dai giudici! Il giudice non ha mai nemmeno menzionato che le mie mani non sono dure come quelle di un atleta o un pugile. E questo paese che tu mi hai insegnata ad amare non mi ha mai voluta, e nessuno mi ha appoggiata anche sotto i colpi dell’uomo che mi interrogava e piangevo e sentivo le parole più volgari. Quando ho rimosso da me stessa l’ultimo segno di bellezza, rasandomi i capelli, sono stata premiata con 11 giorni di isolamento.

Cara Shole, non piangere per quello che senti. Il primo giorno che nell’ufficio della polizia un agente anziano e non sposato mi ha colpita per via delle mie unghie, ho capito che la bellezza non e’ fatta per questi tempi.  La bellezza dell’aspetto, la bellezza dei pensieri e dei desideri, la bella calligafria, la bellezza degli occhi e di una visione, e persino la bellezza di una voce piacevole.

Mia cara madre, il mio modo di pensare e cambiato e tu non sei responsabile. Le mie parole sono senza fine e le darò a qualcuno in modo che quando sarò impiccata senza la tua presenza e senza che io lo sappia, ti verranno consegnate. Ti lascio queste parole come eredita’.

Comunque, prima della mia morte, voglio qualcosa da te e ti chiedo di realizzare questa richiesta con tutte le tue forze e tutti i tuoi mezzi. Infatti, e’ la sola cosa che voglio dal mondo, da questo paese e da te. So che hai bisogno di tempo per questo. Per questo ti dirò questa parte del mio testamento per prima. Per favore non piangere e ascolta. Voglio che tu vada in tribunale e presenti la mia richiesta. Non posso scrivere questa lettera dall’interno della prigione con l’approvazione delle autorità, perciò ancora una volta dovrai soffrire per causa mia.  E’ la sola cosa per cui, anche se tu dovessi supplicarli, non mi arrabbierei – anche se ti ho detto molte volte di non supplicarli per salvarmi dalla forca.

Mia buona madre, cara Shole, più cara a me della mia stessa vita, non voglio marcire sottoterra. Non voglio che i miei occhi o il mio cuore giovane diventino polvere. Supplicali perché subito dopo la mia impiccagione, il mio cuore, i reni, gli occhi, le ossa e qualunque altra cosa possa essere trapiantata venga sottratta al mio corpo e donata a qualcuno che ne ha bisogno. Non voglio che sappiano il mio nome, che mi comprino un bouquet di fiori e nemmeno che preghino per me. Ti dico dal profondo del cuore che non voglio che ci sia una tomba dove tu andrai a piangere e soffrire.  Non voglio che tu indossi abiti scuri per me. Fai del tuo meglio per dimenticare i miei giorni difficili. Lascia che il vento mi porti via. 

Il mondo non ci ama. Non voleva il mio destino. E adesso sto cedendo e sto abbracciando la morte. Perché nel tribunale di Dio incriminerò gli ispettori, l’ispettore Shamlou, il giudice, i giudici della Corte suprema che mi hanno colpita quando ero sveglia e non hanno smesso di abusare di me. Nel tribunale del creatore accuserò il dottor  Farvandi, e Qassem Shabani e tutti coloro che per ignoranza o menzogna mi hanno tradita e hanno calpestato i miei diritti.

Cara Shole dal cuore d’oro, nell’altro mondo siamo io e te gli accusatori e loro sono gli imputati. Vediamo quel che vuole Dio. Io avrei voluto abbracciarti fino alla morte. Ti voglio bene.

Reyhaneh

Fonte: http://27esimaora.corriere.it/articolo/dona-i-miei-organi-e-lascia-che-il-vento-mi-porti-via-il-testamento-di-reyhaneh/

29 Ottobre 2014Permalink

27 ottobre 2014 – Dialogo cristiano-islamico

Oggi, 27 ottobre 2014, si celebra la

XIII Giornata Ecumenica del dialogo cristiano-islamico

Chi vuole saperne di più può andare al sito www.ildialogo.org
La voce di riferimento, per conoscere la più recente documentazione, è ‘”a rivincita del dialogo” mentre chi volesse conoscerne i precedenti può far riferimento alla successiva indicazione “ultimo appello”.

Ho espresso ogni anno la mia adesione a questa iniziativa che risale al 2001, voluta dopo l’attacco alle Torri Gemelle..

In questo blog la giornata è stata segnalata nel calendario del primo di ottobre e ogni anno illustrata con un articolo,
Il precedente risale esattamente a un anno fa e si può leggere anche da qui.

 

27 Ottobre 2014Permalink

24 ottobre 2014 – Una proposta di legge antirazzista. La facciamo approvare?

Più di un anno fa, insulti a una Ministra della Repubblica

La notizia, anche per la particolare volgare incisività degli insulti del Calderoli, ebbe subito una certa notorietà e un senatore reagì.
Ricopio la notizia come da comunicato Ansa del 2013.

(ANSA) – ROMA, 15 LUG – “Stamattina ho inviato all’Unar- Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, una formale segnalazione dell’inquietante episodio di offese a sfondo razziale verso la ministra Cecile Kyenge che ha avuto come protagonista il vice presidente del Senato Roberto Calderoli”. Lo dichiara Sergio Lo Giudice, senatore del Partito Democratico. “Per conto della Presidenza del Consiglio dei Ministri e in ottemperanza alla Direttiva 2000/43/CE contro le discriminazioni razziale, l’Unar svolge da anni una meritoria attività di rilevazione e monitoraggio degli episodi di razzismo che accadono nel nostro paese. Ho ritenuto mio dovere segnalare questo episodio che, per la fonte istituzionale da cui proviene, assume una gravità eccezionale e rischia di essere elemento di sostegno e promozione di comportamenti fondati su un’idea di superiorità razziale e di discriminazioni sulla base delle origini etniche”, conclude. (ANSA). PH 15-LUG-13 13:36 NNNN

Nel clima di soporosa indifferenza ai problemi posti da una diffusa cultura razzista, l’idea che un  senatore ne identificasse finalmente un caso fra i tanti mi sembrò interessante, anche se non conoscevo e non conosco quella persona. Perciò gli scrissi esprimendo apprezzamento per la sua iniziativa e allo stesso tempo mi dichiarai “sconvolta dall’idea che ci siano bambini cui è negato per legge il certificato di nascita”, esprimendo la speranza che volesse occuparsene “con l’intelligente incisività con cui ha affrontato il caso che ho sopra ricordato”. Gli ricordai la proposta di legge 740, ben nota a questo blog, che rimedierebbe alla situazione se non si giacesse alla (dis)attenzione della commissione Affari Costituzionali della Camera dal mese di giugno dello scorso anno.

.Qualcuno risponde. Capita.

Ieri sera mi raggiunge un messaggio del sen. Lo Giudice che, ricopiando per fortuna in calce la mia vecchia comunicazione di cui avevo perso memoria, mi scrive: “Vorrei segnalarle che ho presentato in Senato  il disegno di legge 1562 “Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno e divieti di segnalazione.” Può scaricare il testo da questo indirizzo: www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00797393.pdf
Grazie per la sua sollecitazione.”

Verifico: il link funziona. Per sicurezza ne indico un secondo così – di qua o di là- chiunque voglia la potrà leggere..

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/797393/index.html

La bella novità: un senatore risponde a una cittadina e le segnala un adempimento realizzato! Non capita spesso.
Ora però è necessario mettere in atto tutti i mezzi possibili perché la proposta sia discussa e approvata.
L’unico mezzo che finora ha funzionato (almeno per me) è scrivere ai singoli parlamentari firmatari della proposta. Molte volte l’ho praticato e suggerito per la camera dei deputati, ora lo ripropongo per il senato.
I firmatari della pdl 1562 sono (nell’ordine di firma): Sergio Lo Giudice; Monica Cirinnà; Gianpiero Dalla Zuanna; Rosa Maria Di Giorgi; Francesco Giacobbe; Luigi Manconi; Marino Germano Mastrangeli; Francesco  Palermo; Magda Angela Zanoni; Lucrezia Ricchiuti

Ricopio inoltre il testo dell’ottima relazione, che chiarisce il senso della norma evitando le tecnicità del linguaggio legislativo,  e ne evidenzio in grassetto i passaggi essenziali

La relazione della proposta 1562

Il testo della norma è stato modificato dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, in materia di sicurezza pubblica. In particolare è stato modificato il comma 2 dell’articolo 6 recante «Facoltà ed obblighi inerenti al soggiorno».

Il testo attualmente vigente afferma che «Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo, per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie, i documenti inerenti al soggiorno di cui all’articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati.»

Nell’ambito dei provvedimenti esclusi dall’obbligo di presentazione di documenti attestanti il soggiorno, la formulazione introdotta nel 2009 ha eliminato l’esplicito riferimento agli atti di stato civile e all’accesso ai servizi pubblici sostituendolo con quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie e alle prestazioni scolastiche obbligatorie.

La norma così modificata garantisce a tutti i cittadini provenienti da Paesi terzi presenti sul territorio nazionale l’accesso alle cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali. L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno, infatti, non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, fatto salvo il caso in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano.

Sono così garantiti la tutela sociale della gravidanza e della maternità, la tutela della salute del minore, le vaccinazioni, gli interventi di profilassi internazionale e la diagnosi e la cura delle malattie infettive.

Tuttavia non può dirsi altrettanto per quanto riguarda gli atti di stato civile — certificati di nascita, stato di famiglia ed altro — espunti dal testo e sottoposti così ad un dubbio interpretativo relativo alla necessità o meno dell’attestazione del soggiorno.

La necessità di chiarimenti sulle questioni inerenti allo stato civile come modificate dalla legge n. 94 del 2009 è testimoniata dalla circolare del Ministero dell’interno n. 19 del 7 agosto 2009, protocollo n. 0008899, che al punto 3 specificava come «Per lo svolgimento delle attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita – dello stato civile) non devono essere esibiti documenti inerenti al soggiorno trattandosi di dichiarazioni rese, anche a tutela del minore, nell’interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto».

Tuttavia il contrasto fra le indicazioni della circolare ministeriale e la lettera della norma mantiene una incertezza interpretativa che non agevola la gestione univoca di situazioni analoghe nei diversi uffici dei diversi enti locali. Questo ha prodotto nel tempo diversi casi di mancata registrazione all’anagrafe della nascita dei propri figli da parte di genitori provenienti da Paesi non comunitari per paura di denunce e di espulsioni.

Dal canto loro gli uffici di alcuni enti locali, nella situazione di dubbio sulla corretta applicazione della norma, rifiutano di accettare la registrazione della nascita da parte di genitori sprovvisti di regolare titolo di soggiorno sul territorio nazionale.

Il mancato riconoscimento dello status di figlio, indipendentemente dalla situazione di irregolarità dei genitori, lede un diritto fondamentale del bambino il quale, in assenza di una certificazione anagrafica, risulterebbe giuridicamente inesistente. La Costituzione garantisce tutti i diritti a tutti i soggetti, senza distinzione alcuna, e in particolare afferma il principio dell’inviolabilità del diritto del nato, in sintonia con quanto stabilito dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, secondo la quale: «Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi».

Un ulteriore problema si è posto con la sostituzione del riferimento generico all’accesso ai servizi pubblici con la più specifica formulazione riferita alle prestazioni scolastiche obbligatorie, che rende incerto il tema dell’obbligo di presentazione dei documenti di soggiorno per l’accesso alle scuole dell’infanzia e agli asili nido.

Per garantire una uniforme applicazione della norma in oggetto su tutto il territorio nazionale, con particolare riferimento alle incertezze interpretative illustrate, si propone — con l’articolo 1 del presente disegno di legge — la modifica dell’articolo 6 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, volto a chiarire sul piano legislativo che sono esclusi dall’obbligo di presentazione di documenti attestanti il soggiorno, oltre che i provvedimenti inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35, quelli attinenti all’accesso ai servizi pubblici e alle prestazioni scolastiche nelle scuole di ogni ordine e grado, compresi le scuole dell’infanzia e gli asili nido, nonché i provvedimenti inerenti agli atti di stato civile.

Vengono poi introdotti, sulla scia della previsione attualmente contenuta nell’articolo 35, comma 5 del testo unico sull’immigrazione in materia di accesso alle prestazioni sanitarie, due analoghi divieti di segnalazione all’autorità volti a rendere effettivo per i migranti privi di un regolare permesso di soggiorno l’accesso ai provvedimenti inerenti gli atti di stato civile, nonché quelli attinenti all’accesso ai pubblici servizi ed alle prestazioni scolastiche nelle scuole di ogni ordine e grado, compresi le scuole dell’infanzia e gli asili nido.

Il presente disegno di legge non comporta variazioni al bilancio dello Stato, in quanto da esso non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

24 Ottobre 2014Permalink