19 settembre 2014 – Due date da ricordare

Ogni primo giorno del mese inserisco un calendario che, se il caso, modifico quando intervengano nuovi eventi.
Fra le date che ho ricordato in agosto e settembre di due abbiamo scritto nel n. 230 del mensile Ho un sogno
Trascrivo

5 agosto. Jerry Masslo 1989

25 agosto 1989. A Villa Literno (Caserta) venne assassinato Jerry Masslo che era fuggito dal Sudafrica dell’apartheid. Nelson Mandela sarebbe uscito dal carcere nel 1990 ed eletto Presidente del Sudafrica nel 1994.Masslo fu ucciso da quattro balordi bianchi mentre fuggiva dall’edificio fatiscente dove dormiva, cercando di difendere il suo salario dalla rapina. Faceva il raccoglitore di pomodori. Non aveva ottenuto il riconoscimento della sua condizione di rifugiato politico perché era ancora in vigore la “riserva geografica” che la riconosceva possibile solo per chi venisse dall’Unione Sovietica e dai paesi satelliti.

La sua morte fu probabilmente determinante per assicurare l’anno successivo l’approvazione della legge Martelli che cancellò quella riserva.

Quando Masslo morì nulla accadde a Villa Literno mentre a Roma sfilarono 200.000 persone per una manifestazione cui partecipò anche Tommie Smith, medaglia d’oro per i 200 metri nel 1968 a Città del Messico, che assieme a Lee Evans era salito sul podio olimpico senza scarpe e aveva alzato al cielo il pugno con il guanto nero. Sei mesi prima a Memphis era stato assassinato Martin Luther King.

5 settembre 1938 – Gli ebrei non vanno a scuola!

Il Gran Consiglio del Fascismo approvò il Regio Decreto Legge 5 settembre 1938-XVI, n. 1390, Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista, successivamente convertito in legge senza modifiche (L. 99/1939). I provvedimenti complessivi per la difesa della razza sarebbero intervenuti due mesi dopo (Decreto Legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728), ma prima dell’inizio dell’anno scolastico ci si preoccupò che “all’’ufficio di insegnante nelle scuole statali o parastatali di qualsiasi ordine e grado e nelle scuole non governative, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere ammesse persone di razza ebraica” e che alle stesse scuole non potessero “essere iscritti alunni di razza ebraica”. Chi ha memoria di quell’orrore non poteva non essere turbato dalle “Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri” emesse dal Miur (Ministero per l’istruzione, università e ricerca) nel febbraio 2014, con cui (al paragrafo 2.2) si chiedeva l’esibizione del permesso di soggiorno ai fini dell’iscrizione scolastica.Fortunatamente in questo caso è bastata una lettera-segnalazione, inviata il 7 maggio scorso dal presidente dell’Associazioni per gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI), a indurre il Miur alla pubblica precisazione per cui “tale indicazione deve considerarsi mero errore materiale di trascrizione”.Per l’iscrizione alle scuole il permesso di soggiorno non deve quindi essere richiesto mentre resta in vigore la norma che lo prevede per la registrazione degli atti di nascita di chi, figlio di sans papier, nasca in Italia (legge 94/2009, art. 1, comma 22, lettera g).

19 Settembre 2014Permalink

7 settembre 2014 – Ricevo da Bruno Segre

 

A Gaza l’operazione “Margine di protezione” era in corso ormai da alcune settimane quando alla comunità ebraica nord-americana venne indirizzata una lettera aperta, sottoscritta da 309 israeliani che attualmente risiedono negli USA.
Propongo alla vostra lettura questo testo, del quale ho eseguito la traduzione integrale in italiano. I firmatari  costituiscono il nucleo originario di un gruppo che si denomina “Israelis for a Sustainable Future”.
Ecco qui di seguito il testo.
Bruno Segre

Una lettera aperta agli ebrei americani

Siamo un gruppo di israeliani viventi attualmente negli Stati Uniti.  Ci rivolgiamo a voi in quanto ci opponiamo agli atti compiuti dal governo israeliano nel contesto dell’operazione “Margine di protezione”.

Ciò non significa che non riconosciamo la minaccia che Hamas costituisce per il popolo israeliano. Ci opponiamo a che vengano usate armi là dove vive la popolazione civile e denunciamo il sacrificio di civili da parte sia del regime di Hamas sia del governo d’Israele. Se richiediamo che cessi il bombardamento di Gaza, ciò non implica che non ci rendiamo conto delle condizioni impossibili in cui sono costretti a vivere gli israeliani che risiedono nella parte a sud del Paese. Né significa che non esigiamo per loro condizioni di sicurezza. Ma riconosciamo anche che dal governo d’Israele tale loro esigenza viene sistematicamente ignorata, salvo farla valere quando o governanti ritengano di trarne qualche vantaggio. In meno di sei anni abbiamo assistito a tre operazioni militari di grandi dimensioni; si tratta di operazioni che vengono riproposte  periodicamente perché sono infruttuose. D’accordo, per il momento le riserve di Hamas sono svuotate e le iniziative del movimento sono temporaneamente bloccate. Ma il prezzo morale richiesto per conseguire un tale risultato non valeva la pena che venisse pagato. E quand’anche ne fosse valsa la pena, sul lungo periodo l’uccisione di migliaia di civili e lo spostamento forzato di centinaia di migliaia di abitanti della Striscia non indeboliscono Hamas. Un simile bagno di sangue non fa che alimentare quell’unica risorsa di cui Hamas non può privarsi: l’odio. Solamente negoziati significativi di pace e la fine del regime di occupazione in Cisgiordania e a Gaza (il blocco è pur sempre una forma di occupazione) potranno prevenire la prossima salva di missili su Israele e la prossima serie di uccisioni indiscriminate a Gaza.

Ci rivolgiamo a voi perché desideriamo che si riconsideri che cosa significa essere favorevoli a Israele piuttosto che offrire un appoggio alla Palestina. Riteniamo che questi due termini debbano diventare un’unica e identica cosa. Siamo convinti che il sostenere che l’uno e l’altro popolo sono degni di godere di pari diritti sia il solo modo per dare vita a un Israele e a una Palestina migliori, e desideriamo che la comunità ebraica americana avalli questo nostro messaggio.

La convinzione che l’essere “favorevoli a Israele” significhi difendere acriticamente le azioni del governo e dell’esercito d’Israele non reca alcun aiuto al popolo israeliano. Il popolo israeliano non trae alcun vantaggio dall’essere oppressore.  Alla società israeliana non giova il governare su 4 milioni di palestinesi. Il soldato e la soldatessa israeliani non godono di alcun beneficio quando mettono a repentaglio la propria vita in guerre che potrebbero essere evitate.

Né alcun beneficio deriva al popolo d’Israele dal perpetuarsi del regime d’occupazione. I ragazzi israeliani non imparano nulla da chi insegna loro che tutto il mondo desidera ucciderli. E la popolazione d’Israele non acquista vigore con il coltivare l’aggressività, con l’alzare l’asticella dell’intolleranza e con l’accrescere il razzismo violento nei confronti dei concittadini palestinesi.

Ma proprio nella prosecuzione dell’occupazione sta il motivo che ha innescato la guerra ora in corso. Sfortunatamente il cinismo continua a crescere fra gli uomini e le donne che governano Israele: costoro sono disposti a sacrificare le vite di chiunque pur di conservare le loro posizioni di potere e di mantenere intatto il controllo sul popolo palestinese.

Siamo certi che la guerra in atto si sarebbe potuta evitare. Non crediamo che tutti i palestinesi ci vogliano uccidere. E siamo ben lieti di spiegare da dove stiamo venendo.

Riteniamo che un’informazione tendenziosa cerchi di far passare l’immagine di una simmetria che non esiste. Date un’occhiata alle cifre. Guardate le fotografie. Non è con il biasimare il coro internazionale delle critiche che  si riesce a rendere migliore l’immagine di Israele. La si può migliorare, tale immagine,  agendo in modo tale da far cessare le violazioni dei diritti umani. Ovviamente con questo nostro discorso non intendiamo essere indulgenti verso qualsiasi forma di antisemitismo, ma pensiamo che l’accantonare il nostro discorso facendolo passare per antisemita non giovi a nessuno.

Più che tutto, siamo convinti che il sangue è sangue, e che il sangue è uguale e di pari valore per tutti. E siamo ben consapevoli di ciò che avviene quando circola l’idea che le vite di un popolo valgano meno delle vite di altri popoli.

Per uscire dal ciclo della violenza, Israele ha bisogno del vostro sostegno.

Vi sollecitiamo a dire ai vostri leader che si sforzino di esaminare con occhio critico quelle politiche del governo israeliano dietro le quali essi si sogliono allineare. Vi chiediamo altresì di sostenere in Israele le voci moderate: forze che si trovano sempre più esposte ad attacchi da parte del loro stesso governo e dei mezzi israeliani di informazione, oltre a subire persino violenze fisiche per mano di vigilantes della destra. Vi incoraggiamo a scrivere ai vostri rappresentanti al Congresso perché condividano con voi la convinzione che Israele potrà garantirsi sicurezza e prosperità soltanto se smetterà di uccidere civili, rinuncerà definitivamente all’occupazione di Gaza e della Cisgiordania e garantirà libertà ed eguaglianza a tutti i suoi cittadini. Vi invitiamo ad avviare con noi un fruttuoso dialogo.

IFSF / Israelis for a Sustainable Future

Chi è Bruno Segre

Bruno Segre, storico e saggista, è nato a Lucerna nel 1930, ha studiato filosofia alla scuola di Antonio Banfi; si è occupato di sociologia della cooperazione e di educazione degli adulti nell’ambito del movimento Comunità fondato da Adriano Olivetti; ha insegnato in Svizzera dal 1964 al 1969; per oltre dieci anni ha fatto parte del Consiglio del “Centro di documentazione ebraica contemporanea” di Milano; per molti anni ha presieduto l’associazione italiana “Amici di Neve Shalom Wahat as-Salam”; nel quadro di un’intensa attività pubblicistica, ha dedicato contributi a vari aspetti e momenti della cultura e della storia degli ebrei; per anni ha diretto la prestigiosa rivista di vita e cultura ebraica “Keshet”. Tra le opere di Bruno Segre: Gli ebrei in Italia, Giuntina, Firenze 2001; Shoah, Il Saggiatore, Milano 1998, 2003

 

 

7 Settembre 2014Permalink

29 agosto 2014 – Ragionando su un documento confuso

Hypotheses non fingo

Ieri ho pubblicato un documento dell’Asgi (con tutti i link che oggi mi risparmio) e l’ho definito ‘confuso’ perché in calce al testo datato 26 agosto riporta suoi importanti documenti del 2009 senza contestualizzare il periodo di latenza durante il quale mai, a mia conoscenza, ne ha fatto menzione.
Scrivo per esperienza personale ma non così privata dato che sono andata a un convegno importante a Sasso Marconi, ho partecipato ad aggiornamenti promossi dall’ASGI, sempre sui problema dei minori e, quando segnalavo il problema della registrazione degli atti di nascita all’anagrafe ai solerti rappresentanti dell’illustre associazione mai ne è stato fatto riferimento.
Perché?
A 299 anni dalla saggia prudenza scientifica di Newton tengo le mie ipotesi per me e mi limito a considerare ciò che conosco del periodo di ASGI-latenza salvo una piccola contestualizzazione: nel 2009 regnava il presidente Berlusconi (e il trono del cav era sostenuto dalla Lega Nord).
Oggi invece…basta così, se non per ricordare come la cultura dell’inciviltà, abilmente diffusa, sia diventata dilagante senso comune.
Nonostante questo l’ASGI ha riesumato i suoi documenti.
Vedremo se ne farà uso oltre quanto ha scritto sulle squadrette di calcio negate ai figli dei sans papier (si veda mio blog dell’8 maggio) e sugli ostacoli rilevati nelle linee di indirizzo del Miur a proposito dell’iscrizione dei figli dei sans papier alla scuola dell’obbligo (si veda il mio blog del 16 maggio).

Correva l’anno 2009
e la legge, nota come pacchetto sicurezza (aggiungo io: sicurezza del pregiudizio là custodito e promosso attraverso norme assicurate se non da un rissoso consenso diffuso, almeno da un pacioso silenzio), non aveva ancora meritato l’approvazione con voto di fiducia. Sarebbe accaduto nel mese di luglio.
Fu allora che mi avvicinai al GrIS regionale, strumento operativo locale di quella ‘rete di reti’ che è la Società di Medicina delle Migrazioni, quando sostenne una campagna che riuscì a coinvolgere anche l’Ordine dei medici (ricordo il coraggioso pubblico comunicato dell’allora presidente dell’Ordine del FVG).
La campagna, condotta con competenza e determinazione, riuscì a far  rimuovere dalla proposta di legge l’articolo che avrebbe imposto ai medici la violazione del segreto sanitario se avessero curato o comunque soccorso un sans papier.
Quella fu una campagna vincente.
Al corrente degli ostacoli che sarebbero stati frapposti alla registrazione degli atti di stato civile scrissi al sindaco di Udine, nell’illusione che i sindaci si sentissero onorati dall’assicurare l’esistenza giuridica a chi nasce sul loro territorio. Non mi rispose e un assessore, da me contattato, negò il problema.
La lettera g del comma 22 dell’art. 1 del pacchetto sicurezza passò.
Nel 2011 la Corte Costituzionale (sentenza 245 – si veda tra l’altro il mio scritto del 26 giugno 2014) ristabilì la legalità per ciò che concerne i matrimoni (per due anni negati ai sans papier) ma nulla fece per i nuovi nati, la cui estromissione dal consorzio civile era ormai ratificata nell’indifferenza della complicità diffusa.
La proposta di legge 740 – che fa seguito a quella precedentemente presentata dall’on Orlando (si vedano i miei blog del 15 marzo 2011 e del 17 giugno 2013) – potrebbe porre rimedio a questa ferita di civiltà (che anche l’ONU ci chiede di rimuovere  si veda tra l’altro il mio blog dell’11 agosto) ma, se non ci sarà una spinta da parte della società cd civile, penso non ne sarà fatto nulla.

Voltare la testa. Una storia di interventi beffati
Mi limito ai titoli e poco più. Le date (se non c’è altra indicazione) si riferiscono alla pubblicazione nel blog
15 marzo 2011 e 21 dicembre 2012. Due articoli pubblicati dal mensile Il Gallo, di Genova.
Neppure quella storica pubblicazione riuscì a scuotere  la tetra totale indifferenza del mondo cattolico.
20 luglio 2010 Restando alle chiese cristiane devo registrare lo stesso atteggiamento nel mondo protestante, sebbene sia comparso anche di recente un nuovo articolo sul mensile Confronti.
Il mensile locale Ho un sogno (pure citato il 20 luglio 2010, reperibile presso la libreria CLUF di via Gemona 22 – Udine)  ha seguito costantemente la questione e ne ho sempre pubblicato gli articoli nel blog.
21 dicembre 2013 Neonati “clandestini” invisibili per lo Stato, articolo di Tommaso Canetta e Pietro Pruneddu sul quotidiano Linkiesta
9 giugno 2014 – Bambini “clandestini” e diritti negati  articolo di Paolo Citran nella rivista Insegnare del Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti.
11 giugno 2914Il XIII Congresso della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni scrive tra l’altro nelle raccomandazioni conclusive: «Il minore non è soltanto “oggetto di tutela e assistenza”, ma anche e soprattutto “soggetto di diritto”, e quindi titolare di diritti in prima persona […]  E prosegue con le raccomandazioni:  approvare una legge che garantisca il diritto alla registrazione anagrafica per tutti i figli indipendentemente dalla situazione giuridico–amministrativa dei genitori, senza la necessità di esibire documenti inerenti al soggiorno, in modo da evitare che ci siano “nati invisibili” con conseguenze aberranti di ordine sociale e sanitario»
22 giugno 2014 Una nota del MoVI (Notizie dal MoVI n 23-2014)e un articolo di Elia Beacco con le interviste a Frigerio e a me che si possono raggiungere dai link che trascrivo

http://www.moviduepuntozero.it/bambini-proibiti/

http://www.moviduepuntozero.it/bambini-invisibili/

6 maggio 2014 – Una misera petizione
Lo scorso mese di novembre ho scritto su change.org una petizioni e per l’on. Boldrini chiedendole di impegnarsi per la promozione della pdl 740.
Le avevo già scritto appena presentata la proposta e in entrambi i casi mi ha dato riscontro, facilitando anche – nell’ambito delle sue competenze- l’attribuzione della proposta alla commissione Affari Costituzionali, un luogo evidentemente di lunga giacenza (la proposta sta in quel contenitore dal 21 giugno 2013).
La petizione  – in dieci mesi – ha ottenuto 531 firme e, per assicurare un illuminante confronto quantitativo, segnalo che una petizione per impedire la caccia all’orso nei boschi del trentino ha ottenuto in pochi giorni più di 65.000 firme.
Per l’opinione pubblica italiana i bambini non sono una specie protetta e ai loro diritti si può applicare a rovescio l’art. 3 della Costituzione dove gli ostacoli da rimuovere diventino nei loro confronti (non nei confronti degli orsi, per carità!) segnali per la discriminazione.

Infine le donne

Ho più volte citato i rapporti della Convention on the Rights of the Child dove, in particolare nei rapporti 5 e 6 (2012 e 2013) si ricorda che «Il timore di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità (art. 7 CRC), nonché dell’art. 9 CRC contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori».
Dovrebbe essere considerato quindi non solo il danno al neonato, cui viene negata un’esistenza giuridicamente riconosciuta, alla vita familiare (di cui tanto si starnazza) ma anche alla salute della donna che partorisce di nascosto.
Da parte delle associazioni femminili – che ormai hanno evidentemente acquisito un concetto esclusivo di solidarietà nazionale e poco più– il silenzio è totale.
Non esistevano le ‘pari opportunità’?

29 Agosto 2014Permalink

28 agosto 2014 – Un documento confuso. I commenti domani

La pagina dell’ASGI che ricopio e commenterò, corrispondente all’indirizzo
che ricopio interamente

http://www.asgi.it/notizia/garantire-nati-genitori-stranieri-presenti-irregolarmente-registrazione-dei-figli-allatto-nascita/

26/08/2014

Garantire ai nati da genitori stranieri presenti irregolarmente la registrazione all’atto di nascita

L’ASGI sostiene la proposta di legge presentata da un gruppo di Deputati per reintrodurre esplicitamente gli atti di stato civile tra quelli per i quali non è necessaria l’esibizione dei documenti di soggiorno.

Nel 2009 con la legge n. 94 (c.d. “pacchetto sicurezza”) l’art. 6 del Testo Unico sull’Immigrazione 286/98 era stato modificato, diventando una norma che, se interpretata restrittivamente, poteva impedire la registrazione alla nascita dei figli di cittadini stranieri irregolari.
L’ASGI e altre Associazioni aveva avviato una campagna per evitare tali modifiche e successivamente lanciando un appello al Governo e alle Regioni al fine di emanare disposizioni attuative che potessero chiarire che l’obbligo di esibizione del permesso di soggiorno come modificato dal “Pacchetto sicurezza” non si applicasse alla dichiarazione di nascita ed al riconoscimento del figlio naturale, in quanto tra le possibili interpretazioni della legge, questa era ritenuta la sola conforme alla Costituzione e agli obblighi internazionali.

Con la circolare n.19 del 7 agosto 2009,il Ministero dell’interno ha dato chiarimenti in tal senso .

Tuttavia diverse associazioni che perseguono la tutela dei minori e rappresentanti politici richiedono da tempo che venga operata una modifica legislativa affinché si chiariscano definitivamente i dubbi.

Nell’ultimo Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione Onu sull’infanzia e l’adolescenza e i suoi Protocolli Opzionali il Gruppo CRC ribadisce la mancanza di modifiche normative necessarie ad assicurare la sicura registrazione anagrafica per i minori stranieri figli di cittadini presenti irregolarmente, così come già richiesto nel precedente rapporto e chiede alla presidenza del Consiglio dei Ministri di promuovere la riforma dell’art. 6 del Testo Unico sull’Immigrazione in modo da reintrodurre gli atti di stato civile tra i documenti per i quali non è necessaria l’esibizione del permesso di soggiorno.
Il 13 aprile 2013 un gruppo di Deputati del Parlamento italiano ha, perciò presentato una proposta di legge che mira a reintrodurre esplicitamente gli atti di stato civile tra quelli per i quali non è necessaria l’esibizione dei documenti di soggiorno all’interno dell’art. 6 del Testo Unico sull’Immigrazione 286/98.

“Lo Stato” – si legge nella premessa al testo della proposta di legge – “deve garantire anche ai nati da genitori stranieri presenti irregolarmente sul territorio nazionale la registrazione all’atto di nascita. Per fare ciò occorre accogliere l’interpretazione della circolare di cui si diceva, la quale inseriva anche la dichiarazione di nascita e di riconoscimento di filiazione tra i provvedimenti che non dovrebbero richiedere l’esibizione da parte dello straniero dei documenti di soggiorno, così da consentire anche agli stranieri presenti irregolarmente sul territorio nazionale di effettuare tale registrazione”.
La circolare diramata qualche giorno prima dell’entrata in vigore della legge 94/2009 secondo i parlamentari “non è riuscita a dirimere il dubbio circa l’interpretazione del citato articolo 6 e, va aggiunto, non potrebbe evitare il contrasto della norma con l’articolo 10 della Costituzione per violazione di norma del diritto internazionale generalmente riconosciuta.
Per ottenere la piena efficacia dell’articolo 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo e per garantire una uniforme applicazione del diritto su tutto il territorio nazionale si ravvede la necessità di una modifica legislativa dell’articolo 6 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, concludono i parlamentari italiani.

A questo scritto fa seguito l’indicazione “Per saperne di più”, cui fanno
ancora seguito due titoli, preceduti da un breve testo,  che riporto
con il link che trascrivo integralmente

http://www.asgi.it/famiglia-minori/dichiarazione-di-nascita-e-riconoscimento-del-figlio-naturale-da-parte-di-cittadini-stranieri-irregolarmente-soggiornanti-dopo-la-legge-n-942009/

05/08/2009

Dichiarazione di nascita e riconoscimento del figlio naturale da parte di cittadini stranieri irregolarmente soggiornanti dopo la legge n. 94/2009- l’appello delle associazioni 

La legge n. 94/2009 (c.d. “pacchetto sicurezza”) prevede una norma che, se interpretata restrittivamente, potrebbe impedire la registrazione alla nascita dei figli di cittadini stranieri irregolari.
L’A.S.G.I. e altre Associazioni, al fine di chiarire che l’obbligo di esibizione del permesso di soggiorno previsto da tale norma non si applica alla dichiarazione di nascita ed al riconoscimento del figlio naturale, in quanto tra le possibili interpretazioni della legge, questa viene ritenuta la sola conforme alla Costituzione e agli obblighi internazionali, ha inviato in data 5 agosto 2009 un appello al Governo e alle Regioni  al fine di emanare disposizioni attuative .

Appello al Governo – dichiarazione di nascita e riconoscimento del figlio naturale da parte di cittadini stranieri irregolarmente soggiornanti

Appello alle Regioni – dichiarazione di nascita e riconoscimento del figlio naturale da parte di cittadini stranieri irregolarmente soggiornanti

Con la circolare n. 19 del 7 agosto 2009 recante “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”. Indicazioni in materia di anagrafe e di stato civile, il Ministero dell’interno ha dato chiarimenti in tal senso .

Gli appelli, lunghi e circostanziati, identici – fatta eccezione nel secondo
del richiamo al ruolo delle regioni –sono entrambi raggiungibili.
Entrambi sono datati 5 agosto 2009.
Il secondo titolo merita attenzione per la cronologia e per il testo che si avvale di un linguaggio particolarmente fermo e determinato.  

10/03/2009

L’art. 45, comma 1, lett. f) del disegno di legge “Disposizioni in materia di sicurezza”, approvato dal Senato e attualmente all’esame della Camera (C. 2180), introduce l’obbligo per il cittadino straniero di esibire il permesso di soggiorno in sede di richiesta di provvedimenti riguardanti gli atti di stato civile, tra i quali sono inclusi anche gli atti di nascita.
L’ufficiale dello stato civile non potrà dunque ricevere la dichiarazione di nascita né di riconoscimento del figlio naturale da parte di genitori stranieri privi di permesso di soggiorno.
La norma che impedisce la registrazione della nascita si configura come una misura che oggettivamente scoraggia una protezione del minore e della maternità.

Una simile norma appare dunque incostituzionale sotto diversi profili.

La lettera dell’ASGI e dell’AIAF alle Istituzioni
AIAF: Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori

28 Agosto 2014Permalink

27 agosto 2014 – Una lettera a parlamentari

Così ho scritto ai parlamentari firmatari della pdl 740 e ai consiglieri regionali firmatari della ‘mozione 21’.
Ho scritto anche – per le competenze europee in fatto di diritti umani – alla on. Kyenge.

http://www.asgi.it/famiglia-minori/garantire-nati-genitori-stranieri-presenti-irregolarmente-registrazione-dei-figli-allatto-nascita/

Ai deputati firmatari della pdl 740 e p.c. ai consiglieri regionali del FVG firmatari della ‘mozione 21’.

Nel sito della Associazione per gli Studi giuridici sull’Immigrazione (ASGI) è stata pubblicata un’ampia documentazione relativa alla lettera g del comma 22 dell’art. 1 della legge 94/2009 perla cui modifica avete presentato la pdl 740.

Ve ne trascrivo l’incipit: ”L’ASGI sostiene la proposta di legge presentata da un gruppo di Deputati per reintrodurre esplicitamente gli atti di stato civile tra quelli per i quali non è necessaria l’esibizione dei documenti di soggiorno”.

Spero che questo vi conforti in un’azione di sollecito per l’approvazione della pdl da voi presentata

Augusta De Piero –  Udine

 

27 Agosto 2014Permalink

25 agosto 2014 – 25 agosto 1989 – Roberto Saviano ricorda Jerry Masslo

Mai sentito parlare di Jerry Masslo?

Fuggito dal Sudafrica dell’apartheid, ucciso da bianchi a Villa Literno. Venticinque anni fa l’Italia scopriva così gli immigrati e i razzisti. “Ecco perché non va dimenticato”

di ROBERTO SAVIANO    24 agosto 2014  (link)

Avevo dieci anni quando uccisero Jerry Masslo a Villa Literno. A colpirmi non fu tanto la morte di un ragazzo sudafricano ammazzato mentre difendeva il suo salario da una rapina, quanto la fiumana dei duecentomila che per lui sfilò poi a Roma. Sfilavano per un uomo ammazzato nel casertano. La sera in casa accendevamo il telegiornale e lì dentro si parlava di Villa Literno. Per me era come se il mondo ci avesse scoperto, come se avesse d’improvviso saputo che esistevamo e che campavamo in un territorio feroce. A quella manifestazione partecipò Tommie Smith, medaglia d’oro nel 1968 a Città del Messico, quello che assieme a Lee Evans era salito sul podio olimpico senza scarpe e alzato il pugno con il guanto nero al cielo. Era venuto apposta dagli Stati Uniti per sfilare in nome di Jerry Masslo.

Il contrappunto lo dava il silenzio di Villa Literno. Spettrale. Gli immigrati scappavano certi che gli omicidi non si sarebbero fermati.
L’Italia iniziò a conoscere così l’immigrazione e il mercato dell’oro rosso. Bastava che aumentasse di pochi centesimi il costo del salario dei raccoglitori per rendere fuori mercato i pomodori meridionali. Mille lire a cassetta riempita. Oggi circa tre euro e mezzo. La raccolta si regge sui braccianti africani e slavi, turni pesanti, lunghi, a prezzi bassi. Villa Literno ha diecimila abitanti, in estate seimila in più. La piazza principale è la “piazza degli schiavi” perché è lì che si fa trovare chi vuole essere reclutato dai caporali.

Le storie di quegli anni sono state rimosse, raccolte in una pubblicistica rada e quasi tutta accademica. Poche le eccezioni, tra cui i preziosi saggi di Giulio Di Luzio Non si fitta agli extracomunitari (Eir, 2014) e A un passo dal sogno (Besa Editore, 2006). Raccontano, anche, come l’arrivo dei braccianti stranieri iniziò a mettere in crisi il meccanismo criminale. Per esempio raccontano del 4 dicembre dell’86, di quando la camorra uccide Thomas Quaye e Gorge Anang. Trucidati a Castel Volturno, i loro corpi vengono mostrati nel centro del paese a mo’ di esempio: i due ragazzi – si diceva – avevano deciso di fumarsi una canna laddove questo era tollerato solo per i bianchi. Nell’agosto dell’87, sempre a Villa Literno, Fouad Khaimarouni, muratore marocchino, viene lanciato nel vuoto dalla finestra di una palazzina in costruzione dove aveva trovato riparo. Il 30 settembre 1988 il tanzaniano Juma Iddi Bayar viene ucciso a Mondragone: viveva in una proprietà di uomini vicini ai clan. Il 6 aprile 1989 Ben Alì Hassen, tunisino, ventisei anni, viene ammazzato a Casal di Principe: è accusato dai clan di organizzare il reclutamento di immigrati. Il 3 giugno dell’89 a Cancello Arnone ammazzano il trentunenne Abderrhmann Meftah e il 18 il marocchino Baid Bouchaid a Casapesenna, accusato dal pensionato che gli spara di essere andato a vivere troppo vicino alla sua villa. Eppure gli stranieri arrivano perché i caporali al servizio dei grandi gruppi conservieri offrono lavoro. Diventano una miniera anche per l’economia locale. Che inizia a speculare. Le “cucce” in vecchi casolari abbandonati vengono loro affittate a prezzi da hotel, e nelle rosticcerie i neri pagano il doppio mentre per loro nei bar ci sono solo bicchieri di plastica. Quelli portano le malattie.

Jerry Masslo viveva in una masseria abbandonata di Villa Literno quando il 25 agosto 1989 in quattro decidono di rapinare i salari dei braccianti. è un prelievo facile, che “balordi” non camorristi e spesso figli della piccola borghesia locale ogni tanto fanno. Arrivano in motorino all’alba per trovare gli africani ancora intontiti, si mettono una calza in testa e armati urlano ai “negri” di consegnare i soldi. Un ragazzo sudanese prova ad avvertire gli altri di scappare, gli spaccano la testa con il calcio della pistola e gli rubano un milione e mezzo di lire che teneva sotto il cuscino. Decine di ragazzi corrono verso le campagne. Jerry Masslo. Anche lui corre, corre e inciampa ricordano i testimoni, cade quasi in ginocchio davanti ai rapinatori, alza le mani ma non consegna i soldi. Parla in inglese, una sola domanda: “Why?”, perché, e lo chiede ancora e ancora e ancora. Troppe volte. Quattro colpi lo colpiscono all’addome, i rapinatori feriscono anche un ragazzo keniota. Finiti i proiettili scappano sui motorini. Jerry Masslo resta a terra.

La sua morte non passa inosservata come quelle degli altri immigrati. Esiste un momento in cui il sangue si cumula, litri su litri, e supera la linea di invisibilità dello sguardo. L’Italia si accorge dell’immigrazione, più di un milione di persone le cui condizioni di vita sono ignorate. Masslo era un rifugiato politico riconosciuto dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite. Era fuggito dal regime razzista di Pretoria e riparato in Italia grazie all’intervento di Amnesty International che in un comunicato scriverà: “Jerry Essan Masslo è stato ucciso da alcuni bianchi che riteneva più accoglienti di quelli che aveva imparato a conoscere in Sudafrica”. L’intera società civile prende posizione, preti sindacalisti amministratori ministri tutti si sentono chiamati in causa. L’indignazione porta alla legge Martelli che per la prima volta regolamenterà l’immigrazione ridefinendo lo status di rifugiato. Masslo muore che aveva trentanove anni. Prima di arrivare a Villa Literno era stato ospitato a Roma, nella casa di accoglienza “La tenda di Abramo”. Aveva partecipato alla sua inaugurazione alla presenza dell’arcivescovo Desmond Tutu. Aveva cantanto Cry Freedom, inno contro l’apartheid. In Sudafrica aveva perso il padre e un figlio, Jeremy, che aveva sette anni, uccisi a Soweto durante una manifestazione. Fu allora che, con suo fratello, decise di scappare. La moglie e gli altri figli fuggono in Zambia. Loro si imbarcano a Cape Town. Il fratello si ammala. Quando la nave fa una sosta in Nigeria, Jerry scende per procurarsi i medicinali. Non lo fanno più risalire, resta lì, vende tutto ciò che ha. Un orologio, un braccialetto d’oro, riesce a comprare un biglietto aereo per l’Italia. Quando atterra a Fiumicino la polizia lo trattiene in aeroporto, ci starà un mese, il tempo di riuscire a far valere la sua condizione di rifugiato politico. L’Italia doveva essere solo una tappa nel suo progetto di nuova vita. Il vero obiettivo è il Canada, certo che laggiù ci sarà pieno riconoscimento dei suoi diritti mentre l’Italia concede l’asilo politico solo ai richiedenti dell’Est europeo. Per questo motivo il rifugiato Jerry Essan Masslo non potrà cercare un lavoro regolare. Ma potrà andare a raccogliere pomodori a Villa Literno per quattordici ore al giorno.

Venticinque anni sono passati. Non sembrano così tanti. La memoria dei sentimenti dilata se stessa incurante della dimensione temporale, vive in un continuo presente. Molte cose sono cambiate e molte sono rimaste immobili. Le accuse generiche nei confronti degli immigrati sono le stesse di allora. Lo ius soli è un miraggio. Migliaia di ragazzi nascono in Italia, studiano in Italia, vivono formandosi come italiani e ancora non hanno passaporto italiano perché figli di stranieri. Eppure. Nell’Italia del sud, cerniera tra Europa e Africa, i migranti arrivano là dove gli italiani abbandonano, costruiscono lavoro e mercato. Portano diritti. Yvan Saignet, per esempio, ingegnere camerunense, raccoglitore di pomodori in Puglia: è riuscito a ottenere che in Italia venisse introdotto il reato di caporalato. Ed è proprio dalla lotta contro razzismo e caporalato che al Sud sono nate le esperienze politiche migliori. L’impegno del vescovo Nogaro, faro di saggezza nei momenti più duri della storia del casertano. Renato Natale oggi sindaco a Casal di Principe. Dimitri Russo sindaco di Castel Volturno. Castel Volturno è la città più africana d’occidente. Dovrebbe essere un laboratorio prezioso, rischia di essere un ghetto dove anche gli amministratori perbene non riusciranno, soli, a mutare il corso delle cose.

La storia di Masslo non va dimenticata non solo per conservare il dolore per lo spreco di una vita preziosa colma di forza. Ma per mostrare che il percorso iniziato è ancora lontano da compiersi. I conflitti innescati dai flussi migratori sono naturali, innaturale è che in Italia non ci sia ancora una vera strada per stabilizzare la presenza migrante considerandola una risorsa preziosa. Siamo ancora lontani dall’avere un numero importante di imprenditori, medici, poliziotti, africani o di origine africana in grado di nutrire un nuovo percorso di integrazione. L’unica strada per risolvere le contraddizioni è quella semplice da individuare e ardimentosissima da realizzare: il riconoscimento dei diritti. E questo Jerry Essan Masslo lo aveva capito sino in fondo.

NOTA – Una traccia di storia del nostro degrado
La legge Martelli (28 febbraio 1990 n. 39) abrogò la ‘riserva geografica’.
Sarebbe poi venuta la legge Turco Napolitano (n. 40 del 6 marzo 1998),
la Bossi Fini (
30 luglio 2002, n. 189),
il pacchetto sicurezza voluto dal ministro Maroni (n.94 del 15 luglio 2009)

 

25 Agosto 2014Permalink

21 agosto 2014 – Un articolo di Desmond Tutu

L’Arcivescovo Emerito Desmond Tutu, in un articolo in esclusiva per Haaretz, ha lanciato un appello per un boicottaggio globale di Israele, chiedendo con urgenza a israeliani e palestinesi di essere migliori dei loro leader, nel cercare una soluzione sostenibile alla crisi in Terra Santa.

14 Agosto 2014 | 21:56 
Originale pubblicato su http://www.haaretz.com/opinion/1.610687 –
Traduzione realizzata dalla Comunità di Avaaz. 

Chi volesse collegarsi ad Avaaz può farlo anche da qui

Il mio appello al popolo di Israele: liberate voi stessi liberando la Palestina
di Desmond Tutu

Le scorse settimane hanno visto una mobilitazione senza precedenti della società civile di tutto il mondo contro l’ingiustizia e la brutalità della sproporzionata risposta israeliana al lancio di razzi dalla Palestina.

Se si contano tutte le persone che si sono radunate lo scorso fine settimana a Città del Capo, a Washington DC, a New York, a Nuova Delhi, a Londra, a Dublino, a Sidney ed in tutte le altre città del mondo per chiedere giustizia in Israele e Palestina, ci si rende subito conto che si tratta senza dubbio della più grande ondata di protesta di sempre dell’opinione pubblica riguardo ad una singola causa.

Circa venticinque anni fa, ho partecipato a diverse grandi manifestazioni contro l’apartheid. Non avrei mai immaginato che avremmo rivisto manifestazioni tanto numerose, ma sabato scorso a Città del Capo l’affluenza è stata uguale se non addirittura maggiore. C’erano giovani e anziani, musulmani, cristiani, ebrei, indù, buddisti, agnostici, atei, neri, bianchi, rossi e verdi… come ci si aspetterebbe da una nazione viva, tollerante e multiculturale.

Ho chiesto alla gente in piazza di unirsi al mio coro: “Noi ci opponiamo all’ingiustizia dell’occupazione illegale della Palestina. Noi ci opponiamo alle uccisioni indiscriminate a Gaza. Noi ci opponiamo all’indegno trattamento dei palestinesi ai checkpoint e ai posti di blocco. Noi ci opponiamo alla violenza da chiunque sia perpetrata. Ma non ci opponiamo agli ebrei.”

Pochi giorni fa, ho chiesto all’Unione Internazionale degli Architetti, che teneva il proprio convegno in Sud Africa, di sospendere Israele dalla qualità di Paese membro.

Ho pregato le sorelle e i fratelli Israeliani presenti alla conferenza di prendere le distanze, sia personalmente che nel loro lavoro, da progetti e infrastrutture usati per perpetuare un’ingiustizia. Infrastrutture come il muro, i terminal di sicurezza, i posti di blocco e gli insediamenti costruiti sui territori Palestinesi occupati.

Ho detto loro: “Quando tornate a casa portate questo messaggio: invertite la marea di violenza e di odio unendovi al movimento nonviolento, per portare giustizia a tutti gli abitanti della regione”.

In poche settimane, più di 1 milione e 600mila persone in tutto il mondo hanno aderito alla campagna lanciata da Avaaz chiedendo alle multinazionali che traggono i propri profitti dall’occupazione della Palestina da parte di Israele e/o che sono coinvolte nell’azione di violenza e repressione dei Palestinesi, di ritirarsi da questa attività. La campagna è rivolta nello specifico a ABP (fondi pensionistici olandesi); a Barclays Bank; alla fornitura di sistemi di sicurezza (G4S), alla francese Veolia (trasporti); alla Hewlwtt-Packard (computer) e alla Caterpillar (fornitrice di Bulldozer).

Il mese scorso 17 governi della UE hanno raccomandato ai loro cittadini di astenersi dal fare affari o investimenti negli insediamenti illegali israeliani.

Abbiamo recentemente assistito al ritiro da banche israeliane di decine di milioni di euro da parte del fondo pensione olandese PGGM e al ritiro da G4S della Fondazione Bill e Melinda Gates; e la Chiesa presbiteriana degli Stati Uniti ha ritirato una cifra stimata in 21 milioni dollari da HP, Motorola Solutions e Caterpillar.

Questo movimento sta prendendo piede.

La violenza genera solo violenza ed odio, che generano ancora più violenza e più odio.

Noi sudafricani conosciamo la violenza e l’odio. Conosciamo la pena che comporta l’essere considerati la puzzola del mondo, quando sembra che nessuno ti comprenda o sia minimamente interessato ad ascoltare il tuo punto di vista. È da qui che veniamo.

Ma conosciamo anche bene i benefici che sono derivati dal dialogo tra i nostri leader, quando organizzazioni etichettate come “terroriste” furono reintegrate ed i loro capi, tra cui Nelson Mandela, liberati dalla prigione, dal bando e dall’esilio.

Sappiamo che, quando i nostri leader cominciarono a parlarsi, la logica della violenza che aveva distrutto la nostra società si è dissipata ed è scomparsa. Gli atti di terrorismo iniziati con i negoziati, quali attachi ad una chiesa o ad un pub, furono quasi universalmente condannati ed i partiti responsabili furono snobbati alle elezioni.

L’euforia che seguì il nostro votare assieme per la prima volta non fu solo dei sudafricani neri. Il vero trionfo della riappacificazione fu che tutti si sentirono inclusi. E dopo, quando approvammo una costituzione così tollerante, compassionevole e inclusiva che avrebbe reso orgoglioso anche Dio, tutti ci siamo sentiti librerati.

Certo, avere un gruppo di leader straordinari ha aiutato.

Ma ciò che alla fine costrinse questi leader a sedersi attorno al tavolo delle trattative fu l’insieme di strumenti persuasivi e non violenti messi in pratica per isolare il Sudafrica economicamente, accademicamente, culturalmente e psicologicamente.

A un certo punto – il punto di svolta – il governo di allora si rese conto che preservare l’apartheid aveva un costo superiore ai suoi benefici.

L’interruzione, negli anni ’80, degli scambi commerciali con il Sud Africa da parte di aziende multinazionali dotate di coscienza, è stata alla fine una delle azioni chiave che ha messo in ginocchio l’apartheid, senza spargimenti di sangue. Quelle multinazionali avevano compreso che, sostenendo l’economia del Sud Africa, stavano contribuendo al mantenimento di uno status quo ingiusto.

Quelli che continuano a fare affari con Israele, che contribuiscono a sostenere un certo senso di “normalità” nella società Israeliana, stanno arrecando un danno sia agli israeliani che ai palestinesi. Stanno contribuendo a uno stato delle cose profondamente ingiusto.

Quanti contribuiscono al temporaneo isolamento di Israele, dichiarano così che Israeliani e Palestinesi in eguale misura hanno diritto a dignità e pace.

In sostanza, gli eventi accaduti a Gaza nell’ultimo mese circa stanno mettendo alla prova chi crede nel valore degli esseri umani.

È sempre più evidente il fallimento dei politici e dei diplomatici nel fornire risposte e che la responsabilità di negoziare una soluzione sostenibile alla crisi in Terra Santa ricade sulla società civile e sugli stessi abitanti di Israele e Palestina.

Oltre che per le recenti devastazioni a Gaza, tante bellissime persone in tutto il pianeta – compresi molti Israeliani – sono profondamente disturbate dalle quotidiane violazioni della dignità umana e della libertà di movimento cui i Palestinesi sono soggetti a causa dei checkpoint e dei posti di blocco. Inoltre, la politica Israeliana di occupazione illegale e di costruzione di insediamenti cuscinetto in una terra occupata aggrava la difficoltà di raggiungere in futuro un accordo che sia accettabile per tutti.

Lo stato di Israele si sta comportando come se non ci fosse un domani. Il suo popolo non potrà avere la vita tranquilla e sicura che vuole – e a cui ha diritto – finché i suoi leader continueranno a mantenere le condizioni che provocano il conflitto.

Io ho condannato quanti in Palestina sono responsabili dei lanci di missili e razzi contro Israele. Soffiano sulle fiamme dell’odio. Io sono contrario ad ogni manifestazione di violenza.

Ma dobbiamo essere chiari che il popolo palestinese ha ogni diritto di lottare per la sua dignità e libertà. È una lotta che ha il sostegno di molte persone in tutto il mondo.

Nessuno dei problemi creato dagli esseri umani è irrisolvibile, quando gli esseri umani stessi si impegnano a risolverlo con il desiderio sincero di volerlo superare. Nessuna pace è impossibile quando la gente è determinata a raggiungerla.

La Pace richiede che israeliani e palestinesi riconoscano l’essere umano in loro stessi e nell’altro, che riconoscano la reciproca interdipendenza.

Missili, bombe e insulti non sono parte della soluzione. Non esiste una soluzione militare.

È più probabile che la soluzione arrivi dallo strumento nonviolento che abbiamo sviluppato in Sud Africa negli anni ’80, per persuadere il governo della necessità di modificare la propria linea politica.

Il motivo per cui questi strumenti – boicottaggio, sanzioni e disinvestimenti – si rivelarono efficaci, sta nel fatto che avevano una massa critica a loro sostegno, sia dentro che fuori dal Paese. Lo stesso tipo di sostegno di cui siamo stati testimoni, nelle utlime settimane, a favore della Palestina.

Il mio appello al popolo di Israele è di guardare oltre il momento, di guardare oltre la rabbia nel sentirsi perennemente sotto assedio, nel vedere un mondo nel quale Israele e Palestina possano coesistere – un mondo nel quale regnino dignità e rispetto reciproci.

Ciò richiede un cambio di prospettiva. Un cambio di mentalità che riconosca come tentare di perpetuare l’attuale status quo equivalga a condannare le generazioni future alla violenza e all’insicurezza. Un cambio di mentalità che ponga fine al considerare ogni legittima critica alle politiche dello Stato come un attacco al Giudaismo. Un cambio di mentalità che cominci in casa e trabocchi fuori di essa, nelle comunità, nelle nazioni e nelle regioni che la Diaspora ha toccato in tutto il mondo. L’unico mondo che abbiamo e condividiamo.

Le persone unite nel perseguimento di una causa giusta sono inarrestabili. Dio non interferisce nelle faccende della gente, ha fiducia nel fatto che noi cresceremo ed impareremo risolvendo le nostre difficoltà e superando le nostre divergenze da soli. Ma Dio non dorme. Le Scritture Ebraiche ci dicono che Dio è schierato dalla parte del debole, dalla parte di chi è senza casa, della vedova, dell’orfano, dalla parte dello straniero che libera gli schiavi nell’esodo verso la Terra Promessa. Fu il profeta Amos che disse che dobbiamo lasciar scorrere la giustizia come un fiume.

La giustizia prevarrà alla fine. L’obiettivo della libertà del popolo palestinese dall’umiliazione e dalle politiche di Israele è una causa giusta. È una causa che lo stesso popolo di Israele dovrebbe sostenere.

Nelson Mandela disse che i Sudafricani non si sarebbero potuti sentire liberi finché anche i Palestinesi non lo fossero stati.
Avrebbe potuto aggiungere che la liberazione della Palestina libererà anche Israele.

21 Agosto 2014Permalink

11 agosto 2014 – In Italia i nuovi nati non sono tutti uguali – 2

Una registrazione anagrafica normale

La discussa e ben nota questione della registrazione dei gemelli nati dalla fecondazione assistita ma partoriti da una madre in cui era stato impiantato un embrione altrui (a causa di errore umano o da computer) è stata risolta nel più normale dei modi:
«I bambini, un maschio e una femmina – sono stati registrati all’anagrafe con il cognome del marito della donna che li ha dati alla luce e ciò, secondo la legge italiana, sancisce a tutti gli effetti il loro “status filiale”».
e, secondo quanto ha scritto il magisrato Vladimiro Zagrebelski,
«Nella nuova situazione venutasi a creare con la nascita dei due gemelli e la formazione del loro atto di nascita per effetto della dichiarazione della madre che li ha partoriti, essi hanno un nome, un cognome e una famiglia in cui crescere»

Altri pareri sottolineano questa situazione some definitiva.

In un caso drammatico (e che deve essere atrocemente doloroso per la coppia che ha inconsapevolmente fornito il proprio embrione fecondato ad altri) emerge una soluzione (realizzata, come dovuto, nel prioritario interesse dei minori) che segue l’iter di una piena normalità

Un iter normale

Una donna partorisce e riconosce come suo il bambino che ha appena messo al mondo.
E’ il primo passo che avviene in sala parto. Se così non fosse quel bambino entrerebbe immediatamente nello stato di adottabilità.
Se quella donna è sposata suo marito, quando si reca in comune (ed è auspicabile lo faccia immediatamente), provvede alla registrazione anagrafica a seguito della quale il bambino avrà un certificato di nascita in cui sarà registrato il suo nome giuridicamente riconosciuto, il nome dei suoi genitori, la sua cittadinanza.
La cittadinanza sarà italiana se figlio di italiani o d’altra nazione se i suoi genitori fossero stranieri.
Se la coppia dei genitori non fosse sposata – e il padre volesse riconoscere come suo il figlio – è prevista una procedura di riconoscimento.
Se così non fosse la madre può registrare il figlio come suo.
La legge n. 219/2012 ha previsto l’unificazione dello stato giuridico di figlio, con totale eliminazione di ogni differenza tra figli legittimi, naturali e adottivi.
E’ possibile seguire la normale procedura anche in molti ospedali – dove un funzionario sia stato delegato ad agire come ufficiale di stato civile.

Una deroga a norma razzista

Nella nuova situazione venutasi a creare con l’approvazione della legge 94/2009 (art. 1, comma 22, lettera g), qualora i genitori – o uno dei due – non  abbiano il permesso di soggiorno, anche se la madre riconosce il suo bambino questo non ha un nome, un cognome e non gli è concesso di avere una famiglia in cui crescere, che sia legalmente riconosciuta tale.
Dice il gruppo di associazioni cui è affidato il monitoraggio della Convenzione di New York sui diritti dei minori: «Il timore di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità (art. 7 CRC), nonché dell’art. 9 CRC contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori»
Nel 7morapporto – che si può leggere da qui e anche nel sito dell’Associazione Studi giuridici immigrazione – è riportata la raccomandazione che integralmente trascrivo:
«Il Comitato ONU è preoccupato per le restrizioni  legali e pratiche al diritto dei minorenni di origine straniera di essere registrati alla nascita. In particolare, il Comitato esprime preoccupazione per come la L. 94/2009 sulla pubblica sicurezza renda obbligatorio per i non cittadini mostrare il permesso di soggiorno per gli atti inerenti il registro civile» (cap. 3.1 pag. 47)

Quindi ci è testimoniata l’esistenza di bambini a rischio per legge. Sono infatti privi di riconoscimento giuridico e di famiglie cui è negata – per legge (non per una patologia da infertilità) – la filiazione per un discrimine burocratico (il permesso di soggiorno).

Perché?

Nel caso dei gemelli nati dopo lo scambio di embrioni la coppia biologica e la coppia gestante hanno avuto tutti i mezzi necessari per affrontare una procedura sanitaria onerosa sotto tanti aspetti e per affrontare ora la situazione giuridica (esperti autorevoli, competenti e noti, giornalisti attenti.
Le coppie prive di permesso di soggiorno sono straniere (e nella loro identificazione in legge scatta il discrimine inequivocabilmente razzista), non hanno certamente i mezzi finanziari per promuovere il processo di cui sopra, sono abbandonate alla loro paura da un’opinione pubblica disposta più ad emozionarsi che a ragionare.
Di fronte a un’opinione pubblica che si muove perciò solo se si tratta di ‘sensibilità’ (non voglio capire che roba sia e preferisco non  esprimere le mie ipotesi), le associazioni che si dicono finalizzate alla tutela dei diritti in buona parte tacciono e quelle che dicono qualche cosa non sono ascoltate.
Delle poche non ammutolite ho parlato nel mio blog che è poco letto e, se non serve alla loro notorietà e al loro onore, è utile almeno al mio conforto.
In parlamento si giace una proposta di legge che sarebbe risolutiva se approvata ma il suo dibattito non è stimolato neppure dai firmatari (Il testo integrale si può leggere nel blog del 17 giugno 2013 e da qui). https://diariealtro.it/?p=2393.
Ho l’impressione che i parlamentari siano scossi più che dalla negazione dei diritti dei soggetti a debole contrattualità dall’agitarsi di lobbies numerose che ammicchino a una scambio di voti.

Forse alla fine dovrò scusarmi per aver presentato una petizione alla Presidente Boldrini che si può leggere (e firmare!)
Finora lo hanno fatto in 531 persone che ringrazio.
https://www.change.org/it/petizioni/laura-boldrini-mai-pi%C3%B9-bambini-invisibili-agli-occhi-dello-stato-italiano

11 Agosto 2014Permalink

10 agosto 2014 – In Italia i nuovi nati non sono tutti uguali – 1

Neonati probabilmente amati, certamente non rispettati

L’analogia di due situazioni specularmente contrapposte – quella dei gemelli contesi fin dall’embrione – e quella dei figli dei migranti privi di permesso di soggiorno – è sconvolgente.

Ai primi è stato giustamente e doverosamente assicurato un nome e segnato sul certificato di nascita di cui hanno rimediatemene avuto certezza, ai secondi tutto questo è negato.

Per oggi mi limito a citare alcuni articoli che credo sufficienti per far conosce  la situazione. In seguito cercherò di ragionarci.

Il Sole 24 Ore  –  8 agosto

Ho letto su Il Sole 24 Ore dell’8 agosto un articolo importante che non voglio riassumere e di cui sottolineo un  passaggio che comunque ho ritrovato anche nei commenti di altri quotidiani. L’evidenziazione in grassetto è mia.

Nati e già registrati all’anagrafe i gemelli contesi  di S.Bio.

Sono nati già da alcuni giorni, lontano da Roma e con un parto cesareo, i due gemelli contesi da quattro genitori (genitori genetici e coppia gestante), a causa dello scambio di embrioni avvenuto nel dicembre 2013 durante un processo di fecondazione assistita nel reparto di Infertilità dell’ospedale Sandro Pertini di Roma. I bambini, un maschio e una femmina – sono stati registrati all’anagrafe con il cognome del marito della donna che li ha dati alla luce e ciò, secondo la legge italiana, sancisce a tutti gli effetti il loro «status filiale».

«Siamo contenti. Molto contenti: i nostri figli sono nati, stanno bene e li abbiamo già registrati all’anagrafe. Nessuno potrà più toglierceli», dice al quotidiano la donna che ha partorito. «Ci rendiamo conto della sofferenza» dell’altra coppia «e questo ci fa male, ma noi eravamo stati disponibili ad incontrarli. C’è una email che dimostra come avessimo chiesto di conoscere il motivo dell’incontro, e invece non ci hanno neppure risposto».
Intanto inizierà comunque questa mattina alle ore 11 al Tribunale civile di Roma la prima udienza sul caso dei due gemelli, che era stata anticipata di 10 giorni dal giudice Silvia Albano proprio per arrivare a una deliberazione prima della nascita dei bambini, prevista per metà agosto.

Erano stati i genitori biologici a presentare ricorso.

Intanto il giudice, Silvia Albano, della I sezione del Tribunale civile di Roma, si è riservato di decidere in merito al ricorso con il quale si sollecitava di bloccare le pratiche di iscrizione all’anagrafe dei due gemelli nati il 3 agosto a seguito dello scambio di embrioni avvenuto all’ospedale Sandro Pertini. Lo ha riferito l’avvocato Michele Ambrosini al termine dell’udienza durante circa un’ora e mezza. Il giudice della I Sezione Civile dovrà esprimersi in merito a tutte le questioni sollecitate nel ricorso presentate dai genitori biologici dei due gemelli che avevano chiesto di bloccare l’iscrizione all’anagrafe in vista del parto che sarebbe dovuto avvenire a metà agosto.

«Il giudice non ha dato un termine per sciogliere la riserva – ha spiegato l’avvocato Michele Ambrosini – Certamente ora la sua decisione terrà conto anche del fatto che, essendo avvenuta già alla nascita dei due gemelli, la richiesta viene meno».
Ai giornalisti, che chiedevano se è possibile ordinare la cancellazione all’anagrafe già compiuta, l’avvocato Ambrosini ha spiegato che si tratterebbe di un fatto contro la legge».
«Indubbiamente la richiesta di risarcimento verrà fatta anche se sarà problematico stabilire le varie voci» ha poi detto il legale della coppia di genitori che ha dato alla luce i due gemelli. Entrando nel Tribunale civile, l’avvocato Ambrosini ha aggiunto che «la decisione di partorire da parte della mia assistita è stata cooptata da due elementi: il primo è quello della volontà di dare alla vita i bambini che aveva in grembo e il secondo dal fatto che le norme la tutelano. La mia assistita è infatti tutelata dall’art.236 del diritto di famiglia, dalle sentenze della Corte europea e da ultimo dalla sentenza della Corte costituzionale 2014. Ci sono delle leggi di riferimento anche se si è verificato un errore umano (lo scambio di embrioni, ndr) ma la coppia ha fatto una scelta che la tutela».

Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2014 alle ore 09:47.

La stampa  –  9 agosto

Su La Stampa del 9 agosto, c’è un articolo di Vladimiro Zagrebelsky magistrato italiano, giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo dal 2001 al 2010.
Purtroppo non ne ho trovato il link per trasferirlo interamente, quindi mi limito a ricopiarne alcuni tratti.
L’evidenziazione in grassetto è mia.

La legge mette comunque i bambini la primo posto

Nella nuova situazione venutasi a creare con la nascita dei due gemelli e la formazione del loro atto di nascita per effetto della dichiarazione della madre che li ha partoriti, essi hanno un nome, un cognome e una famiglia in cui crescere.
<…>
Si è da più parti detto che questa vicenda sarebbe caduta in un vuoto giuridico, nell’assenza di una legge regolatrice. Non è così. Non è mai così. Potrà talora essere difficile ricostruire la disciplina legislativa di una data situazione , traendola da tante leggi divere, da convenzioni internazionali, dai principi generali, dalla Costituzione.
Ma il giudice non può rinunciare a decidere. D’altra parte, come stiamo vedendo, il Codice civile contiene le norme che assicurano subito ai nati il lro stato di filiazione <…>

Una fotografia crudele

In un quotidiano che non nomino (perché potrebbe essere il solo) c’è – in testa a un articolo – la foto di due neonati accostati.
Sono gemelli? Sono quei gemelli?
L’identificazione da parte di chi legge può essere automatica.
Se la fotografia appartiene ad altri è un inopportuno specchietto per l’allodola lettore, e comunque assenza di rispetto nei confronti dei piccoli usati per suscitare emozioni, se è dei gemelli discussi è un’indecenza priva di ogni umana dignità, una violenza a quei bambini già vittime di un  errore umano.

10 Agosto 2014Permalink

8 agosto 2014 — Autoctoni italiani con competenze inconsuete

 Sorpresa e sgomento
Da cinque anni mi occupo della norma, che anche l’ONU ci ha chiesto di abrogare, per cui ai genitori di bimbi che nascono i Italia e siano privi di permesso di soggiorno non è concesso registrarne la nascita (legge 94/2009 – art. 1 comma 22 lettera g):
Dal 2013 esiste una proposta di legge (alla dis-attenzione della commissione Affari Costituzionali) che risolverebbe il problema senza oneri di spesa se mai qualche parlamentare se ne occupasse efficacemente tanto da farla approvare.
Ho parlato con parecchie persone (normali cittadini, amministratori, parlamentari) e ho trovato nell’ordine: ignoranza del problema, disinteresse, incredulità, disattenzione, condivisione.
La petizione che chiede alla presidente della camera di sollecitare il dibattito di quella proposta in quasi dieci mesi ho ottenuto 532 voti..

Leggo su La Repubblica un articolo che collego qui, per chi volesse leggerlo tutto, e da cui ricopio un breve tratto
«Questa mattina era fissata l’udienza al tribunale civile di Roma sul caso dei due gemelli che era stata sollecitata dai genitori biologici, che rivendicavano lo status di ‘veri genitori’ dei gemelli e avevano presentato un ricorso urgente chiedendo, in primo luogo, di bloccare tutte le pratiche di registrazione all’ ufficio comunale delle nascite. L’udienza era stata anticipata di alcuni giorni proprio per arrivare a una deliberazione prima della nascita dei bambini che però nel frattempo è avvenuta, così come la registrazione all’anagrafe.

Dopo un’ora e mezzo di udienza il giudice del tribunale Silvia Albano si è riservata di decidere sull’ammissibilità del ricorso».

 Ne deduco che gli adulti coinvolti, sia la coppia che aveva partorito i gemelli a seguito dell’impianto di un embrione sbagliato, sia la coppia di coloro che l’esame del DNA risultano genitori biologici (almeno uno dei due) sapessero cosa significa registrazione anagrafica e le conseguenze che questa comporta.
Per assicurare ai nuovi nati il diritto ad esistere come figli loro hanno assunto avvocati disponibili ad affrontare il caso nuovo e controverso.

Sono certa che da entrambe le parti si troveranno motivi per affermare il buon diritto ad avere i piccoli, a favore  dell’una coppia o dell’altra.

Una questione proprietaria.

Credo che i bambini non c’entrino – e spero che non verranno a conoscere mai questo dibattito come qualche cosa che li riguardi. Sarebbe troppo squallido, tanto squallido quanto la richiesta di assicurare per legge un donatore che abbia lo stesso colore della pelle dei ‘genitori’.
Anch’io se compero una giacca mi assicuro che non sia incompatibile con la gonna con cui la indosserò. Non ho altro da dire perché questo mi sembra il piano del contendere cromatico.
Se quei bambini avessero genitori indiscutibili dal punto di vista naturale e legale, desiderosi di riconoscerli come figli, ma quei genitori non disponessero del permesso di soggiorno, nessuno se ne occuperebbe.
Chi è privo di permesso di soggiorno normalmente non riesce a pagare avvocati e quindi il rischio a vita dei piccoli condannanti all’inesistenza giuridica non interessa alcuno..

Le associazioni ‘impegnate’ nel  volontariato e le chiese

Salvo due o tre casi ininfluenti nemmeno costoro  se ne interessano.
Neonati non di prima scelta non assicurano contributi e non danno fama.
Nell’ambito cattolico ufficiale (salvo qualche grida sulla sorte degli ovuli fecondati e non fruiti e poco più) c’è stato un virulento interesse per il problema nel 2005 quando il card. Ruini – con un’azione formalmente finalizzata alla tutela della legge 40 ma oggettivamente intesa a denigrare l’istituto del referendum – contribuì a far fallire per mancanza di voti la consultazione popolare.
Che pensino Sua Eminenza e i di lui sodali dell’atroce caso dei gemelli contesi non lo so. Posso immaginare i lai che alzeranno pur senza avere la soluzione confortante per nessuno. Probabilmente non sanno nemmeno loro come quel certificato di nascita andrebbe compilato. .
Quello che so è che Sua Eminenza e sodali ampiamente intesi non si sono mai occupati dei bambini cui è negato il certificato di nascita.
Un autorevole personaggio dell’allegra compagnia da me interpellato mi ha detto “Non mi occupo di procedure, ma di valori”.
Gli ho risposto: “E io mi occupo di procedure ma non di ipocriti perché non li sopporto.”.
E persisto nella mia intolleranza.

PS: Per correttezza devo dire che neppure le chiese protestanti si sono occupate del certificato di nascita negato. Riconosco però che hanno una lieve giustificazione nella loro debolezza contrattuale nel panorama italiano.
Presto ci sarà il Sinodo della chiesa valdese. Sarebbe bello avesse qualche cosa da dire o spero troppo?

8 Agosto 2014Permalink