18 giugno 2013 – Cercando di rendere visibili i bambini fantasma.

Ieri nel mio blog ho scritto dei bambini fantasma, considerando la proposta di legge di cui ho riportato il testo come un primo possibile sguardo su di loro o almeno per non  essere coloro che si rendono disponibili a produrne.
Oggi ne ho scritto al Sindaco di Udine. So bene che non è compito suo votare leggi, ma sollecitare iniziative necessarie a tutela dei soggetti più deboli sì.
Ne ho mandato copia anche ad alcuni assessori e consiglieri comunali.
Se qualche cosa accadrà ne darò notizia.

Lettera aperta

Egregio prof Honsell,
con questa lettera mi rivolgo al Sindaco della città dove sono nata e vivo per segnalare una questione che da anni mi tormenta.
Nel 2009 quando fu approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza venne introdotta una modifica, secondo me di squallida portata storica, alla norma che era stata introdotta con la legge Turco Napolitano e rispettata persino dalla Bossi Fini.
Precedentemente al 2009 infatti il testo unico sull’immigrazione non richiedeva l’esibizione del permesso di soggiorno per alcuni documenti tra cui gli atti di stato civile o inerenti l’accesso a pubblici servizi.
Nel 2009, con la legge 94 (lettera g, comma 22, art. 1) si impose la presentazione del permesso di soggiorno anche per la registrazione degli atti di stato civile.
Lo stesso governo che aveva voluto quella norma, blindandola con un voto di fiducia, non potendo violare norme internazionali che impongono la registrazione anagrafica per ogni nuovo nato, intervenne con una circolare ‘interpretativa’ che consente ciò che la legge nega.
Vedo in questo anche un vulnus al ruolo del sindaco, custode dell’evidenza della popolazione del suo comune, che non può rifiutare ai nuovi nati il certificato di nascita, accontentandosi della labilità di una circolare che potrebbe essere abrogata senza intervento parlamentare.

So che ora si propongono iniziative non solo per il passaggio dal principio di jus sanguinis a quello di jus soli, come fondamento della cittadinanza, ma anche per ripristinare il regime precedente il 2009 per ciò che concerne la registrazione anagrafica, registrazione che non consegue automaticamente dall’attribuzione della cittadinanza, quale che sia, come ho scoperto essere convinzione di molti (per chiarezza mi riferisco alla pdl 740/2013).

Purtroppo per la questione dello jus soli il significato delle proposte è affogato dentro un bellissimo slogan ‘L’Italia sono anch’io’ che spesso nasconde il necessario approccio al tema, che merita certamente adesione ma deve accompagnato da quella consapevolezza critica che è la condizione necessaria per ogni efficace attuazione di un principio.
Per la registrazione anagrafica non è così. La modifica necessaria e – a mio parere anche urgente- della norma in vigore passa attraverso la correttezza della legge, per non ridursi a fonte di emozioni, piacevoli a viversi ma inutili a dare dignità alla vita stessa di coloro cui il riconoscimento di tale dignità è sottratto all’origine. E in una operazione del genere il linguaggio è tecnico. Altrimenti si riduce a beffa.

La prego quindi di fare, ciò che è possibile avvalendosi dell’autorevolezza che il suo ruolo consente, per sostenere lo spirito di tali iniziative e assicurare quindi ai nuovi nati nel comune di Udine il diritto (non la conseguenza di una benevolenza burocratica) a disporre di quel certificato di nascita che li rende legalmente  componenti di una famiglia, riconoscendone ai genitori il diritto – dovere di tutela,  e che li rende cittadini italiani (o d’altro stato finché viga il principio dello jus sanguinis)

Ora ce lo chiede anche il 6o Rapporto del Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC) – rapporto presentato al Parlamento all’inizio del mese – che raccomanda al Parlamento: “ …di attuare una riforma legislativa che garantisca il diritto alla registrazione per tutti i minori, indipendentemente dalla situazione amministrativa dei genitori” (Cap 3.1).
Il Rapporto dello scorso anno così descriveva la condizione di famiglie naturali e non legalmente riconosciute di bambini non registrati all’anagrafe: “ … la scarsa conoscenza dei contenuti di questa circolare, in primo luogo tra le donne immigrate prive di permesso di soggiorno, rende necessario  promuovere una reale e diffusa campagna di sensibilizzazione sul diritto di tutti i bambini ad essere registrati alla nascita senza che questo comporti alcun rischio per le loro famiglie. Si deve comunque sottolineare come la Circolare Ministeriale non sia una fonte primaria del diritto e di conseguenza sia suscettibile di essere modificata o revocata dal potere esecutivo senza bisogno di alcun passaggio parlamentare.
Il timore, quindi, di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità (art. 7 CRC), nonché dell’art. 9 CRC contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori”.

Ringraziandola per l’attenzione porgo distinti saluti
Augusta De Piero

18 Giugno 2013Permalink

17 giugno 2013 – Forse qualcuno ha visto i bambini fantasma

Il GrIS, una premessa

Prima di proporre il testo della p.d.l. 740 sulla registrazione anagrafica dei figli dei sans papier voglio segnalare un  passo della relazione con cui il responsabile regionale dott. Pitzalis ha informato in merito al lavoro svolto sin qui nel 2013:

Il Gris Fvg continuerà ad impegnarsi affinché per le attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita – stato civile) non debbano essere esibiti documenti inerenti il soggiorno, chiedendo una modifica delle norme legislative in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno che garantisca il diritto alla registrazione per tutti i minori, indipendentemente dalla situazione amministrativa dei genitori, così come richiesto dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo (art.7) e dal rapporto del gruppo CRC (cap.3.1). 

Chi volesse sapere qualche cosa di più sul GrIS può andare della Società di Medicina delle migrazioni (www.simmweb.it) dove, in calce alla nota del 6 giugno troverà anche il testo del 6o Rapporto CRC citato sopra. 

Una proposta di legge che meriterebbe di essere approvata

Ringrazio l’impegno autorevole della dr. Alajmo, coordinatrice del gruppo locale di Libertà e Giustizia, che mi ha permesso di acquisire il testo completo della p.d.l. che elimina il divieto alla registrazione anagrafica dei figli degli immigrati senza permesso di soggiorno.
La proposta è accompagnata da un’ottima relazione esplicativa che trascrivo volentieri perché l’aspetto necessariamente tecnico dell’unico articolo (approvabile senza oneri finanziari) non è per sé di immediata comprensione.

Atti Parlamentari — 1 — Camera dei Deputati

XVII LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTI

CAMERA DEI DEPUTATI N. 740

PROPOSTA DI LEGGE   d’iniziativa del deputato ROSATO 

Modifica all’articolo 6 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno 

Presentata il 13 aprile 2013 

ONOREVOLI COLLEGHI ! — Il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero. Con il termine di straniero si intende, agli effetti del citato testo unico, il cittadino di Stato non appartenente all’Unione europea e l’apolide.

Le disposizioni del capo I del titolo II riguardano l’ingresso e il soggiorno dello straniero nel territorio italiano. All’articolo 5 viene disciplinato il permesso di soggiorno, mentre il successivo articolo 6 è rubricato « Facoltà ed obblighi inerenti il soggiorno ».

Infatti, il permesso di soggiorno, rilasciato per motivi di lavoro subordinato, autonomo e familiari, può essere utilizzato anche per le altre attività consentite (articolo 6, comma 1).
Nella sua versione originale, poi, il successivo comma 2, imponeva a carico dello straniero l’obbligo di esibire agli uffici della pubblica amministrazione i documenti inerenti al soggiorno, ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati. La disposizione faceva salvi da questo obbligo i soli provvedimenti riguardanti: 1) le attività sportive e ricreative a carattere temporaneo; 2) gli atti di stato civile o inerenti l’accesso a pubblici servizi.

La legge 15 luglio 2009, n. 94, è intervenuta modificando l’articolo 6 originario del decreto legislativo di cui sopra. In particolare, la lettera g) del comma 22, dell’articolo 1, ha sostituito la prima parte del comma 2 « Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all’accesso a pubblici servizi, i documenti inerenti al soggiorno (…) devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione… » con una nuova formulazione che recita: « Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo, per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie, i documenti inerenti al soggiorno (…) devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione (…) ».

L’articolo 35, infatti, riguarda le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali garantite ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale anche se non in regola con le norme relative all’ingresso ed al soggiorno. Queste riguardano, in breve sintesi, la tutela sociale della gravidanza e della maternità, la tutela della salute del minore, le vaccinazioni, gli interventi di profilassi internazionale e la diagnosi e la cura delle malattie infettive. Il comma 5 dell’articolo dispone che l’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità. Viene fatto salvo il caso in cui sia obbligatorio il referto a parità di condizioni con il cittadino italiano.

Questa norma e la modifica che ha mantenuto salve le prestazioni sanitarie dall’obbligo di presentazione dei documenti di soggiorno hanno permesso di tutelare – anche nei casi di stranieri irregolarmente presenti sul territorio nazionale – un principio fondamentale quale il diritto alle cure mediche urgenti, il diritto alla maternità e il diritto alla salute. Risulta inoltre tutelato il diritto alla salute inteso come interesse della collettività.

L’esonero relativo ai provvedimenti inerenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie, invece, garantisce il rispetto del diritto fondamentale all’istruzione e all’educazione, più volte sancito dalla nostra Carta costituzionale, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalla Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia ai sensi della legge 2maggio 1991, n. 176.

La nuova formulazione, però, escludendo gli atti « di stato civile » o inerenti « all’accesso a pubblici servizi », ha lasciato dubbi interpretativi circa l’applicabilità dell’esonero ad alcune fattispecie di provvedimento quali, ad esempio, gli atti di nascita, di famiglia e di morte dello straniero.

Se, da un lato, infatti, il testo unico riconosce la specificità delle prestazioni sanitarie urgenti – quindi anche di pronto soccorso – e tutela il diritto alla maternità (il citato articolo 35), dall’altra parte non riconosce i provvedimenti che possono derivare dalla prestazione sanitaria medesima ovvero l’atto di nascita e l’atto di morte. La legge 15 luglio 2009, n. 94, nell’intervenire sull’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, ha esplicitamente omesso – anzi ha sostituito – il richiamo agli atti di stato civile. Ha fatto, quindi, emergere la volontà di sopprimere il riferimento agli atti di stato civile.

La necessità urgente di chiarimenti ha portato il Ministero dell’interno ad emettere una circolare già il 7 agosto 2009 (circolare n. 0008899 del Dipartimento per gli affari interni e territoriali) che, al punto 3, recita: « Per lo svolgimento delle attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita – stato civile) non devono essere esibiti documenti inerenti al soggiorno trattandosi di dichiarazioni rese, anche a tutela del minore, nell’interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto ».

Poi la circolare, nel medesimo punto 3, ribadisce che « l’atto di stato civile ha natura diversa e non assimilabile a quella dei provvedimenti menzionati nel citato articolo 6 ».

Quindi, il testo della circolare non risulta essere del tutto risolutivo ed anzi appare, per certi versi, anche contraddittorio.

Alcuni enti locali ritengono che l’articolo 6 sia abbastanza esplicito nel definire quali sono i documenti esenti da obbligo e non riscontrano nella circolare alcun beneficio interpretativo, ma al contrario registrano un intento di modificare il tenore della norma oltre la reale portata giuridica di una circolare.

Altre uffici, nel dubbio rispetto a quale norma devono applicare, rifiutano ancora oggi di registrare la nascita da parte di genitori extracomunitari presenti sul territorio nazionale illegalmente. Secondo alcuni, infatti, la circolare non rappresenterebbe un sufficiente scudo giuridico per giustificare l’applicazione dell’esenzione di cui all’articolo 6.

Il Ministero dell’interno ha, comunque, rassicurato che il riconoscimento della nascita e dello status di nascituro vanno considerati indipendentemente dalla situazione di irregolarità del soggiorno dello straniero in territorio nazionale.

Lo stesso Ministero è consapevole che una differente interpretazione lederebbe un diritto assoluto del figlio, il quale, in assenza di atto di nascita, risulterebbe inesistente dal punto di vista delle regole dell’ordinamento giuridico.

Si richiama, a tal proposito, l’articolo 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989, che anche l’Italia ha ratificato ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176.

La Convenzione dichiara che « Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi ».

Lo Stato deve quindi garantire anche ai nati da genitori stranieri presenti irregolarmente sul territorio nazionale la registrazione all’atto di nascita. Per fare ciò occorre accogliere l’interpretazione della circolare di cui si diceva, la quale inseriva anche la dichiarazione di nascita e di riconoscimento di filiazione tra i provvedimenti che non dovrebbero richiedere l’esibizione da parte dello straniero dei documenti di soggiorno, così da consentire anche agli stranieri presenti irregolarmente sul territorio nazionale di effettuare tale registrazione.

La circolare non è riuscita a dirimere il dubbio circa l’interpretazione del citato articolo 6 e, va aggiunto, non potrebbe evitare il contrasto della norma con l’articolo 10 della Costituzione per violazione di norma del diritto internazionale generalmente riconosciuta.

Per ottenere la piena efficacia dell’articolo 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo e per garantire una uniforme applicazione del diritto su tutto il territorio nazionale si ravvede la necessità di una modifica legislativa dell’articolo 6 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

Illustrare le motivazioni giuridiche e sociali per le quali è corretta l’interpretazione esposta nella circolare e valutata la necessità di riformulare l’attuale articolo 6 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l’articolo unico della presente proposta di legge si limita a reintrodurre esplicitamente gli atti di stato civile tra quelli per i quali non è necessaria l’esibizione dei documenti di soggiorno.

Va sottolineato che tale proposta di legge non comporta variazioni al bilancio dello Stato, in quanto da essa non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 

PROPOSTA DI LEGGE__

ART. 1. 

1. Il comma 2 dell’articolo 6 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

« 2. Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo, per i provvedimenti inerenti agli atti di stato civile, per i provvedimenti inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 e per quelli attinenti all’accesso a pubblici servizi e alle prestazioni scolastiche nelle scuole di ogni ordine e grado, compresi le scuole dell’infanzia e gli asili nido, i documenti inerenti al soggiorno di cui all’articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni e altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati»

17 Giugno 2013Permalink

13 giugno 2013 – ‘Libertà e Giustizia’ per la registrazione anagrafica dei sans papier

Loredana Alajmo, coordinatrice del Circolo territoriale di Udine e provincia ‘Libertà e Giustizia’, ha inviato ai parlamentari Pd e SEL del Friuli Venezia Giulia la lettera di cui ho riportato il testo in questo blog il 9 giugno. segnalando la fondamentale raccomandazione
al Parlamento dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza per «attuare una riforma legislativa che garantisca il diritto alla registrazione per tutti i minori, indipendentemente dalla situazione amministrativa dei genitori».
Ritengo – e Loredana Alajmo mi conferma che la valutazione del circolo è analoga – questo invio di grande importanza perché si tratta del primo coinvolgimento nel problema specifico di un gruppo caratterizzato dall’impegno per una cultura politica attenta alla Costituzione.
Già il 24 ottobre 2011 avevo documentato la condivisione del GrIS, gruppo locale che opera nell’ambito della Società italiana di Medicina della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni.  Ora la SIMM propone nel suo sito (www.simmweb.it) l’intero testo del Sesto rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia 2012-2013, come elaborato dal Gruppo di lavoro a ciò dedicato, quel Rapporto che è stato presentato in Parlamento dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza e da cui è tratta la citazione riportata sopra.
Risponderanno i parlamentari? Vedremo e conto che Loredana Alajmo se riceverà risposte ce le farà conoscere. Io mi limito a ricordare l’unica indiretta risposta ricevuta, l’interrogazione Rosato, di cui ho scritto il 29 aprile scorso e per cui non ho trovato tracce di un qualsiasi seguito

13 Giugno 2013Permalink

12 giugno 2013 – Obiezione di coscienza?

Riporto per intero anche se molto lungo il testo della mozione presentata in parlamento da un deputato di Sinistra Ecologia e Libertà, su cui il Partito Democratico si è astenuto.
Io sono senza parole o meglio al momento quelle che mi verrebbero spontanee è preferibile non vengano scritte. In un messaggio alla deputata che ne ha dato notizia su facebook ho chiesto maggiori precisazioni sull’esito di questa votazione e sul futuro di un dibattito in merito.
Ne parleranno o no? E se in questo caso i deputati del Pd facessero un piccolo ragionamento sulla loro obiezione di coscienza a fronte di una indicazione che ha tutto il sapore della più vecchia – ma non dimenticata (almeno da me) – DC?
Se riceverò o troverò altre informazioni ne darò notizia.

 Mozione 1-00045 presentato da MIGLIORE Gennaro
testo di Giovedì 6 giugno 2013, seduta n. 30

La Camera, premesso che:
nel nostro Paese, in ambito medico sanitario il diritto all’obiezione di coscienza è espressamente codificato e disciplinato per legge riguardo: all’interruzione della gravidanza, laddove l’obiezione è riconosciuta dall’articolo 9 della legge n. 194 del 1978; alla sperimentazione animale, dove l’obiezione di coscienza è disciplinata dalla legge n. 413 del 1993; alla procreazione medicalmente assistita, dove l’obiezione di coscienza viene prevista e disciplinata dall’articolo 16 della legge n. 40 del 2004;
l’esercizio del diritto all’obiezione di coscienza da parte del personale sanitario in relazione all’interruzione volontaria di gravidanza riveste particolare importanza, per le sue ricadute socio-sanitarie sulle donne, e sulla stessa funzionalità del servizio sanitario nazionale;
ultima relazione sullo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978 presentata al Parlamento dal Ministro della salute il 9 ottobre 2012 riporta – tra l’altro – i dati definitivi sull’obiezione di coscienza esercitata da ginecologi, anestesisti e personale non medico nel 2010. I dati che emergono sono molto eloquenti e impongono ancora una volta, e con forza, una seria riflessione sulla garanzia e la qualità del servizio per l’interruzione della gravidanza disciplinata dalla legge n. 194 del 1978;
la relazione dice che in Italia ben il 69,3 per cento dei ginecologi, del servizio pubblico è obiettore di coscienza. In pratica quasi sette medici ginecologi su dieci è obiettore. Se si analizzano i dati su base territoriale, si trova che, ad eccezione della Valle d’Aosta, dove i ginecologi obiettori sono solamente il 16,7 per cento, le percentuali regionali non scendono mai al di sotto del 51,5 per cento. I dati medi aggregati per Nord, Centro, Sud e Isole indicano percentuali di ginecologi obiettori di coscienza pari rispettivamente al 65,4 per cento; 68,7 per cento; 76,9 per cento; 71,3 per cento. Il maggior numero di ginecologi obiettori si trova al Sud, con la punta più alta in Molise, dove si raggiunge l’85 per cento;
i dati della relazione al Parlamento in realtà non riescono a fotografare lo stato reale della sua applicazione sul territorio nazionale, che risulta ben più grave di quella riferita dal Ministro pro tempore;
si ricordano, in tal senso, i dati resi noti da LAIGA (Libera associazione italiana dei ginecologi per l’applicazione della legge 194) il 14 giugno 2012, e risultanti da un attento monitoraggio dello stato di attuazione della legge nella regione Lazio dai quali emerge una situazione reale ben più grave di quanto riportato nella relazione del Ministro pro tempore: nel Lazio in 10 strutture pubbliche su 31 (esclusi gli ospedali religiosi che invocano una obiezione «di struttura» e le cliniche accreditate, la maggior parte delle quali ignora semplicemente il problema) non si eseguono interruzioni di gravidanza. Nella medesima regione ha posto obiezione di coscienza il 91,3 per cento dei ginecologi ospedalieri. In 3 province su 5 (Frosinone, Rieti, Viterbo) non è possibile eseguire aborti terapeutici, il che costringe le donne alla triste migrazione verso i pochi centri della capitale, sempre più congestionati, o in altre regioni, o all’estero;
molte strutture ospedaliere, per garantire l’applicazione della legge, ricorrono a specialisti esterni convenzionati con il sistema sanitario ed assunti esclusivamente per le interruzioni di gravidanza (medici SUMAI), o a medici «a gettone», con un significativo aggravio per il Sistema sanitario nazionale;
a livello nazionale, la principale conseguenza di un numero così elevato di obiettori di coscienza è quella di rendere sempre più difficoltosa la stessa applicazione della legge n. 194 del 1978, con effetti negativi sia per la funzionalità dei vari enti ospedalieri e quindi del sistema sanitario nazionale, sia per le donne che ricorrono all’interruzione volontaria di gravidanza;
la drammaticità dello stato di applicazione della legge comporta l’allungamento dei tempi di attesa, con maggiori rischi per la salute delle donne e maggiori rischi professionali per i pochi non obiettori, costretti loro malgrado ad una cattiva pratica clinica;
a fronte di questo stato «di emergenza» le donne devono spesso migrare da una regione all’altra o addirittura all’estero, e, soprattutto tra le immigrate, risulta necessario il ricorso all’aborto clandestino;
il diritto all’obiezione di coscienza in materia di aborto per il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie, è sancito dall’articolo 9 della suddetta legge n. 194 del 1978, che allo stesso tempo prevede che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate siano «tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure e gli interventi di interruzione della gravidanza. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale»;
la legge n. 194 prevede quindi scelte individuali e responsabilità pubbliche. L’obiezione di coscienza è infatti un diritto della persona ma non della struttura;
al personale sanitario viene garantito di poter sollevare l’obiezione di coscienza. Ma quel che è un diritto del singolo non è diritto della struttura sanitaria nel suo complesso, che ha anzi l’obbligo di garantire l’erogazione delle prestazioni sanitarie;
i dati suindicati sulle percentuali molto elevate di obiettori, comportano oltre che evidenti ricadute negative sulla stessa effettiva attuazione della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza e quindi sulle donne che rivendicano l’inviolabile libera scelta a farne ricorso, anche conseguenze oggettivamente pesanti sui sempre più pochi medici non obiettori, che spesso si ritrovano relegati a occuparsi quasi esclusivamente di interruzioni di gravidanza con il rischio più che concreto di una dequalificazione professionale, e conseguenti effetti penalizzanti sulle loro stesse possibilità di carriera;
il diritto della donna ad interrompere una gravidanza indesiderata, e quello del personale sanitario a sollevare obiezione di coscienza dovrebbero poter convivere affinché nessun soggetto veda negata la propria libertà. Di fatto, tale ipotesi, trova estrema difficoltà nel realizzarsi per i numeri esorbitanti dei medici obiettori che spesso si rifiutano anche di segnalare alle pazienti un medico non obiettore o un’altra struttura sanitaria autorizzata alla interruzione volontaria di gravidanza;
dal 2009 l’AIFA ha autorizzato l’immissione in commercio del mifepristone, o Ru486, per l’interruzione volontaria di gravidanza farmacologica, nel rispetto dei precetti normativi previsti dall’articolo 8 della legge n. 194 del 1978; tale articolo prevede che l’interruzione volontaria di gravidanza possa essere praticata in ospedali pubblici generali e specializzati, e «case di cura autorizzate e presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati». L’articolo 8 non precisa il regime in cui deve essere praticata l’interruzione volontaria di gravidanza farmacologica (ricovero ordinario, DH, prestazione ambulatoriale). Il Ministro della salute pro tempore, in data 24 febbraio 2010, ha chiesto in proposito il parere del Consiglio superiore di sanità; il Consiglio superiore di sanità, nella seduta del 18 marzo, ha individuato il ricovero ordinario come il regime più idoneo per l’interruzione volontaria di gravidanza farmacologica;
i dati riportati dalla letteratura internazionale, nonché i dati della regione Emilia Romagna che ha adottato il regime di day hospital, non confermano la scelta e le raccomandazioni del Consiglio superiore di sanità; gli stessi dati del Ministero della salute sull’interruzione volontaria di gravidanza medica dicono che dal 2005 al 2011 circa 15mila donne hanno scelto il metodo farmacologico, e che il 76 per cento delle pazienti ha scelto la dimissione volontaria dopo la somministrazione del mifepristone, senza che vi siano state complicazioni maggiori rispetto alle donne che sono state ricoverate fino all’espulsione;
risulta improrogabile la necessità di valorizzare e ridare piena centralità ai consultori, quale servizio per la rete di sostegno alla sessualità libera e alla procreazione responsabile. Come conferma anche l’ultima relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978, «nel tempo i Consultori familiari non sono stati, nella maggior parte dei casi, potenziati né adeguatamente valorizzati. In diversi casi l’interesse intorno al loro operato è stato scarso ed ha avuto come conseguenza il mancato adeguamento delle risorse, della rete di servizi, degli organici, delle sedi»,

impegna il Governo:

a garantire il rispetto e la piena applicazione della legge n. 194 del 1978 su tutto il territorio nazionale nel pieno riconoscimento della libera scelta e del diritto alla salute delle donne, assumendo tutte le iniziative, nell’ambito delle proprie competenze, finalizzate all’assunzione di personale non obiettore al fine di garantire il servizio di interruzione volontaria di gravidanza;
ad attivarsi, nell’ambito delle proprie competenze, al fine di assicurare, come prevede la legge, il reale ed efficiente espletamento da parte di tutti gli enti ospedalieri e delle strutture private accreditate, delle procedure e gli interventi di interruzione della gravidanza chirurgica e farmacologica;
a garantire il pieno rispetto della legge da parte di ogni struttura pubblica o del privato accreditato (sia essa un ospedale o un consultorio), posto che solo a fronte di questo impegno può essere concesso l’accreditamento;
ad attivarsi perché l’interruzione volontaria di gravidanza farmacologica sia offerta come opzione a tutte le donne, che, entro i limiti di età gestazionale imposti dalla metodica, devono poter scegliere;
ad attivarsi perché l’interruzione volontaria di gravidanza medica possa essere praticata in regime di day hospital, che non comporta, come evidenziato dalla letteratura scientifica internazionale e dalla stessa relazione del Ministero della salute pro tempore, maggiori rischi per la salute, e che costa meno, considerato che l’interruzione volontaria di gravidanza farmacologica viene da tempo praticata in regime ambulatoriale o di day hospital negli altri Paesi europei e nella stessa regione Emilia Romagna;
ad assumere ogni iniziativa di competenza, affinché la gestione organizzativa e del personale delle strutture ospedaliere sia realizzata in modo da evitare che vi siano presìdi con oltre il 30 per cento di obiettori di coscienza, anche attraverso un controllo più stringente sull’attuazione delle previste procedure di mobilità del personale sanitario;
ad assumere iniziative per prevedere che il requisito della non obiezione sia introdotto per chi deve essere assunto o trasferito in presìdi, fissando la percentuale di personale sanitario non obiettore al fine di garantire la piena applicazione della legge n. 194 del 1978;
ad assumere iniziative finalizzate a prevedere che il requisito della non obiezione sia condizione all’espletamento delle funzioni apicali nelle strutture di ostetricia e ginecologia dei presidi ospedalieri;
ad assumere iniziative volte a prevedere – anche ai fini di una maggiore trasparenza nel rapporto tra cittadini e medici di base – che i medici di famiglia siano tenuti a comunicare agli ordini provinciali dei medici chirurghi e odontoiatri ai quali sono iscritti, se intendono esercitare il loro diritto all’obiezione di coscienza, facendo si che da dette comunicazioni i suddetti ordini ricavino un apposito elenco pubblico;
ad assumere iniziative per valorizzare e ridare piena centralità ai consultori familiari, quale servizio fondamentale nell’attivare la rete di sostegno per la sessualità libera e la procreazione responsabile, nonché strutture essenziali per l’attivazione del percorso per l’interruzione volontaria di gravidanza;
a confermare e diffondere la conoscenza dei diritti in tema di contraccezione di emergenza, anche tramite adeguate azioni informative sull’esclusione del diritto all’obiezione di coscienza per i farmacisti.

12 Giugno 2013Permalink

9 giugno 2013 – Miscellanea: dalla legge suina ai bimbi fantasma

Libertà e giustizia

Ricevo dalla coordinatrice del circolo locale libertà e Giustizia un volantino da cui traggo una citazione per me importantissima sia per chi ne è l’autore sia per i contenuti..
“Possiamo confidare d’avere una legge elettorale conforme alla democrazia, per quando si sarà chiamati a votare?
Un Parlamento di nominati non dispiace affatto a chi li può nominare, distribuendo favori e, al contempo, assicurandosi fedeltà incrollabili. Gli accoliti possono essere più utili di rappresentanti della Nazione. E anch’essi possono riporre nel sistema delle nomine dall’alto la speranza di “rielezione”, in cambio della fedeltà ai capi”. Gustavo Zagrebelsky

Avevo sperato che il governo Letta si adoperasse per portarci subito fuori dai meandri della legge suina. Non è così. Come voteremo la prossima volta e quando sarà?
Mentre scrivo sento le notizie relative alla non affluenza ai seggi elettorali.
Ma cosa si aspettavano? Non capiscono che siamo stanchi di uomini dalla fedeltà che quando non è complice (non credo all’equazione politico-delinquente, che però è diffusa) è incompetente e inconcludente?

Monitorare una Convenzione ONU

In Italia la convenzione Onu sui diritti dei minori è legge (n.176/1991) e la sua attuazione viene monitorata dal Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC) che presenterà domani al Parlamento il suo sesto  rapporto annuale.
E’ un testo molto chiaro e documentato che, attraverso le raccomandazioni poste alla fine di ogni paragrafo, fornisce alle istituzioni competenti indicazioni concrete e soprattutto attuabili per promuovere un cambiamento.
Chi volesse leggere l’intero documento (più di 160 pagine) può accedervi da vari siti,
Al momento quello dell’Asgi di cui di solito mi servo non funziona, ma potete farlo da qui.

Domani, lunedì, il Rapporto Annuale dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza verrà presentato al Parlamento.
Nella speranza che qualche parlamentare ascolti e ne tragga efficaci indicazioni per il suo lavoro ho scritto la lettera che ricopio e che ho inviato a parlamentari eletti in Friuli Venezia Giulia (cui ho aggiunto l’on. Khalid  Chaouki che mi hanno detto essere persona attenta a questo tipo di problemi).

Ai signori senatori Francesco Russo, Isabella De Monte, Carlo Pegorer, Lodovico Sonego,
Ai signori deputati Gianna Malisani, Giorgio Zanin; Ettore Rosato, Giorgio Brandolin,  Tamara Blazina,  Serena Pellegrino

Vi scrivo come cittadina italiana preoccupata dal fatto che in Italia nascano bambini cui è negata la registrazione anagrafica preoccupazione confermata dal documento che vi sarà presentato lunedì 10 giugno, secondo quanto ho ricavato dal sito del Parlamento e di cui trascrivo il riferimento.

Vicepresidente Di Maio lunedì a Presentazione Rapporto Autorità Garante Infanzia e Adolescenza
Il Vicepresidente della Camera dei deputati, Luigi Di Maio, lunedì 10 giugno, alle ore 11.00, parteciperà alla Presentazione del Rapporto Annuale dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Vincenzo Spadafora, presso Palazzo Giustiniani – nella Sala Zuccari del Senato (Via della Dogana Vecchia, 29).


Sono pienamente a conoscenza dell’ampiezza del documento citato nel comunicato e vi prego pertanto di fare efficace attenzione a quanto raccomandato e ampiamente descritto al punto 1 del cap. III e che, per quanto di competenza del Parlamento, trascrivo.

Capitolo III  1. Diritto registrazione e cittadinanza
Alla luce di tali considerazioni il Gruppo CRC raccomanda:

1. Al Parlamento di attuare una riforma legislativa che garantisca il diritto alla registrazione per tutti i minori, indipendentemente dalla situazione amministrativa dei genitori;
2. Al Parlamento di attuare una riforma della Legge 91/1992 che garantisca percorsi agevolati di acquisizione della cittadinanza italiana per i minori stranieri nati in Italia e per i minori arrivati nel nostro Paese in tenera età;

Ringrazio per l’attenzione  Augusta De Piero – Udine

Nella lettera ho fatto riferimento solo al problema della registrazione anagrafica dei figli degli immigrati senza permesso di soggiorno di cui ho parlato tante volte (si attivi il tag anagrafe e in particolare il mio pezzo del 20 giugno 2012 ) sorpresa dal fatto che il Gruppo CRC raccomandi al punto 1 quello che io chiedo dal 2009. (Per saperne di più si vedano i punti 28 e 29 del capitolo citato sopra)

Cristian cittadino italiano   
Ne ho scritto il 5 giugno, riportando un articolo del Corriere della Sera dove c’erano anche dei link relativi alla pregressa attività del ministro Cancellieri (ieri interni, oggi giustizia). L’articolo, facendo riferimento alla disabilità del ragazzo che gli avrebbe impedito di diventare cittadino italiano perché non in grado di capire il senso del giuramento sulla Costituzione  affermava correttamente : “C’è, però, e prevale sulle norme nazionali, la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia, che stabilisce esplicitamente: il diritto di cittadinanza non può essere negato”.
Tutto chiaro? Non troppo perché l’osservazione che segue è molto preoccupante.
Trascrivo: “La materia diventa allora complessa e delicata, come osserva il ministro, e potrebbe riguardare molti casi, finora rimasti in ombra. Nei dati dell’Istruzione relativi all’anno scolastico 2009-10, riportati dall’Agenzia Redattore sociale, si calcolano nelle classi italiane oltre 10.500 alunni immigrati con disabilità intellettiva”.
I 10.500 disabili segnalati sono tali per patologie o per difficoltà intercorse  nel processo di integrazione e in particolare nell’apprendimento della lingua italiana?

No, tu no … né libero né giusto

Fra le tante contraddizioni del coacervo di norme che trattano della condizione dei minori ricordo (e non sarà l’ultima volta. Magari lo fosse!) la condizione dei bambini non registrati all’anagrafe, il cui processo di integrazione è impedito per legge all’origine.
Tutti condannanti al destino di disabili certificati?
E se si troveranno in una scuola dove i disabili vengono picchiati e insultati (la documentazione del caso che collego dei carabinieri) chi potrà difenderli dato che non esistono e che i loro genitori tali non sono? Dove mai è scritto? Ma è possibile che parlamentari, sindaci e opinione pubblica se ne infischino?

9 Giugno 2013Permalink

5 giugno 2013 – Cristian è cittadino italiano

Oggi un notizia positiva che trascrivo come l’ho raccolta dal Corriere della sera.
Ne avevo scritto il 9 febbraio e avevo diffuso il testo della petizione pubblicata da change.org quanto potevo. Ora Cristian è cittadino italiano e tutta la mia ammirazione va alla sua mamma che non ha lasciato perdere. Se i parlamentari italiani facessero lo stesso i figli degli immigrati senza permesso di soggiorno potrebbero essere registrati all’anagrafe. Ma i parlamentari italiani non sono la mamma di Cristian e finora hanno lasciato perdere senza nemmeno cominciare.                    

Adesso è ufficiale: Cristian avrà la cittadinanza

Ha un lieto fine la storia di Cristian che avevamo raccontato sul Corriere (in particolare in questo blog): il ragazzo colombiano (nato e cresciuto a Roma) ha tutti i requisiti per ottenere la cittadinanza italiana, ma non riusciva ad ottenerla perché considerato incapace di intendere e di volere e quindi di giurare sulla Costituzione. Per lui c’era stata una raccolta di firme e una mobilitazione di stampa e politici, primo tra tutti il giovane deputato (Pd) Khalid Chaouki, che mi ha mandato questo commento:

“Sono felice per Cristian Ramos, nato in Italia e affetto da Sindrome di Down, che finalmente potrà pronunciare il giuramento e diventare cittadino italiano. La risposta positiva del Ministero dell’Interno in seguito alla mia interrogazione scritta ci trova soddisfatti per il buon esito di un caso intollerabile di discriminazione, fortunatamente superato, e crea così un precedente importante che elimina una grave discriminazione nei confronti dei figli di immigrati portatori di handicap. Ora attendiamo solo la firma del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che per primo ha creduto nella nostra battaglia di civiltà per la cittadinanza ai figli di immigrati nati o cresciuti in Italia.

Ha giocato un ruolo importante la società civile e la mobilitazione che attorno al caso di Ramos si è sollevata, il sito Change.org ha raccolto più di 30.000 firme e molti giornali, oltre alla popolare trasmissione Le Iene ne hanno parlato, portando alla luce un caso di evidente discriminazione. Questo dimostra che la comunicazione e i social network possono e debbano svolgere un ruolo importante sulla via del riconoscimento dei diritti di cittadinanza. Insieme a Cristian Ramos vogliamo affermare ora che una legge nuova, moderna e democratica in tema di cittadinanza è ormai improrogabile. Chi nasce e cresce in Italia deve diventare italiano!”

Si attende anche una legge che sani tutte le situazioni come quelle di Cristian: si era già spesa il ministro Annamaria Cancellieri quando era al Viminale, adesso che è alla Giustizia potrà certamente intervenire…

Cristian avrà la cittadinanza italiana. “Ho preso molto a cuore questa vicenda – dice al Corriere.it il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri -, al punto che ho chiesto ai miei uffici di preparare un disegno di legge che non potrò portare avanti”, per la legislatura in scadenza, “ma che lascerò in ‘eredità’ al prossimo Parlamento, perché credo che sia materia delicata che vada rivista”.

Riguarda Cristian, che ha la sindrome di Down, e tutti i ragazzi nelle stesse condizioni: di passaporto straniero, nati e cresciuti in Italia, avrebbero diritto a fare domanda di cittadinanza compiuti i 18 anni, ma i loro genitori vengono scoraggiati dal presentarla, per lo scoglio del giuramento. C’è un precedente, un parere dell’Avvocatura dello Stato in un caso analogo di dieci anni fa, e da allora la prassi è questa. L’ha spiegato l’esperto legale del portale Stranieri in Italia a una mamma albanese con un problema analogo: “L’incapacità legata a un qualsiasi tipo di patologia mentale che limita la capacità di intendere e di volere fa sì che lo straniero non sia idoneo ad accedere alla cittadinanza poiché non può essere considerato capace di manifestare autonomamente la propria volontà e desiderio di diventare cittadino italiano”. Non può giurare di osservare la Costituzione e le leggi. C’è, però, e prevale sulle norme nazionali, la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia, che stabilisce esplicitamente: il diritto di cittadinanza non può essere negato.

La materia diventa allora complessa e delicata, come osserva il ministro, e potrebbe riguardare molti casi, finora rimasti in ombra. Nei dati dell’Istruzione relativi all’anno scolastico 2009-10, riportati dall’Agenzia Redattore sociale, si calcolano nelle classi italiane oltre 10.500 alunni immigrati con disabilità intellettiva. In attesa di una modifica della legge, la domanda di Cristian sarà presa in carico dalla prefettura di Roma. Per tutti gli altri, Cancellieri invita “le associazioni e i cittadini a conoscenza di condizioni di questo genere a segnalarcele”.

5 Giugno 2013Permalink

31 maggio 2013 – Le ‘nonne’ e il papa

Ho trovato il documento che trascrivo nel n. 18 di ADISTA Documenti (www.adista.it) e spero che  papa Francesco corrisponda alle aspettative di queste eroiche nonne con la celerità con cui ha tolto dalle secche dei comodi dimenticatoi il processo di beatificazione di don Puglisi.

Lettera delle nonne di piazza di maggio

Santità, noi Nonne di Piazza di maggio vogliamo esprimere la nostra soddisfazione per l’elezione di un papa argentino, che contribuirà, con la sua saggezza, al lavoro a favore dei settori più trascurati e impoveriti.

Siamo anche grate per il fatto che ha avuto l’amabilità di riceverci e auspichiamo che, nel suo nuovo ruolo di massima autorità della Chiesa cattolica, possa fornire i mezzi necessari alla ricerca dei quasi 400 nipoti che ancora oggi non hanno recuperato la loro vera identità. Come pure speriamo possa aiutarci a sapere che ne è stato dei nostri figli e delle nostre figli desaparecidos durante l’ultima dittatura militare.
Sappiamo che i nostri nipoti, per via della loro età, potrebbero essere dappertutto e quindi la sua collaborazione sarebbe di grande importanza per accrescere la visibilità della nostra diperatga ricerca agli occhi del mondo.

Noi Nonne portiamo avanti tale ricerca in modo pacifico, attraverso il dialogo e la giustizia, al fine di ricostruire ciò che il terrorismo di Stato ha voluto distruggere. In questo lungo cammino, che, per quanto vi siano gruppi iniziato a percorrere da sole, con pericolo, dolore, paura e mancanza di riconoscimento, uno dei grandi ostacoli che abbiamo incontrato è stato il silenzio.

Oggi, grazie a Dio, possiamo contare sull’accompagnamento di un ampio settore della società, per quanto vi siano gruppi che ancora mantengono il patto del silenzio instaurato dal terrorismo di Stato.

La dittatura non solo ha eliminato i nostri figli e sottratto loro i nostri nipoti, ma ha anche cancellato tutte le prove che ci avrebbero permesso di sapere che ne è stato di loro. E’ per questo che per noi qualunque elemento, per quanto piccolo possa apparire, rappresenta un bene prezioso per poter rintracciare i figli dei nostri figli. In questo senso, la sollecitiamo a chiedere ai rappresentanti della Chiesa cattolica e ai fedeli di comunicare le informazioni di cui dispongono sul destino dei nostri nipoti desaparecidos.

Noi Nonne abbiamo restituito l’identità a giovani che sono stati dati in adozione dal Movimento Familiare Cristiano; la Giustizia argentina ha chiamato a testimoniare suore che durante l’ultima dittatura lavoravano in Centri clandestini di detenzione, come Campo de Mayo. Tutti loro possono sicuramente offrire informazioni precise.

Sono passati ormai 35 anni da quando abbiamo iniziato a cercare i nostri familiari: vogliamo abbracciare i nostri nipoti e vogliamo che conoscano la loro storia. Per questo chiediamo a sua Santità di spiegare ai rappresentanti della Chiesa e a tutti i fedeli che è un dovere cristiano trasmettere informazioni sul destino dei bambini desaparecidos in Argentina. Di avvertire che costituisce un peccato occultare reati catalogati dalla comunità giuridica internazionale come crimini contro l’umanità, come i sequestri, gli assassinii e la sottrazione di neonati perpetrati dal terrorismo di Stato.

Lo scorso anno la Giustizia argentina ha comprovato l’esistenza di un piano sistematico di appropriazione di minori durante il regime militare e ha processato i responsabili di questo delitto. Ciononostante, il processo non è servito ad ottenere informazioni che ci possano aiutare a rintracciare i nostri nipoti.

E’ in questo senso che le chiediamo di provvedere ad aprire gli archivi del Vaticano come pure quelli che esistono nelle diocesi dell’Argentina, per sapere se vi si può reperire qualche dato che ci dia la felicità di trovare qualcuno dei nostri nipoti.

La salutiamo con ogni considerazione.

31 Maggio 2013Permalink

29 maggio 2013 – E’ morta Franca Rame

 Aggiungo una data al mio calendario e nel ricordo di Franca Rame trascrivo il link per vedere e ascoltare il suo monologo, Lo stupro

http://temi.repubblica.it/micromega-online/%E2%80%9Clo-stupro%E2%80%9D-il-monologo-di-franca-rame-sulla-violenza-alle-donne/

 Evidenziando ctrl e il tasto di avvio si apre una finestra in alto che consente, tramite Repubblica, di andare all’articolo di Micromega e al video.

30 Maggio 2013Permalink

23 maggio 2013 – Un’infamia parzialmente rimossa

http://www.articolo21.org/2013/05/borghezio-sospeso-la-vittoria-di-una-petizione-contro-il-razzismo-sottoscritta-da-130mila-cittadini/

Borghezio sospeso, la vittoria di una petizione contro il razzismo sottoscritta da 130mila cittadini   di Stefano Corradino

Mario Borghezio, eurodeputato della Lega e, inverosimilmente, membro della Commissione per le libertà civili è stato sospeso o quantomeno indotto all’autosospensione dal gruppo “Europa della libertà e della democrazia” di cui l’esponente del Carroccio fa parte. Il gruppo di euroscettici, conservatori e nazionalisti della Efd non ha affatto gradito le espressioni razziste pronunciate dal collega nei confronti della ministra italiana Cecile Kyenge e ne ha chiesto l’espulsione ottenendo, per adesso, la sospensione. Borghezio pertanto non si è affatto autosospeso come egli stesso ha dichiarato “per tutelare la Lega e l’Efd in attesa di fare piena chiarezza sulle sue frasi (“lei è una bonga bonga”, nominarla “è stata una scelta del cazzo”, ndr).

Alla sospensione ha sensibilmente contribuito la petizione lanciata da Articolo21 sul sito Change.org e che ha ottenuto in pochi giorni oltre 130mila firme.
Lunedì 20 maggio il presidente del Parlamento Martin Schulz in apertura di seduta ha espresso “vergogna” per le dichiarazioni di Borghezio citando la petizione di Articolo21. Quando il giorno successivo siamo stati ricevuti dai capigruppo di socialisti e democratici, popolari, liberali, verdi, comunisti gruppi diversi che, all’unisono hanno espresso altrettanta vergogna per le affermazioni offensive dell’esponente del Carroccio ai danni del ministro dell’Integrazione Kyenge abbiamo subito pensato che non si trattasse di un incontro rituale ma di una forte presa di coscienza e di una indignazione vera della gran parte del parlamento europeo per le affermazioni del deputato del Carroccio.

La sospensione di Borghezio di oggi dal gruppo Efd è pertanto la vittoria di 130mila cittadini che hanno voluto ribadire un concetto: “fuori il razzismo dal Parlamento europeo”. Ora che dal Parlamento europeo si è levata una voce così forte nei confronti di Borghezio sarebbe ora e tempo che arrivasse un pronunciamento altrettanto netto dall’Italia magari appellandosi a quella legge Mancino che condanna gesti, azioni e slogan aventi per scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici religiosi o nazionali.

P.S. “Mario Borghezio ha fatto pubblicamente le sue scuse al ministro Kyenge e si è reso disponibile per “invitarla a cena e stringerle la mano”. Scuse tardive e ridicole che si è sentito obbligato a fare solo perché è stato sospeso dal suo gruppo e rischia l’espulsione”. “Tuttavia, ammesso e non concesso che le sue scuse siano in buona fede, a quando le scuse nei confronti dei “clandestini bastardi” e dei meridionali “palla al piede” come lui stesso a più riprese li ha definiti?”.

23 maggio 2013

 E io?

Sono contenta di aver contribuito alla diffusione della petizione che chiedeva la rimozione dell’on. Borghezio dal Parlamento europeo.
E’ uscito solo dal gruppo. E’ già un passo, ma secondo me dovrebbe dimettersi o meglio essere costretto a farlo.
Ora vorrei che a livello istituzionale e politico un soprassalto di responsabilità ci liberasse dalle norme volute dalla Lega, complice il governo Berlusconi nella loro approvazione e l’indifferenza di molti altri nel loro mantenimento.
Ma l’esperienza fatte in questi anni nel tentativo si stimolare alcuni parlamentari ad occuparsi della registrazione anagrafica dei figli dei sans papier mi induce a pensare che la speranza sia un azzardo (cfr. tag anagrafe)..

23 Maggio 2013Permalink

22 maggio 2013 – 1978: la legge 194

Il 22 maggio 1978 n. 194 fu promulgata la legge “NORME PER LA TUTELA SOCIALE DELLA MATERNITA’ E SULL’INTERRUZIONE VOLONTARIA DELLA GRAVIDANZA”
Nel 1981 sarebbe stata confermata con referendum

Trascrivo il messaggio inviatomi da Giancarla Codrignani, senatrice per la Sinistra Indipendente dal 1976 al 1990

Oggi 22 maggio fanno 35 anni di legge 194, sull’aborto. Non sto a rievocare le crudeltà sentite da maschi e dalle istituzioni e nemmeno il coraggio e la disperazione delle donne, sia quelle che, soprattutto le coniugate, per la prima volta denunciavano l’umiliazione, il ferro da calza e la morte, sia quelle che non conoscevano la proporzione di un fenomeno allora formalmente inesistente perché la doppia morale è la principale morale (mi spiace di dire “cattolica”) di questo paese.
Vorrei ricordare il manifesto dell’aprile 1971 in cui donne francesi di qualche fama come Simone di Beauvoir si autodenunciarono per dire che il patriarcato non è sovrano del nostro corpo. Sorelle alle nostre spalle. 

Non è finita.
Sappiamo il ricatto dell’obiezione di coscienza e la valorizzazione talebana dell’embrione. La nostra dignità non è mai al sicuro.Oggi – sapete che sono un po’ matta – voglio farmi carico della rivolta di Amina Tyler finita in carcere a Tunisi perché è reato di immoralità esporre il seno in pubblico. Penso che una ragazza che vive a pochi chilometri dalla Sicilia e ha una mamma regolarmente laureata ed è vissuta liberamente in un paese normale e che, dopo le speranze della rivoluzione dei gelsomini, veda cadere a pezzi l’autonomia delle donne, ha due vie, se non vuole “subire”: o spara o compie l’atto estremo della nonviolenza, denuda il peccato. Il topless non è un valore in sé; il seno sì. Se va bene da noi per moda, non può in nessun altro luogo essere impuro e criminalizzabile. Anche i salafiti sono stati allattati.

Informazioni su Giancarla nel sito del coordinamento delle teologhe italiane

Informazioni sul negato funzionamento della legge 194  http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/inchiesta-italiana/2013/05/23/news/torna_l_aborto_clandestino-59480523/?ref=HRER2-1

22 Maggio 2013Permalink