21 MAGGIO 2013 – Non solo miscellanea

Se hai paura, firma!

La Lega Nord ha aperto una serie di gazebo “per bloccare in via preventiva ogni tentativo di abolire il reato di clandestinità e introdurre lo jus soli” (così leggo su un blog e così mi ha confermato un’amica che mi ha segnalato il problema suggerendomi anche alcuni quotidiani che ne hanno dato notizia):
Introduco due link, uno con una nota informativa da Il giornale e l’altro con una cronaca-testimonianza di un illustre firmatario, Vittorio Feltri.
Che la clandestinità sia reato è una norma fortemente discussa.ai livelli opportuni.
Mi limito anche qui a una informazione con un link.

Chiariti, spero, i termini del problema e della sua contestazione (ma con un buon motore di ricerca è possibile andare oltre quel poco che io propongo) cerco di chiarire a me stessa prima di tutto perché ci sono tante persone che sono attratte dalle firme ‘contro’.

:Sono sempre più convinta della malvagità radicale della cultura della Lega e della luciferina abilità dei percorsi che ha saputo promuovere e che non sono certo attribuibili a ometti meschini come Bossi e i suoi simili, seguaci e affezionati sostenitori:
Hanno saputo cogliere il nucleo profondo della paura di ogni diversità, che caratterizza molto della tradizione più diffusa, lo hanno elaborato, ingigantito, ne hanno identificato gli obiettivi e lo hanno posto a fondamento di ogni agire, privato e politico.
Secondo me era un progetto evidente ma non capito e sottovalutato.
Mi ricordo la campagna del 1996 con la distribuzione delle cartoline che chiedevano al presidente della Repubblica di diventare Rom per avere una diaria di 35.000 lire al giorno.
Ebbe un grande successo di firme e di opinione. Era un falso che ero riuscita a smontare pezzo pezzo, documentando.
Non posso perdonare all’allora presidente Scalfaro di non aver rigettato quella cartaccia che gli arrivava (senza francobollo avendo – ed era ben chiarito – la forma della petizione).
E non posso dimenticare la solitudine assoluta in cui mi mossi (sindaci, deputati, parroci, vescovo, persone autorevoli che ritenevo perbene …), ottenendo beffe e arrogante tolleranza che mettessero il silenziatore a una mia supposta mania, di cui vado orgogliosa perché, anche se ero sola, avevo purtroppo capito.

Se ti senti buono/a, firma!

La campagna per la promozione dello jus soli si muoveva a seguito di uno slogan accattivante, ben costruito e piacque.  Diceva ‘L’Italia sono anch’io’
Oggi quella campagna suona ‘Chi nasce in Italia è italiano’, spostando i termini del protagonismo gioioso all’automatismo di una sequenza nascita-cittadinanza (su cui ben costruisce la cultura della paura). Se qualcuno leggesse la proposta saprebbe che introduce certamente il rovesciamento di un principio ma che la applicazione non è un assoluto.
Non rispondevano a un criterio di automatismo le storie che avevo raccolto ben prima che la campagna fosse aperta e di cui riporto i link
aprile 2011:  Nabila e Bilal 
febbraio 2012: Anna 
marzo 2012: Emmanuel 

Inoltre la presenza in legge di una norma che vieta la registrazione anagrafica dei figli dei sans papier avrebbe dovuto imporre una atteggiamento responsabile e accostare alla campagna ’Italia sono anch’io’ la necessità di una modifica del pacchetto sicurezza.
Riporto in proposito l’articolo che scrissi e che successivamente copiai nel blog il 15 marzo 2011, continuando a proporre informazione reperibile con il tag anagrafe e non solo.

Ho ripreso il  mio tentativo di informare parlamentari, totalmente franato con la conclusione della precedente legislatura, con i nuovi eletti. Ho scritto a quasi tutti i parlamentari Pd e Sel eletti in regione, da alcuni ho ricevuto parole di normale, ma non responsabilizzata cortesia, da altri nulla.
Uno di loro (on. Ettore Rosato – Pd Trieste) ha presentato un’interrogazione che ho trascritto il 29 aprile che espone esattamente i termini della questione, fino alla contraddizione più folle per cui si affida il rispetto di un diritto negato in legge a una circolare.
Certamente la burocrazia corretta e competente può produrre effetti positivi e anche no ( si veda una storia di cittadinanza negata – marzo 2013: Monnalisa)  ma io continuo a chiedermi perché dobbiamo continuare a sopportare silenti e indifferenti  una norma che nega ad alcuni neonati il certificato di nascita.
In Regione l’unica organizzazione che si è inutilmente ma dignitosamente pronunciata è stato il GrIS che il 28 ottobre 2011 ha scritto:

La Corte Costituzionale ci ha recentemente ricordato che i diritti inviolabili dell’uomo, di cui leggiamo negli artt. 2 e 3 della Costituzione, appartengono “ai singoli, non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”. Non possiamo perciò accettare che il diritto alla salute, di cui anche come operatori del settore siamo garanti, e ogni altro diritto inviolabile che appartiene ad ogni essere umano, sia affidato per alcuni bambini alla labilità di una circolare e non a una norma di legge che regoli la nostra convivenza civile.
Chiediamo perciò al Parlamento italiano di modificare con la necessaria urgenza la lettera g)del comma 22 dell’art. 1 della legge 94 del 2009 (cd. pacchetto sicurezza)”.

E se una circolare non basta ci sono altri sotterfugi

Nello scorso mese di gennaio la federconsumatori avvertiva che ‘La nuova procedura online introdotta dal MIUR per l’iscrizione alla scuola dell’obbligo, infatti, richiede come campo obbligatorio il codice fiscale, di cui gli immigrati irregolari non dispongono’:
Ne ho scritto ad alcuni neoeletti consiglieri comunali e assessori di nuova nomina e due di loro mi hanno immediatamente risposto (e ringrazio) informandomi che l’iscrizione è stata assicurata anche ai privi di codice fiscale (alias ai figli di sans papier) con un  escamotage.
Mi è stato precisato che: “ Da informazioni raccolte con ASGI l’iscrizione è consentita anche in assenza di codice fiscale.L’operatore che inserisce i dati deve solo inserire una serie qualunque (tipo ddddddddddddd) e l’iscrizione è consentita. Resta inteso, inoltre, che è stata promessa una revisione del programma tale da consentire l’assenza del codice fiscale”.
E’ stata promessa una revisione del programma. Sarà mantenuta? Qualcuno vigilerà perché lo sia? Non lo so.
Quello che so è che questo trucco per sfuggire a difficoltà informatiche soddisfa la burocrazia ma non il diritto allo studio e che, come per la circolare che aggira il pacchetto sicurezza, ancora una volta un diritto fondamentale che appartiene a tutti (e che per soggetti a debole contrattualità dovrebbe trovare garanzia nella legge e nelle istituzioni) è affidato a una manovra di aggiramento di leggi infami e di norme insensate.
Perché tutti tacciono? Perché i parlamentari più o meno sedicenti democratici abbozzano?
Perché non ci si rende conto che questo metodo è un’umiliazione per tutti (e non solo un danno per i più deboli) nel momento in  cui non è la Costituzione che ci garantisce ma la correttezza operativa affidata alla lealtà (o all’arbitrio) di alcuni? Ci stiamo avviando a un nuovo feudalesimo e dovremo – come i nostri antenati – imparare a muoverci fra lealtà e fellonia educandoci alla cultura dell’omaggio?

 

21 Maggio 2013Permalink

18 maggio 2013 – Videla e il ‘pacchetto sicurezza’

Ieri è morto Jorge Videla leader della giunta militare argentina responsabile del golpe del 24 marzo del 1976

Uno dei primi commenti è stato quello del Premio Nobel per la pace argentino Adolfo Pérez Esquivel, che per anni ha denunciato gli abusi della dittatura: “Ha passato la vita a provocare danni gravissimi, ed ha marchiato la vita del Paese”, ha detto  “La sua morte elimina la presenza fisica, ma non ciò che ha fatto al Paese”.
Subito dopo la leader delle nonne di Plaza de Mayo, Estela de Carlotto, ha dichiarato: “Un essere spregevole ha lasciato questo mondo… Ha rivendicato tutti i suoi delitti e non si è mai pentito dei crimini commessi”.

Non voglio raccontare la storia di Videla né l’elenco dei processi che lo portarono e lo riportarono in  prigione ma la citazione delle parole di Estela de Carlotto mi richiama a uno dei tanti delitti di Videla, la sottrazione dei figli alle madri che li avevano generati e ai padri che forse mai seppero di essere diventati tali.
A quelle madri, poi eliminate, si sono sostituite le nonne, in uno stravolgimento delle generazioni su cui sarebbe necessario riflettere e speriamo lo faccia il papa argentino cui le nonne si sono rivolte per un aiuto a meglio conoscere la famiglie ‘adottive’ dei neonati rapiti in carcere.

Costruire una generazione fedele e succube.
La distruzione dei genitori in quanto tali per contribuire alla costruzione di una generazione fedele al sistema della giunta militare  ha raggiunto in Argentina vertici che, non per quantità ma per qualità, possono assimilarla al nazismo e ai diversi progetti di cancellazione di intere popolazioni.
Ormai purtroppo sappiamo che le dittature fanno scuola (si dice che Hitler si fosse accuratamente documentato sul genocidio armeno prima di procedere a costruire il suo).

Non posso sottrarmi alle mie riflessioni che da cinque anni mi inducono a ritrovare in Videla l’iniziatore di una scuola che ci riguarda.
Una legge del nostro stato, che abbiamo chiamato ‘pacchetto sicurezza’, prevede che ci siano genitori che, per essere privi di permesso di soggiorno, non possono registrare la nascita dei propri figli, riducendoli a un nulla come gli ebrei e i rom nei lager, un numero senza nome che, per i ‘nostri’ bambini non registrati, nessun documento potrà identificare.
Se poi accorgimenti burocratici rendano possibile la registrazione anagrafica, in ossequio a norme internazionali e per una prudente attenzione alla necessità di non irritare qualche italiano cui siano ancora noti i diritti umani (e  fra queste persone attente finora non è possibile annoverare i parlamentari né di questa né della precedente legislatura), poco importa.
Quel che conta è che il virus è entrato in noi, attraverso quelle norme che ci vincolano in quanto italiani e che sono consolidate per ora dalla paura abilmente indotta e dalla politica della Lega che ne è stata l’iniziatrice e non solo.
Oggi possiamo non guardarne i ‘piccoli’ effetti (che potremmo rimuovere ma non lo facciamo). Domani?

A mia futura memoria riporto il link ad alcuni articoli relativi al dittatore argentino

http://www.repubblica.it/esteri/2013/05/17/news/argentina_morto_ex_dittatore_videla-59005963/?ref=HREC1-5

http://www.corriere.it/esteri/13_maggio_17/argentina-morto-dittatore-videla-ergastolo-desaparecidos_ffb1845c-bef2-11e2-be2c-cd1fc1fbfe0c.shtml

http://www.lastampa.it/2013/05/17/esteri/argentina-addio-all-ex-dittatore-videla-dxOXOV3r82tyK89V1fPa6J/pagina.html

18 Maggio 2013Permalink

10 maggio 2013 – La violenza della paura

Bruciate i libri

Avevo segnalato del calendario del primo del mese il ricordo del 10 maggio 1933.
Ora ricevo questo messaggio dall’amica Giancarla Codrignani che ne documenta il ricordo e lo pubblico volentieri

« 
Ottant’anni fa fu acceso a Berlino in piazza dell’Opera il primo rogo nazista dei libri. Libri come idee, idee come persone. Seguiranno anche le persone. Chi la pensa diversamente e chi è diverso per natura pericolosi come i libri, i giornali, le scienze, le arti, le musiche “degenerate”, estranee allo spirito tedesco. Quindi “Sauberung”, “pulizia” in nome della “decenza”, della “morale” contro la corruzione. La crisi economica logora Weimar, la gente è stanca e arrabbiata, chiede un cambiamento. Il 30 gennaio cercando una via di conciliazione, Hindenburg nomina Hitler cancelliere, il 27 febbraio viene incendiato il Reichstag, il nazionalsocialismo vince le elezioni, il 23 marzo viene votata la legge dei pieni poteri, il 13 maggio i roghi dei libri. I falò sono organizzati, ma è la brava gente tedesca che partecipa perché non pensa più: il capro espiatorio delle sue incazzature diventa il libero pensiero. E’ un’indignazione che libera azioni di forza, non proposte. Parole violente che diventeranno omicide e suicide. Cinquantacinque milioni di morti».

11 Maggio 2013Permalink

4 maggio 2013 – NOTIZIE in FRAMMENTI

UNO

Ho aggiornato le segnalazioni con il calendario di maggio e giugno degli incontri  promossi dal Gruppo Immigrazione Salute Friuli Venezia Giulia della Società italiana di Medicina delle Migrazioni. www.simmweb.it 

Ho inserito anche nella stessa rubrica il programma del  progetto formativo  
IL PIACERE DELLA LEGALITÀ? MONDI A CONFRONTO   Edizione   2013

E infine la presentazione del libro di Ivo Andrić: Buffet Titanic.
(10 maggio ore 18)

DUE

Seguo inoltre lo scorrere sulla piattaforma change.org delle firme per la richiesta di espulsione dal parlamento europeo  dell’on. Borghezio (Lega Nord) a causa delle offese alla signora Cécile Kyange, ministro all’Integrazione.
La petizione è stata presentata il primo maggio e ad oggi – 4 maggio alle 9.40 – ha raggiunto le 72.504 firme.

TRE

Questa sera sarò a Torviscosa (Villa Ilenia 20.30) con lo scrittore Božidar  Stanisić  e il giornalista Max Mauro per presentare il libro dello stesso Mauro  La mia casa è dove sono felice. Storie di emigrati e immigrati.

4 Maggio 2013Permalink

29 aprile 2013 – Fra orrore e disgusto

Ho scritto su facebook ma voglio resti anche qui.
All’orrore della sparatoria di ieri si aggiunge l’indecenza delle interviste a un bambino di 11 anni, figlio dello sparatore.
D’altra parte come si può supporre che in un paese in cui si nega il certificato di nascita ad alcuni neonati per ragioni di razza (senza suscitare dissenso) non sia perfettamente logico strumentalizzare il dolore di un bambino?

Mi è capitato spesso quando, occupandomi del problema della registrazione anagrafica negata per legge ai figli degli immigrati irregolari, mi sentivo chiedere: Mi dica un caso. Inizialmente cercavo pazientemente di spiegare che il caso era la norma discriminatoria e che, se ne avessi conosciuto uno, mai lo avrei reso pubblico a tutela dei protagonisti: Sono vecchia ma non ancora totalmente scema e non sono mai stata irresponsabile.
La cosa è andata avanti per un po’ finché – a fronte delle domande di una giornalista particolarmente petulante – sono sbottata e le ho detto ‘Se le serve un cadavere fresco di giornata se lo cerchi da sé. Io non ne fornisco’.
Ora leggo quello che trascrivo e sono inorridita. ma l’ordine professionale che fa? Certo non può rimediare il danno che questi eroi dell’informazione hanno fatto al bambino, ma almeno sanzioni la violazione di ogni regola professionale (e di un’elementare decenza).

Protesta il Garante. “E’ inaccettabile il comportamento di certa stampa che in preda a una irresistibile ricerca di spettacolarizzazione della notizia rischia di strumentalizzare il ruolo di un minorenne in una vicenda drammatica come quella della sparatoria di ieri davanti Palazzo Chigi” dichiara Vincenzo Spadafora, Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza. “I mezzi di informazione hanno una grande responsabilità nei confronti dei bambini e degli adolescenti coinvolti in fatti di cronaca e devono pertanto garantire loro una particolare tutela non solo in termini di privacy ma anche e soprattutto di rispetto della loro sensibilità in momenti come questi. Una tutela da anteporre sempre e comunque al dovere di informazione, tanto più se  –  come in questo caso  –  la notizia non esiste. Non sono certamente queste le forme di ascolto che ci interessano” ha concluso il Garante.

29 Aprile 2013Permalink

29 aprile 2013 – Una interrogazione parlamentare

Da tempo chi legge il mio blog sa che mi occupo della iscrizione anagrafica dei figli dei migranti irregolari, diritto loro negato per legge cui rimedia una circolare, strumento per sé volatile che potrebbe essere revocato senza intervento del parlamento (Chi volesse rivedere i termini del problema può far clic sul tag anagrafe, terminus a quo 15 marzo 2011).
I tentativi fatti per ottenere una risposta dal precedente parlamento sono franati con il passaggio a sindaco del comune di Palermo dell’on. Orlando che aveva presentato una proposta di legge di cui, uscito lui di scena, nessuno si è più voluto occupare e che ora non è più all’attenzione del nuovo parlamento.
Convinta che potesse esservi qualche opportunità di ottenere interesse dai parlamentari di nuova legislatura ho scritto (nello spazio a ciò dedicato dei rispettivi siti ufficiali) a 4 senatori e 5 deputati della mia regione, assortiti fra Pd e SEL.
Di questi 3 hanno dato segno di vita attraverso il riscontro automatico, 2 hanno dato una risposta di cortesia, 2 mi hanno in modo diverso comunicato interesse.
So che un senatore è stato sollecitato anche dall’amica Francesca Longo che ringrazio.
Uno di loro, l’on. Rosato, ha presentato una interrogazione a risposta scritta di cui riporto il testo, attendendo la risposta con tanto più interesse ora che, se il governo avrà la fiducia, abbiamo una signora ministro all’integrazione

Interrogazione a risposta scritta 4-00229

presentato da ROSATO Ettore     testo di Martedì 16 aprile 2013, seduta n. 9

 — Al Ministro dell’interno. — Per sapere – premesso che:
il permesso di soggiorno e la carta di soggiorno consentono agli stranieri presenti sul territorio nazionale regolarmente di accedere ai servizi dello Stato; pertanto, l’esibizione del permesso di soggiorno o della carta è richiesta dagli uffici ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni od altri provvedimenti di interesse dello straniero;
l’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1988, n. 286, così come modificato dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, prevede che siano fatti salvi dall’obbligo di esibizione di tale documenti da parte dello straniero, i provvedimenti che riguardino l’«accesso alle prestazioni sanitarie […] e quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie»;
in particolare, la legge 15 luglio 2009, n. 94, sostituisce la precedente previsione normativa che estendeva la non sussistenza dell’obbligo a tutti i provvedimenti inerenti «gli atti di stato civile o all’accesso a pubblici servizi»;
il decreto legislativo, così novellato, escluderebbe – stando ad una interpretazione restrittiva – la possibilità per lo straniero irregolare di poter registrare anagraficamente la nascita di un figlio in territorio nazionale;
eppure, l’articolo 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989, che anche l’Italia ha recepito con legge 27 maggio 1991, n. 176, dichiara che «Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi»;
il Ministero dell’interno ha emanato una circolare del 7 agosto 2009, del dipartimento per gli affari interni e territoriali, nella quale si precisa che «per le attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita – stato civile) non devono essere esibiti documenti inerenti il soggiorno»;
sebbene la circolare ministeriale abbia contribuito a dirimere il dubbio iniziale circa l’interpretazione dell’articolo 6 del decreto legislativo di cui sopra, affinché tale disposizione non si ponga in contrasto con l’articolo 10 della Costituzione per violazione di norma del diritto internazionale generalmente riconosciuta, sarebbe necessaria una sua modifica –:
se il Governo ritenga opportuno assumere iniziative per attribuire ai contenuti della circolare un valore legislativo, almeno in relazione al punto 3 della stessa. (4-00229)

29 Aprile 2013Permalink

28 aprile 2013 — Boldrineide e non solo

Torno a sentire un linguaggio politico vero?
E’ un linguaggio su cui chi ne avesse competenza e sapienza potrebbe costruire politiche più efficaci e degne.
Trascrivo perciò i link di due discorsi importanti di Laura Boldrini, ricordando anche il suo primo intervento parlamentare, come l’ho riportato insieme a quello di Pietro Grasso, il 17 marzo
https://diariealtro.it/?p=2175

Manifestazione in occasione del 68° Anniversario della Liberazione
http://presidente.camera.it/5?evento=60

10 aprile Torino- Teatro Regio – Lezione inaugurale della Biennale Democrazia 2013 “Utopico. Possibile”
http://presidente.camera.it/5?evento=37

Proverò a creare un tag Boldrini sperando di collegarvi molti interventi

Non solo boldrineide.

Devo al contatto con insegnanti del Centro Territoriale Permanente per l’istruzione e la formazione in età adulta (CTP) la conoscenza del PROGETTO FORMATIVO INTERISTITUZIONALE

CITTADINANZA E COSTITUZIONE
 “IL PIACERE DELLA LEGALITÀ?  MONDI A CONFRONTO”ETICA INDIVIDUALE – ETICA PUBBLICA

Sono stata coinvolta già due volte, lo considero un grande onore e ne sono stata molto emozionata.
Della prima volta ho dato relazione ieri https://diariealtro.it/?p=2272

C’è una seconda volta

Il CTP (insisto braccio operativo di un’iniziativa che fa capo alla scuola pubblica italiana;
so che il linguaggio è improprio ma per rendermi conto della realtà devo smaltire l’effetto del burocratese) assicura tra l’altro l’organizzazione di corsi per il raggiungimento del titolo di studio che segnala il completamento della scuola dell’obbligo.
In questo contesto vengo invitata a parlare del razzismo. L’insegnante mi avverte che hanno già parlato dell’antisemitismo, letto alcune pagine di Primo Levi e del diario di Anna Frank e, spontaneamente, durante quel lavoro alcuni di loro hanno posto il problema del bullismo. Il bullismo è razzismo?
Devo incontrare nove studenti  stranieri immigrati (di cui tre ragazze). Cerco di prepararmi con qualche difficoltà: quando insegnavo ero abituata a far lezione nel contesto di un programma che proponevo, aggiornavo, modulavo …La lezione estemporanea mi preoccupa un po’.
E invece l’esperienza si rivela non solo molto interessante ma addirittura piacevole.
Gli studenti raccontano di sé, delle loro opinioni sul razzismo e di esperienze (in qualità di vittime) di bullismo. Raccogliamo le storie, le analizziamo e le ritroviamo ben definite dall’elenco che ci propone l’art. 3 della Costituzione: “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
A un ragazzo sfugge la parola ‘stronzo’, ride e si giustifica. Sa che non è termine da usare in quel contesto. Per quanto discutibile sia la sua capacità di espressione verbale conosce i meccanismi del codice linguistico. E un bel passo avanti.
Guardo con ammirazione l’insegnante.
Quando arriviamo ad analizzare l’esperienza di bullismo un ragazzo mi chiede di precisare il significato della parola. Forte di una previa consultazione di vocabolari, comincio da ‘bullo’ e, mentre mi destreggio fra sinonimi e aggettivi, lo studente esplode: ‘allora è come figo’. Ha trovato un sinonimo che entusiasma il gruppo perché trasferisce il concetto un po’ astratto alla loro esperienza. E così elaboriamo quella scoperta ‘Uno che si ritiene bullo mentre…’
E i racconti ricominciano, emergono altri particolari della loro vita, prima della migrazione e dopo (per la verità due sono nati in Italia ma non hanno potuto praticare fin da piccoli un italiano corretto).
La scuola si svolge di pomeriggio e al mattino alcuni lavorano, altri (e ‘altre’ in particolare) frequentano la scuola superiore in classi corrispondenti a quelle di cui facevano parte nel paese d’origine ma, senza il diploma di terza media, non potranno sostenere l’esame di maturità.
Non mi sento di commentare: le poche cose che ho scritto, fra le tante vissute in quell’aula, parlano da sé.

 Elenco finale dei soggetti coinvolti nel progetto del CTP di Udine.

E infine riporto l’elenco dei soggetti istituzionali coinvolti nel progetto:
Istituto Comprensivo II Udine Sede Valussi, Centro Territoriale Permanente  e CC, ISIS “Caterina Percoto”, ISIS “Bonaldo Stringher”. Presidio Rita Atria Libera contro le mafie Udine, Direzione della Casa Circondariale di Udine, Direzione della Casa Circondariale di Tolmezzo, Ufficio Esecuzione Penale Esterna di UD-PN-GO

27 Aprile 2013Permalink

27 aprile 2013 – In carcere per liberarsi dal pregiudizio

Trascrivo con notevole ritardo rispetto alla pubblicazione la notizia che riprendo dal mensile Ho Un Sogno n.217 –reperibile presso la Libreria cooperativa   Universitaria (CLUF) – Udine Via Gemona 22

 Anche a Udine la scuola pubblica estende l’attività oltre le aule degli istituti scolastici, non solo per far partecipare attivamente e consapevolmente studenti  e insegnanti alla vita del territorio, ma anche per offrire servizi in carcere, un luogo che si immagina estraneo alla nostra vita.
Nel Carcere, o meglio nella Casa Circondariale di Udine, si svolgono quindi corsi di educazione per adulti  che preparano i detenuti ad affrontare consapevolmente la vita ‘fuori’ delle mura in cui sono ristretti e, se il caso, anche un esame per l’acquisizione di titoli di studio.
A tale proposito la Costituzione offre un indirizzo molto preciso “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato [art. 27]”.
Dall’esperienza di questa attività è nato “Il piacere della legalità? Mondi a confronto”, un progetto  che si svolge ormai da sei anni per la  promozione dell’interazione fra istituzioni del territorio regionale e istituti scolastici udinesi (Centro territoriale Permanente della casa circondariale e Pomeridiano, scuola media Valussi, Liceo delle Scienze Sociali “Caterina Percoto” e l’Istituto Scolastico per l’Istruzione Superiore “Bonaldo Stringher”),
Garantire ad adolescenti e giovani, anche attraverso lo studio, e in particolare lo studio della Costituzione, occasioni concrete per appropriarsi del ruolo di cittadini consapevoli è il principale obiettivo della proposta di formazione.
Le realtà non scolastiche che, unitamente ad associazioni di settore,  partecipano al progetto (Casa Circondariale di Udine, Casa Circondariale di Tolmezzo, Ufficio Esecuzione Penale Esterna-Udine, Comando dei Carabinieri- Udine, Questura – Ufficio Minori, Guardia di Finanza-Udine, Biblioteca comunale- Udine) offrono anche una presenza nelle scuole.
Specularmente alcuni studenti dell’ultimo anno del Liceo Percoto entrano nella casa circondariale per incontrarsi con loro ‘colleghi’ là ristretti in un’attività formativa comune che meriterà una più ampia analisi.
Ragazze e ragazzi non sono invitati a chinarsi pietosamente sul carcerato ma a conoscere una situazione, a capire il punto di vista di altri che non possono incontrare nella vita quotidiana, in sostanza è loro offerta un’opportunità straordinaria per liberarsi dal pregiudizio e per sviluppare il pensiero critico oltre il conformismo che soffoca.
Il punto di vista con cui quest’anno viene affrontato il programma ‘Il piacere della legalità?’ è individuato come ‘Etica individuale – Etica pubblica’.
Sembra un’occasione di cui il mondo di una scuola diffusa può giovarsi per la crescita della consapevolezza e della responsabilità attiva di tutti.

27 Aprile 2013Permalink

25 aprile 2013 – Vizi mattutini.

Come ogni mattina mi piace attardarmi a letto ascoltando la radio, dal giornale radio delle 6.45 a quello delle 8.45, passando così attraverso la rassegna stampa internazionale e Prima Pagina. Non mi interessa che i giornalisti siano bravi, che io sia o meno consonante con le loro idee, anzi quelli disastrosi (e ce ne sono) mi servono come verifica ci ciò che penso dandomi l’opportunità di leggermi al contrario.
Non è un caso che sopra il mio letto abbia appeso un planisfero visto dall’Australia.

Questa mattina una notizia mi ha dato una scossa.

Un signore spiegava (collegandosi  a due dibattiti già proposti ieri in merito ai diritti dei bambini e ai matrimoni delle coppie gay) e faceva un caso molto interessante e illuminante ben compreso da un giornalista evidentemente informato..
Immaginiamo una donna che abbia una propria figlia (uso provocatoriamente il femminile ma è chiaro che i generi sono due) da lei partorita e riconosciuta. E immaginiamo che questa donna vada a vivere con una compagna e che, di conseguenza, la  figlia sia cresciuta da due mamme.
Immaginiamo che la mamma ‘legale’ (preferisco questo termine a biologica perché mi serve a sottolineare l’avvenuto riconoscimento) muoia.
Quella bambina ha un certificato di nascita con il nome di un solo genitore che non c’è più. Come finirà quella bambina?
La persona che le è stata vicina (possiamo anche dire seconda mamma) non può adottarla (è single) e non ha alcun diritto su di lei (in Italia non esiste vincolo giuridico, matrimonio o altro, per i gay tale da poter intervenire a risolvere un caso come questo).  
Sarà data in adozione? Abbiamo visto bambini strappati a un genitore dall’azione congiunta di assistenti sociali e polizia, a ciò obbligati dalla sentenza di un tribunale. Perché non dovrebbero farlo con chi genitore non è?  
Finirà in un istituto o in una casa –famiglia?
Qualcuno comincia porsi il problema dei diritti collegati a soggetti gay.
Ed è bene ed è urgente ma è altrettanto chiaro, secondo me, che si deve trovare una soluzione (matrimonio o altra ugualmente efficace) che non solo corrisponda al diritto di due adulti a una affettività loro propria che sia riconosciuta ma anche ai diritti e alle necessità delle persone che età o altra fragilità affidi alla loro tutela.

Una analogia che mi turba

Da cinque anni cerco di occuparmi della situazione dei figli di immigrati non comunitari senza permesso di soggiorno. Dal luglio del 2009 per il loro riconoscimento  è necessario presentare un documento che i genitori non hanno: Il permesso di soggiorno. E’ la trappola infernale inventata dal ministro Maroni i cui sodali però non si trovano solo nella Lega, ma ovunque.
Finora infatti  non c’è stato alcun intervento efficace di parlamentari o sollecitazione di sindaci a che la legge venisse modificata, riportando al regime precedente il ‘pacchetto sicurezza’. Tutti paciosamente soddisfatti dall’esistenza di una circolare che prevede il contrario della legge e indifferenti al fatto che potrebbe essere revocata senza neppure darne ragione al parlamento.
Sanno che l’opinione pubblica mediamente si infischia del problema anche perché si è abituata a considerare i migranti oggetti di una eventuale pietà, non di diritti e men che meno estendendo tali diritti ai minori.
Nel disinteresse generale la legge 176/1991,  che è ratifica della convenzione (ONU) di New York, all’art. 7:
1. Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a esse re allevato da essi.
2. Gli Stati parti vigilano affinché questi diritti siano attuati in conformità con la loro legislazione nazionale e con gli obblighi che sono imposti loro dagli strumenti internazionali applicabili in materia, in particolare nei casi in cui se ciò non fosse fatto, il fanciullo verrebbe a trovarsi apolide.

I bambini non votano.

Quando ho cominciato a considerare questo problema ho ritenuto ovvio rivolgermi al sindaco della mia città, convinta che per i sindaci fosse un onore e un dovere assicurarsi l’evidenza della popolazione che nasce e vive sul loro territorio.
Mi aspettavo ponesse il problema. Non è stato così. Ha dimostrato un disinteresse totale e mi sono trovata nell’angosciosa situazione di doverlo rivotare alle elezioni di pochi giorni fa perché l’alternativa che poteva essere forte era peggiore (e si va al ballottaggio).
So che fra dieci giorni sarò di nuovo in cabina consapevole di non essere riuscita a tutelare soggetti deboli.
Ma, ora mi chiedo anche perché l’interesse – doveroso- per i diritti dei gay e dei loro figli non si estenda anche ai figli dei sans papier. Potremmo facilmente immaginare un caso perfettamente sovrapponibile a quello che ho descritto sopra, siano i genitori omo o eterosessuali.
Consideriamo il diritto del bambino come dall’art. 7 che ho trascritto o lo riduciamo a strumento per dar voce a una categoria che finalmente può dire l’elemento identitario che l’accomuna?
E domani la categoria ‘forte’ forse sarà un’altra che verrà sostenuta non per doveroso convincimento ma per opportunistico conformismo.
E’ lo stesso conformismo che ci ha fatto accettare il virus della paura dell’altro con cui la Lega ha creato convincimenti talmente forti da sopire ogni rigetto di tutte le schifezze che è riuscita a far passare. e che, se non ci ha visti consenzienti,  non ci ha resi dissenzienti.
Era diventata, attraverso la colonizzazione del senso comune, la garanzia di ogni sicurezza.
E come tale ha dato coperture anche alla credibilità di altri che con lei si sono mantenuti forza di governo, dalle opportunità per nascondere la corruzione, fino al riconoscimento della nipote di Mubarak.
Molto spesso ho letto nei politici (di ogni parte) la paura a dimostrarsi diversi dal dannato senso comune che aveva vinto.
Che a me questo abbia profondamente turbato evidentemente non conta nulla.
Perché dovrebbe?

25 Aprile 2013Permalink

22 aprile 2013 – Un grande discorso

Messaggio e giuramento davanti alle Camere del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Aula della Camera dei Deputati, 22/04/2013

Signora Presidente, onorevoli deputati, onorevoli senatori, signori delegati delle Regioni,

lasciatemi innanzitutto esprimere – insieme con un omaggio che in me viene da molto lontano alle istituzioni che voi rappresentate – la gratitudine che vi debbo per avermi con così largo suffragio eletto Presidente della Repubblica. E’ un segno di rinnovata fiducia che raccolgo comprendendone il senso, anche se sottopone a seria prova le mie forze : e apprezzo in modo particolare che mi sia venuto da tante e tanti nuovi eletti in Parlamento, che appartengono a una generazione così distante, e non solo anagraficamente, dalla mia.

So che in tutto ciò si è riflesso qualcosa che mi tocca ancora più profondamente : e cioè la fiducia e l’affetto che ho visto in questi anni crescere verso di me e verso l’istituzione che rappresentavo tra grandi masse di cittadini, di italiani – uomini e donne di ogni età e di ogni regione – a cominciare da quanti ho incontrato nelle strade, nelle piazze, nei più diversi ambiti sociali e culturali, per rivivere insieme il farsi della nostra unità nazionale.
Come voi tutti sapete, non prevedevo di tornare in quest’aula per pronunciare un nuovo giuramento e messaggio da Presidente della Repubblica.

Avevo già nello scorso dicembre pubblicamente dichiarato di condividere l’autorevole convinzione che la non rielezione, al termine del settennato, è “l’alternativa che meglio si conforma al nostro modello costituzionale di Presidente della Repubblica”. Avevo egualmente messo l’accento sull’esigenza di dare un segno di normalità e continuità istituzionale con una naturale successione nell’incarico di Capo dello Stato.

A queste ragioni e a quelle più strettamente personali, legate all’ovvio dato dell’età, se ne sono infine sovrapposte altre, rappresentatemi – dopo l’esito nullo di cinque votazioni in quest’aula di Montecitorio, in un clima sempre più teso – dagli esponenti di un ampio arco di forze parlamentari e dalla quasi totalità dei Presidenti delle Regioni. Ed è vero che questi mi sono apparsi particolarmente sensibili alle incognite che possono percepirsi al livello delle istituzioni locali, maggiormente vicine ai cittadini, benché ora alle prese con pesanti ombre di corruzione e di lassismo. Istituzioni che ascolto e rispetto, Signori delegati delle Regioni, in quanto portatrici di una visione non accentratrice dello Stato, già presente nel Risorgimento e da perseguire finalmente con serietà e coerenza.

E’ emerso da tali incontri, nella mattinata di sabato, un drammatico allarme per il rischio ormai incombente di un avvitarsi del Parlamento in seduta comune nell’inconcludenza, nella impotenza ad adempiere al supremo compito costituzionale dell’elezione del Capo dello Stato. Di qui l’appello che ho ritenuto di non poter declinare – per quanto potesse costarmi l’accoglierlo – mosso da un senso antico e radicato di identificazione con le sorti del paese.
La rielezione, per un secondo mandato, del Presidente uscente, non si era mai verificata nella storia della Repubblica, pur non essendo esclusa dal dettato costituzionale, che in questo senso aveva lasciato – come si è significativamente notato – “schiusa una finestra per tempi eccezionali”. Ci siamo dunque ritrovati insieme in una scelta pienamente legittima, ma eccezionale. Perché senza precedenti è apparso il rischio che ho appena richiamato : senza precedenti e tanto più grave nella condizione di acuta difficoltà e perfino di emergenza che l’Italia sta vivendo in un contesto europeo e internazionale assai critico e per noi sempre più stringente.

Bisognava dunque offrire, al paese e al mondo, una testimonianza di consapevolezza e di coesione nazionale, di vitalità istituzionale, di volontà di dare risposte ai nostri problemi : passando di qui una ritrovata fiducia in noi stessi e una rinnovata apertura di fiducia internazionale verso l’Italia.

E’ a questa prova che non mi sono sottratto. Ma sapendo che quanto è accaduto qui nei giorni scorsi ha rappresentato il punto di arrivo di una lunga serie di omissioni e di guasti, di chiusure e di irresponsabilità. Ne propongo una rapida sintesi, una sommaria rassegna. Negli ultimi anni, a esigenze fondate e domande pressanti di riforma delle istituzioni e di rinnovamento della politica e dei partiti – che si sono intrecciate con un’acuta crisi finanziaria, con una pesante recessione, con un crescente malessere sociale – non si sono date soluzioni soddisfacenti : hanno finito per prevalere contrapposizioni, lentezze, esitazioni circa le scelte da compiere, calcoli di convenienza, tatticismi e strumentalismi. Ecco che cosa ha condannato alla sterilità o ad esiti minimalistici i confronti tra le forze politiche e i dibattiti in Parlamento.

Quel tanto di correttivo e innovativo che si riusciva a fare nel senso della riduzione dei costi della politica, della trasparenza e della moralità nella vita pubblica è stato dunque facilmente ignorato o svalutato : e l’insoddisfazione e la protesta verso la politica, i partiti, il Parlamento, sono state con facilità (ma anche con molta leggerezza) alimentate e ingigantite da campagne di opinione demolitorie, da rappresentazioni unilaterali e indiscriminate in senso distruttivo del mondo dei politici, delle organizzazioni e delle istituzioni in cui essi si muovono. Attenzione : il vostro applauso a quest’ultimo richiamo che ho sentito di dover esprimere non induca ad alcuna autoindulgenza, non dico solo i corresponsabili del diffondersi della corruzione nelle diverse sfere della politica e dell’amministrazione, ma nemmeno i responsabili di tanti nulla di fatto nel campo delle riforme.

Imperdonabile resta la mancata riforma della legge elettorale del 2005. Ancora pochi giorni fa, il Presidente Gallo ha dovuto ricordare come sia rimasta ignorata la raccomandazione della Corte Costituzionale a rivedere in particolare la norma relativa all’attribuzione di un premio di maggioranza senza che sia raggiunta una soglia minima di voti o di seggi.

La mancata revisione di quella legge ha prodotto una gara accanita per la conquista, sul filo del rasoio, di quell’abnorme premio, il cui vincitore ha finito per non riuscire a governare una simile sovra-rappresentanza in Parlamento. Ed è un fatto, non certo imprevedibile, che quella legge ha provocato un risultato elettorale di difficile governabilità, e suscitato nuovamente frustrazione tra i cittadini per non aver potuto scegliere gli eletti.

Non meno imperdonabile resta il nulla di fatto in materia di sia pur limitate e mirate riforme della seconda parte della Costituzione, faticosamente concordate e poi affossate, e peraltro mai giunte a infrangere il tabù del bicameralismo paritario.

Molto si potrebbe aggiungere, ma mi fermo qui, perché su quei temi specifici ho speso tutti i possibili sforzi di persuasione, vanificati dalla sordità di forze politiche che pure mi hanno ora chiamato ad assumere un ulteriore carico di responsabilità per far uscire le istituzioni da uno stallo fatale. Ma ho il dovere di essere franco : se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a trarne le conseguenze dinanzi al paese.

Non si può più, in nessun campo, sottrarsi al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla decisione netta e tempestiva per le riforme di cui hanno bisogno improrogabile per sopravvivere e progredire la democrazia e la società italiana.

Parlando a Rimini a una grande assemblea di giovani nell’agosto 2011, volli rendere esplicito il filo ispiratore delle celebrazioni del 150° della nascita del nostro Stato unitario : l’impegno a trasmettere piena coscienza di “quel che l’Italia e gli italiani hanno mostrato di essere in periodi cruciali del loro passato”, e delle “grandi riserve di risorse umane e morali, d’intelligenza e di lavoro di cui disponiamo”. E aggiunsi di aver voluto così suscitare orgoglio e fiducia “perché le sfide e le prove che abbiamo davanti sono più che mai ardue, profonde e di esito incerto. Questo ci dice la crisi che stiamo attraversando. Crisi mondiale, crisi europea, e dentro questo quadro l’Italia, con i suoi punti di forza e con le sue debolezze, con il suo bagaglio di problemi antichi e recenti, di ordine istituzionale e politico, di ordine strutturale, sociale e civile.”

Ecco, posso ripetere quelle parole di un anno e mezzo fa, sia per sollecitare tutti a parlare il linguaggio della verità – fuori di ogni banale distinzione e disputa tra pessimisti e ottimisti – sia per introdurre il discorso su un insieme di obbiettivi in materia di riforme istituzionali e di proposte per l’avvio di un nuovo sviluppo economico, più equo e sostenibile.

E’ un discorso che – anche per ovvie ragioni di misura di questo mio messaggio – posso solo rinviare ai documenti dei due gruppi di lavoro da me istituiti il 30 marzo scorso. Documenti di cui non si può negare – se non per gusto di polemica intellettuale – la serietà e concretezza. Anche perché essi hanno alle spalle elaborazioni sistematiche non solo delle istituzioni in cui operano i componenti dei due gruppi, ma anche di altre istituzioni e associazioni qualificate. Se poi si ritiene che molte delle indicazioni contenute in quei testi fossero già acquisite, vuol dire che è tempo di passare, in sede politica, ai fatti; se si nota che, specie in materia istituzionale, sono state lasciate aperte diverse opzioni su varii temi, vuol dire che è tempo di fare delle scelte conclusive. E si può, naturalmente, andare anche oltre, se si vuole, con il contributo di tutti.

Vorrei solo formulare, a commento, due osservazioni. La prima riguarda la necessità che al perseguimento di obbiettivi essenziali di riforma dei canali di partecipazione democratica e dei partiti politici, e di riforma delle istituzioni rappresentative, dei rapporti tra Parlamento e governo, tra Stato e Regioni, si associ una forte attenzione per il rafforzamento e rinnovamento degli organi e dei poteri dello Stato. A questi sono stato molto vicino negli ultimi sette anni, e non occorre perciò che rinnovi oggi un formale omaggio, si tratti di forze armate o di forze dell’ordine, della magistratura o di quella Corte che è suprema garanzia di costituzionalità delle leggi. Occorre grande attenzione di fronte a esigenze di tutela della libertà e della sicurezza da nuove articolazioni criminali e da nuove pulsioni eversive, e anche di fronte a fenomeni di tensione e disordine nei rapporti tra diversi poteri dello Stato e diverse istituzioni costituzionalmente rilevanti.

Né si trascuri di reagire a disinformazioni e polemiche che colpiscono lo strumento militare, giustamente avviato a una seria riforma, ma sempre posto, nello spirito della Costituzione, a presidio della partecipazione italiana – anche col generoso sacrificio di non pochi nostri ragazzi – alle missioni di stabilizzazione e di pace della comunità internazionale.

La seconda osservazione riguarda il valore delle proposte ampiamente sviluppate nel documento da me già citato, per “affrontare la recessione e cogliere le opportunità” che ci si presentano, per “influire sulle prossime opzioni dell’Unione Europea”, “per creare e sostenere il lavoro”, “per potenziare l’istruzione e il capitale umano, per favorire la ricerca, l’innovazione e la crescita delle imprese”.

Nel sottolineare questi ultimi punti, osservo che su di essi mi sono fortemente impegnato in ogni sede istituzionale e occasione di confronto, e continuerò a farlo. Essi sono nodi essenziali al fine di qualificare il nostro rinnovato e irrinunciabile impegno a far progredire l’Europa unita, contribuendo a definirne e rispettarne i vincoli di sostenibilità finanziaria e stabilità monetaria, e insieme a rilanciarne il dinamismo e lo spirito di solidarietà, e a coglierne al meglio gli insostituibili stimoli e benefici.

E sono anche i nodi – innanzitutto, di fronte a un angoscioso crescere della disoccupazione, quelli della creazione di lavoro e della qualità delle occasioni di lavoro – attorno a cui ruota la grande questione sociale che ormai si impone all’ordine del giorno in Italia e in Europa. E’ la questione della prospettiva di futuro per un’intera generazione, è la questione di un’effettiva e piena valorizzazione delle risorse e delle energie femminili. Non possiamo restare indifferenti dinanzi a costruttori di impresa e lavoratori che giungono a gesti disperati, a giovani che si perdono, a donne che vivono come inaccettabile la loro emarginazione o subalternità.

Volere il cambiamento, ciascuno interpretando a suo modo i consensi espressi dagli elettori, dice poco e non porta lontano se non ci si misura su problemi come quelli che ho citato e che sono stati di recente puntualizzati in modo obbiettivo, in modo non partigiano. Misurarsi su quei problemi perché diventino programma di azione del governo che deve nascere e oggetti di deliberazione del Parlamento che sta avviando la sua attività. E perché diventino fulcro di nuovi comportamenti collettivi, da parte di forze – in primo luogo nel mondo del lavoro e dell’impresa – che “appaiono bloccate, impaurite, arroccate in difesa e a disagio di fronte all’innovazione che è invece il motore dello sviluppo”. Occorre un’apertura nuova, un nuovo slancio nella società ; occorre un colpo di reni, nel Mezzogiorno stesso, per sollevare il Mezzogiorno da una spirale di arretramento e impoverimento.

Il Parlamento ha di recente deliberato addirittura all’unanimità il suo contributo su provvedimenti urgenti che al governo Monti ancora in carica toccava adottare, e che esso ha adottato, nel solco di uno sforzo di politica economico-finanziaria ed europea che meriterà certamente un giudizio più equanime, quanto più si allontanerà il clima dello scontro elettorale e si trarrà il bilancio del ruolo acquisito nel corso del 2012 in seno all’Unione europea.

Apprezzo la decisione con cui il movimento largamente premiato dal corpo elettorale come nuovo attore politico-parlamentare ha mostrato di volersi impegnare alla Camera e al Senato, guadagnandovi il peso e l’influenza che gli spetta : quella è la strada di una feconda, anche se aspra, dialettica democratica e non quella, avventurosa e deviante, della contrapposizione tra piazza e Parlamento. Non può, d’altronde, reggere e dare frutti neppure una contrapposizione tra Rete e forme di organizzazione politica quali storicamente sono da ben più di un secolo e ovunque i partiti.

La Rete fornisce accessi preziosi alla politica, inedite possibilità individuali di espressione e di intervento politico e anche stimoli all’aggregazione e manifestazione di consensi e di dissensi. Ma non c’è partecipazione realmente democratica, rappresentativa ed efficace alla formazione delle decisioni pubbliche senza il tramite di partiti capaci di rinnovarsi o di movimenti politici organizzati, tutti comunque da vincolare all’imperativo costituzionale del “metodo democratico”.

Le forze rappresentate in Parlamento, senza alcuna eccezione, debbono comunque dare ora – nella fase cruciale che l’Italia e l’Europa attraversano – il loro apporto alle decisioni da prendere per il rinnovamento del paese. Senza temere di convergere su delle soluzioni, dal momento che di recente nelle due Camere non si è temuto di votare all’unanimità. Sentendo voi tutti – onorevoli deputati e senatori – di far parte dell’istituzione parlamentare non come esponenti di una fazione ma come depositari della volontà popolare. C’è da lavorare concretamente, con pazienza e spirito costruttivo, spendendo e acquisendo competenze, innanzitutto nelle Commissioni di Camera e Senato. Permettete che ve lo dica uno che entrò qui da deputato all’età di 28 anni e portò giorno per giorno la sua pietra allo sviluppo della vita politica democratica.
Lavorare in Parlamento sui problemi scottanti del paese non è possibile se non nel confronto con un governo come interlocutore essenziale sia della maggioranza sia dell’opposizione. A 56 giorni dalle elezioni del 24-25 febbraio – dopo che ci si è dovuti dedicare all’elezione del Capo dello Stato – si deve senza indugio procedere alla formazione dell’Esecutivo. Non corriamo dietro alle formule o alle definizioni di cui si chiacchiera. Al Presidente non tocca dare mandati, per la formazione del governo, che siano vincolati a qualsiasi prescrizione se non quella voluta dall’art. 94 della Costituzione : un governo che abbia la fiducia delle due Camere. Ad esso spetta darsi un programma, secondo le priorità e la prospettiva temporale che riterrà opportune.

E la condizione è dunque una sola : fare i conti con la realtà delle forze in campo nel Parlamento da poco eletto, sapendo quali prove aspettino il governo e quali siano le esigenze e l’interesse generale del paese. Sulla base dei risultati elettorali – di cui non si può non prendere atto, piacciano oppur no – non c’è partito o coalizione (omogenea o presunta tale) che abbia chiesto voti per governare e ne abbia avuti a sufficienza per poterlo fare con le sole sue forze. Qualunque prospettiva si sia presentata agli elettori, o qualunque patto – se si preferisce questa espressione – si sia stretto con i propri elettori, non si possono non fare i conti con i risultati complessivi delle elezioni. Essi indicano tassativamente la necessità di intese tra forze diverse per far nascere e per far vivere un governo oggi in Italia, non trascurando, su un altro piano, la esigenza di intese più ampie, e cioè anche tra maggioranza e opposizione, per dare soluzioni condivise a problemi di comune responsabilità istituzionale.

D’altronde, non c’è oggi in Europa nessun paese di consolidata tradizione democratica governato da un solo partito – nemmeno più il Regno Unito – operando dovunque governi formati o almeno sostenuti da più partiti, tra loro affini o abitualmente distanti e perfino aspramente concorrenti.
Il fatto che in Italia si sia diffusa una sorta di orrore per ogni ipotesi di intese, alleanze, mediazioni, convergenze tra forze politiche diverse, è segno di una regressione, di un diffondersi dell’idea che si possa fare politica senza conoscere o riconoscere le complesse problematiche del governare la cosa pubblica e le implicazioni che ne discendono in termini, appunto, di mediazioni, intese, alleanze politiche. O forse tutto questo è più concretamente il riflesso di un paio di decenni di contrapposizione – fino allo smarrimento dell’idea stessa di convivenza civile – come non mai faziosa e aggressiva, di totale incomunicabilità tra schieramenti politici concorrenti.

Lo dicevo già sette anni fa in quest’aula, nella medesima occasione di oggi, auspicando che fosse finalmente vicino “il tempo della maturità per la democrazia dell’alternanza” : che significa anche il tempo della maturità per la ricerca di soluzioni di governo condivise quando se ne imponga la necessità. Altrimenti, si dovrebbe prendere atto dell’ingovernabilità, almeno nella legislatura appena iniziata.

Ma non è per prendere atto di questo che ho accolto l’invito a prestare di nuovo giuramento come Presidente della Repubblica. L’ho accolto anche perché l’Italia si desse nei prossimi giorni il governo di cui ha bisogno. E farò a tal fine ciò che mi compete : non andando oltre i limiti del mio ruolo costituzionale, fungendo tutt’al più, per usare un’espressione di scuola, “da fattore di coagulazione”. Ma tutte le forze politiche si prendano con realismo le loro responsabilità : era questa la posta implicita dell’appello rivoltomi due giorni or sono.

Mi accingo al mio secondo mandato, senza illusioni e tanto meno pretese di amplificazione “salvifica” delle mie funzioni ; eserciterò piuttosto con accresciuto senso del limite, oltre che con immutata imparzialità, quelle che la Costituzione mi attribuisce. E lo farò fino a quando la situazione del paese e delle istituzioni me lo suggerirà e comunque le forze me lo consentiranno. Inizia oggi per me questo non previsto ulteriore impegno pubblico in una fase di vita già molto avanzata ; inizia per voi un lungo cammino da percorrere, con passione, con rigore, con umiltà. Non vi mancherà il mio incitamento e il mio augurio.

Viva il Parlamento! Viva la Repubblica! Viva l’Italia

22 Aprile 2013Permalink