22 aprile 2013 ore 15.20 – Una crudele scommessa con me stessa.


Comincio a scrivere. TV e Radio chiuse. Internet disconnesso Sono le 14.45.
Vado velocissima perché voglio finire presto.

Mie previsioni:
Regione FBG:  vittoria contesa fra il presidente uscente (giunta PdL/Lega) e M5S.
Candidata Sinistra terza.
Comune di Udine (dove c’è il ballottaggio). Il sindaco Honsell uscirà male, non so se molto. , Probabilmente andrà al ballottaggio con destra o M5S. Non so.

Le ragioni del mio pessimismo.

Prima ragione. La conclusione di un lungo intervento di Francesca Longo che si trova integralmente anche nella mia rubrica su facebook:
«  vi ho votato e spero lo facciano in molti in queste ultime ore. Ma non ho votato per voi: ho votato per quei tanti amici in rete che, come me, sono pronti a ricominciare anche dopodomani pur di difendere la Costituzione e la democrazia. Per i tanti che come me guardano al futuro loro, di figli e adesso pure nipoti con ansie notturne. Ho votato per me e per la mia dignità di persona facente parte della Repubblica Italiana, visto che questa è quella che mi è stata data in sorte. Di una società che avete dimenticato anche se non se lo meritava (almeno non tutta, i conti con il centro destra lo facciano gli altri). Risparmiateci almeno i pianti postumi e le parole. Solo da fatti concreti c’è una possibile via d’uscita»

Seconda ragione
La rubo a Lino Di Gianni, un frequentatore di facebook che ringrazio

Appartengo alla generazione
che guardando verso il cielo
tentò l’assalto aggiungendo
scale finché si accorse
che mancavano scalini

… la direzione non era in discussione
è che nel tragitto
ognuno era andato
altrove

La speranza come disperato dovere
che sintetizzo nelle domande che vorrei porre ai partiti in attività.

1. Perché ci sono partiti che vengono gestiti con il mero criterio quantitativo del rapporto lato b sedie (non generalizzo, registro casi che mi fanno male)?

2. constatata la funzione della rete perché non siete capaci di usarla come luogo di dialogo, che significa anche rispetto dell’interlocutore, e non solo come luogo il cui si testimonia il (dis)valore della fedeltà?

3. perché usate termini generalizzanti costruendo ipotesi senza analizzare la realtà? Mi riferisco in particolare al nefasto termine cattolici che usate per cercare consensi presunti su pseudo valori che all’interno della cultura cattolica postconciliare sono destituiti di significato. Inoltre fate infuriare chi si è costruito una libertà di coscienza e ne ha pagato il prezzo restando se stesso senza immobilismi.

4. perché avete paura della Lega e non del fondo razzista della sua cultura?

5. su questi primi quattro temi avrei moltissimo da dire mentre purtroppo non ho competenze con altrettanto fondamento in materia di economia e finanza. Comprendo l’angoscia e il dolore di chi è colpito dalla situazione ma non ho risposte progettuali adeguate. Ma è certamente il primo problema da affrontare

22 Aprile 2013Permalink

18 aprile 2013 – Scommetto con me stessa (ore 15)

ore 15
Allora provo la scommessa con me stessa che a questo punto mi appassiona.
Prima che iniziasse il toto presidente io avevo detto a me stessa (e scritto da qualche parte) che la mia personale terna era Bonino, Rodotà, Zagrebelsky:
Adesso Bonino e Zagrebelsky non ci sono e sono contenta che l’essere lasciati in disparte abbia loro risparmiato l’indegno trattamento cui il Pd ha esposto Marini (sia benedetta la dignità di Gabanelli che ha evitato la sconcezza di altri giochi).
Se a certi nomi ero arrivata io a maggior ragione poteva arrivarci il Pd.
Ma non ce l’ha fatta. Perché? Non lo so o meglio non lo voglio sapere.
Quello che a me risulta evidente è l’analogia fra le ignobili sconnesse procedure in atto e il trattamento cui sono stata sottoposta io quando ho posto il problema della registrazione anagrafica dei figli degli immigrati senza permesso di soggiorno sia nell’ambito del Pd e dintorni sia oltre il Pd a sinistra (con tutto l’appoggio che questo coacervo gode da parti della società cd civile più rispettata, sindacato di riferimento compreso).
Il problema che ponevo è stato isolato fra silenzio e beffe senza argomentazioni e senza che tutti i signori protagonisti dell’inciucio col nulla si rendessero conto che si trattava di diritti che coloro che ne venivano privati non potevano difendere da sé.

schede bianche
Ora sembra che il Pd proponga scheda bianca per le prossime due elezioni. Evidentemente vuole
1. –  assicurare  agli elettori di riferimento una pausa di riflessione (versione ufficiale per i media);
2 – garantirsi uno spazio in cui il segretario possa costringere gli elettori ritenuti dominabili all’obbedienza (ad imitazione delle linee cultuali grilliche). Avrà la forza suina del porcellum: io vi ho fatto eleggere quindi obbedienza perché la prossima volta potrebbe essere vicina
Presto sapremo se sarà 1 o 2 o altro.
Vorrei ridere ma non ci riesco.

18 Aprile 2013Permalink

17 aprile 2013 – La presidente Boldrini riconosce il problema della registrazione anagrafica.

Così avevo scritto in data  28/03/2013 – alla presidente Boldrini che oggi mi ha risposto (ricopio il messaggio della Presidente a seguito della mia lettera)
Contemporaneamente avevo scritto ad alcuni deputati e senatori eletti nella circoscrizione del FVG.
Da alcuni di loro ho ricevuto qualche espressione di cortesia (che in qualche caso mi è sembrato esprimesse anche un generico consenso. Nessuno certamente ha usato la parola ‘suggerimenti’, come ha fatto la Presidente, il cui linguaggio –così diretto e inconsueto – mi ha fatto un’ulteriore positiva impressione).
Adesso non resta che sperare nel lavoro dei parlamentari. Nella precedente legislatura è andata buca, in questa vedremo se le loro azioni risaliranno nella mia privata graduatoria.

Gentile Presidente,
 Il Suo discorso di insediamento appartiene alla voce di quella politica che può suscitare speranza e passione in chi abbia mente aperta e cuore sapiente Prima di tutto la ringrazio per quanto ha scritto a Patrizia Moretti e ora vorrei scriverle molte cose che affido a un nuovo sintetico grazie per dar spazio a un argomento specifico che mi sta a cuore.  Attendevo con ansia l’istituzione della Sua casella per proporglielo. Lei ha detto “Dovremo impegnarci tutti a restituire piena dignità a ogni diritto. Dovremo ingaggiare una battaglia vera contro la povertà, e non contro i poveri. In questa Aula sono stati scritti i diritti universali della nostra Costituzione, la più bella del mondo. La responsabilità di questa istituzione si misura anche nella capacità di saperli rappresentare e garantire uno a uno” e ha opportunamente ricordato i “tanti anni a difendere e a rappresentare i diritti degli ultimi, in Italia come in molte periferie del mondo. È un’esperienza che mi accompagnerà sempre e che da oggi metto al servizio di questa Camera”.
Devo pensare che Le siano state stella polare le Convenzioni dell’ONU e voglio condividere un articolo della legge 176/1991 (che è ratifica della Convenzione di New York sui diritti dei minori) che recita: “Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi”.
Sono certa che nel suo lungo impegno nelle periferie del mondo si sia confrontata con il problema dei bambini senza un nome che non sia semplicemente l’espressione cui si rivolgono loro genitori amorevoli. Ora io le chiedo di considerare questo problema in Italia. Lei ha parlato di diritti da ‘rappresentare e garantire uno a uno’. Dal 2009 il diritto alla registrazione anagrafica è stato umiliato al livello di privilegio per essere stato negato ai figli dei migranti senza permesso di soggiorno (lettera g comma 22 articolo 1 legge 94/2009). Il fatto che – con manovra surrettizia – sia stata introdotta una circolare che consente la registrazione come percorso burocratico possibile, nulla toglie all’umiliazione che – con quella decisione – è stata imposta a tutti noi, declassati da cittadini a privilegiati che possono riconoscere i loro figli, diritto ad altri negato nel nostro stesso paese. Ho parlato con molti rappresentanti istituzionali e ho trovato purtroppo indifferenza e convincimento che il riconoscimento della cittadinanza secondo jus soli (obiettivo alto, certamente da perseguire) risolva il problema. Purtroppo non è così, ma fortunatamente intervenire nel rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite (che ben precisa la sequenza: nome, cittadinanza, conoscenza dei genitori) non richiede sconvolgenti modifiche e un parlamento che lo voglia e non dovrebbe caricarsi di un grande lavoro per risolvere il problema.
Conto su di Lei. Buon lavoro
Augusta De Piero

Gentile dottoressa De Piero,
la ringrazio per le sue parole e per i suoi suggerimenti in vista di una riforma della cittadinanza, che auspico avvenga presto e che deve comprendere, come lei giustamente sottolinea, una revisione delle modalità della registrazione anagrafica. Provvederò dunque ad inoltrare il suo messaggio alle Commissioni competenti, non appena verranno costituite.
Laura Boldrini

17 Aprile 2013Permalink

17 aprile 2013 – Una voce a chi non ne ha

Trovo su adista notizie datata 20 aprile – e già in lettura on line – una notizia che ritengo importante registrare e far conoscere.

ROM ALLE PRIMARIE: «NESSUNO PUÒ NEGARCI IL DIRITTO DI VOTO»

37124. ROMA-ADISTA. Ha reagito con indignazione e dolore la comunità rom di via Candoni alle accuse dell’esponente della direzione regionale del Pd Cristiana Alicata e del candidato sindaco del Movimento 5 Stelle Marcello De Vito riguardo a un presunto voto di scambio alle primarie del Partito Democratico del 7 aprile scorso (v. Adista Segni Nuovi n. 15/13). Inverosimile, per i due esponenti politici, che i rom possano esercitare il loro diritto di voto come tutti gli altri cittadini: «Le solite incredibili file di nomadi: sono voti comprati», aveva scritto in un post la renziana  Alicata; «Che bello i rom alle primarie del Pd: hanno dichiarato apertamente che hanno avuto 10 euro per il loro voto», ha rilanciato De Vito su Facebook, senza preoccuparsi di fornire prove, e linkando al post l’immagine (poi rimossa in seguito alla diffida dell’Associazione 21 luglio) di una donna rom nell’atto di deporre la scheda nell’urna (per poi giustificarsi dicendo di aver «semplicemente preso atto di quanto detto da Cristiana Alicata» ed escludendo da parte sua qualunque «intento offensivo o razziale»).
«Come comunità rom presente da 13 anni nel XV Municipio – ha dichiarato in un comunicato la comunità di via Candoni, annunciando la propria decisione di denunciare per diffamazione e istigazione all’odio razziale Alicata e De Vito – abbiamo sempre preso parte attivamente alla politica del territorio, come tutti i rappresentanti delle forze politiche, dell’associazionismo e dei movimenti locali possono testimoniare», e come dimostra anche il fatto che «in ogni tornata elettorale i futuri candidati hanno organizzato iniziative politiche ed elettorali in questo campo sui temi dell’immigrazione e dell’inclusione sociale», l’ultima delle quali promossa, proprio dieci giorni prima del voto, da David Sassoli, a cui i rom riconoscono «interesse e sensibilità alle problematiche del campo».
Un interesse, quello degli esponenti politici, che è sempre stato visto dalla comunità «come un segnale positivo per uscire dall’invisibilità e dalla marginalità in cui siamo relegati spesso e nostro malgrado e come stimolo ad essere parte attiva e propositiva dell’elettorato e non solo e sempre un problema di emergenza sociale». Tant’è che la comunità aveva preso parte al voto, senza produrre alcuno scandalo, già alle primarie del 2009, come pure alle elezioni per il Parlamento Europeo e alle ultime elezioni comunali, impegnandosi anche in questi anni «contro il piano Nomadi di Alemanno a partire dalla campagna contro le impronte digitali ai minori che hanno coinvolto tutte le forze democratiche del territorio», fino a «rifiutare il fotosegnalamento per mano della Croce Rossa Italiana».
Nessuna sorpresa, dunque, che queste primarie fossero apparse alla comunità «un’occasione importante di partecipazione per segnare un cambiamento di linea», dopo «5 anni di devastazione, di sgomberi, fotosegnalamenti, campagne xenofobe e affollamento dei campi». Ma, esclamano, «evidentemente ci siamo sbagliati!»: «La campagna partita da una dirigente del Pd, immediatamente ripresa dal M5Stelle e da tutti i blog della destra e diffusa indegnamente da tutta la stampa è il segnale inquietante di quanto sia radicato nel senso comune il pregiudizio razzista nei confronti delle comunità rom».
Non si stupisce, la comunità, che tale pregiudizio si incontri nella destra, come pure nel Movimento 5 Stelle, da cui sono partite, «già più volte, esternazioni ambigue sul voto ai migranti», senza contare «l’apertura a movimenti apertamente xenofobi come Casa Pound». «Ci stupisce invece che tali affermazioni siano nate in seno al Pd», evidenzia la comunità chiedendo una presa di distanza pubblica da parte dei dirigenti democratici e la destituzione di Cristiana Alicata». La quale, in effetti, si è dimessa dalla sua carica all’interno del Pd, ma senza chiedere scusa a nessuno: «Il partito mi ha massacrata ma la mia denuncia farà solo del bene», ha affermato in un’intervista a Repubblica (11/4), rivendicando il merito di aver «segnalato un problema politico e morale: i voti di scambio alimentati da correnti del Pd romano». Affermazioni cui ha nuovamente replicato la comunità rom, invitando «la sig.ra Alicata a farsi un giro a via Candoni per verificare di persona le nostre condizioni»: «Così forse le sarà anche chiaro che votiamo tutti nello stesso seggio perché viviamo nello stesso posto: via Luigi Candoni 91». Ed evidenziando come tali polemiche abbiano ottenuto come unico risultato «il recupero di Alemanno e della destra, oltre ad intimidire e scoraggiare la popolazione migrante e rom ad esercitare il suo diritto al voto. Questo è il vero problema politico e morale». (claudia fanti)

17 Aprile 2013Permalink

8 aprile 2013 – Il trionfo del pregiudizio senza pudore.

Ho letto della vittoria del sen. Marino che le primarie di ieri hanno identificato come candidato sindaco al comune di Roma. La strada per il Campidoglio penso sarà dura comunque per quel poco che ne so mi sembra una persona attendibile.
Purtroppo però accanto alla notizia di un successo numericamente incontestabile compare un’altra notizia a dir poco ripugnante di cui ricopio pochi passi da La Stampa: “E a turbare l’andamento della `domenica elettorale´ sono stati i sospetti di `scorrettezze´ e di `voti comprati´.
Un componente della direzione del Pd Lazio, Cristiana Alicata, denuncia su Fb le «solite incredibili file di Rom che quando ci sono le primarie si scoprono appassionatissimi di politica». Si tratta di «voti comprati» afferma con certezza.
A Tor Bella Monaca, la polizia interviene dopo una violenta lite tra esponenti del Pd, nata perché alcuni testimoni sostenevano di aver visto fuori dal seggio immigrati `ricevere dei soldi´. Ma dal partito romano frenano: «Se le primarie sono aperte agli immigrati, loro votano. Al momento non ci è pervenuta nessuna denuncia».

Se questi signori e signore sospettano di voti comprati si diano da fare a cercarne prove, indichino i presunti responsabili (nella reciprocità perché se qualcuno compera, qualcuno vende) ma evitino la discriminante etnica come indizio se non  addirittura prova.

Mi è successo anni fa.
Ero stata borseggiata a Roma (per fortuna nel portafogli avevo ‘solo’ denaro, né documenti, né carte di credito, né il biglietto ferroviario. Sono oggetti che tengo separati in posizioni diverse della borsa per sicurezza. Constatato il fatto mi precipitai a prendere il treno perché avevo un impegno in un’altra città dove feci registrare la denuncia per avere il verbale necessario a recuperare una tessera che stava nel portafoglio.
Avevo ben visto le ladre e le descrissi “ragazzine mingherline, di carnagione chiara, capelli neri e modesti abiti neri”.
Il poliziotto che mi interrogava mi disse: ‘Scriviamo Rom’. Dichiarai che con una simile indicazione che introduceva una discriminante etnica a me ignota non avrei firmato il verbale, che, una volta steso, lessi parola per parola per garantire me stessa dal vedermi attribuita una accusa priva di fondamento che avrei vissuto come formulata contro di me..

Fu un episodio che mi impressionò molto perché l’introduzione della discriminante etnica era del tutto infondata, segno nel venir così inutilmente pronunciata, di un sentimento profondo che mi sembra ogni giorno più forte.
Non mi do per vinta e mi ribello ogni volta che mi imbatto in situazioni del genere ma, quando mi guardo attorno, mi ritrovo spesso completamente sola.

Un precedenti non personale  – 1996
Allora circolò una cartolina con cui la Lega (che allora mi sembra si chiamasse Padania) informava i sudditi italiani che i Rom ricevevano 35.000 lire al giorno pro capite. Era un falso e avevo la documentazione per dimostrarlo ma nessuno volle darmi ascolto.

8 Aprile 2013Permalink

5 aprile 2013 – Cattedra pro razzismo e corse che lo promuovono. Comunque fanno scuola.

Così è stata ripresa in un liceo romano una studentessa la cui famiglia appartiene alla comunità ebraica Ad Auschwitz saresti stata attenta” 
Collego all’intero articolo
Mi chiedo perché l’inqualificabile episodio romano – tanto più grave per il fatto che il luogo in cui è accaduto è stata una scuola durante le ore di lezione – sia stato segnalato con qualche mese di ritardo.
Al razzismo bisogna opporre la prevenzione di una cultura che va diffondendosi nel consenso, ma anche nella sottovalutazione e nell’indifferenza.:
La Regione Venezia Giulia, ad esempio, ha assicurato un contributo a una maratona (organizzata dal Friuli Venezia Giulia insieme all’Austria e alla Slovenia) che, per regolamento solo italiano, escludeva dalla partecipazione in non comunitari.
E ciò che è più grave è che la notizia non è venuta da consiglieri regionali attenti a ciò che accade anche nei meandri dell’istituzione e rispettosi della popolazione che rappresentano, ma dall’inchiesta di un giornalista – Max Mauro che ringrazio– dal cui blog l’ho ripresa e trascritta nel mio diariealtro.it.
Ne segnalo la pagina del 30 marzo scorso che riporta i particolari

5 Aprile 2013Permalink

30 marzo 2013 – Run Alpe Adria: “extra-comunitari” non ne vogliamo- con aggiornamento

E per concludere tristemente il mese, copio dal sito del giornalista Max Mauro che ringrazio per avermelo consentito.

 My home is where I’m happy  marzo 30, 2013 di maxmauro

Run Alpe Adria: “extra-comunitari” non ne vogliamo

E’ una curiosa interpretazione di internazionalità quella degli organizzatori della Run Alpe Adria, manifestazione podistica che unisce le maratone di Trieste, Klagenfurt e Lubiana. Gli organizzatori della neonata competizione internazionale “unica al mondo” – come sottolineano nelle note di presentazione – hanno creato un sito, http://www.runalpeadria.com, con poche informazioni in inglese e l’invito a consultare i siti nelle tre lingue di riferimento (italiano, tedesco, sloveno).

Nella pagina in italiano si legge che “L’iscrizione al Run Alpe Adria riservata agli atleti comunitari ed è gratuita”. Dunque, se sei un corridore appassionato, vivi da vent’anni a Trieste o Udine e ami la tua città d’adozione ma non sei in possesso della cittadinanza di un paese membro dell’Unione Europea non puoi gareggiare. Semplice. Per converso, se vivi puta caso a Rovaniemi, capoluogo della regione lappone della Finlandia, non hai mai messo piede a Trieste, Klagenfurt o Lubiana, e a malapena sai dove queste città sono collocate sulla mappa, hai pieno diritto di iscriverti alla Run Alpe Adria. Fantastico.

Incuriosito dall’assurda disposizione regolamentare, ho consultato la pagina in tedesco e non ho trovato traccia dell’esclusione dei non-comunitari dalla corsa. L’unica indicazione offerta è che la Run Alpe Adria è riservata a coloro che abbiano partecipato alle tre gare nelle stessa annata. Chi ha raggiunto i migliori risultati nelle tre competizioni riceve un premio speciale, la coppa Alpe Adria. Un po’ disorientato mi sono allora rivolto alla pagina in sloveno scoprendo che non in questa lingua ma in fluente inglese è stata redatta.  Qui si scopre che “The aim of the joint cup’s organisers is to encourage and challenge better recreational runners from all three countries to take part in this joint adventure”. In pratica, si vuole incoraggiare i corridori dei tre stati confinanti a partecipare alla corsa. Nulla si dice della limitazione esplicitata nella pagina in italiano a coloro di sangue e passaporto strettamente europei/comunitari.

Avvinto dall’insolvibile mistero e desideroso di chiarezza ho inviato un’email agli organizzatori italiani, gli stessi della rinomata Bavisela (info@bavisela.it). Una gentile signorina mi ha risposto a stretto giro di posta (elettronica): “Le confermo che l’iscrizione è limitata agli atleti comunitari”. Ma i tedeschi e gli sloveni che ne pensano? Siccome avevo già perso abbastanza tempo dietro a questa paradossale storiella primaverile, ho deciso di soprassedere da ulteriori investigazioni. Lascio ad altri volenterosi l’impellenza di piantonare gli ideatori della coppa per capire cosa gli frulla in testa.

Per la cronaca, i vincitori di Run Alpe Adria, non vengono premiati con una stretta di mano e un bicchiere di prosecco, ma con 1.000 euro per il primo classificato della categoria Golden Cup (due maratone + una mezza maratona), 800 per il primo nella categoria Silver Cup (una maratona + due mezze maratone) e 600 per il primo nella Bronze Cup (tre mezze maratone). In tempi di crisi, non son bruscolini.

Sempre per la cronaca, le ultime edizioni della tre maratone partecipanti sono state vinte da corridori non-comunitari. Nel 2012 a Klagenfurt il primo classificato, tra i maschi, è stato Wilson Kipsang (Kenya). A Lubiana ha vinto Berhanu Shiferaw (Etiopia). A Trieste ha vinto Victor Kiprono Kymeli (Kenya). Che voglia dire qualcosa? Che ci sia forse la volontà di escludere gli atleti africani da un premio speciale, la coppa Alpe Adria? Chissà. Se così fosse le tre maratone dovrebbero almeno decidere di mettersi d’accordo sulle regole d’iscrizione. Nel frattempo, spero che molti decidano di boicottare la Run Alpe Adria. Di una coppa riservata ad atleti “comunitari” non se ne sentiva proprio la mancanza.

 

Aggiornamento 30 Marzo 2013: Visto che sono testardo e mi piace andare a fondo alle cose ho riscritto agli organizzatori di Run Alpe Adria per manifestare il mio stupore per l’iniqua norma discriminatoria e chiedere lumi sulla discrepanza tra il regolamento di partecipazione italiano e quelli austriaco e sloveno. Ho ricevuto una sbrigativa e incompleta risposta: “questo circuito vuole valorizzare e premiare i runners europei. tutto qua.
buona pasqua”. Ora, se si iscrive un corridore svizzero o norvegese, cosa faranno quelli di Run Alpe Adria? Per regolamento atleti svizzeri o norvegesi non sono ammessi, perché i loro paesi non sono membri dell’Unione Europea e quindi sono, tecnicamente parlando, “non-comunitari”. Però forse, credo, sono anch’essi europei, quindi che si fa? Un bel rebus, non c’è che dire.

Questa piccola triste storia ci insegna un paio di cose. Primo, il livello di improvvisazione e incompetenza di chi ha scritto queste norme è imbarazzante. Se si volevano premiare gli atleti di Italia, Austria e Slovenia, come suggerisce ma non chiarisce la pagina degli sloveni, non bastava istituire un premio speciale ai partecipanti residenti in questi tre stati? E’ prassi in molti premi letterari e cinematografici, perché non applicarla qui? Puntando sulla cittadinanza e non sulla residenza, ed estendendola ai “comunitari” (scambiati goffamente per “europei”), si finisce solo per fare molta confusione e una gran brutta figura sul piano internazionale.

Secondo, al di là del sottile razzismo insito nell’iniziativa, il problema di fondo è che si usano soldi pubblici (45.000 euro quelli destinati dalla regione FVG alla Maratona d’Europa) per qualcosa di malpensato e malcomunicato. Gli amministratori regionali che hanno sostenuto e finanziato (con soldi nostri) una tale operazione – “unica al mondo”, vien proprio da dire – dovrebbero prendersi la responsabilità di controllare, verificare e correggere. Ma visto lo spessore morale e culturale dell’attuale classe politica, degno specchio dell’Italia di oggi, dubito che qualcosa di simile accadrà.

 

30 Marzo 2013Permalink

28 marzo 2013 Legislatori in attività o no?

Ho scritto ad alcuni parlamentari della mia regione a proposito del problema della registrazione anagrafica. Ho usato la loro casella di  posta nei rispettivi siti istituzionali, salvo che per uno che ne è privo. Ho pubblicato la lettera su facebook
Fra una settimana pubblicherò di seguito le eventuali risposte.
Non mi sembra il periodo in cui si possa supporre che siano in vacanza pasquale.

I destinatari

Alla Sen  Isabella De Monte   al Sen  Carlo Pegorer    al Sen Francesco Russo  al Sen Lodovico Sonego
 Sen Marino Germano Mastrangeli aggiunto il 29 aprile

All’ on Tamara Blazina  e  all’on Giorgio Brandolin  all’on Gianna Malisani  all’on Serena Pellegrino  all’on Ettore Rosato  all’on  Giorgio Zanin

La mia lettera

Gentile sen   Gent on
nel Suo discorso di insediamento la Presidente della Camera ha pronunciato parole importanti dando voce a quella politica  che può suscitare speranza e passione in chi abbia mente aperta e cuore sapiente:
Ma non le scrivo per commentare quel discorso bensì per chiederle di fermare la sua attenzione su un punto preciso.
Ha detto l’on. Boldrini: “Dovremo impegnarci tutti a restituire piena dignità a ogni diritto. Dovremo ingaggiare una battaglia vera contro la povertà, e non contro i poveri. In questa Aula sono stati scritti i diritti universali della nostra Costituzione, la più bella del mondo. La responsabilità di questa istituzione si misura anche nella capacità di saperli rappresentare e garantire uno a uno” e ha opportunamente ricordato i tanti anni a difendere e a rappresentare i diritti degli ultimi, in Italia come in molte periferie del mondo. È un’esperienza che mi accompagnerà sempre e che da oggi metto al servizio di questa Camera”.
Sono certa che ‘nelle periferie del mondo’ la Presidente abbia constatato il problema dei bambini privi di registrazione anagrafica, di cui mi consta si occupino anche importanti ong, promuovendo apposite campagne.
Paradossalmente ora si incontrerà con quel problema in Italia perché dal 2009 la registrazione anagrafica è negata a chi nasca figlio di persone prive di permesso di soggiorno (lettera g comma 22 art. 1 legge 94/2009) ed è possibile invece ottenere il certificato di nascita a seguito di una circolare che, come tale, potrebbe essere revocata senza informarne il Parlamento.
Dice la Convenzione di New York del 1989, che l’Italia ha ratificato con legge n.176  nel 1991  “Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi”.
Un tentativo di riportarci alla situazione precedente il 2009, rispettando quindi la norma in vigore poco fa citata, era stato fatto nella precedente legislatura con la proposta di legge n. 4756 (presentata il 7 novembre 2011)  che, sebbene affidata alle commissioni di competenza dall’allora presidente della camera, non venne mai presa in efficace considerazione.
Spero che vorrà farsi carico di questo problema.
Mi permetta di aggiungere una preghiera.
Ho dovuto constatare in passato che molti parlamentari non riescono a sostenere l’impegno della corrispondenza cui è aperta la loro casella personale di cui ora mi giovo; altri addirittura la ignorano.
Io prego chi di voi non intenda servirsene di far apparire, quando qualcuno vi scriva, una qualsiasi scritta che scoraggi l’attesa della risposta.
E’ meglio il rifiuto che l’oscurità del silenzio.
Distinti saluti
Augusta De Piero  –  Udine

29 aprile – aggiungo

Ieri ho pubblicato la mia lettera ad alcuni parlamentari della mia regione.
Una riflessione continuava però a girarmi per la testa.
I destinatari cui mi ero rivolta avevano già alle spalle una precedente legislatura e i neoeletti appartengono a partiti che,  attraverso rappresentanti locali, avevo da tempo  informato sul problema che espongo o sono persone con cui avevo direttamente dialogato (cito in particolare l’on. Serena Pellegrino).
Sarei stata e sono molto curiosa di conoscere il parere sulla negazione del certificato di nascita ai sans papier dei totalmente nuovi, aggrappati – tra l’alto -all’immagine della loro differenza. Parlo evidentemente dei M5S di cui però non posso accettare tante cose e in particolare la presentazione di sé più massificata che unitaria, anche se non posso negare che ho molto apprezzato il voto con cui  alcuni di loro hanno assicurato la funzionalità del Senato.
Quando ho saputo che uno di loro si era dichiarato libero nelle sue scelte in una trasmissione televisiva –ed era anche uno di quelli che avevano votato per il presidente del Senato – gli ho inviato la lettera di ieri e che ripropongo, condividendo me stessa.
Il nome del senatore cui ho scritto è: Marino Germano Mastrangeli.

28 Marzo 2013Permalink

25 marzo 2013 – Silenzi che soffocano

 Dallo scorso anno il primo giorno di ogni mese pubblico un mio calendario dove segno alcune date che voglio ricordare. Può capitare che durante il mese ci siano avvenimenti nuovi che aggiungo a futura memoria. 
Per una singolare coincidenza quando il 13 marzo ho aggiunto la notizia dell’elezione di papa Francesco ho rivisto questa nota: “13 marzo 1983 – assassinio di Marianella Garcia Villas in Salvador” che mi ha rinviato subito al 24 marzo 1980: “assassinio di mons. Romero”.
Per chi volesse conoscere il legame che unisce due salvadoregni, uccisi a tre anni di distanza per gli stessi motivi, segnalo il bel libro di Bimbi e La Valle ‘Marianella e i suoi fratelli’.
Ieri davo per scontato che il papa sudamericano ricordasse mons. Romero nel 33mo anniversario della morte. Così non è stato.
Alle delusione di è aggiunta la preoccupazione e la luce di speranza nata dai gesti nuovo e sorprendenti di papa Francesco si è affievolita.

Perciò voglio riportare le parole con cui mons. Romero si rivolgeva ai militari del suo paese:
“Vorrei fare un appello in maniera speciale agli uomini dell’esercito, e in concreto alla base della guardia nazionale, della polizia, dei quartieri generali.
Fratelli, voi appartenete come noi al popolo, voi però uccidete i vostri fratelli contadini. Di fronte all’ordine di uccidere dato da un uomo, è la Legge di Dio che deve prevalere, e quella legge dice: TU NON UCCIDERAI. Un soldato non e’ costretto ad obbedire ad un ordine che va contro la Legge di Dio. Una legge immorale non deve essere rispettata. Ora è tempo che recuperiate la vostra coscienza e che obbediscano alle proprie coscienze piuttosto che all’ordine del peccato. La Chiesa che difende i Diritti di Dio, della legge di Dio, della dignità umana, della persona, non può starsene in silenzio davanti a tanto abominio. Vogliamo che il Governo prenda sul serio che le riforme non serviranno a niente se devono essere imbevute di tanto sangue. In nome di Dio, in nome del Popolo che soffre, i cui lamenti crescenti salgono al cielo ogni giorno più forti, io vi supplico, io vi chiedo, io vi ordino: fermate la repressione!” 

E infine, per un’opportuna contestualizzazione, aggiungo il testo di un articolo dell’amico giornalista Luigi Sandri, pubblicato oggi sul quotidiano Il Trentino.

“ Continua ad essere segno di contraddizione, nella Chiesa cattolica romana, monsignor Oscar Arnulfo Romero, l’arcivescovo salvadoregno assassinato come ieri, il 24 marzo 1980. La sua vicenda è esemplare per comprendere luci e ombre della Chiesa romana negli ultimi decenni.

     Egli nel 1977 fu promosso ad arcivescovo di San Salvador, la capitale del paese centro-americano, perché era considerato – e lo era – un prelato “conservatore”, e dunque ben voluto dal regime al potere. Sennonché, pochi giorni dopo la sua nomina, gli squadroni della morte (bande protette dal governo) assassinarono p. Rutilio Grande, un sacerdote tutto dedito a coscientizzare la povera gente, e che Romero stimava. Vegliando su quel corpo, l’arcivescovo ebbe come una intuizione profetica: quella di dover essere la voce dei senza voce, il difensore dei poveri. E, con grande meraviglia di coloro che lo conoscevano come sacerdote  “spiritualista” e avversario della teologia della liberazione, andò esponendosi sempre più nella causa scelta.

     Si allarmarono non solo i latifondisti e l’esercito salvadoregno, ma anche quasi tutti gli altri vescovi del paese, in maggioranza alleati alle tesi del regime; e, infine, anche il Vaticano. In udienza da papa Wojtyla, Romero fu praticamente rimproverato, e giudicato “imprudente” dal pontefice; ma, pur denunciando alcune violenze dei gruppi rivoluzionari che si opponevano al regime, egli attaccò pubblicamente il governo che, non facendo giuste riforme sociali, portava la gente alla disperazione. Infine, il 23 marzo 1980, nella sua omelia domenicale nella cattedrale, egli si rivolse direttamente ai soldati che, obbedendo agli ordini, uccidevano spietatamente contadini che rivendicavano soltanto i loro diritti. Affermò, Romero: “La legge di Dio dice ‘non uccidere’. Nessun soldato deve obbedire ad una legge immorale. In nome di Dio e in nome di questo popolo sofferente vi supplico, vi prego, vi ordino in nome di Dio: cessi la repressione!”.

     L’indomani, mentre celebrava la messa in una piccola cappella, e stava proprio levando il calice, un killer prezzolato dalla giunta militare gli sparò, e lo uccise sul colpo. Ai suoi funerali – ci fu moltissima gente, e i soldati spararono, facendo altre vittime – la maggior parte degli altri vescovi salvadoregni non partecipò, ritenendo Romero una “testa calda”, uno che era andato a cercarsi guai. Lo stesso pensò una parte importante della Curia romana, anche se Giovanni Paolo II, visitando El Salvador nel 1983 volle pregare sulla tomba dell’arcivescovo.

     Wojtyla e Ratzinger non affrettarono la causa di beatificazione di Romero, per quanto in America latina molti lo invochino come un santo. Giovedì scorso, uscendo dall’udienza con il papa, l’argentino Adolfo Pérez Esquivel, premio Nobel per la pace 1980, ha riferito che Francesco considera Romero “uno dei profeti e martiri del nostro tempo”. Ieri, però, malgrado le attese di molti, Bergoglio non ha ricordato l’anniversario del martirio di Romero”.

25 Marzo 2013Permalink

22 marzo 2013 – Hai avuto il certificato di nascita con qualche anno di ritardo? Niente cittadinanza

Rinvio al tag anagrafe chi eventualmente legga il mio blog e desideri verificare i precedenti alla lettera che trascrivo.
E’ evidente che non è possibile far ordine nel caos normativo italiano che purtroppo sembra essere anche una linea di indirizzo per il futuro.
Perché infatti non ci impegniamo per la modifica della norma che chiede il permesso di soggiorno a chi voglia registrare i propri figli e abbiamo quindi deciso di continuare a creare apolidi?
Vorrei che i politici italiani meditassero sulle conseguenze che la firmataria della lettera subisce per essere stata per qualche anno nella sua infanzia priva di certificato di nascita.
Quanto ho visto finora non mi fa sperare in un soprassalto di competenza e dignità né nei responsabili politici né nella società civile.

11.03.2013 Che colpa abbiamo noi?
Mi chiamo M., e sono una ragazza di origine albanese, nata in Italia nel 1994. Il 3/6/2012 ho compiuto 18 anni ed ho presentato al Comune di M., dove risiedo, la dichiarazione di elezione della cittadinanza italiana.
La dichiarazione non è stata ancora accolta per il fatto che, benché’ io abbia soggiornato legalmente in Italia ininterrottamente dalla nascita, la mia iscrizione anagrafica è avvenuta in ritardo.
Il mio Sindaco ha inviato una lettera, nonché tutta la documentazione (permessi di soggiorno, libretto vaccinazione, iscrizione sanitaria, ricevute di affitto ecc) a dimostrazione della continuità del mio soggiorno legale. Per il momento, il Ministero si è espresso negativamente, sebbene risulti provata di fatto la ininterrotta presenza mia nel territorio italiano, in quanto, nessuno dei miei genitori era iscritto all’anagrafe al momento della mia nascita.
Mi sento una condannata, per un reato che non ho commesso, per colpa di una legge ingiusta, e vi spiego anche perché.

Art. 1 co. 2 lettera a) DPR 572/1993 stabilisce che

2. Ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana:
a. si considera legalmente residente nel territorio dello stato chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d’ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia d’iscrizione anagrafica;

L’iscrizione anagrafica avvenne tardivamente perché’ mia madre, se la vide rifiutare, prima ancora della mia nascita, sulla base del fatto che il permesso di soggiorno per studio (di cui mia madre era titolare all’epoca) non consentiva l’iscrizione anagrafica. Tale motivazione, comunicata a mia madre – secondo una prassi diffusa, quanto deprecabile – solo verbalmente, era già al tempo del tutto priva di fondamento giuridico, dato che art. 6 co. 1 della Legge 39/1990 stabiliva:

1. Gli stranieri in possesso di permesso di soggiorno hanno diritto all’iscrizione anagrafica presso il comune di residenza secondo le norme in vigore per i cittadini italiani.

In questa situazione, appare evidente come mia madre e, a maggior ragione, io stessa abbiamo “soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d’ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia d’iscrizione anagrafica” e che il requisito di residenza legale ininterrotta dalla nascita fino al compimento dei 18 anni sia quindi da me soddisfatto, non potendo rilevare a tal fine il mancato adempimento da parte di terzi (in questo caso, chi allora agiva come ufficiale d’anagrafe del Comune di residenza di mia madre).
Una recente sentenza della Corte d’Appello di Napoli, sostiene che non possono imputarsi al minore gli inadempimenti dei genitori, rilevando solo, quindi, la residenza di fatto. Meno che mai, sulla base di questo orientamento, il diritto del neo-diciottenne dovrebbe essere sterilizzato da inadempimenti dell’amministrazione.
Questo orientamento appare perfettamente compatibile con il tenore letterale della disposizione di cui all’art. 1 comma 2 lettera a) del DPR 572/1993, dal momento che, trattandosi di un diritto soggettivo della persona (l’acquisto della cittadinanza iure soli), le condizioni che lo integrano non possono che riguardare dati e comportamenti del neo-diciottenne richiedente.
In altri termini, anche prescindendo dal fatto che nel caso che mi riguarda l’iscrizione anagrafica di mia madre e’ stata a suo tempo illegittimamente rifiutata, non esiste alcun adempimento in materia anagrafica al quale il minorenne sia tenuto, spettando a chi esercita la patria potesta’ di rendere le dichiarazioni anagrafiche di cui all’articolo 13 DPR 223/1989. Non si puo’ quindi ritenere inadempiente il neo-diciottenne in relazione ad obblighi che non gli spettavano.

Nella mia situazione si trovano migliaia di ragazzi, che aspirano al riconoscimento della cittadinanza italiana, ma che non possono ottenerlo perché i loro genitori, per vari motivi, non hanno potuto perfezionare, a tempo debito, l’iscrizione anagrafica, pur vivendo legalmente in Italia, lavorando in Italia, pagando le tasse in Italia.
In attesa di una riforma legislativa, che richiederà comunque tempi lunghi, chiedo con questa lettera al Ministro dell’interno, di dare istruzioni, con una circolare, perché’ venga riconosciuto il nostro essere italiani, non solo di fatto, ma di diritto.

Cordiali Saluti
M. D.

22 Marzo 2013Permalink