27 ottobre 2014 – Dialogo cristiano-islamico

Oggi, 27 ottobre 2014, si celebra la

XIII Giornata Ecumenica del dialogo cristiano-islamico

Chi vuole saperne di più può andare al sito www.ildialogo.org
La voce di riferimento, per conoscere la più recente documentazione, è ‘”a rivincita del dialogo” mentre chi volesse conoscerne i precedenti può far riferimento alla successiva indicazione “ultimo appello”.

Ho espresso ogni anno la mia adesione a questa iniziativa che risale al 2001, voluta dopo l’attacco alle Torri Gemelle..

In questo blog la giornata è stata segnalata nel calendario del primo di ottobre e ogni anno illustrata con un articolo,
Il precedente risale esattamente a un anno fa e si può leggere anche da qui.

 

27 Ottobre 2014Permalink

5 gennaio 2014 – Per una storia del cristianesimo europeo meno cattocentrica

 

Kaj Munk (1898-1944), martire della resistenza danese

da: http://www.voceevangelica.ch/miscellanea/miscellanea.cfm?item=1097

(Paolo Tognina) La sera del 4 gennaio 1944 membri del “gruppo Skorzeny“, il commando autore della spettacolare liberazione di Mussolini sul Gran Sasso d’Italia, inviati da Berlino, su ordine di Himmler, rapiscono il pastore luterano danese Kaj Munk. Il mattino dopo, sulla strada di Hörbylunde Bakke, nei pressi di Silkeborg, viene ritrovato il suo corpo, crivellato di colpi. L’8 gennaio 1944 una grande folla assiste ai funerali del pastore, drammaturgo e giornalista, che viene sepolto nel piccolo cimitero di Vedersoe, sulla costa occidentale dello Jütland.

“Si dice che il cristianesimo non debba occuparsi di questioni politiche e che la chiesa debba occuparsi soltanto della salvezza delle anime“, aveva detto Munk, nel novembre del 1941, in una predica. “È una gran bella religione, che piace all’imperatore e alla quale sua maestà concederà certamente la propria protezione. Una simile religione non gli darà mai fastidio. Ma è una religione che merita il nome di bestemmia. La verità non è tranquilla e piena di dignità e ossequiosa; al contrario, la verità morde e urta e colpisce. La verità non fa per i timorosi e per i prudenti; questi non hanno bisogno della verità, bensì di un divano. Che insulsa richiesta è mai quella che pretende dalla chiesa un atteggiamento prudente? I martiri erano forse prudenti?. Il popolo danese deve smettere di avere paura se non vuole correre il pericolo di morire per eccesso di prudenza“.

Kaj Munk è nato nel 1898 a Maribo, sull’isola di Lolland. I suoi genitori morirono quando era ancora ragazzino e fu perciò adottato da una coppia di parenti. Crebbe in un ambiente contadino, impregnato dagli insegnamenti del pietismo danese di Grundtvig.
Da adolescente cominciò a scrivere ballate, poesie e drammi. E negli anni trascorsi a Copenhagen come studente in teologia accarezzò l’idea di abbandonare l’università per dedicarsi completamente alla letteratura. Ma i genitori adottivi, che avevano fatto non pochi sacrifici per mantenerlo agli studi, glielo impedirono.

Dal 1924 fino alla morte, Munk visse e lavorò come pastore a Vedersoe, sulla costa atlantica dello Jütland. Sposato, padre di cinque figli, curatore d’anime e predicatore, appassionato cacciatore, non smise mai di scrivere. Nel 1928 il suo dramma “En Idealist“ fu messo in scena al Teatro Reale di Copenhagen, con scarso successo. La sua popolarità quale autore drammatico fu decretata dal dramma “Cant”, messo in scena quattro anni dopo. La sua fama si consolidò con i drammi “La Parola“ (da cui il regista Theodor Dreyer ricavò, nel 1955, il celebre film “Ordet“) ed “Egli siede al crogiuolo“. Il primo si basa su una vicenda realmente accaduta a Vedersoe: la morte di una giovane donna, deceduta, insieme al figlio, durante il parto. Il secondo, scritto nel gennaio 1938, è un atto di accusa nei confronti della persecuzione degli ebrei in Germania.

Nel corso degli anni ’30 Kaj Munk si dedica a una intensa attività giornalistica pubblicando, sui maggiori quotidiani danesi, articoli e commenti non solo su temi ecclesiastici, ma anche culturali e politici. Le sue posizioni sono spesso criticate. Giudicando il parlamentarismo poco adatto allo sviluppo di un popolo, Munk asprime più volte ammirazione per il fascismo italiano e per il suo duce e vede nella ripresa economica tedesca sotto Hitler la conferma del carattere positivo della dittatura nazionalsocialista. Munk ritiene che il carisma del dittatore possa imprimere nuovo slancio al popolo tedesco.
Le sue posizioni nei confronti dell’Italia cambiano quando Roma decide di invadere l’Abissinia (il dramma “La vittoria“, del gennaio 1936, è una dura critica a quell’avventura bellica del fascismo). E la brutalità del regime nazista nei confronti degli ebrei lo porta a distanziarsi dall’hitlerismo. Il 17 novembre 1938 pubblica, nel quotidiano Jyllands Posten, una lettera aperta al duce del fascismo nella quale chiede a Mussolini di convincere Hitler ad abbandonare la politica di persecuzione degli ebrei. Il vero destinatario della lettera è tuttavia il pubblico danese che cinque anni dopo, mettendo in salvo la quasi totalità degli ebrei residenti nel regno, traghettandoli sull’Öresund verso la libera Svezia, dimostrerà di condividere appieno il suo appello.

Dopo l’invasione tedesca della Danimarca, nell’aprile 1940, Kaj Munk diventa il simbolo della resistenza nazionale. Il suo dramma storico “Niels Ebbesen“, l’epopea di una sorta di Guglielmo Tell danese che si batte per l’indipendenza dello Jütland contro il tedesco conte Gert di Hollstein, e la raccolta di prediche “Presso i fiumi di Babilonia“ (evidente richiamo alla situazione di cattività del popolo danese, paragonata a quella di Israele dopo l’invasione babilonese) circolano clandestinamente in decine di migliaia di copie contrabbandate anche nella Norvegia occupata.
Nel 1943 Munk entra a far parte del partito d’opposizione “Dansk Samling“ e protesta contro la decisione del ministero danese per gli affari ecclesiastici di vietare ai pastori di parlare pubblicamente della resistenza della chiesa norvegese. La censura controlla la sua produzione letteraria e le librerie non possono più esporre le sue opere.
“Amare il tuo nemico non significa accettare le sue opinioni e dargli ragione. Al contrario, significa essere disposti a sputargli in faccia piuttosto che lasciargli credere, mentendogli, che tu accetti i suoi metodi. La bontà di Dio è dolce e paziente, ma non scende mai a compromessi con il male“. Kaj Munk pagò con la vita la propria fedeltà a questo insegnamento di Cristo. (fonti: “Der Märtyrer Kaj Munk, Pastor, Poet und Feind der Nazis”, Publik Forum, nr. 13, 12 luglio 1996; Paul Gerhard Schoenborn, “Vor 60 Jahren – Zur Erinnerung an die Ermordung Kaj Munks” e Paul Gerhard Schoenborn, “Der Däne Kaj Munk – Pastor, Poet, Gegner Hitlers, Märtyrer”, entrambi in www.kajmunk.dk)

NOTA: Mi fa piacere che comincino a girare notizie sulla storia d’Europa anche relative alle chiese protestanti spesso ignorate in Italia.

4 Gennaio 2014Permalink

22 ottobre 2013 – Dodicesima giornata del dialogo cristiano islamico

Comunicato stampa n. 5 del 21 ottobre 2013 a cura del Comitato Promotore

A pochi giorni dalla celebrazione della dodicesima giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico, sono oltre 140 le associazioni che in tutta Italia hanno aderito e stanno promuovendo iniziative di incontro con le comunità musulmane italiane. Per la scorsa edizione le adesioni erano state 125. Per gli aggiornamenti delle adesioni vedi la pagina http://www.ildialogo.org/ViewAppel.php?doc=cristiaisl2013&nver=y

Si tratta di un risultato del tutto insperato ed estremamente positivo, che ci conforta molto ed è indice del clima nuovo che si respira in Italia sui temi del dialogo interreligioso, come non succedeva oramai da molti troppi anni.

Incontri sono in programma a Roma, Serdiana (ca), Faenza, Lugo Di Romagna, Pisa, Ivrea, Bari, Vicenza, Ravenna, Bologna, Voghera, Genova, Crema, Casalmaggiore (cr), Rezzato ( Brescia), Modena, Trento, Venezia-Marghera, Sondrio, Vicenza … Per gli aggiornamenti delle iniziative vedere il sito http://www.ildialogo.org/ShowIndex.php?sez=cristianoislamico

In molte realtà le iniziative non si limiteranno alla sola giornata del 27 ottobre ma proseguiranno anche nei prossimi mesi. Alcune iniziative, come a Faenza, sono già state tenute con grande successo.

Giovedì 24 ottobre, a cura della rivista Confronti, la giornata sarà presentata a Roma, presso il Senato della Repubblica, con la partecipazione di numerosi parlamentari e rappresentanti delle chiese cristiane e della comunità musulmana. (Per i dettagli vedi qui  http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/cristianoislamico/Appuntamenti_1382169904.htm).

Il prossimo comunicato sarà emesso sabato 26 ottobre 2013.

Con un fraterno augurio di Shalom, salaam, pace

I promotori della giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico

Roma, 21 ottobre 2013

Mia nota:
Ho guardato l’elenco delle adesioni per identificare eventualmente quelle della mia regione.
Ne ho trovate tre, solamente di singole persone, due a Udine (n. 53 e 131 a Udine e una a Trieste n. 96).
Tre singoli? Mi ricordano la prima edizione organizzata nell’anno delle Torri Gemelle e che alcuni di noi hanno voluto con tutta la forza anche – e proprio – allora.
Non ho usato il ‘noi’ perché la mia adesione (e presenza che ho voluto garantirmi anche per alcuni anni successivi) contasse qualcosa ma perché veramente credo in questa iniziativa, una di quelle in cui la diversità resta come espressione della propria identità e si fa legame, non ragione di opposizione

22 Ottobre 2013Permalink

3 settembre 2013 – Ritorno a casa

Dopo qualche giorno di assenza torno a casa. Mai mi era capitato di desiderare un tablet che non ho per restare collegata alla mia posta e ai siti poco noti, ma di cui mi fido, che pratico.
A Torino, dove mi ero fermata, non mi è capitato di trovare nemmeno un internet point.
Oggi i giornali riferiscono del messaggio di domenica scorsa del papa: un tentativo di costruire unità sulla richiesta di pace con il più nonviolento dei mezzi, il digiuno. Una richiesta che vorrebbe farsi planetaria.
Ci riuscirà? Intanto si segnala il successo dei parlamento inglese nei confronti della decisione di appoggio agli USA nell’iniziativa militare del primo ministro Cameron e i mezzi di informazione analizzano il no (eventuale ma, sembra, improbabile) del Congresso americano come un insuccesso personale del presidente Obama.
A questo punto l’iniziativa di più ampio respiro politico sembra essere quella del papa ed è buffo vedere tante persone che ne sono coinvolte ma, preoccupate dal respiro religioso che la cosa può assumere, dichiarano (il mio riferimento è facebook) il proprio consenso con un ‘sì, ma … io sono laico’ ‘e tuttavia..’.
Il vaticano ha pubblicato il testo del discorso del papa di domenica scorsa anche in arabo.
Ho visto con piacere che il parroco della parrocchia della mia zona lo ha appeso nell’atrio della chiesa accanto al testo italiano.
Cerco di farlo sapere agli amici arabi e soprattutto siriani. Ancora una volta … vedremo
Intanto ne metto il link. Non si sa mai che qualcuno lo legga e se ne serva.
http://www.vatican.va/holy_father/francesco/angelus/2013/documents/papa-francesco_angelus_20130901_ar.html

I tetti di Gradisca

Ne ho scritto il 13, 14, 15, 17, 18, 26 agosto. Oggi riprendo il comunicato che l’on Serena Pellegrino ha pubblicato nel suo sito. Mi avvalgo delle notizia diffuse da lei perché la so attendibile e soprattutto è entrata al CIE e si spesa in una difficile mediazione e ha coinvolto il sen. Luigi Manconi, Presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani.
Per oggi non posso che riportare il comunicato di Serena del 31 agosto.

GRADISCA. Clandestini nuovamente sui tetti, è ancora bagarre al Cie di Gradisca. L’allarme è scattato mercoledì sera, quando un gruppo di una ventina di trattenuti all’ex Polonio ha forzato le barriere, riuscendo a uscire dalle vasche di contenimento e a salire nella zona già teatro delle proteste dei giorni scorsi.

 Almeno in due hanno tentato senza successo la fuga: uno di loro si è ferito in maniera non grave cadendo a terra nel tentativo di raggiungere il muro di cinta aggrappato a una sorta di fune rudimentale che ha cercato di agganciare alle sbarre. L’uomo non ha voluto desistere dal suo proposito (con gli agenti che avevano piazzato una scala per farlo scendere) quando la corda improvvisata ha ceduto facendogli compiere un volo di 4 metri. È stato soccorso dagli uomini del 118 e ricoverato al nosocomio di Gorizia, dal quale è stato dimesso facendo ritorno al Cie già durante la notte.

 Rovinosa caduta anche per un secondo straniero che non è riuscito a scavalcare le barriere per questione di centimetri. Non vi sono stati comunque scontri fra gli “ospiti” e le forze dell’ordine. Fonti interne alla polizia smentiscono con decisione, fra l’altro, la notizia secondo cui anche gli agenti sarebbero saliti sui tetti nel tentativo di riportare nelle camerate i “rivoltosi”. L’ordine della Questura al contrario è quello di controllare la situazione evitando il contatto fisico.

 I trattenuti hanno continuato a occupare il tetto per tutta la giornata di ieri, dichiarando di volervi rimanere a oltranza. Il “casus belli” della nuova protesta sono state le convalide di fermo per altri due mesi comminate dal giudice di pace nei confronti di 4 delle persone trattenute al Cie, una delle quali si trova all’ex Polonio da ormai 14 mesi.

 Altre persone colpite dal provvedimento hanno moglie e figli nel nostro Paese. Altri due avrebbero inoltrato senza successo richiesta di rimpatrio volontario.

 Torna quindi d’attualità il tema dei tempi di “detenzione” nei Cie, tempi che sono acuiti anche dalla lentezza e a volte negligenza con cui i Paesi d’origine di queste persone colpite da decreto di espulsione avviano le procedure di rimpatrio. «Non abbiamo prospettive», «La vita qui non conta più niente», «Siamo come cani, molto meglio il carcere».

Altri ospiti hanno persino chiesto il trasferimento in altri Cie. Nel frattempo il trattenuto algerino che aveva spaccato il naso a un operatore con un pugno al volto è stato processato per direttissima e condannato a sei mesi di reclusione. È stato tradotto a Gorizia, nella casa circondariale via Barzellini.

 Ieri sera l’onorevole Serena Pellegrino (Sel) ha svolto una nuova visita al Cie per proporre eventuali mediazioni. La nuova protesta è andata in scena proprio quando a Roma si è svolto un incontro fra i funzionari del Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione e le Questure il cui territorio ospita un Cie. Sul tavolo le criticità di questi giorni e le possibili soluzioni operative.

CIE di carne
Rappresentano l’impegno più importante che mi sono data e che fallirà come molti altri miei impegni, ma non  voglio tralasciarlo: ci sono cose che si devono fare anche se destinate al fallimento.
Ne scriverò i prossimi giorni raccogliendo brandelli di informazioni che, negli anni, hanno costruito un dossier. Forse inutile ma ci tengo che resti.
Per ora solo una considerazione. I neonati per la cui registrazione alla nascita è prevista l’esibizione del permesso di soggiorno dei genitori svolgono la funzione dei CIE: servono ad identificare i genitori al fine di espellerli.
Che poi vi siano misure burocratiche che rendono difficile, o almeno rallentano, il processo nulla toglie alla vergogna di una legge che ci teniamo quasi con indifferenza.

3 Settembre 2013Permalink

12 luglio 2013 – In Vaticano si cambia: no all’ergastolo e altro

Trovo su facebook, segnalato in un post di Francesca Longo, un link a un interessantissimo articolo di Andrea Tornielli, tratto da vaticaninsider de La Stampa.
Riguarda il sistema dello Ior e ne inserisco il link perché le mie competenze in materia di banca e finanza mi aiutano a capire ma non mi consentono di esprimermi in autonomia.

In tutta autonomia mi sento invece di percorrere un’altra pista di ragionamento. Oggi i quotidiani esaltano il ruolo del papa nelle modifiche legislativa introdotte “motu proprio” nell’ordinamento normativo del Vaticano (provo a dirlo in un a mia traduzione? Un decreto pontificio di cui il papa, sovrano assoluto, personalmente risponde e rende efficace con  la sola sua approvazione).
Anche qui la lista sarebbe lunga e mi accontento di un link, questa volta al Corriere..

L’elenco è lungo, me lo potrò leggere anche in futuro (e attendo l’attivo della preziosissima rassegna stampa Adista dove troverò testi e commenti interessanti)  ma qualche considerazione me la permetto.
Premetto un richiamo importante: il codice di leggi del Vaticano, valido fino ad oggi (e di cui oggi celebriamo i primi segni di sgretolamento) è il codice penale italiano del 1889 (cd Zanardelli) in vigore in Italia nel 1929 e fatto proprio dal neoriconosciuto Stato Vaticano con il Concordato allora firmato dal segretario di stato card. Gasparri e da S:E: Benito Mussolini.
Sottolineo alcuni aspetti delle riforme vaticane: l’identificazione di reati nei confronti dei minori. la soppressione dell’ergastolo e la definizione del reato di tortura.
Alle ultime due misure che ho citato l’Italia non è ancora arrivata. Arranca, arranca … chissà

Papa Francesco ci serve un Concilio!
Di pena di morte nel motu proprio non si parla.
Nella normativa vaticana – l’ultima condanna a morte eseguita risale al 1870 – era stata  rimossa definitivamente solo nel 2010. Il papa però non è solo un sovrano ma anche il Vescovo di Roma.
E a questo punto è d’obbligo un riferimento al catechismo della chiesa cattolica che alla proposizione 2267 così recita, in un linguaggio più diplomatico che ecclesiale:

«L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani.

Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall’aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l’autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana.

Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l’ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti ».

Due link a documenti ‘storici’

Aggiungo per esteso il link che consente la lettura del testo del motu proprio

http://www.vatican.va/holy_father/francesco/motu_proprio/documents/papa-francesco-motu-proprio_20130711_organi-giudiziari_it.html

e il testo del comunicato stampa ufficiale della sale stampa vaticana.

http://press.catholica.va/news_services/bulletin/news/31384.php?index=31384&po_date=11.07.2013&lang=en

 

12 Luglio 2013Permalink

25 marzo 2013 – Silenzi che soffocano

 Dallo scorso anno il primo giorno di ogni mese pubblico un mio calendario dove segno alcune date che voglio ricordare. Può capitare che durante il mese ci siano avvenimenti nuovi che aggiungo a futura memoria. 
Per una singolare coincidenza quando il 13 marzo ho aggiunto la notizia dell’elezione di papa Francesco ho rivisto questa nota: “13 marzo 1983 – assassinio di Marianella Garcia Villas in Salvador” che mi ha rinviato subito al 24 marzo 1980: “assassinio di mons. Romero”.
Per chi volesse conoscere il legame che unisce due salvadoregni, uccisi a tre anni di distanza per gli stessi motivi, segnalo il bel libro di Bimbi e La Valle ‘Marianella e i suoi fratelli’.
Ieri davo per scontato che il papa sudamericano ricordasse mons. Romero nel 33mo anniversario della morte. Così non è stato.
Alle delusione di è aggiunta la preoccupazione e la luce di speranza nata dai gesti nuovo e sorprendenti di papa Francesco si è affievolita.

Perciò voglio riportare le parole con cui mons. Romero si rivolgeva ai militari del suo paese:
“Vorrei fare un appello in maniera speciale agli uomini dell’esercito, e in concreto alla base della guardia nazionale, della polizia, dei quartieri generali.
Fratelli, voi appartenete come noi al popolo, voi però uccidete i vostri fratelli contadini. Di fronte all’ordine di uccidere dato da un uomo, è la Legge di Dio che deve prevalere, e quella legge dice: TU NON UCCIDERAI. Un soldato non e’ costretto ad obbedire ad un ordine che va contro la Legge di Dio. Una legge immorale non deve essere rispettata. Ora è tempo che recuperiate la vostra coscienza e che obbediscano alle proprie coscienze piuttosto che all’ordine del peccato. La Chiesa che difende i Diritti di Dio, della legge di Dio, della dignità umana, della persona, non può starsene in silenzio davanti a tanto abominio. Vogliamo che il Governo prenda sul serio che le riforme non serviranno a niente se devono essere imbevute di tanto sangue. In nome di Dio, in nome del Popolo che soffre, i cui lamenti crescenti salgono al cielo ogni giorno più forti, io vi supplico, io vi chiedo, io vi ordino: fermate la repressione!” 

E infine, per un’opportuna contestualizzazione, aggiungo il testo di un articolo dell’amico giornalista Luigi Sandri, pubblicato oggi sul quotidiano Il Trentino.

“ Continua ad essere segno di contraddizione, nella Chiesa cattolica romana, monsignor Oscar Arnulfo Romero, l’arcivescovo salvadoregno assassinato come ieri, il 24 marzo 1980. La sua vicenda è esemplare per comprendere luci e ombre della Chiesa romana negli ultimi decenni.

     Egli nel 1977 fu promosso ad arcivescovo di San Salvador, la capitale del paese centro-americano, perché era considerato – e lo era – un prelato “conservatore”, e dunque ben voluto dal regime al potere. Sennonché, pochi giorni dopo la sua nomina, gli squadroni della morte (bande protette dal governo) assassinarono p. Rutilio Grande, un sacerdote tutto dedito a coscientizzare la povera gente, e che Romero stimava. Vegliando su quel corpo, l’arcivescovo ebbe come una intuizione profetica: quella di dover essere la voce dei senza voce, il difensore dei poveri. E, con grande meraviglia di coloro che lo conoscevano come sacerdote  “spiritualista” e avversario della teologia della liberazione, andò esponendosi sempre più nella causa scelta.

     Si allarmarono non solo i latifondisti e l’esercito salvadoregno, ma anche quasi tutti gli altri vescovi del paese, in maggioranza alleati alle tesi del regime; e, infine, anche il Vaticano. In udienza da papa Wojtyla, Romero fu praticamente rimproverato, e giudicato “imprudente” dal pontefice; ma, pur denunciando alcune violenze dei gruppi rivoluzionari che si opponevano al regime, egli attaccò pubblicamente il governo che, non facendo giuste riforme sociali, portava la gente alla disperazione. Infine, il 23 marzo 1980, nella sua omelia domenicale nella cattedrale, egli si rivolse direttamente ai soldati che, obbedendo agli ordini, uccidevano spietatamente contadini che rivendicavano soltanto i loro diritti. Affermò, Romero: “La legge di Dio dice ‘non uccidere’. Nessun soldato deve obbedire ad una legge immorale. In nome di Dio e in nome di questo popolo sofferente vi supplico, vi prego, vi ordino in nome di Dio: cessi la repressione!”.

     L’indomani, mentre celebrava la messa in una piccola cappella, e stava proprio levando il calice, un killer prezzolato dalla giunta militare gli sparò, e lo uccise sul colpo. Ai suoi funerali – ci fu moltissima gente, e i soldati spararono, facendo altre vittime – la maggior parte degli altri vescovi salvadoregni non partecipò, ritenendo Romero una “testa calda”, uno che era andato a cercarsi guai. Lo stesso pensò una parte importante della Curia romana, anche se Giovanni Paolo II, visitando El Salvador nel 1983 volle pregare sulla tomba dell’arcivescovo.

     Wojtyla e Ratzinger non affrettarono la causa di beatificazione di Romero, per quanto in America latina molti lo invochino come un santo. Giovedì scorso, uscendo dall’udienza con il papa, l’argentino Adolfo Pérez Esquivel, premio Nobel per la pace 1980, ha riferito che Francesco considera Romero “uno dei profeti e martiri del nostro tempo”. Ieri, però, malgrado le attese di molti, Bergoglio non ha ricordato l’anniversario del martirio di Romero”.

25 Marzo 2013Permalink

17 febbraio 2013 – Un papa abdica

  •  Ho voluto mettere la vignetta –fulminante come le migliori di Vauro – sia perché è graziosa, fa ridere e una bella risata è un elemento liberatorio, sia perché, secondo me, tocca un punto fondamentale, quello della sofferenza di un’umanità ridotta a condizione di schiavizzazione anche per il prevalere di una concezione del mercato assente da ogni etica.
    E quando parlo di etica non intendo moralistica pietà – cui seguono, e non sempre, attività di soccorso nobili, più spesso precarie -ma l’incrocio virtuoso fra economia e diritti che solo la politica può garantire. Non bastano gli umani sentimenti, per quanto buoni siano. E’ certamente un equilibrio fragile, spesso privo di efficaci conseguenze, non soggetto a regole rigide ma che deve essere cercato dentro la realtà non imposto da un pensiero estraneo alle vicende dell’umanità.
    Tutto questo mi è venuto in mente quando ho cercato di ricacciare invano uno dei miei –e per me irresistibili- cattivi pensieri. Non riesco a togliermi dalla testa l’idea  che all’origine della decisione del pontefice in odor di pensione ci siano i problemi dell’Istituto per le Opere di Religione (IOR), tanto più roventi in un’organizzazione che lo scandalo della pedofilia ha portato con le sue conseguenze giudiziarie, al collasso finanziario almeno negli USA.
    Un recente articolo pubblicato da La Stampa mi sembra di particolare interesse e lo collego, limitandomi ad osservare che il nuovo presidente, il tedesco Ernst von Freyberg (che scadrà nel 2015) non è gradito a molti che vorrebbero vedere in Vaticano una coerenza con scelte di pace che non sembrano appartenere a von Freyberg che sarebbe anche presidente di una società che fabbrica navi da guerra.
    Aggiungo che, mentre Gotti Tedeschi ‘licenziato’ parecchi mesi or sono, faceva parte dell’Opus Dei (organizzazione non certo in odore di santità cui appartiene anche il belga De Corte, di cui per qualche giorno si è parlato come possibile presidente dello IOR) il nuovo presidente è membro del sovrano ordine di Malta.
    Non so bene cosa tutto questo significhi ma non mi sembrano particolari da ignorare tanto più che se ne parla anche in connessione con l’affaire del Monte dei Paschi di Siena..
    E non posso ridurre così intriganti coincidenze temporali a mere irrilevanti casualità. O dovrei? Non ci riesco e le scrivo nel mio diario cui ho scoperto che è utile di tanto in tanto tornare.

Il treno ha fischiato.

Mi viene da pensare a uno splendido racconto di Pirandello, Il treno ha fischiato, la storia di un poveretto la cui vita è solo lavoro di contabile che, per necessità, continua anche la sera a casa finché una notte, chissà perché, sente il fischio di un treno che rompe la sua ossessiva, totalizzante routine, tanto da stroncarlo. Pareva “gli si fosse scoperto, spalancato d’improvviso all’intorno lo spettacolo della vita.”
E se fosse successo anche al papa? Se a un certo punto avesse sentito un fischio, non credo di treno ma da chissà dove, e si fosse chiesto che cosa poteva fare sulla cattedra di Pietro che non sembra appoggiare su basi esemplarmente virtuose e si fosse reso conto che cardinali esperti in alta contabilità più che in pratiche di meditazione, usi forse a leggere bilanci con più interesse che salmi, erano più forti di lui? Se si fosse chiesto se non fosse il caso –come timidamente aveva cominciato a fare (con esiti finanziariamente disastrosi) nel caso della pedofilia – di consegnare alcuni suoi collaboratori all’autorità giudiziaria, dando a Cesare quel che è di Cesare?
E se a questo punto avesse pensato a un atto di radicale rottura come l’abdicazione, ammettendo la propria irrimediabile debolezza?
Delle ragioni di una atto così dirompente si è occupata la giornalista Barbara Spinelli che ha scritto uno splendido articolo che collego, ritendo goffa ogni mia possibile ripetizione e il teologo Pietro Stefani che in una sua nota che purtroppo non ho modo di collegare con link considera le conseguenze del gesto papale come valutabili in un quadro di eterogenesi dei fini.
Quindi vedremo cosa accadrà anche a prescindere da, quali che siano, le intenzioni pontificie. 

La desacralizzazione toglie il coperchio sul santo, sul vero
Devo l’espressione che ho riportato nel titolo allo scritto di Barbara Spinelli e me ne approprio perché meglio non si potrebbe dire.
I pontefici, fino a Pio XII, si presentavano nell’ordine misterioso, un po’ magico, del sacro fra sedie gestatorie, flabelli, distanza sottolineata dalla comune umanità. Il linguaggio di Giovanni XXIII cominciò a rompere il velo che cela e a far emergere l’umanità che si consegna alla storia. Il gesto di papa Ratzinger si colloca, secondo me, in questo processo che (sempre dallo scritto di Stefani) “cambia invece definitivamente l’immagine del papa costituitasi nel XIX e nel XX secolo quando, per reagire all’assedio del mondo moderno, un sommo pontefice, ormai politicamente debole, fu soggetto a una forma di verticistica esaltazione spirituale. Non a caso il 1870 vide sia la proclamazione del dogma dell’infallibilità papale a opera del Vaticano I sia la breccia di Porta Pia compiuta dai bersaglieri”.
E se la nuova breccia di Porta Pia fosse lo IOR e i nuovi bersaglieri (eterogeneità dei fini!) il card. Marcinkus e i suoi, sembra, non troppo commendevoli successori?
Mi accorgo che rischio di creare l’immagine di un papa ‘buono’, tradito da alcuni collaboratori infedeli. Non è questa la mia intenzione.
Ci sono molte cose nel pontificato di Benedetto XVI che non voglio, né posso, dimenticare.
Vorrei riprendere, ma sarebbe troppo lungo, la terribile gaffe che fece Benedetto XVI nel 2006  a Ratisbona, citando un passaggio di un antico testo in modo tale da far indignare tutto  il mondo mussulmano. E trovo questa gaffe imperdonabile perché un professore universitario di quel livello non può permettersi citazioni mutilate e decontestualizzate.
Non voglio però dimenticare un’altra esternazione pontificia del 2010 che considero  particolarmente bruciante. Cito dal suo ‘Luce del mondo’ (pag. 171): “Vi possono essere singoli casi motivati, ad esempio quando uno che si prostituisce usa un profilattico, e questo può essere un primo passo verso una moralizzazione, un primo elemento di responsabilità per sviluppare di nuovo una consapevolezza del fatto che non tutto è permesso e che non si può fare tutto ciò che si vuole. Tuttavia, questo non è il modo vero e proprio per affrontare il male dell’HIV. Esso. in realtà, deve consistere nell’umanizzazione della sessualità”.
La cosa più grave è che il papa ripeté questo non condivisibile concetto ai giornalisti che l’accompagnavano in un viaggio in Africa, un continente devastato dall’AIDS.
E a questo punto non posso ignorare l’immagine indimenticabile di Nelson Mandela, vicino a un bambino malato (a sostegno della campagna per l’accessibilità dei farmaci) e impegnato ad accudire il figlio morente proprio di Aids.

Concistoro e conclave. Tutto qui?

Il papa se ne va. I cardinali si consultano.
Ma non basterà. Il papa che sarà eletto dovrebbe farsi carico di un concilio. E in quel concilio dovrebbero aver voce i profeti del nostro tempo.
Poco fa ho citato Mandela e certamente nelle storia dell’oggi ce ne sono altri.
Non so se basti l’abdicazione di un pontefice a far sì che la loro voce venga ascoltata per quanto forte parli.
Molti hanno scritto: ‘d’era in poi nulla sarà come prima’. Ho paura. Che riescano a massacrare anche quello che del concilio ha resistito a papi, cardinali, vescovi e a un popolo distratto?

19 febbraio
Collego al blog del giornalista Stille che segnala altri fatti interessanti, relativi al pontificato che si conclude.

17 Febbraio 2013Permalink

14 novembre 2012 – Ancora una notizia orribile

Ricevo da Giancarla Codrignani, dei cui scritti più volte si è giovato questo blog
SEMPRE CELEBRANDO, mie care.
Oggi, 14 novembre, l’ Interpress Service informa di una manifestazione di religiosi integralisti al Cairo per opporsi alle proposte di legge contro la violenza alle donne e per chiedere che venga abbassata a nove anni (dico “nove anni”) l’età del matrimonio per le bambine. E temono che con leggi di tutela potrebbero essere portati i tribunale mariti che picchieranno e violenteranno queste “mogli”.
Non ho parole. Anche perché il 12 dicembre dovrebbe essere presentata la nuova Costituzione e, se non ci saranno menzioni dei diritti delle donne e dei minori, sarà possibile ogni sfruttamento, prostituzione, maltrattamento, segregazione nel privato.
Credo che la nostra ostinazione nella difesa dei diritti delle donne nei paesi democratici e nelle sedi internazionali, nonostante la crisi che sta soffocando il mondo, serva anche a queste bambine.
Giancarla Codrignani
E io credo che le aiuteremo anche se sapremo non cedere nella difesa della registrazione anagrafica dei figli e figli di extracomunitari privi di permesso di soggiorno … abbandonandoci alla stanchezza che l’irresponsabile silenzio a livello istituzionale tenta di imporci.
Vedi alla voce anagrafe
14 Novembre 2012Permalink

5 ottobre 2012 – Ponti e dialoghi nonostante tutto

Ricordo che il 27 ottobre si celebra l’Undicesima Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico .
Ne riporto il comunicato stampa n. 1 dal sito il dialogo e segnalo la pagina http://www.ildialogo.org/cristianoislamico dove potrete trovare anche l’elenco dei promotori, ed eventualmente aderire.
Questa nota vuol essere un mio piccolissimo contributo a un tentativo di conoscenza e incontro, oggi più che mai necessario per chi, nonostante tutto, abbia a cuore la pace.   E a questo dialogo e a questo possibile incontro anche le religioni possono dare un sostegno purché non voglia essere ‘il’ contributo caratterizzato dal fondamentalismo. 
Ne avevo scritto anche il 20 luglio scorso.
Inserisco l’immagine di un ponte – di cui ho scritto il  17 luglio – su cui si incontravano e si incontrano- pellegrini e viaggiatori da tutta Europa e non solo.
Incontrarsi, conoscersi ritrovandosi in ciò che unisce (senza ignorare ciò che divide) è un modo per fare ponti per cui oggi non abbiamo necessariamente bisogno di pietre.

Non sia un caso che quel ponte si trova in Spagna, paese che conobbe per lungo tempo una presenza araba che contribuì a costruire  l’Europa.

Comunicato stampa n. 1 

“Islam, cristianesimo, Costituzione: cristiani e musulmani a confronto con la laicità dello Stato”.

E’ questo il tema che quest’anno proponiamo all’attenzione delle comunità cristiane e musulmane per l’undicesima edizione della giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico.

I motivi che ci spingono a proporre tale tema sono:

  1. La nostra Carta Costituzionale, a 65 anni dalla sua promulgazione, è ancora largamente inattuata ed anzi continuamente calpestata nei suoi principi fondamentali e necessita, quindi, di una sua robusta difesa che si può attuare con la sua conoscenza e con lo stimolare iniziative concrete dal basso per la sua attuazione.
  2. L’Islam in Italia, come è sottolineato in numerosi studi sull’argomento, fa ancora fatica a diventare un “islam italiano”, è ancora un fenomeno legato molto strettamente all’immigrazione, pur essendoci già le seconde e forse anche terze generazioni degli immigrati musulmani arrivati in Italia 40 anni fa, che però sono ancora legati alle loro terre d’origine di cui vivono intensamente come proprie le vicissitudini attuali.
  3. C’è, infine, sia tutta la questione della costruzione delle moschee, che sono di fatto bloccate in tutta Italia (vedi ad esempio la vicenda di Genova) , sia la questione dell’intesa, che è del tutto in alto mare e non solo per i musulmani.

Invitiamo così anche quest’anno a celebrare, il prossimo 27 ottobre 2012, la Undicesima Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico, nella convinzione che sono “Beati quelli che si adoperano per la pace” (Mat 5:9) , perché Dio (Allah) “chiama alla dimora della pace” (Sura 10, 25) perché Lui è “La Pace” (Sura LIX, 23 ), perché il dialogo è lo sforzo sulla via di Dio che ci compete e ci onora.

Con un fraterno augurio di   Shalom, salaam, pace
I promotori della giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico

Roma li, 28/06/2012

 

 

5 Ottobre 2012Permalink

9 agosto 2012 – Il cammino di Santiago 14 … e non solo

7 giugno – settimo giorno (a) –San Miguel de la Escalada

Forse l’influenza del clima a 1000 m. di altezza, la bellezza del luogo e altre considerazioni di cui proverò a scrivere hanno reso questa visita fra quelle che ricordo con più interesse e gioia.
La chiesa di San Miguel de la Escalada sorse a seguito dell’insediamento di una comunità di monaci su terre loro donate dal re Alfonso III delle Asturie. Fu consacrata, nel luogo in cui sorgeva una precedente chiesa visigotica, il 20 novembre 951 dell’era ispanica. Passò poi a una comunità benedettina e subì delle trasformazioni: nel 1050 venne aggiunto il portico esterno che tanto mi è piaciuto per le evidenti assonanze con l’arte araba. Non a caso la  prima comunità di monaci veniva da Cordova.
Ancora una volta quindi è opportuno notare la continuità della storia che esaltazioni ideologiche vorrebbero di rottura: certamente la rottura ci fu … ma dobbiamo arrivare al 1492.

Mozarabi
Questa continuità ha anche un nome, mozarabi, i cristiani che vivevano nella Spagna quasi interamente islamizzata dopo la conquista araba (che in realtà ebbe a principali protagoniste le popolazioni berbere del nord Africa). Pur vivendo immersi nella cultura araba dominante, avevano mantenuto magistrati propri e libertà di esercitare il proprio culto e di parlare la propria lingua. Ci è già capitato di notare che, al di là della violenza dei momenti di guerra guerreggiata, in Spagna non si ha memoria di conversioni di massa.
Il rito liturgico mozarabico fu comunque soppresso dal concilio locale che si tenne nel monastero di Najera nel 1067 e sostituito con il rito romano (di Najera ho fatto cenno il 17 luglio).
Così pure lo stile dalla produzione artistica preromanica (IX-XI sec) nella penisola iberica prende il nome di arte mozarabica che si avvale della commistione di elementi cristiano visigoti e islamici.
All’incanto dell’esterno corrisponde anche la purezza di linee dell’interno di una chiesa che non conosce la pesantezza dei polittici di legno dorato che invadono troppo spesso secondo il mio gusto le absidi delle cattedrali.

 

 

 

 

Una curiosità cronologica
Poco sopra ho scritto ‘era ispanica’.
Un tempo la datazione aveva riferimenti molteplici e diversi che non conoscevano quella che noi oggi riteniamo (a torto) essere uniformità. Chi in Israele voglia leggere la stampa locale troverà due date: quella ‘occidentale’ e quella ebraica. Nei territori ne troverà tre, perché dovrà aggiungere la datazione islamica.
A seguito della decisione di Lenin di uniformare le date, la rivoluzione che diciamo di ottobre – secondo il calendario giuliano – è databile in novembre secondo il calendario gregoriano. A Betlemme, data l’abbondanza di patriarchi nelle terre d’oriente si festeggiano tre natali, rispettosi dei calendari occidentale, ortodosso e armeno.
Tornando alla Spagna l’era ispanica inizia nel 38 a.e.v., con la ‘pacificazione’ imposta da Augusto.
Mi piace annotare tutto questo perché il passaggio dagli assoluti alla relatività che la ragione ci impone mi entusiasma sempre.

… e non solo –  ancora streghe

Sembra che non riesca a liberarmi dalle ‘streghe’ di Logroño, ma l’ascolto della risposta che ad una delle mie tante domande in buona parte inespresse ha dato il prof Cardini (ascolto che devo all’enorme lavoro di registrazioni regalatemi da Marco T. cui sono veramente grata) mi consente alcune ulteriori considerazioni che espongo con molta attenzione e prudenza perché non posso evidentemente rivolgermi all’accompagnatore culturale del viaggio di giugno per una verifica.
Avevo tentato di sfuggire alla necessità di questa nota inserendo una piccola riga di riferimento ai contadini nei testi precedenti, ma non mi basta. E vediamo perché.
Innanzitutto i numeri. Per fortuna, dopo una digressione su calcoli ipotetici di eretici (e streghe loro assimilate) bruciati in Europa (di cui nulla avevo chiesto), il prof. Cardini è tornato allo specifico e ha parlato di circa 3000 persone fuggite da Bordeaux e arrivate a Logroño nel 1610, di cui 1800 interrogate e assolte dopo che il tribunale laico (l’eresia era reato) ne aveva sbrigativamente condannate 12.
Questo l’ho già scritto ma l’elemento interessante che rilevo nell’ampia risposta datemi è la contestualizzazione. La chiave di tutto è il periodo di crisi che colpisce l’Europa fra la seconda metà del 1300 e la prima del 1600 che determinò lo spostamento di masse significative di persone appartenenti alle classi maggiormente colpite dalla insorgente povertà, fra cui evidentemente anche i contadini. Giustamente Cardini annota che nulla vieta ai contadini di essere eretici e viceversa.
Possiamo allora dire che coloro che giunsero a Logroño nel 1610 non erano un compatto numero di eretici in cerca della libertà religiosa ma persone che fuggivano dalla povertà cui si mescolavano anche quelle che fuggivano dalle persecuzioni.
Anche se Cardini non lo afferma esplicitamente mi sembra una considerazione ragionevolmente deducibile dalle sue parole e che risponde a parecchie delle domande che mi sono posta senza saper rispondere.
Chi volesse collegarsi a quanto ho già scritto può andare a: 22 luglio  e  27 luglio

Continua – precedenti puntate 18, 21, 23, 29, 30 giugno ; 4, 10, 11, 17, 22, 27 luglio; 3 e 5 agosto

9 Agosto 2012Permalink