17 ottobre 2015 – Sbucano i bambini invisibili –Seconda puntata

Scriverò su facebook che, bene o male, è diventato un mezzo di informazione, la nota che segue ma poi qui (perché questo è il mio blog che contiene memorie che per me vogliono far parte della storia e non di fibrillazioni emotive) metterò i miei commenti.

Certificato di nascita per tutti su cui trascrivere la cittadinanza.

La legge, approvata il 13 ottobre alla camera con il titolo «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, e altre disposizioni in materia di cittadinanza» è stata ufficialmente trasmessa al senato dalla Presidente della camera il 13 ottobre ed è reperibile con il numero 2092. Ora si attendono le decisioni del senato. Se l’approverà così come è stata trasmessa diventerà legge dello stato, altrimenti tornerà alla camera per ulteriore eventuale approvazione. Chi volesse conoscerne l’iter può seguirlo servendosi del link che trascrivo. http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/46079.htm

Ricordo che l’oggetto della legge è lo ius soli (identificato con la nuova formula dello ius culturae) e spero che chi ha sostenuto la campagna l’Italia sono anch’io (che nasceva dalla proposta di legge popolare finalizzata a introdurre il principio dello ius soli) darà adeguate informazioni in merito al provvedimento nel suo complesso. Da parte mia mi limito al punto di cui tante volte mi sono occupata, ricopiando il comma 3 dell’articolo 2 dal testo predisposto per una eventuale stampa (per i non esperti di navigazione parlamentare lo trovate nella colonna a destra del sito segnalato):

3. Al comma 2 dell’articolo 6 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, dopo le parole: «carattere temporaneo» sono inserite le seguenti: «, per i provvedimenti inerenti agli atti di stato civile»”.

Questo comma (presentato in corso di dibattito e approvato in prima battuta dalla commissione Affari Costituzionali) risolverebbe lo sfregio di fondamentale civiltà introdotto con la lettera g, del comma 22, dell’art. 1 della legge 94/2009 (nota come pacchetto sicurezza) e transitato nel testo unico sull’immigrazione modificandone il comma 2 dell’art. 6. Se la legge passerà il testo unico verrà rimodificato e ne propongo la ricostruzione che io ne ho fatto, e assumendomene la responsabilità, isolo con il simbolo delle virgolette le parole che sarebbero inserite, se approvata la legge sulla cittadinanza, all’art. 2 comma 3.. “Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo, «per i provvedimenti inerenti agli atti di stato civile» e per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie, i documenti inerenti al soggiorno di cui all’articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati.

Commenti (i precedenti si raggiungono con il tag anagrafe)

Da sei anni mi  indigno, ma non mi meraviglio più perché per quanto io sia testona non lo sono tanto da non saper trarre considerazioni da una osservazione che conta ormai sei anni.

I soggetti della mia indignazione

  1. i partiti. Il parlamento italiano ha in evidenza due proposte di legge (740 dal 2013 alla Camera e 1562 al Senato dal 2014) ma, pur se affidate entrambe alle rispettive Commissioni Affari Costituzionali non hanno avuto dai partiti di appartenenza dei firmatari (stragrande maggioranza Pd ma nella 740 c’è anche una firma SEL e di un paio di soggetti di altri gruppi che hanno praticato spostamenti che non sono riuscita a seguire, ma pur sempre firmatari) appoggio e pubblicità per queste proposte.
  2. la società civile – Da anni il gruppo Save The Children, coordinando una ottantina di associazioni (gruppo CRC – Convention on the Rights of the Child) chiede all’Italia di modificare la ‘lettera g’ e di ciò non danno notizia neppure le associazioni firmatarie, pur se la richiesta si trova in un pubblico rapporto facilmente reperibile (www.gruppocrc.net).
    – Il 9 ottobre il Centro di Accoglienza e di Promozione Culturale “E. Balducci”, la Rete per i Diritti di Cittadinanza del FVG, la Rete Radié Resch,  l’ASGI (Ass. Studi Giuridici Immigrazione), il GrIS-SIMM (Gruppo regionale Immigrazione Salute FVG della Società Italiana Medicina Migrazioni) hanno proposto nella sede di Zugliano un incontro sul tema dei ‘bambini invisibili’ .
    Di queste associazioni solo il GrIS Simm aveva già preso una pubblica posizione nel congresso del 2014 (ne ho scritto il 13 novembre di quell’anno).
    Le altre associazioni promotrici dell’incontro hanno offerto un’occasione di confronto con i parlamentari primi firmatari delle proposte di legge 740 e 1562 e la Presidente dell’Ufficio regionale FVG di Garanzia dei diritti della persona  (e sono personalmente grata alla generosa ospitalità del Centro Balducci) ma non si sono espresse, né in quell’occasione né in precedenza, con un proprio comunicato o altro strumento che ne rendesse esplicita una posizione pubblica nel merito.
    Purtroppo questa situazione ha dato luogo a un fatto ridicolo. Gli intervenuti si sono riferiti a me (che tenevo la relazione d’apertura) come soggetto civile di riferimento.
    So che molti lo hanno fatto con sincerità (altri temo per non mettere in gioco posizioni pubbliche rendendosi, come associazioni, sgradevoli a qualche soggetto politico di riferimento).
    Ho dovuto nascondere il mio imbarazzo cercando di giocare con l’ironia, ma non nego la fatica e la sofferenza che questo mi è costato.
    La cosa che più mi ha turbato è che sia l’on. Rosato (il senatore Lo Giudice ha inviato una sua gentile comunicazione in video perché impegnato a Roma per i dibattiti in aula che tutti consociamo) che la Garante regionale, prof. Mellina Bares, si sono riferiti alle mie mail come stimolo alla loro presa in carico del problema.
    Funzione politica di una persona che, non trovando nella società civile riscontri significativi e appoggi (anzi … non ho contato i convegni e seminari in cui ho dato fastidio!) ha fatto ricorso alla strumento che le restava, la funzione di rompiscatole? Ma che allegria!
  3. i mezzi di informazione. Lasciando perdere il locale Messaggero Veneto che dopo l’incontro al Centro Balducci ha scritto (per la prima volta) una nota in proposito, ricordo il consenso della micro redazione dell’ormai ben più che ventenne mensile Ho un Sogno che mi ha permesso di seguire puntualmente da anni il problema, scrivendone.
    E voglio ricordare il primo articolo su una pubblicazione nazionale (il mensile il Gallo di Genova) che ha dato spazio alla questione nel 2011 (il 15 marzo di quell’anno l’ho riportato nel blog). Un articolo è comparso anche sul mensile Confronti (ora purtroppo non riesco a recuperarne la data).
    Ci sono poi note e informazioni comparse su qualche sito locale e non solo di cui non ho l’elenco ma nulla impedisce a chi mi legga e voglia farne memoria di scrivermene nei commenti a questo testo. Ricordo anche una intervista che mi è stata fatta recentemente da radio Onde Furlane e una abbastanza recente intervista a Chiara Gallo, consigliera comunale di Udine, a Tele Pordenone.
    E infine l’impegno consapevole e documentato della giornalista Lucia Bellaspiga su Avvenire. Ho segnalato i suoi articoli al prezioso sito ildialogo[.]org dove c’è un archivio cui mi riferisco perché, almeno per me, è di facile consultazione

articoli del 30 settembre, 1 e 2 ottobre http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/norazzismo/notizie_1443810505.htm

articolo del 14 ottobre http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/norazzismo/notizie_1444926561.htm

In questa storia spesso saltano fuori donne. Che diventi una faccenda di donne? Mi farebbe piacere come segno di intelligenza, responsabilità e libertà intellettuale di cui abbiamo bisogno. Comunque Lucia Bellaspiga è stata molto brava

Vorrei continuare con il problema della Chiesa cattolica, di altre chiese cristiane e del Sinodo in corso. Questo aspetto merita, secondo me, una riflessione approfondita per l’influenza che hanno le chiese sull’opinione pubblica (e in particolare in Italia la chiesa cattolica) per cui lo farò domani o dopodomani

[continua 2]

 

17 Ottobre 2015Permalink

16 ottobre 2015 – Sbucano i bambini invisibili – Prima puntata

Una speranza dalla Camera dei deputati?
Non riesco a trovare, pur girando e rigirando nel sito della Camera, il testo ufficiale della legge approvata che modifica le norme in vigore sulla cittadinanza  e mi accontento perciò del comunicato stampa, riservandomi la pubblicazione del testo appena possibile.

Comunicato stampa 13/10/2015 Approvate le modifiche alla legge sulla cittadinanza

Nella parte antimeridiana della seduta odierna la Camera ha approvato il testo unificato delle proposte di legge recante Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di cittadinanza (C. 9-A e abb.). Il provvedimento passa ora all’esame del Senato.

Ius soli / Ius culturae e bambini invisibili

Il comunicato stampa è ufficiale però ci metto anche qualche cosa di mio che fa seguito alla relazione che avevo presentato alla biblioteca civica nel quadro delle manifestazioni del Festival Costituzione di San Daniele del Friuli e pubblicato il 9 giugno scorso.

Nella legge, così come è uscita dalla Camera ma non ancora all’attenzione del Senato, si afferma, in un emendamento approvato (e se ne trova conferma nella dichiarazione conclusiva della relatrice di maggioranza on. Marilena Fabbri), che

Art 2, comma 3 “Al comma 2 dell’articolo 6 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al « carattere temporaneo » sono inserite le seguenti: «, per i provvedimenti inerenti agli atti di stato civile».

Così viene rimodificato il Testo Unico sull’immigrazione (ricostruzione mia – colore rosso)

Articolo 6  Facoltà ed obblighi inerenti al soggiorno. (Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 6; R.D. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 144, comma 2, e 148)

  1. Il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato, lavoro autonomo e familiari per essere utilizzato anche per le altre attività consentite. Quello rilasciato per motivi di studio e formazione può essere convertito, comunque prima della sua scadenza, e previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro ovvero previo rilascio della certificazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti dall’articolo 26, in permesso di soggiorno per motivi di lavoro nell’ambito delle quote stabilite a norma dell’articolo 3, comma 4, secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione.
  2. Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo, «per i provvedimenti inerenti agli atti di stato civile» e per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie, i documenti inerenti al soggiorno di cui all’articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati.
    [continua 1]
16 Ottobre 2015Permalink

15 ottobre 2015 – Un’iniziativa nata nel 2001

Il 27 ottobre, come ogni 27 ottobre

Cristiani e musulmani, lo diciamo da sempre, hanno profonde radici comuni. Già lo scorso anno ne abbiamo indicato due, quelli della misericordia e della compassione. Islam e cristianesimo, di più, sono religioni di pace. E per costruire un mondo di pace c’è bisogno che le due religioni mondiali maggioritarie, che sono l’islam ed il cristianesimo, sappiano riscoprire le comuni radici di pace in tutte le loro molteplici declinazioni, fra cui quest’anno vogliamo indicare alle comunità cristiane e musulmane, come tema per la quattordicesima giornata ecumenica del dialogo cristiano islamico del 27 ottobre 2015, quelle dell’accoglienza dello straniero, del rifugiato, dell’aiuto ai poveri, agli ultimi della società, per costruire la convivenza pacifica, che abbiamo sintetizzato in :
«Cristiani e musulmani: dall’accoglienza alla convivenza pacifica
».
I nostri rispettivi testi sacri dicono parole chiare su tale aspetto, checchè ne dicano coloro che vorrebbero piegare sia l’islam che il cristianesimo alla logica della guerra.  Questo crediamo possa essere la strada per costruire una società libera dal terrore della guerra nucleare, dalla paura continua di qualsiasi essere umano diverso da noi, riscoprendo la comune umanità, il comune bisogno di accoglienza e di vivere pacificamente, come figli e figlie dell’unica Madre Terra che ci ospita. La ricca e opulenta Europa ed il cosiddetto “occidente”, non potranno assolversi dalle proprie gravissime colpe nei confronti dei popoli che hanno depredato delle loro risorse e che hanno costretto a subire la guerra e poi a fuggire e a divenire profughi, se non fermando la vendita degli armamenti, che sostengono la guerra e producono milioni di profughi, e ponendo fine alla depredazione delle risorse dei popoli africani, asiatici o sudamericani. Chi vuole pace per se dovrà imparare a dare pace agli altri. E questo lo si potrà fare riscoprendo le vere radici comuni alle religioni monoteiste, ad islam, cristianesimo ed ebraismo, che sono l’accoglienza, l’ospitalità, la misericordia, la pace, perché “la terrà è di Dio” e nessuno ha il diritto di dichiararla propria e sfruttarla a proprio uso e consumo. Uomini e donne di pace cercasi. Con un fraterno augurio di shalom, salaam, pace Il Comitato Organizzatore

Roma, 25 giugno 2015

fonte: http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/cristianoislamico/2015_1435234260.htm

15 Ottobre 2015Permalink

1 ottobre 2015 – Calendario di ottobre

1 ottobre 1946 –   Il Tribunale di Norimberga condanna i gerarchi nazisti
2 ottobre 1868 –   Nascita di Gandhi – giornata internazionale della nonviolenza
3 ottobre 1990 –   Riunificazione della Germania
3 ottobre 2013 –   Strage di migranti – Lampedusa
6 ottobre 1973 –   Guerra del Kippur
7 ottobre 2001 –   Inizio guerra USA contro l’Afghanistan
7 ottobre 2006 –   Assassinio della giornalista Anna Politkovskaja
8 ottobre 1963 –   Nella notte catastrofe del Vajont
9 ottobre 1967 –   Uccisione di Ernesto ‘Che’ Guevara in Bolivia
10 ottobre –          Giornata mondiale contro la pena di morte
11 ottobre 1962 – Apertura del Concilio Vaticano II
14 ottobre 1964 – Premio Nobel per la pace a Martin Luther King
14 ottobre 1979 – Prima marcia per i diritti dei gay negli USA
15 ottobre 1582 – Entra in vigore il calendario gregoriano
15 ottobre 2015 – Primo giorno di Muharram – Capodanno islamico 1437
16 ottobre 1943 – Rastrellamento nazista nel ghetto di Roma
19 ottobre 1968 – Muore Aldo Capitini
20 0ttobre 2011 – Spagna: l’ETA depone le armi
20 0ttobre 2011 – Libia: uccisione di Ghedaffi
21 ottobre 1945 – Francia: le donne votano per la prima volta
23 ottobre 1915 – A New York 30.000 donne chiedono il diritto di voto
24 ottobre 1945 – Nasce l’Organizzazione delle Nazioni Unite
24 0ttobre 2005 – Morte di Rosa Parks
25 ottobre 1936 – Hitler e Mussolini creano l’Asse Roma-Berlino
25 ottobre 1996 – Irlanda. Chiusura dell’ultima lavanderia Magdalene
26 ottobre 1954 – Ritorno di Trieste all’Italia
27 ottobre 1479 – Nascita di Erasmo da Rotterdam
27 ottobre 2015 – Quattordicesima giornata del dialogo cristiano-islamico
28 ottobre 1922 – Marcia su Roma
29 ottobre 1923 – La Turchia diventa Repubblica indipendente
31 ottobre 1517 – Lutero affigge le sue 95 tesi sulla porta della chiesa di Wittemberg /
Le chiese protestanti storiche celebrano la festa della Riforma
31 ottobre 1967 – Primo numero di Adista

1 Ottobre 2015Permalink

26 settembre 2015 – Oggi il tassista domani…

Creare paura per fondare la propria forza.

Costruire una società fondata sul nemico da cacciare e abbattere dà forza e rilievo ai gruppi violenti di varie origine ma uniti nell’obiettivo di creare paura per fondare la propria forza.
Riassumo una notizia che potete si può leggere dal link che trascrivo

“Spostate le auto” e l’autista di Roma-Tpl viene aggredito dal branco

Un autista di taxi a Roma ha suonato il clacson per poter passare in uno spazio ostacolato da un’auto in seconda fila.
A questo punto un uomo ha sfondato il finestrino del bus ferendolo. Poi, mentre il conducente stava per salire sull’ambulanza, i complici intervenuti lo hanno massacrato a calci e pugni

http://roma.repubblica.it/cronaca/2015/09/25/news/roma_roma-tpl_autista_bus_picchiato_da_branco-123668370/?ref=HREC1-4

26 Settembre 2015Permalink

25 settembre 2015 – In Europa non entrino gli atei!

Ho un sogno n. 239 – settembre
FRA UNA NUOVA DEVOZIONE E SINODI ECCLESIALI

IN EUROPA NON ENTRINO GLI ATEI
Dopo che in un mare che è il cuore dell’Europa fin dall’antichità sono annegati centinaia di migranti, altri si accalcano alle frontiere orientali.
Correttamente dovremmo chiamarli richiedenti asilo ma subito dobbiamo precisare.
Sono richiedenti asilo solo quelli che fuggono dalla Siria? E quelli che fuggono da altri stati pure in guerra come li consideriamo? E quelli che fuggono dalla fame? E dalla persecuzione religiosa?
Sull’ultimo punto veniamo illuminati dal direttore responsabile de ‘Il giornale’ che, in data 17 settembre dedica ben tre pagine del suo quotidiano all’argomento.
In apertura di questa ampia trattazione ci offre un editoriale su cui è fondamentale soffermarsi e da cui ci permettiamo due brevi citazioni.
“Delle oltre duecentomila persone sbarcate quest’anno sulle nostre coste, si calcola che almeno una su otto sia cristiana” e “quel gregge di fedeli perseguitati perché crede nel nostro stesso Dio … merita una corsia preferenziale”.
Poiché abbiamo il vizio delle concretezza immaginiamo un poliziotto che – al di là dei nuovi muri di cemento o filo spinato, armato di gas urticante da spruzzare anche sui bambini (si presuma che prima chieda ‘sei battezzato?’) – accosti adulti che vogliono entrare in Europa e –per sapere se sono cristiani o meno – faccia loro un esame di religione. Ne ha le competenze? Forse sarebbe aiutato se uno stato attento alle proprie forze di sicurezza organizzasse corsi di formazione religiosa tali da fare dei poliziotti competenti inquisitori.
Ove fosse chiarito per gli islamici anche questo ostacolo e stabilito un ‘no, tu no’ o un ‘tu vieni dopo quando avrò soddisfatto i cristiani’ resta il problema degli atei per cui l’esame di religione è impossibile per insussistenza dell’oggetto..
Che fare di coloro che per l’imprevidenza dei genitori o per spericolate decisioni personali non siano muniti del certificato di battesimo e non se lo possano procurare perché inesistente?
Infatti il direttore di cui sopra fa riferimento come garanzia identitaria salvifica a questo documento che ogni cristiano si porterebbe appresso come la carta d’identità.
Ci aspetteremmo un soprassalto di manifesta dignità da parte dei cristiani (cattolici, protestanti e ortodossi) ma non osiamo sperare.

BAMBINI SENZA NOME E SENZA FAMIGLIA PER LEGGE E PER ECUMENICA SCELTA DELLE CHIESE CRISTIANE.
Da anni Ho un Sogno segnala la legge che dal 2009 vuole che sia negato il certificato di nascita ai neonati che nascono in Italia, figli di migranti privi di permesso di soggiorno,.
La chiesa cattolica si appresta a celebrare il Sinodo ordinario sul tema «La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo» cui farà seguito un Convegno Ecclesiale Nazionale che si ispira anche a un ‘Nuovo umanesimo’.
Considerata l’enorme spazio che ha l’informazione che proviene da questa fonte non vogliamo ignorarla.
Abbiamo perciò esaminato il materiale proposto ai lavori dell’assemblea dei due incontri e abbiamo constatato che, nel pur corposo elenco di situazioni in cui si dibatte chi sia famiglia e chi no, i neonati, marchiati dal neo peccato originale di essere figli di genitori irregolari per l’amministrazione italiana, non ci sono, così come non ne abbiamo trovato traccia nei documenti del recente Sinodo delle chiese metodiste e valdesi apertamente attente alle nuove famiglie.
Fanno eccezione un vescovo, mons Bruno Forte, che si è espresso in proposito il 28 giugno su Il Sole 24 Ore e due parrocchie udinesi, la cui voce ha trovato spazio il 6 agosto nel settimanale diocesano locale. Chiedono che nel Sinodo e nel Convegno Ecclesiale si faccia riferimento anche a quei neonati che la legge italiana condanna e non esistere. Saranno ascoltati?

25 Settembre 2015Permalink

18 settembre 2015 – Una parlamentare che mi rappresenta

Da L’Unità del 17 settembre.

Sono triste e amareggiata: è incomprensibile come si possano ritenere insindacabili le parole di Calderoli, cioè di chi dovrebbe onorare le istituzioni e il Paese. Parole che hanno fatto il giro del mondo. Non penso alla mia persona, e non sto portando avanti una causa che riguarda l’oggi, ma il domani. Se guardiamo alle generazioni future vediamo diversi colori, tanti toni cromatici di persone che avranno bisogno di norme certe, perché sia davvero una società multietnica che garantisca i diritti. Un politico deve essere lungimirante e chi siede all’interno delle istituzioni ha una responsabilità maggiore, non svolge un lavoro per se stesso: noi parlamentari dobbiamo porre dei limiti anche sul linguaggio e riconoscere una linea che non si può oltrepassare.

Non è una questione personale tra me e Calderoli ma avrei voluto che, nella sede deputata, il tribunale, si stabilisse se c’è un confine tra un dibattito pubblico responsabile e l’uso irresponsabile di parole che lasciano un segno nella società. Queste parole di Calderoli sono state inequivocabilmente razziste, varcavano il limite del rispetto della dignità della persona, in ragione del mie sembianze e del colore della mia pelle. Se non è razzista dare dell’orango ad una donna nera, allora tutto è possibile, con buona pace delle conseguenze, vuoi dire che abbiamo smarrito il senso delle parole, e forse non solo quello. In Italia la legge Mancino protegge la società perseguendo l’istigazione all’odio razziale. Per il Senato italiano, che ha respinto la richiesta di autorizzazione a procedere avanzata d’ufficio dal Tribunale in forza della Legge Mancino, in queste parole non c’era discriminazione razziale. Il messaggio di questo voto è che la politica è irresponsabile, che non c’è un un confine all’uso di parole che avvelenano la società, seminando odio razziale. È un messaggio triste, mentre in Europa il livello di guardia verso la xenofobia è altissimo e le istituzioni sono impegnate a fermare la proliferazione dell’odio razziale.

Non mi lascio trascinare in polemiche sulla dietrologie di questo voto ma ogni senatore deveKyenge ricordarsi che è entrato nella storia con una pagina negativa. Chiedo a tutti i senatori se hanno pensato al significato del voto che invece ha negato l’autorizzazione a procedere verso Calderoli, e chiedo al mio partito di riflettere sul giorno dopo. Io ne ho passate tante e non mi fermo, ma sono intristita per il messaggio che diamo anche oltre i nostri confini, e per le tossine che si spargono in Italia. Un messaggio triste anche per l’Europa, ancora più grave perché ha il “timbro istituzionale”. La legge parla chiaro e va avanti. Io vado avanti, per i giovani che ci guardano e per la mia dignità. Mi piacerebbe che venisse fuori l’Italia migliore, so che c’è, vorrei vederla anche nelle istituzioni.

18 Settembre 2015Permalink

14 settembre 2015 – Smettiamola di tollerare gli intolleranti

 da Internazionale, un articolo di Luigi Manconi, parlamentare

Dovremmo rivendicare, nel nome della tolleranza, il diritto a non tollerare gli intolleranti.– Karl Popper

Il sistema democratico è quello dove la libertà di espressione e di parola trova il suo massimo riconoscimento e prevede le tutele più robuste per la sua piena affermazione. Al contempo è proprio il sistema democratico quello in cui la libertà di espressione e di parola è più frequentemente sottoposta a tensioni e messa alla prova da controversie intorno all’esistenza o meno di vincoli e limiti al suo incondizionato dispiegarsi. Nel mio piccolo e in un singolare aggrovigliarsi di problematiche affini, ho dovuto affrontare in poche settimane una parte significativa delle contraddizioni che la libertà di espressione e di parola può incontrare. E ho dovuto assumere decisioni tutt’altro che facili, per nulla automatiche e fatalmente tortuose. Espongo qui di seguito una premessa e tre vicende dove le questioni prima indicate si sono manifestate in tutta la loro scivolosità e ambiguità. Premessa. Ritengo scontato che le parole di Domenico Dolce e Stefano Gabbana non debbano essere in alcun modo perseguite e sanzionate. Ma se questo è fin troppo ovvio, tutto il resto è maledettamente complicato. Uno. Il processo a carico di Erri De Luca per istigazione a delinquere. Qui siamo in presenza di un caso residuale di reato d’opinione. Ovvero parole. Perle di saggezza o sesquipedali minchiate che siano, si tratta comunque di fonemi. Ed è davvero puerile immaginare che eventuali atti di sabotaggio effettivamente compiuti da militanti No Tav siano stati determinati, o sollecitati, o incentivati o anche solo legittimati, dalle affermazioni di uno scrittore. D’altra parte, questi ha avuto buon gioco a ricordare come il verbo sabotare abbia una pluralità di significati, e richiami una varietà di esperienze storiche, non certo tutte riducibili ad atti di violenza e a manifestazioni cruente. E ha fatto bene De Luca a richiamare il “buon uso del sabotaggio”, teorizzato e praticato dal mahatma Gandhi. Tutto ciò non solo contribuisce a rendere poco plausibile l’accusa di “istigazione”, ma consente soprattutto di misurare la distanza profonda tra libertà di espressione (di qualunque espressione) e commissione di reati. Ma, detto questo, si può entrare propriamente nel merito. Il “sabotaggio” sarebbe il delitto cui, secondo la procura di Torino, De Luca avrebbe istigato i suoi lettori. E, in effetti, De Luca aveva parlato letteralmente di “sabotaggio” della Tav, come unica alternativa alle mediazioni fallite. E come sabotaggio in senso letterale e tecnico sembrerebbe averlo inteso la procura: ovvero, come recita l’articolo 508 del codice penale, quella forma particolare di danneggiamento di “macchine, scorte o strumenti destinati alla produzione (…) industriale”. Dunque, De Luca avrebbe istigato alla commissione (del tutto eventuale e ipotetica) di tale reato. Ma proprio a questo si riferiva De Luca dicendo che la Tav “va sabotata”? Forse intendeva, più verosimilmente, il sabotaggio in senso atecnico, quale azione politica di contestazione e contrasto, ma non necessariamente violenta. In quest’ipotesi, quindi, De Luca risponderebbe penalmente per aver espresso un’opinione, al più aver fatto propaganda politica avversa a un’iniziativa del governo; nell’esercizio, dunque, di un diritto fondamentale. E l’imputazione ricorderebbe un po’ quella “propaganda antinazionale” che solo da otto anni non è più reato. E comunque, se anche alludesse non al sabotaggio in senso lato, ma proprio a quel particolare danneggiamento punito dal codice, De Luca risponderebbe pur sempre di un’opinione. Che non sarebbe legittimo punire neppure per evitare che quegli atti di virtuale violenza cui egli istigherebbe siano poi, effettivamente, realizzati. In una democrazia, infatti, il limite ultimo cui può spingersi la pena è quello del tentativo: di quegli atti, cioè, finalizzati in maniera diretta e inequivocabile alla commissione di un delitto. Spingersi oltre vorrebbe dire processare e punire, appunto, le intenzioni. La conquista più grande dei sistemi liberali e dello stato democratico è quella di sostituire al diritto penale delle intenzioni il diritto penale del fatto, limitando cioè la punibilità alle sole azioni manifestate con atti esteriori e lesivi di valori essenziali per l’ordinamento. Le costituzioni moderne hanno poi codificato il principio di materialità come presupposto di legittimazione della pena; che può sanzionare solo il “fatto” umano, che sia oltretutto lesivo di beni giuridici. La stessa apologia è stata ritenuta dalla consulta legittima solo in quanto intesa come non limitata alla mera “manifestazione di pensiero pura e semplice, ma a quella che per le sue modalità integri comportamento concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti” (sentenza 65/1970). Due. La deliberazione del senato sull’insindacabilità delle parole indirizzate da Roberto Calderoli verso l’allora ministra Cécile Kyenge. Quanto fin qui scritto può valere nel caso delle frasi di Calderoli contro Cécile Kyenge? Ecco che il vicepresidente del senato ha detto: “Smanettando con internet, apro il sito del governo italiano e vedo venire fuori la Kyenge: io resto secco. Io sono anche un amante degli animali, per l’amor del cielo, ho avuto le tigri, gli orsi, le scimmie e tutto il resto, poi i lupi anche ho avuto. Però quando vedo uscire delle sembianze di orango, io resto ancora sconvolto. Non c’è niente da fare” (Treviglio, 13 luglio 2013). Qui siamo in presenza di un caso in cui la piena libertà di parola e di espressione ha superato incontrovertibilmente un limite insuperabile. Dunque, da un punto di vista istituzionale e procedurale, il mio voto è decisamente a favore della sindacabilità di quelle parole. Sono convinto, infatti, che non si tratti di una mera espressione della funzione parlamentare e che quelle frasi non siano riconducibili al mandato istituzionale, per il quale soltanto è riconosciuta la prerogativa della “insindacabilità”. Ma tutto ciò non può limitarsi a considerazioni di ordine giuridico-formale. Da qui una digressione. Io non so se il senatore Calderoli sia razzista. È questione che riguarda solo lui. Ma le sue parole, quelle sì, sono inequivocabilmente razziste. Personalmente mi auguro che, in ultima istanza, Calderoli non lo sia perché il razzismo addolora e affatica il razzista oltre a infliggere ben più gravi dolori e fatiche alle sue vittime. È per tale ragione che ricorro a questo temine assai raramente e con estrema prudenza. Così che – contrariamente a quanto pensano molti (e moltissimi leghisti tra essi) – io non definisco la Lega un partito razzista, se non quando strettamente necessario. Quando, cioè, le parole e le politiche della Lega risultano inconfutabilmente razziste. Tanta cautela è motivata dal fatto che, nelle società democratiche e liberali quell’epiteto (razzista) è tutt’ora, e provvidenzialmente, la definizione più connotativa in senso spregiativo. In altre parole è il termine che, in quelle stesse società democratiche e liberali, esprime la più radicale interdizione morale. Dopo di che, in questa circostanza il ragionamento da fare è piuttosto un altro: ed è, per così dire, precedente. Perché qui l’offesa da prendere in considerazione non è quella indirizzata contro l’appartenente a un’etnia, a una confessione religiosa, a una minoranza straniera: qui l’offesa è indirizzata, piuttosto, contro l’elemento costitutivo della persona umana. Ovvero la sua dignità e l’immagine pubblica di essa; e il suo “diritto ad avere diritti”. E qui interviene il discorso della insindacabilità. Nonostante l’abuso che se ne è fatto – e i mutamenti avvenuti nel quadro politico istituzionale – io considero l’insindacabilità una tutela importante del parlamentare. Un filtro necessario a garantirne l’autonomia e l’indipendenza. E tuttavia – come corte costituzionale e Cedu hanno più volte chiarito – il limite che il mandato parlamentare, pur nel suo più ampio e libero esercizio, non può superare è quello della dignità umana. La cui violazione degrada quell’essenziale prerogativa democratica in un inaccettabile strumento di prevaricazione e umiliazione dell’altro. Tre. La legge contro il negazionismo. La terza vicenda che riguarda in profondità la questione della libertà di espressione e di parola è quella relativa al dibattito sulla normativa in materia di negazionismo (approvata dal senato l’11 febbraio scorso). Dibattito che, ancora una volta, ci ha posti di fronte a quella che sociologi e filosofi del diritto definiscono una scelta tragica, ovvero un conflitto tra due beni ugualmente meritevoli di tutela: da un lato, il diritto alla piena libertà di espressione e di parola, e, dall’altro, il diritto alla tutela della dignità della persona (come singola, come vittima e come parte di un gruppo), quale valore fondamentale. In un sistema democratico questi due diritti possono confliggere: e cercare la strada per una loro composizione è un’impresa assai ardua. E spesso al di là della nostra portata. In generale, penso che un sistema democratico debba essere abbastanza forte e maturo per tollerare qualunque parola efferata, qualunque propaganda crudele, qualunque affermazione suscettibile di offendere la sensibilità individuale e collettiva. Penso, insomma che la democrazia debba correre il rischio della libertà. E, tuttavia, ritengo che questa capacità di infinita tolleranza da parte dei sistemi democratici possa trovare un limite: e che quel limite risieda esattamente nella intangibilità della dignità della persona. Direi, nella sua inavvicinabilità. Tanto più quando quella persona è un soggetto massimamente vulnerabile, come appunto la vittima. E la vittima è una figura simbolica e allo stesso tempo terribilmente concreta. È l’immagine di una ingiustizia patita, ma contemporaneamente l’oggetto in carne e ossa di quella stessa ingiustizia. È significativo che la corte costituzionale tedesca, nel 1994, abbia qualificato come parte della “personale autopercezione e dignità [degli ebrei tedeschi] l’essere considerati come appartenenti a un gruppo di persone distinte per il loro destino. Chiunque cerchi di negare [la shoah] nega a ciascuno di loro il valore personale a cui ha diritto”. Ebbene, quando la libertà di espressione e di parola arriva a ledere la dignità della vittima, io credo che qui, esattamente a questo punto, si rende necessario imporre un limite. E se si ritiene che la violazione di quel limite debba essere sanzionata penalmente (visto che sono reati il pascolo abusivo, l’oltraggio a pubblico ufficiale e perfino l’alterazione delle creste papillari, ovvero la più frequente forma di autolesionismo dei migranti), deve trattarsi, conseguentemente di un reato non di opinione, bensì di vera e propria discriminazione. Di violazione, cioè, della dignità. Non è facile tracciare il perimetro di questa azione penale di tutela della persona dalla violenza e dalla discriminazione: e, anzi, rispetto a temi che come questo coinvolgono la memoria di una tragedia collettiva, si avverte l’incommensurabilità e l’assoluta inadeguatezza (del diritto e) della pena a esprimere il reale disvalore – umano, sociale, politico – del rifiuto di riconoscere quella storia e quella identità. Non è proprio possibile affidare, non al carcere, ma alla discussione pubblica, alla formazione, alla cultura, il compito di contrastare quella degenerazione della memoria? Soprattutto per questi crimini, che forse non si possono “punire né perdonare”, ci sarebbe allora bisogno di quel “qualcosa di meglio del diritto penale” cui pensava Gustav Radbruch, grande teorico dell‘“ingiustizia legale”, proprio ai tempi dell’olocausto.

http://www.internazionale.it/opinione/luigi-manconi/2015/03/31/liberta-espressione-erri-de-luca-cecile-kyenge-negazionismo

 

14 Settembre 2015Permalink

8 settembre 2015 – Non solo il ricordo di un armistizio

Il papa parla e io mi preoccupo e scrivo alle poche e piccole realtà del mondo cattolico con cui sono in comunicazione

A proposito della rete di parrocchie proposta dal papa per l’accoglienza dei profughi non so quale sia la reazione delle nostre due parrocchie, né voglio stimolarne alcuna in alcun senso.
Poiché di fronte a tanto dolore le reazioni emotive sono prevedibili (e io ne ho paura se non c’è lo sforzo di affrontarne l’ambito con razionalità che non è riduttiva ma fondamento di sicurezze non volatili) mi permetto di segnalare qualche punto su cui forse è bene riflettere (non per lasciar perdere ma per essere veramente propositivi).
Credo che una rete di parrocchie, e non solo, possa promuovere una rete diffusa per non creare ghetti, ma dovrebbe nel contempo stimolare la società civile e le istituzioni ad elaborare un progetto che consenta all’accoglienza di andare oltre la materialità essenziale del tetto e del vitto.

Punti da non trascurare (secondo me) :
1. chiarezza di informazioni sull’assistenza sanitaria legalmente possibile (e lo è) e garantita nella sua funzionalità dal sistema pubblico;
2. chiarezza nel rapporto con i centri ufficiali in cui vengono espletate le pratiche per il riconoscimento dello status di rifugiato. Facilitazione nell’accesso che non sia scaricato sulle spalle della famiglia accogliente;
3. corsi di italiano soprattutto per chi voglia restare in Italia;
4. progetti per l’inserimento di minori ad asili nido, scuole dell’infanzia e scolarizzazione in genere;
5. identificazione di una rete di traduttori, disponibili anche al telefono quando insorgessero problemi urgenti di comunicazione linguistica,
6. qualora vi fosse accoglienza di mussulmani contatti con serie organizzazioni islamiche che possano dare informazioni su costumi relativi alla vita quotidiana per facilitare la convivenza (es. tabou alimentari);
7. affrontare il problema dell’eventuale non riconoscimento dello status di rifugiato e delle conseguenze per una convivenza la cui interruzione si presenterebbe drammatica.
8. Solidarietà della parrocchia nel sostegno alla famiglia accogliente

Conclusione

Se ci saranno risposte interessanti le copierò.

 

 

9 Settembre 2015Permalink

7 settembre 2015 – Il gender. Mai!

Un documento che deve essere letto.
Pubblicherò in seguito qualche commento ma per capire è imporrante leggerlo, ricordando che la mozione è stata presentata in una regione italiana, quest’anno.

Trascrivo all’inizio il link al consiglio regionale nel caso qualcuno non ci credesse http://www.consiglioveneto.it/crvportal/getScheda.jsp?canale=consiglio&layout=testo&leg=10&tipo=MOZ&numero=0013&anno=2015

CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO DECIMA LEGISLATURA MOZIONE N. 13 LA SCUOLA NON INTRODUCA IDEOLOGIE DESTABILIZZANTI E PERICOLOSE PER LO SVILUPPO DEGLI STUDENTI QUALI L’IDEOLOGIA GENDER
presentata il 24 agosto 2015 dal Consigliere Berlato

Il Consiglio regionale del Veneto
PREMESSO CHE :
– “I genitori hanno il diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli” – articolo 26, Terzo comma della Dichiarazione Universale dei Diritto dell’Uomo;
– “Lo Stato nel campo dell’insegnamento deve rispettare il diritto dei genitori di provvedere secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche” – articolo 2, Convenzione Europea sulla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo;
– “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli” – articolo 30 della Costituzione Italiana;
– “Gli Stati rispettano il diritto e il dovere dei genitori oppure, se del caso, dei tutori legali, di guidare il fanciullo nell’esercizio della libertà di pensiero, di coscienza e di religione” – articolo 14, Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza,
UNICEF;

RICORDANDO CHE:
– le norme che regolano la scuola italiana ben riconoscono il diritto dovere educativo dei genitori, tra le quali citiamo:
a) Regolamento dell’autonomia del 1999: “Le istituzioni scolastiche devono rispettare la libertà di scelta educativa delle famiglie e devono intervenire in base alla domanda delle famiglie”;
b) Il patto di corresponsabilità educativa DPR 235 del 1997: “La scuola deve programmare e condividere con gli studenti e con le famiglie il percorso educativo da seguire”;
c) Linee di indirizzo sulla Partecipazione dei Genitori e Corresponsabilità educativa, MIUR, 22 novembre 2012;
– ogni scuola ha il suo POF, Piano Offerta Formativa, in cui si esplicita la progettazione educativa, organizzativa curricolare ed extracurricolare, tenuto conto anche delle proposte delle Associazioni di genitori;
– la Raccomandazione dei Ministri del Consiglio d’Europa rispetto alla lotta alla discriminazione in base al proprio orientamento sessuale afferma esplicitamente che tutte le misure adottate devono “tenere conto del diritto del genitore di curare l’educazione dei figli nel predisporre e attuare politiche scolastiche e piani d’azione per promuovere l’uguaglianza e la sicurezza e garantire l’accesso a formazioni adeguate o a supporti e strumenti pedagogici appropriati per combattere le discriminazioni”;
– la lettera del FONAGS (Forum Nazionale Genitori nella Scuola) al Ministro dell’Istruzione, datata 12 novembre 2013, rivendica il diritto dei genitori come responsabili primi dell’educazione dei figli in materia di educazione all’affettività e la necessità di svolgere l’azione educativa da parte della scuola verso gli studenti in pieno accordo con le famiglie; SOTTOLINEANDO COME:
– la Repubblica Italiana, all’articolo 29 della Costituzione, privilegia la “famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” della quale riconosce gli speciali diritti, diversamente da ogni altro tipo di unione;
– la famiglia fondata sull’unione tra un uomo e una donna rappresenta l’unica istituzione naturale aperta alla trasmissione della vita;
– la “famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società” e, in quanto tale, “ha il diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato”, così come stabilito dalla Dichiarazione Universale di Diritti dell’Uomo (10.12.1948, art. 16, terzo comma);

CONSIDERATO CHE:
– oggi più che mai ci troviamo di fronte ad un’emergenza educativa, in modo particolare per quanto concerne le tematiche dell’educazione all’affettività.
In alcuni casi purtroppo l’educazione all’affettività è diventata sinonimo di educazione alla genitalità, priva di riferimenti etici e morali, discriminante per la famiglia fatta da un uomo e da una donna, che induce una sessualizzazione precoce dei ragazzi;
– in paesi dove simili strategie sono state applicate, come in Inghilterra e in Australia, questo ha portato ad una sessualizzazione precoce della gioventù, con conseguente aumento degli abusi sessuali (anche tra giovani), dipendenza dalla pornografia, all’attività sessuale prematura con connesso aumento di gravidanze ed aborti già nella prima adolescenza, e all’aumento della pedofilia;
– i risultati delle indagini sociologiche dimostrano come ritardare l’inizio dell’attività sessuale e ridurre il numero di partner aumenti le possibilità di intrattenere relazioni stabili e riduca i problemi psicologici quali la depressione, specialmente nelle ragazze;
– errate convinzioni vorrebbero equiparare ogni forma di unione e di famiglia e giustificare e normalizzare qualsiasi comportamento sessuale;
– sovente questi progetti educativi e persino la Strategia nazionale dell’UNAR sono stati redatti con la collaborazione esclusiva di associazioni LGBT, senza l’adeguato coinvolgimento di associazioni ed enti rappresentativi dei genitori e quindi, sia per modalità che per contenuti, elaborati e diffusi in palese violazione degli articoli sopra premessi e sottolineati, così come si è già verificato con il caso dei libretti “Educare alla diversità a scuola” ;
– in questi libretti la famiglia composta da una donna e da un uomo è vista come uno stereotipo da superare e l’omofobo viene identificato in base al grado di religiosità;
– in alcuni casi si è arrivati alla deriva dell’ideologia di gender. Attualmente i progetti educativi vengono spesso presentati richiamando l’esigenza di contrastare la discriminazione. L’intento in sé potrebbe essere lodevole se ciò significasse educare gli studenti a rispettare ogni persona e a non rendere nessuno oggetto di bullismo, violenze, insulti, discriminazioni. Ciò, tuttavia, non si è sempre verificato. In alcuni casi è stato il cavallo di Troia con il quale si sono introdotti progetti di chiara ispirazione ideologica gender;
– la teoria gender sostiene che l’identificarsi come uomini o donne non dipende dai caratteri biologici che determinano un corpo maschile piuttosto che un corpo femminile. Secondo questa teoria si nasce maschio o femmina per questioni genetiche, ma si diventa uomo o donna (o nessuno dei due) in base a fattori esclusivamente culturali;
– la persona deve invece essere ritenuta un tutt’uno di corpo e mente: non può esistere un corpo contenitore ed un io sganciato dalla dimensione corporea; non si può scindere la componente biologica sessuata dalla componente psicologica relazionale;
– la concezione del corpo come contenitore apre la strada a scenari inquietanti quali la pratica dell’utero in affitto;
– la scissione tra il dato biologico e il dato psicologico non è solo impossibile, ma è anche pericoloso per lo sviluppo del bambino perché crea confusione, incertezza, doppiezza, laddove invece i minori chiedono certezza di ruoli e regole condivise;
– l’ideologia gender è, non solo pericolosa in quanto porta alla disintegrazione della personalità con conseguente fragilità psichica, instabilità emotiva ed affettiva, bassa autostima, senso di inadeguatezza, ma totalmente inutile; esiste infatti un paradosso che dimostra come nei paesi in cui si è maggiormente investito nella cosiddetta impostazione di genere paritario, quali la Norvegia, le differenze uomo-donna sono molto più accentuate. Ciò significa che quando una persona è libera di seguire le proprie inclinazioni sceglie quelle tipiche del sesso di appartenenza;
– riconoscere la diversità tra uomini e donne non significa discriminare; il vero principio dell’eguaglianza non nega l’esistenza delle differenze, non le azzera, ma le accoglie e le valorizza in quanto portatrici di ricchezza e di complementarietà;

IMPEGNA LA GIUNTA REGIONALE
ad intervenire nelle scuole di ogni ordine e grado della Regione del Veneto affinché: – non venga in alcun modo introdotta la teoria del gender;
– venga rispettato il ruolo prioritario della famiglia nell’educazione all’affettività e alla sessualità, riconoscendo il suo diritto prioritario ai sensi dell’articolo 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e dei Decreti che riconoscono le scelte educative dei genitori (artt. 1.2, 3.3 e 4.1 del DPR 27/99, art. 3 del DPR 235/97, artt. 2.3, 2.6 e 3 del DPR 235/2007 e il Prot. AOODGOS n. 3214 del 22.11.2012).
La famiglia rappresenta l’ambiente più idoneo ad assolvere l’obbligo di assicurare una graduale educazione della vita sessuale, in maniera armonica, prudente e senza traumi;
– siano coinvolti gli enti rappresentativi dei genitori e delle famiglie in ogni strategia educativa della scuola rispettando, sia nei contenuti che nelle modalità di elaborazione e diffusione, questo diritto fondamentale della famiglia;
– siano coinvolte le famiglie nella predisposizione dei progetti sull’affettività e sulla sessualità e nell’opera di educazione, rendendo i loro contenuti trasparenti ed evitando il contrasto con le convinzioni religiose e filosofiche dei genitori;
– l’azione educativa della scuola sia ispirata a due principi: il principio di sussidiarietà ( per cui il diritto-dovere dei genitori di educare è insostituibile e va sostenuto dallo Stato ) e il principio di subordinazione (l’intervento della scuola deve essere soggetto al controllo da parte dei genitori);
– sia oggetto di spiegazione e di studio la ragione per la quale la nostra Costituzione, all’articolo 29, privilegia la famiglia come “società naturale fondata sul matrimonio”, della quale riconosce gli speciali diritti, diversamente da ogni altro tipo di unione;
– si educhi a riconoscere il valore e la bellezza della differenza sessuale e della complementarietà biologica, funzionale, psicologica e sociale che ne consegue. ________________________________________ ________________________________________

7 Settembre 2015Permalink