5 maggio 2015 – Thugs di lontana, salgariana memoria

baltimoreriots

Ho rubato la fotografia che pubblico dalla pagina del primo maggio di Max Mauro: “My home is where I’m happy“ di cui riporto il link perché c’è altro di interessante da vedere (oltre che da leggere)  https://maxmauro.wordpress.com/

Poiché non ero certa della mia interpretazione di un termine nel cartello fotografato, ho scritto a Max che mi ha gentilmente subito risposto.
«Il cartello fa riferimento alla definizione di ‘thugs’ (malviventi, delinquenti) che è stata usata da commentatori di destra negli USA (tipo  … Donald Trump) per i ragazzi neri che protestavano contro l’uccisione di Freddy Gray. Gray è morto il 19 aprile dopo un arresto, sei poliziotti sono attualmente indagati per questo. Il ragazzo che tiene il cartello è un giocatore di football americano dell’Università del Maryland. Il collage football è molto popolare e profittevole per le università, i loro sponsor, e gli allenatori. I giocatori, invece, in gran parte neri, ça va sans dire, sono trattati e (non) pagati da studenti ma devono comportarsi da professionisti. Una molto moderna forma di sfruttamento, ma questa è un’altra storia».

5 Maggio 2015Permalink

2 maggio 2015 – Bambini invisibili: una relazione integrata

Faccio seguito all’impegno che avevo preso con me stessa il 27 aprile quando ho presentato nella sede della Casa delle donne di Udine (che ringrazio per l’opportunità offertami) una relazione sul problema dei ‘bambini invisibili’, i figli dei sans papier per cui la legge italiana vuole che l’acquisizione del certificato di nascita conosca gravissimi ostacoli.
Per la prima volta, da che ho iniziato ad impegnarmi in proposito sei anni fa, sono riuscita a proporre un intervento organico a un pubblico diverso da quello già incontrato in qualche sede ‘specialistica’ e così attento e reattivo da costringermi a una felice modificazione del testo della relazione che pubblico ora integrata da alcuni commenti raccolti che mi sono sembrati significativi e che si possono leggere anche in nota. Ringrazio anche gli amici di Ho un sogno, il piccolo mensile udinese che hanno condiviso questo problema nello spazio di informazione che teniamo vivo da più di vent’anni.

Bambini invisibili

In Italia esistono bambini cui la legge nega l’esistenza, non l’esistenza fisica ma quella giuridica e quindi, per cominciare, il legame con la propria famiglia pur desiderosa di accoglierli: sono i bambini invisibili. E’ una tragedia non nuova nella storia d’Europa. Anche prescindendo dalla rovina della Shoà, che strappò figli ai genitori, in Europa conosciamo almeno un’altra esperienza di bambini impediti per legge a vivere con chi li ha generati, quella dei “bambini proibiti”, come si intitola uno studio loro dedicato  [i] .

Erano i bambini che venivano separati dai loro genitori, lavoratori emigrati in Svizzera, perché la presenza di piccoli che necessitano di cure avrebbe potuto limitarne la capacità lavorativa e imporre allo stato gli oneri della presenza di minori non ammessi sul territorio. Non è accaduto in tempi lontani: la legge svizzera che prevedeva la negazione della famiglia ai figli degli emigranti lavoratori fu abrogata solo nel 2002 quando però la situazione aveva già conosciuto modifiche dovute all’intervento della società civile, quell’intervento che in Italia oggi si nega.

Comunque la diversa intitolazione della mia relazione e dello studio che ho ricordato già ci permette una precisazione: i bambini vittime delle norme svizzere erano proibiti ma esistenti, anche se la loro esistenza si consumava lontano dai genitori, con i nonni nel paese d’origine, in atroci istituti appositamente organizzati al confine italo-svizzero o chiusi in stanze svizzere in cui veniva insegnato loro a non muoversi per non scoprire la loro presenza. Se fossero stati scoperti i genitori sarebbero stati cacciati e avrebbero perso il lavoro. Bambini proibiti in Svizzera. Bambini invisibili in Italia,  invisibili perché inesistenti. E inesistenti per legge

Come è possibile che una legge sottragga un nuovo nato alla condizione di esistente? L’iter è già sufficientemente chiarito nella locandina a vostra disposizione (stesa – in occasione di un recente convegno della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni [ii]  con la confortante collaborazione di Chiara Gallo che ringrazio) ma ricordiamo tale procedura cominciando dalle modalità che assicurano – o meglio dovrebbero assicurare ad ogni bambino –  l’esistenza giuridica. Il documento che l’attesta è il certificato di nascita. Così lo descrive Geeta Rao Gupta, Vicedirettrice dell’Unicef [iii]:

«La registrazione alla nascita è più di un semplice diritto. Riguarda il modo in cui la società riconosce l’identità e l’esistenza di un bambino» ed «è fondamentale per garantire che i bambini non vengano dimenticati, che non vedano negati i propri diritti o che siano esclusi dai progressi della propria nazione».

Dal 2009, in Italia, questo diritto, altrimenti universale e assoluto, è negato ai figli di coloro che non hanno il permesso di soggiorno. In Italia quindi ci sono bambini che, per legge, non esistono, non si vedono o meglio non si devono vedere.

Per capire come ciò avvenga è utile  percorrere l’itinerario che assicura la registrazione alla nascita. Quando nasce un bambino viene compilato l’atto di nascita in cui vengono indicati il luogo, l’anno, il mese, il giorno e l’ora della nascita, le generalità, la cittadinanza, la residenza dei genitori, il sesso del bambino e il nome che gli viene dato.
Se si tratta di bambini con genitori ignoti, sarà compito dell’ufficiale di stato civile attribuire al piccolo il nome ed il cognome. Nell’atto viene descritto anche il modo di accertamento della nascita. A ciò provvede il personale medico presente al parto o un sanitario che, pur non avendo direttamente assistito al parto, sia intervenuto successivamente. Era in questo momento che i bambini partoriti dalle prigioniere nelle carceri argentine al tempo del regime dei colonnelli venivano sottratti alle mamme dagli sgherri del regime. Le mamme poi venivano uccise, spesso gettate nell’oceano da apparecchi in volo. Così si creavano, fondandosi su un originario falso sanitario, le condizioni per false attribuzioni di genitorialità. E’ un crimine di cui ancora si parla per l’intervento delle “nonne di piazza di maggio” che cercano i nipoti, figli dei figli e delle figlie perduti. Ma torniamo a noi ribadendo che in questo contesto non ci occuperemo di minori che arrivano in Italia con i genitori richiedenti asilo, dei minori non accompagnati né dei minori infradiciottenni che possono presentare la richiesta di cittadinanza ma solo di bambini che nascono in Italia i cui genitori – o uno dei due – non hanno o hanno perso il permesso di soggiorno. E’ buona norma, quando si voglia affrontare un problema, definirne i termini e delimitarne il significato. Ciò non significa sottovalutare gli altri problemi, ma solo trarne uno da un groviglio che, se abbandonato alle nostre emozioni, potrebbe diventare inestricabile.

Il  23 aprile 2014 un avvocato del foro di Roma, facente parte dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) telefonò alla trasmissione di Radio3-Rai, Tutta la città ne parla’, segnalando un problema molto grave che, a suo dire, sarebbe intervenuto e che si colloca proprio a questo punto della vicenda: l’assenza di un documento di riconoscimento (p.es. il passaporto) impedirebbe in assoluto il riconoscimento del figlio pur intervenendo l’evento del parto in Italia. Ho raccolto il testo della telefonata che riporto in nota  [iv] Dopo la formulazione dell’atto di nascita interviene obbligatoriamente la dichiarazione di nascita che assicura l’iscrizione del nuovo nato nel registro comunale dello stato civile. A ciò provvedono, se lo riconoscono, i genitori o uno di essi o, in assenza, altri soggetti. E finalmente il bambino dispone del certificato di nascita dove risulterà anche la sua cittadinanza che sarà quella dei genitori e non quella italiana, perché così vuole la legge. Se un domani la legge fosse modificata e “chi nasce in Italia diventa italiano” (come fu detto con uno slogan tanto accattivante quanto confusamente inesatto) il problema si porrebbe lo stesso perché anche gli italiani devono essere muniti di regolare certificato di nascita. Oggi tutto potrebbe avvenire nella sicurezza della legalità, i nuovi nati avrebbero il certificato di nascita e sarebbero ‘visibili’ (per restare al titolo della relazione) se nel 2009 non fosse intervenuto il cd ‘pacchetto sicurezza’ (era il quarto governo Berlusconi e ministro dell’interno – che volle con forza questa norma e la impose con voto di fiducia– era l’on Maroni, oggi governatore della Lombardia). [v] La ratio della norma è quella di far uso dei figli per identificare i genitori da espellere: a quei poveri cosini inconsapevoli è affidata la stessa funzione dei centri di identificazione ed espulsione ma a costo certamente inferiore. In realtà la norma originaria era più radicale. Si prevedeva infatti che– in un intervento dovuto a chi si presentasse o venisse presentato in stato di necessità a una struttura sanitaria – i medici chiedessero il permesso di soggiorno e, in assenza, ne dessero  comunicazione alla questura per la conseguente espulsione. Per fortuna vi fu una reazione – in nome dell’etica inerente la professione medica che impone doveri precisi (ricordo un bel comunicato dell’allora presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Udine [vi] ) – e la norma decadde ancor prima di venir discussa in parlamento. Il logo che accompagnò l’impegno – forte e pubblico – degli operatori sanitari tutti, “siamo medici e infermieri, non siamo spie”, aveva anche il contributo della società civile attraverso, per esempio, l’illustrazione che ne aveva fatto Altan.

Restò però la subdola lettera g del comma 22 dell’articolo 1 del  cosiddetto ‘pacchetto sicurezza’ che fu approvato nel mese di luglio 2009 come legge 94. Questa norma ha una formulazione obliqua, che bisogna decodificare e tale non insuperabile difficoltà richiede però un qualche impegno ed è forse una delle ragioni per cui la pigrizia giornalistica, l’indifferenza della società civile, l’irresponsabilità politica o la ripugnanza che sgomenta e invita a sorvolarne il significato, inducono ad ignorarne gli effetti. Purtroppo la società civile (e conseguentemente i mezzi di informazione che vogliono assicurarsi vendite e ascolti) si eccita solo a seguito di episodi sanguinolenti e di situazioni violente, quantitativamente significative e possibilmente mortali, ignorando l’efficacia grigia e sordida della burocrazia che pur nella storia europea ha già avuto un ruolo ben noto. Cito solo la figura di Eichmann (così efficacemente analizzata da Hanna Arendt ne La banalità del male). Vediamo di capire. La prima norma relativa ai migranti che giungevano in Italia fu la cd legge Turco-Napolitano  [vii]  che istituiva il permesso di soggiorno per i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea e per gli apolidi e, nello stesso tempo, indicava la possibilità di non presentare tale documento per chi venisse in Italia per esercitare “attività sportive e ricreative a carattere temporaneo” e per chi richiedesse “atti di stato civile”. Il permesso di soggiorno invece doveva essere opportunamente esibito “agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero” Quindi la norma che escludeva dalla presentazione del permesso di soggiorno chi richiedesse atti di stato civile fu mantenuta senza modifiche anche con la legge nota come Bossi Fini  [viii] Abilmente il pacchetto sicurezza del 2oo9 cassò invece le parole ‘inerenti agli atti di stato civile’, cancellando così l’eccezione già prevista e imponendo la presentazione del permesso di soggiorno per chi volesse sposarsi o dichiarare la nascita dei propri figli  [ix] . Introdusse invece, su indicazione dell’allora presidente della camera, on. Fini, la garanzia della possibilità di iscrizione alla scuola dell’obbligo senza necessità di presentare il premesso di soggiorno [x]

Ma torniamo ai nostri neonati: Contemporaneamente all’entrate in vigore della legge  il Ministro dell’interno emanò una circolare evidentemente finalizzata ad evitare penalizzazioni internazionali. La funzione della circolare venne così descritta dal sottosegretario di stato Davico in risposta a un’interrogazione dell’allora deputato Leoluca Orlando, che l’aveva presentata sollecitato da Paola Schiratti, allora consigliera provinciale e oggi vicepresidente della commissione regionale Pari Opportunità..

Il Ministero dell’Interno, con la circolare n. 19 del 7 agosto 2009, ha inteso fornire indicazioni mirate a tutti gli operatori dello stato civile e di anagrafe, che quotidianamente si trovano a dover intervenire riguardo ai casi concreti, alla luce delle novità introdotte dalla legge n. 94/09 <…>, volta a consentire la verifica della regolarità del soggiorno dello straniero che intende sposarsi e ad arginare il noto fenomeno dei matrimoni “fittizi” o di “comodo”. E’ stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale  [xi], indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico”. A questo punto il testo della circolare fa riferimento alla Convenzione di New York del 1989 di cui si dirà più avanti. E’ già possibile però segnalare, insieme al richiamo all’inesistenza del minore privo di certificato di nascita (bambino invisibile!,  come dal mio titolo) un paradosso. A fronte di una legge negazionista fu approvata – probabilmente come ho detto allo scopo di evitare penalizzazioni internazionali – la circolare che consente ciò che la legge nega. Non dimentichiamo però che una circolare è atto di rango inferiore alla legge e che potrebbe venir cancellata senza neppure darne notizia al Parlamento, così come per atto unilaterale del ministero è stata stilata.

La circolare inoltre prevede un importante distinguo. Se i nuovi nati in Italia ne vengono (con tutta la precarietà del caso) tutelati, permane la penalizzazione per i matrimoni se uno dei due sposi non abbia il permesso di soggiorno e siano quindi suscettibili di essere considerati “matrimoni di comodo”. E a questo punto la realtà si è fatta beffe della pur maligna intenzione del legislatore. Ancora nel 2009 infatti una coppia ‘mista’ richiese di poter contrarre matrimonio, ricevendo in risposta – per lui, cittadino del Marocco – un decreto di espulsione. Ricorso al Tribunale, che sospese l’espulsione e si rivolse alla Corte Costituzionale che, con sentenza 245 del 2011  [xii], riportò la situazione a quella precedente l’inserimento degli effetti della perversa lettera g. I ‘promessi sposi’ erano adulti, avevano evidentemente denaro per pagare gli avvocati che li sostennero nella causa, conoscenze per muoversi in forma corretta. Tutte opportunità negate a neonati che non hanno voce se non per piangere quando hanno fame, opportunità negate insieme ai loro terrorizzati genitori.

Quindi, se ci rifacciamo ai ‘valori’ proclamati dal sottosegretario di stato, cadde allora ogni riferimento al pretesto dei matrimoni di comodo, ma restò inalterata la violazione del diritto del minore la cui certezza di esistere restava e resta appesa alla labilità di una circolare. Così si è espressa in merito la dr. Mellina Bares, garante regionale dei diritti della persona «l’attuale formulazione della norma potrebbe indurre gli ufficiali di stato civile ad impedire la registrazione della nascita del bambino in condizione di irregolarità – in conseguenza dell’irregolarità del soggiorno dei genitori – con conseguenze gravissime per l’effettiva fruizione da parte del medesimo di fondamentali ed inalienabili diritti civili (diritto al nome, all’identità personale…) » e quindi « ritiene che data la delicatezza della questione, che investe diritti fondamentali del minore, sussista la necessità che venga assicurata piena certezza giuridica alla materia,»  – che – «dovrebbe trovare consistente ed esplicita espressione nella norma legislativa»  [xiii].

Prima di concludere non posso però dimenticare un altro problema, quello delle madri che, paralizzate dalla paura di ciò che potrebbe loro accadere al momento della richiesta della dichiarazione di nascita, sfuggono alle garanzie sanitarie dovute  per legge all’atto del parto. Ce ne parlano i rapporti stilati da un network di più di 80 associazioni che, coordinate dall’organizzazione Save the Children, da tempo si occupano attivamente della promozione e tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e si sono fatte carico di monitorare le politiche riferibili alla Convenzione di New York del 1989, dal 1991 legge in Italia. [xiv] Loro obiettivo prioritario è quello di preparare il Rapporto sull’attuazione della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Convention on the Rights of the Child – CRC) in Italia, supplementare a quello presentato dal Governo italiano, da sottoporre al Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza presso l’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite.

E’ presente all’incontro Majda Badaoui, mediatrice ci comunità, che sollecita (come anche il gruppo CRC) la diffusione della conoscenza della Circolare 19 come prima difesa per le madri. Infatti se, a norma della citata circolare, il migrante privo di permesso di soggiorno non deve presentare il documento che non possiede per assicurare al figlio la dichiarazione di nascita, la mamma ha diritto a una protezione supplementare. Presentando il passaporto potrà rivolgersi a una struttura sanitaria pubblica per ottenere  al compimento della dodicesima settimana di gravidanza, un certificato che attesti il suo stato. Avrà un permesso di soggiorno per motivi sanitari fino al parto, permesso che sarà poi rinnovato fino al compimento del sesto mese del neonato.

Ma ci sono donne per cui tale possibilità non è sufficiente. Nel 5° rapporto del gruppo Convention on the Rights of the Child   [xv]  leggiamo: «Il timore, …, di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità (art. 7 CRC), nonché dell’art. 9 CRC contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori. Pur non esistendo dati certi sull’entità del fenomeno, le ultime stime evidenziano la presenza di 544 mila migranti privi di permesso di soggiorno  Questo può far supporre che vi sia un numero significativo di gestanti in situazione irregolare».

Così scriveva il gruppo CRC nel 2012 e, nel 2014, ripetendo la considerazione appena letta, nel suo settimo rapporto segnala che

«Il Comitato ONU è preoccupato per le restrizioni  legali e pratiche al diritto dei minorenni di origine straniera di essere registrati alla nascita. In particolare, il Comitato esprime preoccupazione per come la L. 94/2009 sulla pubblica sicurezza renda obbligatorio per i non cittadini mostrare il permesso di soggiorno per gli atti inerenti il registro civile»

e chiede ancora all’Italia:

«a) di assicurare che l’impegno sia onorato tramite la legge e facilitarlo nella pratica in relazione alla registrazione alla nascita di tutti i bambini nati e cresciuti in Italia; b) di intraprendere una campagna di sensibilizzazione sul diritto di tutti i bambini a essere registrati alla nascita, indipendentemente dall’estrazione sociale ed etnica e dallo status soggiornante dei genitori; »  [xvi] 

E’ chiaro quindi che la soluzione è politica: si tratta di ripristinare in legge un brevissimo passaggio cancellato nel 2009. Ci sono due proposte, una presentata da un centinaio di parlamentari nel 2013 [xvii] (durante il governo Monti) e l’altra da una decina di senatori (nessuno della nostra regione) nel 2014  [xviii]

Ne ho scritto al presidente Mattarella la cui segreteria mi ha risposto a giro di posta assicurandomi di aver inviato al ministro dell’Interno la nota informativa. [xix] Quindi il parlamento ha i mezzi per modificare la norma, le commissioni Affari Costituzionali di entrambe le camere ne sono investite e così pure ne è investito il governo. Se la legge passasse (e non prevede onere alcuno di spesa) verrebbe rispettato l’art. 7 della Convenzione di New York, norma disattesa nello stato italiano che recita: 1. Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi. 2. Gli Stati parti vigilano affinché’ questi diritti siano attuati in conformità con la loro legislazione nazionale e con gli obblighi che sono imposti loro dagli strumenti internazionali applicabili in materia, in particolare nei casi in cui se ciò non fosse fatto, il fanciullo verrebbe a trovarsi apolide.

Se impegnarsi al superamento della norma che dal 2009 ostacola la dichiarazione di nascita dei figli dei migranti senza permesso di soggiorno è azione che promuove la solidarietà politica dichiarata dall’art. 2 della Costituzione, è però anche azione che salvaguarda la nostra dignità di cittadine/i. E al razzismo non ci si nega con le circolari.

Ce lo ha ricordato il 27 aprile, nel dialogo che ha coinvolto molti dei presenti, Adriana Libanetti sottolineando che così com’è la norma, che subordina l’esistenza legale di un figlio allo status e alla nazionalità dei genitori, ha un fondamento razzista che tutti ci offende.

NOTE:

[i]  Marina Frigerio Martina.  Bambini proibiti – Storie di famiglie italiane in Svizzera tra clandestinità e separazione Collana Orizzonti pp. 208 Casa editrice Il Margine  Via Taramelli n.8 – 38122 Trento “Lo Statuto degli stagionali è stato modificato nel 1996 ma abolito solo nel 2002. Quindi, formalmente almeno fino a quella data il problema dei bambini nascosti era presente, anche se ridimensionato grazie a varie campagne di stampa e di informazione (tra cui il libro di Frigerio e Buergeer del 1992)”.

 

[ii] www.simmweb.it Per il gruppo Immigrazione e Salute del Friuli Venezia Giulia (GrIS) http://www.simmweb.it/index.php?id=373

[iii] http://www.unicef.it/doc/5228/registrazione-alla-nascita-nel-mondo-un-terzo-dei-bambini-resta-invisibile.htm

 

[iv] Tutta la città ne parla 23 aprile 2014

Giornalista: ….  C’è un punto …. che volevamo affrontare in chiusura. Riguarda un elemento specifico della vita di chi poi arriva senza documenti, senza permesso di soggiorno nel nostro paese.  Partorire un figlio, farlo nascere in Italia e non potergli garantire un certificato di nascita Questo prevedeva la legge italiana, poi c’è stata un circolare che se non  abbiamo capito male ha rimosso questo  divieto perché, come diceva l’ascoltatrice, vivere poi e fare tante cose che sono normali nella vita senza un proprio certificato di nascita è un grosso problema. Vogliamo cercare di capirne qualche cosa di più nei minuti conclusivi e abbiamo chiesto aiuto all’avv. Salvatore Fachile. Buongiorno Avvocato: Buongiorno, buongiorno a tutti. Giornalista: Lei si occupa di immigrazione, protezione internazionale, diritto minorile. Fa parte di un network che più volte abbiamo ospitato qui a La Città, l’ASGI (Associazione Studi Giuridici Immigrazione). Fachile, allora come stanno le cose riguardo a questo punto specifico ‘certificato di nascita per i figli di chi non ha permesso di soggiorno’. Avvocato: Guardi, non c’è un problema relativo ai certificati di nascita, c’è un problema relativo a una questione  molto più grave.  Cioè la possibilità da parte di due persone che senza permesso di soggiorno, ma anche senza un documento di identità (la donna che è priva di un passaporto) di poter riconoscere il proprio figlio. Nel senso che sicuramente la normativa nazionale e internazionale le  riconosce questo diritto. Però questo diritto è stato posto in discussione più volte. Addirittura qualche anno fa il governo aveva tentato sostanzialmente di imporre una regola opposta, cioè quella per la quale per riconoscere il proprio figlio era necessario avere un documento di identità, quindi un passaporto sostanzialmente o permesso di soggiorno. Questo pericolo è stato poi sventato in  parlamento perché  si è riusciti comunque a inserire una clausola che evitava che si dovesse richiedere a una donna un documento di identità; però la normativa rimane una normativa valida. Per cui non è raro – purtroppo non è raro – il fatto che al momento del parto venga negata alla persona, alla donna che ha partorito in ospedale, la possibilità di riconoscere il figlio senza documento di identità, per cui una serie di strutture mediche trovano escamotage tipo per esempio la richiesta di testimoni che possano testimoniare che quella donna ha partorito quel figlio o anche altri stratagemmi assolutamente stravaganti. La verità è che la normativa non è chiarissima. E’ chiara soltanto la normativa generale per cui ovviamente un bambino non può che essere riconosciuto dalla madre  anche senza un documento di identità. Però nella pratica mancando delle specifiche direttive nei confronti del pubblico ufficiale quello che  succede è che .. Giornalista:  che succede nella vita di una persona, di un bambino qualora gli stratagemmi non funzionassero, quelli che ci ha indicato lei, che succede nella vita concreta di una persona che non ha un certificato di nascita? Avvocato:  Il pericolo non è quello di non avere un certificato di nascita, il pericolo è addirittura maggiore Giornalista:  E’ il mancato riconoscimento. Avvocato:  L’ospedale che non consenta il riconoscimento alla madre … Giornalista:  Si diventa minori non accompagnati Avvocato: Diventa un minore assolutamente abbandonato, perché il bambino non viene fatto uscire dall’ospedale .. Giornalista: Ma numericamente (mi scusi ma abbiamo pochi secondi però è interessante capire). Quante persone riguarda un fenomeno di questo tipo? Avvocato: Abbiamo provato in più occasioni a capire numericamente ed è veramente impossibile perché si tratta di una [due parole incomprensibili] che riguarda tutti gli ospedali d’Italia ovviamente […] e una prassi così diversificata da ospedale a ospedale che non si capisce poi in quanti rimangono impigliati nelle maglie della burocrazia impossibile  con conseguenze drammatiche rispetto appunto all’impossibilità di riconoscere il proprio bambino. Quantitativamente è impossibile fare … Giornalista: avvocato Salvatore Fachile la ringrazio per questa precisazione. http://www.radio3.rai.it/dl/portaleRadio/media/ContentItem-e439e539-9696-480c-9f08-561c44f5de68.html#

Il link che ho trascritto consentiva inizialmente un facile accesso al parlato della trasmissione. Ora c’è qualche complicazione tecnica che non so superare. Di questo particolare ci ha fatto memoria Mary Silva Remonato (che ringrazio) che ci ha detto di aver scritto all’avv. Fachile, invitandolo – con la sua associazione – a farsi parte diligente di una denuncia che, pur proteggendo le persone in questione, creasse condizioni per il superamento della ‘lettera g)’ ma non ha mai ricevuto  risposta

[v] Legge 15 luglio 2009, n. 94. Disposizioni in materia di sicurezza pubblica http://www.parlamento.it/parlam/leggi/09094l.htm

 

[vi]  COMUNICATO STAMPA DELL’ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI E ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA DI UDINE    PREOCCUPAZIONE SU PROPOSTA EMENDAMENTO DEL C.D. “PACCHETTO SICUREZZA” Il Medico non è un delatore e risponde all’obbligo deontologico di garantire assistenza a tutti “senza distinzioni di età, di sesso, di etnia, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace e in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera”. Lo afferma Luigi Conte, Presidente dell’Ordine dei Medici di Udine parlando della proposta di emendamento al cosiddetto Pacchetto sicurezza ripresentato all’esame del Senato, nonostante il ritiro deciso nelle Commissioni riunite Affari costituzionali e giustizia di Palazzo Madama. Inoltre esprime profonda preoccupazione per la notizia delle agenzie di stampa del 14 novembre u.s. secondo cui il governo intende attuare rapidamente il “Pacchetto Sicurezza” (atto 733) in discussione al Senato. Ed a tale proposito, ancora più preoccupazione desta la posizione espressa dal Ministro Sacconi che ha precisato che “il medico curante deve segnalare se il paziente è un irregolare. Se è clandestino deve essere segnalato per la sua situazione di clandestinità’  ed espulso”, manifestando così , da ministro della salute, completo disinteresse per i principi di solidarietà a fondamento della professione medica. I due emendamenti depositati da alcuni Senatori della Lega Nord (prot. 39.305 e 39.306), chiedono rispettivamente la modifica del comma 4 e l’abrogazione del comma 5 dell’articolo 35 del Decreto Legislativo 286 del 1998 (Testo Unico sull’immigrazione) . La modifica al comma 4 introduce un rischio di discrezionalità che amplificherebbe la difficoltà di accesso ai servizi sanitari facendo della “barriera economica” e dell’eventuale segnalazione (in netta contrapposizione al mandato costituzionale di “cure gratuite agli indigenti”), un possibile strumento di esclusione, certamente compromettendo la stessa erogazione delle prestazioni . Ma in particolare è di estrema gravità l’abrogazione del comma 5. Esso prevede infatti che “l’accesso alle strutture sanitarie (sia ospedaliere che territoriali) da parte dello straniero non in regola con le norme di soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano”. La sua cancellazione metterebbe in serio pericolo l’accesso alle cure mediche degli immigrati irregolari, violando il principio universale del diritto alla salute, ribadito anche dalla nostra Costituzione. L’art. 32 recita: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Si creerebbe inoltre una ‘clandestinità sanitaria-, pericolosa per l’individuo e per la collettività. Ma soprattutto pretenderebbe di costringere il medico ad andare contro le norme morali che regolano la sua professione contenute nel codice deontologico. La professione medica si ispira a principi di solidarietà e umanità (art.1) e al rispetto dei diritti fondamentali della persona (art. 20). Il medico deve mantenere il segreto su tutto ciò che gli è confidato o di cui venga a conoscenza nell’esercizio della professione (art. 10). La relazione tra medico e paziente è basata infatti su un rapporto profondamente fiduciario, incompatibile con l’obbligo d i denuncia. <omissis >  OMCeO Udine – 20 novembre 2008

[vii] legge 6 marzo 1998, n. 40. “Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.”

http://www.camera.it/parlam/leggi/98040l.htm

 

[viii] legge 30 luglio 2002, n.189. “Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo http://www.camera.it/parlam/leggi/02189l.htm

 

[ix] http://parlamento16.openpolis.it/atto/documento/id/57195” Atto a cui si riferisce:  C.4/08314 [Tutela della maternità della salute e dell’istruzione di tutte le persone extracomunitarie] Risposta scritta pubblicata lunedì 31 gennaio 2011     nell’allegato B della seduta n. 426     All’Interrogazione 4-08314 presentata da    LEOLUCA ORLANDO     Risposta.   –   Il ministero dell’interno, con la circolare n. 19 del 7 agosto 2009, ha inteso fornire indicazioni mirate a tutti gli operatori dello stato civile e di anagrafe, che quotidianamente si trovano a dover intervenire riguardo ai casi concreti, alla luce delle novità introdotte dalla legge n. 94 del 2009 (entrata in vigore in data 8 agosto 2009), volta a consentire la verifica della regolarità del soggiorno dello straniero che intende sposarsi e ad arginare il noto fenomeno dei matrimoni   «  fittizi  »   o di   «  comodo  »  .     È stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale, indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico.     Il principio della inviolabilità del diritto del nato è coerente con i diritti garantiti dalla Costituzione italiana a tutti i soggetti, senza alcuna distinzione di sorta (articoli 2, 3, 30 eccetera), nonché con la tutela del minore sancita dalla convenzione di New York del 20 novembre 1989 (Legge di ratifica n. 176 del 27 maggio 1991), in particolare agli articoli 1 e 7 della stessa, e da diverse norme comunitarie.     Considerato che a un anno dall’entrata in vigore della legge n. 94 del 2009 non risultano essere pervenute segnalazioni e/o richieste di ulteriori chiarimenti, si ritiene che le deposizioni contenute nella predetta circolare siano state chiare ed esaustive, per cui non si è ravvisata sinora la necessità di prospettare interventi normativi in materia. Il Sottosegretario di Stato per l’interno Michelino Davico

 

[x] Una interlocutrice, Marisa Duca, pone un problema che finora non sembra aver suscitato alcun interesse. La legge 94 è stata approvata nel 2009; siamo nel 2015 quindi il prossimo anno scolastico i bambini nati ‘nell’era del pacchetto sicurezza’, andranno a scuola. Certamente sarebbe un problema per i sindaci se nei comuni venissero identificati bambini che, pur avendone l’età, non frequentano la scuola dell’obbligo. Le soluzioni sarebbero due, entrambe paradossali: o quei bambini (che legalmente non hanno genitori) vengono loro sottratti o vengono iscritti a scuola senza presentazione alcuna di permesso di soggiorno (ma come fare se non hanno il certificato di nascita? come ne viene certificato il nome che non hanno?). Certamente la dichiarazione di nascita, pur se accolta a norma di circolare, risolverebbe almeno il problema immediato, Però a quei bambini sono stati negati il nido e la scuola dell’infanzia. Saranno stati  quindi gravemente penalizzati nell’uso della lingua italiana. Con che impudenza esponenti politici e benpensanti della società civile proclamano l’uso corretto della lingua come strumento essenziale di integrazione quando hanno negato o contribuito a negarne l’apprendimento naturale?

 

[xi]  http://www.altalex.com/index.php?idnot=63746

La cancellazione del riferimento al figlio ‘naturale’ è stata determinata dal Decreto legislativo 28.12.2013 n° 154 leggibile dal link

Il testo del provvedimento stabilisce (restando a ciò che qui più ci interessa):

  • l’introduzione del principio dell’unicità dello stato di figlio, anche adottivo, e conseguentemente l’eliminazione dei riferimenti presenti nelle norme ai figli “legittimi” e ai figli “naturali” e la sostituzione degli stessi con quello di “figlio”;
  • la sostituzione della notizia di “potestà genitoriale” con quella di “responsabilità genitoriale”;

Inoltre, nel recepire la giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, si è deciso di:

  • limitare a cinque anni dalla nascita i termini per proporre l’azione di disconoscimento della paternità;
  • introdurre il diritto degli ascendenti di mantenere “rapporti significativi” con i nipoti minorenni;
  • introdurre e disciplinare l’ascolto dei minori, se capaci di discernimento, all’interno dei procedimenti che li riguardano;

[xii]  http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2011&numero=245

 

[xiii] Così la garante regionale in una lettera del 24 settembre scorso alla Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza, lettera  del cui testo dispongo ma che non riesco a collegare direttamente con link. Si trova però allegata alla pagina del mio blog del 5 ottobre 2014      https://diariealtro.it/wp-content/uploads/2014/10/6918.pdf

 

[xiv] Convenzione 20 novembre 1989.  In Italia è ratificata con legge 176 del 1991, http://www.esteri.it/mae/normative/normativa_consolare/serviziconsolari/tutelaconsolare/minori/convnewyork_201189.pdf

Ratifica ed esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989

 

[xv] Rapporto CRC        I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. 5° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, anno 2011-2012      –  capitolo III.1     pag.36 http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/5o_Rapporto_di_aggiornamento__Gruppo_CRC.pdf

[xvi] Rapporto CRC  I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia anno 2013-2014    cap. III.1     pag. http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/7o_rapporto_CRC.pdf

[xvii] Proposta di legge n. 740, presentata alla Camera il 13 aprile 2013    “Modifica all’articolo 6 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno” http://www.camera.it/leg17/126?tab=&leg=17&idDocumento=740&sede=&tipo=

[xviii] Disegno di legge n.1562 presentato al Senato il 10  luglio 2014 Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno e divieti di segnalazione. http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/44666.htm

[xix] Corrispondenza leggibile nel mio blog   https://diariealtro.it/?p=3653

 

 

2 Maggio 2015Permalink

1 maggio 2015 – Calendario maggio

1 maggio   –  Festa del lavoro [i]
1 maggio 1947   –   Strage di Portella della Ginestra
2 maggio 2011   –   Uccisione di Osama Bin Laden
3 maggio   –  Giornata internazionale della libertà di stampa
4 maggio 1949   –   L’Italia entra ufficialmente nella NATO
5 maggio 1818   –   Nasce K. Marx
6 maggio 1976  –   Terremoto del Friuli
7 maggio 1999   –   La Nato bombarda l’ambasciata cinese a Belgrado
7 maggio  2015  –   Ceuta – Un bambino ivoriano (?) di otto anni viene trovato con il metal detector dentro una valigia. Era un tentativo promosso dal padre per portarlo a sua madre, regolarmente presente in Spagna, cui era stato negato il ricongiungimento familiare.
8 maggio 1936   –   Mussolini proclama la fondazione dell’impero.
9 maggio 1978   –  Ritrovamento del corpo di Aldo Moro
9 maggio 1978   –   Omicidio di Peppino Impastato
10 maggio 1933 –   I nazisti organizzano il rogo dei libri
10 maggio 1994 –   Primo governo Berlusconi
11 maggio 1960 –   Argentina: il Mossad rapisce il nazista Eichmann
12 maggio 1974 –  Referendum sul divorzio
12 maggio 1977 –   Assassinio di Giorgiana Masi
13 maggio 1888 –   Brasile: abolizione della schiavitù
13 maggio  2015 –  Il Vaticano apre alla Palestina
15 maggio   –  Giornata internazionale per l’Obiezione di coscienza
15 maggio 2015  –  Condanna a morte di Dzhokhar Tsarnaev, attentatore nella maratona di Boston.
16 maggio 1916   –  Accordo Sykes Picot
16 maggio 1944 –   Rivolta di Rom e Sinti ad Auschwitz
16 maggio 2015  — Condanna a morte dell’ex presidente egiziano Morsi
17 maggio   –  Giornata contro l’omotransfobia [2]
17 maggio 1961 –  Inizia l’embargo USA contro Cuba
17 maggio 1972 –  Viene assassinato il commissario Calabresi
17 maggio 2013  –  Morte in carcere di Jorge Rafael Videla ex presidente dell’Argentina
18 maggio 1872  – Nascita di Bertrand Russel
19 maggio 1296  –  Muore papa Celestino V
19 maggio 1975  –  Viene approvata la riforma del diritto di famiglia
20 maggio 1999 –  Le Nuove Brigate Rosse uccidono Massimo D’Antona
22 maggio 1978 –   Promulgazione legge 194
23 maggio 1986 –   Morte di Altiero Spinelli
23 maggio 1992 –  Strage di Capaci
24 maggio 1915 –  L’Italia entra nella prima guerra mondiale
26 maggio 2011 –   Arresto dell’ex generale serbo Ratko Mladic
27 maggio 1564  –  Morte di Giovanni Calvino
27 maggio 1993  –  Attentato mafioso a Firenze
28 maggio 1926  –  Colpo di Stato in Portogallo: prende il potere Salazar
29 maggio 2005 –  Referendum in Francia. Bocciata la Costituzione europea
29 maggio 2013 –  Morte di Franca Rame
30 maggio 1967 –   Secessione del Biafra dalla Nigeria: è guerra civile
31 maggio 1972 –   Strage di Peteano
31 maggio 2010  –  Gaza: Israele attacca la Freedom Flotilla

[i] L’origine della festa del Primo Maggio appartiene alla storia degli Usa.
   In Europa fu ufficializzata nel 1889 (Seconda Internazionale)
In Italia fu istituita nel 1891,soppressa nel 1925 e istituita nuovamente nel 1945

[2] Ventidue anni dopo la decisione dell’Organizzazione mondiale della Sanità, di togliere l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali, l’Unione Europea  sceglie il 17 maggio come giorno di sensibilizzazione e prevenzione per contrastare il fenomeno dell’omofobia.

1 Maggio 2015Permalink

29 aprile 2015 – Forse un passo avanti nella consapevolezza

Il 27 aprile ho presentato nella sede della Casa delle donne di Udine una relazione sul problema dei ‘bambini invisibili’, i figli dei sans papier per cui la legge italiana vuole che l’acquisizione del certificato di nascita conosca gravissimi ostacoli.
Per la prima volta, da che ho iniziato ad impegnarmi in proposito sei anni fa, sono riuscita a proporre un intervento organico a un pubblico diverso da quello già  incontrato in qualche sede ‘specialistica’ e così attento e reattivo da costringermi a una felice modificazione del testo della relazione che pubblicherò quanto prima integrata da alcuni commenti raccolti.
Ho poi voluto rivisitare ancora il passato e ho trovato questo vecchio, ma sempre attuale documento che propongo immediatamente segnalando che alcune affermazioni sono state superate da interventi vari (anche della Corte Costituzionale).

12 luglio 2009 – Immigrati. La nuova legge sulla sicurezza è ingiusta, dannosa e pericolosa

Inserito da Redazione SI on 12 luglio 2009 – logo gris

di Salvatore Geraci

Il reato di ingresso e soggiorno irregolare crea una condizione di ambiguità estremamente pericolosa anche in sanità: nella nuova legge non è prevista alcuna abrogazione del “divieto di segnalazione” ma, a fronte di un reato perseguibile d’ufficio come è quello introdotto, l’operatore (medico, infermiere, amministrativo,…) in qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, è tenuto alla denuncia dello straniero della cui condizione di irregolarità venga a conoscenza nell’esercizio della propria funzione.

“Non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo di amare la legge è di obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate.” [1]

don Lorenzo Milani (1965)

Il 2 luglio 2009 il Senato Italiano ha approvato, dopo tre voti di fiducia, con 157 sì (Pdl e Lega), 3 astenuti e 124 no (Pd, Idv, Udc), il disegno di legge 773-B, il cosiddetto “pacchetto sicurezza”. [2] Si avvia così alla conclusione (si aspetta ancora la firma del Presidente della Repubblica), l’ultimo dei provvedimenti in materia di sicurezza pubblica varati dal Governo nella seduta straordinaria del Consiglio dei Ministri tenutosi a Napoli il 21 maggio 2008. Dopo il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito con legge 24 luglio 2008, n. 125, recante “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica”, dopo le ordinanze presidenziali sui campi nomadi, dopo i due correttivi ai decreti legislativi in materia di ricongiungimento familiare (d.lgs. 3 ottobre 2008, n. 160) e rifugiati (d.lgs. 3 ottobre 2008, n. 159), dopo il decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con legge 23 aprile 2009, n. 3, recante “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori” (peraltro emendato della disposizione sul prolungamento del trattenimento nei CIE in sede di conversione, poi di nuovo reintrodotta nel decreto sicurezza), il Parlamento ha licenziato il pacchetto più complesso – ed anche il più controverso – recante “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” con numerose modifiche alla disciplina dell’immigrazione e della condizione dello straniero, nonché alcuni “correttivi” alla legge sulla cittadinanza ed alle disposizioni sulla protezione internazionale.

Una prima considerazione nel metodo: senza una nuova legge sull’immigrazione (l’ultima approvata, ed ancora in vigore, è la cosiddetta legge Bossi-Fini del 2002), si modificano sostanzialmente le politiche sull’immigrazione nel nostro paese, considerando anche le iniziative per il respingimento in mare, essenzialmente a “colpi decreti e di fiducia” e ciò, per la delicatezza del tema, ci sembra francamente inquietante.

Nel merito, l’ultimo provvedimento prevede una serie di atti, a nostro avviso inutili per aumentare sicurezza e dannosi per il convivere sociale, e che schematicamente riassumiamo:

  1. Introduzione del reato di ingresso e/o soggiorno illegale.
  2. Obbligo di dimostrazione della regolarità del soggiorno ai fini dell’accesso ai servizi (con esclusione di sanità e scuola dell’obbligo) e ai fini del perfezionamento degli atti di stato civile (matrimonio, registrazione della nascita – bambini invisibili, riconoscimento del figlio naturale – figli invisibili, registrazione della morte).
  3. Obbligo di dimostrazione della regolarità del soggiorno per la celebrazione del matrimonio in Italia.
  4. Obbligo di certificazione (da parte del Comune) dell’idoneità abitativa dell’alloggio ai fini del ricongiungimento.
  5. Introduzione del permesso a punti (“accordo di integrazione”).
  6. Condizionamento del rilascio del permesso CE per soggiornanti di lungo periodo al superamento di una prova di conoscenza della lingua italiana.
  7. Introduzione di un contributo (da determinare) tra 80 e 200 euro per ogni rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno.
  8. Condizionamento della conversione del permesso dei minori non accompagnati, al compimento della maggiore età, alla maturazione di un soggiorno pregresso triennale.
  9. Estensione da sei mesi a due anni del periodo di residenza in Italia richiesto ai fini dell’acquisto della cittadinanza per matrimonio.
  10. Abolizione del regime di silenzio-assenso ai fini del rilascio di nulla-osta per il ricongiungimento.
  11. Legalizzazione delle ronde.

Tutte queste norme avranno come unico effetto, come egregiamente spiegato da Valerio Onida, presidente emerito della Corte costituzionale e docente universitario, “… di fare terra bruciata attorno agli stranieri irregolari, impedendo loro od ostacolando l’accesso a prestazioni e servizi pubblici. Così però si rischia di attentare a diritti fondamentali della persona, e in ogni caso l’unico effetto pratico probabile di queste misure sarà far scomparire ancor più le persone nella clandestinità invece di farle emergere. … Si inseguono e si alimentano paure quotidiane di cittadini indotti a considerare l’immigrazione come una sorta di flagello da cui difendersi solo con misure di ordine pubblico, invece che avere il coraggio di affermare come necessarie, e di cominciare a praticare, politiche di lungo periodo che mirino alle radici del problema …”.[3]

Come operatori sanitari siamo stati coinvolti in prima persona, tra ottobre 2008 ed aprile 2009, per la proposta emendativa al “pacchetto sicurezza” di 5 senatori leghisti che volevano abrogare il divieto di segnalazione nei confronti di immigrati privi di permesso di soggiorno che si rivolgono alle strutture sanitarie (comma 5, art. 35 del D.ivo 286 del 1998). Da quel giorno un impegno costante per contrastare una simile iniziativa ha aggregato nel tempo gruppi, associazioni, sindacati, ordini professionali … parlamentari di tutti gli schieramenti. Quell’articolo specifico, dopo una prima approvazione in Senato il 5 febbraio 2009, a seguito anche di una forte mobilitazione di piazza, anzi di piazze (era il 17 marzo 2009 e si è manifestato contemporaneamente in quasi 50 città italiane – “noi non segnaliamo day”, nell’ambito della campagna nazionale, promossa anche da OISG, “Divieto di segnalazione”), è stato stralciato dal disegno di legge il 27 aprile 2009. Vedi post Il diritto alla salute non ha bisogno di documenti a cura di Di Thiene del 26 gennaio 2009; e il post Noi non segnaliamo: la posizione ufficiale dei medici di Di Thiene e Marceca del 24 febbraio 2009.

Tra gli operatori socio-sanitari un successo forse, ma amaro: non si è riusciti ad opporsi con eguale efficacia alla proposta di fare della presenza irregolare nel nostro paese un reato, punibile amministrativamente ma pur sempre un reato. E così il “pacchetto sicurezza” regala una società più “cattiva”, inutilmente cattiva perchè non se la prende con i delinquenti, ma crea un reato per colpire chi è in cerca di un futuro, di una vita dignitosa, di una speranza. L’irregolarità giuridica è spesso l’anticamera forzata per futuri e possibili percorsi regolari (le nostre leggi rendono quasi impossibile un ingresso regolare, di fatto per chiamata nominativa: ma chi affiderebbe i propri figli o i genitori a persone non conosciute?) o è la caduta accidentale, il ritornare indietro rispetto alla regolarità, per strozzature delle norme o delle amministrazioni (overstayers). La stragrande maggioranza delle centinaia di migliaia di pazienti visitati nelle strutture per gli immigrati irregolari in questi anni, oggi vivono regolarmente nel nostro paese, sono inseriti nella vita produttiva, sociale e culturale accanto ed insieme a noi.

Ma il reato di ingresso e soggiorno irregolare, anche in sanità, crea una condizione di ambiguità estremamente pericolosa: come detto nella nuova legge non è prevista alcuna abrogazione del “divieto di segnalazione” ma, a fronte di un reato perseguibile d’ufficio come è quello introdotto, l’operatore (medico, infermiere, amministrativo,…) in qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, è tenuto alla denuncia dello straniero della cui condizione di irregolarità venga a conoscenza nell’esercizio della propria funzione (artt. 361 e 362 codice penale). Due norme contrastanti – divieto di segnalazione e obbligo di denuncia – che creano confusione, ambiguità e discrezionalità. In questo senso è da leggere la presa di posizione della FNOMCeO che ha ipotizzato una eventuale “disobbedienza civile” da parte dei medici ed ha esplicitato una azione di sostegno per i medici denunciati perché ‘non denuncianti’.

Noi siamo convinti che la permanenza del divieto di segnalazione della norma del 1998 sia sufficiente per tutelare gli immigrati (e gli operatori) nel settore sanitario (a conforto di ciò ci sono i pareri di illustri costituzionalisti), ma in attesa di una consolidata giurisprudenza in materia il rischio di discrezionalità e, soprattutto, il diffuso timore da parte degli immigrati, ridurrà significativamente l’accesso ai servizi con rischio di danno per la salute sia individuale che collettiva.

Comunque, a sostegno del “divieto di segnalazione” nelle strutture sanitarie, anche in presenza del “reato di clandestinità”, è da ricordare che:

  1. a) il diritto ai trattamenti sanitari è tutelato come diritto fondamentale nel suo “nucleo irrinunciabile del diritto alla salute, protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana, il quale impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela, che possano appunto pregiudicare l’attuazione di quel diritto” (sentenze n. 432 del 2005, n. 233 del 2003, n. 252 del 2001, n. 509 del 2000, n. 309 del 1999, n. 267 del 1998);
  2. b) l’articolo 6, comma 2, del testo unico sull’immigrazione – come modificato dall’articolo 1, comma 22, lettera g), del disegno di legge sulla sicurezza – prevede una espressa esenzione dall’obbligo dello straniero presente di esibire il permesso di soggiorno per l’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 del testo unico sull’immigrazione;
  3. c) nell’ambito dell’accesso e fruizione dei servizi sanitari, la perdurante disposizione di cui all’art. 35 comma 5 del Testo Unico opera, secondo il principio di specialità, quale norma di esenzione dell’obbligo di denuncia dello straniero irregolare da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio.

Partendo da queste sollecitazioni ci auguriamo (in attesa di un radicale ripensamento delle politiche) che a livello statale (già su vari punti del pacchetto sicurezza si prevedono aggiustamenti o chiarimenti politico-amministrativi) o a livello locale (note, circolari o leggi regionali), si possa chiaramente fornire una chiave di lettura univoca ed inclusiva. Inclusivo come è stato fino ad oggi il nostro sistema sanitario nei confronti degli immigrati a qualsiasi condizione giuridica appartenessero, e che ha fatto dell’Italia, in questo specifico ambito, esempio e riferimento in Europa. [4]

Bibliografia

  1. L’obbedienza non è più una virtù. Documenti del processo di Don Milani, Firenze: Libreria Editrice Fiorentina, 1965.
  2. Disegno di legge 773-B – pacchetto sicurezza [PDF: 408 Kb]
  3. Valerio Onida. Le vie del mare e le vie della legge. Il Sole24Ore 19.05.2009
  4. Cure agli irregolari, Italia da imitare Intervista a Heiko Waller. Metropoli di La repubblica 28.06.2009

E più tardi
successivamente al lontano testo di Salvatore Geraci, la Società Italiana di Medicina delle Migrazioni presentò la richiesta di esenzione dalla presentazione del permesso di soggiorno per registrare la nascita dei propri figli

RACCOMANDAZIONI FINALI DEL XIII CONGRESSO SIMM (Agrigento, 14–‐17 maggio 2014)
 – approvare una legge che garantisca il diritto alla registrazione anagrafica per tutti i figli indipendentemente dalla situazione giuridico–‐amministrativa dei genitori, senza la necessità di esibire documenti inerenti al soggiorno, in modo da evitare che ci siano “nati invisibili” con conseguenze aberranti di ordine sociale e sanitario;

 Inoltre ho trascritto in questo blog, non appena ne ho avuto il testo il 13 novembre 2014, l’intervento del Gruppo Immigrazione e Salute del Friuli Venezia Giulia. Penso sia stato determinante per la formulazione della raccomandazione che ho trascritto sopra. Si puo leggere anche da qui

http://diariealtro.it/?p=3437

29 Aprile 2015Permalink

25 aprile 2015 – Dal sito della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni

 

Mare nostro che non sei nei cieli e abbracci i confini dell’isola e del mondo
sia benedetto il tuo sale e sia benedetto il tuo fondale
accogli le gremite imbarcazioni senza una strada sopra le tue onde
pescatori usciti nella notte e loro reti tra le tue creature
che tornano al mattino con la pesca dei naufraghi salvati

Mare nostro che non sei nei cieli
all’alba sei colore del frumento
al tramonto dell’uva di vendemmia
che abbiamo seminato di annegati
più di qualunque età delle tempeste
tu sei più giusto della terra ferma
pure quando sollevi onde a muraglia
poi le riabbassi a tappeto
custodisci le vite,
le visite cadute come foglie sul viale
fai da autunno per loro
da carezza, da abbraccio,
da bacio in fronte di padre e di madre prima di partire
Erri De Luca

Ecco quanto pubblicato dalla SIMM il 10 febbraio 2015.
Ancora morti nel Mediterraneo: quando saranno troppe per dire BASTA?!?
A chi chiede: “Non era meglio rimanere a casa piuttosto che morire in mare?”, rispondo: “Non siamo stupidi, né pazzi. Siamo disperati e perseguitati. Restare vuol dire morte certa, partire vuol dire morte probabile. Tu che sceglieresti? O meglio cosa sceglieresti per i tuoi figli?” A chi domanda: “Cosa speravate di trovare in Europa? Non c’è lavoro per noi figurarsi per gli altri”, rispondo: “Cerchiamo salvezza, futuro, cerchiamo di sopravvivere. Non abbiamo colpe se siamo nati dalla parte sbagliata e soprattutto voi non avete alcun merito di essere nati dalla parte giusta”. A chi chiede: “Come si possono evitare altre morti nel Mediterraneo?”, rispondo: “venite a vedere come viviamo, dove abitiamo, guardate le nostre scuole, informatevi dai nostri giornali, camminate per le nostre strade, ascoltate i nostri politici. Prima dell’ennesima legge, dell’ennesima direttiva, dell’ennesima misura straordinaria, impegnatevi a conoscerci, a trovare le risposte nel luogo da cui si scappa e non in quello in cui si cerca di arrivare. Cambiate prospettiva, mettetevi nei nostri panni e provate a vivere una nostra giornata. Capirete che i criminali che ci fanno salire sul gommone, il deserto, il mare, l’odio e l’indifferenza che molti di noi incontrano qui non sono il male peggiore”
Awas Ahmed (rifugiato somalo in Italia)

25 Aprile 2015Permalink

14 aprile 2015 – Cronache dalla Gran Bretagna

Max Mauro

In più occasioni ho citato lo scrittore e giornalista Max Mauro che racconta e si racconta in un blog che ha chiamato «My home is where I am happy parafrasando la canzone di Charles Manson che ha ispirato il titolo del mio libro La mia casa è dove sono felice. “Cronache sincere da un cortile di passaggio” è il motto che l’accompagna»

Nel blog (raggiungibile anche da qui) Max si presenta:

«Max Mauro è nato a Frauenfeld (Svizzera) nel 1967, figlio di emigranti friulani. Scrittore, giornalista, ricercatore dell’umano paese ed ex cantante punk, si interessa di migrazioni, culture di confine, culture giovanili, sport critico, viaggi (preferibilmente in bicicletta). Ha lavorato come giornalista in Venezuela e raccolto storie di migranti in Sud Africa e Germania. Nel 2013 ha completato un dottorato di ricerca presso il Centre for Transcultural Research and Media Practice di Dublino, Irlanda, con uno studio etnografico sullo sport e i giovani di origine immigrata. Da ottobre 2013 lavora come Associate Lecturer presso la School of Communications and Writing, Southampton Solent University. A febbraio 2014 ha ricevuto una borsa di ricerca della FIFA per condurre uno studio su giovani calciatori di origine immigrata e senso di appartenenza in Italia»

Aggiungo, perché in più occasioni l’ho citata in questo blog, la postfazione al libro di Marina Frigerio Martina, Bambini proibiti. Voglio far riferimento anche al mio post del 21 dicembre 2014, “Frottole tosco-francescane per discriminare le bambine di Betlemme”, dove cito un intervento di Max.   Ieri comunque il nostro ha pubblicato (e ricopio)

Compiti a casa

Una mia studentessa mi propone come argomento per una tesina i compiti a casa nella prima infanzia. Ora, la prima infanzia è, generalmente, quella fase dell’infanzia che va dai 2 ai 6 anni. La mia studentessa è una educatrice, brava e diligente negli studi, quindi prendo con fiduciosa cautela quello che mi dice. Per di più che nella precedente tesina aveva condotto un censimento della letteratura sul contributo dei familiari nei compiti a casa e qualcosa ha dimostrato di saperne. In questo paese l’obbligo scolastico comincia a cinque anni ma l’irregimentazione infantile è prassi da ben prima. Tutto un prontuario di regolette, premi, adesivi (sticker!) per esaltare il più ubbidiente mirano a trasformare il bambino in un oggettino disciplinato e, portare pazienza, in un adulto dormiente. Però i compiti a casa. Sarà possibile? Mi è forse sfuggito qualcosa? Chiedo alla studentessa se è possibile che a bambini di 4/5 anni vengano affibbiati dei compiti per casa. Aggiungo anche, in confidenza, che mi parrebbe una cosa eccessiva e che i bambini a quell’età dovrebbero solo pensare a giocare giocare giocare. Per i compiti c’è sempre tempo. La sua candida risposta mi spiazza e, al contempo, mi conferma l’inamovibile struttura di classe della società britannica. Mi dice che lei è assolutamente d’accordo con me ma lavora in una scuola situata in una zona molto ricca (a very affluent area) dove i genitori hanno aspettative estremamente alte (extremely high) e per questo fanno continue richieste ai docenti di sostenere l’apprendimento dei loro piccoli anche quando non sono a scuola. Insomma, dategli dei compiti per casa che vogliamo che imparino ‘tutto’ prima possibile. Bravi. Viva la società competitiva. Nel frattempo le affollate scuole pubbliche faticano a seguire i bambini affidatigli e molti stranieri si rivolgono alle scuole cattoliche, private ma meno costose, per un’auspicata ma irrealizzabile ‘via di mezzo’. Meno male che esiste l’home schooling

14 Aprile 2015Permalink

13 aprile 2015 – Ricevo e giro una lettera che condivido

DUE NOTE SULL’ ANNO DELLA MISERICORDIA    Giancarla Codrignani

Tra i cinque “pilastri” dell’Islam (la professione di fede, la preghiera, la decima (zakat), il digiuno, e il pellegrinaggio alla Mecca) la preghiera ha un valore particolare perché segna profondamente cinque volte al giorno la vita quotidiana di ciascun uomo e ciascuna donna. Dice il Corano “ad Allah appartengono i nomi più belli: invocatelo con quelli”: bella, tra le espressioni islamiche più consuete, l’espressione “In nome di Dio il Clemente il Misericordioso”. Le Costituzioni di alcuni paesi musulmani (e spesso anche le bandiere) riproducono il motto e la Libia di Gheddafi la registrava nell’inno nazionale. Secondo la tradizione il Profeta aveva detto “Non crederete finché non sarete misericordiosi” e ai compagni che obiettavano “non tutti siamo misericordiosi” ammoniva “Io non mi riferisco alla misericordia che ognuno prova naturalmente per il proprio amico, ma ad una misericordia verso tutti”.

Come cristiani anche noi ci affidiamo alla misericordia di Dio e saremmo in suo nome tenuti a praticare il perdono e la nonviolenza. Nonostante il principio sia chiaro a tutti, siamo ancora divisi tra confessioni che non riconoscono la piena fraternità delle comunità che seguono forme teologiche e rituali diverse per ragioni che sono eminentemente storiche e non dovrebbero rompere l’unità del riconoscimento comune in un solo Gesù Cristo. Succede anche che l’Occidente conservi sacche di antisemitismo che nel 2015 (per gli israeliani è il 5775) dovrebbero essere non solo anacronistiche ma impensabili. Analoghe sono le diversità interne all’Islam, che comportano tuttavia esiti più gravi perché le separazioni confessionali, pur nate da ragioni politiche, rappresentano eresie, apostasie, infedeltà imperdonabili dalla legge umana.

Difficile per noi occidentali entrare nelle dinamiche religiose che dividono sciiti e sunniti (ma anche alawiti, salafiti, houthi ecc.) di fronte alla minaccia solo ideologica ma terrificante dell’Isis. All’interno di paesi in conflitto per opposti integralismi (che ai nostri giorni sono – sempre – non “di religione”, ma politico-economici) ci rimettono le minoranze eterogenee: vittime per molti impreviste in primo luogo i cristiani, che ancora vengono chiamati crociati (per la conquista del santo sepolcro i cavalieri alzavano la spada con l’elsa in alto come simbolo della croce) e che sono occidentali la cui vita tutte le televisioni raffigurano come irrimediabilmente corrotta.

Non è una sorpresa se fin dal 1990 Giuseppe Dossetti, allarmato per la guerra contro l’Iraq voluta da Reagan e sostenuta dall’Onu, prevede “la conseguenza pressoché inevitabile di tumultuose reazioni in un vasto ambito di stati, più o meno direttamente coinvolti; reazioni che nessuno sarà più in grado di dominare. E questo non solo in tutti i paesi arabi, dalla Palestina allo Yemen, ma anche in Turchia, la cui situazione diventa sempre più difficile, in Egitto, dove le ripercussioni sono inevitabili, e negli altri paesi del Maghreb, aggravando crisi già in atto come quella del Sudan e di altri paesi africani. Tutto questo difficilmente non si estenderà al Pakistan e alle repubbliche sovietiche musulmane”. Sdegno e ribellione, dice, che hanno per obiettivo l’Occidente e “conseguenze evidentissime per la chiesa. C’è letteralmente pericolo dell’estinzione della chiesa nei territori palestinesi e giordani e in quel pochissimo di chiesa che poteva esserci negli altri territori di Arabia; una chiesa, cioè, ridotta a vivere all’interno degli edifici di culto….Costantinopoli saccheggiata e bruciata nella quarta crociata del 1204 sarà come un’ombra sinistra costantemente evocata a tutta la Siria, all’Egitto stesso e poi a tutto il resto dell’Africa” (cfr. Il Regno-Attualità, 18 ottobre 1990).

Non era una profezia, ma un giudizio storico consapevole. I governi occidentali non sono altrettanto bravi nel prevenire i danni di avventate politiche di potenza.

Per cristiani di fede, in così tante e tanto grandi difficoltà, c’è sempre la prospettiva del dialogo realmente ecumenico a sostegno delle libertà a partire da quella religiosa. Papa Francesco, istituendo l’anno della misericordia (cristiana) in un tempo in cui tutte le prevenzioni sembrano scadute può cercare echi teologici e, soprattutto, umani a partire da Dio, il Clemente, il Misericordioso?

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L’anno santo della misericordia viene dopo l’anno della massima corruzione, purtroppo non solo italiana, ma generalizzata in un mondo che si fa ancora catturare dai soliti falsi beni di un capitalismo ormai sostenuto anche da chi lo contesta. Come diceva Giovanni Falcone “che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così. Solo che, quando si tratta di rimboccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare”. Non deve scandalizzare che la corruzione sia arrivata in Vaticano (nemmeno il Tempio all’epoca di Gesù era esemplare per virtù): deve invece produrre stupore che davanti a contesti in cui opera la corruzione (il neocapitalismo, la finanza, il mercato) i singoli, se si dicono cristiani, restino inerti e si giustifichino con il solito “non c’è rimedio”.

Non mi piace la retorica – di solito ipocrita – delle citazioni dalla scrittura come se fosse fatta di slogan da non interiorizzare e non tiro fuori la “durezza dei cuori” perché mi viene da continuare “mal comune…”. Vorrei invece riportare per un momento l’attenzione all’America Latina, che sembra lontana ma dove tanti cattolici, singoli e associazioni, preti e suore, trenta e più anni fa, hanno partecipato ai processi di liberazione dalle dittature di paesi in cui – dal Brasile al Cile o all’Argentina, ma anche dal Nicaragua al Salvador e al Chapas – interi popoli erano esclusi dalla democrazia. I diritti politici e civili si affermarono contestualmente alla ripresa dei diritti umani sociali e individuali e molti di noi ci lavorarono con impegno. Oggi non c’è area del continente americano esente dalla corruzione e gli assetti democratici che, bene o male, hanno trovato stabilità, si sono dimostrati vulnerabili al potere seduttivo del sistema che ti consente di sentirti libero, ma insieme ti condiziona con bisogni indotti e, mentre i ricchi continuano la tradizione del privilegio, i poveri hanno perduto l’innocenza, la solidarietà, la fede. Il nuovo tempio è il centro commerciale e nessuno ha più memoria dell’epica campagna di alfabetizzazione che in poco tempo consentì al NIcaragua di portare alle elezioni del 1984 un popolo che sapeva leggere, scrivere e votare. Per Transparency International oggi il NIcaragua si colloca al 138 posto nella graduatoria della corruzione mondiale (l’Italia è ultima tra gli europei). Basta rassegnarci e convenire che siamo tutti eredi della schiavitù, dei re e dei padroni che ci facevano chinare la testa?

Come incominciamo a fare i conti? è più colpevole chi paga i corrotti o chi si fa corrompere? il “dono” nelle nostre società educate alle convenzioni formali, è stato umiliato e privato della sua gratuità, del dovere di rispettare il piacere del donatore per la perversione del “ricambio”: quante volte, portando un dono, ci siamo sentiti dire “grazie, e adesso come posso ricambiare?”. Ovvio che se qualcuno regala al figlio di un ministro un rolex da diecimila euro, si aspetta un corrispettivo già dato per pagato; e ovvio anche che non esiste accettazione di doni che non sono tali.

Dato il triste panorama che ci circonda, spero che nessuno confonda la misericordia di Dio con la propria indulgenza. Tuttavia è bene che riserviamo a noi stessi un piccolo esame di coscienza. La visione di Dio ancora poco adulta forse non si accorge che anche Dio viene manipolato. E proprio perché ha una “misericordia” che capiamo male. Tanti ancora pregano per ottenere “grazie” (il nome non dice forse che sono gratis?), fanno offerte, comperano messe (?), esprimono voti, sacrifici e fioretti “per avere”. La Bibbia non sempre è chiara in proposito, ma il Salmo 50 fa parlare Dio che dice a chi gli offre immolazioni di vittime “se avessi fame, non te lo direi: è mio il mondo e quanto contiene”. I Vangeli sono costantemente espliciti e, anche se gli stessi seguaci di Gesù sono tentati dai posti raccomandati e dai privilegi, la parola della liberazione è indirizzata ai poveri. I ricchi laureati spesso credono nell’uguaglianza e nella giustizia, ma, siccome “c’è un prezzo da pagare” per essere uguali e giusti, spesso si sottraggono alla responsabilità e preferiscono “lamentarsi e dire che non si può fare nulla”.

Il giubileo della misericordia, allora, deve essere sentito un anno severo: se Dio libera, rifiuta una religione da sudditi. E’ infatti l’amico che offre i suoi doni perché è amico; è la madre e il padre che coccolano figlie e figli mentre li educano alle regole dell’umana convivenza; è l’alleato che ti accompagna attraverso i condizionamenti della storia, ma ti abbandona se fai soldi vendendo armi. Lascia che ce la caviamo come siamo capaci (come dire se abbiamo fede), sa che ogni tanto ci inventiamo condoni e amnistie che non sono nel suo stile: la misericordia è un po’ più complessa e non dipende solo dalla parte di Dio.  Come dice Etty Hillesum, siamo noi che lo dobbiamo aiutare.

13 Aprile 2015Permalink

9 aprile 2015 – 9 aprile 1945- Il teologo Dietrich Bonhoeffer viene impiccato a Flossemburg su ordine di Hitler.

Domani saranno settant’anni dalla morte di Dietrich Bonhoeffer. Perché il «cristiano che molti vorrebbero essere» è diventato un mito  di Fulvio Ferrario

Settant’anni fa, il 9 aprile 1945, veniva assassinato, nel campo di concentramento di Flossenbürg, Dietrich Bonhoeffer. Egli è divenuto, nel frattempo, non solo un simbolo, ma addirittura un mito. Le ragioni sono numerose.

Anzitutto, l’intreccio tra il suo pensiero e la sua biografia, suggellati dal martirio, ne hanno fatto per le chiese l’occasione o anche (per usare una parola non bella, ma pertinente) lo strumento per recuperare credibilità dopo i compromessi e i silenzi che hanno caratterizzato l’epoca dei fascismi. La prosa incisiva di Bonhoeffer accompagna un coraggio personale non comune, frutto della ferrea disciplina spirituale, in parte ereditata dal contesto familiare, in parte coltivata mediante una severa spiritualità, fatta di lettura biblica e preghiere quotidiane, ascesi «laica», ma molto pronunciata, controllo sui propri sentimenti. È persino troppo facile trovare nei suoi scritti, o negli episodi della sua vita, la citazione folgorante per concludere un sermone, l’intuizione suggestiva che mette in moto il pensiero, la parola che commuove. Bonhoeffer è il cristiano che molti vorrebbero essere, l’uomo di chiesa che non teme di sporcarsi le mani con la politica, il pacifista che non si rende schiavo nemmeno dei propri ideali, e prepara un attentato dinamitardo contro Hitler.

Non vorrei criticare superficialmente la mitizzazione di Bonhoeffer, è anche più che dubbio che io abbia, personalmente, le carte in regola per farlo. Anche i miti hanno la loro funzione, nella chiesa e nella società. Non ha torto, però, Alberto Gallas, il maggiore studioso italiano del teologo, cattolico, prematuramente scomparso, quando pone, come epigrafe della sua importante monografia, un passo di Rilke: «…come sono andati a recuperarti nella tua gloria! Appena ieri erano contro di te, fino in fondo, e ora ti frequentano come un loro pari. E portano in giro con sé le tue parole nelle gabbie della loro presunzione e le mostrano nelle piazze e le eccitano un po’, standosene al sicuro».

In effetti, è facile, oggi, celebrare Bonhoeffer, che ha visto la centralità della «questione ebraica» quando nemmeno Karl Barth, come egli stesso ha riconosciuto, l’aveva fatto; o che ha scritto parole sull’idea di responsabilità che sono fondamentali anche per chi non conosce il suo nome; che è andato incontro alla morte affermando: «È la fine. Per me è l’inizio della vita». Meno facile è leggere la critica bonhoefferiana nei confronti di un protestantesimo esangue, che utilizza le parole di Lutero sulla salvezza per grazia al fine di sottrarsi all’obbedienza quotidiana ai comandamenti; che straparla di «libertà evangelica» senza sapere che essa nasce dalla disciplina; che celebra la centralità della Bibbia senza una pratica quotidiana di lettura e di meditazione. Una delle costanti nell’opera bonhoefferiana, peraltro ricca di svolte e innovazioni, è la consapevolezza che un cristianesimo, e in particolare un protestantesimo, fatto di consuetudini e di acquisizioni culturali, anche sacrosante, non ha futuro, e nemmeno presente. Bonhoeffer aveva capito benissimo già negli anni Trenta quello che ad alcuni non è chiaro nemmeno ora, cioè che l’epoca di un protestantesimo nominale, che può permettersi di vivere, o almeno vivacchiare, contando sulla propria grande eredità (che ora, appunto, include Bonhoeffer stesso!) è finita per sempre. Già dal punto di vista sociologico, una minoranza può vivere solo investendo nella propria testimonianza un alto tasso di motivazione. Dal punto di vista spirituale, poi, la situazione minoritaria costituisce un’occasione: la scarsa rilevanza (o, per quanto riguarda noi, evangelici italiani: l’assoluta irrilevanza) sociologica della chiesa sottolinea che solo la parola della quale essa è, indegnamente, portatrice è rilevante. Ben venga, dunque, anche il mito di Bonhoeffer, se esso contribuisce a ricordarci quel che conta. La nostra testimonianza, oggi, non richiede il sangue: «solo» il tempo per andare al culto, per leggere la Bibbia e per pregare ogni giorno; «solo» i quattrini di una contribuzione che non voglia essere vergognosa (come diceva, un po’ rudemente, ma non senza efficacia, un mio amico: «Gesù Cristo non può valere meno di un cappuccino al giorno»); «solo» la concentrazione spirituale per provare, fallendo, ma ricominciando ogni giorno, ad essere qualcosa come degli aspiranti cristiani. Chi tenta di farlo può, forse, permettersi di emozionarsi per le grandi parole di Bonhoeffer, che non fanno altro che echeggiare quelle della Bibbia. Troppo grandi e troppo alte per noi, forse (cfr. Salmo 131): ma se Dio ce le ha rivolte, siamo autorizzati, «nell’insanabil nostra debolezza», ad accoglierle.

Fonte Nev-notizie evangeliche, 14/2015

 

9 Aprile 2015Permalink

8 aprile 2015 – Un mare tanto grande quanto le loro paure

Un luccichio di speranza: registrare i figli dei clandestini

Rimane di un verde color
Bottiglia, barca in fuga
Da un mare di mille foglie
Che si agitano.

Difficile distinguere
Un puntino diverso, dissonante
Un luccichio improvviso dovuto
Ai tremori di non farcela.

Dentro un barcone che sta
sospeso dentro un mare mai
Tanto grande quanto le loro
Paure la voglia è di guardate
Oltre, di arrivare col pensiero,
e mettere in salvo i figli, la moglie

Da questa parte del mare, sulla terraferma
neanche i figli dei clandestini
si vogliono certificare
come se non fossero mai nati
come se non avessero, i genitori
osato l’indicibile:

rischiare il bene più prezioso
per dar loro un futuro.

(lino di gianni)  7/4/2015

Il 7 marzo avevo pubblicato, sempre di Lino Di Gianni, “Il mondo te ne chiede conto”

8 Aprile 2015Permalink

1 aprile 2015 – Calendario aprile

1 aprile 1939   –  Inizio della dittatura franchista in Spagna
1 aprile 2015   –  Accordo Losanna su nucleare iraniano
2 aprile 2005   –  Morte di Giovanni Paolo II
2 aprile 2015   –  Strage al campus universitario di Garissa (Kenia)
4 aprile 1949   –  A Washington viene fondata la NATO
4 aprile 1968  –   Assassinio di Martin Luther King
4 aprile 2015  –   Pesach (o Passover) cade quest’anno (5775 nel calendario
ebraico) dal 4 all’11 aprile 2015
5 aprile  1943 –   Arresto di Dietrich Bonhoeffer
5 aprile 2015  –   Pasqua
6 aprile 1992  –  Inizio dell’assedio di Sarajevo
6 aprile 2009  –  Terremoto de L’Aquila
9 aprile 1945  –  Le SS impiccano Dietrich Bonhoeffer
11 aprile 1963 – Giovanni XXIII promulga la Pacem in terris
11 aprile 1987  –  Muore Primo Levi
14 aprile 2014  –  Rapimento di 200 studentesse nigeriane per cui è nata la campagna Bring back our Girls.
15 aprile 1912 –   Affonda il Titanic
16 aprile 2015 –  Yom HaShoah (yom hash-sho’āh), o “Giornata del ricordo
dell’Olocausto”
16 aprile 1995 –  Pakistan: assassinio del sindacalista Iqbal Masih. Aveva 12 anni
17 aprile 1961 –  Cuba. Fallisce lo sbarco di anticastristi nella Baia dei Porci
19 aprile 2003 –  Elezione di papa Benedetto XVI (Joseph Ratzinger)
20 aprile 570   –  Nascita del profeta Muhammad (che chiamiamo Maometto)
21  aprile 1967 – Grecia – colpo di stato dei colonnelli
24 aprile          –  Commemorazione della morte e della deportazione degli Armeni
24 aprile 2013  – Crollo fabbrica Rana Plaza Bangladesh
25 aprile          –  Festa della liberazione
25 aprile 1974. – Portogallo: rivoluzione dei garofani
26 aprile 1986 –  Ucraina: scoppia il reattore nucleare di Chernobyl
27 aprile 1937 –  Morte di Antonio Gramsci
28 aprile2 013  – Attentato a palazzo Chigi
28 aprile 2013  – Governo Letta
29 aprile 1944 –  Rivolta del ghetto di Varsavia
30 aprile 1982 –  A Palermo Cosa Nostra uccide Pio La Torre

1 Aprile 2015Permalink