9 febbraio 2012 – Alcuni casi interessanti di corretta giustizia

Una vetrina ad Adro (BS).

Nella vetrina della sede della Lega Nord di Adro (BS) si poteva leggere il manifesto che con fatica trascrivo: “Cara la me romana [Romana  è il nome della vittima] sono tutti bravi a fare i culattoni con i culo degli altri (tipico dei comunisti: quello che è tuo è mio e quello che è mio è mio) portatelo a casa tua il beduino sfrattato (non paga l’affitto da due anni) poi nella casa del comune ci mettiamo  gente anziana e bisognosa ma di Adro. Prima i nostri e poi gli altri! W la lega nord W Bossi”
Nel sito dell’Asgi si spiega l’origine di quel manifesto: “Con tutta evidenza, il manifesto trae origine dall’opposizione manifestata dalla segretaria locale della CGIL nei confronti delle politiche e dei comportamenti adottati dalla Lega Nord locale, partito di maggioranza nel consiglio comunale (tra cui la famosa apposizione di centinaia di simboli della Lega Nord, il c.d. “Sole delle Alpi”, sulle suppellettili e sulle strutture della scuola comunale) nonché del suo impegno a favore dell’inclusione sociale e della non discriminazione degli immigrati residenti.  …Più nell’immediato, la frase si riferiva all’impegno dell’interessata a favore di una famiglia di immigrati che era stata oggetto di una procedura di sfratto”.
Il Tribunale di Brescia  – leggiamo sempre nel sito della Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione –  ha giustamente ravvisato nei contenuti e nel linguaggio utilizzato nel manifesto affisso sulla pubblica via una portata diffamatoria associata ad una valenza razzista e xenofoba, resa esplicita dall’utilizzo del termine denigratorio “beduino” per identificare un immigrato di provenienza mediorientale. Di conseguenza, il giudice di Brescia ha accolto il ricorso proposto dalla diretta interessata, da ASGI e Fondazione Guido Piccini di Brescia, ritenendo che il comportamento in oggetto abbia costituito una molestia razziale in quanto posto in essere “allo scopo di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo” (art. 2 c. 3 d.lgs. n. 215/2003) e questo con una motivazione di fondo evidentemente razzista e fondata sul disprezzo nei confronti degli immigrati extracomunitari.

Esclusi dal servizio sanitario, ma ….

Osservando con un po’ d’attenzione gli interventi della magistratura o anche semplicemente certe indicazioni di carattere amministrativo, è possibile ritrovare concetti interessanti e confortanti.
Per esempio il 30 gennaio il sito della Società italiana di medicina delle migrazioni ha pubblicato una sentenza del Tribunale del lavoro di Milano con la quale non si procede «alla cancellazione automatica della scelta del cittadino extracomunitario» se non in caso di «mancato rinnovo del permesso di soggiorno, così come comunicato all’Asl dagli organi competenti». In base al provvedimento della Regione, invece, le Asl erano autorizzate a rimuovere il nominativo anche solo in assenza di informazioni aggiornate da parte degli uffici per l’immigrazione.
E’ la risposta a quanto aveva deciso quattro anni fa la Regione Lombardia che aveva chiesto alle ASL di cancellare coloro il cui permesso di soggiorno fosse scaduto, senza che vi fosse stata formale comunicazione da parte degli uffici per l’immigrazione.
I medici, che avessero continuato a curare i loro pazienti avrebbero dovuto restituire le somme ricevute in relazione ai pazienti non in regola con il permesso di soggiorno, conteggiate con valore retroattivo.

I comuni non debordino dalle loro funzioni

L’UNAR Ufficio della Presidenza del Consiglio dei Ministri (istituito nel 2003 in attuazione della Direttiva dell’Unione europea 43/2000 per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica) ha valutato discriminatoria  la delibera del Comune di Azzano X (Pn) che esclude gli stranieri dall’assistenza sociale in quanto “contraria alla normativa nazionale sull’immigrazione e non conforme al diritto dell’Unione europea in materia di libera circolazione dei cittadini comunitari, e di parità di trattamento a favore dei lungo soggiornanti e dei rifugiati”.
Lo apprendiamo dal sito dell’Associazione Studi Giuridici Immigrazione che ha pubblicato la notizia nel suo sito il 18 gennaio scorso.
Più volte, nel corso degli ultimi anni, avevamo registrato analoghe prese di posizione dell’UNAR nei confronti di casi segnalati relativi a singoli atti di comuni e regioni ma ora è l’ufficio è intervenuto  con tre raccomandazioni che evidentemente vogliono prevenire atti discriminatori.
Le tre raccomandazioni riguardano: l’ accesso all’edilizia residenziale pubblica (n. 14 del 30 gennaio 2012), l’iscrizione anagrafica (in questo caso si tratta dell’iscrizione nei registri della popolazione residente   -n.15 del 30 gennaio 2012) e le  tariffe differenziate polizze RCA (n. 16 del 31 gennaio 2012).
Senza entrare nel merito di ogni singolo documento vogliamo proporre solo una citazione che finalmente – dopo anni di grida oscillanti fra la brutalità di politiche finalizzate all’esclusione e proclami ispirati all’indeterminata e spesso confusa volatilità dei buoni sentimenti – comincia a dare un nome alle cose. La troviamo nella raccomandazione n. 15.
Citando, ed evidentemente condividendo, una sentenza del Tribunale di Brescia si afferma infatti che tra le materie che  il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali riconosce di competenza di un Sindaco ci sono anche “competenze in materia di ordine pubblico e sicurezza, tra le quali non rientrano, all’evidenza, le iscrizioni anagrafiche condizionate all’esistenza di requisiti ben individuati ed eguali per tutti i soggetti richiedenti, siano essi cittadini italiani o stranieri regolarmente soggiornanti in Italia”.
Se questo principio fosse stato presente nella formulazione del ‘pacchetto sicurezza’ e, per la nostra regione, nella predisposizione di numerose leggi che la corte Costituzionale ha regolarmente rinviato ne avrebbe tratto beneficio un lavoro istituzionale, causa di tante deviazioni, fra cui –last but not least – quella dei i costi inutili della politica che per motivi di pretestuosa propaganda sceglie di perdere tempo producendo decisioni non solo insensate ma inapplicabili.
Crediamo sia importante segnalare che i casi di discriminazione che possono essere posti all’attenzione dell’Unar non riguardano solo gli stranieri ma ogni situazione in cui qualcuno possa venir penalizzato in nome di una sua condizione: significativamente l’homepage dell’UNAR riporta il primo comma dell’art. 3 della Costituzione.
Un apposito spazio inoltre “consente a chi si ritiene vittima di discriminazione razziale o a chi ha assistito a fatti del genere di informare l’ UNAR che utilizzerà queste informazioni per cercare di rimuovere la discriminazione segnalata”.

9 Febbraio 2012Permalink

24 gennaio 2012 – Nuovo corso

Da qualche anno pensavo di segnalare feste che non fanno parte della nostra tradizione ma che in paesi dove sussiste un pluralismo consolidato dalla storia comune consentono un incontro fra persone o gruppi che reciprocamente si riconoscono non in un evento – che agli uni o agli altri può non appartenere – ma nel clima gioioso che questo può suscitare.
Una rassegna stampa cui sono abbonata da quando è nata (www.adista.it) pubblica ogni anno un calendario che segnala varie feste nel mondo ed eventi storico-politici ritenuti significativi.
Provo a riportare qualche voce, disposta a ricopiarne di più se qualcuno dimostrerà interesse. 

Gennaio 2012
 1  –   Italia 1948 – entra in vigore la Costituzione
 6  –   Natale ortodosso e copto
10 –  1948 Prima assemblea generale delle Nazioni Unite a Londra
27 –  Giornata mondiale in memoria delle vittime dell’Olocausto

 Cittadinanza.

 Apprendo dal Corriere della sera che il vescovo di Bergamo ha firmato nell’ambito dell’iniziativa ‘L’Italia sono anch’io’ per sostenere le due ormai note proposte di legge a iniziativa popolare.
Ringrazio l’amica che mi ha segnalato il relativo articolo, leggibile anche da qui.
Trovo molto interessante che un vescovo si sia comportato in maniera trasparente da cittadini italiano, qual è, senza assumere una diretta funzione magisteriale che pretendesse coinvolgere i cattolici in quanto tali, come era accaduto nel 2005 quando l’allora presidente della Conferenza Episcopale Italiana, card Ruini, aveva invitato a non votare nel referendum abrogativo della legge sulla fecondazione assistita che i promotori (e anch’io con loro) ritenevano inadeguata.
Naturalmente non sto negando a un prelato il diritto di esprimere il proprio parere in merito a una norma e di comportarsi di conseguenza, cosa che il card Ruini avrebbe potuto fare evitando di intromettersi nei comportamenti elettorali dei cittadini italiani spingendoli all’astensionismo, ovviamente sostenuto dai media ben saldi nelle mani del governo allora in carica.

Chiesa cattolica e potere

Purtroppo in Italia non si è ancora distinto il ruolo di una chiesa dall’esercizio di un potere politico, cadendo in quello che per me è un altro tranello.
Anche se molti mezzi di comunicazione fanno il possibile per confondere i lettori e i telespettatori, all’interno della chiesa cattolica le posizioni su molti problemi sono distinte e diverse: il mondo cattolico non è un monolite.
Spesso però si manifesta – a mio parere – anche per chi si pone su posizioni innovative una presa di distanza dalle istituzioni cui si ritiene di poter supplire con forme (anche in sé dignitose) di organizzazione privata che capita occhieggi ai politici compiacenti che tali scelte appoggiano, ben lieti di farsi supplire.
Così si fa strada l’idea di un privato benefico eventualmente sostenuto da istituzioni ridotte a vacche da mungere in un contesto che non posso considerare estraneo al voto di scambio e la norma, garantita dall’organizzazione della società civile, diventa irrilevante a fronte dello spirito di benevolenza, se non di beneficenza, qua e là sollecitato.

24 Gennaio 2012Permalink

13 gennaio 2012 – Una mia intolleranza

 Ma io non sopporto gli ipocriti

Domina le reazioni un contegno  intollerabile da ‘prima volta’. Eppure non c’è bisogno di citare Abu Ghraib o Guantanamo:  possiamo dar spazio alla memoria senza uscire di casa. Basta un computer.
Nel mese di agosto del 2004 si svolse a Nassiriya la battaglia dei ponti cui parteciparono anche militari italiani.
Si può ancora ritrovare un video che è possibile vedere da qui o da qui, così come si può leggere un articolo d’epoca da Repubblica.
Il video è intitolato ‘Nassiriya agosto 2004. Un giorno di guerra’ e dura più di dieci minuti.
Nella fase iniziale si vedono militari che –apparentemente in maniera piuttosto confusa – si appostano sul tetto di una casa.  
Chissà se gli abitanti di quella casa erano fuggiti o erano stati ammazzati? Di questo non veniamo informati.
Le didascalie recitano che è in corso la ‘terza battaglia dei ponti’ e che ‘il nemico è dall’altra parte del fiume’, quindi non minaccia direttamente i militari accovacciati dietro un parapetto in muratura.
Trascriviamo alcune battute pronunciate in perfetto italiano:
Che spettacolo!’ ‘Ancora vivo quello’ (didascalia: avvistato il nemico ferito).
Guarda com’è bellino per terra!’ ‘Alza la testa’
 ‘Guarda come si muove il bastardo’
Luca annichiliscilo’.
Uno sparo. Luca evidentemente ha eseguito con successo.
Anche allora qualcosa si seppe dai media. Oggi si parla e ci si dissocia con maggior enfasi.
Forse nel 2004 ci sentivamo crociati agli ordini di Bush?

Nel nostro piccolo,
a Udine possiamo anche  aggiungere  notizie locali di traffico d’armi relative sempre alla presenza italiana a Nassiriya.
Così scriveva il 6 luglio 2006 un quotidiano:
Via al processo e subito un rinvio al 7 luglio, al tribunale collegiale militare di Padova, per i tre militari (due ufficiali e un sottufficiale) del Terzo reggimento guastatori, che ha sede nella caserma Berghinz di via San Rocco a Udine. I tre, che hanno partecipato a missioni in Iraq, sono accusati a vario titolo di introduzione clandestina e detenzione abusiva di armi da guerra e peculato”.
In questo caso si trattava de “il “viaggio” del container pieno di armi clandestine, partito da base Mittica a Nassyria e sbarcato a Monfalcone senza essere stato mai sottoposto a un controllo doganale”.
Con azioni più facilmente riferibili ad attività individuali altri (sempre partecipanti dell’operazione Antica Babilonia) avevano trasportato, quale bottino di guerra, reperti archeologici.
I processi iniziati in sedi vicine son o poi stati spostati e non è più stato agevole trovarne notizie.


13 Gennaio 2012Permalink

12 gennaio 2012 – Il futile ci può annientare (seconda e ultima puntata)

Futilità diffuse

Avevo concluso la prima puntata con una citazione di Saba: “Gli italiani vogliono darsi al padre, ed avere da lui, in cambio, il permesso di uccidere gli altri fratelli!”.
Saba  scriveva durante il regime  fascista, forse durante una guerra coloniale o la seconda guerra mondiale. e la parola ‘uccidere’ gli veniva diretta e spontanea. Oggi la situazione è più viscosa, ma non meno drammatica perché, se qualcuno può permettersi di riferire a una sorta di cupo folclore squadre securitarie padane e organizzazioni neonaziste (ma almeno gli omicidi di Firenze dovrebbero insegnarci qualche cosa!) , stiamo uccidendo, soffocandoli nel ‘futile’, i fondamenti della nostra democrazia che è base per una nostra decente convivenza.
Certamente sarà importante una modifica della legge elettorale (ma ci sarà? Saprà il parlamento, dopo la bocciatura della consulta, trovare un guizzo di dignità e approvare un’altra legge?)  che ci consenta di votare scegliendo persone competenti e responsabili, che non siano il frutto di giochi di segreterie di partito che sono riuscite a selezionare (qualche eccezione a parte) il peggio del peggio.
Le persone  ‘futili’ evidentemente galleggiano meglio di chi si assume il peso del pensiero articolato e della conseguente responsabilità.
E le persone futili abbondano ovunque.

Il mio microcosmo regionale

Continuo ad osservare la deriva nel mio  microcosmo perché ritengo che non si debba sottovalutare l’importanza delle realtà istituzionali locali e delle manifestazioni locali della società non sempre civile.
Avvicinandomi alla conclusione della precedente puntata avevo detto che avrei ripreso il mio esame della proposta di legge regionale n. 62:  <<Politiche della pace, non violenza attiva e salvaguardia dei diritti umani nella regione Friuli Venezia Giulia>> (Presentata il 14 aprile 2009).
E’ firmata da 10 consiglieri così suddivisi nei gruppi di appartenenza: PD (5), La Sinistra L’Arcobaleno  (3),  Cittadini  – Libertà civica (1), Italia dei Valori – Lista Di Pietro (1).
Ho seguito l’iter della proposta già durante la legislatura precedente (quando, con diversa maggioranza, era un disegno di giunta) e mi ha lasciato più che perplessa, sgomenta.
Infatti durante la procedura iniziale venivano convocate associazioni e organizzazioni interessate che erano inviate a dire i propri desideri su obiettivi da introdurre in legge senza che vi fosse un quadro delle funzioni proprie della regione in materia. 
Mai ho sentito una ben articolata valutazione  dell’art. 117 della Costituzione (come modificato nel 2001 e mai citato neppure nella relazione introduttiva alla proposta) che – dopo una lunga e puntuale elencazione delle materie legislative di competenza esclusiva dello stato, recita:  “Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni” (e via nuovamente elencando). 
Per mia esperienza non c’è stata mai risposta articolata a considerazioni e critiche pur espresse finché alla fine di quella strana procedura si è manifestato il consenso di chi aveva titolo a rappresentare le associazioni più interessate alla materia, certamente con parole alte e nobili, ma che si limitavano all’esegesi dei termini del titolo della proposta di legge.
Non avendo ricevuto spiegazioni in proposito mi attengo alla mia interpretazione che tutte le indicazioni in materia di ‘Politiche della pace, non violenza attiva e salvaguardia dei diritti umani’  sono sottratte alla competenza del consiglio regionale e, affidate a uno strano organismo (Agorà della pace) funzionale più a una delega che alla partecipazione, verranno attuate dall’Amministrazione regionale in un clima – a mio parere- più di clientela che di buon governo.
Chi volesse leggere la proposta di legge n. 62 potrà farlo anche da qui.
Io non posso che considerare provvidenziale –in un quadro certamente riferibile a un principio di eterogeneità dei fini – il fatto che l’attuale giunta regionale mai farà passare una simile norma, per motivi evidentemente opposti a quelli che hanno ispirato le mie valutazioni.

Il mio microcosmo comunale

Se una sedicente sinistra in regione è all’opposizione, nel comune di Udine invece governa ma, per i problemi di cui mi sto occupando, è altrettanto sconsolante.
Quando mi resi conto che nel pacchetto sicurezza c’era una norma, criptica ma ineludibile, che impediva la registrazione degli atti di stato civile per chi non disponesse del permesso di soggiorno pensai che chi ha l’onore e l’onere di registrarli (cioè il sindaco nella sua funzione di ufficiale di stato civile) dovesse sentirsene turbato e reagire.
Reazioni del sindaco non ne ho viste  ma un componente della sua giunta, cui avevo ingenuamente scritto, mi ha fatto sapere che io sono una persona che quando sbaglia non si corregge.
Mai rampogna fu così illuminante: infatti mi accompagnerà al momento del voto, quando starò ben attenta a non sbagliare,  dato che ho appreso da rimprovero autorevole che non potrei poi correggermi.
E’ un altro interessante esempio di eterogeneità dei fini.
Ora la strada dell’errore che avevo descritto (per ciò che concerne le nascite) nel mio articolo pubblicato il 15 marzo scorso (raggiungibile da qui) ha due fermi paletti che mi sembrano interessanti (anche se forse infastidiranno il sullodato assessore): uno riguarda i matrimoni la cui celebrazione non richiede più – e lo dice la Corte costituzionale- la presentazione del permesso di soggiorno (si veda il mio articolo del 2 luglio   scorso, raggiungibile da qui), l’altro è la presentazione della proposta di legge Orlando (si veda il mio articolo del 5 dicembre scorso, raggiungibile anche da qui).
Speriamo che il parlamento la discuta.   

E adesso?

Adesso il peso di quella negazione della registrazione delle nascite personalmente mi turba meno: il fatto che vi sia una proposta di legge (opportunamente affidata non ad organismi che si occupano di assistenza ma alla commissione Affari Costituzionali) mi rassicura.
Continuo però a chiedermi perché nessun parlamentare abbia sentito prima d’ora il dovere di reagire pur constatando come la Corte Costituzionale, via via interpellata, faccia a pezzi il pacchetto sicurezza e ciò che ne consegue anche nelle leggi regionali.
Non dimentico che la sollecitazione all’on. Orlando è venuta da una consigliera provinciale donna, anche se l’esperienza degli ultimi anni mi ha tolto ogni speranza nella determinazione di una ragionevolezza di genere che sembra dissipata, salvo casi personali.
E continuo a chiedermi quanti matrimoni siano stati negati –da sindaci umiliati a podestà- a chi non possedeva il permesso di soggiorno nei due anni trascorsi fra l’approvazione della legge e la sentenza della Consulta.
Adesso mi dedicherò ad aggiornare e rinnovare i modi di comunicazione del mio blog che negli ultimi anni aveva doverosamente scelto di essere quasi monotematico.

12 Gennaio 2012Permalink

8 gennaio 2012 – Il futile ci può annientare (prima puntata)

 “Il futile ci può annientare” così Barbara Spinelli in “Una parola ha detto Dio, due ne ho udite”  ( pag. 56 – editori Laterza seconda edizione 2011) . Leggo volentieri Spinelli perché riesce a dare parole appropriate a tanti pensieri che o fatico ad esprimere o non oso perché mi sembrano bizzarri e, in questo periodo in cui il dialogo sembra impossibile,  riesce difficile misurarsi con la propria stravaganza non verificabile.
Non tento un confronto su facebook – dove è facile ricevere numerose ‘futili’ risposte  –  perché non vorrei ritrovarmi vittima di quello sciagurato consenso prefabbricato ‘mi piace’, un’espressione certamente inventata da qualche mente banale che pensa, ad esempio, che l’interesse per le relazioni di un processo alla corte del L’Aia – se mai facebook le pubblicasse- possano essere oggetto non di una dolente curiosità ma del conforto di un disgustoso, dichiarato piacere, lo stesso che si dimostra per il pierino squittente di turno che informa di aver cucinato la minestra.
In realtà mi sento proprio così, non tanto annientata quanto a rischio di soffocamento da banalità che invadono anche spazi che pensavo affidati e da affidare a tutt’altro.   

La più grande delusione del 2011 

Da anni – e lo sa questo blog e poco più- mi occupo della questione della registrazione anagrafica dei neonati figli di immigrati irregolari.
Comunicare ad altri questo problema – e verificarne la reazione – è stata la mia cartina al tornasole per  misurare il livello di inconsapevolezza, a volte frutto di coscienze vinte se non dalla banalità dalla coazione a ripetere luoghi comuni cui la diffusione della cultura padan-belusconico-leghista ha dato nuova vitalità, a volte determinato da un progetto di vita in  cui è precipitata senza riserve e senza cautele la nostra democrazia.
In questi miei tentativi ciò che più mi ha sgomentato è stata l’impossibilità a comunicare l’essenza del problema. Il ‘pacchetto sicurezza’ aveva trasferito anche la registrazione degli atti di stato civile dallo spazio dell’uguaglianza a quello del privilegio e quindi ne aveva negato la natura di diritti …’ per loro, non per noi’ sentivo sghignazzare e non erano solo gli adepti all’ammucchiata  padan-belusconico-leghista, ma un insieme molto più ampio dello spazio politico che può occupare.
Mi ero fissata sulla questione nascite perché mi sembrava la conseguenza più ripugnante della diffusione del Bossi-pensiero e comunque un indizio che, per averlo approfondito, mi aiutava a capire molto altro.
Pensavo che avrebbe offeso i sindaci, privati del loro compito costituzionale e storico di avere l’evidenza della popolazione esistente sul loro territorio … e non era così.
O non  capivano o se ne infischiavano e se qualcuno sembrava capire si diceva troppo debole per opporsi alla deriva da cui forse (ma non ne sono sicura) cercheremo di risalire.
Pensavo avrebbe sconvolto i parlamentari che dovrebbero rappresentarci senza vincolo di mandato e invece sono nella maggior parte subordinati alle scelte di partiti determinanti nello stabilire chi dei clan che le singole segreterie controllano debba occupare i seggi parlamentari avendo a solo parametro di riferimento il consenso dell’opinione pubblica, così come si presenta, precostituito al di fuori dei loro programmi che forse neppure esistono.
E proprio qui sta il nodo del disastro: nell’opinione pubblica. 

L’opinione pubblica fondamento della corruzione politica  

Rubo ancora la parola a Barbara Spinelli, sottolineando con il grassetto le espressioni che mi interessano. Il titolo dell’articolo dello scorso 18 dicembre è ‘Abolire la miseria’ e, rifacendosi agli anni 1946-1948 ….
“….La sfida oggi è identica, e sono le pubbliche istituzioni nazionali e europee a doversi assumere il compito. Affidarlo a chiese o filantropi vuol dire regredire a tempi in cui solo la carità era il soccorso. In molti paesi arabi sono gli estremismi musulmani a occuparsi del Welfare, confessionalizzandolo. Non è davvero il modello da imitare: gli Stati europei si sono sostituiti alle chiese fin dal ‘200, creando istituzioni laiche aperte a tutti. Anche l’Europa unitaria investe su organismi comuni perché  –  sono parole di Jean Monnet  –  “gli uomini sono necessari al cambiamento, ma le istituzioni servono a farlo vivere“. 

 E aggiunge, citando il filosofo svizzero Amiel: “L’esperienza d’ogni uomo ricomincia sempre; solo le istituzioni diventano più sagge: accumulano l’esperienza collettiva e da quest’esperienza e saggezza, gli uomini sottomessi alle stesse regole vedranno cambiare non già la loro natura, ma trasformarsi gradualmente il loro comportamento“.
E finalmente È laico anche questo: voler cambiare i comportamenti, non la natura dell’uomo”.

La deriva locale che ho sperimentato negli ultimi anni.    

Non so se la mia regione sia un microcosmo. Forse ogni luogo lo è.
Comunque la cultura dominante nel territorio in cui vivo mi fa paura.
Un politica che si è sottratta alle sue responsabilità, che ne rifugge quando non le può agganciare al populismo acchiappavoti, che adegua il suo linguaggio a quello che nella sua insipienza considera ineliminabile, l’ululato o il brontolio del becerume dell’ammucchiata padan-belusconico-leghista, che ha dimenticato che lo spazio in cui, se volesse e sapesse, potrebbe operare le è stato consegnato da una storia di raggiungimento e tentata crescita di una democrazia giovane e traballante, ha affidato la solidarietà (quella che la Costituzione ancora dice ‘politica e sociale’ art. 2) al moralismo di quella cultura che si proclama  cattolica e che ha debordato ben oltre lo spazio della chiesa da cui prende il nome.
Nel mio linguaggio privato io lo chiamo ‘effetto collaterale caritas’, dove per caritas non  intendo l’ottimo lavoro che l’organizzazione promuove a livello alto ma ciò che ha trasmesso alla rete di base di organizzazioni e parrocchie, convincendole che lo spazio della solidarietà si manifesta nelle anime intenzionalmente buone mentre sfugge al dovere di promuovere regole più alte nel vivere associato, chiudendosi nell’orizzonte esclusivo e perciò angusto della famiglia che un tempo era stata indicata come istituzione amorale.
Avevo sentito i primi campanelli d’allarme anni fa, quando non c’era discorso, predica domenicale, esternazione estemporanea in cui qualcuno -dai preti ai loro imitatori- non si assumesse la banale irresponsabilità di pronunciare il termine Illuminismo come categoria da condannare, come sinonimo di ciò che non doveva essere.
Dimentichi di ciò che il Concilio Vaticano II  aveva detto in fatto di ‘segni dei tempi’, spregiatori della storia d’Europa (povero presidente Monti che afferma di crederci!) volevano secondo me rimuovere l’affermazione di Kant (1784): “ L’ illuminismo è l’ uscita dell’ uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l’ incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stessi é questa minorità se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi del proprio intelletto senza essere guidati da un altro
Qui potrei riprendere un discorso su una, negativamente diffusa proposta di legge regionale che gode di ampia e autorevole accettazione, su cui mi riservo di tornare molto presto. Infatti comincio a prepararmi, documentandomi e ragionando, alle prossime elezioni nazionali, regionali e comunali.

Senza commento, perché non lo richiede
    

… voglio far memoria di una citazione di Beatrice Manetti (che ho tratto da L’indice n. 12 -2011. Sentieri per capre – riferimento a Scorciatoie e racconti di Umberto Saba).
L’articolista ci ricorda che il poeta Umberto Saba, dopo aver definito Mussolini “due terzi boia e un terzo pover’omo”, ne scrisse ancora come il padre carcerario che ha assecondato la congenita disposizione degli italiani al fratricidio  e precisamente “Gli italiani vogliono darsi al padre, ed avere da lui, in cambio, il permesso di uccidere gli altri fratelli”.
Oggi, nella politica nazionale, chi legge riconosce un analogo padre, uso al linguaggio gestuale e ispiratore di altri simili padri? Io sì.

8 Gennaio 2012Permalink

13.12.2011 CIE – Riaperto l’accesso agli organi d’informazione

Roma 13 dicembre 2011             Oggetto: accesso ai centri

La pressione migratoria determinata dal massiccio afflusso di cittadini stranieri provenienti dai paesi del Nord Africa, che ha interessato l’intero territorio nazionale, aveva reso necessario,  nel prevalente obiettivo di  non intralciare le attività di accoglienza loro rivolte,  limitare l’ingresso solo alle categorie di soggetti o Enti richiamati nelle direttive n. 1305-11050/110(4) del 1 aprile e dell’8 aprile 2011.
Il significativo decremento dei flussi provenienti dal Nord Africa registratosi nell’ultimo mese del corrente anno e l’attivazione  del complesso sistema di accoglienza consentono ora di poter  revocare le direttive del 2011 e di ripristinare i contenuti della direttiva del 24 aprile 2007, ad integrazione della quale si ritiene, peraltro,  di impartire le seguenti ulteriori disposizioni. 

–       le SSLL, per la preventiva comunicazione. inoltreranno Ie istanze di accesso corredandole delle proprie valutazioni in merito – al competente . Dipartimento per le Libertà Civili e l’immigrazione e per conoscenza al gabinetto del Ministro.
–       l. SS,LL., oltre che per motivi di ordine pubblico, potranno differire l’accesso nei centri anche per ragioni di sicurezza nei casi in cui la struttura sia interessata a lavori di ristrutturazione o comunque dalla esecuzione di rilevanti lavori di manutenzione straordinaria.-        

IL MINISTRO           Annamaria Cancellieri

Nel linguaggio formale della direttiva è contenuta una storia che brevemente richiamo.
La direttiva del 24 aprile del 2007  (ringrazio l’amico che mi ha aiutato a recuperarne i contenuti) diceva che
Sarà consentito l´accesso in tutti i Centri di accoglienza, identificazione e permanenza temporanea ai rappresentanti delle organizzazioni umanitarie internazionali e nazionali, come l´Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), l´Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e la Croce Rossa Italiana. Saranno anche accolte le richieste di accesso provenienti da Sindaci, Presidenti di Provincia e Presidenti di Giunta e di Consiglio Regionale. I soggetti del privato sociale, in relazione alle proprie finalità, saranno ammessi a svolgere specifiche attività di assistenza sulla base di convenzioni con gli enti locali o con i Prefetti.
I giornalisti, con i fotocineoperatori che li accompagnano, potranno accedere ai Centri sulla base di un´autorizzazione che sarà rilasciata dai Prefetti, sentiti gli enti gestori delle strutture interessate. Nel determinare le modalità e i tempi delle visite, si dovrà tener conto delle esigenze di tutela della privacy di coloro che sono ospitati nei Centri e della necessità di non creare intralcio alle attività svolte all´interno delle strutture.

 

Questa direttiva fu revocata lo scorso mese di aprile e ora si ritorna a quelle disposizioni cancellando le disposizioni emanate lo scorso aprile, regnanti il cav. Berlusconi e il leghista on Maroni.

Così commenta la Federazione Nazionale della stampa (il cui comunicato è pure riportato nel sito dell’ASGI, citato in apertura

Roma, 13 dicembre 2011
Prot. n. 205

Il Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Roberto Natale, comunica:
“E’ un’ottima notizia la decisione del ministro Cancellieri di aprire di nuovo ai giornalisti le porte dei Cie. Finalmente viene ripristinato il nostro diritto-dovere di raccontare ciò che avviene in queste strutture. E’ una decisione che giova anche alla credibilità delle istituzioni italiane preposte all’accoglienza degli immigrati, perché il blocco disposto ad aprile dall’allora ministro Maroni autorizza da mesi il sospetto che all’interno di Cie e Cara vengano praticati trattamenti lesivi dei diritti umani. La revoca del divieto è una riaffermazione di basilari principi costituzionali, per la quale anche la Fnsi ringrazia il ministro Cancellieri e tutti i parlamentari che si sono battuti per il risultato di oggi. Ma un ringraziamento va anche alle molte organizzazioni che, insieme a Fnsi e Ordine dei Giornalisti, hanno dato vita nei mesi scorsi alla campagna “LasciateCIEntrare”: positivo esempio di come, in difesa del diritto all’informazione, si possano saldare alleanze importanti tra le rappresentanze professionali e le voci della società civile. Ora ci auguriamo che di questo diritto d’accesso ristabilito l’informazione italiana faccia uso intenso”.

E ora commento io


Commento io dal mio punto di osservazione interessato al CIE e al CARA di Gradisca (Go).
Da mesi e mesi gruppi locali interessati all’organizzazione dei centri protestavano per gli impedimenti all’ingresso.
Ora possono fare due cose (e io temo si adageranno sulla prima)
1. Continuare a protestare perché l’apertura non è indiscriminata (che è la soluzione abituale e, a mio parere,  più comoda).

2. Attivare qualche consigliere regionale a raggiungere il prefetto di Gorizia per informarsi sulla natura e la durata dei lavori di ristrutturazione all’interno del centri, creando le condizioni per una presenza giornalistica attenta e competente non appena ciò sarà possibile.
So che agire da pignoli e pedanti osservatori delle regole è faticoso e richiede attenzione e accortezza, che non sembrano attitudini proprie di chi protesta senza progetti ma solo accodandosi ad altri che hanno cominciato, ma a volte consente di raggiungere qualche risultato che può disturbare interlocutori disattenti se non ostili più della protesta stessa.
So che dire queste cose non serve a nulla e può dar fastidio (ammesso che qualcuno di coloro cui sono dirette legga il mio blog) ma io scrivo anche a mia futura memoria.

23 Dicembre 2011Permalink

22 dicembre 2011 – Donne sotto traccia 8

Rosi e i  diritti dei bambini.

Rosi, o meglio la pediatra neonatologa Rosalia Maria Da Riol, lavora all’ospedale di Udine ma ha fatto esperienze professionali anche  all’estero, sia nell’ambito di Organizzazioni non Governative che dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. E’ stata in Mozambico, Sudan, Gaza, Albania, Brasile e viene naturale chiederle quali indicazioni tragga per la sua attività professionale da queste esperienze. “In ogni caso il pediatra – ci dice – deve assicurare un’attenzione forte e costante al bambino come soggetto di diritti e non come oggetto di cure e ciò comporta una visione globale della sua salute. Inoltre l’approccio più clinico che strumentale che l’organizzazione dei servizi sanitari in paesi poveri impone,  si rivela utile risorsa al ritorno”.
Se da noi la Convenzione di New York sui diritti dei minori (che l’Italia ha ratificato e che nel nostro paese è legge) è arrivata come un documento  di cui fingiamo l’ovvietà rifiutandoci di considerarne le contraddizioni con la realtà,  nei paesi in via di sviluppo offre indicazioni che si fanno obiettivi  da raggiungere anche nella difesa del diritto primario alla vita tutt’altro che scontato.
I bambini infatti non sono minacciati ‘solo’ dalla fame, dalle malattie ma anche dalle distruzioni provocate da guerre che a volte li vogliono soldati e persino da politiche demografiche dagli effetti devastanti. In Cina, dove è possibile avere un solo figlio, le bambine  possono essere selettivamente eliminate  da chi voglia un maschio.
E, a questo punto, il colloquio con Rosi si sposta naturalmente sulla nostra realtà per considerare la situazione del bambino ‘straniero’ che nasce in Italia.
E’ dimostrato – ci informa- che  il rischio  di basso peso, prematurità, malformazioni congenite, asfissia perinatale è più alto per i figli di immigrati e che le condizioni di vita, determinate da  precari processi di integrazione, risultano fattori significativamente peggiorativi. E’ azzardato pensare a uno  ‘stress da razzismo’?
La nostra pediatra sottolinea che un approccio efficace in un percorso diagnostico-terapeutico è possibile solo se si giova di una relazione certa e significativa con i genitori  e insiste sulla figura paterna. E’ forse un elemento più difficile da mettere in gioco?
Lo è per tante ragioni e si declina in tante diverse situazioni non ultima quella dell’immigrato irregolare che, denunciando la nascita del figlio, e riconoscendolo se non è sposato con la mamma del piccolo, si espone al rischio di espulsione.
L’appartenenza familiare, e quindi il corretto inserimento nella vita sociale, sono radicalmente compromessi dalla mancanza di un certificato di nascita.
E’ paradossale che Rosi nei paesi in via di sviluppo si sia incontrata con organizzazioni non governative che promuovono campagne per la registrazione anagrafica del neonato e che in Italia non si reagisca al vulnus che nega ad alcuni questa certezza.
Nel primissimo approccio con la vita nascente l’assenza di un certificato di nascita impedisce l’inserimento nel  sistema sanitario nazionale, che non è solo garanzia di cure in stato di emergenza e necessità, ma ingresso nei percorsi base di salute e prevenzione a partire dalle vaccinazioni.
Nel clima di insicurezza che da tutto questo deriva può capitare che si offrano percorsi sanitari e assistenziali paralleli, realizzati da privati che non sono per sé garanzia di legalità e di intervento corretto. E a volte è proprio l’immigrato-vittima che, sostenendoli per necessità, se ne fa complice. 
Come sempre tutelare i diritti dei più deboli (e non sostituirli sistematicamente con scelte benefiche) assicura dignità anche alle nostre presunte sicurezze.
Da Ho un sogno – dicembre 2011  

22 Dicembre 2011Permalink

16 dicembre 2011 – Appello per i migranti tunisini dispersi

http://www.zalab.tv/appello-per-i-migranti-tunisini-dispersi

Prova a immaginare: tuo fratello o tuo figlio parte e non dà più notizie di sé dopo la sua partenza. Non è arrivato? Non lo sai, potrebbe essere stato arrestato nello stato di arrivo che non prevede che si possa arrivare semplicemente partendo e che per questo arresta quelli che arrivano mettendoli nei centri di detenzione o in prigione. Aspetti qualche giorno, guardi immagini alla televisione del luogo in cui potrebbe essere arrivato, per sperare di vederlo. Capisci anche che tuo figlio o tuo fratello non è l’unico a non aver telefonato dopo essere partito. Insieme alle altre famiglie chiedi allora alle autorità del tuo paese di informarsi, di capire se sono tutti in qualche carcere, speri che lo siano anche se temi che non vengano trattati bene. Ma le autorità non fanno nulla, non chiedono e non ti ascoltano, per mesi. Tu nel frattempo fai presidi, manifestazioni, parli con i rappresentanti di alcune associazioni, con i giornalisti, porti la foto di tuo figlio o di tuo fratello ovunque, ti affidi a ogni persona che viene dall’altro paese, le dai le foto, la data di nascita, le impronte digitali. Vuoi sapere.
Ma non accade nulla e cominci a immaginare: potrebbe essere in una cella di isolamento, potrebbe essere stato arrestato come passeur, potrebbe essersi rivoltato nel centro di detenzione, potrebbe…. Potrebbe essere in Italia, ma forse a Malta, forse in Libia.

Immagini, tu? Per alcune e alcuni di noi non si tratta di immaginare perché è quello che ci è successo. Sono partiti dalla Tunisia con le barche e in molti non hanno più dato notizia di sé. Sono morti? Sono in carcere? Sono…?

Per saperlo chiediamo ora alle autorità italiane e tunisine di collaborare. Sarebbe molto semplice, perché in Tunisia le carte di identità sono con le impronte digitali e in Italia esistono i rilievi dattiloscopici dei migranti identificati o detenuti. Chiediamo, allora, che i parenti dei dispersi possano fare una domanda al Ministero degli esteri tunisino affinché fornisca le impronte digitali al Ministero degli interni italiano e a questo chiediamo di rispondere.

Immagini, tu? Se riesci a immaginare ti chiediamo di sostenere con una firma questo appello.

16 Dicembre 2011Permalink

15 dicembre 2011 – Dopo una strage

15 dicembre 2011

I nostri fratelli Mor Diop e Samb Modou sono stati assassinati e Moustapha Dieng, Sougou Mor e Mbenghe Cheike gravemente feriti da una mano armata dall’odio xenofobo, lucido e determinato. Tutti sono vittime della manifestazione estrema di un razzismo quotidiano che umilia sistematicamente la nostra dignità.

La strage del 13/12 a Firenze necessita di una risposta ampia e plurale, che esprima lo sdegno per i barbari assassinii e la ferma volontà di operare concretamente perché simili fatti non si ripetano. E’ necessario che non ci si limiti all’abbraccio solidale verso la nostra comunità colpita ed alla partecipazione al nostro dolore solo per un giorno.

Occorre andare più a fondo e individuare tutte e tutti insieme come si è costruito nel tempo il clima che rende possibile l’esplodere della violenza razzista come è avvenuto il 13 dicembre a Firenze e solo due giorni prima a Torino con il pogrom contro un insediamento Rom. Bisogna interrogarci su come siano stati dati spazi, per disattenzione e/o per complicità, ai rigurgiti nazi-fascisti di gruppi come Casa Pound, quale ruolo abbiano avuto in questa escalation non solo i veleni sparsi dalle forze “imprenditrici” del razzismo, ma anche gli atti istituzionali che, a livello nazionale e locale, hanno creato, in nome dell’ordine e della sicurezza, discriminazioni e ingiustizie.

Chiediamo l’impegno di tutte e tutti per cambiare strada, intervenendo sul piano culturale e della formazione del senso comune, promuovendo il rispetto della dignità di ogni persona.

E’ necessario avere come punto di riferimento costante il riconoscimento dei diritti sociali, civili e politici delle persone immigrate, dei rifugiati e richiedenti asilo e dei profughi, eliminando i molti ostacoli istituzionali che contribuiscono a tenere in condizione di marginalità la vita di molti migranti in Italia.

Occorre dare piena applicazione al dettato costituzionale e alle leggi ordinarie che consentono la chiusura immediata dei luoghi e dei siti come Casa Pound, dove si semina l’odio e si incita alla violenza xenofoba.

Bisogna che tutte le energie positive, che credono nella costruzione di una città e di un Paese della convivenza e della solidarietà, si mobilitino unite per fare barriera contro l’inciviltà, il razzismo, l’intolleranza.

Nel 1990 Firenze fu teatro di spedizioni punitive contro gli immigrati e vi fu una reazione popolare, che dette luogo ad una grande manifestazione di carattere nazionale.

Facciamo un appello rivolto a tutte le persone di buona volontà, nella società e nelle istituzioni, ad unirsi a noi, in una manifestazione ampia, partecipata, pacifica, non violenta e contro la violenza, di carattere nazionale.

Una manifestazione che segni una svolta e l’inizio di un cammino nuovo, onorando le persone uccise e ferite in quella tragica giornata e capace di affermare in modo inequivocabile: mai più atti di barbarie come la strage del 13 dicembre.

L’appuntamento è a Firenze sabato 17 dicembre alle ore 15, partenza da Piazza Dalmazia, arrivo Piazza Santa Maria Novella

Per adesioni: perMorperModou@gmail.com


Coordinamento Regionale dei Senegalesi in Toscana



 

 

15 Dicembre 2011Permalink

12 dicembre 2012 – I custodi dell’imene

La prima vittima: fra apparenza e realtà 

Una ragazzina denuncia uno stupro, discinta e insanguinata (almeno così la descrivono i giornali) risulta credibile e… ma sui risultati di questa credibilità tornerò dopo.
Ora voglio soffermarmi su di lei, per cui provo una grande pena.
Quando si rende conto dei risultati della sua denuncia, confessa: aveva inventato tutto.
Si trattava di una bugia difensiva perché la famiglia la voleva –povero oggetto che la compravendita tribale pretendeva integro alla prevista consegna– vergine fino al matrimonio.
Se la storia finisse qui potremmo pensare al normale sacrificio della dignità e della decenza altrui in nome di un arcaico, ma non concluso, mercato matrimoniale, in onore della famiglia patriarcale dove, se il patriarca è padrone, trova sempre complici servili quale che ne sia il genere e quale che ne sia la religione, se in una religione il clan si riconosce.
Ma la storia non finisce qui perché la ragazzina, istintivamente, capisce (o almeno io capisco così) che deve stornare l’interesse dei sui familiari-custodi dal suo imene e rivolgerlo ad altri.
Gli altri sono lì, pronti all’uso, pubblicamente pubblicizzati senza riserve di consapevolezza.
Così aveva affermato un deputato della Lega Nord: “Ora che la pioggia è riuscita nell’impresa in cui aveva fallito il sindaco Piero Fassino, ossia lo sgombero del campo nomadi abusivo sul Lungo Stura Lazio, mi auguro che il comune provvederà all’identificazione di tutti gli irregolari che vivevano in quel campo”.
E’ un’affermazione che a suo  tempo avevo letto da varie parti e che ora ho ritrovato e rendo leggibile da qui, riportando alla fine anche l’indirizzo della fonte * per esteso. 

E che i ‘colpevoli’ fossero pronti all’uso quella poveretta lo sapeva, probabilmente glielo avevano detto in casa se si è sentita in dovere di precisare che i suoi stupratori erano zingari e alla sua dichiarazione (che saranno i carabinieri a verificare non i familiari) questa famiglia, evidentemente ben organizzata,  riesce a promuovere immediatamente una crociata contro i campi rom, ripercorrendo l’antica lezione dei crociati storici che, strada facendo, non si facevano scrupolo di devastare le comunità di ebrei che la chiesa aveva indicato come deicidi.
Ognuno ha il suo dio e ognuno i suoi nemici da combattere!
C’è da sperare che ora la povera ragazzetta non sia mutilata per sempre della gioia di un fondamentale rapporto umano ma che qualcuno l’aiuti, nel far pace con se stessa (ma sarà mai possibile?), a farsi forte di quel senso di responsabilità e rispetto di sé di cui finora è stata derubata (e questa sì è violenza e di questo furto quella poveretta è stata ed è veramente vittima). 

Nella realtà, le altre vittime

Mentre la marcia proseguiva il fratello della ragazzina veniva a conoscenza della verità e –sempre che i giornali non mentano – si precipitava a fermare l’avanzata dei neo crociati, ma era troppo tardi. Chi risarcirà ora i rom cui è stata risparmiata solo la vita?

 

Ma i rom non sono le sole vittime del pregiudizio e del bisogno del capro espiatorio .
Non posso non pensare a tutti i ‘no’ che mi sono stati detti quando cercavo di sostenere la necessità di modificare la legge che pretende la presentazione del permesso di soggiorno per la registrazione della nascita, negando quindi – ai figli di sans papier e ai sans papier stessi – il diritto alla genitorialità.
E’ chiaro che dalla negazione di questo diritto discendono una serie di danni che non sto qui a ricordare (ne ho scritto per tre anni nel mio blog, chi volesse farne memoria può attivare i tag anagrafe e bambini).
Ora c’è una proposta di legge che vuole dare dignità al nostro patto sociale superando  la ferita profonda che nega il riconoscimento dell’esistenza per ragioni burocratiche (ne ho scritto nel mio blog il 2 e il 5 dicembre). Sarà sostenuta? Non lo so. 

Resta per me la ferita provocata da una politica che, a parte la scelta di mezzi cartacei e non fisici, ritengo perfettamente parallela e consona alla marcia dei neocrociati torinesi e, soprattutto, permane l’orrore che mi ha provocato l’indifferenza dei sindaci a fronte del ruolo di garanti del  territorio che dovrebbero governare, ruolo loro negato in legge a danno dei più deboli. Ed estendo questo orrore alle chiese (metto in primo luogo quella cattolica per il potere sulle coscienze e politico che le è riconosciuto) nei riguardi di questo problema. 

Nota che vorrei inutile, ma so che non lo è:  So bene che una circolare, precipitosamente emanata dall’allora ministro dell’interno Maroni, ha ‘concesso’ la registrazione anagrafica per i figli dei sans papier, ma una circolare non è legge e in legge il divieto permane.
Anche di questo ho scritto in questo mio blog e voglio segnalare che l’unica realtà associativa che, a mia conoscenza,  abbia colto il significato di questo problema (prima della proposta di legge di cui ho riferito) è stato il GrIS (Gruppo immigrazione e salute del Friuli Venezia Giulia) di cui riporto per esteso il comunicato emesso il 28 ottobre scorso (leggibile alla fonte da qui). 

Un segno di civiltà – il comunicato del GrIS

Il Gruppo Immigrazione e Salute (GrIS) Friuli Venezia Giulia (della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni – SIMM) ha aderito alla campagna ‘L’Italia sono anch’io’ che promuove due proposte di legge a iniziativa popolare relative ai diritti dei migranti.
In particolare il GrIS del FVG ritiene che la proposta di Nuove norme sulla Cittadinanza, riconoscendo ad ogni nuovo nato in Italia il diritto ad esserne cittadino, attengano direttamente ai propri obiettivi di promozione della salute come diritto umano al completo benessere fisico, mentale e sociale, come ribadito, nel maggio di quest’anno, dalle “Raccomandazioni finali dell’XI Congresso della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni”
Poiché è chiaro che un diritto è tale solo se si declina in termini di uguaglianza, il GrIS del FVG non può non guardare con preoccupazione alla legislazione in vigore che – dal 2009- impone ai migranti irregolari che vogliano registrare la nascita del proprio figlio la presentazione del permesso di soggiorno, documento che – per definizione – non possiedono.
Qui non si tratta di attribuzione di cittadinanza ma di garantire ad ogni bambina e ad ogni bambino sin dalla nascita, un nome e una nazionalità, come vuole la Convenzione di New York del 1989 che in Italia è legge (n.176/1991) evitandone la discriminazione in nome di un cavillo burocratico.
L’assenza di un certificato di nascita comporta gravi conseguenze per la tutela della salute.
Siamo al corrente che è stata precipitosamente emanata dal governo, a pochi giorni dall’approvazione del ‘pacchetto sicurezza’ una circolare interpretativa che apre una procedura che rende possibile la registrazione anagrafica delle nascite.
Ma ciò non basta.
La Corte Costituzionale ci ha recentemente ricordato che i diritti inviolabili dell’uomo, di cui leggiamo negli artt. 2 e 3 della Costituzione, appartengono “ai singoli, non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”. Non possiamo perciò accettare che il diritto alla salute, di cui anche come operatori del settore siamo garanti, e ogni altro diritto inviolabile che appartiene ad ogni essere umano, sia affidato per alcuni bambini alla labilità di una circolare e non a una norma di legge che regoli la nostra convivenza civile.
Chiediamo perciò al Parlamento italiano di modificare con la necessaria urgenza la lettera g) del comma 22 dell’art. 1 della legge 94 del 2009 (cd. pacchetto sicurezza).

 

NOta finale: 

Al riferimento  della fonte * relativa alle dichiarazioni pro alluvione di un deputato leghista aggiungo anche alcuni riferimenti ad articoli di giornali che descrivono la vicenda della efficace crociata torinese 

* http://www.polisblog.it/post/12287/per-la-lega-lalluvione-a-torino-sgombera-i-campi-rom-dato-di-fatto-o-razzismo  

http://torino.repubblica.it/cronaca/2011/12/12/news/santini_ovunque_e_tapparelle_chiuse_sandra_piange_ora_come_ne_esco-26452967/?ref=HREC1-4 

http://torino.repubblica.it/cronaca/2011/12/11/news/torino_ultr_bruciano_il_campo_ro
m_terrore_per_uno_stupro_inventato-26420781/?ref=HREC1-1  

http://www.corriere.it/cronache/11_dicembre_10/torino-caccia-stupratori_46a32a40-2341-11e1-bcb9-01ae5ba751a6.shtml  

http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/433883/

12 Dicembre 2011Permalink