6 aprile 2012 – Memorie

Tornerò a scriverne.

Oggi non ho tempo di far di più ma non posso ignorare il significato di questa giornata
Vent’anni fa iniziava l’assedio di Sarajevo.
Tre anni fa il terremoto de L’Aquila. La non ricostruzione a me appare come un segno dell’oscenità del governo Berlusconi & C.
Oggi gli italiani – singoli e associati nelle aggregazioni della società civile e politica – che non hanno capito il significato della guerra nella ex Jugoslavia starnazzano e chiacchierano della ‘caduta’ di Bossi, famiglia e, sperabilmente, della Lega che a mio parere resterà dov’è con tutto il peso della devastazione culturale che ha rivelato nel suo essere ed efficacemente esaltato.
Non dimentico la connivenza fra Lega e opinione e pubblica a proposito del razzismo e non solo.
Ne scriverò, inutilmente, ma per me la mia ‘futura memoria’ è importante

6 Aprile 2012Permalink

3 aprile 2012 – Nuovo corso4 … e altro ancora

A mia futura memoria

4 aprile 1949 a Washington viene fondata la NATO
6 aprile 1992- 2omo anniversario dell’inizio dell’assedio
                           di Sarajevo 
7 aprile  Pesach (o Passover – Inizia la settimana della Pasqua 
                       ebraica –  anno 5772  del calendario ebraico)
8 aprile  Pasqua    –     Festa del Vesakh, principale festa
                                           buddhista
9 aprile 1945  le SS impiccano Dietrich Bonhoeffer
11  aprile 1963   Giovanni XXIII promulga la Pacem in terris
11 aprile  1987   muore Primo Levi
16 aprile 1995  Pakistan  ucciso il sindacalista Iqbal Masih.
                               Aveva 13 anni
17 aprile 1961  Cuba. Fallisce lo sbarco di anticastristi nella Baia
                              dei Porci
20  aprile 570   nascita del profeta Muhammad (che normalmente
                               chiamiamo Maometto)
26 aprile 1986  Ucraina: scoppia il reattore nucleare di Chernobyl
29  aprile 1944  rivolta del ghetto di Varsavia
30  aprile 1982  A Palermo Cosa Nostra uccide Pio la Torre

Altro ancora: una notizia triste e preoccupante

Ho trovato la notizia  Sanità, dalla chiesa sì alla riforma  sul Messaggero Veneto del 23 marzo.
«L’arcidiocesi di Udine ha dichiarato la sua opzione per il riassetto territoriale della sanità regionale. Condivide l’ipotesi di Azienda sanitaria unica, in cui sino scorporati e autonomi i maggiori ospedali e gli Ircs, propone la suddivisione del territorio in quattro macrozone, ognuna con proprio direttore sanitario, stabilisce la ripartizione vincolante delle risorse assegnate alla spesa ospedaliera e a quella assistenziale e sociosanitaria; meccanismi di elasticità interna, per poter evitare che alcune risorse economiche finalizzate non possano essere spese pienamente, mentre su altri fronti si patisce il sottofinanziamento cronico».
E ancora: «interviene sulla necessità di rivedere al spesa storica, di ripensare il rapporto fra Comuni e Azienda sanitaria, di convertirete alcuni ospedali in RSA, Day hospital, Day surgery , strutture riabilitative, strutture di accoglienza per l’anziano e per altre patologie croniche».
Ricordate il 2005 quando l’allora segretario di stato card. Ruini si fece beffe dell’istituto del referendum, invitando i già cittadini ma ormai sudditi italiani a non andare a votare?
Anche se l’oggetto della proclamazione è diverso la cultura è quella evidentemente condivisa dall’ossequioso, servile silenzio di tutte le forze politiche e sociali comunque collocate (e se hanno parlato la loro voce aveva scelto il tono del pigolio).
E se costoro, in massa, non fanno il loro lavoro perché la gerarchia cattolica non dovrebbe straripare?

Altro ancora: una notizia squallida

La signora Monti (che giustamente precisa non essere lei la first lady italiana ma è pur sempre la moglie del presidente del consiglio) ha concesso un’intervista al direttore della rivista Chi, tale Signorini.
Se fossi così sciocca da pensare a una intemperanza della signora non me ne preoccuperei ma ritengo invece che tale iniziativa abbia avuto la collaborazione di chi nello staff del presidente si occupa della pubblicità del medesimo.
Quale immagine hanno lo staff del presidente, il presidente medesimo e la signora che si è lasciata, in verità con poca eleganza, adoperare, degli italiani cui si sono rivolti attraverso Chi, anche altrove pubblicizzato per l’occasione? Rabbrividisco. Spero che  nell’attività politica (tecnica o meno che sia) il Presidente sappia raffigurarsi un target diverso.

3 Aprile 2012Permalink

27 marzo 2012 – Cittadinanza o anagrafe?

Due fratelli bosniaci – trattenuti in un Centro di Iden tificazione ed Espulsione –ne sono usciti a seguito della sentenza di un giudice di Modena.
Trascrivo da Il resto del Carlino che, fra le varie fonti che ho cercato di raccogliere, mi è sembrato equilibrato nell’esposizione:
“Modena, 22 marzo 2012 – Andrea e Senad, i due fratelli di origine bosniaca trattenuti al Cie e finiti al centro di una lunga polemica, sono stati rilasciati. Il giudice di pace ha infatti accolto il ricorso dei due fratelli ed ha annullato il decreto di espulsione emesso dal questore di Modena. L’avvocato Luca Lugari ha dichiarato che si tratta di una sentenza storica, perché sancisce l’impossibilità di espellere chi è nato in Italia da genitori stranieri. E’ la prima volta in Italia che questo principio viene affermato da un magistrato”.

Quel che capisco io

I due fratelli stavano in un centro di identificazione: perché?.
Evidentemente  qualcuno aveva dubitato della loro identificazione ma, nati in Italia più di vent’anni fa – quindi precedentemente al pacchetto sicurezza –, la loro identificazione, garantita dalla registrazione anagrafica, non era e non è soggetta a dubbio.

Quel che mi aspetto

Strilli di coloro che, singoli, associati o organizzati in rete si proclamano difensori dei diritti dei migranti, per sostenere (come fa la Lega per trarne opposte conclusioni) che è stata loro riconosciuta la cittadinanza italiana (cosa manifestamente impossibile, a mio parere).
D’altra parte ho ampia casistica di persone (anche con responsabilità istituzionale) che confondono cittadinanza e registrazione anagrafica).

Quel che non mi aspetto

1 -Un sussulto di decenza parlamentare per togliere quel residuo del pacchetto sicurezza che vuole non registrabili i figli di immigrati irregolari  (ho scritto decine di volte che – a mio parere – la circolare emanata in contraddizione con la legge non è misura adeguata e sufficiente anche se funziona);
2 – un’assunzione di responsabilità da parte dei sindaci per rivendicare, anche su questo problema, la loro dignità di Ufficiali di stato civile in uno stato democratico;
3 – un sussulto di decenza da parte della società civile variamente organizzata perché la smetta di usare i proclami di presunta solidarietà per finalità esclusiva di opposizione politica e pre elettorale.

27 Marzo 2012Permalink

24 marzo 2012 – La decadenza delle parole anticipa quella della civiltà che ne abusa 2

La responsabilità dei membri del NSDAP  (National Sozialistische Deutsche Arbeiter Partei) venne confermata  nel 1945 durante i processi che si tennero a Norimberga contro i principali responsabili del regime nazista.
L’incendio del Reichstag rientrava nel quadro più generale della “strategia della tensione” ripetutamente utilizzata dai nazisti prima e dopo la conquista del potere: si trattava di creare il massimo disordine, spaventando e disorientando l’opinione pubblica, in modo tale da potersi presentare come integerrimi tutori dell’ordine.
Il 28 febbraio, soltanto un giorno dopo l’incendio, fu emanato un decreto che diceva:

«§ 1. Gli articoli 114, 115, 117, 118, 123, 124 e 153 della costituzione sono sospesi fino ad ulteriore avviso. È pertanto possibile: restringere i diritti di libertà personale [si intende l’habeas corpus], libertà di espressione, compresa la libertà di stampa, la libertà di organizzazione ed assemblea, la riservatezza di corrispondenza, posta, telegrammi e telefonate, ordinare perquisizioni e confische e limitare la proprietà, anche se questo non è altrimenti previsto dalla legge attuale.»

La decadenza delle parole anticipa quella della civiltà che ne abusa

e, anche questo ci è stato detto, ciò che è accaduto può tornare ad accadere e, aggiungo io, le parole degradate e degradanti sono un significativo incentivo che ci induce al peggio.
Anche le norme di legge sono parole.

24 Marzo 2012Permalink

20 marzo 2012 – La decadenza delle parole anticipa quella della civiltà che ne abusa

Lo ha scritto il 20 febbraio il vicedirettore de la Stampa. Massimo Gramellini, nella sua rubrica quotidiana.
E’ un’espressione che dice, con parole appropriate, ciò che io penso e perciò l’ho conservata. Sapevo che prima o poi ne avrei fatto uso nel mio blog, ma non immaginavo che ciò sarebbe accaduto in un’occasione così terribile come la strage alla scuola ebraica di Tolosa.
La notizia è di ieri e si parla di neonazismo.
Mi angoscia l’immagine di quella zona grigia in cui le parole più oscene corrono con leggerezza che sembra buon senso.
Spero non si cada nella trappola di colpevolizzare i giovani, vittime – a volte conniventi, ma vittime –  di una cultura che si aggrappa ad ogni minuscolo gancio che il presente offre all’idiozia, negando la storia se non per farne uso sconsideratamente retorico.
Ciò che mi fa orrore è l’incoscienza consapevole di anziani, fra cui ci sono ancora  coloro che ricordano la guerra che pur hanno vissuto e insieme inneggiano con borghesissima discrezione al fascismo che l’ha voluta, fingono di non vedere la continuità dirompente del razzismo che nel 1938 divenne legge, usano con incoscienza parole che spaventano ogni mente pensante ma sono gradite al loro cattivo buon senso.
Collego – a futura memoria – un link da un articolo di Repubblica

20 Marzo 2012Permalink

19 marzo 2012 – Apolidi e UNHCR

L’ UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (United Nations High Commissioner for Refugees – Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) ha recentemente reso pubblico un documento che l’Associazione Studi Giuridici Emigrazione (ASGI) ha riportato nel suo sito, corredato dallo studio (in inglese) su cui il testo  si fonda.
Il documento è limpido.
Si apre con un’affermazione che, in un paese che si considera civile, dovrebbe dar luogo a conseguenze che non interessano né i cittadini italiani, né i legislatori: “Un bambino che nasce apolide oggi affronterà un futuro incerto ed insicuro” e precisa che “A livello globale, gli apolidi, ovvero le persone che non posseggono la nazionalità di alcuno stato, sono circa 12 milioni, di cui addirittura la metà potrebbero essere bambini”
Poi ci propone la seguente considerazione: “Gli apolidi sono tra le persone più povere ed emarginate al mondo, spesso sono popolazioni invisibili che risultano difficili da censire”.
In Italia tale difficoltà – che il documento UNHRC riferisce all’impossibilità delle madri in alcuni paesi dell’Africa, dell’Asia e anche americani ad attribuire ai figli la propria cittadinanza anche autonomamente dal marito e comunque dal padre del bambino – permane in legge, limitatamente ai figli di coloro che, privi di permesso di soggiorno, dovrebbero esibirlo all’atto dell’iscrizione dei nuovi nati, esponendosi così al rischio di espulsione.
A fronte della vergogna di questa norma l’allora Ministro dell’Interno Maroni ‘rimediò’ con una circolare che dice essere obbligo iscrivere in ogni caso il neonato nei registri dello stato civile del comune al fine di garantirgli il certificato di nascita (Non credo di dover chiarire ulteriormente dato che da tre anni scrivo nel mio blog di questo problema e non mi faccio scrupolo a diffondere gli scritti. Mi collego comunque al più dettagliato mio intervento in merito come pubblicato dal mensile genovese Il Gallo).
Se da allora è possibile riconoscere i propri figli a seguito di una circolare permane però in legge la negazione della genitorialità che sarebbe possibile cancellare senza nessun passaggio parlamentare.
Credevo che i cittadini italiani si sarebbero sentiti offesi dalla presenza in  legge di una norma di sapore razzista (come altro definire la discriminante burocratica identificata da rappresentanti delle istituzioni proni alla cultura della Lega Nord?).
Credevo ma sbagliavo perché la questione non interessa neppure – fatte salve  pochissime eccezioni fra cui ricordo il GrIS– le organizzazioni che si dichiarano interessate ai diritti dei migranti, comprese quelle che –per meglio tutelarli – si sono messe in rete.
A questo punto mi sento finalmente di dichiarare un mio sospetto.
I neonati, di cui mi sono interessata, non votano, non chiedono di votare, non manifestano in piazza, non si aggregano per onorare con la loro presenza gli autoproclamati tutori di diritti (o almeno di alcuni diritti).
Non offrono fama e onore, o almeno visibilità, a chi eventualmente li protegga.
Ora, a seguito del documento dell’UNHRC potrebbe esserci qualche progetto finanziato a promuovere una legislazione intesa ad evitare l’apolidia nei paesi in cui vi sono difficoltà (almeno quelle di genere) a riconoscere i propri figli e garantire loro il godimento della cittadinanza nello stato in cui sono nati o almeno quella dei loro genitori (fosse pure uno solo di essi).
E allora associazioni (e anche chiese? Perché no? L’ipocrisia è ben diffusa) andranno, forti della loro civile provenienza, a spartirsi il bottino o almeno offriranno il loro consenso a chi può spartirselo. Sarà un bottino miserello? Meglio che nulla:  siamo in crisi! E, in ogni caso, un impegno per sollecitare una modifica della legge non assicurerebbe guadagno alcuno.
Ricordo che una proposta di modifica c’è, è all’attenzione del parlamento, ma viene ampiamente ignorata.

19 Marzo 2012Permalink

18 marzo 2012 – Cittadino? Per ora no

Emmanuel e Kant

Emmanuel aveva dieci anni quando lasciò il Ghana, il paese dove era nato e dove viveva con la nonna, per raggiungere i genitori emigrati in Italia.
Qui ha frequentato le nostre scuole fino al liceo ed ora è iscritto al corso universitario di fisioterapista. Parla un perfetto italiano: “Ho imparato l’italiano in sei mesi, dice. Veramente le mie maestre dicevano in tre ma erano troppo ottimiste. Mi hanno aiutato i compagni di scuola che frequentavo anche nel tempo libero e gli amici della chiesa dove partecipavo alla scuola domenicale. Conoscere il twi e l’inglese mi ha aiutato perché – e sembra soppesare ogni parola che pronuncia – mi sono subito confrontato con diversi sistemi linguistici; il mio non è stato un apprendimento passivo”.
Non ricorda alcuna difficoltà nell’inserimento se non qualche imbarazzo al liceo dove la sua presenza assolutamente minoritaria era inevitabilmente visibile.
Mi rendo conto che ha frequentato un liceo dove anch’io ho insegnato e ci mettiamo a chiacchierare del comune luogo di esperienza scolastica. Mi dice:  “Mi sarebbe piaciuto studiare filosofia ma ho scelto un percorso che, oltre ad appassionarmi mi offrirà maggiori opportunità di lavoro”. Mi viene spontaneo chiedergli quali filosofi gli siano risultati più interessanti e fra i nomi che mi propone spunta Kant, la grande scoperta dei miei interessi giovanili. E così mi trovo in una situazione surreale che solo vent’anni fa non avrei potuto immaginare: un ragazzo ghanese e una pensionata italiana condividono un interesse filosofico e ne parlano.
Siamo coinvolti entrambi in un mondo nuovo che ci interroga  e non sappiamo cosa ci offrirà in un futuro ormai prossimo.
Emmanuel sa quello che non gli offrirà al termine degli studi: difficilmente allora avrà già acquisito la cittadinanza italiana, per cui pure ha fatto domanda, e non potrà quindi accedere ai concorsi per un lavoro nel sistema sanitario pubblico.
Commenta: “Sono entrato in una facoltà a numero chiuso superando, alla pari con tutti gli altri, un difficile esame. Quando ne uscirò verrò discriminato. Perché?”

18 Marzo 2012Permalink

17 marzo 2012 – Nuovo corso 3

 A mia futura memoria
Insisto! Anche se non ho ricevuto riscontro alcuno in merito alla rubrica in cui segnalo feste che non fanno parte della nostra tradizione ma che in paesi dove sussiste un pluralismo consolidato dalla storia comune consentono un incontro fra persone o gruppi che reciprocamente si riconoscono non in un evento – che agli uni o agli altri può non appartenere – ma nel clima gioioso che questo può suscitare.
Come nelle precedenti puntate aggiungo qualche indicazione di eventi che, in qualche caso, ho voluto chiarire con mie note.
Per chi volesse saperne di più non mancano pubblicazioni e notizie su internet

  1 marzo 1968 – battaglia valle Giulia dà inizio al ’68 italiano
  4 marzo 2005   uccisione di Nicola Calipari
  9 marzo 1976   caduta della funivia del Cermis
10 marzo 1987 – l’ONU riconosce il diritto di obiezione di 
                           coscienza   alle armi
13 marzo 1983 – assassinio di Marianella Garcia Villas in Salvador
15 marzo 1545 – apertura Concilio di Trento
16 marzo 1978 – rapimento di Aldo Moro
17 marzo 1981 – nella villa di Gelli viene ritrovata la lista dei
                        membri della P2
20 marzo 1930 – Gandhi inizia la “marcia del sale”
24 marzo 1980 – assassino di mons. Oscar Romero
25 marzo 1957 – firma del Trattato di Roma che istituisce la Cee
29 marzo 1973 – uscita dei soldati americani dal Vietnam

Note (mie non del calendario)

1 marzo 1968    La ‘battaglia’ di valle Giulia venne ricordata anche da una celebre poesia di Pasolini,  in questi giorni evocata a proposito e sproposito in merito alla reazione alla costruzione della TAV.
Chi volesse leggerla può attivare il sito che segnalo
http://www.corriere.it/speciali/pasolini/poesia.html

17 marzo 1981 nella villa di Gelli viene ritrovata la lista dei membri della P2
 Della questione si occuperà  l’on. Tina Anselmi a partire dal 1981nella sua veste di presidente della Commissione d’inchiesta sulla loggia massonica P2, che terminò i lavori  nel 1985.
La relazione finale fu approvata dalla stessa commissione il 3 luglio 1984, e dalla Camera il 6 marzo 1986

24 marzo 1980 Tre anni prima , il 24 marzo, era stato assassinato mons. Romero, arcivescovo di San Salvador.  Ne tratta un libro che mi sento di segnalare:
 Raniero La Valle e Linda Bimbi Marianella e i suoi fratelli.
Una storia latinoamericana
,    Milano, Feltrinelli, 1983

17 Marzo 2012Permalink

17 febbraio – Una nuova cittadina

I diritti di Anna

Anna Addo Twum mi guarda con tutta la determinazione che i suoi 18 anni le consentono.
Tempo fa si è dovuta procurare il suo personale permesso di soggiorno (“prima ero registrata su quello della mamma – precisa – e non mi ponevo il problema”) per poter fare un brevissimo viaggio in un paese europeo. Alle amiche che viaggiavano con lei non  era stato imposto nulla del genere: a loro bastava la carta di identità. A Anna no.
I suoi genitori – ghanesi – si erano trasferiti in Italia dal paese d’origine nel 1989, migranti per ragioni di lavoro hanno sempre lavorato in Friuli e Anna è nata a Udine.
“Io non ho chiesto di venire in Italia. Non ho scelto di migrare. Sono nata qui: perché devo essere trattata come fossi diversa?”
Con questo convincimento ben chiaro ascolta le conversazioni durante le riunioni familiari, capisce che avere la cittadinanza italiana fa la differenza. Pur non avendo ricevuto alcun avviso formale si documenta su internet, ottiene informazioni da un’associazione e da un patronato sindacale, e – con l’aiuto validissimo di un’impiegata del comune di Udine, come lealmente riconosce- raccoglie tutta la documentazione necessaria per dimostrare la continuità della sua presenza in Italia dalla nascita al compimento del 18mo anno e diventa cittadina italiana.
Della questione avevamo scritto su Ho un sogno dello scorso mese di ottobre (n. 202/2011) e fa piacere riscontrare che una ragazza di seconda generazione possiede con chiarezza la cognizione dei suoi diritti.
Ora si appresta a concludere il suo corso di studi presso un istituto professionale di stato dove frequenta l’ultimo anno del corso per tecnici dei sevizi socio-assistenziali.
“A scuola –mi dice – sono ben integrata nella classe dove so di essere una figura importante”. Anna non chiede nulla alla benevolenza altrui: sa cosa significa essere cittadini. pari per “dignità sociale”, “ eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Confida di sentirsi  ben integrata anche nella chiesa metodista di cui fa parte dove, afferma, è stata accolta con una disponibilità che le ha consentito di crescere anche nella sua dimensione di fede.
Ma qui è bene che la curiosità si fermi. Sappiamo entrambe che l’appartenenza religiosa non impone mai la necessità di dare spiegazioni ad alcuno. Anche il pudore che ci accomuna è un rifiuto del pregiudizio.

17 Febbraio 2012Permalink

13 febbraio 2012 – Ancora informazioni non deprimenti …..

Segnalazione

Dal 28 gennaio scorso l’utilissimo  sito della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni ha reso disponibili nell’area Dossier del sito simmweb (raggiungibile anche da qui) i collegamenti con le schede riassuntive dei dati Istat e dei rapporti Caritas Migrantes dal 2005 ad oggi.
Per chi sia interessato a ragionare con il sostegno della statistica questo spazio rappresenta veramente una risorsa.

La registrazione delle nascite e la chiesa anglicana.

Traduco dal sito www.eni.ch  (Ecumenical News International – PO Box 2100 – CH – 1211 Geneva 2 – Switzerland) e di seguito riporto il testo inglese per chi volesse la certezza della notizia.

La rete anglicana promuove la campagna per la registrazione delle nascite.

Nelle nazioni industrializzate il certificato di nascita è dato per scontato anche se viene considerato una noiosa burocrazia. Ma nel mondo sviluppato  l’esistenza di questo documento può fare la differenza fra la piena partecipazione ai diritti di cittadinanza o la semplice sopravvivere.
Per questo la Rete Internazionale della Famiglia Anglicana (IAFN) ha lanciato una campagna mondiale per la registrazione delle nascite.
La rete chiede alle chiese anglicane di associarsi con i governi e altri enti per garantire che i bambini nati nel 2012 e negli anni seguenti vengano registrati.
La IAFN ha affermato in un recente documento “Pià  che una formalità legale, la registrazione delle nascite apre la porta alla scolarizzazione e alle cure mediche. Senza tale documento le persone non possono essere in grado di ottenere un passaporto, comprare una casa o un terreno, o sposarsi”,

Anglican network starts campaign for birth registrations

(ENInews)–In industrialized nations, a birth certificate is taken for granted, even regarded as a bit of tedious bureaucracy. But in the developing world, the existence of such a record can mean the difference between full participation in citizenship, or barely living. That’s why the International Anglican Family Network (IAFN) has launched a global campaign to register births. The network is calling on Anglican churches to partner with government and other agencies to ensure that babies born in 2012 and after are registered. “More than just a legal formality, birth registration opens the door to education and healthcare,” the IAFN said in a recent news release. “Without it, people may not be able to obtain a passport, own a house or land, or marry.” [555 words, ENI-12-0040]

 Per quanto il nostro paese possa vivere un periodo di sofferenza non può considerarsi economicamente sottosviluppato ma sembra vivere in un pesante clima di sottosviluppo culturale.
Questo blog conosce bene (sono più di tre anni che ospita notizie e considerazioni in proposito) il problema della registrazione anagrafica e sa che per due anni una normativa razzista ha impedito il matrimonio alle coppie uno dei cui membri fosse privo del permesso di soggiorno, tanto che solo il coraggio di pochi che hanno denunciato questa vergogna ha permesso alla corte costituzionale di cancellare la norma proibizionista.
E’ rimasto però in legge il vincolo che vuole la presentazione del permesso di soggiorno per registrare la nascita di un proprio figlio. Che questo vincolo sia praticamente aggirato con strumenti burocratici di livello inferiore alla legge e quindi sia possibile registrare le nascite non basta a chi si consideri cittadino responsabile.
Lo scorso mese di novembre è stata presentante in parlamento una proposta di legge finalizzata a porre rimedio alla situazione (questo blog ne ha scritto il 2 dicembre scorso e non solo) ma in parlamento nulla ancora si è mosso.
Potremmo provare a ricorrere  alla chiesa anglicana, certamente minoritaria in Italia ma, dato che quella maggioritaria si segnala per un indecente silenzio in proposito. usiamo degli strumenti che si rendono disponibili!

13 Febbraio 2012Permalink