9 giugno 2013 – Miscellanea: dalla legge suina ai bimbi fantasma

Libertà e giustizia

Ricevo dalla coordinatrice del circolo locale libertà e Giustizia un volantino da cui traggo una citazione per me importantissima sia per chi ne è l’autore sia per i contenuti..
“Possiamo confidare d’avere una legge elettorale conforme alla democrazia, per quando si sarà chiamati a votare?
Un Parlamento di nominati non dispiace affatto a chi li può nominare, distribuendo favori e, al contempo, assicurandosi fedeltà incrollabili. Gli accoliti possono essere più utili di rappresentanti della Nazione. E anch’essi possono riporre nel sistema delle nomine dall’alto la speranza di “rielezione”, in cambio della fedeltà ai capi”. Gustavo Zagrebelsky

Avevo sperato che il governo Letta si adoperasse per portarci subito fuori dai meandri della legge suina. Non è così. Come voteremo la prossima volta e quando sarà?
Mentre scrivo sento le notizie relative alla non affluenza ai seggi elettorali.
Ma cosa si aspettavano? Non capiscono che siamo stanchi di uomini dalla fedeltà che quando non è complice (non credo all’equazione politico-delinquente, che però è diffusa) è incompetente e inconcludente?

Monitorare una Convenzione ONU

In Italia la convenzione Onu sui diritti dei minori è legge (n.176/1991) e la sua attuazione viene monitorata dal Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC) che presenterà domani al Parlamento il suo sesto  rapporto annuale.
E’ un testo molto chiaro e documentato che, attraverso le raccomandazioni poste alla fine di ogni paragrafo, fornisce alle istituzioni competenti indicazioni concrete e soprattutto attuabili per promuovere un cambiamento.
Chi volesse leggere l’intero documento (più di 160 pagine) può accedervi da vari siti,
Al momento quello dell’Asgi di cui di solito mi servo non funziona, ma potete farlo da qui.

Domani, lunedì, il Rapporto Annuale dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza verrà presentato al Parlamento.
Nella speranza che qualche parlamentare ascolti e ne tragga efficaci indicazioni per il suo lavoro ho scritto la lettera che ricopio e che ho inviato a parlamentari eletti in Friuli Venezia Giulia (cui ho aggiunto l’on. Khalid  Chaouki che mi hanno detto essere persona attenta a questo tipo di problemi).

Ai signori senatori Francesco Russo, Isabella De Monte, Carlo Pegorer, Lodovico Sonego,
Ai signori deputati Gianna Malisani, Giorgio Zanin; Ettore Rosato, Giorgio Brandolin,  Tamara Blazina,  Serena Pellegrino

Vi scrivo come cittadina italiana preoccupata dal fatto che in Italia nascano bambini cui è negata la registrazione anagrafica preoccupazione confermata dal documento che vi sarà presentato lunedì 10 giugno, secondo quanto ho ricavato dal sito del Parlamento e di cui trascrivo il riferimento.

Vicepresidente Di Maio lunedì a Presentazione Rapporto Autorità Garante Infanzia e Adolescenza
Il Vicepresidente della Camera dei deputati, Luigi Di Maio, lunedì 10 giugno, alle ore 11.00, parteciperà alla Presentazione del Rapporto Annuale dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Vincenzo Spadafora, presso Palazzo Giustiniani – nella Sala Zuccari del Senato (Via della Dogana Vecchia, 29).


Sono pienamente a conoscenza dell’ampiezza del documento citato nel comunicato e vi prego pertanto di fare efficace attenzione a quanto raccomandato e ampiamente descritto al punto 1 del cap. III e che, per quanto di competenza del Parlamento, trascrivo.

Capitolo III  1. Diritto registrazione e cittadinanza
Alla luce di tali considerazioni il Gruppo CRC raccomanda:

1. Al Parlamento di attuare una riforma legislativa che garantisca il diritto alla registrazione per tutti i minori, indipendentemente dalla situazione amministrativa dei genitori;
2. Al Parlamento di attuare una riforma della Legge 91/1992 che garantisca percorsi agevolati di acquisizione della cittadinanza italiana per i minori stranieri nati in Italia e per i minori arrivati nel nostro Paese in tenera età;

Ringrazio per l’attenzione  Augusta De Piero – Udine

Nella lettera ho fatto riferimento solo al problema della registrazione anagrafica dei figli degli immigrati senza permesso di soggiorno di cui ho parlato tante volte (si attivi il tag anagrafe e in particolare il mio pezzo del 20 giugno 2012 ) sorpresa dal fatto che il Gruppo CRC raccomandi al punto 1 quello che io chiedo dal 2009. (Per saperne di più si vedano i punti 28 e 29 del capitolo citato sopra)

Cristian cittadino italiano   
Ne ho scritto il 5 giugno, riportando un articolo del Corriere della Sera dove c’erano anche dei link relativi alla pregressa attività del ministro Cancellieri (ieri interni, oggi giustizia). L’articolo, facendo riferimento alla disabilità del ragazzo che gli avrebbe impedito di diventare cittadino italiano perché non in grado di capire il senso del giuramento sulla Costituzione  affermava correttamente : “C’è, però, e prevale sulle norme nazionali, la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia, che stabilisce esplicitamente: il diritto di cittadinanza non può essere negato”.
Tutto chiaro? Non troppo perché l’osservazione che segue è molto preoccupante.
Trascrivo: “La materia diventa allora complessa e delicata, come osserva il ministro, e potrebbe riguardare molti casi, finora rimasti in ombra. Nei dati dell’Istruzione relativi all’anno scolastico 2009-10, riportati dall’Agenzia Redattore sociale, si calcolano nelle classi italiane oltre 10.500 alunni immigrati con disabilità intellettiva”.
I 10.500 disabili segnalati sono tali per patologie o per difficoltà intercorse  nel processo di integrazione e in particolare nell’apprendimento della lingua italiana?

No, tu no … né libero né giusto

Fra le tante contraddizioni del coacervo di norme che trattano della condizione dei minori ricordo (e non sarà l’ultima volta. Magari lo fosse!) la condizione dei bambini non registrati all’anagrafe, il cui processo di integrazione è impedito per legge all’origine.
Tutti condannanti al destino di disabili certificati?
E se si troveranno in una scuola dove i disabili vengono picchiati e insultati (la documentazione del caso che collego dei carabinieri) chi potrà difenderli dato che non esistono e che i loro genitori tali non sono? Dove mai è scritto? Ma è possibile che parlamentari, sindaci e opinione pubblica se ne infischino?

9 Giugno 2013Permalink

22 marzo 2013 – Hai avuto il certificato di nascita con qualche anno di ritardo? Niente cittadinanza

Rinvio al tag anagrafe chi eventualmente legga il mio blog e desideri verificare i precedenti alla lettera che trascrivo.
E’ evidente che non è possibile far ordine nel caos normativo italiano che purtroppo sembra essere anche una linea di indirizzo per il futuro.
Perché infatti non ci impegniamo per la modifica della norma che chiede il permesso di soggiorno a chi voglia registrare i propri figli e abbiamo quindi deciso di continuare a creare apolidi?
Vorrei che i politici italiani meditassero sulle conseguenze che la firmataria della lettera subisce per essere stata per qualche anno nella sua infanzia priva di certificato di nascita.
Quanto ho visto finora non mi fa sperare in un soprassalto di competenza e dignità né nei responsabili politici né nella società civile.

11.03.2013 Che colpa abbiamo noi?
Mi chiamo M., e sono una ragazza di origine albanese, nata in Italia nel 1994. Il 3/6/2012 ho compiuto 18 anni ed ho presentato al Comune di M., dove risiedo, la dichiarazione di elezione della cittadinanza italiana.
La dichiarazione non è stata ancora accolta per il fatto che, benché’ io abbia soggiornato legalmente in Italia ininterrottamente dalla nascita, la mia iscrizione anagrafica è avvenuta in ritardo.
Il mio Sindaco ha inviato una lettera, nonché tutta la documentazione (permessi di soggiorno, libretto vaccinazione, iscrizione sanitaria, ricevute di affitto ecc) a dimostrazione della continuità del mio soggiorno legale. Per il momento, il Ministero si è espresso negativamente, sebbene risulti provata di fatto la ininterrotta presenza mia nel territorio italiano, in quanto, nessuno dei miei genitori era iscritto all’anagrafe al momento della mia nascita.
Mi sento una condannata, per un reato che non ho commesso, per colpa di una legge ingiusta, e vi spiego anche perché.

Art. 1 co. 2 lettera a) DPR 572/1993 stabilisce che

2. Ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana:
a. si considera legalmente residente nel territorio dello stato chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d’ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia d’iscrizione anagrafica;

L’iscrizione anagrafica avvenne tardivamente perché’ mia madre, se la vide rifiutare, prima ancora della mia nascita, sulla base del fatto che il permesso di soggiorno per studio (di cui mia madre era titolare all’epoca) non consentiva l’iscrizione anagrafica. Tale motivazione, comunicata a mia madre – secondo una prassi diffusa, quanto deprecabile – solo verbalmente, era già al tempo del tutto priva di fondamento giuridico, dato che art. 6 co. 1 della Legge 39/1990 stabiliva:

1. Gli stranieri in possesso di permesso di soggiorno hanno diritto all’iscrizione anagrafica presso il comune di residenza secondo le norme in vigore per i cittadini italiani.

In questa situazione, appare evidente come mia madre e, a maggior ragione, io stessa abbiamo “soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d’ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia d’iscrizione anagrafica” e che il requisito di residenza legale ininterrotta dalla nascita fino al compimento dei 18 anni sia quindi da me soddisfatto, non potendo rilevare a tal fine il mancato adempimento da parte di terzi (in questo caso, chi allora agiva come ufficiale d’anagrafe del Comune di residenza di mia madre).
Una recente sentenza della Corte d’Appello di Napoli, sostiene che non possono imputarsi al minore gli inadempimenti dei genitori, rilevando solo, quindi, la residenza di fatto. Meno che mai, sulla base di questo orientamento, il diritto del neo-diciottenne dovrebbe essere sterilizzato da inadempimenti dell’amministrazione.
Questo orientamento appare perfettamente compatibile con il tenore letterale della disposizione di cui all’art. 1 comma 2 lettera a) del DPR 572/1993, dal momento che, trattandosi di un diritto soggettivo della persona (l’acquisto della cittadinanza iure soli), le condizioni che lo integrano non possono che riguardare dati e comportamenti del neo-diciottenne richiedente.
In altri termini, anche prescindendo dal fatto che nel caso che mi riguarda l’iscrizione anagrafica di mia madre e’ stata a suo tempo illegittimamente rifiutata, non esiste alcun adempimento in materia anagrafica al quale il minorenne sia tenuto, spettando a chi esercita la patria potesta’ di rendere le dichiarazioni anagrafiche di cui all’articolo 13 DPR 223/1989. Non si puo’ quindi ritenere inadempiente il neo-diciottenne in relazione ad obblighi che non gli spettavano.

Nella mia situazione si trovano migliaia di ragazzi, che aspirano al riconoscimento della cittadinanza italiana, ma che non possono ottenerlo perché i loro genitori, per vari motivi, non hanno potuto perfezionare, a tempo debito, l’iscrizione anagrafica, pur vivendo legalmente in Italia, lavorando in Italia, pagando le tasse in Italia.
In attesa di una riforma legislativa, che richiederà comunque tempi lunghi, chiedo con questa lettera al Ministro dell’interno, di dare istruzioni, con una circolare, perché’ venga riconosciuto il nostro essere italiani, non solo di fatto, ma di diritto.

Cordiali Saluti
M. D.

22 Marzo 2013Permalink

25 gennaio 2013 – Un po’ di sintesi e un manifesto

Il sonno della ragione genera mostri

‘Il sonno della ragione genera mostri’, così nel 1797 Francisco Goya intitolava una sua acquaforte e tanto gli abbiamo dato ragione che potremmo anche sospendere  questa azione di postuma solidarietà. Poiché parecchi tentativi di inserirmi in un collettivo ragionare sono falliti assicuro almeno a me stessa uno spazio per far sintesi delle notizie che ho raccolto e che mi hanno costretta a qualche non occasionale riflessione.

La scuola dell’obbligo senza permesso di soggiorno?

Così raccontava la lettera g) del comma 22 della legge 94/2009 (nota come ‘pacchetto sicurezza’) e, per la cronaca, l’eccezione relativa alla scuola dell’obbligo era stata frutto di un emendamento presentato dalla on. Mussolini, ispirata dal presidente della Camera on. Fini. Questa eccezione risolveva solo un frammento del problema (più a discutibile onore dei proponenti che a garanzia dei soggetti interessati) perché restavano del tutto scoperti gli asili nido, le scuole dell’infanzia e, posto che fosse possibile l’accesso alla scuola superiore, c’era il rischio che al compimento dei 18 anni lo studente non potesse essere ammesso all’esame di maturità. Problemi emersi, fallimenti, circolari occasionali … un caos e una perdita di tempo dovuti a una pessima modalità di legiferare.

Ora anche quel frammento crolla perché

1) chi iscrive i figli alla scuola pubblica, con le modalità previste per la metodologia elettronica, anche se non possiede un PC – e la scuola stessa lo soccorre- deve però disporre di un indirizzo e-mail.
Che se ne fa uno senza computer di un indirizzo di posta elettronica? Credo siamo nello spazio culturale della regina Maria Antonietta: “Se non hanno pane mangino brioches”;

2) Nella documentazione da proporre per l’iscrizione alla scuola ci deve essere il codice fiscale di cui, chi non ha il permesso di soggiorno, non dispone. Fantastico!
Adesso capisco perché un destino ironico e amaro ha fatto sì che tutto questo pastrocchio facesse capo a un comma 22! Joseph Heller era stato profeta e oggi potrebbe riscrivere il suo cerchio indistruttibile così:
‘Chi non ha il permesso di soggiorno può iscrivere i propri figli alla scuola dell’obbligo
ma chi iscrive i propri figli alla scuola dell’obbligo deve avere il permesso di soggiorno’.

Il Manifesto dell’Associazione Studi Giuridici Immigrazione (ASGI) per riformare la legislazione sull’immigrazione

Il Manifesto si sostanzia in dieci punti che non trascrivo. Sono indicazioni preziose e chi vorrà potrà andarsele a leggere nel sito che ho collegato all’acronimo ASGI, sperando che chi lo praticherà non si fermi all’enunciazione ma entri, secondo le proprie competenze e interessi, nelle singole voci.
E’ un’operazione che ho fatto anch’io e mi limito a un punto che è strettamente connesso a quello che scrivo inutilmente da anni:
Ricopio dal paragrafo 3 del Manifesto ASGI:

I minori stranieri devono essere trattati, in primo luogo, come minori.
La
Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata dall’Italia con legge n. 176/91, stabilisce che i diritti da essa sanciti devono essere riconosciuti a tutti i minori che rientrano nella giurisdizione dello Stato, senza alcuna discriminazione, indipendentemente dalla loro nazionalità, regolarità del soggiorno o apolidia. Ai sensi della Convenzione, inoltre, in tutte le decisioni che riguardano i minori, il superiore interesse del minore deve essere una considerazione preminente. Tali principi sono già previsti nel testo unico delle leggi sull’immigrazione, ma spesso, nella prassi, sono disapplicati o non attuati.
Per garantire i diritti dei minori stranieri è dunque necessario che:
1) si affermi inequivocabilmente che ai minori stranieri presenti sul territorio nazionale, indipendentemente dal possesso di un permesso di soggiorno da parte loro o dei genitori, sono riconosciuti in via generale pari diritti rispetto ai minori italiani, inclusi i diritti inerenti gli atti di stato civile, il diritto all’iscrizione al servizio sanitario nazionale, l’accesso agli interventi di sostegno al nucleo familiare finalizzati a consentire al minore di essere educato nell’ambito della propria famiglia, il diritto all’istruzione e alla formazione fino al conseguimento del titolo finale del corso iniziato durante la minore età;

Come rendere operativi i principi del manifesto ASGI?

Per me gli ostacoli sono due e mi limito ad enunciarli

1) nei parlamentari, senatori o deputati che siano, o aspiranti tali, l’incapacità a considerare i diritti fondamentali al di fuori di una logica di voto di scambio e la determinazione a dare risposte occasionali con un occhio di riguardo alle lobbies e quindi al numero e alla visibilità di chi si rivolge loro con qualche proposta. Di recente una persona, che è ben emersa alle primarie e quindi si proporrà al nostro acritico voto (condizionato dalla scelta del partito a norma di legge suina) mi ha detto: ‘ma a queste cose penseremo in un futuro con una nuova legge sull’immigrazione!” E io parlavo di registrazione anagrafica! Possibile che non riescano a capire che i diritti fondamentali non sono beneficenza, per quanto nobile, ma garanzie universali?!

2) nella società civile, l’arroccamento attorno al proprio ‘particulare’, nobile o ignobile che sia (provate a rileggere Guicciardini!) che riduce il rapporto politico se non a un voto di scambio alle sue premesse e l’incapacità –per paura di perdere simpatie calate dall’alto – a farsi propositivi. Non diverso danno viene da coloro che limitano la propria partecipazione a un urlo contro, tanto appagante se collettivamente esercitato, quanto inutile.

C’è il rischio che i principi ASGI, sventolati come bandiere, vengano vanificati nel loro significato e non si sostanzino in leggi di cui abbiamo bisogno. Che fare?

La prima cosa che faccio io

Trascrivo l’art. 1 della legge in vigore sulla cittadinanza e l’art. 1 della proposta di legge a iniziativa popolare con cui dovrebbe confrontarsi anche il futuro parlamento (se mai lo farà).

Legge n. 91/1992   Art. 1

1. È cittadino per nascita:
a) il figlio di padre o di madre cittadini;
b) chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono.
2. È considerato cittadino per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza
.

Proposta di legge a iniziativa popolare:

Art. 1. (Nascita)

1. Al comma 1 dell’articolo 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:
b-bis).Chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia legalmente soggiornante in Italia da almeno un anno.”

“b-ter). Chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia nato in Italia.”

Ultima domanda:
perché quando pongo il problema della registrazione anagrafica dei sans papier molti mi dicono che l’accoglimento della proposta  di legge a iniziativa popolare risolverà il problema?
Pensano di tranquillizzarmi?
Signori miei, essere vecchie non significa essere sceme e comunque non fa perdere il diritto di voto, anche se vale uno e non si unisce a lobbies da sondaggio.

25 Gennaio 2013Permalink

3 gennaio 2013 – Neonati, pediatri e aspiranti parlamentari.

Pediatra o non pediatra?

Mi viene segnalato che in un’ASL della regione Friuli Venezia Giulia è stata rifiutata l’iscrizione al Servizio Sanitario a una bambina di otto anni perché il padre non ha il permesso di soggiorno non so per quali ragioni.
Non ne so molto di più e comunque mi sento di dover proteggere chi mi ha riferito la notizia della cui veridicità sono certa e, attraverso chi mi ha informato, l’identità dei protagonisti.
Le sono state negate anche le cure? Se ciò è avvenuto spero che nessuno leggendo abbia un sobbalzo di inaccettabile meraviglia: “ma come! Non si curano i bambini!”.
No, capita che non si curino e molti si adeguano senza sapere che ciò è illegale.
Nella nostra regione esiste dal 2007 una delibera (n. 340) che prevede l’ “Assistenza primaria pediatrica a favore di minori di anni 14, figli di cittadini extracomunitari privi di permesso di soggiorno”. (Ringrazio il dr. Pitzalis, responsabile del GrIS del FVG per avermene segnalato l’esistenza). Quindi quella delibera ha garantito ai bambini senza permesso di soggiorno il diritto alla assistenza pediatrica dei pediatri di base come per i loro coetanei iscritti al Servizio Sanitario, ma non l’iscrizione al Servizio stesso.
Ovviamente, com’è giusto, il servizio pediatrico era regolarmente retribuito.
E tutto ciò nel rispetto della legge 27.5.1991, n. 176 che è la ratifica della Convenzione ONU sui diritti dei minori.

E, se tanto non bastasse, il 20 dicembre 2012 la Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, ha approvato un Accordo sul documento  “Indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l’assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle Regioni e Province Autonome italiane”. In tale documento, constatato che sul territorio nazionale è stata riscontrata una difformità di risposta in tema di accesso alle cure da parte della popolazione immigrata, vengono definiti alcuni punti che richiedono uniformità e, fra questi si trova l’iscrizione obbligatoria al SSN dei minori stranieri anche in assenza del permesso di soggiorno’.
Il problema della piccola quindi dovrebbe essere risolto ma se l’Asl di competenza abbia informato il padre di questa opportunità non lo so. Se mai verrò a saperlo ne scriverò.

Per chi volesse verificare il testo dell’Accordo segnalo che la prima organizzazione a darne notizia è stata la Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, come riportato in questo blog il 26 dicembre scorso (è leggibile anche da qui ) e dal 2 gennaio si trova anche nel sito dell’Associazione Studi Giuridici Immigrazione (leggibile anche da qui).

Certificato di nascita e cure

La bambina di cui ho scritto all’inizio aveva evidentemente un papà (che altrimenti la richiesta dell’iscrizione al servizio sanitario non avrebbe potuto essere presentata da chi a questo ha provveduto). Per avere un papà doveva avere un atto di nascita su cui si potesse leggere l’identità dei genitori, doveva –in definitiva – essere stata registrata all’anagrafe del comune di nascita.
Chi pratica questo blog sa che ci sono bambini per cui la legge italiana ha stabilito che di tale certificato e di tutto ciò che ne consegue devono essere privi (vedi alla voce anagrafe e, in particolare, quanto ho scritto il 15 marzo 2011).
Che poi la norma possa essere fortunatamente aggirata con l’uso di circolari è un fatto (finché un governo prossimo venturo non decida di abrogarle senza che debba darne notizia al parlamento, appunto perché di circolari si tratta) ed è un fatto anche che operatori consapevoli e competenti informano gli interessati in modo da  rendere possibile la registrazione anagrafica.
Ma è una misura sempre e uniformemente applicata su tutto il territorio nazionale?
Credo di no, ma c’è di peggio

I candidati alle primarie, vincenti o perdenti

Poiché mi piace sapere qual è il livello di competenza di chi mi rappresenta, mi rappresenterà o vorrebbe rappresentarmi ho cercato di contattare, via facebook, candidati alle ‘primarie’ del Pd e di Sel (o almeno chi della loro propaganda si è fatto carico) con risultati squallidi. La maggior parte non ha nulla da dire, qualcuno/a si scoccia perché sembra non si debba andare oltre il consenso, l’applauso, gli auguri (mi sembra si chiamasse culto della personalità), uno/a di loro mi ha spiegato che questa è questione da affrontarsi di in termini di solidarietà con una nuova legge sull’immigrazione. E no signor/signora mio/a. Io, con queste premesse, non ti voterò mai. Non è una questione di migranti: stiamo giocando con diritti civili fondamentali che vanno salvati oggi (anzi dovevano esserlo ieri) e lo possiamo fare senza modifiche complessive pur, per altre ragioni, necessarie. Ci basta la Costituzione letta nel rispetto delle norme internazionali che abbiamo ratificato: siamo nel campo dei diritti inviolabili dell’uomo caratterizzati dall’universalità (si veda il mio pezzo del 31 luglio 2011).

La società (in)civile 

Se chi vorrebbe rappresentarci può permettersi di proclamare sciocchezze lo fa certamente in virtù di una basilare incompetenza ma anche perché la società (in)civile glielo permette.
E’ passato da poco il Natale e chiese e grandi magazzini si sono uniti nelle più dolciastre delle promozioni di beni materiali ed emotivi.

Vogliamo vedere se corrispondono almeno ai testi dei Vangeli canonici?
Giuseppe, che era un uomo giusto (Vangelo di Matteo cap. 1, 19) si fece carico di un bimbo non suo e cui fu messo il  nome di Gesù (Vangelo di Luca cap. 2, 21).
Il che significa che fin dall’antichità si conoscevano i modi di una responsabilità verso i neonati oltre la generazione e la dignità di un nome che identifica una persona.
Oggi anche la legge ce ne dà strumenti che vorrebbero essere certi.
Il legislatore italiano non è d’accordo? Sarebbe bene che chi vuole entrare in Parlamento ci facesse un pensierino.

3 Gennaio 2013Permalink

15 luglio 2012 – Ricevo un messaggio e interrompo per oggi il diario di Santiago

Il messaggio

Il testo che trascrivo mi è stato inviato da una donna che non fa parte dell’organizzazione firmataria

Ciao a tutt*,

Da circa 10 giorni fuori dal CIE di Gradisca staziona con grande tenacia Yasemin, vent’anni, incinta di 7 mesi di Radouane, 25 anni, detenuto a Gradisca da un mese dopo aver passato due settimane al centro di Torino. Yasemin chiede l’immediata scarcerazione di Radouane, con cui è già sposata con rito islamico e con cui conviveva a Torino da due anni. Radouane è uno dei tre detenuti che da venti giorni stanno portando avanti uno sciopero della fame. Erano partiti in 48 quando le misure repressive all’interno del CIE si sono fatte ancora più insopportabili. Durante l’ultima visita di una delegazione di parlamentari, circa 20 giorni fa, un ragazzo si è gettato con forza contro il vetro anti-sfondamento delle celle, riportando una ferita alla testa e perdendo I sensi. La delegazione ha parlato con un altro ragazzo che si trova in sedia a rotelle poichè durante l’ultima grossa rivolta gli è stato sparato un lacrimogeno sulla gamba. Come sempre non possiamo sapere tutto quello che succede all’interno del CIE, date le misure di isolamento cui I detenuti sono sottoposti: tuttavia ora abbiamo delle notizie anche all’esterno, grazie a Yasemin e alla sua lotta. Crediamo sia fondamentale sostenerla non solo affinchè possa ricongiungersi a Radouane ma anche per riprendere a parlare e a mobilitarsi contro I CIE.

Alcune persone di Tenda per la Pace e i diritti e dell’UDS da giorni si alternano per non lasciare sola Yasemin, che questa notte è arrivata a rifiutare l’accoglienza che le era sempre stata offerta e ha passato la notte su un materassino davanti al CIE, con i “ci dispiace” dei poliziotti che lavorano al suo interno.

C’è da fare molto di più: abbiamo già una serie di proposte e ragionamenti da fare che ci piacerebbe condividere con voi, pertanto convochiamo una riunione presso la nostre sede a Staranzano (Piazza Dante 4) alle ore 21.00 di martedì 17 luglio. Chiediamo inoltre a chi è disponibile a passare qualche ore fuori dal CIE con Yasemin per non lasciarla sola questo weekend di farsi vivo a questo numero: 3208105362 (Marta).

A martedì!                                                   Tenda per la pace e i diritti 

La risposta che ho inviato 

Grazie per l’informazione.

Consiglio di contattare i responsabili del GrIS (livello operativo locale della società di medicina delle migrazioni www.simmweb.it)
Dovrebbero potervi spiegare i doveri dei vari livelli istituzionali – previsti in legge – nei confronti di gravide, madri e padri dei neonati che credo sia un punto di partenza ineludibile, certo e vincolante.

Il 13 dicembre scorso ho inserito nel mio blog (www.diariealtro.it) un documento del ministro Cancellieri per ciò che concerne l’accesso ai CIE (è chiaro che il Prefetto vi si deve adeguare).
Provate a mandare la notizia anche all’ASGI (Associazione Studi Giuridici Immigrazione); a mia conoscenza è referente locale silviacanciani@gmail.com.

Per ragioni personali ora non posso raggiungere Yasmine, cui faccio i miei più affettuosi auguri.
Mi spiace non esservi utile.
Augusta De Piero Udine tel.0432204274 

La risposta che avrei dovuto inviare
Cito dal Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”
Art. 35 Assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale (Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 33)  
<omissis>
3. Ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all’ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presidi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva. Sono, in particolare, garantiti:
a. la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a parità di trattamento con le cittadine italiane, ai sensi delle leggi 29 luglio 1975, n. 405, e 22 maggio 1978, n. 194, e del decreto del Ministro della sanità 6 marzo 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile 1995, a parità di trattamento con i cittadini

La domanda che ne segue è banale: potrebbe il comune di Gradisca ignorare la presenza di una cittadina italiana incinta ‘accampata’ fuori del CIE?
Evidentemente no.
Ma non mi sento di estendere il mio ragionamento alla situazione di cui sono stata informata trasmettendolo a chi di dovere perché ho avuto troppe esperienze negative e non vorrei che il sindaco di quel comune (persona che non conosco) considerasse questo fatto un problema di ordine pubblico e peggiorasse la condizione di quella poveretta.
Ormai so che per questo tipo di soggetti tutto è possibile e l’indifferenza delle istituzioni pressoché totale dal livello nazionale a quello locale (colore politico a prescindere).
Comunque ho inviato il messaggio che qui ho trascritto ai soggetti indicati alla mia sconosciuta interlocutrice.

Aghi nel pagliaio

Ho inviato il testo ricevuto anche al sito www.ildialogo.org che già ieri l’ha pubblicato.
So che quel sito nulla può fare direttamente ma la mia speranza è che la notizia sia letta da qualcuno che abbia la competenza e il ruolo per fare qualche cosa.
A volte con gli aghi perduti nei pagliai ci si punge.
Oggi su Repubblica c’è un articolo “Clandestini, Italia disumana. La Germania blocca i rinvii”.
Ora cerco un eventuale indirizzo email del giornalista che l’ha scritto e se non lo trovassi proverò a scrivergli presso la redazione di Repubblica.
Sarà un altro ago spuntato nel pagliaio … ma che altro posso fare?

15 Luglio 2012Permalink

19 marzo 2012 – Apolidi e UNHCR

L’ UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (United Nations High Commissioner for Refugees – Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) ha recentemente reso pubblico un documento che l’Associazione Studi Giuridici Emigrazione (ASGI) ha riportato nel suo sito, corredato dallo studio (in inglese) su cui il testo  si fonda.
Il documento è limpido.
Si apre con un’affermazione che, in un paese che si considera civile, dovrebbe dar luogo a conseguenze che non interessano né i cittadini italiani, né i legislatori: “Un bambino che nasce apolide oggi affronterà un futuro incerto ed insicuro” e precisa che “A livello globale, gli apolidi, ovvero le persone che non posseggono la nazionalità di alcuno stato, sono circa 12 milioni, di cui addirittura la metà potrebbero essere bambini”
Poi ci propone la seguente considerazione: “Gli apolidi sono tra le persone più povere ed emarginate al mondo, spesso sono popolazioni invisibili che risultano difficili da censire”.
In Italia tale difficoltà – che il documento UNHRC riferisce all’impossibilità delle madri in alcuni paesi dell’Africa, dell’Asia e anche americani ad attribuire ai figli la propria cittadinanza anche autonomamente dal marito e comunque dal padre del bambino – permane in legge, limitatamente ai figli di coloro che, privi di permesso di soggiorno, dovrebbero esibirlo all’atto dell’iscrizione dei nuovi nati, esponendosi così al rischio di espulsione.
A fronte della vergogna di questa norma l’allora Ministro dell’Interno Maroni ‘rimediò’ con una circolare che dice essere obbligo iscrivere in ogni caso il neonato nei registri dello stato civile del comune al fine di garantirgli il certificato di nascita (Non credo di dover chiarire ulteriormente dato che da tre anni scrivo nel mio blog di questo problema e non mi faccio scrupolo a diffondere gli scritti. Mi collego comunque al più dettagliato mio intervento in merito come pubblicato dal mensile genovese Il Gallo).
Se da allora è possibile riconoscere i propri figli a seguito di una circolare permane però in legge la negazione della genitorialità che sarebbe possibile cancellare senza nessun passaggio parlamentare.
Credevo che i cittadini italiani si sarebbero sentiti offesi dalla presenza in  legge di una norma di sapore razzista (come altro definire la discriminante burocratica identificata da rappresentanti delle istituzioni proni alla cultura della Lega Nord?).
Credevo ma sbagliavo perché la questione non interessa neppure – fatte salve  pochissime eccezioni fra cui ricordo il GrIS– le organizzazioni che si dichiarano interessate ai diritti dei migranti, comprese quelle che –per meglio tutelarli – si sono messe in rete.
A questo punto mi sento finalmente di dichiarare un mio sospetto.
I neonati, di cui mi sono interessata, non votano, non chiedono di votare, non manifestano in piazza, non si aggregano per onorare con la loro presenza gli autoproclamati tutori di diritti (o almeno di alcuni diritti).
Non offrono fama e onore, o almeno visibilità, a chi eventualmente li protegga.
Ora, a seguito del documento dell’UNHRC potrebbe esserci qualche progetto finanziato a promuovere una legislazione intesa ad evitare l’apolidia nei paesi in cui vi sono difficoltà (almeno quelle di genere) a riconoscere i propri figli e garantire loro il godimento della cittadinanza nello stato in cui sono nati o almeno quella dei loro genitori (fosse pure uno solo di essi).
E allora associazioni (e anche chiese? Perché no? L’ipocrisia è ben diffusa) andranno, forti della loro civile provenienza, a spartirsi il bottino o almeno offriranno il loro consenso a chi può spartirselo. Sarà un bottino miserello? Meglio che nulla:  siamo in crisi! E, in ogni caso, un impegno per sollecitare una modifica della legge non assicurerebbe guadagno alcuno.
Ricordo che una proposta di modifica c’è, è all’attenzione del parlamento, ma viene ampiamente ignorata.

19 Marzo 2012Permalink

2 dicembre 2011 – Una storia noiosa e qualche commento.

Alcune tappe di una storia noiosa.

Il 2 agosto del 2010 l’on, Orlando ha presentato un’interrogazione sulla questione che potrete leggere da qui.
Nel timore che finisse nel calderone delle interrogazioni inevase ho scritto al Presidente della Camera, per sollecitarlo a garantire un riscontro alla interrogazione Orlando.
La relativa corrispondenza può leggere qui.
Il sollecito del Presidente della Camera ha portato a una risposta scritta dell’allora sottosegretario Davico, un piccolo capolavoro di sintesi della rozzezza di un’intelligenza devastata dal pregiudizio che merita una lettura per aiutarci a ricordare quel che abbiamo passato e forse superato (ma non sono sicura).
Il 6 dicembre 2010 la Società Italiana  di Medicina delle Migrazioni (SIMM) affrontava il problema  in un suo documento. Il tema sarebbe stato ripreso il 24 dicembre di quest’anno in un comunicato del GrIS del Friuli Venezia Giulia, Gruppo locale Immigrazione e Salute della SIMM.
Sempre nel dicembre 2010 ho scritto al Presidente della Repubblica che mi ha risposto tramite, naturalmente, la sua segreteria  (corrispondenza leggibile da qui).
Per ciò che concerne l’informazione locale devo segnalare che, oltre al comunicato del GrIS citato sopra, ho sempre trovato spazio sul mensile udinese Ho un sogno e ho potuto scrivere un articolo su Il Gallo di Genova lo scorso mese di marzo.

L’amaro piacere di qualche commento

Evidentemente non riesco a liberarmi da ingenuità che l’esperienza imposta dall’età non dovrebbe consentirmi e quindi sono rimasta sconcertata dalle reazioni  che ho avuto modo di registrare quando parlavo  del problema della registrazione anagrafica dei figli di sans papier. Nello stesso tempo voglio tenere ben fermo il mio diritto all’indignazione e, qualche volta, al disgusto.
Mi è stato detto che ‘non è possibile quindi non è vero’, che ‘in questa situazione (Berlusconi ancora regnante) non ci sentiamo di parlare’, che ‘non protestiamo, ci affidiamo alla  sensibilizzazione’ o –meglio- ‘alla pancia’ (testuale e detto da donne … signore mie se nel ’74 ci fossimo avvitate sulle emozioni delle nostre pance non avremmo il divorzio!) e via blaterando…
Drammaticamente in molte associazioni ci si è affidati alla circolare del 2oo9 che ‘interpreta’ la legge dicendone il contrario e ammettendo quindi la registrazione anagrafica dei neonati.
Altro non poteva fare quello sciagurato ministero dell’interno, pena subire un richiamo da parte delle istituzioni europee, ma, se va detto ad onore degli operatori che collegando circolare e altre norme a tutela della maternità presenti nel testo unico del 1998 (che né la legge Bossi-Fini né il pacchetto sicurezza erano riusciti a cancellare),  riuscivano a proteggere neonati e genitori, non posso dimenticare che anche in associazioni sedicenti democratiche e sensibili (sic! Odio la sensibilità incompetente!|) correva voce che la situazione fosse sistemata, appunto con la circolare.
Ormai il criterio della beneficenza dilagante ad onore (e forse piacere) di chi la pratica e l’abbandono programmatico di ogni dignità di cittadinanza percorre –da destra a sinistra- tutta la nostra società che fu civile.
Per carità di patria non mi soffermo sul silenzio dei sindaci, pavidi minuscoli podestà, ignari del ruolo che dovrebbero esercitare nei confronti di tutti coloro che vivono – e nascono – nel loro territorio.

I matrimoni

A proposito della mia ingenuità colpevole di cui sopra, pur sapendo che la legge 94 del 2009 (lettera g comma 22 articolo 1) colpiva tutti gli atti di stato civile –e quindi oltre alla registrazione delle nascite negava anche quella dei matrimoni di chi non potesse presentare titolo di soggiorno – mi ero concentrata sulle nascite perché mi sembrava che la guerra ai neonati fosse quanto di più ripugnante si potesse segnalare (e comunque a tanto non erano arrivate nemmeno le leggi razziali del 1938).
L’indifferenza generale mi ha insegnato che non è così e, se la Corte Costituzionale è potuta intervenire a cancellare il divieto a celebrare matrimoni di persone prive di permesso di soggiorno (il pacchetto sicurezza aveva provveduto anche a una modifica del codice civile!), è stato perché una coppia mista  ha fatto ricorso contro il rifiuto dell’ufficiale di stato civile di non so quale comune siciliano  e ha vinto la causa, per sé e per tutti gli altri che si troveranno nelle stesse condizioni (ma chi rimedierà ai danni compiuti nei due anni trascorsi? Chi chiederà perdono per aver negato l’esercizio di diritti fondamentali che spettano a tutti in condizioni di uguaglianza?  E a chi? Non credo che i sindaci che abbiano detto no alla celebrazione di matrimoni di sans papier abbiano preso nota del nome delle persone offese nell’ipotesi di poter rimediare in futuro).
Bisogna rendere onore a quei pochi che ancora esercitano il loro dovere di parola là dove è possibile, che ancora sanno cosa significhi un diritto  e non si limitano all’urlo o al piagnisteo che collega – in un sordido clima emotivo – chi non sa – o non vuole – fare altro.
Particolarmente interessante a questo proposito la posizione della chiesa cattolica i cui ministri di culto  nell’atto di celebrare matrimoni sono ufficiali di stato civile e si sono accodati al no dei sindaci che, consapevoli o inconsapevoli che fossero, li coinvolgeva.
Sull’argomento matrimoni, di cui ho trovato notizie nel sito della Associazione Studi Giuridici Immigrazione (ASGI),  ha pubblicato un mio articolo la rivista Confronti (novembre 2011 –www.confronti.net).

2 Dicembre 2011Permalink

19 novembre 2011 – Veli e svelamenti

16.11.2011 Giudice intima all’interprete musulmana di togliersi il velo in aula

Comunicato dell’ASGI: “Una lesione del diritto costituzionale alla libertà religiosa”
 
Stando alle notizie pubblicate su diversi quotidiani (si veda ad es. l’articolo comparso sul quotidiano “La Repubblica“, edizione del 15 nov. 2011), nel corso di un’udienza dinanzi alla prima sezione penale di Torino, il 14 ottobre scorso,  un giudice avrebbe intimato all’interprete di lingua araba di togliersi il velo islamico, l’hijab, che questa portava sul capo coprendone i capelli ed il collo lasciando libero interamente il volto oppure, in caso contrario, di lasciare l’aula. Il caso sarebbe stato portato davanti al CSM dal Presidente del Tribunale di Torino, non d’accordo con la decisione del collega. Il magistrato avrebbe giustificato la sua posizione, asserendo la necessità di rispettare il dettato dell’art. 129 del codice di procedura civile che impone a chi interviene o assiste all’udienza di stare a capo scoperto per rispetto nei confronti della Corte.

Ancora dal  comunicato stampa dell’ASGI del 15 novembre

La sezione torinese dell’ASGI esprime il proprio disappunto e sconcerto per la vicenda dell’esclusione dall’aula giudiziaria dell’interprete in lingua araba decisa nel corso di un’udienza tenutasi il 14 ottobre scorso davanti alla prima sezione penale del Tribunale di Torino, in ragione del fatto che la donna indossava lo hijab, il velo tradizionale islamico che copre i capelli ed il collo, lasciando libero il volto.

Sebbene l’art. 129 del c.p.c. preveda che chi interviene o assiste in udienza debba stare a capo scoperto e prassi istituzionale vorrebbe che chi presenzia in udienza stia a capo scoperto a tutela del decoro e del rispetto dell’Autorità Giudiziaria sulla base anche dei poteri di disciplina dell’udienza attribuiti al giudice ai sensi dell’art. 470 c.p.p., l’ASGI ricorda che l’applicazione di tali norme deve trovare il limite del legittimo  rispetto del diritto fondamentale alla libertà religiosa e alla manifestazione del proprio credo religioso di cui all’art. 19 della Cost.  e all’art. 9 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Inoltre, un‘ applicazione assoluta delle norme dei codici di procedura senza le dovute eccezioni per chi ritenga di rimanere  con il capo  coperto in ossequio alla propria fede religiosa (sia essa la suora cattolica, o l’ebreo ortodosso, o il sikh o la donna musulmana) o abbia altre legittime ragioni per farlo (si pensi alla persona sottoposta a chemioterapia) finirebbe per snaturare la stessa ratio della norma, esorbitando dalla sua funzione di assicurare il dovuto rispetto nei confronti della Corte per invece arrecare una lesione alla dignità della persona coinvolta. Inoltre,  l’applicazione generalizzata della norma,  senza possibilità di giustificate esenzioni,  nei confronti di  persone che svolgano  in udienza incarichi professionali tecnici quali quelli di interprete o verbalizzante, costituirebbe anche una forma di  “discriminazione indiretta” nell’esercizio dell’attività lavorativa, vietata dal d.lgs. n. 216/2003 di recepimento della direttiva europea n. 2000/78. Questo in quanto l’applicazione di un criterio apparentemente neutro (il capo scoperto) finirebbe per escludere dall’attività professionale persone appartenenti a minoranze religiose senza che ciò corrisponda ai requisiti di necessità e proporzionalità.

Ho ricopiato la notizia mettendo in chiaro anche una parte che nell’originale è accessibile attraverso link e questo mi ha suscitato altre considerazioni su cui mi propongo di tornare presto.

Non chiamatelo sempre burqa

Per ora torno alle mie storie pubblicate su Ho un sogno e riprese in questo blog sotto il titolo  di ‘donne sotto traccia’ dove anche di velo si parla.
Chi volesse leggere il testo integrale delle tre storie troverà il link agendo sul nome delle tre donne
Faten  “La donna che ho davanti veste come me, non l’ho mai vista velata né con la testa coperta oltre la necessità di difendersi dal freddo. Eppure so che è mussulmana praticante, che ha fatto il pellegrinaggio a La Mecca (uno dei pilastri dell’Islam, cui si è accompagnata al marito) ed è tornata – secondo il titolo che spetta ai pellegrini- ‘agia’”
Nabila “ indossa il velo come la sua mamma e ne parliamo. Chiarisce subito che si tratta di una sua scelta personale, come personale è quella delle due sorelle che non lo indossano. In famiglia questo significativo pluralismo di atteggiamenti è accettato con tranquillità. A nessuna di loro è stato richiesto di giustificare le ragioni della scelta compiuta. Nabila mi spiega che il velo (le copre i capelli e il collo, nulla nasconde del volto) è una protezione della ‘modestia’ suggerita dalla tradizione religiosa islamica.
Vissuta in Marocco –paese islamico quasi al cento per cento- l’identità in cui si riconosce appartiene a quella realtà, senza che ciò la faccia sentire a disagio nell’occidente in cui è immersa”.
Majda  “Porta il velo che non copre il volto, che lei chiama khemar  e che a me ricorda l’hijab. Mi piacerebbe in ogni caso che si smettesse di usare sempre – e per lo più a sproposito – il termine afgano di burqa”.

Forse se provassimo ad ascoltare in libertà (soprattutto dal pregiudizio) arriveremmo da noi alle conclusioni che l’Asgi ci propone ma sostenere in Italia (o almeno in Friuli dove vivo) che l’uso del velo è compatibile con una scelta libera e che non portarlo non è offesa al Corano suscita derisione e ostilità.
Eppure gli  anziani (e soprattutto le anziane) se non usassero la memoria come un’arma per celebrare le proprie virtù e rovesciarle sugli altri come un liquame invasivo dovrebbero ricordare che la connessione fra veli, abiti e religione maggioritaria appartiene anche alla nostra storia.
Ne riparlerò perché voglio testimoniarmi che non omologo la mia memoria al comune cattivo buon senso.

19 Novembre 2011Permalink

19 settembre 2011 – Dalle memorie al presente

Ricordi e dimenticanze.
Sono trascorsi otto giorni da quando l’11 settembre delle ‘torri gemelle’ è stato celebrato e ricordato. Se quella fu una tragedia che cambiò la storia del mondo l’altra tragedia dell’evento dell’11 settembre 1973, la morte di Allende, la fine della sua ‘via cilena al socialismo’ e l’inizio della dittatura di Pinochet non ha avuto rilievo.
Anche la memoria richiede stimoli e sostegno.
Pochi giorni dopo, il 16, si sarebbe potuto ricordare l’eccidio perpetrato nel 1982 dai falangisti libanesi, con il sostegno delle truppe di Israele, nel campo profughi di Sabra e Chatila, se l’evento non fosse stato caratterizzato dal silenzio quasi totale.
Evidentemente Stati Uniti e occidente di sentono minacciati solo da ciò che le ‘torri gemelle’ significano .
Il meno che si possa dire è che non voler ricordate è sciocco.
Da una memoria, rivisitata con umanità e spirito critico, potrebbero sorgere antidoti contro il fanatismo che ci avvelena e ci minaccia.

Due rapporti.
Uno è il rapporto del “Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulle forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia ed intolleranza” e l’altro è una critica diretta a noi tutti dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa perché “Le misure adottate dalle autorità italiane nei confronti dei Rom non sono in linea con gli standard internazionali ed europei in materia di diritti umani”.
Ho ormai constatato che l’interesse per i diritti umani, a livello di società civile oltre che politica, è quasi nullo. C’è qualche fibrillazione se chi è colpito può costituire una entità visibile, garanzia di visibilità e successo per chi presta soccorso ma il problema dei diritti –e quindi il rapporto critico e determinato con le istituzioni che li possono garantire – sfugge.
Ciò non significa indifferenza alla beneficenza, tutt’altro. Ma anche la garanzia del diritto è solidarietà.
Chi volesse saperne di più potrà raggiungere le fonti attraverso i siti collegati con link e interamente espressi con il loro indirizzo nella premessa.

Una informazione che non può essere trascurata.
Da quando l’Italia, pur se obtorto collo, ha accettato di ospitare profughi provenienti dalla Libia, questi sono stati sparsi sul territorio a piccoli gruppi in attesa che il loro status di rifugiati venga o meno riconosciuto.
Finora non era stata data alcuna disposizione in merito alle modalità del loro provvisorio soggiorno. Ora è stata finalmente firmata la Convenzione con la Protezione civile per fornire entro il 31 dicembre 2011 adeguata assistenza a 600 stranieri e promuovere il rientro assistito. L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) offrirà l’assistenza necessaria per la realizzazione del progetto.
I sindaci dei piccoli comuni dove si trovano questi richiedenti asilo saranno stati informati?.

19 Settembre 2011Permalink

6 agosto 2011 – La situazione migliora ma io sono sempre turbata.

Il 31 luglio ho scritto della sentenza della Corte costituzionale che cancella il comma dell’articolo 116 del codice civile (aggiunto a seguito dell’approvazione del ‘pacchetto sicurezza’ – legge 94/2009) che impone allo straniero che voglia contrarre matrimonio la presenta zione del titolo di soggiorno

E’ stata immediatamente emessa una circolare che comunica tale sentenza anche ai sindaci,
 E allora perché continuo ad interrogarmi e a non sentirmi tranquilla?

Le ragioni sono tre:

–         la prima è che la sentenza della Corte nulla dice in merito al permanere della modifica all’art. 6 comma 2 del testo unico relativo alla disciplina dell’immigrazione, di cui tante volte ho scritto riferendo della norma che cancella la deroga alla presentazione del titolo di soggiorno per gli atti di stato civile (ho scelto di riferirmi non al sito in cui ritrovare la circolare in questione ma a un testo che ne spiega la natura, assicurandone nel contempo il link);

–         la seconda è la constatazione che la sentenza della Corte non si estende al problema delle nascite e delle dichiarazioni di morte (né lo poteva fare dato che in queste materie a quanto mi consta non vi erano denunce che l’attivassero);

–         la terza è la delusione in merito alla insignificanza della società civile e conseguentemente di una politica che –vuoi per l’ignoranza di chi è deputato a decidere a tutti i livelli istituzionali o quasi, vuoi per la ricerca del consenso ad ogni costo, obiettivo se non unico almeno prioritario di scelte che furono politiche – si dimostra indifferente al problema dei diritti civili.

A questo punto comunque:

–         la possibilità di celebrare matrimonio anche per chi non disponga di titolo di soggiorno è affermata per legge;

–         la possibilità di registrare le nascite è assicurata da una circolare (anche qui ho scelto di riferirmi non al sito in cui ritrovare la circolare in questione ma a un testo che ne spiega la natura, assicurandone nel contempo il link)

–         della possibilità della denuncia della morte di un proprio congiunto in condizioni di sicurezza non si sa nulla.

Voglio riportare alcune delle norme citate nella recente sentenza della Corte Cost,   
Resta pur sempre fermo – come questa Corte ha di recente nuovamente precisato – che i diritti inviolabili, di cui all’art. 2 Cost., spettano «ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani», di talché la «condizione giuridica dello straniero non deve essere pertanto considerata – per quanto riguarda la tutela di tali diritti – come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi» (sentenza n. 249 del 2010)”.

Vorrei che queste parole fossero lette anche da chi ha ridotto il soddisfacimento dei diritti dei migranti ad azioni di beneficenza, che – per quanto nobili –sempre beneficenza restano.

La Corte inoltre ci ricorda che anche il contrasto della negazione  a contrarre matrimonio per chi sia privo di titolo di soggiorno con l’articolo 117 della Costituzione che afferma: “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”.
In merito ai matrimoni la “Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali” (C.E.D.U.), firmata – nel suo testo originario- a Roma il 4.novembre 1950, afferma all’art. 12 cheUomini e donne, in età matrimoniale, hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l’esercizio di tale diritto”

E infine la Corte ci ricorda che: È, infatti, evidente che la limitazione al diritto dello straniero a contrarre matrimonio nel nostro Paese si traduce anche in una compressione del corrispondente diritto del cittadino o della cittadina italiana che tale diritto intende esercitare. Ciò comporta che il bilanciamento tra i vari interessi di rilievo costituzionale coinvolti deve necessariamente tenere anche conto della posizione giuridica di chi intende, del tutto legittimamente, contrarre matrimonio con lo straniero.
Ed è anche evidente a questo punto la necessità di un intervento del Parlamento su norme già originariamente confuse se non criptiche e ora spezzettate dagli interventi della Corte Costituzionale, che ne richiedono un intervento organico.

Ci sarà un deputato o un senatore che abbia la competenza e la volontà di provarcisi anche se eletto in una lista bloccata secondo la garanzia prioritaria dell’appartenenza e della fedeltà a un partico come che sia?

6 Agosto 2011Permalink