Uno spazio per dire
Il 5 maggio, nel mio primo intervento a proposito di ALBA (come si deve scrivere Maiuscolo? Minuscolo? Con un punto fra le singole lettere per sottolinearne la natura di acronimo?), intervento sollecitato dall’amico che mi aveva scritto ‘parliamone’, avevo pensato al mio blog come luogo appunto per parlarne e poi, ripensando e rileggendo, ho per l’ennesima volta pensato a quanto scrivere sia –comunque vada- importante per me.
Uno stimolo in più me lo ha dato il Senato che ha riconosciuto gli arresti domiciliari per il sen. De Gregorio. Il sullodato – ora PdL, già IdV – è quel tale che, con un raggiro, fece in modo che la sen Menapace non avesse la presidenza della commissione difesa. Allora, mentre mi rammaricavo che né il partito di Lidia (Rc), né l’allora partito del De Gregorio (IdV), né i movimenti di donne in cui Lidia si era tanto spesa si fossero impegnati per garantire gli accordi già presi (sembra che le vecchie Signore non omologate facciano paura a tutti) inviai un biglietto di solidarietà a Lidia. Ci fosse stato un luogo in cui dire tentando di provocare se non una modifica della situazione una piccola insorgenza di consapevolezza di cui far uso alle successive elezioni!
Chissà se ALBA saprà assumere una simile funzione raccogliendo critiche, considerazioni, pensieri da condividere!
Il comune è una ‘cosa grande’.
Riprendo un passo del documento fondativo.
“Bisogna innescare un processo opposto che destituisca, decostruisca, ceda, decentri, abbassi, distribuisca, diffonda il potere. Bisogna riaffermare la validità della dimensione territoriale locale (ma non’ localistica’), espandendo tutti quegli spazi in cui il governo e il cittadino sono vicini l’uno all’altro. Il comune è uno di questi. Carlo Cattaneo, una delle più belle ed inascoltate voci del nostro Risorgimento, nel 1864 descrisse il comune come ‘la nazione nel più intimo asilo della sua libertà’. E aggiunse, con un pizzico di amarezza: ‘pare che fuori di codesto modo di governo la nostra nazione non sappia operare cose grandi’. Ridare spazio e poteri ai comuni, e metterli in contatto tra di loro sarebbe già in sé una ‘cosa grande’. <…>
Non basta. Il comune è un’istituzione costituzionale, non un’aggregazione di una certa tendenza politica. Un soggetto politico nuovo dovrebbe impegnarsi su tanti terreni, sia dentro le istituzioni che fuori, cercando sempre di coniugare fra di loro livelli diversi della democrazia: quella rappresentativa, quella partecipativa e quella di prossimità. In prima istanza esso dovrebbe interagire con le forze e movimenti della società civile. Essi agiscono per una grande varietà di motivi …”
Concordo pienamente ma, impegnandomi da anni su un problema specifico devo concludere che i sindaci, nella migliore delle ipotesi, sono inconsapevoli della dignità del proprio ruolo, se il loro ruolo è quello cui il documento di ALBA fa riferimento.
Sindaci che non sanno chi sono e cosa rappresentano
Da anni cerco di dire che la legge, che afferma essere necessario per registrare gli atti ci stato civile il possesso si un permesso di soggiorno, è un’infamia razzista (per chi voglia notizie su questo non propongo riassunti. Usando i tag anagrafe, nascita, matrimonio … nel mio blog troverà molta informazione).
Qui mi limito a due domande:
La prima è relativa ai matrimoni. Nell’estate del 2012 la Corte Costituzionale ha modificato il codice civile, stravolto due anni prima dal cd pacchetto sicurezza, ripristinando la norma per cui per registrare il proprio matrimonio non è necessario esibire il permesso di soggiorno. Hanno consapevolezza i sindaci di quanti matrimoni hanno negato dal 2009 al 2011, calpestando un diritto fondamentale ora rispettato solo per il coraggio di due coppie che hanno sporto denuncia?
La seconda è relativa alle nascite. Appena approvato il pacchetto sicurezza lo stesso Maroni – allora ministro dell’interno – ha predisposto l’emanazione di una circolare che nega la legge e quindi (ragionevole paura permettendo) ha reso possibile la registrazione anagrafica dei neonati.
E’ sufficiente una circolare per sindaci che non siano piccoli, miserevolmente diligenti burocrati, stretti fra l’ignoranza e la paura che la cultura razzista dilagante sottragga loro il consenso quando abbiano il coraggio di registrare il riconoscimento di un figlio da parte di un padre che tanto voglia (la madre quando partorisce ha una qualche protezione derivante dal segreto sanitario)?
E simili soggetti soddisfano la società civile? (ma sulla società -in-civile tornerò perché per me è un punto particolarmente dolente)
Un documento su cui riflettere
Pochi giorni fa si è ucciso un consigliere regionale bolognese che nel 2010 aveva rinunciato a concorrere alle elezioni primarie per la carica di sindaco per malattia.
Poco tempo prima, accettando con profonda convinzione di partecipare, aveva scritto:
“Voglio riprendere un cammino con voi: quello dell’orgoglio di Bologna. E di tutta la comunità che in questa città vive e risiede, nessuno escluso. Insieme, con la massima trasparenza e collaborazione, proveremo a costruire la Bologna della buona occupazione e del buon vivere, della buona mobilità e della buona aria, la città della buona convivenza, dell’integrazione, delle pari opportunità, della giustizia sociale e della bellezza. Una città metropolitana solidale, accogliente e sicura. … Forse, infatti, la mia campagna elettorale potrà deludere qualcuno, perché sarà priva di offese e di parole gridate. A partire da queste primarie, dove corro per vincere, pur avendo una convinzione ben salda: se, come è già successo in precedenza, arrivassi secondo, non chiederò nulla. Anzi, lavorerò al fianco del vincitore, se possibile ancor più motivato”.
Quanti dei sindaci (e sindachesse) che non riescono a sentirsi offesi da una legge che nega una loro funzione primaria- quella di farsi carico di chi nasce e vive sul loro territorio – potrebbero ripetere parole come quelle che ho voluto scrivere?
(continua 2 – precedente puntata 5 maggio)
