10 maggio 2012 – ALBA 2

Uno spazio per dire

Il 5 maggio, nel mio primo intervento a proposito di ALBA (come si deve scrivere Maiuscolo? Minuscolo? Con un punto fra le singole lettere per sottolinearne la natura di acronimo?), intervento sollecitato dall’amico che mi aveva scritto ‘parliamone’, avevo pensato al mio blog come luogo appunto per parlarne e poi, ripensando e rileggendo, ho per l’ennesima volta pensato a quanto scrivere sia –comunque vada- importante per me.
Uno stimolo in più me lo ha dato il Senato che ha riconosciuto gli  arresti domiciliari per il sen. De Gregorio. Il sullodato – ora PdL, già IdV –  è quel tale che, con un raggiro, fece in modo che la sen Menapace non avesse la presidenza della commissione difesa. Allora, mentre mi rammaricavo che né il partito di Lidia (Rc), né l’allora partito del De Gregorio (IdV), né i movimenti di donne in cui Lidia si era tanto spesa si fossero impegnati per garantire gli accordi già presi (sembra che le vecchie Signore non omologate facciano paura a tutti) inviai un biglietto di solidarietà a Lidia. Ci fosse stato un luogo in cui dire tentando di provocare se non una modifica della situazione una piccola insorgenza di consapevolezza di cui far uso alle successive elezioni!
Chissà se ALBA saprà assumere una simile funzione raccogliendo critiche, considerazioni, pensieri da condividere!

Il comune è una ‘cosa grande’. 

Riprendo un passo del documento fondativo.
Bisogna innescare un processo opposto che destituisca, decostruisca, ceda, decentri, abbassi, distribuisca, diffonda il potere. Bisogna riaffermare la validità della dimensione territoriale locale (ma non’ localistica’), espandendo tutti quegli spazi in cui il governo e il cittadino sono vicini l’uno all’altro. Il comune è uno di questi. Carlo Cattaneo, una delle più belle ed inascoltate voci del nostro Risorgimento, nel 1864 descrisse il comune come ‘la nazione nel più intimo asilo della sua libertà’. E aggiunse, con un pizzico di amarezza: ‘pare che fuori di codesto modo di governo la nostra nazione non sappia operare cose grandi’. Ridare spazio e poteri ai comuni, e metterli in contatto tra di loro sarebbe già in sé una ‘cosa grande’. <…>
Non basta. Il comune è un’istituzione costituzionale, non un’aggregazione di una certa tendenza politica. Un soggetto politico nuovo dovrebbe impegnarsi su tanti terreni, sia dentro le istituzioni che fuori, cercando sempre di coniugare fra di loro livelli diversi della democrazia: quella rappresentativa, quella partecipativa e quella di prossimità. In prima istanza esso dovrebbe interagire con le forze e movimenti della società civile. Essi agiscono per una grande varietà di motivi …”
Concordo pienamente ma, impegnandomi da anni su un problema specifico devo concludere che i sindaci, nella migliore delle ipotesi, sono inconsapevoli della dignità del proprio ruolo, se il loro ruolo è quello cui il documento di ALBA fa riferimento. 

Sindaci che non sanno chi sono e cosa rappresentano 

Da anni cerco di dire che la legge, che afferma essere necessario per registrare gli atti ci stato civile il possesso si un permesso di soggiorno, è un’infamia razzista (per chi voglia notizie su questo non propongo riassunti. Usando i tag anagrafe, nascita, matrimonio … nel mio blog troverà molta informazione).
Qui mi limito a due domande:
La prima è relativa ai matrimoni. Nell’estate del 2012 la Corte Costituzionale ha modificato il codice civile, stravolto due anni prima dal cd pacchetto sicurezza, ripristinando la norma per cui per registrare il proprio matrimonio non è necessario esibire il permesso di soggiorno. Hanno consapevolezza i sindaci di quanti matrimoni hanno negato dal 2009 al 2011, calpestando un diritto fondamentale ora rispettato solo per il coraggio di due coppie che hanno sporto denuncia?
La seconda è relativa alle nascite. Appena approvato il pacchetto sicurezza lo stesso Maroni – allora ministro dell’interno – ha predisposto l’emanazione di una circolare che nega la legge e quindi (ragionevole paura permettendo) ha reso possibile la registrazione anagrafica dei neonati.
E’ sufficiente una circolare per sindaci che non siano piccoli, miserevolmente diligenti burocrati, stretti fra l’ignoranza e la paura che la cultura razzista dilagante sottragga loro il consenso quando abbiano il coraggio di registrare il riconoscimento di un figlio da parte di un padre che tanto voglia (la madre quando partorisce ha una qualche protezione derivante dal segreto sanitario)?

E simili soggetti soddisfano la società civile? (ma sulla società -in-civile tornerò perché per me è un punto particolarmente dolente)

Un documento su cui riflettere

Pochi giorni fa si è ucciso un consigliere regionale bolognese che nel 2010 aveva rinunciato a concorrere alle elezioni primarie per la carica di sindaco per malattia.
Poco tempo prima, accettando con profonda convinzione di partecipare, aveva scritto:
Voglio riprendere un cammino con voi: quello dell’orgoglio di Bologna. E di tutta la comunità che in questa città vive e risiede, nessuno escluso. Insieme, con la massima trasparenza e collaborazione, proveremo a costruire la Bologna della buona occupazione e del buon vivere, della buona mobilità e della buona aria, la città della buona convivenza, dell’integrazione, delle pari opportunità, della giustizia sociale e della bellezza. Una città metropolitana solidale, accogliente e sicura. … Forse, infatti, la mia campagna elettorale potrà deludere qualcuno, perché sarà priva di offese e di parole gridate. A partire da queste primarie, dove corro per vincere, pur avendo una convinzione ben salda: se, come è già successo in precedenza, arrivassi secondo, non chiederò nulla. Anzi, lavorerò al fianco del vincitore, se possibile ancor più motivato”.
Quanti dei sindaci (e sindachesse) che non riescono a sentirsi offesi da una legge che nega una loro funzione primaria-  quella di farsi carico di chi nasce e vive sul loro territorio – potrebbero ripetere parole come quelle che ho voluto scrivere?
                                                             (continua 2 – precedente puntata 5 maggio)

10 Maggio 2012Permalink

7 maggio 2012 – Se non ora quando

Il comitato promotore di ‘se non ora quando’ ha diffuso una petizione che si può firmare (io l’ho già fatto) andando a http://www.petizionepubblica.it/?pi=P2012N24060
Per comodità di chi legge ne riporto il testo.

Mai più complici
Cinquantaquattro. L’Italia rincorre primati: sono cinquantaquattro, dall’inizio di questo 2012, le donne morte per mano di uomo. L’ultima vittima si chiama Vanessa, 20 anni, siciliana, strangolata e ritrovata sotto il ponte di una strada statale. I nomi, l’età, le città cambiano, le storie invece si ripetono: sono gli uomini più vicini alle donne a ucciderle. Le notizie li segnalano come omicidi passionali, storie di raptus, amori sbagliati, gelosia. La cronaca li riduce a trafiletti marginali e il linguaggio le uccide due volte cancellando, con le parole, la responsabilità. E’ ora invece di dire basta e chiamare le cose con il loro nome, di registrare, riconoscere e misurarsi con l’orrore di bambine, ragazze, donne uccise nell’indifferenza. Queste violenze sono crimini, omicidi, anzi FEMMINICIDI. E’ tempo che i media cambino il segno dei racconti e restituiscano tutti interi i volti, le parole e le storie di queste donne e soprattutto la responsabilità di chi le uccide perché incapace di accettare la loro libertà.
E ancora una volta come abbiamo già fatto un anno fa, il 13 febbraio, chiediamo agli uomini di camminare e mobilitarsi con noi, per cercare insieme forme e parole nuove capaci di porre fine a quest’orrore. Le ragazze sulla rete scrivono: con il sorriso di Vanessa viene meno un pezzo d’Italia. Un paese che consente la morte delle donne è un paese che si allontana dall’Europa e dalla civiltà.
Vogliamo che l’Italia si distingua per come sceglie di combattere la violenza contro le donne e non per l’inerzia con la quale, tacendo, sceglie di assecondarla.
Comitato promotore nazionale Senonoraquando, Loredana Lipperini, Lorella Zanardo-Il Corpo delle Donne
 

Una lettera da Bologna
Qualche giorno fa ho ricevuto una lettera dall’amica Giancarla Codrignani, una donna che non solo nel suo lavoro di senatrice (lo è stata molti anni fa) ma anche oggi nel suo impegno culturale ha saputo dare un senso all’espressione ‘il personale è politico’.

Care amiche,
qualcuna di voi che mi vuole bene, mi chiede come mai è molto tempo che non scrivo. Forse perché sono arrabbiata. Anzi, preoccupata. Preoccupata per i problemi di tutti, uomini e donne; ma non (solo) per le conseguenze della crisi. Preoccupata perché, nonostante tutti ormai abbiano la licenza media, restiamo analfabeti politicamente. E perché ci sembra strano che si possa dire questo, soprattutto in una regione come la nostra, dove di tutto si può essere stati carenti, tranne che di politica. Peccato che si tratti di politica dell’altro secolo, che in questo caso vuole dire dell’altro millennio: mi sembra di sognare quando sento qualcuno/a fare confronti con la Francia, come se fosse pensabile ignorare l’abisso del 120 % di debito sul Pil. Ancora di più resto stupita quando persone giovani (anche meno giovani) e perfino sinceramente democratiche non percepiscono che un Beppe Grillo – a prescindere dal linguaggio che loro correttamente di solito non usano – di vere proposte ha fatto solo quelle di negare la cittadinanza agli stranieri nati in Italia, uscire dall’euro, non pagare le tasse, preferire la mafia ai partiti. Siamo sempre a correr dietro ai pifferai? con “questa” crisi incombente?

Intanto, siccome le donne vengono ammazzate da chi dice di amarle o ha con loro una relazione “proprietaria” al ritmo di una ogni tre giorni, più quelle di cui non si sa (questo il dato 2011, ormai sembra in via di superamento), vediamo chi dei maschi (politici soprattutto) sta firmando l’appello di “Se non Ora Quando”. Personalmente continuo a pensare che sarebbe interessante se, con una legge di iniziativa popolare (di per sé improduttiva), tornassimo a riempire tutto il paese di tavolini e dibattiti. Temo molto che i problemi della crisi riporteranno presto il silenzio sul nostro appello.

Però oggi non voglio accrescere la depressione collettiva. C’è una bella cosa da segnalare sulla stampa odierna. A Bagdad è andata in scena, con grande successo, una Giulietta e Romeo da brivido: lei è sunnita e lui sciita (o viceversa, poco importa), si amano contro la volontà della politica religiosa e la morte che li condanna avrà il volto del kamikaze. Davvero dà i brividi, sapendo come è la situazione internazionale. Ma questo dimostra che cosa può fare la cultura che vuole creare cittadinanza civile e pace anziché divisione e guerra. Vale per la politica in Iraq, ma anche in Europa e in Italia. Speriamo?

E la mia risposta
Cara Giancarla,
è inutile che ti scriva il mio consenso (tanto più che ho già firmato la petizione).
Permettimi qualche considerazione solo sui banchetti che tu –giustamente- auspichi.
Voglio auspicarli anch’io ma mi chiedo: che ci faremmo? cosa diremmo?
Pietà per le vittime … non basta per quanto ci si voglia soffermare sulla differenza di genere che le rende tali. Quando però ci si irrigidisca nei pregiudizi, con cui spesso si identificano le differenze che sappiamo esserci all’interno di quella fondante dell’essere donna, nemmeno la pietà può farsi universale sentire.
E la percezione di quelle differenze – colte senza simpatia, persino senza curiosità – impedisce spesso a un moto di pietà di farsi “solidarietà politica”, come dice l’art. 2 Costituzione della Repubblica.
Già politica perché la solidarietà che con quella parola la Costituzione ci chiede non si indentifica con il chinarsi pietosamente su chi soffre ma si incarna nel ‘patire con’ che è il senso spesso dimenticato della parola compassione.
Non cediamo all’alibi del guardare alle altre come a un ‘furi di noi’. Nel guardare al patire delle altre e degli altri celebriamo spesso la nostra deriva, la nostra umiliazione di cittadine e cittadini.
Gli ostacoli che si frappongono al godimento dei diritti che a tutte (e a tutti naturalmente) appartengono si trovano (è ancora la Costituzione che ce lo ricorda all’art.3) nella distorta percezione delle distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Che ci sia una conclamata distinzione di sesso ce lo dice l’impietosa situazione che anche tu hai ricordato, ma a questa aggiungiamo pure le distinzioni di razza (che si intreccia e si identifica con le condizioni personali e sociali che fanno la differenza per chi viene da altri paesi, senza dimenticare le connotazioni specifiche delle nuove povertà anche per le donne italiane), di religione, per cui l’islam è spesso identificato in blocco come fattore di irrimediabile violenza che, generalizzando, si imputa a tutti coloro che questa religione praticano e che vorrebbe quindi le donne mussulmane vittime della loro scelta di fede … procedendo con tutta una serie di alibi che declinano –con furbesca opportunistica pignoleria – i tanti aspetti che un tempo si riassumevano nella semplificatoria volgarità del ‘delitto d’onore’.
Non mi soffermo su altre questioni che tu poni ed è inutile che io ripeta.
Mi limito alle poche considerazioni di cui ti ho scritto, cercando di resistere al desiderio di lasciar perdere nella crescente tristezza che mi prende guardandomi attorno e ascoltando le atrocità dei vari luoghi comuni, così carichi di riconosciuto e condiviso buon senso da provocarti il desiderio di un rifugio dove la sterile rigidità di quel ‘buon senso’ che la tradizione sacralizza non abbia diritto d’ingresso.

7 Maggio 2012Permalink

5 maggio 2012 – ALBA 1

Premessa
Qualche giorno fa un amico mi ha segnalato la nascita di un ‘nuovo soggetto politico’, cui – in un secondo momento – è stato dato il nome di Alba (acronimo di Alleanza Lavoro Benicomuni Ambiente).
Ha proposto, a me e ad altri, di ‘parlarne’ e, poiché viviamo in località diverse, avevo pensato a un giro di posta collegato da indirizzi collettivi, E poi mi sono detta che era finalmente il caso di sfruttare il mio blog (che non è facebook e ci tengo…).
Quindi proporrò i miei commenti un po’ alla volta: non sono in grado di scrivere un documento – forse in parte alternativo, forse in parte no- che si proponga come tale.
Quindi scriverò commenti via via che ci penserò e ne avrò il tempo, sperando di essere stimolata dai commenti di altri interlocutori che, se vogliono, possono esprimersi in calce a ogni mio articolo o scrivermi con l’autorizzazione a pubblicare la loro lettera con nome o pseudonimo a loro scelta.
Se nessuno mi scriverà … ci sono abituata e ho deciso di costruirmi una personale memoria, in implacabile attesa di quella perdita di memoria che è uno dei doni della vecchiaia (penso a una situazione stile rinascita quotidiana, non ‘dove ho messo gli occhiali?”). Per creare un filo conduttore userò sempre la categoria ‘cronache’, numererò gli articoli (che iniziano con ALBA 1) e in calce ad ogni articolo metterò la data del precedente.
Per chi voglia leggere il documento istitutivo di ‘alba’ ne segnalo l’indirizzo, precisando che si può raggiungere anche da qui /http://www.soggettopoliticonuovo.it/

Ma cos’è un soggetto politico?
Il soggetto – che si rivolge a chi ne legga il documento propositivo e vi si ritrovi o lo consideri meritevole di considerazioni critiche – sono evidentemente i firmatari, uniti dai contenuti del documento stesso che, fortunatamente, non è una congerie di slogan da sfogatoio (termine che condivido e che si trova nel testo con cui Alba si presenta).
Ma – se ciò che viene richiesto fosse l’adesione che può esprimersi tramite la firma- allungheremmo di molto l’elenco già corposo senza minimamente uscire da un corto circuito del tipo ‘io dico a te ciò che hai detto a me’.
Se invece il soggetto si proponesse come nuovo partito (leggero nella sua formazione, attento alle esigenze e alle proposte della sua base filtrate attraverso un programma chiaro e condiviso ecc. ecc.) verrebbe penalizzato da un qualsiasi flop elettorale (sia a livello nazionale che locale. E faccio riferimento al locale perché nel documento si usa la felice espressione, su cui tornerò, del comune come ‘espressione istituzionale’: la ritengo un punto qualificante).
Può essere quel documento – nell’immediato e prossimo futuro –un punto di riferimento perché ognuno si faccia portatore di quei contenuti per orientare le proprie scelte elettorali o per riferirsi apertamente ai partiti e ai candidati? Dove? (la carta stampata è improponibile perché non si possono moltiplicare costi e non posso pensare a un obiettivo concentrato su uno –e uno solo – degli organi di stampa esistenti.
La rete è uno mezzo sempre più diffuso, ma come farne uno strumento di riferimento ascoltato e collettivo?)
Ovunque si parli chi sarebbero i soggetti parlanti? Un elenco infinito di interventi su qualsivoglia soggetto passi per la testa di chiunque? Mi sembra inutile. Di nuovo portavoce? Non è che abbiano molto funzionato.
Inoltre – e qui ho la sensazione di arrivare a un punto preciso – da quando le liste dei candidati al parlamento e al senato sono bloccate dalle segreterie dei partiti costoro – e ancor più gli eletti – riacquistano il dono dell’udito solo al suono dell’applauso (e per meglio ascoltarlo si esprimono solo in luoghi idonei allo scopo, dove è facile isolare i dissonanti). Per il resto sembrano affetti da grave sordità e se cerchi di farti sentire senza l’uso del battito delle palme ti guardano vacui come tu fossi trasparente.
Uno potrebbe dire ‘Almeno riuscirò a farmi sentire a livello regionale e comunale dove la scelta nella scheda elettorale c’è’. E invece non c’è perché l’esempio viene dall’alto e scende a catena oltre i livelli istituzionali, fino alla società ex civile parlante (e plaudente), attenta a non infastidire i propri mecenati con la vicinanza a cattive compagnie (la convinzione di appartenere alla categoria dipende dall’esperienza. Ne ho di significative nel merito ed essendo dotata di irrimediabile senso dell’ironia non posso che trarne divertita, sarcastica disistima per i miei non-interlocutori).

E se modificassimo la legge elettorale?
Potrebbe essere un primo impegno collettivo la messa in modo si indicazioni forti per la modifica della legge elettorale? Salvo l’esigenza di trovare un modo per assicurare un efficace rapporto elettori/eligendi/eletti non ho nulla da dire e ascolto chi mi sembra competente, cercando di assicurarmene con opportune verifiche, perché l’ignoranza fa danni inenarrabili e sul piano personale oltretutto mi annoia.
Un punto di partenza potrebbe essere un impegno per la modifica della legge elettorale e la costruzione di un marchio da apporre sui candidati attendibili, salvo verifiche e revisioni costanti.
Per oggi mi fermo qui e voglio vedere cosa succede.                                        (continua)

 

5 Maggio 2012Permalink

1 maggio 2012 – Nuovo corso5

  1 maggio          –  L’origine della festa del Primo Maggio appartiene alla storia degli Usa:
                               In Europa fu ufficializzata nel 1889 (Seconda internazionale). In Italia fu
                               istituita nel 1891, soppressa nel 1925 e reistituita nel 1945.
  6 maggio 1976 – terremoto del Friuli
  9 maggio 1978 – ritrovamento del corpo di Aldo Moro; omicidio di Peppino Impastato
10 maggio 1933 – i nazisti organizzano il rogo dei libri
12 maggio 1974 – referendum sul divorzio
17 maggio 1961 – inizia l’embrago USA contro Cuba
17 maggio 1972 – viene assassinato il commissario Calabresi
23 maggio 1992 – strage di Capaci
24 maggio 1915 – l’Italia entra nella prima guerra mondiale
29 maggio 2005 – Referendum in Francia. Bocciata la Costituzione europea.

 

1 Maggio 2012Permalink

25 aprile 2012 – Quando la memoria non è un rifugio per il letargo

Prima di tutto segnalo gli aggirnamenti nelle segnalazioni che riguardano tre avvenimenti locali e un viaggio in Iran organizzato per il prossimo agosto.
Vi ricordo che oggi – nel corso di programmi di Radio3 -vengono lette lettere dei condannati a morte della Resistenza.

Quando la memoria non è un rifugio per il letargo
ma si fa strumento per comprendere il presente e interagire con responsabilità.
Il mensile Ho un sogno ha pubblicato nel numero di aprile un articolo del giornalista Max Mauro che riporto integralmente.
Per chi volesse saperne di più sul giornalista che ne è autore ricordo che il suo sito (con cui da qui potete collegarvi) si chiama My home is where I/’m happy.

Bambini nascosti, una storia (purtroppo) ancora attuale.

C’è un capitolo dell’emigrazione italiana su cui poco si è scritto e parlato fino ad oggi. Diversamente da altri, tuttavia, ed è un paradosso non insignificante, racconta una storia che non ha perso di attualità. Si tratta del fenomeno dei “bambini nascosti” o “bambini clandestini” nella Svizzera degli anni sessanta e settanta (ma è proseguita fino ai novanta). Il recente dibattito attorno ai diritti dei figli di immigrati irregolari in Italia ha riportato di attualità quegli eventi. Mi è stato chiesto di scrivere un breve contributo al riguardo e lo faccio volentieri. Il mio libro “La mia casa è dove sono felice” (pubblicato da Kappa VU nel 2005 e da poco ristampato) conteneva un capitolo intitolato “Bambino nascosto”. Era la storia, comune a migliaia di altre nella Svizzera a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, di un figlio di emigranti friulani residenti in quel paese con regolari permessi lavorativi che, stante le leggi vigenti, non erano autorizzati a tenere con sé i figli. Al tempo la legge svizzera distingueva fra diverse categorie di immigrati. Numerosi erano gli stagionali, ai quali non era consentito avere con sé i figli. Va detto che i settori dell’edilizia e del turismo, a cui si riferivano quei permessi, occupavano immigrati lungo tutto l’anno, ma per convenzione i permessi erano distinti a questo modo. Erano gli anni del boom demografico e le giovani coppie di immigrati (in maggioranza italiani) che davano alla luce dei bambini erano costrette a trovare soluzioni dolorose e spesso terribili per non rischiare l’espulsione. Molti affidavano i figli ai nonni al paese di origine, finendo per vederli una o due volte all’anno. Altri li nascondevano in casa o li “piazzavano” in collegi al confine con la Svizzera. Altri ancora, come il bambino di cui ho parlato nel mio libro, venivano “alloggiati” presso famiglie con permessi di soggiorno pluriennali oppure presso famiglie di svizzeri disponibili a correre dei rischi. E’ facile immaginare il carico di sofferenze che tutte queste scelte implicavano. “Bambino nascosto” prende spunto dall’esperienza della mia famiglia. Al tempo avevo voluto cercare di mantenere un distacco da studioso e l’avevo trattata come le altre raccolte nel volume, ma oggi, a distanza di qualche anno, sento sia giusto affrontare a viso aperto questo passaggio della mia vita. La decisione è stata in parte influenzata dal dialogo a distanza con Marina Frigerio, ricercatrice svizzera autrice, assieme a Simone Burgherr, del libro “Vesteckte Kinder” (Bambini nascosti, uscito in Svizzera nel 1992). Frigerio mi ha chiesto di scrivere la post-fazione al suo libro “Bambini proibiti” (in uscita presso l’editore Il Margine), dove ricostruisce il contesto storico e riporta alcune testimonianze di ex bambini nascosti di origine italiana. Trovarmi a riflettere nuovamente su quegli eventi mi ha aiutato a capire l’importanza di una memoria civile vissuta in prima persona e sulla necessità di coltivarla per opporsi agli orrori del presente.

NOTA: il libro di Frigerio non è ancora in distribuzione in Italia, appena lo sarà ne darò notizia.

25 Aprile 2012Permalink

20 aprile 2012 – Informazioni sul nuovo corso

Fallimenti
Devo ormai consatare il fallimento dell’impegno che avevo preso con me stessa non solo di affrontare, ma di conseguire qualche risultato, in merito alla questione dei ‘bambini fantasma’, i figli degli immigrati che – per far riconoscere la loro paternità – devono esibire il certificato di soggiorno. A più di tre anni dall’inizio di questo impegno so che – a parte il comunicato del GrIS e la proposta di legge Orlando i risultati conseguiti sono prossimi allo zero.
Mi sono stupidamente scontrata con ignoranza e pregiudizio e ho ottenuto, come principale risultato, quello di trascurare il mio blog.

Novità

Ora, inaugurando una nuova versione, provo a rimettere a posto la ‘creatura’ abbandonata.
Per il momento confermo la voce  ‘Chi sono’ e segnalo alcune note aggiuntive nelle pagine sottostanti ‘Le mie attività’

20 Aprile 2012Permalink

19 aprile 2012 – Fatti e misfatti

Ieri scrivevo, a proposito dell’inchiesta di El Pais, ripresa da Time, la storia dei massicci rapimenti di bambini, seguiti da vendite, considerandolo una testimonianza che aiuta a costruire il quadro per inserire il problema dei ‘bambini fantasma’ di cui mi occupo da anni.

Il quadro di riferimento come io lo vedo
Gli esperimenti di Mengele non risparmiavano i bambini, soprattutto se gemelli.
I colonnelli argentini distrussero una generazione cui sottrassero i figli per darli in adozione a persone ‘affidabili’. Le ‘nonne di piazza di maggio’ ancora li cercano.
Le suore spagnole hanno fatto più o meno lo stesso, senza bisogno di ammazzare le madri.
Ora spero che quelle sciagurate non diventino un alibi per demonizzare il cattolicesimo in nome di una cultura laica più evoluta e rispettosa dell’integrità della persona.
Purtroppo non è così e seguire questa strada di conflitto ideologico consente ad alcuni di scansare le proprie responsabilità con una copertura cui organizzazioni cattoliche hanno più volte dato credibilità.
La penalizzazione dei figli di sans papier, la cui esistenza non è riconosciuta come loro diritto ma affidata alla transitoria labilità di uno strumento burocratico (la circolare!), unisce religiosi e laici, credenti e atei nella stessa volontà di devastazione, almeno in Italia.
Da parte di esponenti di associazioni e organizzazioni che dicono occuparsi di diritti umani in genere e di migranti in particolare mi è stato detto essere impossibile un intervento perché non ci sono denunce di fatti.
Forse che la negazione della registrazione anagrafica messa in legge non è un fatto?

Fatti che forse susciteranno un provvisorio, labile clamore
Il primo: L’occasionale presenza di un regista a bordo di un aereo che trasportava persone espulse ha documentato la presenza di mani legate e di nastro adesivo sulla bocca.
Chi è responsabile di un simile trattamento? Le vittime in questione erano state informate del diritto a chiedere asilo?
Il secondo: Una cittadina moldava è morta in circostanze non ancora chiarite e trapelate a due giorni dai fatti nel Commissariato di Villa Opicina(Trieste).
Adesso le anime buone, capaci di vedere i fatti solo nei macelli, hanno di che guazzare prima di passare ad altro.

Walter Benjamin: quando è impossibile liberarsi dalla memoria che si affolla di nomi.
So che verrò considerata fanatica ed esagerata più di quanto non capiti normalmente ma mi è venuto in mente il filosofo Walter Benjamin quando, fermato dalla polizia  al confine franco-spagnolo,la notte fra il 26 e il 27 settembre 1940 si uccise, rifiutando la possibilità di cadere in mano ai nazisti.

Klee - Angelus novus. 1920

 Benjamin aveva scritto: “C’è un quadro di Klee che s’intitola ‘Angelus Novus’. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, al bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta. ” (Tesi di filosofia della storia).

20 Aprile 2012Permalink

18 aprile 2012 – Spagna – Lo scandalo dei bambini rapiti: tombe vuote e una monaca zitta.

Il 15 aprile, durante la trasmissione Radio3 mondo, ho ascoltato la presentazione di un articolo di Time che ho ritrovato e tradotto (ringrazio Laura per la revisione).
Qui ne riporto il titolo originale: Spain’s Stolen-Babies Scandal: Empty Graves and a Silent Nun By Lisa Abend / Madrid Friday, Apr. 13, 2012.
Più sotto ho inserito il link che porta a Time.
Per ora mi limito a pubblicarne il testo ma a giorni proporrò il mio commento sperando che altri intervengano.
Infatti è una testimonianza che aiuta a costruire il quadro per inserire il problema dei ‘bambini fantasma’ di cui mi occupo da anni.

Traduzione dal Time

La donna anziana che lunedì mattina ha lasciato il tribunale di Madrid era curva e spettrale, ma né l’ovvia debolezza né il semplice abito blu che indossava hanno impedito alla piccola folla di spettatori di  contestarla clamorosamente. Una donna gridava ”Vergogna! Come hai potuto causare tanto dolore?”
Si pensava che lunedì sarebbe stato il giorno che avrebbe dato una risposta a coloro che si ritengono vittime di decenni di rapimenti di bambini in Spagna. La religiosa chiamata a testimoniare, suor María Gómez Valbuena, é la prima persona formalmente accusata per il suo presunto coinvolgimento in un piano che si dice abbia sottratto migliaia di neonati alle loro madri per venderli a genitori adottivi.
Ma una volta davanti al giudice Gómez ha esercitato il suo diritto a non parlare.
E più tardi quello stesso giorno in un incontro con i rappresentanti delle associazioni delle vittime esponenti ufficiali del governo spagnolo hanno ammesso che, sebbene volessero impegnare mezzi dell’amministrazione per cercar di riunire i neonati alle loro madri, le probabilità di assicurare alla giustizia chi aveva diviso   famiglie erano deboli.
Qualcosa come 1500 accuse di rapimento di bambini, collocabili dai tardi anni ’50 alla metà degli anni ’80, sono state presentate in Spagna negli ultimi due anni. La maggior parte segue lo stesso agghiacciante racconto: una madre sola o una donna sposata che avesse giù parecchi bambini partoriva un piccolo in evidente buona salute ma subito le veniva detto – spesso da una suora che lavorava come infermiera- che il piccolo era morto. Sebbene i genitori adottivi avessero spesso pagato consistenti somme di denaro per i loro bambini, l’ideologia più che l’avidità sembra essere stata il movente dei ladri. “Quelli sono suore e preti che credevano fermamente che il bambino sarebbe stato meglio   con una famiglia più tradizionale o più ‘morale’”, spiega la giornalista Natalia Junquera che ha condotto l’investigazione sui rapimenti per conto del giornale El Pais. “Pensavano onestamente di fare la cosa giusta”.
Da quando, più di un anno fa, i primi casi cominciarono ad attrarre l’attenzione, i test del DNA hanno riunito sei madri con i loro bambini che credevano morti. Dozzine di genitori hanno scoperto che le tombe in cui credevano di aver sepolto i loro bambini di fatto erano vuote, o che i registri dello stato civile non contenevano i certificati di morte dei bambini che loro pensavano fossero morti alla nascita.
E fino a suor Maria nessuno era stato realmente incriminato. I tribunali avevano chiuso molti casi per mancanza di prove.
 “Gli accusatori sono frustrati” dice Junquera. “Hanno evidenziato qualche cosa di sbagliato – cosa può esserci di più chiaro di una tomba vuota? – ma nulla che possa essere dimostrato in tribunale”.
Le vittime avevano sperato che le accuse contro Suor Maria avrebbero cambiato tutto questo. La suora era stata imputata dopo che i test del DNA avevano riunito Maria Luisa Torres a sua figlia Pilar che lei non aveva più visto dalla nascita.
Secondo quanto da lei testimoniato in tribunale, nel 1982 Torres aveva 24 anni e si era separata dal marito quando era rimasta incinta di un altro uomo. Aveva sentito di una suora della clinica Santa Cristina che aiutava le donne nella sua situazione e si era incontrata con suor Maria, e poi, entrata in clinica, una volta iniziato il travaglio, l’aveva avvicinata di nuovo. “Dopo il parto mi disse che mia figlia era morta” ha spiegato Torres alla stampa. “Poi mi disse che la piccola era stata data a un’altra famiglia. E mi minacciò che se me ne fossi ancora occupata  avrebbe detto alle autorità che ero un’adultera e loro mi avrebbero strappato anche l’altro mio bambino”.
Venerdì il padre adottivo della figlia che Torres aveva perduto testimoniò che lui e sua moglie avevano pagato la loro figlia a suor Maria, sebbene allora ritenessero di sostenere le spese di una giovane donna in difficoltà. “Suor Maria era una donna molto forte. Ora la vedo e non la riconosco.  Era una donna terribilmente fredda, ma io le ero immensamente grato perché mi aveva dato una figlia”.
Negando tutto, lo stesso giorno in cui era comparsa in tribunale suor Maria rese nota una pubblica lettera affermando che l’idea di separare una bambina dalla sua madre biologica per lei era “ripugnante”. Sebbene rimanga sotto investigazione giudiziaria, senza prove che confermino che aveva esercitato una coercizione nei confronti di Torres per farsi dare la sua piccola, la possibilità che lei – o qualcuno degli altri dottori, infermiere, suore e preti a quanto si dice coinvolti in questo caso – vengano giudicati, è minima.
Richiesta di cosa provi a proposito del procedimento di lunedì Inés Madrigal ha risposto con una sola parola: ‘indignazione’. La 42enne lavoratrice delle ferrovie aveva capito che c’era qualche cosa di sbagliato nella sua adozione quando ne aveva visto la documentazione che le era risultata falsificata. Il medico che aveva assistito alla sua nascita al Santa Caterina era evidentemente uno con cui suor Maria lavorava spesso ed è offesa da quello che chiama ‘il tremendo cinismo’ della suora.
Come molti altri spagnoli che ora sospettano di essere stati bambini venduti si è sottoposta al test del DNA e sta facendo il possibile per identificare la sua madre biologica.
“Abbiamo dovuto diventare detectives” dice Madrigal, “confrontare i registri di stato civile, riportare alla luce tombe. Sapevo che c’era qualche cosa di sbagliato nella mia adozione perché me lo sentivo. Ma la legge è indifferente ai sentimenti.”

Chi volesse risalire alla trasmissione Radio3 mondo può farlo da qui.

20 Aprile 2012Permalink

9 aprile 2012 – Quello che va detto

Vorrei tacere in merito alle vicende Lega Nord, Bossi & famiglia ma non ci riesco  perché ciò che si dice in proposito mi offende. 

Günter Grass 

Volevo pubblicare il testo dello scritto di Günter Grass che tanto dibattito ha suscitato nei giorni scorsi per la sua pesante critica allo stato di Israele che minaccerebbe un attacco preventivo all’Iran, ma non lo faccio.
Io stessa – se in seguito lo vorrò – potrò cercare via internet il testo dell’intervento e i commenti.
Ora, se mai qualcuno mi leggesse, finirei nel solito tritatutto della scelta (altrui) di schierarmi di qua o di là, per cui mi schiero da me facendo uso del titolo dello scritto del premio Nobel e lasciando la conoscenza del suo testo ai motori di ricerca. 

Quello che va detto o meglio quello che io voglio dire

La stampa e i vari media parlano dei furti continui che partito e famiglia avrebbero perpetrato all’ombra dell’on. Bossi. Spero che si arrivi al più presto a imputazioni precise e precisamente note, a un processo trasparente e a una sentenza inequivocabile mentre ciò che mi sgomenta in questi giorni è trovarmi a fronte di pagine e pagine di quotidiani che riportano (spettegolano?) turpi particolari sulla vita dei signori protagonisti del nuovo scandalo.
Mi irrita e mi fa male constatare che del pessimo comportamento dei politici si parla solo quando rubano o fanno sfacciatamente sesso, come se i portafogli malamente riempiti e gli indumenti intimi precipitosamente tolti fossero bandiere da sventolare a proprio onore.
Ma questa gente, quale che sia il risultato del processo che poco sopra ho auspicato, ci deruba da anni di dignità e senso della decenza, sia per aver mal governato (e non sono i soli: altri lo hanno fatto, alleati o no con la Lega Nord e non solo ‘a destra’) sia per aver attuato un’operazione culturale devastante.
Si sono scoperti fin dal loro apparire sulla scena politica, hanno fatto del razzismo il loro verbo e gli italiani non trovarono nulla da dire; le pazze bestialità del loro linguaggio sono state (e ancora sono) tollerate quando non sono diventate senso comune e su questo scempio è mancata una significativa protesta.
Ed è l’aver gettato ogni coscienza di appartenenza a una realtà che ci onora in un liquame confuso fatto di ignoranza e identificazione con il peggio della nostra storia che mi fa paura.
Se per assurdo Lega Nord e famiglia Bossi fossero ritrovati innocenti andrebbe tutto a posto?
Torniamo all’appartenenza cui ho fatto cenno sopra: da parte mia intendo il riconoscerci nella Costituzione e in principi che non sono valori cui partecipare con sensibilità (parola che – da quando è stata sovrapposta al ragionamento – mi è diventata odiosa) ma principi in cui riconoscersi sperabilmente assieme ad altri che ne siano consapevoli per cercare di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. 

Una parziale risposta a Giovanna 

Capisco la prostrazione (o meglio l’infinita, sconsolata tristezza che tutto questo produce) ma prova, se ancora ne hai voglia, ad abbandonare la strada che ti indica il verbo ‘combattere’ (anche se metaforico il militarismo è sempre fuorviante).
A suo tempo – quando la Lega è comparsa sulla scena – molti vi hanno trovato il loro linguaggio (e si sono precipitati a fornirsi delle canottiere d’ordinanza e delle cravatte verdi da parata) ma alcuni più o meno sedicenti intellettuali e politici più o meno sedicenti competenti hanno alzato le spalle con derisione.
Mi ricordo quando (doveva essere il 1995) la Lega ha fatto la prima campagna di massa contro i Rom basata su un falso che avevo i mezzi per smascherare andavo da politici, opinionisti ecce cc che mi guardavano come se fossi scema.
Poiché essere scemi agli occhi di costoro è il riconoscimento di una differenza che considero un onore non ho mollato, sapendo che se non fossi stata sola qualche cosa avrei fatto ma, pur soffrendo per la solitudine, almeno non mi faccio schifo quando mi guardo allo specchio (per un altro esempio, prova a cliccare il tag anagrafe nel mio blog).
Così abbiamo lasciato che Lega & compari variamente collocati distraessero l’opinione pubblica con paure artatamente e abilmente indotte e –protetti da quella distrazione – si adoperassero per portarci, insieme a tutta la compagnia berlusconiana, al disastro cui siamo arrivati.
Io non  ho una ricetta per affrontare questa situazione con competenti alternative: quello che so è che non serviranno sinistri strilli….

9 Aprile 2012Permalink

7 aprile 2012 – Nel ricordo di Sarajevo assediata e di Alex Langer

 Finalmente un commento
Nel post di ieri c’è un commento. Ne ho avuto pochissimi e parecchi li ho cancellati: erano pubblicità di servizi perché io potessi meglio impaginare e diffondere i miei scritti.
Ringrazio Giovanna: ogni parere espresso è importante e spero che ne susciti altri.
Provo una grande solidarietà per Giovanna (anche se so che è inutile) ma quanto ha scritto consolida il mio disprezzo per chi ha provocato la situazione in cui ci troviamo ma anche per la massa grigia che, per servilismo o perché solleticata in ciò che ognuno di noi ha di peggio entro se stesso, ha consentito a costoro di farsi soggetti di potere.

L’articolo di Alex
Intanto mi collego al link che permette di raggiungere un articolo di Alex Langer la cui stesura (1994) precede di meno di un anno la sua morte.
Ieri, nel ricordo dell’inizio dell’assedio di Sarajevo (vent’anni!) pensavo di pubblicarlo. Ma per chi fosse interessato sarà facile leggerlo integralmente con un clic. Per me non è il ricordo di una verità occultata ma qualche cosa di ancor più importante: la testimonianza di chi faceva politica con competenza e onestà, aperto al dialogo su proposte e contenuti,
In quegli anni gli incontri erano facili e normali. Oggi lo sono, temo, per chi si rende disponibile ai raduni di osannanti e consenzienti o di altrettanto vacui protestatari.
Già il titolo dell’articolo è significativo: SARAJEVO, L’EUROPA, IL PIANETA. E il sottotitolo dice: L’Europa muore o rinasce a Sarajevo
Oggi forse Alex non avrebbe osato il ‘rinasce’ 

Una signora che mi ha deluso.
Su Repubblica di ieri (6 aprile pag. 4) mi è capitato di leggere un articolo (Il potere delle madonne e delle streghe) di Natalia Aspesi, una giornalista brillante che vuole essere ragionevolmente anticonformista (ma non sempre ci riesce).
Natalia Aspesi è una giornalista di costume e non vado nei suoi scritti a cercare analisi politiche ma questa volta, secondo me, non ha capito il soggetto di cui parla e non sono il suo particolare punto di vista e la bella scrittura a compensare questa pericolosa incongruenza.
Scrive a proposito del figlio del deputato Umberto Bossi, usando l’impietoso vezzeggiativo che papà gli ha affibbiato: “ … il Trota che ha difficile comunicazione col sapere anche più modesto. E qui spiace per il povero Umberto, il cui fascino era anche l’essere sempliciotto, ordinario, di paese, tutto casa e chiesa, in canottiera, col sigaro, la cravatta solo in Parlamento, venire colpito al cuore da un figlio…”.
No signora Aspesi, non ci siamo. L’ on. Bossi, decida sa sé o sia da altri più abili manovrato, non è un sempliciotto. E’ un pericoloso, irresponsabile furbastro (per vocazione o per imposto addestramento non mi interessa) che ha raccolto il peggio della cultura italiana, lo ha elaborato e rinviato confezionato con l’apparente dignità della proposta politica (se politica sono quelle urla rauche, scomposte e sguaiate ma certamente come politica interpretate e assunte da molti quali proprie scelte di pensiero).
Razzismo e disprezzo della diversità non diventano banalità sempliciotte perché indossano la canottiera: restano pericoli che ci minacciano tutti anche perché si fanno scelte elettorali.
Loschi figuri assetati di potere e indifferenti ai mezzi per raggiungerlo, vecchi debosciati che si pretendono rispettabili per ragioni anagrafiche, volonterosi sostenitori di leggi ad personam ci sono sempre stati: ma Bossi, i suoi sodali – dentro o fuori il suo partito: ci sono ovunque (ma non sono tutti!) – sono stati votati da uno stuolo di illusi o di complici consapevoli.
E Aspesi ci ricorda che anche altri figli di Bossi sono “pieni di pretese volgarotte, da nuovi ricchi..” e che il padre “appannato dalla malattia forse non ha avuto la forza di opporsi, sperando che il Dio Po lo proteggesse dalla realtà, o che il Cerchio Magico in cui era stato imprigionato dai suoi, fosse davvero tale”.
Non promuova signora Aspesi lo spreco della pietà che è un dovere ma non deve oscurare la ragione. Per sua fortuna l’onorevole che ha inventato la Padania è pietoso di sé e se lo può permettere: quando si è ammalato si è fatto curare in Svizzera (e sono lieta che le cure siano state efficaci) ma ai migranti, insieme a molti politici di vari partiti e tipologie istituzionali, ha negato le cure, ai figli degli irregolari persino la possibilità di avere un certificato di nascita, agli italiani ha reso impossibile insieme l’accesso alle cure costose e a decenti condizioni di vita.
Lasci perdere signora, non occorre la sua indicazione di pietà: in nome del disprezzo per ogni diversità e della aggregazione attorno all’urlo molti lo voteranno comunque.

7 Aprile 2012Permalink