19 maggio 2015 – Il clandestino esce dall’utero valigia

Avevo scritto la prima parte di questa storia il 9 maggio e si può leggere anche da qui

Dal notiziario si rai news 24 del 18 maggio 2015
Una corsa, l’abbraccio, le lacrime. Questa volta di gioia. Finisce nel migliore dei modi l’incredibile viaggio del piccolo Adou Ouattara, il bimbo ivoriano di otto anni scovato all’interno di una valigia alla frontiera adoudell’enclave spagnola di Ceuta. La ‘foto’ scattata dai macchinari ai raggi X ha fatto il giro del mondo e l’attenzione dei media ha fatto il resto. Così Adou ha potuto riabbracciare la madre, Lucie Ouattara, arrivata in nave da Algeciras per riprenderselo. “E’ stato molto toccante”, ha detto a El Mundo l’avvocato della famiglia, Juan Isidro Fernández. “Il bambino è corso incontro alla madre, che è scoppiata a piangere”. Ora, nel giro di 15-20 giorni, i documenti necessari saranno messi a punto e Adou potrà ufficialmente risiedere in Spagna. “Era la nostra battaglia”, ha sottolineato Fernández. Il passo successivo è quello di occuparsi del padre Alí, finito in prigione dopo che i poliziotti spagnoli lo avevano individuato come il destinatario ultimo di quella ‘consegna eccezionale’ tentata – su compenso – da una giovane marocchina di 19 anni. Una volta passata la frontiera – questo era il piano – la ragazza avrebbe affidato il piccolo al padre che vive a Las Palmas, alle Canarie, con un regolare permesso di soggiorno. Invece l’uomo è stato arrestato qualche ora più tardi, mentre tentava di raggiungere il figlio a Ceuta, con l’accusa di aver messo in pericolo la vita di un minore. Non solo. Sulle prime i giudici avevano mostrato più di un dubbio sulle dichiarazioni rese dall’uomo dopo l’arresto, soprattutto per quanto riguarda le modalità del trasporto del bimbo in territorio spagnolo. Che Adou sarebbe stato infilato in una valigia, dove peraltro non respirava bene, Alí non sembrava esserne al corrente. Circostanza che ha insospettito i magistrati e ha fatto balenare l’ipotesi di un traffico di minori. Invece era solo disperazione. “Cercheremo di tirarlo fuori dalla galera in settimana”, ha detto ancora Fernández. “E’ una bravissima persona, solo una vittima in più di questa storia”. La mamma di Adou, dal canto suo, ha portato la documentazione ai magistrati locali per dimostrare il rapporto di parentela con Adou e lasciare un campione di saliva per la prova del Dna – così da escludere ogni possibile sospetto di tratta dei minori. Il piccolo resterà affidato ora alle cure dei servizi sociali mentre le pratiche burocratiche verranno ultimate. La madre, nel frattempo, risiederà a Fuerte ventura con la figlia. Poi, tra un paio di settimane, tornerà per riabbracciare Adou una volta per tutte. – Si può leggere anche da qui

Una domanda che – ormai lo so – non avrà risposta.
Il bambino nella valigia aveva un nome riconosciuto ed evidente un certificato di nascita che attesta le generalità dei genitori. Il suo nome infatti viene scritto e pronunciato con sicurezza, come fosse uno dei ‘nostri’ bambini. (Se qualcuno legge mi scuso per il possessivo che ho usato solo per chiarezza).
Il dna in questo caso (per quel che si capisce della notizia comunque reperibile anche su la Repubblica) dovrebbe accertare l’identità già nota e dichiarata del bambino anche con una prova biologica.
Se un bambino, quel bambino fosse nato in Italia e si fosse trovato senza certificato di nascita negatogli per legge cosa sarebbe accaduto?

19 Maggio 2015Permalink

17 maggio 2015 – Gli atti di stato civile non sono tutti uguali

Il sindaco di Udine ha deciso di trascrivere l’atto di matrimonio di coppie omossessuali registrato all’estero. Gli avevo già scritto un messaggio di consenso all’iniziativa lo scorso mese di ottobre. Si può leggere anche da qui Poi ha deciso di fare di più e ha esposto la bandiera arcobaleno sul balcone del palazzo municipale in occasione della giornata mondiale contro l’omofobia.
Io, pensando che gli atti di stato civile sono sempre atti di stato civile quale che ne sia il soggetto che alla trascrizione ha diritto, gli ho scritto la lettera aperta che riporto di sotto.
Infatti mi sembra che la sua preoccupazione di rispettare il diritto delle coppie gay possa trasferirsi anche ai bambini che, nascendo in Italia, hanno diritto al certificato di nascita (vedi art. 7 della legge 176/1991 che rappresenta la ratifica della Convenzione di New York del 1989 sui diritti del minore. Non mi dilungo perché ho trascritto una mia ampia relazione con molta documentazione il 2 maggio).
Alla mia lettera il sindaco non ha (ancora) dato risposta ma avendola io annunciata a seguito di un pezzo su fb che valutava positivamente l’evento-bandiera mi è stato chiesto che c’entrasse il mio riferimento ai bambini con le nozze di coppie omossessuali e, a una mia sottolineatura dell’analogia (in entrambi i casi – ripeto – di atti di stato civile si trattava), l’interlocutrice – dopo alcune parole di derisione – ha rivelato una carenza lessicale confondendo registrazione anagrafica e cittadinanza.
Così ho cancellato quello che avevo scritto e passo alla lettera che proverò a replicare in fb.

13 maggio – Lettera aperta al Sindaco di Udine
Egregio prof Honsell,
sindaco di Udine Ho letto della sua iniziativa di esporre la bandiera arcobaleno sul balcone del municipio come segno celebrativo della giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia. Apprezzo molto questa determinazione a ricordarci che la trascrizione di matrimoni omossessuali celebrati all’estero non è un evento occasionale ma nasce dall’attenzione che ci viene proposta come propria della responsabilità di un sindaco di fronte alle situazioni di cittadini udinesi cui l’evolversi dei tempi concede finalmente di non umiliarsi in una situazione di nascondimento. Certamente questo gesto di civiltà compiuto da un sindaco rappresenta un autorevole impulso perché il parlamento si esprima in proposito con la necessaria chiarezza della legge. Voglio però ricordare che ci sono altri cittadini che hanno necessità dell’attenzione del sindaco al riconoscimento della loro esistenza legale: sono coloro che nascono in Italia, figli di migranti privi di permesso di soggiorno, cui la legge nega il certificato di nascita, subordinato all’esibizione del documento di cui i genitori, o almeno uno di loro, non dispongono. Per chiarezza tanto avviene dal 2009, a seguito dell’approvazione del cosiddetto pacchetto sicurezza, (legge 94/2009, art. 1 comma 22 lettera g). Ciò che la legge nega è ammesso con successiva circolare ma io chiedo al sindaco della città in cui sono nata e vivo se ritenga opportuno che – per un nuovo nato – il diritto a un nome, all’appartenenza familiare, all’identità, in sintesi il rispetto di un diritto che mette in condizione di avere dei diritti, sia appeso alla labilità di una circolare che potrebbe essere revocata senza intervento di legge così come è stata emanata. Sono certa, voglio essere certa, che a Udine la circolare sia sempre stata rispettata ma le chiedo di esprimere pubblicamente per queste creature senza voce la stessa consapevole responsabilità che ha voluto manifestare per la registrazione dei matrimoni omossessuali dando così un impulso all’intervento correttivo della legge in vigore per cui esistono già due progetti che non comportano oneri di spesa, ma non vengono messi a calendario. Se la sua decisione relativa ai matrimoni ha suscitato prevedibile dibattito penso che in questa scelta, se mai la farà, sarà solo e probabile oggetto di pesanti critiche. Al di là di singoli cittadini solo la Società Italiana per la Medicina delle Migrazioni ha trovato voce dignitosa e competente in proposito. Per il resto partiti e organizzazioni, sia laiche sia vicine alle chiese, hanno opportunisticamente taciuto: i neonati non portano onore e gloria, non esprimono utili consensi. Ma lei rappresenta anche chi nasce sul suo territorio senza voce come questi piccoli. Cordialmente Augusta De Piero

17 Maggio 2015Permalink

11 maggio 2015 – Dal cestello alla valigia. Frammenti

Madri fra mito, caso, storia e burocrazia a modello europeo

Il mito: dal libro dell’esodo: “Allora il faraone diede quest’ordine a tutto il suo popolo: “Gettate nel Nilo ogni figlio maschio che nascerà, ma lasciate vivere ogni femmina” (1,22). La donna concepì e partorì un figlio; vide che era bello e lo tenne nascosto per tre mesi. 3Ma non potendo tenerlo nascosto più oltre, prese per lui un cestello di papiro, lo spalmò di bitume e di pece, vi adagiò il bambino e lo depose fra i giunchi sulla riva del Nilo. 4La sorella del bambino si pose a osservare da lontano che cosa gli sarebbe accaduto (2,2)”.

Una storia: 9 maggio 2015  –  Un giornalista a che tempo che fa
Gramellini dedica l’editoriale al bambino di otto anni che ha “provato” a passare la frontiera tra il Marocco e la Spagna nascondendosi all’interno di un trolley. A scoprirlo giovedì 7 aprile sono stati gli agenti alla frontiera di Ceuta, enclave spagnola in Marocco. La sagoma di Abou è stata individuata all’interno del trolley. Le forze dell’ordine hanno fermato una giovane marocchina di 19 anni. La ragazza è stata arrestata e ha ammesso di avere ricevuto dei soldi per il trasporto del piccolo di 8 anni. Poco dopo un uomo con il passaporto ivoriano e permesso di soggiorno in regola è stato fermato dagli agenti alla frontiera. L’uomo ha chiarito di essere il padre di Abou e di avere cercato di fare arrivare suo figlio nascosto in Spagna nascondendolo all’interno della valigia. Gramellini: “Possiamo davvero ‘arrestare’ tutto questo? Ogni essere umano ha diritto sacrosanto a una seconda chance”.

Una storia: fra l’illegalità della valigia e l’illegalità della menzogna
Giacomo Debenedetti. 16 ottobre 1943 pagg,36-38’
“E’ in corso la razzia al ghetto ebraico, dove vivono anche ariani fra cui la signora S. che si trova sul pianerottolo di casa sua e, identificata come ariana, viene allontanata dai soldati. “In questo momento, vedendola avviarsi per le scale, quattro bambini scappano dagli altri due appartamenti, le si attaccano alle braccia, alle vesti. «Aiutaci, Laurina! Laurina, salvaci!» … La S. strinse a sé i bambini, disse che erano suoi. I tedeschi lasciarono correre. Appena in istrada i piccoli se la squagliano. La signora S. fa pochi passi e poi sviene, La soccorrono alcuni “ariani” che la portano al caffè di Ponte Garibaldi”.

Oggi in Italia: Non sappiamo che sia accaduto in Spagna al piccolo Abou estratto dalla sua valigia-utero. Un bambino che nascesse in Italia, figlio di immigrati non comunitari privi di permesso di soggiorno, uscirebbe invisibile dall’utero-non valigia che fino a quel momento l’aveva protetto. Per legge infatti non esiste (lettera g comma 22 art.1 legge 94/2009). Potrebbero renderlo visibile i parlamentari italiani che modificassero la legge ma non sembrano interessati a provvedere in ciò confortati dalla società civile organizzata (anche se per farlo non dovrebbero proporre nuovi costi agli italiani).

11 Maggio 2015Permalink

10 maggio 2015 – Clandestino nell’utero-valigia

Dal blog di Daniele Barbieri, un pezzo di Daniela Piaricongiungimento familiare1

Noi donne sappiamo cosa significa “trasportare” un bambino.

Ce lo portiamo appresso per nove mesi, quando tutto va bene. Lo culliamo nel liquido amniotico, gli parliamo senza proferir parola. Lo accarezziamo attraverso il ventre. Lo partoriamo nel dolore per godere subito dopo della gioia della sua pelle, del vagito, del pugno che stringe il dito e delle labbra che si attaccano al seno.

Sappiamo che ogni distacco è fonte di dolore, ansia e preoccupazione.

Ma, nel nostro mondo fatto di tutele e certezze, il tempo del distacco possiamo gestirlo, sappiamo che nessuno potrà frapporsi, senza fare i conti con la legge, a volte un poco miope, al ricongiungimento di una madre con il proprio figlio. Questo “naturalmente” se sei una madre dell’opulento Occidente industrializzato, membro dunque della “civilissima” Europa, quella trincerata dietro il filo spinato di una linea Maginot tesa a escludere gli ultimi, i fratelli e i figli più bisognosi: quelli che eravamo noi… non molto tempo fa.

Perché se sei nato dalla parte sbagliata del mondo – quello che fa partorire infinite volte nel dolore, nella fame, nella guerra – il distacco si fa odissea. E il mare non è liquido amniotico ma nemico, una scommessa che sai di poter perdere ma che devi fare se vuoi far sopravvivere i tuoi figli. «Fatti non fummo a viver come bruti, ma seguir virtute e conoscenza» ma quella conoscenza pare perduta nel nostro comodo experire il mondo.

Quando non è il mare, il limbo da attraversare per trovare una parvenza di futuro si fa aria. Cercare di ritrovare una madre attraverso l’aria è un poco più arduo. Il cordone ombelicale si avviluppa e si annoda, persino in un trolley: solo che il neonato è già cresciuto, ha 8 anni ormai, eppure non ha dimenticato la postura fetale. La tiene per ore. Infinite. Il grembo di plastica non lo culla; non è l’ ecografia che lo indaga per tutelarlo, è uno scanner che lo rivela per denunciarlo: clandestino. Bimbo clandestino alla ricerca del suo destino che ha nome di madre. Bizzarro bagaglio in mano a una fanciulla, nipote di Nessuno, 19 anni a sfidare il filo spinato che separa madri e figli.

Sento di non poter contenere questa infamia. Mi arrogo il diritto di donna di appellarmi a tutti i tribunali del mondo perché facciano propria la postura fetale di un figlio che sfida la sorte e sceglie di rattrappirsi in un utero di plastica per ritrovare sua madre.

Ne avevo scritto ieri e mi ripeto

L’articolo che ho trascritto è molto bello. Sono certa che emozionerà molte donne, molte persone.  Ha emozionato anche me, lo confesso, anche se sono allergica alle emozioni che ci giustificano quando ci rifiutiamo di uscire da noi stessi e agire su un piano di tutela di altrui diritti. Chiedo però a tutte le donne italiane che si sono sentite coinvolte da questo scritto di simpatizzare anche con le madri che – a causa della lettera g del comma 22 dell’art. 1 del pacchetto sicurezza (legge 94/2009) – hanno paura a registrare la nascita del proprio figlio. Ne ho scritto tante volte, riporto il link all’ultima relazione organica (2 maggio) che ho trascritto, cui faccio seguire doverosamente il link dal blog di Barbieri.
Il  bambino salvato (forse: sarà ricongiunto a sua madre?) da una valigia mi fa pensare a Mosè salvato dalla distruzione voluta dal faraone in un cestino di giunchi improprio quanto una valigia

https://diariealtro.it/?p=3746

http://www.labottegadelbarbieri.org/clandestino-nellutero-valigia/

10 Maggio 2015Permalink

2 maggio 2015 – Bambini invisibili: una relazione integrata

Faccio seguito all’impegno che avevo preso con me stessa il 27 aprile quando ho presentato nella sede della Casa delle donne di Udine (che ringrazio per l’opportunità offertami) una relazione sul problema dei ‘bambini invisibili’, i figli dei sans papier per cui la legge italiana vuole che l’acquisizione del certificato di nascita conosca gravissimi ostacoli.
Per la prima volta, da che ho iniziato ad impegnarmi in proposito sei anni fa, sono riuscita a proporre un intervento organico a un pubblico diverso da quello già incontrato in qualche sede ‘specialistica’ e così attento e reattivo da costringermi a una felice modificazione del testo della relazione che pubblico ora integrata da alcuni commenti raccolti che mi sono sembrati significativi e che si possono leggere anche in nota. Ringrazio anche gli amici di Ho un sogno, il piccolo mensile udinese che hanno condiviso questo problema nello spazio di informazione che teniamo vivo da più di vent’anni.

Bambini invisibili

In Italia esistono bambini cui la legge nega l’esistenza, non l’esistenza fisica ma quella giuridica e quindi, per cominciare, il legame con la propria famiglia pur desiderosa di accoglierli: sono i bambini invisibili. E’ una tragedia non nuova nella storia d’Europa. Anche prescindendo dalla rovina della Shoà, che strappò figli ai genitori, in Europa conosciamo almeno un’altra esperienza di bambini impediti per legge a vivere con chi li ha generati, quella dei “bambini proibiti”, come si intitola uno studio loro dedicato  [i] .

Erano i bambini che venivano separati dai loro genitori, lavoratori emigrati in Svizzera, perché la presenza di piccoli che necessitano di cure avrebbe potuto limitarne la capacità lavorativa e imporre allo stato gli oneri della presenza di minori non ammessi sul territorio. Non è accaduto in tempi lontani: la legge svizzera che prevedeva la negazione della famiglia ai figli degli emigranti lavoratori fu abrogata solo nel 2002 quando però la situazione aveva già conosciuto modifiche dovute all’intervento della società civile, quell’intervento che in Italia oggi si nega.

Comunque la diversa intitolazione della mia relazione e dello studio che ho ricordato già ci permette una precisazione: i bambini vittime delle norme svizzere erano proibiti ma esistenti, anche se la loro esistenza si consumava lontano dai genitori, con i nonni nel paese d’origine, in atroci istituti appositamente organizzati al confine italo-svizzero o chiusi in stanze svizzere in cui veniva insegnato loro a non muoversi per non scoprire la loro presenza. Se fossero stati scoperti i genitori sarebbero stati cacciati e avrebbero perso il lavoro. Bambini proibiti in Svizzera. Bambini invisibili in Italia,  invisibili perché inesistenti. E inesistenti per legge

Come è possibile che una legge sottragga un nuovo nato alla condizione di esistente? L’iter è già sufficientemente chiarito nella locandina a vostra disposizione (stesa – in occasione di un recente convegno della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni [ii]  con la confortante collaborazione di Chiara Gallo che ringrazio) ma ricordiamo tale procedura cominciando dalle modalità che assicurano – o meglio dovrebbero assicurare ad ogni bambino –  l’esistenza giuridica. Il documento che l’attesta è il certificato di nascita. Così lo descrive Geeta Rao Gupta, Vicedirettrice dell’Unicef [iii]:

«La registrazione alla nascita è più di un semplice diritto. Riguarda il modo in cui la società riconosce l’identità e l’esistenza di un bambino» ed «è fondamentale per garantire che i bambini non vengano dimenticati, che non vedano negati i propri diritti o che siano esclusi dai progressi della propria nazione».

Dal 2009, in Italia, questo diritto, altrimenti universale e assoluto, è negato ai figli di coloro che non hanno il permesso di soggiorno. In Italia quindi ci sono bambini che, per legge, non esistono, non si vedono o meglio non si devono vedere.

Per capire come ciò avvenga è utile  percorrere l’itinerario che assicura la registrazione alla nascita. Quando nasce un bambino viene compilato l’atto di nascita in cui vengono indicati il luogo, l’anno, il mese, il giorno e l’ora della nascita, le generalità, la cittadinanza, la residenza dei genitori, il sesso del bambino e il nome che gli viene dato.
Se si tratta di bambini con genitori ignoti, sarà compito dell’ufficiale di stato civile attribuire al piccolo il nome ed il cognome. Nell’atto viene descritto anche il modo di accertamento della nascita. A ciò provvede il personale medico presente al parto o un sanitario che, pur non avendo direttamente assistito al parto, sia intervenuto successivamente. Era in questo momento che i bambini partoriti dalle prigioniere nelle carceri argentine al tempo del regime dei colonnelli venivano sottratti alle mamme dagli sgherri del regime. Le mamme poi venivano uccise, spesso gettate nell’oceano da apparecchi in volo. Così si creavano, fondandosi su un originario falso sanitario, le condizioni per false attribuzioni di genitorialità. E’ un crimine di cui ancora si parla per l’intervento delle “nonne di piazza di maggio” che cercano i nipoti, figli dei figli e delle figlie perduti. Ma torniamo a noi ribadendo che in questo contesto non ci occuperemo di minori che arrivano in Italia con i genitori richiedenti asilo, dei minori non accompagnati né dei minori infradiciottenni che possono presentare la richiesta di cittadinanza ma solo di bambini che nascono in Italia i cui genitori – o uno dei due – non hanno o hanno perso il permesso di soggiorno. E’ buona norma, quando si voglia affrontare un problema, definirne i termini e delimitarne il significato. Ciò non significa sottovalutare gli altri problemi, ma solo trarne uno da un groviglio che, se abbandonato alle nostre emozioni, potrebbe diventare inestricabile.

Il  23 aprile 2014 un avvocato del foro di Roma, facente parte dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) telefonò alla trasmissione di Radio3-Rai, Tutta la città ne parla’, segnalando un problema molto grave che, a suo dire, sarebbe intervenuto e che si colloca proprio a questo punto della vicenda: l’assenza di un documento di riconoscimento (p.es. il passaporto) impedirebbe in assoluto il riconoscimento del figlio pur intervenendo l’evento del parto in Italia. Ho raccolto il testo della telefonata che riporto in nota  [iv] Dopo la formulazione dell’atto di nascita interviene obbligatoriamente la dichiarazione di nascita che assicura l’iscrizione del nuovo nato nel registro comunale dello stato civile. A ciò provvedono, se lo riconoscono, i genitori o uno di essi o, in assenza, altri soggetti. E finalmente il bambino dispone del certificato di nascita dove risulterà anche la sua cittadinanza che sarà quella dei genitori e non quella italiana, perché così vuole la legge. Se un domani la legge fosse modificata e “chi nasce in Italia diventa italiano” (come fu detto con uno slogan tanto accattivante quanto confusamente inesatto) il problema si porrebbe lo stesso perché anche gli italiani devono essere muniti di regolare certificato di nascita. Oggi tutto potrebbe avvenire nella sicurezza della legalità, i nuovi nati avrebbero il certificato di nascita e sarebbero ‘visibili’ (per restare al titolo della relazione) se nel 2009 non fosse intervenuto il cd ‘pacchetto sicurezza’ (era il quarto governo Berlusconi e ministro dell’interno – che volle con forza questa norma e la impose con voto di fiducia– era l’on Maroni, oggi governatore della Lombardia). [v] La ratio della norma è quella di far uso dei figli per identificare i genitori da espellere: a quei poveri cosini inconsapevoli è affidata la stessa funzione dei centri di identificazione ed espulsione ma a costo certamente inferiore. In realtà la norma originaria era più radicale. Si prevedeva infatti che– in un intervento dovuto a chi si presentasse o venisse presentato in stato di necessità a una struttura sanitaria – i medici chiedessero il permesso di soggiorno e, in assenza, ne dessero  comunicazione alla questura per la conseguente espulsione. Per fortuna vi fu una reazione – in nome dell’etica inerente la professione medica che impone doveri precisi (ricordo un bel comunicato dell’allora presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Udine [vi] ) – e la norma decadde ancor prima di venir discussa in parlamento. Il logo che accompagnò l’impegno – forte e pubblico – degli operatori sanitari tutti, “siamo medici e infermieri, non siamo spie”, aveva anche il contributo della società civile attraverso, per esempio, l’illustrazione che ne aveva fatto Altan.

Restò però la subdola lettera g del comma 22 dell’articolo 1 del  cosiddetto ‘pacchetto sicurezza’ che fu approvato nel mese di luglio 2009 come legge 94. Questa norma ha una formulazione obliqua, che bisogna decodificare e tale non insuperabile difficoltà richiede però un qualche impegno ed è forse una delle ragioni per cui la pigrizia giornalistica, l’indifferenza della società civile, l’irresponsabilità politica o la ripugnanza che sgomenta e invita a sorvolarne il significato, inducono ad ignorarne gli effetti. Purtroppo la società civile (e conseguentemente i mezzi di informazione che vogliono assicurarsi vendite e ascolti) si eccita solo a seguito di episodi sanguinolenti e di situazioni violente, quantitativamente significative e possibilmente mortali, ignorando l’efficacia grigia e sordida della burocrazia che pur nella storia europea ha già avuto un ruolo ben noto. Cito solo la figura di Eichmann (così efficacemente analizzata da Hanna Arendt ne La banalità del male). Vediamo di capire. La prima norma relativa ai migranti che giungevano in Italia fu la cd legge Turco-Napolitano  [vii]  che istituiva il permesso di soggiorno per i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea e per gli apolidi e, nello stesso tempo, indicava la possibilità di non presentare tale documento per chi venisse in Italia per esercitare “attività sportive e ricreative a carattere temporaneo” e per chi richiedesse “atti di stato civile”. Il permesso di soggiorno invece doveva essere opportunamente esibito “agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero” Quindi la norma che escludeva dalla presentazione del permesso di soggiorno chi richiedesse atti di stato civile fu mantenuta senza modifiche anche con la legge nota come Bossi Fini  [viii] Abilmente il pacchetto sicurezza del 2oo9 cassò invece le parole ‘inerenti agli atti di stato civile’, cancellando così l’eccezione già prevista e imponendo la presentazione del permesso di soggiorno per chi volesse sposarsi o dichiarare la nascita dei propri figli  [ix] . Introdusse invece, su indicazione dell’allora presidente della camera, on. Fini, la garanzia della possibilità di iscrizione alla scuola dell’obbligo senza necessità di presentare il premesso di soggiorno [x]

Ma torniamo ai nostri neonati: Contemporaneamente all’entrate in vigore della legge  il Ministro dell’interno emanò una circolare evidentemente finalizzata ad evitare penalizzazioni internazionali. La funzione della circolare venne così descritta dal sottosegretario di stato Davico in risposta a un’interrogazione dell’allora deputato Leoluca Orlando, che l’aveva presentata sollecitato da Paola Schiratti, allora consigliera provinciale e oggi vicepresidente della commissione regionale Pari Opportunità..

Il Ministero dell’Interno, con la circolare n. 19 del 7 agosto 2009, ha inteso fornire indicazioni mirate a tutti gli operatori dello stato civile e di anagrafe, che quotidianamente si trovano a dover intervenire riguardo ai casi concreti, alla luce delle novità introdotte dalla legge n. 94/09 <…>, volta a consentire la verifica della regolarità del soggiorno dello straniero che intende sposarsi e ad arginare il noto fenomeno dei matrimoni “fittizi” o di “comodo”. E’ stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale  [xi], indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico”. A questo punto il testo della circolare fa riferimento alla Convenzione di New York del 1989 di cui si dirà più avanti. E’ già possibile però segnalare, insieme al richiamo all’inesistenza del minore privo di certificato di nascita (bambino invisibile!,  come dal mio titolo) un paradosso. A fronte di una legge negazionista fu approvata – probabilmente come ho detto allo scopo di evitare penalizzazioni internazionali – la circolare che consente ciò che la legge nega. Non dimentichiamo però che una circolare è atto di rango inferiore alla legge e che potrebbe venir cancellata senza neppure darne notizia al Parlamento, così come per atto unilaterale del ministero è stata stilata.

La circolare inoltre prevede un importante distinguo. Se i nuovi nati in Italia ne vengono (con tutta la precarietà del caso) tutelati, permane la penalizzazione per i matrimoni se uno dei due sposi non abbia il permesso di soggiorno e siano quindi suscettibili di essere considerati “matrimoni di comodo”. E a questo punto la realtà si è fatta beffe della pur maligna intenzione del legislatore. Ancora nel 2009 infatti una coppia ‘mista’ richiese di poter contrarre matrimonio, ricevendo in risposta – per lui, cittadino del Marocco – un decreto di espulsione. Ricorso al Tribunale, che sospese l’espulsione e si rivolse alla Corte Costituzionale che, con sentenza 245 del 2011  [xii], riportò la situazione a quella precedente l’inserimento degli effetti della perversa lettera g. I ‘promessi sposi’ erano adulti, avevano evidentemente denaro per pagare gli avvocati che li sostennero nella causa, conoscenze per muoversi in forma corretta. Tutte opportunità negate a neonati che non hanno voce se non per piangere quando hanno fame, opportunità negate insieme ai loro terrorizzati genitori.

Quindi, se ci rifacciamo ai ‘valori’ proclamati dal sottosegretario di stato, cadde allora ogni riferimento al pretesto dei matrimoni di comodo, ma restò inalterata la violazione del diritto del minore la cui certezza di esistere restava e resta appesa alla labilità di una circolare. Così si è espressa in merito la dr. Mellina Bares, garante regionale dei diritti della persona «l’attuale formulazione della norma potrebbe indurre gli ufficiali di stato civile ad impedire la registrazione della nascita del bambino in condizione di irregolarità – in conseguenza dell’irregolarità del soggiorno dei genitori – con conseguenze gravissime per l’effettiva fruizione da parte del medesimo di fondamentali ed inalienabili diritti civili (diritto al nome, all’identità personale…) » e quindi « ritiene che data la delicatezza della questione, che investe diritti fondamentali del minore, sussista la necessità che venga assicurata piena certezza giuridica alla materia,»  – che – «dovrebbe trovare consistente ed esplicita espressione nella norma legislativa»  [xiii].

Prima di concludere non posso però dimenticare un altro problema, quello delle madri che, paralizzate dalla paura di ciò che potrebbe loro accadere al momento della richiesta della dichiarazione di nascita, sfuggono alle garanzie sanitarie dovute  per legge all’atto del parto. Ce ne parlano i rapporti stilati da un network di più di 80 associazioni che, coordinate dall’organizzazione Save the Children, da tempo si occupano attivamente della promozione e tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e si sono fatte carico di monitorare le politiche riferibili alla Convenzione di New York del 1989, dal 1991 legge in Italia. [xiv] Loro obiettivo prioritario è quello di preparare il Rapporto sull’attuazione della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Convention on the Rights of the Child – CRC) in Italia, supplementare a quello presentato dal Governo italiano, da sottoporre al Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza presso l’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite.

E’ presente all’incontro Majda Badaoui, mediatrice ci comunità, che sollecita (come anche il gruppo CRC) la diffusione della conoscenza della Circolare 19 come prima difesa per le madri. Infatti se, a norma della citata circolare, il migrante privo di permesso di soggiorno non deve presentare il documento che non possiede per assicurare al figlio la dichiarazione di nascita, la mamma ha diritto a una protezione supplementare. Presentando il passaporto potrà rivolgersi a una struttura sanitaria pubblica per ottenere  al compimento della dodicesima settimana di gravidanza, un certificato che attesti il suo stato. Avrà un permesso di soggiorno per motivi sanitari fino al parto, permesso che sarà poi rinnovato fino al compimento del sesto mese del neonato.

Ma ci sono donne per cui tale possibilità non è sufficiente. Nel 5° rapporto del gruppo Convention on the Rights of the Child   [xv]  leggiamo: «Il timore, …, di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità (art. 7 CRC), nonché dell’art. 9 CRC contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori. Pur non esistendo dati certi sull’entità del fenomeno, le ultime stime evidenziano la presenza di 544 mila migranti privi di permesso di soggiorno  Questo può far supporre che vi sia un numero significativo di gestanti in situazione irregolare».

Così scriveva il gruppo CRC nel 2012 e, nel 2014, ripetendo la considerazione appena letta, nel suo settimo rapporto segnala che

«Il Comitato ONU è preoccupato per le restrizioni  legali e pratiche al diritto dei minorenni di origine straniera di essere registrati alla nascita. In particolare, il Comitato esprime preoccupazione per come la L. 94/2009 sulla pubblica sicurezza renda obbligatorio per i non cittadini mostrare il permesso di soggiorno per gli atti inerenti il registro civile»

e chiede ancora all’Italia:

«a) di assicurare che l’impegno sia onorato tramite la legge e facilitarlo nella pratica in relazione alla registrazione alla nascita di tutti i bambini nati e cresciuti in Italia; b) di intraprendere una campagna di sensibilizzazione sul diritto di tutti i bambini a essere registrati alla nascita, indipendentemente dall’estrazione sociale ed etnica e dallo status soggiornante dei genitori; »  [xvi] 

E’ chiaro quindi che la soluzione è politica: si tratta di ripristinare in legge un brevissimo passaggio cancellato nel 2009. Ci sono due proposte, una presentata da un centinaio di parlamentari nel 2013 [xvii] (durante il governo Monti) e l’altra da una decina di senatori (nessuno della nostra regione) nel 2014  [xviii]

Ne ho scritto al presidente Mattarella la cui segreteria mi ha risposto a giro di posta assicurandomi di aver inviato al ministro dell’Interno la nota informativa. [xix] Quindi il parlamento ha i mezzi per modificare la norma, le commissioni Affari Costituzionali di entrambe le camere ne sono investite e così pure ne è investito il governo. Se la legge passasse (e non prevede onere alcuno di spesa) verrebbe rispettato l’art. 7 della Convenzione di New York, norma disattesa nello stato italiano che recita: 1. Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi. 2. Gli Stati parti vigilano affinché’ questi diritti siano attuati in conformità con la loro legislazione nazionale e con gli obblighi che sono imposti loro dagli strumenti internazionali applicabili in materia, in particolare nei casi in cui se ciò non fosse fatto, il fanciullo verrebbe a trovarsi apolide.

Se impegnarsi al superamento della norma che dal 2009 ostacola la dichiarazione di nascita dei figli dei migranti senza permesso di soggiorno è azione che promuove la solidarietà politica dichiarata dall’art. 2 della Costituzione, è però anche azione che salvaguarda la nostra dignità di cittadine/i. E al razzismo non ci si nega con le circolari.

Ce lo ha ricordato il 27 aprile, nel dialogo che ha coinvolto molti dei presenti, Adriana Libanetti sottolineando che così com’è la norma, che subordina l’esistenza legale di un figlio allo status e alla nazionalità dei genitori, ha un fondamento razzista che tutti ci offende.

NOTE:

[i]  Marina Frigerio Martina.  Bambini proibiti – Storie di famiglie italiane in Svizzera tra clandestinità e separazione Collana Orizzonti pp. 208 Casa editrice Il Margine  Via Taramelli n.8 – 38122 Trento “Lo Statuto degli stagionali è stato modificato nel 1996 ma abolito solo nel 2002. Quindi, formalmente almeno fino a quella data il problema dei bambini nascosti era presente, anche se ridimensionato grazie a varie campagne di stampa e di informazione (tra cui il libro di Frigerio e Buergeer del 1992)”.

 

[ii] www.simmweb.it Per il gruppo Immigrazione e Salute del Friuli Venezia Giulia (GrIS) http://www.simmweb.it/index.php?id=373

[iii] http://www.unicef.it/doc/5228/registrazione-alla-nascita-nel-mondo-un-terzo-dei-bambini-resta-invisibile.htm

 

[iv] Tutta la città ne parla 23 aprile 2014

Giornalista: ….  C’è un punto …. che volevamo affrontare in chiusura. Riguarda un elemento specifico della vita di chi poi arriva senza documenti, senza permesso di soggiorno nel nostro paese.  Partorire un figlio, farlo nascere in Italia e non potergli garantire un certificato di nascita Questo prevedeva la legge italiana, poi c’è stata un circolare che se non  abbiamo capito male ha rimosso questo  divieto perché, come diceva l’ascoltatrice, vivere poi e fare tante cose che sono normali nella vita senza un proprio certificato di nascita è un grosso problema. Vogliamo cercare di capirne qualche cosa di più nei minuti conclusivi e abbiamo chiesto aiuto all’avv. Salvatore Fachile. Buongiorno Avvocato: Buongiorno, buongiorno a tutti. Giornalista: Lei si occupa di immigrazione, protezione internazionale, diritto minorile. Fa parte di un network che più volte abbiamo ospitato qui a La Città, l’ASGI (Associazione Studi Giuridici Immigrazione). Fachile, allora come stanno le cose riguardo a questo punto specifico ‘certificato di nascita per i figli di chi non ha permesso di soggiorno’. Avvocato: Guardi, non c’è un problema relativo ai certificati di nascita, c’è un problema relativo a una questione  molto più grave.  Cioè la possibilità da parte di due persone che senza permesso di soggiorno, ma anche senza un documento di identità (la donna che è priva di un passaporto) di poter riconoscere il proprio figlio. Nel senso che sicuramente la normativa nazionale e internazionale le  riconosce questo diritto. Però questo diritto è stato posto in discussione più volte. Addirittura qualche anno fa il governo aveva tentato sostanzialmente di imporre una regola opposta, cioè quella per la quale per riconoscere il proprio figlio era necessario avere un documento di identità, quindi un passaporto sostanzialmente o permesso di soggiorno. Questo pericolo è stato poi sventato in  parlamento perché  si è riusciti comunque a inserire una clausola che evitava che si dovesse richiedere a una donna un documento di identità; però la normativa rimane una normativa valida. Per cui non è raro – purtroppo non è raro – il fatto che al momento del parto venga negata alla persona, alla donna che ha partorito in ospedale, la possibilità di riconoscere il figlio senza documento di identità, per cui una serie di strutture mediche trovano escamotage tipo per esempio la richiesta di testimoni che possano testimoniare che quella donna ha partorito quel figlio o anche altri stratagemmi assolutamente stravaganti. La verità è che la normativa non è chiarissima. E’ chiara soltanto la normativa generale per cui ovviamente un bambino non può che essere riconosciuto dalla madre  anche senza un documento di identità. Però nella pratica mancando delle specifiche direttive nei confronti del pubblico ufficiale quello che  succede è che .. Giornalista:  che succede nella vita di una persona, di un bambino qualora gli stratagemmi non funzionassero, quelli che ci ha indicato lei, che succede nella vita concreta di una persona che non ha un certificato di nascita? Avvocato:  Il pericolo non è quello di non avere un certificato di nascita, il pericolo è addirittura maggiore Giornalista:  E’ il mancato riconoscimento. Avvocato:  L’ospedale che non consenta il riconoscimento alla madre … Giornalista:  Si diventa minori non accompagnati Avvocato: Diventa un minore assolutamente abbandonato, perché il bambino non viene fatto uscire dall’ospedale .. Giornalista: Ma numericamente (mi scusi ma abbiamo pochi secondi però è interessante capire). Quante persone riguarda un fenomeno di questo tipo? Avvocato: Abbiamo provato in più occasioni a capire numericamente ed è veramente impossibile perché si tratta di una [due parole incomprensibili] che riguarda tutti gli ospedali d’Italia ovviamente […] e una prassi così diversificata da ospedale a ospedale che non si capisce poi in quanti rimangono impigliati nelle maglie della burocrazia impossibile  con conseguenze drammatiche rispetto appunto all’impossibilità di riconoscere il proprio bambino. Quantitativamente è impossibile fare … Giornalista: avvocato Salvatore Fachile la ringrazio per questa precisazione. http://www.radio3.rai.it/dl/portaleRadio/media/ContentItem-e439e539-9696-480c-9f08-561c44f5de68.html#

Il link che ho trascritto consentiva inizialmente un facile accesso al parlato della trasmissione. Ora c’è qualche complicazione tecnica che non so superare. Di questo particolare ci ha fatto memoria Mary Silva Remonato (che ringrazio) che ci ha detto di aver scritto all’avv. Fachile, invitandolo – con la sua associazione – a farsi parte diligente di una denuncia che, pur proteggendo le persone in questione, creasse condizioni per il superamento della ‘lettera g)’ ma non ha mai ricevuto  risposta

[v] Legge 15 luglio 2009, n. 94. Disposizioni in materia di sicurezza pubblica http://www.parlamento.it/parlam/leggi/09094l.htm

 

[vi]  COMUNICATO STAMPA DELL’ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI E ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA DI UDINE    PREOCCUPAZIONE SU PROPOSTA EMENDAMENTO DEL C.D. “PACCHETTO SICUREZZA” Il Medico non è un delatore e risponde all’obbligo deontologico di garantire assistenza a tutti “senza distinzioni di età, di sesso, di etnia, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace e in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera”. Lo afferma Luigi Conte, Presidente dell’Ordine dei Medici di Udine parlando della proposta di emendamento al cosiddetto Pacchetto sicurezza ripresentato all’esame del Senato, nonostante il ritiro deciso nelle Commissioni riunite Affari costituzionali e giustizia di Palazzo Madama. Inoltre esprime profonda preoccupazione per la notizia delle agenzie di stampa del 14 novembre u.s. secondo cui il governo intende attuare rapidamente il “Pacchetto Sicurezza” (atto 733) in discussione al Senato. Ed a tale proposito, ancora più preoccupazione desta la posizione espressa dal Ministro Sacconi che ha precisato che “il medico curante deve segnalare se il paziente è un irregolare. Se è clandestino deve essere segnalato per la sua situazione di clandestinità’  ed espulso”, manifestando così , da ministro della salute, completo disinteresse per i principi di solidarietà a fondamento della professione medica. I due emendamenti depositati da alcuni Senatori della Lega Nord (prot. 39.305 e 39.306), chiedono rispettivamente la modifica del comma 4 e l’abrogazione del comma 5 dell’articolo 35 del Decreto Legislativo 286 del 1998 (Testo Unico sull’immigrazione) . La modifica al comma 4 introduce un rischio di discrezionalità che amplificherebbe la difficoltà di accesso ai servizi sanitari facendo della “barriera economica” e dell’eventuale segnalazione (in netta contrapposizione al mandato costituzionale di “cure gratuite agli indigenti”), un possibile strumento di esclusione, certamente compromettendo la stessa erogazione delle prestazioni . Ma in particolare è di estrema gravità l’abrogazione del comma 5. Esso prevede infatti che “l’accesso alle strutture sanitarie (sia ospedaliere che territoriali) da parte dello straniero non in regola con le norme di soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano”. La sua cancellazione metterebbe in serio pericolo l’accesso alle cure mediche degli immigrati irregolari, violando il principio universale del diritto alla salute, ribadito anche dalla nostra Costituzione. L’art. 32 recita: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Si creerebbe inoltre una ‘clandestinità sanitaria-, pericolosa per l’individuo e per la collettività. Ma soprattutto pretenderebbe di costringere il medico ad andare contro le norme morali che regolano la sua professione contenute nel codice deontologico. La professione medica si ispira a principi di solidarietà e umanità (art.1) e al rispetto dei diritti fondamentali della persona (art. 20). Il medico deve mantenere il segreto su tutto ciò che gli è confidato o di cui venga a conoscenza nell’esercizio della professione (art. 10). La relazione tra medico e paziente è basata infatti su un rapporto profondamente fiduciario, incompatibile con l’obbligo d i denuncia. <omissis >  OMCeO Udine – 20 novembre 2008

[vii] legge 6 marzo 1998, n. 40. “Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.”

http://www.camera.it/parlam/leggi/98040l.htm

 

[viii] legge 30 luglio 2002, n.189. “Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo http://www.camera.it/parlam/leggi/02189l.htm

 

[ix] http://parlamento16.openpolis.it/atto/documento/id/57195” Atto a cui si riferisce:  C.4/08314 [Tutela della maternità della salute e dell’istruzione di tutte le persone extracomunitarie] Risposta scritta pubblicata lunedì 31 gennaio 2011     nell’allegato B della seduta n. 426     All’Interrogazione 4-08314 presentata da    LEOLUCA ORLANDO     Risposta.   –   Il ministero dell’interno, con la circolare n. 19 del 7 agosto 2009, ha inteso fornire indicazioni mirate a tutti gli operatori dello stato civile e di anagrafe, che quotidianamente si trovano a dover intervenire riguardo ai casi concreti, alla luce delle novità introdotte dalla legge n. 94 del 2009 (entrata in vigore in data 8 agosto 2009), volta a consentire la verifica della regolarità del soggiorno dello straniero che intende sposarsi e ad arginare il noto fenomeno dei matrimoni   «  fittizi  »   o di   «  comodo  »  .     È stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale, indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico.     Il principio della inviolabilità del diritto del nato è coerente con i diritti garantiti dalla Costituzione italiana a tutti i soggetti, senza alcuna distinzione di sorta (articoli 2, 3, 30 eccetera), nonché con la tutela del minore sancita dalla convenzione di New York del 20 novembre 1989 (Legge di ratifica n. 176 del 27 maggio 1991), in particolare agli articoli 1 e 7 della stessa, e da diverse norme comunitarie.     Considerato che a un anno dall’entrata in vigore della legge n. 94 del 2009 non risultano essere pervenute segnalazioni e/o richieste di ulteriori chiarimenti, si ritiene che le deposizioni contenute nella predetta circolare siano state chiare ed esaustive, per cui non si è ravvisata sinora la necessità di prospettare interventi normativi in materia. Il Sottosegretario di Stato per l’interno Michelino Davico

 

[x] Una interlocutrice, Marisa Duca, pone un problema che finora non sembra aver suscitato alcun interesse. La legge 94 è stata approvata nel 2009; siamo nel 2015 quindi il prossimo anno scolastico i bambini nati ‘nell’era del pacchetto sicurezza’, andranno a scuola. Certamente sarebbe un problema per i sindaci se nei comuni venissero identificati bambini che, pur avendone l’età, non frequentano la scuola dell’obbligo. Le soluzioni sarebbero due, entrambe paradossali: o quei bambini (che legalmente non hanno genitori) vengono loro sottratti o vengono iscritti a scuola senza presentazione alcuna di permesso di soggiorno (ma come fare se non hanno il certificato di nascita? come ne viene certificato il nome che non hanno?). Certamente la dichiarazione di nascita, pur se accolta a norma di circolare, risolverebbe almeno il problema immediato, Però a quei bambini sono stati negati il nido e la scuola dell’infanzia. Saranno stati  quindi gravemente penalizzati nell’uso della lingua italiana. Con che impudenza esponenti politici e benpensanti della società civile proclamano l’uso corretto della lingua come strumento essenziale di integrazione quando hanno negato o contribuito a negarne l’apprendimento naturale?

 

[xi]  http://www.altalex.com/index.php?idnot=63746

La cancellazione del riferimento al figlio ‘naturale’ è stata determinata dal Decreto legislativo 28.12.2013 n° 154 leggibile dal link

Il testo del provvedimento stabilisce (restando a ciò che qui più ci interessa):

  • l’introduzione del principio dell’unicità dello stato di figlio, anche adottivo, e conseguentemente l’eliminazione dei riferimenti presenti nelle norme ai figli “legittimi” e ai figli “naturali” e la sostituzione degli stessi con quello di “figlio”;
  • la sostituzione della notizia di “potestà genitoriale” con quella di “responsabilità genitoriale”;

Inoltre, nel recepire la giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, si è deciso di:

  • limitare a cinque anni dalla nascita i termini per proporre l’azione di disconoscimento della paternità;
  • introdurre il diritto degli ascendenti di mantenere “rapporti significativi” con i nipoti minorenni;
  • introdurre e disciplinare l’ascolto dei minori, se capaci di discernimento, all’interno dei procedimenti che li riguardano;

[xii]  http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2011&numero=245

 

[xiii] Così la garante regionale in una lettera del 24 settembre scorso alla Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza, lettera  del cui testo dispongo ma che non riesco a collegare direttamente con link. Si trova però allegata alla pagina del mio blog del 5 ottobre 2014      https://diariealtro.it/wp-content/uploads/2014/10/6918.pdf

 

[xiv] Convenzione 20 novembre 1989.  In Italia è ratificata con legge 176 del 1991, http://www.esteri.it/mae/normative/normativa_consolare/serviziconsolari/tutelaconsolare/minori/convnewyork_201189.pdf

Ratifica ed esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989

 

[xv] Rapporto CRC        I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. 5° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, anno 2011-2012      –  capitolo III.1     pag.36 http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/5o_Rapporto_di_aggiornamento__Gruppo_CRC.pdf

[xvi] Rapporto CRC  I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia anno 2013-2014    cap. III.1     pag. http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/7o_rapporto_CRC.pdf

[xvii] Proposta di legge n. 740, presentata alla Camera il 13 aprile 2013    “Modifica all’articolo 6 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno” http://www.camera.it/leg17/126?tab=&leg=17&idDocumento=740&sede=&tipo=

[xviii] Disegno di legge n.1562 presentato al Senato il 10  luglio 2014 Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno e divieti di segnalazione. http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/44666.htm

[xix] Corrispondenza leggibile nel mio blog   https://diariealtro.it/?p=3653

 

 

2 Maggio 2015Permalink

29 aprile 2015 – Forse un passo avanti nella consapevolezza

Il 27 aprile ho presentato nella sede della Casa delle donne di Udine una relazione sul problema dei ‘bambini invisibili’, i figli dei sans papier per cui la legge italiana vuole che l’acquisizione del certificato di nascita conosca gravissimi ostacoli.
Per la prima volta, da che ho iniziato ad impegnarmi in proposito sei anni fa, sono riuscita a proporre un intervento organico a un pubblico diverso da quello già  incontrato in qualche sede ‘specialistica’ e così attento e reattivo da costringermi a una felice modificazione del testo della relazione che pubblicherò quanto prima integrata da alcuni commenti raccolti.
Ho poi voluto rivisitare ancora il passato e ho trovato questo vecchio, ma sempre attuale documento che propongo immediatamente segnalando che alcune affermazioni sono state superate da interventi vari (anche della Corte Costituzionale).

12 luglio 2009 – Immigrati. La nuova legge sulla sicurezza è ingiusta, dannosa e pericolosa

Inserito da Redazione SI on 12 luglio 2009 – logo gris

di Salvatore Geraci

Il reato di ingresso e soggiorno irregolare crea una condizione di ambiguità estremamente pericolosa anche in sanità: nella nuova legge non è prevista alcuna abrogazione del “divieto di segnalazione” ma, a fronte di un reato perseguibile d’ufficio come è quello introdotto, l’operatore (medico, infermiere, amministrativo,…) in qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, è tenuto alla denuncia dello straniero della cui condizione di irregolarità venga a conoscenza nell’esercizio della propria funzione.

“Non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo di amare la legge è di obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate.” [1]

don Lorenzo Milani (1965)

Il 2 luglio 2009 il Senato Italiano ha approvato, dopo tre voti di fiducia, con 157 sì (Pdl e Lega), 3 astenuti e 124 no (Pd, Idv, Udc), il disegno di legge 773-B, il cosiddetto “pacchetto sicurezza”. [2] Si avvia così alla conclusione (si aspetta ancora la firma del Presidente della Repubblica), l’ultimo dei provvedimenti in materia di sicurezza pubblica varati dal Governo nella seduta straordinaria del Consiglio dei Ministri tenutosi a Napoli il 21 maggio 2008. Dopo il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito con legge 24 luglio 2008, n. 125, recante “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica”, dopo le ordinanze presidenziali sui campi nomadi, dopo i due correttivi ai decreti legislativi in materia di ricongiungimento familiare (d.lgs. 3 ottobre 2008, n. 160) e rifugiati (d.lgs. 3 ottobre 2008, n. 159), dopo il decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con legge 23 aprile 2009, n. 3, recante “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori” (peraltro emendato della disposizione sul prolungamento del trattenimento nei CIE in sede di conversione, poi di nuovo reintrodotta nel decreto sicurezza), il Parlamento ha licenziato il pacchetto più complesso – ed anche il più controverso – recante “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” con numerose modifiche alla disciplina dell’immigrazione e della condizione dello straniero, nonché alcuni “correttivi” alla legge sulla cittadinanza ed alle disposizioni sulla protezione internazionale.

Una prima considerazione nel metodo: senza una nuova legge sull’immigrazione (l’ultima approvata, ed ancora in vigore, è la cosiddetta legge Bossi-Fini del 2002), si modificano sostanzialmente le politiche sull’immigrazione nel nostro paese, considerando anche le iniziative per il respingimento in mare, essenzialmente a “colpi decreti e di fiducia” e ciò, per la delicatezza del tema, ci sembra francamente inquietante.

Nel merito, l’ultimo provvedimento prevede una serie di atti, a nostro avviso inutili per aumentare sicurezza e dannosi per il convivere sociale, e che schematicamente riassumiamo:

  1. Introduzione del reato di ingresso e/o soggiorno illegale.
  2. Obbligo di dimostrazione della regolarità del soggiorno ai fini dell’accesso ai servizi (con esclusione di sanità e scuola dell’obbligo) e ai fini del perfezionamento degli atti di stato civile (matrimonio, registrazione della nascita – bambini invisibili, riconoscimento del figlio naturale – figli invisibili, registrazione della morte).
  3. Obbligo di dimostrazione della regolarità del soggiorno per la celebrazione del matrimonio in Italia.
  4. Obbligo di certificazione (da parte del Comune) dell’idoneità abitativa dell’alloggio ai fini del ricongiungimento.
  5. Introduzione del permesso a punti (“accordo di integrazione”).
  6. Condizionamento del rilascio del permesso CE per soggiornanti di lungo periodo al superamento di una prova di conoscenza della lingua italiana.
  7. Introduzione di un contributo (da determinare) tra 80 e 200 euro per ogni rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno.
  8. Condizionamento della conversione del permesso dei minori non accompagnati, al compimento della maggiore età, alla maturazione di un soggiorno pregresso triennale.
  9. Estensione da sei mesi a due anni del periodo di residenza in Italia richiesto ai fini dell’acquisto della cittadinanza per matrimonio.
  10. Abolizione del regime di silenzio-assenso ai fini del rilascio di nulla-osta per il ricongiungimento.
  11. Legalizzazione delle ronde.

Tutte queste norme avranno come unico effetto, come egregiamente spiegato da Valerio Onida, presidente emerito della Corte costituzionale e docente universitario, “… di fare terra bruciata attorno agli stranieri irregolari, impedendo loro od ostacolando l’accesso a prestazioni e servizi pubblici. Così però si rischia di attentare a diritti fondamentali della persona, e in ogni caso l’unico effetto pratico probabile di queste misure sarà far scomparire ancor più le persone nella clandestinità invece di farle emergere. … Si inseguono e si alimentano paure quotidiane di cittadini indotti a considerare l’immigrazione come una sorta di flagello da cui difendersi solo con misure di ordine pubblico, invece che avere il coraggio di affermare come necessarie, e di cominciare a praticare, politiche di lungo periodo che mirino alle radici del problema …”.[3]

Come operatori sanitari siamo stati coinvolti in prima persona, tra ottobre 2008 ed aprile 2009, per la proposta emendativa al “pacchetto sicurezza” di 5 senatori leghisti che volevano abrogare il divieto di segnalazione nei confronti di immigrati privi di permesso di soggiorno che si rivolgono alle strutture sanitarie (comma 5, art. 35 del D.ivo 286 del 1998). Da quel giorno un impegno costante per contrastare una simile iniziativa ha aggregato nel tempo gruppi, associazioni, sindacati, ordini professionali … parlamentari di tutti gli schieramenti. Quell’articolo specifico, dopo una prima approvazione in Senato il 5 febbraio 2009, a seguito anche di una forte mobilitazione di piazza, anzi di piazze (era il 17 marzo 2009 e si è manifestato contemporaneamente in quasi 50 città italiane – “noi non segnaliamo day”, nell’ambito della campagna nazionale, promossa anche da OISG, “Divieto di segnalazione”), è stato stralciato dal disegno di legge il 27 aprile 2009. Vedi post Il diritto alla salute non ha bisogno di documenti a cura di Di Thiene del 26 gennaio 2009; e il post Noi non segnaliamo: la posizione ufficiale dei medici di Di Thiene e Marceca del 24 febbraio 2009.

Tra gli operatori socio-sanitari un successo forse, ma amaro: non si è riusciti ad opporsi con eguale efficacia alla proposta di fare della presenza irregolare nel nostro paese un reato, punibile amministrativamente ma pur sempre un reato. E così il “pacchetto sicurezza” regala una società più “cattiva”, inutilmente cattiva perchè non se la prende con i delinquenti, ma crea un reato per colpire chi è in cerca di un futuro, di una vita dignitosa, di una speranza. L’irregolarità giuridica è spesso l’anticamera forzata per futuri e possibili percorsi regolari (le nostre leggi rendono quasi impossibile un ingresso regolare, di fatto per chiamata nominativa: ma chi affiderebbe i propri figli o i genitori a persone non conosciute?) o è la caduta accidentale, il ritornare indietro rispetto alla regolarità, per strozzature delle norme o delle amministrazioni (overstayers). La stragrande maggioranza delle centinaia di migliaia di pazienti visitati nelle strutture per gli immigrati irregolari in questi anni, oggi vivono regolarmente nel nostro paese, sono inseriti nella vita produttiva, sociale e culturale accanto ed insieme a noi.

Ma il reato di ingresso e soggiorno irregolare, anche in sanità, crea una condizione di ambiguità estremamente pericolosa: come detto nella nuova legge non è prevista alcuna abrogazione del “divieto di segnalazione” ma, a fronte di un reato perseguibile d’ufficio come è quello introdotto, l’operatore (medico, infermiere, amministrativo,…) in qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, è tenuto alla denuncia dello straniero della cui condizione di irregolarità venga a conoscenza nell’esercizio della propria funzione (artt. 361 e 362 codice penale). Due norme contrastanti – divieto di segnalazione e obbligo di denuncia – che creano confusione, ambiguità e discrezionalità. In questo senso è da leggere la presa di posizione della FNOMCeO che ha ipotizzato una eventuale “disobbedienza civile” da parte dei medici ed ha esplicitato una azione di sostegno per i medici denunciati perché ‘non denuncianti’.

Noi siamo convinti che la permanenza del divieto di segnalazione della norma del 1998 sia sufficiente per tutelare gli immigrati (e gli operatori) nel settore sanitario (a conforto di ciò ci sono i pareri di illustri costituzionalisti), ma in attesa di una consolidata giurisprudenza in materia il rischio di discrezionalità e, soprattutto, il diffuso timore da parte degli immigrati, ridurrà significativamente l’accesso ai servizi con rischio di danno per la salute sia individuale che collettiva.

Comunque, a sostegno del “divieto di segnalazione” nelle strutture sanitarie, anche in presenza del “reato di clandestinità”, è da ricordare che:

  1. a) il diritto ai trattamenti sanitari è tutelato come diritto fondamentale nel suo “nucleo irrinunciabile del diritto alla salute, protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana, il quale impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela, che possano appunto pregiudicare l’attuazione di quel diritto” (sentenze n. 432 del 2005, n. 233 del 2003, n. 252 del 2001, n. 509 del 2000, n. 309 del 1999, n. 267 del 1998);
  2. b) l’articolo 6, comma 2, del testo unico sull’immigrazione – come modificato dall’articolo 1, comma 22, lettera g), del disegno di legge sulla sicurezza – prevede una espressa esenzione dall’obbligo dello straniero presente di esibire il permesso di soggiorno per l’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 del testo unico sull’immigrazione;
  3. c) nell’ambito dell’accesso e fruizione dei servizi sanitari, la perdurante disposizione di cui all’art. 35 comma 5 del Testo Unico opera, secondo il principio di specialità, quale norma di esenzione dell’obbligo di denuncia dello straniero irregolare da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio.

Partendo da queste sollecitazioni ci auguriamo (in attesa di un radicale ripensamento delle politiche) che a livello statale (già su vari punti del pacchetto sicurezza si prevedono aggiustamenti o chiarimenti politico-amministrativi) o a livello locale (note, circolari o leggi regionali), si possa chiaramente fornire una chiave di lettura univoca ed inclusiva. Inclusivo come è stato fino ad oggi il nostro sistema sanitario nei confronti degli immigrati a qualsiasi condizione giuridica appartenessero, e che ha fatto dell’Italia, in questo specifico ambito, esempio e riferimento in Europa. [4]

Bibliografia

  1. L’obbedienza non è più una virtù. Documenti del processo di Don Milani, Firenze: Libreria Editrice Fiorentina, 1965.
  2. Disegno di legge 773-B – pacchetto sicurezza [PDF: 408 Kb]
  3. Valerio Onida. Le vie del mare e le vie della legge. Il Sole24Ore 19.05.2009
  4. Cure agli irregolari, Italia da imitare Intervista a Heiko Waller. Metropoli di La repubblica 28.06.2009

E più tardi
successivamente al lontano testo di Salvatore Geraci, la Società Italiana di Medicina delle Migrazioni presentò la richiesta di esenzione dalla presentazione del permesso di soggiorno per registrare la nascita dei propri figli

RACCOMANDAZIONI FINALI DEL XIII CONGRESSO SIMM (Agrigento, 14–‐17 maggio 2014)
 – approvare una legge che garantisca il diritto alla registrazione anagrafica per tutti i figli indipendentemente dalla situazione giuridico–‐amministrativa dei genitori, senza la necessità di esibire documenti inerenti al soggiorno, in modo da evitare che ci siano “nati invisibili” con conseguenze aberranti di ordine sociale e sanitario;

 Inoltre ho trascritto in questo blog, non appena ne ho avuto il testo il 13 novembre 2014, l’intervento del Gruppo Immigrazione e Salute del Friuli Venezia Giulia. Penso sia stato determinante per la formulazione della raccomandazione che ho trascritto sopra. Si puo leggere anche da qui

http://diariealtro.it/?p=3437

29 Aprile 2015Permalink

8 aprile 2015 – Un mare tanto grande quanto le loro paure

Un luccichio di speranza: registrare i figli dei clandestini

Rimane di un verde color
Bottiglia, barca in fuga
Da un mare di mille foglie
Che si agitano.

Difficile distinguere
Un puntino diverso, dissonante
Un luccichio improvviso dovuto
Ai tremori di non farcela.

Dentro un barcone che sta
sospeso dentro un mare mai
Tanto grande quanto le loro
Paure la voglia è di guardate
Oltre, di arrivare col pensiero,
e mettere in salvo i figli, la moglie

Da questa parte del mare, sulla terraferma
neanche i figli dei clandestini
si vogliono certificare
come se non fossero mai nati
come se non avessero, i genitori
osato l’indicibile:

rischiare il bene più prezioso
per dar loro un futuro.

(lino di gianni)  7/4/2015

Il 7 marzo avevo pubblicato, sempre di Lino Di Gianni, “Il mondo te ne chiede conto”

8 Aprile 2015Permalink

7 marzo 2015 – Il mondo te ne chiede conto

Con fatica, ma ormai è diventato un modo di iniziare la giornata, leggo facebook e oggi ho trovato una riflessione-poesia di Lino Di Gianni che ricordo sempre con gratitudine perché nel lontano 2003, quando ero in Palestina e eravamo a contatto (non ricordo come fosse successo), mi costruì a distanza il primo sito su cui diffondere le informazioni che proponevo. Un nuovo grazie per il suo pedigree.

Pedigree

Un bebè che nasce
È il mondo che ti
Chiede conto…

È una bocca urlante
Che guarda e parla
A modo suo

È mamma latte
Pappa e cacca

Un bebè fortunato
Galleggia tra profumi
musiche e attenzioni

Un bebè senza permessi di soggiorno
affonda nel nero
dell’ Universo

(lino di gianni)

Un altro grazie

Insieme al contributo di Lino ricordo anche quello di Anna Luce penny 1Lenzi che, mentre lo scorso anno raccoglievo le firme per una povera petizione (finita senza esito), volle darmi un contributo per il lancio di quella iniziativa.

Le immagini di Anna Luce (predisposte da una sua sorella pittrice) diedero una significativa spinta alle adesioni per la petizione che comunque fu chiusa dopo un anno perché senza esito.

7 Marzo 2015Permalink

19 gennaio 2015 – Da Joseph Heller al pacchetto sicurezza, immortalità del paradosso del comma 22

Mostrami il documento che non  hai e, se non ci riesci, tuo figlio non esiste,

Mentre vedo sconsolatamente che si allontana la possibilità di far modificare la norma che – inserita nel ‘pacchetto sicurezza’ – impone la presentazione del permesso di soggiorno per la registrazione delle nascite, sento la necessità di tornate alle fonti.
2009-2015 – sono sei anni che mi misuro con la norma che ha imposto agli immigrati che non hanno il permesso di soggiorno di presentarlo per poter registrare la nascita dei figli (ovviamente quando avvenga in Italia).
Da qualche anno ho anche la certezza che mi è stata assicurata dal gruppo Convention on the Rights of the Child (si veda la descrizione più recente del gruppo nel mio blog in data 7 dicembre 2014 ) che ci sono donne che partoriscono di nascosto e bambini conseguentemente nascosti per ‘sicurezza’ (movimenti di donne, organizzazioni finalizzate alla tutela dell’infanzia, se ci siete battete un colpettino). Non voglio elencare le decine e decine di citazioni che ne ho proposto, mi limito a suggerire (a chi le voglia leggere) la citazione che ne ho fatto alla Garante Regionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

E torno alle prime fonti

Poco dopo l’approvazione del pacchetto sicurezza i portatori della cultura razzista si sentirono rassicurati e alzarono la testa. Alcuni episodi furono segnalati anche dalla stampa nazionale e ne identificai due in particolare, riportandoli nel mio blog.

san martinoNel primo (22 novembre 2009), il comune di Coccaglio (BS) apriva una campagna  all’insegna del ‘bianco Natale’, trasformato in Natale per bianchi, invitando la popolazione a farsi parte attiva nella cacciata dei clandestini.

L’altro – San Martino dall’argine (Mn) – rafforzava l’idea con un manifesto che ho conservato -e ricopio -ad almeno mia futura memoria (nascere ogni mattina è faticoso, meglio una solida continuità.

 

 

Fra beneficenza e legalità

Nella mia fissazione che le realtà debba essere osservata – e conoscendo i limiti della mia sfera d’osservazione ( non sono una funzionaria delle Nazioni Unite) – ho cominciato a guardarmi attorno e ho via via constatato e riconstatato che

  • l’aspetto legale delle registrazione di nascita non interessa quasi a nessuno salvo a singole persone che, pur appartenendo ad organizzazioni varie, non riescono a coinvolgerle. Per correttezza segnalo come eccezioni le raccomandazioni della SIMM a conclusione dell’ultimo congresso e le considerazioni che si trovano nel sito della Associazioni Studi Giuridici Immigrazione in data 26 agosto 2014. Aggiungo che l’unico organo di stampa che ha riportato a livello locale le relative informazioni è il mensile Ho un sogno. C’è stato poi un articolo nel sito del CIDI e del MoVi e in precedenza un intervento dei giornalisti Canetta e  Pruneddu (tutto in rete) I materiali si trovano – e sono reperibili – nel blog.
  • molte persone (anche con responsabilità politiche e nell’amministrazione locale) confondono la certificazione anagrafica con la cittadinanza e quindi ritengono che, quando passeremo dallo ius sanguinis allo ius soli (cosa che guardano con serena faciloneria) la questione sarà risolta. La mia sconcertata domanda: “Ma dove scrivere e scriverete la cittadinanza, quale che sia e sarà?”, non ha mai avuto risposta.
  • il richiamo alla legge dà fastidio e a quello viene contrapposta una beneficenza operante, spesso presentata come il ‘fare’ contro la mia chiacchiera. Indubbiamente ci sono iniziative positive e rispettabili (ma mi sforzo di non pensare all’uso che si può fare dei ‘senza diritti’ come hanno dimostrato recenti scandali relativi a cooperative) ma il diritto alla registrazione anagrafica appartiene alle persone non è la coloritura del buonismo di chi si chini pietosamente su coloro che ne sono stati  privati

Il punto di partenza -Un articolo di legge beffato  legge 176/1991 – art. 7

1. Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi.

2. Gli Stati parti vigilano affinché questi diritti siano attuati in conformità con la loro legislazione nazionale e con gli obblighi che sono imposti loro dagli strumenti internazionali applicabili in materia, in particolare nei casi in cui se ciò non fosse fatto, il fanciullo verrebbe a trovarsi apolide.

Di recente a Milano c’è stato un convegno sulla famiglia (presente il governatore della regione che nel 2009 aveva voluto l’approvazione del ‘pacchetto sicurezza’). Cerchiamo almeno di essere consapevoli che quella ‘famiglia’ – pur nel sul falsificato modello a una sola tradizionale direzione – è per legge mutilata della presenza di nuovi nati cui l’esserne parte è negato.
E‘ molto significativo il titolo di quel convegno: «Difendere la famiglia per difendere la comunità» dove la difesa dell’istituzione va in parallelo con la negazione (ignorata ma reale) di alcuni figli della medesima famiglia, più soggetta a epurazione che a difesa..
Mi sembra perfettamente in linea con le origini della vicenda, quando il sindaco di un centro lombardo stravolgeva il bianco Natale in natale per bianchi con caccia all’uomo per strada.

Codicillo
Aggiungo il link a un articolo di Repubblica che dà una significativa immagine del clima culturale del convegno lombardo  http://milano.repubblica.it/cronaca/2015/01/19/news/prete_pedofilo_al_convegno_anti_gay_maroni_prende_le_distanze_presenza_inopportuna-105288666/?ref=HREC1-1

19 Gennaio 2015Permalink

18 dicembre 2014 – Garanti, competenti e il rispetto di giovani studenti – 3

 Prima di passare a Kant un po’ di storia.

Il parlamento italiano legiferava nella sua XVI legislatura.

Era precisamente il 2 agosto 2010, un anno dopo l’approvazione del pacchetto sicurezza e la notifica della circolare che precipitosamente, per la registrazione delle nascite, lo contraddiceva mantenendolo in vigore e un allora deputato interrogava: LEOLUCA ORLANDO. – Al Ministro dell’interno. – Per sapere – premesso che:

in data 8 agosto 2009 è entrata in vigore la legge 15 luglio 2009, n. 94 «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica»;

alla lettera g del comma 22 dell’articolo 1 della predetta legge si modificava il comma 2 dell’articolo 6 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sostituendone una parte, con la frase «, per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui ali ‘articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie, »;

questa modifica è stata di fondamentale importanza per la tutela della maternità, della salute e dell’istruzione di tutte le persone extracomunitarie che si trovano, anche illegalmente, nel nostro Paese,

in quanto non obbliga le persone in situazione di bisogno sanitario urgente alla presentazione del permesso di soggiorno per ottenere le giuste cure;

in data 7 agosto 2009 è stata emanata, dal dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell’interno, una circolare (prot. 0008899) con oggetto: «Legge 15 luglio 2009, n. 94, recante »Disposizioni in materia di sicurezza pubblica«. Indicazioni in materia di anagrafe e stato civile», ed è stata inviata a tutti i prefetti della Repubblica italiana;

con questa circolare il Ministero dell’interno andava a sanare una situazione di interpretazione dubbia della suddetta legge, su alcuni temi, tra cui quello importantissimo delle dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione;

al punto 3 della predetta circolare si chiariva che «Per lo svolgimento delle attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita-stato civile) non devono essere esibiti documenti inerenti al soggiorno trattandosi di dichiarazioni rese, anche a tutela del minore, nell’interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto. L’atto di stato civile ha natura diversa e non assimilabile a quella dei provvedimenti menzionati nel citato articolo 6»;

a parere dell’interrogante, molti punti della circolare stessa sono fondamentali per la struttura e per la funzionale applicazione della legge n. 94 del 2009, ma il metodo applicato dell’uso della circolare stessa appare di indicazione troppo lieve e sicuramente meno impegnativa dell’uso di una legge nell’applicazione della stessa -:

se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative che attribuiscano valore normativo alla circolare del 7 agosto 2009 prot. 0008899 fornendo così strumenti sicuramente più incisivi a chi la stessa debba applicare.

Passavano altri sei mesi e l’interrogazione riceveva risposta

All’Interrogazione 4-08314 presentata da    LEOLUCA ORLANDO
Il ministero dell’interno, con la circolare n. 19 del 7 agosto 2009, ha inteso fornire indicazioni mirate a tutti gli operatori dello stato civile e di anagrafe, che quotidianamente si trovano a dover intervenire riguardo ai casi concreti, alla luce delle novità introdotte dalla legge n. 94 del 2009 (entrata in vigore in data 8 agosto 2009), volta a consentire la verifica della regolarità del soggiorno dello straniero che intende sposarsi e ad arginare il noto fenomeno dei matrimoni   «  fittizi  »   o di   «  comodo  »  .

È stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale, indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico.

Il principio della inviolabilità del diritto del nato è coerente con i diritti garantiti dalla Costituzione italiana a tutti i soggetti, senza alcuna distinzione di sorta (articoli 2, 3, 30 eccetera), nonché con la tutela del minore sancita dalla convenzione di New York del 20 novembre 1989 (Legge di ratifica n. 176 del 27 maggio 1991), in particolare agli articoli 1 e 7 della stessa, e da diverse norme comunitarie.

Considerato che a un anno dall’entrata in vigore della legge n. 94 del 2009 non risultano essere pervenute segnalazioni e/o richieste di ulteriori chiarimenti, si ritiene che le deposizioni contenute nella predetta circolare siano state chiare ed esaustive, per cui non si è ravvisata sinora la necessità di prospettare interventi normativi in materia.

Il Sottosegretario di Stato per l’interno: Michelino Davico. (Risposta scritta pubblicata lunedì 31 gennaio 2011    nell’allegato B della seduta n. 426)

Da parte mia la riportavo integralmente nell’articolo pubblicato in data 15 marzo 2011 dal mensile ‘Il Gallo’. Si può leggere anche da qui 

Passavano altri nove mesi (una gravidanza!) e il 7 novembre 2011 l’allora deputato  Orlando presentava la proposta di legge n.4756 

Proposta di legge: LEOLUCA ORLANDO: “Modifica all’articolo 6 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno” (4756)

Non ne riporto il testo perché è identico a quello della pdl 740 che ho trascritto nel mio blog il 17 giugno 2013 e poi citato non so più quante volte.

Il parlamento italiano legifera anche nella XVII legislatura

La ripresentazione della pdl si era resa necessaria perché il 22 dicembre 2012 – a seguito delle dimissioni del governo Monti – il Presidente della Repubblica aveva sciolto le camere e si era andati a nuove elezioni. Iniziava così la XVII legislatura (15 marzo 2013). Durante il governo Letta (28 aprile 2013 – 22 febbraio 2014) veniva presentata la pdl 740.
Si può leggere anche da qui

Il 22 febbraio 2014 entrava in carica il governo Renzi (sessantatreesimo Governo della Repubblica Italiana
) e l’11 settembre veniva presentato in Senato il ddl 1562: “Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno e divieti di segnalazione”.
La bella relazione che ne spiega il contenuto si può leggere nel mio blog in data 24 ottobre 2014. In quella pagina si trova anche il link per il testo, identico nell’obiettivo alla pdl 740 ma più ampiamente articolato. 

Tutta questa spiegazione avrebbe un che di ridicolo se non fosse in atto una specie di damnatio memoriae per cui su questo argomento molti sembrano svegliarsi ogni mattina segnalandone la novità se non  l’azzardo di fronte a un’opinione pubblica culturalmente impreparata (come è accaduto nella sede degli uffici udinesi della regione il 10 dicembre). La vicenda però ha anche un altro significativo risvolto perché

Questo matrimonio non s’ha da fare
L’allora sottosegretario Davicoper spiegare una circolare che imponeva un comportamento contrario a quello previsto dalla legge – aveva precisato all’on Leoluca Orlando che ciò che si voleva impedire non era l’iscrizione dei nuovi nati nei registri dello stato civile, interdizione – diceva con indecente improntitudine –  che “andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico”.
Si voleva bensì verificare la “regolarità del soggiorno dello straniero che intende sposarsi e ad arginare il noto fenomeno dei matrimoni   «fittizi» o di «comodo»  “.

A realizzare tale scopo provvedeva ormai il codice civile che, all’art 116 prescriveva: “Matrimonio dello straniero nello Stato Lo straniero che vuole contrarre matrimonio nello Stato deve presentare all’ufficiale dello stato civile una dichiarazione dell’autorità competente del proprio paese, dalla quale risulti che giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio. Anche lo straniero è tuttavia soggetto alle disposizioni contenute negli artt. 85, 86, 87, nn.1, 2 e 4, 88 e 89.)”. Inoltre, a seguito del comma 15 dell’art. 1 della legge 94/2009, aveva aggiunto il seguente comma: “All’articolo 116, primo comma, del codice civile, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano»”.

Per chiarezza e prudenza sono andata a verificare i contenuti deli articoli citati di cui riporto i titoli e il testo essenziale, facilmente verificabile
– Art. 85  Interdizione per infermità di mente Non può contrarre matrimonio l’interdetto per infermità di mente.
– Art. 86 Libertà di stato. Non può contrarre matrimonio chi è vincolato da un matrimonio precedente
– Art. 87.Parentela, affinità, adozione.
Non possono contrarre matrimonio fra loro: 1) gli ascendenti e i discendenti in linea retta; 2) i fratelli e le sorelle germani, consanguinei o uterini; 4) gli affini in linea retta; il divieto sussiste anche nel caso in cui l’affinità deriva da matrimonio dichiarato nullo o sciolto o per il quale è stata pronunziata la cessazione degli effetti civili;
– Art. 88. Delitto. Non possono contrarre matrimonio tra loro persone delle quali l’una è stata condannata per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell’altra.
– Art. 89. Divieto temporaneo di nuove nozze. Non può contrarre matrimonio la donna, se non dopo trecento giorni dallo scioglimento, dall’annullamento o dalla cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio

Correva l’anno 2009

e in Sicilia una coppia mista (lei italiana lui marocchino) aveva deciso di contrarre matrimonio. Ne riporto la storia dalla sentenza 245/2011della Corte Costituzionale, leggibile da qui.
Il giudice a quo di cui si legge nella sentenza è il magistrato che aveva bloccato il decreto di espulsione comminato al fidanzato marocchino che, per contrarre matrimonio, aveva scoperto l’irregolarità della sua presenza in Italia:

“Il 31 agosto 2009, l’ufficiale dello stato civile aveva motivato il diniego alla celebrazione del matrimonio per la mancanza di un «documento attestante la regolarità del permesso di soggiorno del cittadino marocchino», così come previsto dall’art. 116 cod. civ., come novellato dalla legge n. 94 del 2009, entrata in vigore nelle more.

1.2.— Tanto premesso in fatto, il giudice a quo prospetta l’illegittimità costituzionale della norma suddetta, giacché essa contrasterebbe:

con l’art. 2 Cost., che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità;

con l’art. 3 Cost., per violazione del principio di eguaglianza e di ragionevolezza;

con l’art. 29 Cost., per violazione del diritto fondamentale a contrarre liberamente matrimonio e di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi sui quali è ordinato il sistema del matrimonio nel vigente ordinamento giuridico;

con l’art. 31 Cost., perché interpone un serio ostacolo alla realizzazione del diritto fondamentale a contrarre matrimonio;

con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 12 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)”.

 

La conclusione della sentenza dell’Alta Corte che si può leggere anche da qui: www.asgi.it/wp-content/uploads/public/corte_costituzionale_sentenza_245_2011.pdf

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 116, primo comma, del codice civile, come modificato dall’art. 1, comma 15, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), limitatamente alle parole «nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano».

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale Palazzo della Consulta, il 20 luglio 2011.

La mia conclusione è una domanda che articolo in tre punti

I signori che ho ascoltato il 10 dicembre mi hanno fatto sapere che“se io sento che una fetta della popolazione è spaventata dall’immigrato io devo lottare per riconoscere il diritto di riconoscere il diritto dei suoi figli e creare le condizioni per cui si abbassi una tensione sociale che non ci consente di essere puri, trasparenti e vedere il problema per quello che è”
E ancora: “se tu i diritti li imponi dall’alto e non c’è una comunità, un terreno che li riconosce e li implementa faremo un buco nell’acqua”. Si sentono codesti signori di dire all’Alta Corte che ha fatto un buco nell’acqua per non aver verificato la accettabilità della sua decisione con preventivo sondaggio? E se un sindaco di fede lego-razzista si rifiutasse di celebrare un matrimonio di cui uno dei due contraenti sia (come loro dicono) un clandestino – è già accaduto – che fare? Prevale la legge o la ‘sensibilità’ collettiva?

  1. Perché il Parlamento non approva le proposte di legge che consentirebbero il certificato di nascita ai nuovi nati in Italia (sia jus sanguinis o soli, la cittadinanza deve comunque essere registrata da qualche parte) facendo uso degli stessi argomenti con cui la Corte Costituzionale ha riscattato il diritto a sposarsi? Stiano tranquilli e continuino pure così: anche il Sinodo sulla famiglia dell’autorevole chiesa cattolica si è con paciosa autorevolezza disinteressato dei bambini cui è negato il certificato di nascita e non parliamo quindi delle aggregazioni politiche (si dicano partiti o movimenti) e delle associazioni che da anni ci raccontano di essere finalizzate a sostenere i diritti dei migranti, mentre non si accorgono di aver umiliato la propria dignità di cittadini proni a una norma razzista.
  2. Ho letto nei quotidiani del 1938 le cronache relative all’inizio dell’anno scolastico e –trovando descrizioni di insegnanti, direttori didattici, presidi e ispettori scolastici – che se ne stavano in piedi perché in ginocchio il saluto romano in cui si impegnavano sarebbe stato incongruo, ho sghignazzato. Elogiavano senza riserve la cacciata degli insegnanti e degli studenti dalla scuola, pronti ad affrontare gioiosamente le loro classi mutilate. Ho sghignazzato. Chi sghignazzerà di me fra 76 anni? e che ne sarà stato della vita di quei bambini cui dal 2009 neghiamo il diritto di esistere? 
18 Dicembre 2014Permalink