22 ottobre 2013 – Dodicesima giornata del dialogo cristiano islamico

Comunicato stampa n. 5 del 21 ottobre 2013 a cura del Comitato Promotore

A pochi giorni dalla celebrazione della dodicesima giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico, sono oltre 140 le associazioni che in tutta Italia hanno aderito e stanno promuovendo iniziative di incontro con le comunità musulmane italiane. Per la scorsa edizione le adesioni erano state 125. Per gli aggiornamenti delle adesioni vedi la pagina http://www.ildialogo.org/ViewAppel.php?doc=cristiaisl2013&nver=y

Si tratta di un risultato del tutto insperato ed estremamente positivo, che ci conforta molto ed è indice del clima nuovo che si respira in Italia sui temi del dialogo interreligioso, come non succedeva oramai da molti troppi anni.

Incontri sono in programma a Roma, Serdiana (ca), Faenza, Lugo Di Romagna, Pisa, Ivrea, Bari, Vicenza, Ravenna, Bologna, Voghera, Genova, Crema, Casalmaggiore (cr), Rezzato ( Brescia), Modena, Trento, Venezia-Marghera, Sondrio, Vicenza … Per gli aggiornamenti delle iniziative vedere il sito http://www.ildialogo.org/ShowIndex.php?sez=cristianoislamico

In molte realtà le iniziative non si limiteranno alla sola giornata del 27 ottobre ma proseguiranno anche nei prossimi mesi. Alcune iniziative, come a Faenza, sono già state tenute con grande successo.

Giovedì 24 ottobre, a cura della rivista Confronti, la giornata sarà presentata a Roma, presso il Senato della Repubblica, con la partecipazione di numerosi parlamentari e rappresentanti delle chiese cristiane e della comunità musulmana. (Per i dettagli vedi qui  http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/cristianoislamico/Appuntamenti_1382169904.htm).

Il prossimo comunicato sarà emesso sabato 26 ottobre 2013.

Con un fraterno augurio di Shalom, salaam, pace

I promotori della giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico

Roma, 21 ottobre 2013

Mia nota:
Ho guardato l’elenco delle adesioni per identificare eventualmente quelle della mia regione.
Ne ho trovate tre, solamente di singole persone, due a Udine (n. 53 e 131 a Udine e una a Trieste n. 96).
Tre singoli? Mi ricordano la prima edizione organizzata nell’anno delle Torri Gemelle e che alcuni di noi hanno voluto con tutta la forza anche – e proprio – allora.
Non ho usato il ‘noi’ perché la mia adesione (e presenza che ho voluto garantirmi anche per alcuni anni successivi) contasse qualcosa ma perché veramente credo in questa iniziativa, una di quelle in cui la diversità resta come espressione della propria identità e si fa legame, non ragione di opposizione

22 Ottobre 2013Permalink

20 ottobre 2013 – Identificazione di minori stranieri

Dal Messaggero Veneto del 20 ottobre 2013 – Cronaca di Udine – pag. 19

Trascrivo la parte centrale dell’articolo, di cui non mi assumo la responsabilità:

Ecco come di sono svolti i fatti alcune settimane fa, a fine agosto. …
A un certo punto l’agente addetto allo sportello stranieri si rivolge a una donna con due bambini pensando che sia giunto il suoi turno. «No, faccio prima io, ho fretta, devo andare a lavorare» si inserisce all’improvviso un altro straniero che era seduto vicino alla donna. Quest’ultima acconsente e così l’uomo, che come detto è di origine senegalese, si avvicina allo sportello e presenta i documenti necessari per il rinnovo del permesso di soggiorno.
La legge italiana prevede che, nel caso in cui lo straniero abbia figli, i minorenni siano presenti allo sportello per poter essere riconosciuti dal pubblico ufficiale che riceve le loro fotografie. In base a tale regola, l’agente ha chiesto al senegalese dove fossero i suoi figli e si è v isto indicare i due bambini della donna a cui era passato davanti.
pensando che i 4 formassero una famiglia, l’agente ha avviato la procedura di rinnovo seguendo la prassi. Ma pochi minuti più tardi, quando è arrivato il turno della donna con i due bambini, è emersa la verità. I figli non erano affatto figli del senegalese e lei, una colombiana, non era sua moglie, I due non avevano nulla a che fare. Semplicemente il senegalese aveva detto una bugia perché uno dei suoi figli in verità si trovava dalla nonna in Senegal.

Il minore è soggetto di diritti, primo quello della propria identità

Da una lettura del testo che ho riportato, per la verità un po’ confuso, traggo qualche considerazione.
I bambini, ritenuti per equivoco figli del senegalese, erano per fortuna con loro mamma che ritengo munita di regolari documenti per ciò che  li riguarda.

E se la situazione equivoca si fosse sviluppata in altro contesto, a Udine, in Friuli o altrove in Italia, e i bambini fossero stati privi di certificato di nascita? o la mamma non fosse stata in grado di esibirlo (ammettiamo un incidente d’auto in cui avesse perso conoscenza) e di provare l’identità dei due piccoli e il suo rapporto genitoriale in presenza di un  tizio dall’indice indicatore credibilmente veloce?
Non più tardi di ieri ho citato il caso di Monnalisa, una ragazza cui al compimento del 18esimo anno è stata negata la cittadinanza italiana che per legge le spettava in quanto il comune di nascita ne aveva trascurato la registrazione e quindi non  risultava la continuità della sua presenza in Italia dalla nascita.
Un errore capita  a tutti, certamente … ma il prezzo dell’errore altrui può essere molto alto per chi lo subisce e allora bisogna prevenire e magari, prima, pensare.

Ammettiamo quindi che il caso segnalato dal Messaggero Veneto, per cui il senegalese dall’indice indicante tanto veloce quanto improprio, “è stato denunciato a piede libero per l’ipotesi di falsità ideologica commessa da un privato in un atto pubblico”, sia avvenuto come è stato descritto e partiamo da lì. Dalla cronache riportata traspare a mio parere una forma di informazione confusa in cui non è segnalato il prioritario diritto all’identità di un minore e da cui consegue la necessaria prudenza da parte di chi – e tanto più se in veste ufficiale – se ne deve occupare.

Analogie preoccupanti e negligenze sconcertanti

Non posso non associare questa cattiva comunicazione a quella – ancor più cattiva perché costruita con irragionevole calma a tavolino e non davanti a uno sportello – per cui l’Azienda ospedaliero universitaria di Udine distribuiva dépliant che citavano il permesso di soggiorno come documento da potersi richiedere per la registrazione delle denunce di nascita, senza che il sindaco, ufficiale di stato civile che a questa funzione aveva delegato l’ospedale, fosse mai intervenuto a imporre la correzione di quel testo se non dopo che la cosa gli era stata segnalata da private cittadine (ne ho scritto in questo blog il 4 ottobre e il 4 settembre scorso).

Non posso non riferire queste cattive comunicazioni e tanta negligenza alla sottovalutazione totale dei diritti del minore, sottovalutazione facilmente riferibile  al quadro culturale espresso dal ‘pacchetto sicurezza’, come concepito dall’allora ministro Maroni (legge 94/2009 art. 1, comma 22, lettera g), che nega il diritto di registrazione anagrafica ai figli dei migranti irregolari.

Fra ignoranza e pregiudizio: il rimedio negato

Sarebbe necessario cambiare la legge – e sarebbe operazione semplice.
Purtroppo la proposta presentata dall’on . Orlando prima che diventasse sindaco di Palermo fu totalmente abbandonata da due disattenti – e mi sembra un aggettivo molto debole – cofirmatari.
Analoga proposta è stata presentata in questa legislatura.
Ne ho parlato più volte in questo blog e ne ho riportato il testo il 17 giugno scorso.
Questa volta i firmatari sono 104 ma nessuno di loro sembra intenzionato a farsi carico di promuoverne la conoscenza. I partiti cui gli stessi firmatari appartengono se ne infischiano e la società cd civile pure.
Chissà se sono in grado di immaginare il destino di un bambino privo di certificato di nascita.
Dopo anni di interviste, richieste, solleciti penso non arrivino neppure a tanto.
I bambini nella cultura post maronica non sono tutti uguali, oggetti appresso dei loro genitori ne duplicano privilegi e condanne.
Sarò felice di smentirmi.

 

20 Ottobre 2013Permalink

19 ottobre 2013 – Minori difesi in Francia, condannati per legge all’inesistenza in Italia

Per fondare ancora una volta un ragionamento negato

Il 22 marzo scorso scrivevo della cittadinanza assicurata agli infradiciottenni, nati e vissuti in Italia e negata a una ragazza (dal nome suggestivo, Monnalisa) che risultava inesistente nei suoi primi anni di vita per un  errore del comune che non aveva registrato all’anagrafe dei suoi genitori.
Chi volesse saperne di più può leggerlo qui
Ora – l’ho scritto mille volte e rinvio almeno al testo del 22 marzo 2011 e, per chi volesse saperne di più, al tag anagrafe – dovremmo unire a Monnalisa i bambini figli di sans papier la cui condizione è segnalata anche dal sesto rapporto del CRC che cito anche nel mio testo pubblicato lo scorso 23 settembre:

“Nel suo recente 6o rapporto il gruppo CRC raccomanda (segnalando l’evidenza di una necessità di intervento legislativo) al Parlamento «di attuare una riforma legislativa che garantisca il diritto alla registrazione per tutti i minori, indipendentemente dalla situazione amministrativa dei genitori» (Cap 3.1).

Il Rapporto dello scorso anno così descriveva la condizione di famiglie di bambini non registrati all’anagrafe: « … Il timore […] di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità […], nonché […] contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori»”.

Il rapporto del CRC (Convention on the Rights of the Child) si può comunque utilmente leggere in italiano nel sito di riferimento http://www.gruppocrc.net  

Minori espulsi in Francia

Ricopio l’articolo di Fabio Mengali, da Parigi, che si può leggere anche da qui e segnalo l’utile sito in cui si trova. http://www.meltingpot.org/

Da noi non si vuole nemmeno cambiare una norma infame (contenuta nel ‘pacchetto sicurezza’) che condanna alcuni bambini all’inesistenza giuridicamente riconosciuta, rendendoli quindi disponibili per legge a violenza simili a quelle contestate in Francia e a molte altre.

Francia – Studenti e professori in difesa dei senza permesso

Il 17/10 un corteo ha attraversato la zona Bastille di Parigi per richiedere la revoca dell’espulsione di Leonarda e Khatchick.

Più di 14 licei parigini si sono mobilitati stamattina [17/10, ndr] a seguito della vicenda legata all’espulsione di due sans papiers, Leonarda e Khatchick, la prima adolescente di origini kosovare e il secondo studente liceale armeno. Assieme ai docenti e alle associazioni dei genitori, la manifestazione organizzata dai sindacati studenteschi (FIDL, RESF e la sezione istruzione della CGT) è partita da Place de la Nation raccogliendo all’incirca 7000 partecipanti e bloccando il traffico nella zona di Bastille.

L’espulsione dei due giovani – la quinta da quando si è insediato il governo Hollande – ha diffuso nel mondo della formazione un’indignazione generalizzata sia per gli aspetti politici legati alla cittadinanza che per le modalità. In particolar modo, l’espulsione di Leonarda è avvenuta durante una gita scolastica in un fabbrica vicino alla città dove viveva con la famiglia, Doubs: gli ufficiali di polizia, non avendo trovato la bambina a casa sua, hanno intimato all’insegnate accompagnatrice di far fermare l’autobus per completare la procedura. Dopo un primo rifiuto da parte dell’insegnante e nonostante la reazione sconvolta di tutti gli alunni, la polizia ha comunque bloccato l’autobus e ha prelevato Leonarda. La legittimazione dell’operazione di polizia si basa su una serie di rifiuti che la famiglia di Leonarda avrebbe ricevuto rispetto alle richieste di regolamentazione del soggiorno.

Tuttavia, come scritto su Le Monde, gli insegnanti ribadiscono che la famiglia stava applicando tutte le condizioni necessarie per ottenere il permesso di soggiorno, compresa la scolarizzazione dei figli con tanto di certificato di lingua francese. L’unico elemento mancante era la residenza in Francia da cinque anni, visto che la famiglia entrò nel territorio nel 2009, ma i mandati non hanno voluto permettere che si arrivasse a questa condizione procedendo all’espulsione. Nonostante l’apertura di un’inchiesta interna da parte degli uffici del Ministero degli Interni sulla questione, l’imbarazzo di Hollande e del ministro Valls non è stato affatto scongiurato, anche per la congiunzione con il caso di Khatchick.

Il ragazzo, dopo essere stato internato in un centro di detenzione amministrativa, è stato espulso verso il suo paese di origine il primo fine settimana di ottobre. Anche la vicenda del ragazzo sembra violare i diritti umani per i richiedenti asilo: espatriato come figlio di un rifugiato politico armeno, Khatchick ha sempre vissuto in Francia e stava frequentando un liceo a Parigi; adesso rischia fino a cinque anni di prigione con l’accusa da parte dello Stato armeno di insubordinazione per non aver prestato la leva militare. Oltretutto, l’intera famiglia del giovane non è stata espulsa, ma è rimasta in Francia.

E’ con lo spirito di solidarietà nei confronti dei due giovani che si è svolto il corteo. Una manifestazione in cui una generazione ha di fatto sfiduciato l’orientamento politico del governo di Hollande, sempre meno tendente a promuovere politiche di sinistra soprattutto nell’ambito dei diritti di cittadinanza.

I sindacati studenteschi sono riusciti ad organizzare un vero e proprio sciopero: fin dalla mattina hanno presidiato il provveditorato di Parigi e barricato l’entrata dei licei con transenne e contenitori dell’immondizia, interrompendo per un giorno le attività didattiche. Il corteo convocato per le 11 ha attraversato la città nel tentativo di arrivare vicino all’Assemblée Générale, nei pressi della quale i blocchi della polizia hanno fermato il corteo. Dopo attimi di tensione con lancio di bottiglie verso la celere per cercare di proseguire nel suo percorso, il corteo si è poi sciolto. Per i prossimi giorni sono programmati altri momenti di mobilitazione, tra cui venerdì 18 con appuntamento a Place de la Bastille, affinché siano ritirati i mandati di espulsione e i due giovani possano tornare in Francia.

– Le Monde  – Liberation  [ 18 ottobre 2013 ]

19 Ottobre 2013Permalink

14 ottobre 2013 – Nell’anniversario del rastrellamento del ghetto di Roma

Alle Ardeatine
Mi chiedo perché si faccia giusta attenzione al boia delle Ardeatine e quasi mai, con altrettanta enfasi, a chi ‘non obbedì’, seppe discernere il crimine e quasi sempre pagò con la vita.
Perché mentre giustamente molto si parla della Resistenza nulla si dice dei singoli, che nella loro quotidianità, seppero dire ‘no’?
Forse perché siamo imbarazzati dai troppi sì che ancora si dicono? Sono i piccoli ‘sì’ di tutti i giorni ognuno dei quali implica un passo successivo.

Riporto il messaggio che ho scritto al giornalista che conduce Prima Pagina  (Rai 3), aggiungendo questa nota:
Perché non ricordare mai i nomi di chi non obbedì?
Fra i morti nelle Ardeatine c’erano persone che si trovavano in carcere per non aver obbedito ed essersi rifiutati al crimine.

A  Milano
Aggiungo un nome: Andrea Schivo, secondino a San Vittore, che aiutò gli ebrei imprigionati a San Vittore, fu scoperto, deportato e morì in un lager.
Oggi è giusto fra le nazioni, ignorato fra tanti in Italia.
Gli è dedicato un libro scritto da tre sorelle: Giuliana, Marisa, Gabriella Cardosi. La giustizia negata.
La mamma di queste tre donne (allora avevano fra i 18 e i 3 anni)  fu deportata e uccisa perché nata da famiglia di origine ebraica di cui solerti funzionari dello stato italiano avevano identificato il nome.
Nel 1938, era maestra elementare nella scuola pubblica, fu irrimediabilmente licenziata.
Nel conteggio della pensione (dopo la guerra) non fu riconosciuto il periodo trascorso in carcere e nel lager e la pensione di reversibilità non fu concessa.
A fronte del dipendente del carcere che disse alla 18enne Giuliana che portava qualche soccorso alla mamma ‘Ebrea? allora è nessuno’. Andrea Schivo assicurò, finché la signora Cardosi restò a San Vittore, lo scambio di notizie fra la donna e la famiglia”.

Segnalo l’ottimo perché problematico (a mio parere) articolo di Barbara Spinelli
 

 

16 Ottobre 2013Permalink

15 ottobre 2013 I martiri delle Ardeatine

 Oggi alle 17 presso la confraternita lefebvriana di Albano si svolgono i funerali di Erich Priebke condannato all’ergastolo per aver partecipato alla pianificazione e alla realizzazione dell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Articolo21, in contemporanea con la cerimonia funebre ha deciso di pubblicare tutti i nomi dei 335 civili e militari italiani, fucilati a Roma il 24 marzo 1944 dalle truppe di occupazione tedesche.

Agnini Ferdinando – Studente di medicina
Ajroldi Antonio – Maggiore dell’Esercito.
Albanese Teodato – Avvocato.
Albertelli Pilo – Professore di filosofia.
Amoretti Ivanoe – Sottotenente in servizio permanente effettivo.
Angelai Aldo – Macellaio.
Angeli Virgilio – Pittore.
Angelini Paolo – Autista.
Angelucci Giovanni – Macellaio.
Annarumi Bruno – Stagnino.
Anticoli Lazzaro – Venditore ambulante.
Artale Vito – Tenente Generale d’artiglieria.
Astrologo Cesare – Lucidatore.
Aversa Raffaele – Capitano dei Carabinieri.
Avolio Carlo – Impiegato (S.A.L.B.)
Azzarita Manfredi – Capitano di cavalleria.
Baglivo Ugo – Avvocato.
Ballina Giovanni – Contadino.
Banzi Aldo – Impiegato.
Barbieri Silvio – Architetto.
Benati Nino – Banchista.
Bendicenti – Avvocato.
Berardi Lallo – Manovale.
Bernabei Elio – Ingegnere delle Ferrovie dello Stato.
Bernardini – Commerciante.
Bernardini Tito – Magazziniere.
Berolsheimer Aldo – Commesso.
Blumstein Giorgio Leone – Banchiere.
Bolgia Michele – Ferroviere.
Bonanni Luigi – Autista.
Bordoni Manlio – Impiegato.
Bruno Dl Belmonte Luigi – Proprietario.
Bucchi Marcello – Geometra.
Bucci Bruno – Disegnatore.
Bucci Umberto – Impiegato.
Bucciano Francesco – Impiegato.
Bussi Armando – Impiegato delle Ferrovie dello Stato.
Butera Gaetano – Pittore.
Buttaroni Vittorio – Autista.
Butticé Leonardo – Meccanico.
Calderari Giuseppe – Contadino.
Camisotti Carlo – Asfaltista.
Campanile Silvio – Commerciante.
Canacci Ilario – Cameriere.
Canalis Salvatore – Professore di lettere.
Cantalamessa Renato – Falegname.
Capecci Alfredo – Meccanico.
Capozio Ottavio – Impiegato postale.
Caputo Ferruccio – Studente.
Caracciolo Emanuele – Regista e tecnico cinematografico.
Carioli Francesco – Fruttivendolo.
Carola Federico – Capitano d’aviazione.
Carola Mario – Capitano di fanteria.
Casadei Andrea – Falegname.
Caviglia Adolfo – Impiegato.
Celani Giuseppe – Ispettore capo dei servizi annonari.
Cerroni Oreste – Tipografo.
Checchi Egidio – Meccanico.
Chiesa Romualdo – Studente.
Chiricozzi Aldo Francesco – Impiegato.
Ciavarella Francesco – Marinaio.
Cibei Duilio – Falegname.
Cibei Gino – Meccanico.
Cinelli Francesco – Impiegato.
Cinelli Giuseppe – Portatore ai mercati generali.
Cocco Pasquale – Studente.
Coen Saverio – Commerciante.
Conti Giorgio – Ingegnere.
Corsi Orazio – Falegname
Costanzi Guido – Impiegato.
Cozzi Alberto – Meccanico.
D’Amico Cosimo – Amministratore teatrale.
D’Amico Giuseppe – Impiegato.
D’Andrea Mario – Ferrovie.
D’Aspro Arturo – Ragioniere.
De Angelis Gerardo – Regista cinematografico.
De Carolis Ugo – Maggiore dei Carabinieri.
De Giorgio Carlo – Impiegato.
De Grenet Filippo – Tenente e agente del SIM.
Della Torre Odoardo – Avvocato.
Del Monte Giuseppe – Impiegato.
De Marchi Raoul – Impiegato.
De Nicolo Gastone – Studente.
De Simoni Fidardo – Operaio.
Di Capua Zaccaria – Autista.
Di Castro Angelo – Commesso.
Di Consiglio Cesare – Venditore ambulante.
Di Consiglio Franco – Macellaio.
Dl Consiglio Marco – Macellaio.
Di Consiglio Mosè – Commerciante.
Di Consiglio Salomone – Venditore ambulante.
Di Consiglio Santoro – Macellaio.
Di Nepi Alberto – Commerciante.
Di Nepi Giorgio – Viaggiatore.
Di Nepi Samuele – Commerciante.
Di Nola Ugo – Rappresentante di commercio.
Diociajuti Pier Domenico – Commerciante.
Di Peppe Otello – Falegname ebanista.
Di Porto Angelo – Commesso.
Di Porto Giacomo – Venditore ambulante.
Di Porto Giacomo – Venditore ambulante.
Di Salvo Gioacchino – Impiegato.
Di Segni Armando – Commerciante.
Di Segni Pacifico – Venditore ambulante.
Di Veroli Attilio – Commerciante.
Di Veroli Michele – Collaboratore del padre commerciante.
Drucker Salomone – Pellicciaio.
Duranti Lido – Operaio.
Efrati Marco – Commerciante.
Elena Fernando – Artista.
Eluisi Aldo – Pittore.
Ercolani Giorgio – Tenente Colonnello dell’Esercito e agente del SIM.
Ercoli Aldo – Pittore.
Fabri Renato – Commerciante.
Fabrini Antonio – Stagnino.
Fano Giorgio – Dottore in scienze commerciali.
Fantacone Alberto – Dottore in legge.
Fantini Vittorio – Farmacista.
Fatucci Sabato Amadio – Venditore ambulante.
Felicioli Mario – Elettrotecnico.
Fenulli Dardano – Maggior Generale
Ferola Enrico – Fabbro.
Finamonti Loreto – Commerciante.
Finocchiaro Arnaldo – Elettricista.
Finzi Aldo – Agricoltore.
Fiorentini Valerio – Autista meccanico.
Fiorini Fiorino – Maestro musica.
Fochetti Angelo – Impiegato.
Fondi Edmondo – Impiegato commerciante.
Fontana Genserico –Tenente dei Carabinieri, dottore in giurisprudenza.
Fornari Raffaele – Commerciante.
Fornaro Leone – Venditore ambulante.
Forte Gaetano – Commerciante.
Foschi Carlo – Commerciante.
Frasca Celestino – Muratore.
Frascà Paolo – Impiegato.
Frascati Angelo – Commerciante.
Frignani Giovanni – Tenente Colonnello dei Carabinieri
Funaro Alberto – Commerciante.
Funaro Mosè – Commerciante.
Funaro Pacifico – Autista.
Funaro Settimio – Venditore ambulante.
Galafati Angelo – Pontarolo.
Gallarello Antonio – Falegname ebanista.
Gavioli Luigi – Impiegato.
Gelsomini Manlio – Medico.
Gesmundo Gioacchino – Professore di lettere.
Giacchini Alberto – Assicuratore.
Giglio Maurizio – Dottore in legge.
Gigliozzi Romolo – Autista.
Giordano Calcedonio – Corazziere.
Giorgi Giorgio – Ragioniere.
Giorgini Renzo – Industriale.
Giustiniani Antonio – Cameriere.
Gorgolini Giorgio – Ragioniere.
Gori Gastone – Muratore.
Govoni Aladino – Capitano dei granatieri.
Grani Umberto – Tenente Colonnello dell’Aeronautica.
Grieco Ennio – Elettromeccanico.
Guidoni Unico – Studente.
Haipel Mario – Maresciallo dell’Esercito.
Iaforte Domenico – Calzolaio.
Ialuna Sebastiano – Agricoltore.
Imperiali Costantino – Rappresentante di vini.
Intreccialagli Mario – Calzolaio.
Kereszti Sandor – Ufficiale.
Landesman Boris – Commerciante.
La Vecchia Gaetano – Ebanista.
Leonardi Ornello – Commesso.
Leonelli Cesare – Avvocato.
Liberi Epidemio – Industriale.
Lioonnici Amedeo – Industriale.
Limentani Davide – Commerciante.
Limentani Giovanni – Commerciante.
Limentani Settimio – Commerciante.
Lombardi Ezio – Impiegato.
Lopresti Giuseppe – Dottore in legge.
Lordi Roberto – Generale dell’Aeronautica.
Lotti Giuseppe – Stuccatore.
Lucarelli Armando – Tipografo.
Luchetti Carlo – Stagnaro.
Luna Gavino – Impiegato delle Poste.
Lungaro Pietro Ermelindo – Sottufficiale di Pubblica Sicurezza.
Lunghi Ambrogio – Asfaltista.
Lusena Umberto – Maggiore dell’Esercito.
Luzzi Everardo – Metallurgico.
Magri Mario – Capitano d’artiglieria.
Manca Candido – Brigadiere dei Carabinieri.
Mancini Enrico – Commerciante.
Marchesi Alberto – Commerciante.
Marchetti Duilio – Autista.
Margioni Antonio – Falegname.
Marimpietri Vittorio – Impiegato.
Marino Angelo – Piazzista.
Martella Angelo
Martelli Castaldi Sabato – Generale dell’Aeronautica.
Martini Placido – Avvocato.
Mastrangeli Fulvio – Impiegato.
Mastrogiacomo Luigi – Custode del ministero delle Finanza.
Medas Giuseppe – Avvocato.
Menasci Umberto – Commerciante.
Micheli Ernesto – Imbianchino.
Micozzi Emidio – Commerciante.
Mieli Cesare – Venditore ambulante.
Mieli Mario – Negoziante.
Mieli Renato – Negoziante.
Milano Raffaele – Viaggiatore.
Milano Tullio – Impiegato.
Milano Ugo – Impiegato.
Mocci Sisinnio
Montezemolo Giuseppe – Colonnello dei Carabinieri e agente del SIM.
Moretti Augusto
Moretti Pio – Contadino.
Morgano Santo – Elettromeccanico.
Mosca Alfredo – Elettrotecnico.
Moscati Emanuele – Piazzista.
Moscati Pace – Venditore ambulante.
Moscati Vito – Elettricista.
Mosciatti Carlo – Impiegato.
Napoleone Agostino – Sottotenente di vascello della Marina.
Natali Celestino – Commerciante.
Natili Mariano – Commerciante.
Navarra Giuseppe – Contadino.
Ninci Sestilio – Tramviere.
Nobili Edoardo – Meccanico.
Norma Fernando – Ebanista.
Orlandi Posti Orlando – Studente.
Ottaviano Armando – Dottore in lettere.
Paliani Attilio – Commerciante.
Pappagallo Pietro – Sacerdote.
Pasqualucci Alfredo – Calzolaio.
Passarella Mario – Falegname.
Pelliccia Ulderico – Carpentiere.
Pensuti Renzo – Studente.
Pepicelli Francesco – Maresciallo dei Carabinieri.
Perpetua Remo – Rigattiere.
Perugia Angelo – Venditore ambulante.
Petocchi Amedeo
Petrucci Paolo – Professore di lettere.
Pettorini Ambrogio – Agricoltore.
Piasco Renzo – Ferroviere.
Piattelli Cesare – Venditore ambulante.
Piattelli Franco – Commesso.
Piattelli Giacomo – Piazzista.
Pierantoni Luigi – Medico.
Pierleoni Romolo – Fabbro.
Pignotti Angelo – Negoziante.
Pignotti Umberto – Impiegato.
Piperno Claudio – Commerciante.
Piras Ignazio – Contadino.
Pirozzi Vincenzo – Ragioniere.
Pisino Antonio – Ufficiale di marina.
Pistonesi Antonio – Cameriere.
Pitrelli Rosario – Meccanico.
Polli Domenico – Costruttore edile.
Portieri Alessandro – Meccanico.
Portinari Erminio – Geometra.
Primavera Pietro – Impiegato.
Prosperi Antonio – Impiegato.
Pula Italo – Fabbro.
Pula Spartaco – Verniciatore.
Raffaeli Beniamino – Carpentiere.
Rampulla Giovanni – Tenente Colonnello.
Rendina Roberto – Tenente Colonnello d’artiglieria.
Renzi Egidio – Operaio.
Renzini Augusto – Carabiniere.
Ricci Domenico – Impiegato.
Rindone Nunzio – Pastore.
Rizzo Ottorino – Maggiore dell’Esercito.
Roazzi Antonio – Autista.
Rocchi Filippo – Commerciante.
Rodella Bruno – Studente.
Rodriguez Pereira Romeo – Tenente dei Carabinieri.
Romagnoli Goffredo – Ferroviere.
Roncacci Giulio – Commerciante.
Ronconi Ettore – Contadino.
Saccotelli Vincenzo – Falegname.
Salemme Felice – Impiegato.
Salvatori Giovanni – Impiegato.
Sansolini Adolfo – Commerciante.
Sansolini Alfredo – Commerciante.
Savelli Francesco – Ingegnere.
Scarioli Ivano – Bracciante.
Scattoni Umberto – Pittore.
Sciunnach Dattilo – Commerciante.
Semini Fiorenzo – Sottotenente di vascello della Regia Marina.
Senesi Giovanni – Esattore istituto di assicurazioni.
Sepe Gaetano – Sarto.
Sergi Gerardo – Sottotenente dei Carabinieri Reali.
Sermoneta Benedetto – Venditore ambulante.
Silvestri Sebastiano – Agricoltore.
Simoni Simone – Generale.
rimosso su cortese richiesta di familiare della Vittima
Sonnino Gabriele – Commesso.
Sonnino Mosè – Venditore ambulante.
rimosso su cortese richiesta di familiare della Vittima
Spunticchia Antonino – Meccanico.
Stame Nicola Ugo – Artista lirico.
Talamo Manfredi – Tenente Colonnello dei Carabinieri Reali.
Tapparelli Mario – Commerciante.
Tedesco Cesare – Commesso.
Terracina Sergio – Commesso.
Testa Settimio – Contadino.
Trentini Giulio – Arrotino.
Troiani Eusebio – Mediatore.
Troiani Pietro – Venditore ambulante.
Ugolini Nino – Elettromeccanico.
Unghetti Antonio – Manovale.
Valesani Otello – Calzolaio.
Vercillo Giovanni – Impiegato.
Villoresi Renato – Capitano dell’Esercito.
Viotti Pietro – Commerciante
Vivanti Angelo – Commerciante.
Vivanti Giacomo – Commerciante.
Vivenzio Gennaro
Volponi Guido – Impiegato.
Wald Pesach Paul
Wald Schra
Zaccagnini Carlo – Avvocato.
Zambelli Ilario – Telegrafista
Zarfati Alessandro – Commerciante.
Zicconi Raffaele – Impiegato.
Zironi Augusto – Sottotenente di vascello della Marina.
12 Salme non identificate

15 Ottobre 2013Permalink

8 ottobre 2013 – CIE di carne 3

Fra legge e circolare: un groviglio senza pietà.

Nell’hangar ormai indimenticabile obitorio di Lampedusa ci sono alcune piccole bare bianche con un numero.
Anche le piccole vittime del recente naufragio non hanno un nome.
Ma vediamo cosa può succedere a chi, riconoscendole dalla fotografia appoggiata al legno, glielo attribuisse.

Una legge che funziona.

Ci sono notizie sconcertanti che girano non smentite.
Ricopio da il Corriere della sera ma potrei farlo da qualsiasi quotidiano “Per la legge Bossi-Fini dovranno tutti rispondere di immigrazione clandestina”.
Se l’ingresso irregolare è reato, incriminare chi irregolarmente è entrato in Italia (tra l’altro con il massimo dell’irregolarità: chi oserebbe collocare un naufragio fra gli eventi ‘regolari’?).è ‘atto dovuto’ , come avrebbe detto un magistrato, (riferendosi, per quanto ho potuto capire, all’art. 10 bis del d.lgs. n. 286/98).

Per qualche utile considerazione segnalo un passo tratto dal sito dell’ASGI del 7 dicembre 2012 , dove comunque molto si può trovare.

Non posso e non voglio dimenticare che il pacchetto sicurezza contiene una delle norme più infami della nostra legislazione, a fronte della quale tutti ostentano indifferenza al fine –credo – di promuoverne la sottovalutazione: si tratta della lettera g del comma 22 dell’art 1 della legge 94/2009.
A  seguito di quella norma chi dichiari la nascita del proprio figlio – e chieda il relativo certificato –non lo può ottenere a norma di legge ma solo per il precario intervento di una circolare e, inoltre, scoprendosi, si espone al rischio di espulsione.
Ne ho scritto per anni e anche di recente il 26 settembre e il 4 ottobre   

Oggi chi si avvicinasse a quelle bare bianche, dando un nome alla piccola salma sulla base della fotografia esposta, dovrebbe – come testimone -identificarsi.
E’ ovvio e civile
MA….
Dichiarava un giornalista de La Repubblica qualche giorno fa: “abbiamo deciso con la redazione di non pubblicare la lista dei sopravvissuti. Non vorremmo che uno di loro potesse subire con l’identificazione regressione o ritorsioni nel paese d’origine, come è accaduto”.
Quindi il rischio dell’identificazione può costituire un deterrente tale da impedire di dare un nome a un bambino morto e di consentire ai suoi di conoscerne la sepoltura.
A questo punto è opportuno ricordare che l’Italia non ha una legge sull’asilo: se ne è ricordato ieri il Presidente della Repubblica e lo ha detto.
A mia memoria l’unica a cercar di farsi  carico del problema fu l’avv. Fernanda Contri, nella sua carica di ministro – governo Ciampi 1993-94. Poi tutti se ne disinteressarono.

Come volevasi dimostrare.

E restiamo ai vivi.
Ammettiamo che fra i sopravvissuti vi sia una donna incinta che non  si voglia identificare per le ragioni dette sopra e che il suo bambino, quando nascerà (se ciò avverrà in Italia), abbia anche un papà che lo voglia riconoscere.
Se non avrà dichiarato e dimostrato adeguatamente la fondatezza delle sue generalità (e se non  lo avrà fatto sarà stato per le ragioni saggiamente ricordate dal giornalista de La Repubblica) quel papà – e conseguentemente la mamma (anche se la tutela della maternità assicura qualche protezione)–sono  migranti irregolari, privi di permesso di soggiorno  e il figlio resterà senza certificato di nascita con tutto ciò che ne consegue.
Quando andavo a scuola io alla fine della dimostrazione di un teorema si diceva: come volevasi dimostrare. Appunto

Se si distruggono i CIE di muro restano quelli di carne e la funzione oggettiva dei neonati vivi (ma si può estendere ai bambini morti) è quella di assicurare identificazione ed espulsione dei genitori.

Un privatissimo e non invasivo appello

Questa volta non so proprio da che parte cominciare e prego chi legga questo pezzo e ritenga doveroso assicurare ai nuovi nati un certificato di nascita di scrivere a un qualsivoglia parlamentare perché nelle modifiche alle leggi sull’immigrazione di cui si parla si ricordino dei neonati cui tale certificato è negato: tutti, deputati e senatori, hanno una casella di posta e forse se scrivessimo in molti ….
Da cinque anni mi occupo dei figli degli immigrati privi di permesso di soggiorno, vittime, appunto, di questa spaventosa violazione dei loro diritti.

Poiché, nonostante il consenso del GrIS (vedi Simmweb.it) e la presentazione della pdl 740 (il cui testo ho pubblicato in questo blog il 17 giugno scorso), i mezzi di informazione non si occupano del problema, ho cercato di dare informazioni anche a singole persone.

Non ho ottenuto gran quantità di consensi ma pensavo che apprezzassero lo sforzo di informare: invece ho capito – da messaggi ricevuti – che infastidisco, nonostante abbia cura di scrivere sempre con lista cieca in modo da non ‘compromettere’ i destinatari dei miei messaggi.

Quindi proverò a limitarmi al blog e ad eventuali corrispondenze da non esibire se non a chi io ritenga istituzionalmente interessato e impermeabile ai fastidi che posso provocare.

8 Ottobre 2013Permalink

4 ottobre 2013 – CIE di carne sempre in attività di servizio – 2

Per fare ordine.  4 settembre.

Ho pubblicato il testo della mia segnalazione all’ospedale di Udine in un pezzo intitolato ‘Naturalmente tacciono’ .
Ero venuta in possesso di un dépliant dell’Ospedale stesso, finalizzato ad informare gli utenti sui servizi e sulle modalità in cui – insieme a una lunga serie di utilissime informazioni – si leggeva alla voce ‘denuncia di nascita’
 “COSA SERVE: documento di identità valido di entrambi i genitori, se stranieri non residenti passaporto o permesso di soggiorno valido” .
Ho ricopiato pedissequamente il testo dalla “Guida rapida all’ospedale” dove si citano come estensori  l’Azienda Ospedaliera Universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine, la sede di Cividale del Friuli e di Gemona del Friuli.

Per fare ordine. 26 settembre  

Scrivo un pezzo intitolato ‘CIE di carne’  anche in risposta a una lettera (prot. 51831) inviatami dall’Ospedale di Udine come riscontro alla mia segnalazione, da poco ricevuta anche se la data del timbro postale è  20 settembre.  
Ne ho scritto nel mio pezzo del 26 settembre e ne riprendo il passo centrale perché è intervenuto un fatto nuovo che voglio commentare senza escludere nessun elemento, almeno di quelli che io riesca a cogliere.

La dott.ssa Paola  Toscani ha approfondito la problematica evidenziata e precisa che l’informazione inerente il “permesso di soggiorno valido”, indicato in alternativa al passaporto per effettuare la denuncia di nascita, non è finalizzata a verificare se sussiste una situazione di irregolarità del migrante, ma ad agevolare lo straniero, offrendogli più di una possibilità. Infatti ai migranti irregolari non è mai stato chiesto il permesso di soggiorno ma solamente ‘un documento’ che potesse accertare l’identità del genitore, come previsto dalla normativa.

Dalle sue osservazioni sembrerebbe che l’indicazione del permesso di soggiorno abbia generato equivoci, pertanto le assicuriamo che nella prossima ristampa della Guida Rapida si provvederà a ometterla.

Nel ringraziarla per la segnalazione che ha fornito l’occasione per migliorare le informazioni sull’accessibilità ai servizi sanitari da parte della popolazione migrante, si coglie l’occasione per inviare i migliori saluti”.

Una osservazione soltanto.
Il problema che ho posto  non è l’eventuale ‘generar di equivoci’ , non questione di  opportunità, ma di ‘legalità’.
Persino la subdola circolare Maroni, con cui nel 2009 il Ministro dell’Interno allora in carica negava ciò che la legge affermava (per evitare penalizzazioni legate alla violazione di norme internazionali) recitava: “Per lo svolgimento delle attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita – dello stato civile) non devono essere esibiti documenti inerenti al soggiorno trattandosi di dichiarazioni rese, anche a tutela del minore, nell’interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto” (Circolare del Ministero dell’interno n. 19 del 7 Agosto 2009).
Quindi, se i documenti non devono essere esibiti perché possono essere richiesti?

La lettera dell’Ospedale – che segnalava come mittente la responsabile dell’Ufficio Relazioni con il Pubblico e citava nel testo la Dottoressa Paola Toscani (mi scuso ma ne ignoro il ruolo) – era giustamente firmata dal dott. Mauro Delendi, direttore generale, perché la normativa prevede che il Sindaco (sul cui ruolo di Ufficiale di Stato Civile, responsabile dei registri su cui si trascrivono gli atti di stato civile, dovrò tornare) possa delegare la registrazione degli Atti di Nascita ai direttori sanitari degli ospedali, così come a Udine è avvenuto.

A qualcuno è stato fatto presente che il documento su cui si svolge la procedura delle registrazioni non contiene la dizione con cui è stato (dis)informato il pubblico.
Ci mancherebbe. Un illecito praticato in un atto ufficiale?
Nemmeno la mia malignità arriva a supporre tanto ma io ritengo fondamentale anche l’informazione generalizzata soprattutto quando proviene da fonte autorevole e, surrettiziamente, sostiene un pregiudizio.
(Comunque chi volesse può verificare l’art. 30 del DPR n. 396/2000 e l’art. 16 comma 2 n. 445/2000).

E infine anche oggi provo a fare ordine

 Due amiche hanno scritto al sindaco di Udine, a seguito delle considerazioni relative alla responsabilità del Sindaco, una lettera con argomentazioni analoghe a quelle della mia segnalazione, e hanno ricevuto – datata 24 settembre PG/U 0128916 e firmata dal dirigente del servizio dott. Paolo Asquini – una lettera che, dopo aver ricordato  ”che analoga nota era già stata presentata direttamente all’Ufficio URP della locale Azienda Ospedaliera , da altra persona”, propone due precisazioni importanti.
1. Ricorda ‘i diritti dei minori figli di immigrati che qualsiasi Amministrazione pubblica italiana deve rispettare’ (dal che ho cominciato ad occuparmene io è la prima volta che la cosa viene detta nell’ambito dell’Amministrazione comunale. Che abbiano finalmente capito? Onore alle due amiche – Adriana Libanetti e Daniela Rosa – che sono riuscite ad ottenere questa risposta).
2 – Però afferma anche Corre l’obbligo di precisare che sia l’Ufficio di Stato Civile di questo Comune, sia la Direzione Sanitaria dell’Azienda ospedaliera, struttura presso la quale si effettuano le dichiarazioni di nascita, che operano in collaborazione pur nei rispettivi distinti ruoli, mai hanno richiesto agli stranieri l’esibizione del permesso di soggiorno in sede di dichiarazione/denuncia di nascita”.
L’ho già scritto sopra: nemmeno io avrei supposto che qualcuno potesse impegnarsi in un simile ignominia. Lasciamo l’excusatio non petita. Ovvio che non l’abbiano fatto.

Che fare?
Ora, ma questo spetta alle forze politiche non agli amministratori in quanto tali, è necessario impegnarsi per la modifica della legge che nel 2009 ha introdotto la matta bestialità dell’esibizione  del permesso di soggiorno.
Finora esiste in parlamento una proposta (n. 340 – primo firmatario on. Rosato, alla cui firma segue quasi un centinaio di firme Pd, quella di SEL dell’on Pellegrino e un paio di Scelta civica). Si trova nel mio blog, ricopiata  in data 17 giugno.
Io spero che questo pluralismo, non numericamente significativo ma reale, serva a facilitare la velocità del dibattito e impedisca perdite di tempo in cui ognuno voglia dimostrare che il partito suo è meglio di quell’altro.
Una volta tanto si concentrino su di un obiettivo in nome della loro dignità di parlamentari che ‘esercitano un ruolo senza vincolo di mandato, quindi, spero, in scienza e coscienza e non ‘in disciplina’ con finalità elettorali asservite a lobby.

Dopo la tragedia di Lampedusa.

Qualcuno comincia ad urlare ‘aboliamo la Bossi Fini’.
E’ una specie di mantra di cui non so si valuti bene il significato.
La Bossi Fini è una delle nostre vergogne nel settore specifico, non la vergogna.
Lasciamo perdere i mantra da esibizionisti e cominciamo a nominare esattamente la norma da modificare. Ecco:
Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 – “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”.
Qui sono confluiti la legge Turco-Napolitano, la Bossi- Fini e il ‘pacchetto sicurezza’ (legge 94/2009) di maroniana gestazione, con tutte le modifiche via via cumulatesi.
Ed è su questo testo che bisogna consapevolmente lavorare.

Il contributo specifico dei consiglieri comunali potrebbe essere, nel dolore di tutte quelle morti atroci che hanno colpito anche bambini, quello impegnarsi a non fare dei bambini che nascono a Udine dei morti alla vita giuridicamente riconosciuta.
Dopo il pianto viene il ‘che fare?’
La mia è una proposta.
I figli non possono essere usati come  CIE di carne, strumenti per l’identificazione e l’espulsione dei genitori.

4 Ottobre 2013Permalink

28 settembre 2013 – Ti chiamano con un numero come in un campo di concentramento

Chiara Paccagnella ha raccolto questa frase dal racconto di un ‘trattenuto’ (ma forse sarebbe più  appropriato dire ‘detenuto’) al Centro di Identificazione e Espulsione (CIE) di Gradisca d’Isonzo.
Si è confrontata così con una situazione di privazione della propria identità che si rafforza ogni giorno fino a diventare sofferenza tale da richiedere un intervento professionale.
Entrata al CIE mentre era di servizio su un’ambulanza, Chiara è infermiera, ha incontrato Chadi (nome evidentemente di fantasia), un ragazzo che soffriva di un forte dolore toracico che il personale in servizio al Centro non si sentiva di gestire.
Il giorno precedente la manifestazione Chadi  aveva assistito al tentato suicidio per impiccagione di un suo compagno. Inevitabile la riflessione: “ho pensato che al dolore fisico fosse il sintomo di una ferita invisibile ma profonda”. Ma Chiara non ha potuto approfondire; nell’esercizio della sua professione, in quel momento, non le era consentito.
Non ha lasciato perdere e si è chiesta cosa sia il CIE, come operi,  elaborando una tesina discussa nel novembre 2012  in occasione del Master in  Medicina delle Emigrazioni, delle Migrazioni, delle Povertà  e presentata dal GrIS FVG a Udine nel marzo 2013.
Così ha potuto constatare che “la privazione della libertà personale è uno strumento della giustizia penale estraneo al diritto amministrativo” ma “la detenzione amministrativa” – quella forma di limitazione della libertà personale consentita eccezionalmente al potere esecutivo – “per gli stranieri negli ultimi decenni è diventata una pratica di controllo ordinaria”.
La detenzione amministrativa per gli stranieri venne inserita nella legislazione italiana nel 1998 (legge n.40, cd Turco Napolitano ) con l’istituzione degli allora  CPTA (Centro di permanenza temporanea e Assistenza) che con i successivi interventi legislativi e amministrativi si trasformarono in CIE,  in cui trattenere i cittadini extracomunitari ‘clandestini’ in attesa di espulsione.
Su questo termine il lavoro di Chiara offre una precisazione importante:  “la clandestinità inerisce al tentativo del migrante di entrare in un Paese diverso dal proprio eludendo i controlli di polizia alle frontiere o con l’ausilio di documenti falsi, la irregolarità riguarda invece il soggiorno, ovvero il mancato possesso dell’autorizzazione a risiedere sul territorio nazionale”.
Purtroppo i due termini vengono usati indistintamente e su questa viscosità semantica ogni straniero diventa ‘clandestino’ e una accurata propaganda, iniziata molti anni fa, lo fa percepire come pericoloso.
Così a Gradisca  (e non solo: i centri organizzati in Italia allo scopo non realizzato di gestire la presenza straniera sono 13)  esistono due realtà diverse:  il CARA (Centro di Accoglienza per i Richiedenti Asilo) e il CIE  che pratica un lunghissimo trattenimento degli stranieri che dovrebbero essere identificati ed eventualmente espulsi.
E’ gestibile una simile situazione?
Rispondono in un loro rapporto  che risale al 2010 i Medici Senza Frontiere: “nei CIE convivono persone con status giuridico differenti e negli stessi ambienti si trovano vittime di tratta, di sfruttamento, di tortura, di persecuzioni così come individui in fuga da conflitti e condizioni degradanti, altri affetti da tossicodipendenze, da patologie croniche, infettive o della sfera mentale, oppure stranieri che vantano anni di soggiorno in Italia, con un lavoro (non regolare), una casa e la famiglia o sono appena arrivati. Sono luoghi dove coesistono e si intrecciano in condizioni di detenzione storie di fragilità estremamente eterogenee tra loro da un punto di vista sanitario, giuridico, sociale e umano, a cui corrispondono esigenze molto diversificate”.
In un simile coacervo gli operatori che appartengono a Cooperative appaltate allo scopo diventano coatti come i loro ‘assistiti’. Non è a loro che vivono e lavorano in condizioni esasperanti che ci si deve rivolgere ma a chi ha il potere di pensare un simile sistema, definirne le regole, assicurarne la gestione.
E su questo piano il discorso è tutto da costruire. Non è tollerabile che l’interesse istituzionale si manifesti solo quando la situazione scoppia e diventa visibile all’esterno delle mura sormontate da filo spinato
“Filo spinato
Tu scrivi dell’uomo nel lager
io – del lager nell’uomo
per te il filo spinato è all’esterno
per me si aggroviglia in ciascuno di noi
– Pensi che ci sia tanta differenza?
Sono due facce della stessa pena”.
(Ryszard Kapuściński)

 NOTA. Responsabile del GrIS è il dr. Guglielmo Pitzalis, relatore della tesi di Paccagnella
 discussa a Roma nel novembre 2012 e presentata a Udine dal GrIS Fvg nel marzo 2013.
Il master Memp è promosso da Fondazione Idente, Caritas, Simm e Scuola superiore di scienze biomediche F. Rielo

Questo pezzo è l’editoriale del mensile udinese Ho un sogno del mese di settembre

28 Settembre 2013Permalink

26 settembre 2013 – CIE di carne

La storia di due notizie

A partire dal 26 luglio ci sono nel mio blog due notizie che per me si intrecciano.
La prima è la scoperta che in un dépliant informativo per gli utenti dell’ospedale di Udine viene indicato il permesso di soggiorno come documento da presentare per la denuncia degli atti di nascita.
Ci sono ospedali – e Udine fra questi – che possono provvedere alla registrazione delle nascite,  evidentemente senza sostituirsi al comune che, nella persona del sindaco, ufficiale di stato civile, ne è  responsabile.
La seconda è il precipitarsi di informazioni che dal 13 agosto si affastellano per raccontare la rivolta del CIE di Gradisca d’Isonzo.
L’intervento della deputata Serena Pellegrino è stato determinante per arrivare alla presenza a Gradisca della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, presieduta dal sen Manconi di cui ho scritto il 12 settembre (e a quel testo rinvio).                  
Faccio presente che la clandestinità (temine usato in un clima spesso linguisticamente confusionale) è reato a seguito dell’approvazione del pacchetto sicurezza, legge n. 94/2009 che molti i dimenticano di ricordare quando dichiarano il loro no alla Bossi Fini, legge orrenda ma non sola nel suo orrore.
Quindi la richiesta del permesso di soggiorno in un pubblico documento è pericolosa e genera i rischi che ho descritto nella segnalazione inviata all’ospedale di Udine (segnalazione che ho integralmente trascritto in questo mio blog il 4 settembre) chiedendo che la dizione ‘permesso di soggiorno’ scompaia dal dépliant informativo ‘Guida rapida all’ospedale’.
Quella richiesta era stata tempestivamente esclusa  persino dalla circolare emessa dal Ministero Maroni,
Circolare del Ministero dell’interno n. 19 del 7 Agosto 2009, che recita: “Per lo svolgimento delle attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita – dello stato civile) non devono essere esibiti documenti inerenti al soggiorno trattandosi di dichiarazioni rese, anche a tutela del minore, nell’interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto”.
Certo il passaggio dalla richiesta del documento alla sua esibizione rappresenta uno slittamento solo apparente di significato perché suppone sventatamente la libertà di scelta da parte del migrante irregolare degli svariati documenti di cui dispone, compreso quello che – per definizione – non ha.
Semplificando: se i documenti non devono essere esibiti perché possono essere richiesti?

L’Ospedale risponde
Trascrivo il passo centrale della risposta ricevuta.

“La dott.ssa P. T. ha approfondito la problematica evidenziata e precisa che l’informazione inerente il “permesso di soggiorno valido”, indicato in alternativa al passaporto per effettuare la denuncia di nascita, non è finalizzata a verificare se sussiste una situazione di irregolarità del migrante, ma ad agevolare lo straniero, offrendogli più di una possibilità. Infatti ai migranti irregolari non è mai stato chiesto il permesso di soggiorno ma solamente “un documento” che potesse accertare l’identità del genitore, come previsto dalla normativa.
Dalle sue osservazioni sembrerebbe che l’indicazione del permesso di soggiorno abbia generato equivoci, pertanto le assicuriamo che nella prossima ristampa della Guida Rapida si provvederà a ometterla.
Nel ringraziarla per la segnalazione che ha fornito l’occasione per migliorare le informazioni sull’accessibilità ai servizi sanitari da parte della popolazione migrante, si coglie l’occasione per inviare i migliori saluti”

Il lastricato delle buone intenzioni sembra ancora in attività di servizio.
La risposta alla lettera si trova già nella segnalazione (consegnata il 31 luglio e qui trascritta il 4 settembre) e quindi non la ripeto ma passo ad altre considerazioni.

Due  ipotesi forse azzardate e una considerazione

Ammettiamo per ipotesi  che:

  1. il CIE di Gradisca venga non solo rimodellato nella gestione ma smantellato quanto più rapidamente possibile. Scomparendo cesserebbe dalla sua funzione di identificazione dei migranti al fine di espellerli. Ricordiamo che se sono riconosciuti richiedenti asilo la loro destinazione è il CARA (Centro di accoglienza per i richiedenti asilo) non il CIE (Centro di identificazione e espulsione;
  2. l’Ospedale di Udine provveda immediatamente alla stampa e distribuzione di un dépliant informativo corretto.
    Sono coinvolti altri ospedali? La paura indotta da quella pubblica richiesta (che, tra l’altro, è elemento di disinformazione dell’opinione pubblica) verrà finalmente superata ovunque e comunque?

Resta un fatto a mio parere sconvolgente: dal luglio del 2009 (entrata in vigore della legge 94) i nuovi nati possono essere stati adoperati per l’identificazione e conseguente espulsione del loro papà, attribuendo loro quindi la funzione dei CIE.
Le mamme godono della tutela della maternità e hanno una qualche maggior protezione.
Hanno svolto la funzione che si contesta ai CIE nella pace dell’opinione pubblica che dice di amare i bambini e in molti settori esalta quella famiglia che – a norma pacchetto sicurezza- viene negata ad alcuni neonati alla nascita.
Avevo scritto nella segnalazione: “Non sia indifferente ricordare che il migrante in situazione di irregolarità non potendo assicurare al figlio il normale certificato di nascita gli causa danni irrimediabili (la impossibilità della tutela genitoriale, la difficoltà nell’accesso alle cure sanitarie, l’impossibilità di iscrizione al nido, alla scuola dell’infanzia, alla scuola successiva a quella dell’obbligo e a tutti gli atti di stato civile che accompagnano il corso dell’esistenza in cui il certificato di nascita è richiesto”

Una legge in sonno

L’unico modo per superare radicalmente questa situazione è la modifica della legge che riporti al regime precedente il 2009. Esiste una proposta di legge il cui testo, accompagnato da un’ottima relazione, ho ricopiato in diariealtro in data 17 giugno

Nessuno però fa nulla né per farla discutere e approvare in parlamento né per farla conoscere all’opinione pubblica.
Abbandonata in sonno come le vecchie logge massoniche.

26 Settembre 2013Permalink

23 settembre 2013 – CITTADINANZA NEGATA AI BAMBINI

Lo storico mensile genovese Il Gallo (www.ilgallo46.it) nel numero di settembre ha pubblicato l’articolo che riporto.
Il testo precedente sullo stesso argomento si trova in questo blog il 15 marzo 2011.tesso argomento

Il Gallo  – settembre 2013 pag. 15

Era passata da poco la metà del primo secolo della nostra era quando Paolo, un uomo cui la fede vivissima che praticava non contraddiceva l’attitudine a un solido senso della realtà, affrontò con competente determinazione rappresentanti militari e magistrati dell’impero romano.

Così raccontano gli Atti degli Apostoli (At 22, 25 sgg): «Ma quando l’ebbero disteso per flagellarlo, Paolo disse al centurione che stava lì: “Avete il diritto di flagellare uno che è cittadino romano e non ancora giudicato?”. 26Udito ciò, il centurione si recò dal comandante ad avvertirlo: “Che cosa stai per fare? Quell’uomo è un romano!”. 27Allora il comandante si recò da Paolo e gli domandò: “Dimmi, tu sei romano?”. Rispose: “Sì”.

Replicò il comandante: “Io, questa cittadinanza l’ho acquistata a caro prezzo”. Paolo disse: “Io, invece, lo sono di nascita!”. 29E subito si allontanarono da lui quelli che stavano per interrogarlo. Anche il comandante ebbe paura, rendendosi conto che era romano e che lui lo aveva messo in catene»

 Cittadini o sudditi?

Certamente la preoccupazione del comandante, tale da farlo desistere per non violare i diritti di un cittadino romano da una decisione pubblicamente presa, si fondava sulla certezza della notorietà della cittadinanza di Paolo. Esistevano a questo scopo le tabulae censoriae in cui doveva essere dichiarato, tra l’altro, il nome del padre e il luogo dell’abitazione.

Successivamente al concetto di cittadino (che anche nella legislazione romana era esclusivo) si sovrappose quello di suddito ma anche in questo caso le concessioni sovrane, le libertà, come venivano chiamati nel Medio Evo gli scioglimenti dai vincoli del potere feudale, erano ben definite, sostanzialmente certificate.

Con la rivoluzione francese il cittadino si riaffacciò alla storia pretendendo (illudendosi?) di esserne protagonista e di esserlo in termini di uguaglianza.

Nasceva fra faticose contraddizioni lo stato moderno che si organizzò per dare ad ognuno una collocazione nota che impedisse di sfuggire al pagamento delle imposte e al servizio militare ma anche, almeno in un momento successivo, per assicurare le condizioni della tutela dei diritti delle persone.

Oggi, nel quadro dei modi praticati in Italia, la certificazione della nascita consente l’identificazione della cittadinanza (che può essere italiana o seguire a quella dei genitori) e, se facciamo attenzione all’estratto completo di un atto di nascita, vi troveremo anche i nomi dei padri e delle madri che potranno essere trascritti sul passaporto.

Doverosa tutela del minore

Non sono annotazioni marginali. In una situazione globale di estrema mobilità identificare come genitori coloro che si spostano con un bambino è una misura di tutela del minore e di garanzia che non siano in corso turpi e diffusi traffici che la nebbia della mancata informazione favorisce.

Tutto ovvio? Non sembra.

Esiste – e ne è formalmente riconosciuta la funzione –  il gruppo CRC, acronimo di Convention on the Rights of the Child la cui traduzione ufficiale in italiano è “Convenzione sui diritti del fanciullo”, che però è preferibile usare nella dizione più congrua “Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza”.

Ne fanno parte un’ottantina di associazioni tra cui AGESCI, ANFFAS, ASGI, Caritas italiana,  CBM, Gruppo Abele, Libera. OVC, la Nostra Famiglia  e molte altre.

Nel suo recente 6o rapporto il gruppo CRC raccomanda (segnalando l’evidenza di una necessità di intervento legislativo) al Parlamento «di attuare una riforma legislativa che garantisca il diritto alla registrazione per tutti i minori, indipendentemente dalla situazione amministrativa dei genitori» (Cap 3.1).

Il Rapporto dello scorso anno così descriveva la condizione di famiglie di bambini non registrati all’anagrafe: « … Il timore […] di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità […], nonché […] contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori».

Paradossalmente l’esistenza di famiglie in queste condizioni e, lo vogliamo sottolineare, di minori cui sono negati diritti fondamentali a partire dalla registrazione anagrafica, è testimoniata da documenti ufficiali.

 In Italia bambini senza tutela

Quindi i minori privi di permesso di soggiorno in conseguenza della irregolarità burocratica dei loro genitori esistono e non sono registrati all’anagrafe, mancano perciò del codice fiscale e della tessera sanitaria.

Ribadendo involontariamente la loro esistenza, nello scorso giugno la regione Lombardia ha negato il diritto al pediatra di base al compimento del sesto mese di vita per i bambini stranieri senza documenti e lo ha fatto appellandosi proprio alla mancanza di quella documentazione che la registrazione anagrafica necessariamente assicurerebbe.

Se il parlamento quindi vuole rispettare le norme internazionali, recepite anche nella nostra legislazione e infine corrispondere alla proposta del CRC, deve affrontare il problema della registrazione anagrafica.

Per la legge italiana la possibilità di registrare atti di stato civile senza l’obbligo di presentazione del permesso di soggiorno non è una novità. Era il sistema in vigore fino al 2009 quando il principio fu violato usando del voto di fiducia che produsse la legge 94, il cd pacchetto sicurezza. Persino l’allora ministero Maroni ricorse precipitosamente ai ripari (il rovesciamento della norma avrebbe posto l’Italia in condizione di essere denunciata nei consessi internazionali) e affidò la registrazione degli atti di nascita a una circolare che concedeva ciò che la legge negava. Quali ne siano stati gli effetti ce lo hanno detto i rapporti del CRC.

In ogni caso agghiaccia l’immagine di signore e signori che seduti intorno ad un autorevole tavolo, in una sede confortevole e sicura, discutono su quale sia l’età in cui un bambino può essere lasciato privo di cure. Eppure a Milano è accaduto.

 E’ urgente rimediare

Resta difficile da capire perché il Parlamento sfugga al ruolo che gli consentirebbe di superare la contraddizione introdotta nel 2009.

Oggi ne avremmo lo strumento perché disponiamo di una proposta di legge (n. 740 del 16 aprile 2013) dispone la modifica delle norme sulla condizione dello straniero in materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno: con un unico articolo corregge la stortura di cui si è detto. Ne attendiamo la discussione e, ci auguriamo, l’approvazione.

Molto opportunamente la proposta è stata assegnata alla prima Commissione, quella che si occupa degli Affari Costituzionali, perché di questo si tratta e non della organizzazione di attività di assistenza. Non rappresenta solo il mancato rispetto di una necessità ma viola un principio di uguaglianza e solidarietà offendendo quindi tutti noi in quanto cittadini.

Se oggi un Paolo di Tarso in edizione neonato dicesse a un medico ‘Sono malato. Curami’ costui potrebbe –evidentemente nel disprezzo della deontologia ma non di un diffuso senso comune che in norme inaccettabili si esprime – rispondergli ‘Non devo. Non hai il codice fiscale’. E se qualcuno ci chiedesse ancora  “Dov’è tuo fratello?” (Gen 4, 8) potremmo rispondergli “Non lo so. Come faccio a custodirlo se non ha il permesso di soggiorno?”.

Oggi il mutare dei tempi ci indica una pluralità di risposte solidali possibili. Ce le indica la Costituzione che all’art. 2 recita «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».

E se la solidarietà economica e sociale può giovarsi di azioni di sussidiarietà quella politica non può non manifestarsi, se esiste, nelle sedi istituzionali che a questo loro dovere devono essere richiamate.

Augusta De Piero

23 Settembre 2013Permalink