26 luglio 2013 – Perplessità e preoccupazioni

Un’informazione scorretta ma ufficiale

Capita che miei amici, consapevoli delle mie fissazioni, mi facciano strani regali.
Ieri uno di loro mi ha messo in mano un pieghevole che proclama: Guida rapida all’ospedale  e cita esplicitamente l’Azienda Ospedaliera Universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine, la sede di Cividale del Friuli e di Gemona del Friuli.
E’ datato: aggiornamento gennaio 2012.
Scorro rapidamente la miriade di notizie chiare, stampate a più colori per facilitare la concentrazione dell’attenzione su ciò che può servire, finché arrivo là dove casca l’asino.
Mi correggo subito per l’espressione che può suonare irrispettosa verso chi quel pieghevole ha pensato e la sostituisco con un banale richiamo a una descrizione di illegittima attività prevista come possibile e leggo (copio diligentemente la notizia)
Denuncia  di nascita
COSA SERVE: documento di identità valido di entrambi i genitori, se stranieri non residenti passaporto o permesso di soggiorno valido.
Seguono le informazioni i sul dove e quando (all’ospedale di Udine)  si  possa presentare la denuncia.
Vediamo di ragionare.
La denuncia di nascita di regola si fa in comune e viene incrociata con l’atto steso al momento della nascita con cui la madre riconosce il bambino o la bambina che ha appena partorito e che può anche legalmente disconoscere.
La data del dépliant mi conforterebbe se fosse collocabile fra il 15 luglio 2009 e il 9 agosto 2009, lo stretto spazio di giorni fra l’entrata in vigore della legge 94 (che nega a chi non abbia il permesso di soggiorno la possibilità di registrare la nascita del figlio) e l’emissione della circolare che, riconoscendo il diritto che la legge nega, rende invece possibile la registrazione della nascita senza intoppi burocratici relativi allo status dei genitori.
In quel lasso di tempo sarebbe stato necessario richiedere il permesso di soggiorno, poi no, pur riconoscendo tutta precarietà dello strumento circolare rispetto alla legge.
Inoltre il permesso risulta richiesto in alternativa a un valido passaporto e anche qui ci sarebbe qualche cosa da osservare che per ora lascio perdere, supponendo che la congiunzione ‘o’ indichi veramente  un’alternativa e che gli estensori del dépliant non ne abbiano immaginato un altro significato che non so quale possa essere.
Ma dopo il 9 agosto 2009 un ente locale corretto (e l’ospedale, offrendo la possibilità della denuncia di nascita, assicura l’esercizio di una funzione che è propria del Comune e appartiene al Sindaco come ufficiale di stato civile) non dovrebbe nominare il permesso di soggiorno.
E invece lo fa.
Che ha da dire il comune di Udine? Che hanno da dire i comuni di Cividale e Gemona che, per essere citati, si suppone seguano l’itinerario descritto in questa confusa informazione o presunta tale?
(Ulteriori e più dettagliate informazioni si trovano nel mio blog in data 15 marzo 2011 )-
 
Istituzioni, società civile e giovani

E il Sindaco di Udine dovrebbe, a mio parere, sentirsi coinvolto anche da un altro problema.
Leggo su la Repubblica del 25 luglio nella rubrica lettere un testo che ricopio
Gentile Corrado Augias, ci ha molto colpiti la notizia delle dimissioni della sindaca Maria Concetta Lanzetta del comune calabrese di Monasterace. Lanzetta era una dei sindaci anti ‘ndrangheta della Locride, che ha resistito all’incendio della sua farmacia e alle numerose minacce delle cosche. Nel dimettersi ha dichiarato di essere stata abbandonata dalla politica. I mass media hanno riportato questa denuncia come uno dei tanti fatti di cronaca. Sapendo quanto la criminalità danneggi il nostro paese, le dimissioni di un amministratore che la combatte a rischio della vita, dovrebbe avere, credo, maggiore risonanza. Se la vita di una nazione dipende dalla politica, e questa abbandona le persone che meglio la interpretano, vuol dire che la politica nei fatti tollera che ciò accada. La sindaca Lanzetta ha raccontato al sua esperienza a 500 studenti e docenti di Udine, impegnati in progetti sulla legalità. I ragazzi hanno diritto di chiedersi “Se un amministratore come lei viene abbandonato dalla politi, non c’è più speranza?”
La lettera è firmata da Liliana Mauro, un’insegnante molto impegnata nei progetti cui fa cenno.
La risposta di Augias – pubblicata con il titolo “Mafia, se la politica abbandona un sindaco”- riprende i concetti espressi dalla prof. Mauro.
Io invece, poiché ero presente all’incontro della sindaca Lanzetta con gli studenti, ho qualche altra cosa da dire. Preciso che l’incontro faceva parte delle manifestazioni organizzate dall’associazione Vicino Lontano.
I ragazzi erano attenti, evidentemente coinvolti.
Era presente anche il sindaco di Udine che, salito sul palco vicino alla signora Lanzetta, si è espresso con parole di partecipazione profonda e profferte di amicizia e collaborazione oltre il suo personale apprezzamento ed espressa simpatia, strappando anche lui il suo applauso. E applaudendolo i ragazzi in sala hanno dimostrato di avere fiducia in quanto diceva.
Se mi ascoltasse (ma non so se lo farebbe anche se mi rivolgessi direttamente a lui) gli direi che ha dei doveri precisi verso quei ragazzi e gli chiederei di spiegare loro la sua impotenza e di ragionare con loro come l’impotenza della solidarietà possa essere superata purché siamo in molti a volerlo con chiarezza di obiettivi e condivisione di percorsi, in questo caso anche – e necessariamente – politici.
I ragazzi non meritano che alle parole dei momenti gioiosi segua il silenzio dei tempi difficili.

Una vigliaccata
Riporto la notizia da La Stampa, ma si trova su molti quotidiani.
Inizialmente non volevo crederci

http://www.lastampa.it/2013/07/26/italia/politica/il-deputato-disabile-deriso-hanno-offeso-le-istituzioni-cL11Q0R2OLekDvxk2MnVRN/pagina.html

26 Luglio 2013Permalink

23 luglio 2013 – 70 anni dopo

La Stampa del 25 luglio 1943 titolava
Badoglio a capo del governo – Le dimissioni di Mussolini accettate dal re.
Lo stesso giorno Duccio Galimberti pronunciava – dalla finestra del suo studio di avvocato in piazza a Cuneo – un  discorso che La Stampa ha ricostruito e pubblicato oggi

Purtroppo il testo intero del discorso non è trascrivibile.
Mi limito a ricopiare qualche citazione: “Tutti noi viviamo il senso di liberazione che la caduta della dittatura suscita. […]. ma non lasciamoci prendere dall’entusiasmo ingenuo. La deposizione di Mussolini non riporta indietro le lancette della storia, come se vent’anni di regime non fossero mai esistiti e l’Italia potesse riavere di colpo libertà, pace e benessere.
Il Duce non è stato travolto da una rivoluzione popolare, ma da una manovra di palazzo. […]
Non possiamo a accodarci a una oligarchia che cerca , buttando a mare Mussolini, di salvare se stessa a spese degli italiani.”.
Mi fermo a queste poche righe che a me sembrano contenere strumenti per interpretare gli avvenimenti di allora e anche altri.
Duccio Galimberti fu fatto prigioniero – a seguito di una delazione – negli ultime mesi dell’anno successivo e fucilato il 4 dicembre.

Aggiungo un articolo di Barbara Spinelli da La Repubblica del 24 luglio

Aggiungo questo link perché mi sembra che l’articolo di Spinelli si connetta bene alla citazione che ho riportato sopra.
Chissà se penserò allo stesso modo più avanti?

23 Luglio 2013Permalink

22 luglio 2013 – Deportazioni, papa e Corte Costiruzionale

 Speravo di poter pubblicare una fulminante vignetta di Vauro, sintesi del mio dossier anche se la storia continua. Non ci sono riuscita.
Temo che abbiamo dato un forte contributo alla scomparsa di Alua e Alma Shalabayeva, segno di tante altre scomparse note e ignote.
Il rincorrersi di notizie, una peggiore dell’altra, solleva forse un velo sull’oscenità confusa e dominante in politica e nella cultura infine forse dominante.
O forse no
Non ho intenzione di continuare il mio dossier.  Forse se troverò qualche articolo che mi sembri da ricordare metterò qualche link perché continua a pensare che la vicenda kazaka possa assumere una dimensione storica.
Se fra qualche tempo vorrò riprendere il filo con queste notizie dispongo già una traccia a mio modo ordinata.
Un ultimo link pro memoria:
http://www.repubblica.it/politica/2013/07/22/news/scandalo_kazako_le_tre_bugie_di_alfano-63441906/?ref=HREC1-1

Continua il nuovo corso stile Francesco?
Ora mi limito a segnalare i link per due articoli che danno qualche indizio di informazione il primo sulla questione IOR (uno degli argomenti che spero di ritrovare nella politica di questo papa che è, non dimentichiamolo, anche sovrano di uno stato assoluto) e il secondo che, relativamente al viaggio in Brasile, ci informa che il papa non ha voluto l’auto blindata. Una decisione coraggiosa e interessante. Vedremo.

http://www.repubblica.it/esteri/2013/07/22/news/venti_inquisitori_in_vaticano_cos_cercano_la_verit_sullo_ior-63441912/?ref=HRER2-1

http://www.corriere.it/esteri/13_luglio_22/papa-argentina-arrivo_1298c93e-f26c-11e2-9522-c5658930a7bc.shtml

Notizie locali da non dimenticare.
Riporto il comunicato giratomi dl responsabile del GrIS del Friuli Venezia Giulia

ASGI_FVG}  La Consulta boccia il welfare padano in versione soft –
La Corte Costituzionale contro i criteri di residenza. Stop alla legge regionale sul welfare

La Consulta ha bocciato una norma della Regione Friuli Venezia Giulia che subordina l’accesso alle prestazioni sociali al requisito della residenza nel territorio regionale da almeno 24 mesi e ai soli extracomunitari impone anche di risiedere in Italia da non meno di 5 anni.
“Si attua così un principio della Costituzione e anche della dichiarazione dei diritti dell’ uomo” commenta Guglielmo Pitzalis del Gris, il Gruppo immigrazione e salute del Friuli.
20.07.2013 La Consulta ha bocciato una norma della Regione Friuli Venezia Giulia che in generale, per tutti gli  aspiranti, subordina l’accesso alle prestazioni sociali al requisito della residenza nel territorio regionale da almeno  24 mesi, anziché al solo requisito della residenza; e ai soli extracomunitari impone non solo tale requisito, ma anche di risiedere in Italia da non meno di 5 anni. Si tratta della legge regionale 16/2011, approvata dalla maggioranza di centro destra della scorsa legislatura, dopo che un altra legge simile era stata bocciata dalla Corte.
La norma indica tra l’altro le persone che possono usufruire di un fondo regionale istituito nell’ambito della stessa normativa per il “contrasto dei fenomeni di povertà e disagio sociale”; i titolari del diritto a percepire assegni di studio.
“Se è vero che il legislatore può riservare talune prestazioni assistenziali ai soli cittadini – spiega la Corte – “non è detto che un nesso a propria volta meritevole di protezione non possa emergere con riguardo alla posizione di chi, pur privo dello status, abbia tuttavia legittimamente radicato un forte legame con la comunità presso la quale risiede e di cui sia divenuto  lavorativa, familiare ed affettiva, la cui tutela non è certamente anomala alla luce dell’ordinamento giuridico vigente”

Mi chiedo:

La legge su cui è intervenuta la Consulta fu approvata nel 2011, quindi nella precedente legislatura.
Mi chiedo però: l’attuale maggioranza e l’attuale giunta regionale hanno gli strumenti cognitivi, le competenze e la consapevolezza politica che (prescindendo dal criterio diffuso dell’immediato consenso di comodo) permetta loro di elaborare una legge diversa, compatibile con i principi in cui la Consulta si riconosce ed efficace?

 

 

22 Luglio 2013Permalink

20 luglio 2013 – Il tentativo di un dossier – Quinta e ultima puntata

Una giornata orribile che comincia con una buona notizia

ANSA) – ROMA, 18 LUG – “Sulla base della mia segnalazione inoltrata il 15 luglio scorso, oggi l’UNAR mi ha informato di avere inoltrato una denuncia alla Procura della Repubblica, ai sensi dell’art.331 del codice di procedura penale, nei confronti del sen. Roberto Calderoli a seguito delle sue frasi contro la Ministra per l’Integrazione Cecile Kyenge”. Lo dichiara Sergio Lo Giudice, senatore del Pd. “La notizia mi è arrivata mentre nell’aula del Senato si discute la mozione di censura delle “gravi parole di insulto” rivolte alla Ministra Kyenge: ora – prosegue – spetta alla Procura stabilire se quelle parole configurino anche un reato a sfondo razzista”. “L’Unar, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali spiega Lo Giudice – è l’organismo istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri in ottemperanza alla Direttiva europea del 2000 contro il razzismo. Alla Procura spetta valutare l’eventuale reato di violazione della legge Mancino e successive modifiche, contro le discriminazioni razziali. In particolare, il riferimento è all’art 3, comma 1, lett. a) che punisce “chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.(ANSA). 

Ma poi continua con il dibattito al Senato sul caso di Alua e Alma Shalabayeva

 Non mi sento nemmeno di scriverne.
Mi affido a un video della riunione della redazione di Repubblica e alla sintesi proposta dal direttore, Ezio Mauro
http://video.repubblica.it/rubriche/repubblica-domani/il-pd-si-immola-sul-totem-della-governabilita/135448/133982?ref=HREC1-1

 Una osservazione però me la consento.
Nessuno –dico nessuno- si è reso conto che i leghisti che ostentavano pietà per Alua erano gli stessi che avevano fatto approvare nel 2009 la norma che impone la negazione del nome ai figli dei sans papier al fine di creare tante piccole e piccoli privi persino di una riconosciuta identità. Inutile scriverne qui dove tante volte ho fatto riferimento a quella legge.
Una presa in giro subita a seguito di una persistente ignoranza? O un silenzio furbesco?

 A volte il destino propone coincidenze significative.
 
Il 17 febbraio 2003 Abu  Omar fu sequestrato a Milano da uomini della Cia e venne trasferito in Egitto, attraverso la base di Aviano e un passaggio in Germania. In un memoriale aveva poi denunciato di essere stato picchiato, torturato e sodomizzato.
Ieri è stato arrestato a Panama e consegnato all’Interpol. Processato in contumacia era stato condannato a nove anni di reclusione.
Sembra trovi riparo negli USA

E’ paradossale che un governo nato come ultima risorsa sopravviva pur avendo negato diritti fondamentali anche a una bambina.

Mi viene in mente il mito di Ifigenia (è noto e non ne scrivo) mirabilmente riscostruito in Cassandra di Christa Wolf.
Cito invece il parallelo racconto biblico perché meno noto ma altrettanto significativo.

Dal libro dei Giudici cap. 11: 30 Iefte fece un voto al SIGNORE e disse: «Se tu mi dai nelle mani i figli di Ammon, 31 chiunque uscirà dalla porta di casa mia per venirmi incontro, quando tornerò vincitore sugli Ammoniti, sarà del SIGNORE e io l’offrirò in olocausto». [Jefte vince e…]  34 Iefte tornò a casa sua; ed ecco uscirgli incontro sua figlia, con timpani e danze. Era l’unica sua figlia; non aveva altri figli né altre figlie. 35 Come la vide, si stracciò le vesti e disse: «Ah, figlia mia! tu mi riempi d’angoscia! tu sei fra quelli che mi fanno soffrire! Io ho fatto una promessa al SIGNORE e non posso revocarla».

Chissà perché le vittime sacrificali, volutamente innocenti ma implacabilmente sacrificate, sono spesso donne. Mi viene in mente un’altra vittima, consapevole nella sua scelta di ‘obiezione di coscienza’, Antigone.
Mi guardo attorno e trovo Ifigenie e figlie di Jefte ma non  Antigoni.

Il 13 luglio avevo cominciato questo mio piccolo dossier con una citazione di Machiavelli e con un’altra lo concludo, riportando qualche stralcio dal cap. XVIII de Il principe.

Quanto sia laudabile in uno principe mantenere la fede, e vivere con integrità e non con astuzia, ciascuno lo intende: non di manco si vede per esperienza, ne’ nostri tempi, quelli príncipi avere fatto gran cose che della fede hanno tenuto poco conto, e che hanno saputo con l’astuzia aggirare e’ cervelli delli uomini: et alla fine hanno superato quelli che si sono fondati in sulla lealtà.

Dovete adunque sapere come sono dua generazione [modi] di combattere: l’uno con le leggi, l’altro, con la forza: quel primo è proprio dello uomo, quel secondo delle bestie: ma perché el primo molte volte non basta, conviene ricorrere al secondo. [.. 

A uno principe, adunque, non è necessario avere tutte le soprascritte qualità, ma è bene necessario parere di averle. Anzi, ardirò di dire questo, che avendole et osservandole sempre, sono dannose, e parendo di averle, sono utile; come parere pietoso, fedele, umano, intero, relligioso, et essere; ma stare in modo edificato [predisposto] con l’animo, che, bisognando non essere, tu possa e sappi mutare el contrario. Et hassi ad intendere questo, che uno principe, e massime uno principe nuovo, non può osservare tutte quelle cose per le quali li uomini sono tenuti buoni, sendo spesso necessitato, per mantenere lo stato, operare contro alla fede, contro alla carità, contro alla umanità, contro alla religione. E però bisogna che elli abbi uno animo disposto a volgersi secondo ch’e’ venti e le variazioni della fortuna li comandono, e, come di sopra dissi, non partirsi dal bene, potendo, ma sapere intrare nel male, necessitato.

Debbe adunque avere uno principe gran cura che non li esca mai di bocca una cosa che non sia piena delle soprascritte cinque qualità, e paia, a vederlo et udirlo, tutto pietà, tutto fede, tutto integrità, tutto umanità, tutto relligione. E non è cosa piú necessaria a parere di avere, che questa ultima qualità [la religione]. […] Ognuno vede quello che tu pari, pochi sentono quello che tu se’; e quelli pochi non ardiscano opporsi alla opinione di molti, che abbino la maestà dello stato che li difenda: e nelle azioni di tutti li uomini, e massime de’ principi, dove non è iudizio da reclamare [un tribunale a cui presentare una protesta], si guarda al fine. Facci dunque uno principe di vincere e mantenere lo stato: e’ mezzi saranno sempre iudicati onorevoli, e da ciascuno laudati; perché el vulgo ne va preso con quello che pare e con lo evento della cosa; e nel mondo non è se non vulgo; e li pochi ci hanno luogo quando li assai hanno dove appoggiarsi. Alcuno principe de’ presenti tempi, quale non è bene nominare, non predica mai altro che pace e fede, e dell’una e dell’altra è inimicissimo; e l’una e l’altra, quando e’ l’avessi osservata, li arebbe piú volte tolto o la reputazione o lo stato.
Ieri ho ascoltato buona parte di un dibattito parlamentare complessivamente squallido.
Spero che il caso di Alua e della sua mamma, Alma Shalabayeva si risolvano positivamente al più presto. Restano tutti e tutte le altre e gli altri Alue (di cui nessuno si è fatto carico) e resta il danno irreparabile credo fatto ad Alua ma…ancora il grande Niccolò ammonisce il Principe e mi sembra un ammonimento ascoltato:

Ognuno vede quello che tu pari, pochi sentono quello che tu se’; e quelli pochi non ardiscano opporsi alla opinione di molti

 

 

20 Luglio 2013Permalink

16 luglio 2013 – Il tentativo di un dossier – Quarta puntata

Un intervento di Rossana Rossanda

Quanto rimpiango il Manifesto dove leggevo gli articoli di Rossana Rossanda

«Per dire che quel che trovo scandaloso nella faccenda di Alma Shalabayeva non è che Alfano e Bonino non sapessero ma che accettino come cosa normale che ci siano reparti di polizia vestiti di nero con catene al collo, oltre che con diritto di insulto allo straniero (o forse anche all’indigeno), che sono ufficialmente incaricati di catturare ed espellere il tizio o il caio purché “rispettino le procedure”. Appunto quali procedure? E quali sospetti e perché? Di quale corpo di polizia si tratta? Chi lo ha deciso? Con quale statuto e contratto? Abbiamo dunque un apparato dello stato che nottetempo può piombare mascherato da film horror e prelevare una donna, ancorché clandestina (ma non verificata come tale), imbarcarla segretamente su un aereo estero e rispedirla nolente in un paese dove non si sa se e quale reato abbia compiuto? Somigliamo più a un pessimo serial tv che a uno stato democratico».
(da Spie, servizi, affaristi e dissidenti di Rossana Rossanda)

Accosto il testo di Rossanda a una citazione che traggo da un articolo di Ivo Andrić.
Risale al periodo in cui lo scrittore lavorò come diplomatico in varie cancellerie europee e riguarda il delitto Matteotti.
«Incredibile e terribile  è che in Europa … nel centro di Roma a mezzogiorno sei mercenari possano rapire un deputato popolare inerme, segretario di un partito, portarlo fuori città e ucciderlo … Ma per chi vive in Italia è un fatto semplice e banale che una decina di giovani in camicie nere si ponga davanti a un deputato nazionale  … e lo picchi selvaggiamente».
( da: Ivo Andrić. «Sul fascismo».  Nuova dimensione, Portogruaro 2011  A cura di Božidar Stanisić).

Un malinconico pensiero agli espulsi senza nome  15 luglio 2013  

Per chi volesse leggerlo per intero collego con un link  il magistrale articolo del sen. Luigi Manconi, presidente della Commissione per la tutela dei diritti umani del Senato, di cui riporto per esteso soltanto un passo.
«La malinconica sensazione. Infine, è impossibile sottrarsi ad una malinconica sensazione: Alma Shalabayeva e sua figlia hanno subito una sorte terribile, che le espone tuttora a rischi e pericoli, ma la loro vicenda non è così rara e anomala. Tutt’altro. Ogni mese, dai Centri di identificazione ed espulsione italiani, decine e decine di persone anonime, spesso senza avvocati e senza alcuna risorsa, senza alcuna tutela e alcuna relazione, vengono caricate su aerei (“vettori”) e riportati in patria. In una patria da cui sono fuggiti perché perseguitati o incarcerati, minacciati o discriminati o perché, semplicemente disperati. Centinaia e centinaia di persone che, talvolta, hanno la possibilità di esporre le proprie ragioni e di argomentare la richiesta di protezione, ma altrettante volte non sono in grado di comunicare, farsi ascoltare, chiedere soccorso. La vicenda di Ama e Alua mostra in filigrana – e attraverso una luce spietata – una moltitudine di espulsi senza nome e senza causa».

Mi agghiaccia l’idea che  la piccola Alua possa diventare  per la notorietà del suo caso un simbolo e  non voglio nemmeno pensare a una soluzione finale (comunque già praticata anche in Europa per la generazione delle nonne e bisnonne delle bambine dell’età di Alua). Ma mi agghiaccia anche l’idea che sia privata della potestà genitoriale e sbattuta –come altri bambini feriti a morte – in un orfanotrofio.

 

19 Luglio 2013Permalink

15 luglio 2013 – Il tentativo di un dossier – Terza puntata

… e la storia continua
Due giorni fa (era il 13 luglio)  ho fatto una strepitosa capriola all’indietro di 500 anni e ho trovato un passo di Machiavelli, stuzzicante a leggersi perché la distanza temporale allontana anche la crudeltà del racconto.
Ma quando i racconti si riferiscono a storie più vicine e più facilmente comparabili con il presente le cose cambiano e l’unico desiderio sarebbe quello di permettersi di non sapere.
Correva l’anno 1944 e in una famiglia che avrebbe dovuto essere normale – ma tale non era a causa delle prime leggi razziali italiane – si consumava una tragedia  che era iniziata sei anni prima quando la mamma ‘di razza ebraica’ aveva perso il posto di insegnante elementare.
Il marito era preside e la coppia, che si era spostata con rito cattolico ancor prima della firma del concordato del 1929 (l’ebraicità della signora sarebbe stata ‘scoperta’ dalla diligenza della polizia italiana come legge imponeva) aveva tre figlie: Giuliana di 18 anni, Marisa di 14 e Gabriella di 3 anni.
Traggo il passo che segue da Cardosi Giuliana, Marisa, Gabriella. “Sul confine. La questione dei matrimoni misti durante la persecuzione antiebraica in Italia e in Europa. 1935-1945”. Silvio Zamorani editore. Torino 1998
Raccontano le sorelle Cardosi (pag. 12) in riferimento al giorno dell’arresto della loro madre: “Nello stesso tempo, nelle prime ore del mattino, suonarono alla porta di casate agenti di Pubblica Sicurezza e ci mostrarono l’ordine di arresto per la mamma e noi tre figlie: dissero di prepararci perché avremmo dovuto essere tradotte alla questura di Varese. Due poliziotti rimasero a piantonarci nel piccolo corridoio d’ingresso, un terzo si fermò in fondo alle scale. Ricordo in quelle ore un gran silenzio, uno di quegli uomini piangeva. Poi tornò il papà dalla scuola e ci disse che solo la mamma avrebbe dovuto partire”. 
Già SOLO la mamma perché l’iniziale italica diligenza (che il  caso Shalabayeva ci testimonia non essere venuta meno, anzi essersi arricchita della pratica di relazioni internazionali) prevedeva in un primo momento anche l’arresto delle tre ragazzine.
Accompagnata al carcere di S. Vittore  dalla diligente polizia in quel momento in servizio nella repubblica di Salò la signora Cardosi sarebbe morta ad Auschwitz, avendo trovato aiuto solo in una guardia carceraria, Schivo, che –per essersi prodigata a S. Vittore per aiutare i prigionieri ebrei -morì internato a Flossembürg.
Del poliziotto che piangeva mentre faceva la guardia alle tre criminali in attesa di imprigionarne almeno una ci fanno memoria le sorella Cardosi mentre non sappiamo se qualche 007 in attività di servizio a Casal Palocco piangesse. Probabilmente no
E probabilmente non avrà pianto neppure il funzionario firmatario del documento intestato ‘Il Prefetto della Provincia di Roma’ inconsapevole dei vecchi percorsi che ricalcava mentre apriva un caso internazionale che temo non avremo la capacità di  sanare.

E c’è chi trova solidarietà
In questo mare ci vergogna in cui si è trasformato il nostro paese è impossibile seguire il filone di una sola storia negativa.
E’ giusto però ricordare che le adesioni alla petizione con cui si chiedono le dimissioni del Vicepresidente della Camera, il leghista Calderoli, in due giorni sono più di 100.000
Da non trascurare un video, di cui metto il link, con le motivazioni di una possibile denuncia per razzismo.
http://video.repubblica.it/politica/calderoli-kyenge-il-giurista-la-procura-deve-aprire-un-fascicolo/134939/133475?ref=HREA-1a

15 Luglio 2013Permalink

14 luglio 2013 – Il tentativo di un dossier –Seconda puntata

Riprendo l’argomento documentato nella prima puntata, la cacciata della signor Shalabayeva e a  chi mi ha detto che espulsa necessariamente la madre, la piccola figlia doveva essere necessariamente deportata pure lei perché altrimenti ‘dove la mettiamo?’, offro il commento pubblicato ieri su La Stampa e firmato dal vicedirettore Gramellini.
Chi mi ha parlato così è persona impegnata in una delle più stimate organizzazioni operative nel campo della solidarietà il cui guizzo di fantasia su un nuovo episodio supera il solito: ‘prima noi e poi loro’.
Quando riusciremo a capire che l’assistenza deve essere giocata entro termini di un diritto (che civiltà vorrebbe fosse noto) e non ad esclusivo riferimento del buon cuore del benefattore?
Costituzione della Repubblica, art. 2 “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

Il cappio espiatorio Massimo Gramellini

Riunito in seduta permanente dai tempi del tiramolla indiano sui marò, l’Ufficio Figuracce Internazionali (UFI) sta affrontando in queste ore il delicato caso del ratto delle kazake. Il problema, naturalmente, non è riportare indietro la moglie del dissidente che l’Italia ha consegnato, insieme con la figlia, al dittatore dello Stato poco libero del Kazakistan, trattandole come clandestine. Il problema è decidere a chi darne la colpa. Dai primi accertamenti dell’UFI – citiamo il comunicato ufficiale – «è emerso che l’esistenza e l’andamento delle procedure di espulsione non erano state comunicate né al presidente del consiglio, né al ministro dell’interno e neanche al ministro degli esteri o della giustizia». Il comunicato non accenna al ministro dei trasporti (le due espulse hanno viaggiato in aereo) né a quello dell’agricoltura (il Kazakistan ha un’importante tradizione di pastorizia), ma anche da una lista così scarna si deduce che non un solo fondoschiena governativo è rimasto allo scoperto.  

Escludendo l’ex ministro all’edilizia inconsapevole Scajola e il comandante scogliocentrico Schettino, e considerando momentaneamente esaurite le parentele egizie, l’elenco dei capri espiatori di routine comincia a scarseggiare. Restano i giudici che hanno esaminato la pratica e il funzionario dell’ufficio immigrazione che ha visionato i passaporti. Ma non sottovaluterei l’addetto ai bagagli («non poteva non sapere») e la hostess addetta alle salviette. L’importante è che il capro salti fuori al più presto, affinché intorno al suo collo si possa stringere il cappio mediatico che metterà in salvo tutti gli altri. Lunga vita al Kazakitalistan. 

Una documentazione da Repubblica di ieri
http://milano.repubblica.it/cronaca/2013/07/13/news/niente_pediatri_per_i_figli_degli_irregolari_pirellone_in_tribunale_discriminazione-62904619/?ref=HREA-1

Un aggiornamento su Il Corriere della sera oggi
http://www.corriere.it/cronache/13_luglio_13/shalabayeva-avvocato-nessun-maltrattamento_014673a6-eba1-11e2-8187-31118fc65ff2.shtml

Curare o non curare?

Il 5 giugno avevo scritto (e poi il 10 aggiunto un breve commento marginale) a proposito della negazione del pediatra di base  ai bambini ‘irregolari’ promossa dal Consiglio regionale Lombardo.
Naturalmente avevo documentato.

Ora trovo un appello promosso il 12 luglio dal’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale OISG con SIMM (Società Italiana Medicina delle Migrazioni) e dall’ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) e altri che integralmente e ricopio

Appello  

Appello per una pronta applicazione in tutta Italia dell’Accordo Stato-­Regioni sulla tutela sanitaria degli immigrati a partire del diritto di ogni minore ad avere il suo pediatra 12.07.2013.

SIMM (Società Italiana Medicina delle Migrazioni), OISG (Osservatorio Italiano sulla Salute Globale) e ASGI (Associazione Studi Giuridici Immigrazione) esprimono il più vivo disappunto per la decisione della Regione Lombardia di negare il diritto alle cure pediatriche di base ai bambini stranieri figli di genitori in condizione di irregolarità giuridica.
Il voto contrario alla mozione che chiedeva l’accesso alla pediatria di base ai bambini stranieri anche se privi di permesso di soggiorno, lede i diritti fondamentali dei soggetti già vulnerabili, viola il rispetto di obblighi nazionali ed internazionali, contrasta con le scelte operate dalla conferenza Stato Regioni.

La scelta operata dal Consiglio Regionale lombardo ignora che, come confermato da pronunce del Tribunale di Milano, il minore non può mai essere considerato “irregolare” essendo comunque non espellibile ai sensi dell’art. 19  della legge italiana sull’immigrazione. Inoltre sia l’art. 35 dello stessa legge, sia la Convenzione ONU per i diritti del fanciullo all’art.24 garantiscono il diritto di ogni minore di “beneficiare dei servizi medici” senza alcuna discriminazione, indipendentemente dalla loro nazionalità, regolarità del soggiorno o apolidia.

Del resto, l‘Accordo che la Conferenza Stato-­‐Regioni ha recentemente elaborato proprio allo scopo di rendere uniforme ed efficace l’accesso dei migranti ai servizi sanitari su tutto il territorio italiano prevede il riconoscimento del pediatra di libera scelta anche per i minori senza regolare permesso di soggiorno.

La scelta della regione Lombardia è dunque in contrasto con tali norme ed in palese violazione del dettato costituzionale dell’art.32 che prevede il diritto di assistenza sanitaria all’individuo, a prescindere dal suo status giuridico o amministrativo.
E’ inoltre anche una scelta miope e inefficiente perché meno difficoltà nell’erogazione delle prestazioni e una precoce diagnosi delle malattie grazie alla maggiore prevenzione si traduce in costi inferiori  per la Pubblica Amministrazione e permette una migliore salvaguardia della salute collettiva.

All’indomani della visita di Papa Francesco a Lampedusa, che ha riportato l’attenzione sulla drammatica condizione dei migranti e sulla necessità di lavorare per garantire loro i diritti umani fondamentali, la decisione del Consiglio regionale lombardo si pone in netta antitesi con ogni principio di legge e di buonsenso. Ecco perché i firmatari di questo documento si impegnano a promuovere in tutte le sedi opportune, ivi  compresa quella giudiziaria, tutte la  azioni possibili affinché siano rispettate le norme nazionali e internazionali e sia  tutelato il diritto alla salute di tutti,  senza esclusioni in Lombardia ed in tutta Italia. Chiedono un operativo recepimento in tutte le Regioni dell’Accordo della Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 20 dicembre2012, per la corretta applicazione della normativa per l’assistenza sanitaria agli immigrati.

Nel sito Simm si trova il testo dell’appello con le modalità di adesione.
http://www.simmweb.it/fileadmin/documenti/Simm_x_news/2013/APPELLO_SIMM-OISG-ASGI.pdf

Inoltre nel sito www.simmweb.it  si può leggere un’ulteriore spiegazione  datata  luglio 2013  cui fa seguito un’ampia e utile rassegna stampa e nel sito dell’Asgi l’annuncio di “un’azione civile presso il Tribunale di Milano” promossa da Avvocati per Niente e Naga “affinché venga accertata la condotta discriminatoria della Regione Lombardia e si affermi la legalità”
Per saperne di più:  http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=2836&l=it

14 Luglio 2013Permalink

13 luglio 2013 – Il tentativo di un dossier – Prima puntata

Provo a costruire un dossier su una questione che sta diventando la parte principale del mio blog e comincio da un dato storico perché i riferimenti di questo tipo mi aiutano a capire.
Riporto un breve passo dal Principe di Nicolo Machiavelli (e inserisco un link per chi volesse leggere integralmente almeno l’intero capitolo) 

CAPITOLO VII.
De’ Principati nuovi, che con forze d’altri e per fortuna si acquistano.

Preso che ebbe il Duca la Romagna, trovandola essere stata comandata da Signori impotenti, quali piuttosto avevano spogliato i loro sudditi, che correttoli, e dato loro materia di disunione, che di unione; tantochè quella provincia era tutta piena di latrocini, di brighe, e di ogni altra sorte d’insolenza, giudicò necessario, a volerla ridurre pacifica ed obbediente al braccio regio, darli un buon governo. Però vi prepose messer Ramiro d’Orco, uomo crudele ed espedito, al quale dette pienissima potestà. Costui in breve tempo la ridusse pacifica e unita con grandissima riputazione. Dipoi giudicò il Duca non essere a proposito sì eccessiva autorità, perché dubitava non diventasse odiosa; e preposevi un giudizio civile nel mezzo della provincia, con un presidente eccellentissimo, dove ogni città avea l’avvocato suo. E perchè cognosceva le rigorosità passate avergli generato qualche odio, per purgare gli animi di quelli popoli, e guadagnarseli in tutto, volse mostrare che se crudeltà alcuna era seguita, non era nata da lui, ma dall’acerba natura del ministro. E, preso sopra questo occasione, lo fece mettere una mattina in duo pezzi a Cesena in su la piazza con un pezzo di legno e un coltello sanguinoso a canto. La ferocità del quale spettacolo fece quelli popoli in un tempo rimanere soddisfatti e stupidi.

 Un commento d’attualità con il suo link

L’ira del premier sul Viminale “Chi ha sbagliato ora deve pagare”

“Strutture” del ministero sotto accusa. Angelino: “Mi hanno tenuto all’oscuro. Pensate che io sono stato avvisato solo dal ministero degli Esteri. Il capo del governo: la mia linea e di “total disclosure”  di FRANCESCO BEI 

ROMA – “Da questa vicenda ne possiamo uscire soltanto adottando una politica di… total disclosure, di trasparenza assoluta”. Enrico Letta detta la linea ai ministri, chiusi nel suo studio a palazzo Chigi da mezzogiorno fino alle cinque della sera. Una prima parte riservata soltanto a Letta, Bonino, Alfano e Cancellieri, poi alla riunione fiume vengono ammessi il capo della Polizia, Alessandro Pansa, e il sottosegretario alla presidenza Filippo Patroni Griffi.

La tensione è altissima. Il caso Shalabayeva, come confida un ministro, “rischia di far deragliare il governo”. Se infatti venissero accertate responsabilità del ministro dell’Interno e Alfano (già colpito da mozione di sfiducia di Sel e M5S) fosse costretto a dimettersi, è chiaro che il Pdl non potrebbe restare più in maggioranza. Per questo Letta e i ministri leggono e rileggono ad alta voce i risultati dell’inchiesta interna del Viminale, tutte le carte prodotte dalla difesa della signora Ablyazov e provano a ricostruire i vari passaggi nei dettagli, illuminando le responsabilità. Sembra che Alfano ne sia fuori. “Mi hanno tenuto all’oscuro, solo la Farnesina, ossia Emma, mi ha avvertito”, si difende. Il premier gli crede. “Sono stato io a informarlo – conferma Bonino a Letta – Angelino nemmeno sapeva chi fosse”.

Ma se la consegna a un dittatore della moglie di un perseguitato politico è avvenuta alle spalle del titolare del Viminale, per il premier questo non può affatto costituire una giustificazione. Letta alza lo sguardo verso il capo della Polizia (nominato dal Consiglio dei ministri a cose fatte e quindi innocente) e per la prima volta da quando è a Palazzo Chgi scandisce le parole senza nascondere la sua rabbia: “Ora qualcuno deve pagare. Se è vero che Angelino non sapeva, qualcuno della struttura ne risponderà”. Qualche testa salterà, insomma, fosse quella del capo dell’Immigrazione o del prefetto di Roma o del Questore o del capo della Digos. Chiunque si sia reso responsabile consapevolmente di esporre il paese a una figuraccia internazionale. 

“Non saranno tollerati ombre e dubbi”, aveva promesso il premier tre giorni fa in Parlamento. E la decisione presa ieri di revocare l’espulsione della Shalabayeva per Letta è soltanto il primo passo. Presto arriverà il momento delle responsabilità. “È importante che si faccia chiarezza”, insiste Emma Bonino, la prima ad essersi occupata della vicenda a livello di governo. Quando ancora la collega Cancellieri il 5 giugno affermava alle agenzie che “le procedure sono state perfette e tutto si è svolto secondo le regole”. Il ministro degli Esteri la pensava diversamente. Tanto che già dal 3 giugno aveva mobilitato la Farnesina per garantire alla deportata kazaka i diritti di difesa, con il console italiano spedito ad Almaty a raccogliere la firma autentica della Shalabayeva per la richiesta di estradizione.

Quello che è accaduto in quella maledetta notte intorno alla villetta di Casalpalocco e poi ancora nei locali del Cie di Ponte Galeria presenta numerosi aspetti oscuri. Le procedure formali sembrano rispettate, così è scritto nelle carte portate da Pansa, ma qualcuno ha avuto troppa fretta, qualcun altro ha fatto finta di non vedere. “Sembra trasparire un evidente stacco – aveva detto Letta al question time – tra la correttezza formale dei vari passaggi e crescenti interrogativi sostanziali”. Intanto chi era quell’uomo con l’auricolare in un orecchio trovato dalla Digos intorno alla villa e presentatosi con un tesserino della presidenza del Consiglio? Il premier vuole sapere. Dall’inchiesta interna viene fuori che effettivamente “l’investigatore” è un ex 007 italiano in pensione, dipendente di un’agenzia privata di sicurezza incaricata di vigilare sulla residenza. Ma incaricata da chi e per quali motivi? L’interrogativo resta sebbene nel vertice di governo i servizi siano stati tenuti fuori dal “processo” perché non avrebbero avuto alcun ruolo.

Durante il vertice si discute anche di quali mosse mettere in campo per alleviare la posizione delicata della Shalabayeva, mamma di una bambina di 6 anni che ora è costretta ai domiciliari. Tenuta di fatto come ostaggio dal dittatore kazako. Letta e Bonino decidono di mandare oggi stesso l’ambasciatore italiano ad Astana a informare le autorità del Kazakistan della revoca del provvedimento di espulsione. È un segnale che Roma ha acceso un faro. Gli avvocati della donna hanno libero accesso alla Farnesina, la collaborazione è massima. “Ma al momento non abbiamo molte armi in mano”, ammettono dal ministero degli Esteri e da palazzo Chigi. Quella che è iniziata ieri è una difficile partita a scacchi, giocata nella consapevolezza che la donna difficilmente sarà rilasciata  e rispedita a Roma. “Dobbiamo esercitare al massimo la nostra moral suasion”, dicono dal governo. L’obiettivo al momento è evitare alla Shalabayeva il carcere e una pesante condanna penale. Con il rischio che la bambina possa essere mandata in un orfanotrofio nell’attesa che la madre venga rilasciata. Sarebbe un’onta per l’Italia. “Chi si è reso responsabile di tutto questo – ripete il premier ai ministri – non la può passare liscia”.

13 Luglio 2013Permalink

12 luglio 2013 – In Vaticano si cambia: no all’ergastolo e altro

Trovo su facebook, segnalato in un post di Francesca Longo, un link a un interessantissimo articolo di Andrea Tornielli, tratto da vaticaninsider de La Stampa.
Riguarda il sistema dello Ior e ne inserisco il link perché le mie competenze in materia di banca e finanza mi aiutano a capire ma non mi consentono di esprimermi in autonomia.

In tutta autonomia mi sento invece di percorrere un’altra pista di ragionamento. Oggi i quotidiani esaltano il ruolo del papa nelle modifiche legislativa introdotte “motu proprio” nell’ordinamento normativo del Vaticano (provo a dirlo in un a mia traduzione? Un decreto pontificio di cui il papa, sovrano assoluto, personalmente risponde e rende efficace con  la sola sua approvazione).
Anche qui la lista sarebbe lunga e mi accontento di un link, questa volta al Corriere..

L’elenco è lungo, me lo potrò leggere anche in futuro (e attendo l’attivo della preziosissima rassegna stampa Adista dove troverò testi e commenti interessanti)  ma qualche considerazione me la permetto.
Premetto un richiamo importante: il codice di leggi del Vaticano, valido fino ad oggi (e di cui oggi celebriamo i primi segni di sgretolamento) è il codice penale italiano del 1889 (cd Zanardelli) in vigore in Italia nel 1929 e fatto proprio dal neoriconosciuto Stato Vaticano con il Concordato allora firmato dal segretario di stato card. Gasparri e da S:E: Benito Mussolini.
Sottolineo alcuni aspetti delle riforme vaticane: l’identificazione di reati nei confronti dei minori. la soppressione dell’ergastolo e la definizione del reato di tortura.
Alle ultime due misure che ho citato l’Italia non è ancora arrivata. Arranca, arranca … chissà

Papa Francesco ci serve un Concilio!
Di pena di morte nel motu proprio non si parla.
Nella normativa vaticana – l’ultima condanna a morte eseguita risale al 1870 – era stata  rimossa definitivamente solo nel 2010. Il papa però non è solo un sovrano ma anche il Vescovo di Roma.
E a questo punto è d’obbligo un riferimento al catechismo della chiesa cattolica che alla proposizione 2267 così recita, in un linguaggio più diplomatico che ecclesiale:

«L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani.

Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall’aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l’autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana.

Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l’ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti ».

Due link a documenti ‘storici’

Aggiungo per esteso il link che consente la lettura del testo del motu proprio

http://www.vatican.va/holy_father/francesco/motu_proprio/documents/papa-francesco-motu-proprio_20130711_organi-giudiziari_it.html

e il testo del comunicato stampa ufficiale della sale stampa vaticana.

http://press.catholica.va/news_services/bulletin/news/31384.php?index=31384&po_date=11.07.2013&lang=en

 

12 Luglio 2013Permalink

10 luglio 2013 – Teneri nonnini, difensori del suolo patrio!

 Il cinque luglio avevo scritto ‘oggi in Lombardia. Domani chissà!’ pubblicando il testo della mozione presentata dal consigliere  Ambrosoli al consiglio regionale lombardo con cui si chiedeva il riconoscimento “dell’assistenza sanitaria di base anche per i minori non regolari”, in sostanza il pediatra di base per i figli degli immigrati privi di permesso di soggiorno.
La mozione era stata bocciata.
Oggi leggo un articolo de La Stampa che gira su facebook  (lo si può leggere anche da qui) e apprendo che alla bocciatura di quella mozione ha contribuito anche il partito pensionati.
Verifico e scopro che è presente nel consiglio regionale nella persona di un’attiva nonnina!.
La notizia indecente diventa sconvolgente.
Rendo omaggio alla forza d’animo della signora che ha identificato il nemico e lo combatte.
E’ un nemico che in buona parte gattona non cammina ma lei sa bene che se non viene debellato camminerà e si comporta di conseguenza.
Aggiunga signora un bel re Erode alla vostra bandiera e la sventoli sui campi di Alberto da Giussano!

10 Luglio 2013Permalink