11 dicembre 2012 – Comunità cristiane di base

Ricopio quanto mi è stato segnalato, aggiungendo alle tante considerazioni che condivido l’acquiescenza dell’opinione pubblica al dictat del card. Ruini nel 2005 quando vanificò un referendum. In democrazia dai cardinali ci si può difendere dallo spirito di sudditanza no.

COMUNITÀ CRISTIANE DI BASE
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Il discorso pronunciato dall’arcivescovo di Milano Angelo Scola in occasione della solennità religiosa di sant’Ambrogio si presta, a giudizio delle comunità cristiane di base, a diverse considerazioni.
La prima concerne l’associazione, storicamente assai discutibile, fra la promulgazione dell’editto costantiniano del 313 con l’inizio della libertà religiosa: infatti la “fine progressiva” delle persecuzioni contro i cristiani non coincide storicamente con l’affermarsi del principio della libertà per tutte le fedi. Come si spiegano, altrimenti, le persecuzioni cristiane, a cominciare da quelle inferte alle religioni tradizionale dell’Impero romano così dette pagane, per proseguire poi contro le fedi indigene dei mondi nuovi dall’America all’Africa e, perfino a Roma e fino all’ottocento, in tempi di papa re, le conversioni coatte dei bambini ebrei sottratti alle famiglie d’origine? E se il Concilio Vaticano II ha costituito una vera novità, dov’è l’autocritica del magistero ecclesiastico sui comportamenti del passato? L’arcivescovo di Milano pur fra citazioni dotte, non ne fa parola.
La seconda considerazione riguarda il nesso fra “libertà religiosa e pace sociale”. E’ vero che più lo Stato impone dei vincoli, più aumentano i contrasti a base religiosa ma tali vincoli non sono forse proprio il frutto di un intreccio di poteri, di connivenze, di complicità che riguardano ancora oggi non solo le chiese cristiane (vedi la chiesa anglicana o quella ortodossa oltre quella cattolica) ma anche le variegate realtà dell’Islam? O del mondo che si rifà all’ebraismo?
La terza questione, forse quella politicamente più rilevante, riguarda un’interpretazione assai capziosa della laicità dello Stato identificata dal cardinale Scola in una “cultura dominante” che diffonderebbe una “visione secolarizzata dell’uomo e del mondo”. E quindi ontologicamente ostile verso ogni fenomeno religioso.
Eppure, in tutti gli stati moderni siamo ancora ben lontani da una prassi di laicità degli stati e dei governi; dette per di più nel contesto italiano le parole dell’arcivescovo ambrosiano suonano a protezione delle opere e della loro “Compagnia”, soprattutto quando si evoca “il cattolicesimo popolare ambrosiano” e le sue reti.
In questo contesto le comunità cristiane di base denunciano la riproposizione trionfalistica del costantinismo che conoscerà nel prossimo anno eventi celebrativi che avranno la conseguenza di occultare ogni valutazione storico critica in nome di una libertà religiosa che si è sempre affermata intrecciando privilegi ecclesiastici e mondani, dimenticando il diritto di ogni uomo alla sua cittadinanza fra uguali. Anche nella ricerca del divino.
Le comunità cristiane di base italiane
Roma, 11 dicembre 2012

11 Dicembre 2012Permalink

8 dicembre 2012 – Avevo sperato in una politica di pace nel Mediterraneo.

Giorni fa avevo sperato che la scelta dell’Italia di votare a favore della risoluzione delle Nazioni Unite per il riconoscimento della Palestina come stato osservatore dell’ONU aprisse finalmente una fase politica di attenzione al Mediterraneo come luogo di scambio e di pace possibile, da costruire ma possibile.
Ora temo che il risorgente cavaliere, con il suo seguito di alleati che si costruirà via via secondo le alleanze che opportunisticamente stipulerà, troverà di nuovo le modalità per imporci scene come quelle che aveva organizzato con il colonnello Gheddafi a copertura di una sciagurata politica estera.
Do per scontata la vittoria di Berlusconi? Forse no ma certamente una sua presenza parlamentare significativa cui faranno da spalla i seguaci di Grillo.
Alla mia ipotesi di un pessimismo totale offrono sostegno alcune telefonate di Prima Pagina, la lettura delle lettere ai giornali e altri segnali che ho raccolto a modo mio che mi fanno disperare della capacità degli italiani di sapersi assicurare e mantenere un governo decente.
Sperando di aver torto riporto alcuni articoli che avevo raccolto nel momento di speranza per la partecipazione positiva alla decisione dell’ONU.

1 novembre  La coerenza di una svolta di Daniel Barenboim  –  Corriere della sera

Il 29 novembre è una data storica. Il 29 novembre 1947 le Nazioni Unite, con il «Piano di partizione della Palestina», stabilirono la suddivisione della regione in un territorio per gli ebrei e uno per i palestinesi. Fino a quel giorno eravamo tutti «palestinesi»: musulmani, cristiani ed ebrei. La ripartizione del 1947 fu accolta con gioia dagli ebrei di tutto il mondo e rifiutata dal mondo arabo, che considerava la Palestina come una terra propria ed esclusiva. Seguì una guerra, cominciata il giorno dopo la dichiarazione d’indipendenza dello Stato d’Israele, il 14 maggio del 1948.

Il 29 novembre 2012, esattamente 65 anni dopo, i palestinesi hanno chiesto e ottenuto a grande maggioranza il riconoscimento dello status di «Stato osservatore» presso le Nazioni Unite. Questi sono semplicemente i fatti. Un’interpretazione potrebbe essere: hanno avuto bisogno di 65 anni per rendersi conto che Israele è divenuta una realtà innegabile e sono dunque pronti ad accettare il principio della ripartizione del territorio palestinese rifiutato nel 1947?

In questo senso diventa chiaro che la decisione presa ieri dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite deve essere un motivo di soddisfazione anche per lo Stato d’Israele. Non voglio dare lezioni di morale o di strategia politica né agli israeliani né ai palestinesi; però desidero ricordare che se questo conflitto non è stato risolto per molti anni, è forse perché né gli uni né gli altri e nemmeno il resto del mondo, ne hanno colto l’essenza profonda. Il conflitto israelo-palestinese non è un’ostilità politica tra due Stati che si possa risolvere con mezzi diplomatici o militari: un dissidio politico tra due nazioni può riguardare problematiche relative ai confini, al controllo dell’acqua, del petrolio o casi simili.

Questo è prima di tutto un conflitto umano tra due popoli che sono profondamente convinti di avere entrambi il diritto di vivere nello stesso piccolo territorio e preferibilmente in maniera esclusiva. È ora, anche se tardi, di riconoscere il fatto che israeliani e palestinesi hanno la possibilità di vivere o insieme, o uno accanto all’altro, ma non negandosi.

La decisione presa ieri da 138 Paesi è forse l’ultima opportunità per dare vita al progetto di due Stati indipendenti, sicuri, ognuno con un proprio territorio continuo e non frammentato. Forse è il destino o la giustizia del tempo che dà oggi ai palestinesi la possibilità di iniziare un processo verso l’indipendenza in maniera identica a quelli che furono gli esordi dello Stato israeliano. È il momento giusto anche per le riconciliazioni interne, essenziali per risolvere la situazione, a partire da quella tra Hamas e Fatah, riconciliazioni necessarie per avere un’unica posizione e direzione politica.

D’altra parte è un errore pensare, come spesso accade, che sia meglio avere di fronte a sé un nemico diviso; per questo, anche per Israele è meglio che i palestinesi siano politicamente uniti. Sono altresì cosciente che i palestinesi non accetteranno mai una soluzione ideologica al conflitto, perché la loro storia è diversa e dovrebbe essere lo Stato d’Israele a cercare una soluzione pragmatica.

Credo infine che gli ebrei abbiano un diritto storico-religioso di vivere nella regione ma non in forma esclusiva. Dopo la crudeltà europea verso il popolo ebraico nel ventesimo secolo ci sarebbe la necessità di aiutarlo ora con i suoi problemi per il futuro e non solo riconoscendo le responsabilità del passato. Sono commosso dalla quantità di nazioni che hanno votato a favore della risoluzione; mentre mi rattrista la posizione assunta dal governo israeliano, che mi sembra poco lungimirante nel non cogliere le opportunità che si offrono per un futuro migliore, e degli Stati Uniti, l’unico Paese in grado di far pesare la propria influenza.

Mi riempie di felicità che l’Italia, dove trascorro diversi mesi l’anno in qualità di Direttore Musicale del Teatro alla Scala, abbia votato a favore di una speranza per tutti i popoli della regione

Altri due articoli
di cui non riporto il testo ma il titolo e il link che permetterà a chi lo desideri di raggiungerli.e a me di conservarne memoria.

La Repubblica 4 dicembre 2012 Il mondo accetterà sempre meno l’occupazione della Palestina
Intervista di Fabio Sciuto a David Grossman  (qui il link)

La Stampa 26 novembre 2012 Abraham B. Yehoshua. Perché serve un accordo con Hamas (qui il link)

8 Dicembre 2012Permalink

5 dicembre 2012 – Minori e omissioni della politica

Nota aggiunta nel pomeriggio: apro Repubblica cartacea e trovo l’articolo che avevo letto e commentato dall’edizione virtuale.

Trovo in repubblica on line un articolo che segnala la lunga persecuzione contro uno studente minorenne gay in una scuola udinese. Oggi la stessa persona ormai maggiorenne si concede a un’intervista, negando il suo nome per ragioni in cui non sta a me entrare tanto più che la scelta, sempre secondo l’articolo di repubblica.it, sarebbe stata assunta con il conforto di un circolo Arci gay (ed evidentemente quindi escludendo una denuncia per il bullismo entro le mura scolastiche che dichiara avergli rovinato anni di vita).

Qualche inutile considerazione.

Con la legge regionale 7/2010 la Regione Friuli Venezia Giulia ha istituito la figura di Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza e affidato questa funzione a un assessore regionale.
Perché non l’abbia affidata a una figura competente, determinata e indipendente non si sa o almeno io non lo so.
Mentre considero con favore la pur lenta scomparsa dell’ottocentesca parola ‘fanciullo’ (che si ritrova anche nella legge di ratifica della Convenzione di New York che esplicitamente nel testo fa riferimento ai diritti dei minori) più correttamente riportata alla dizione ‘infanzia e adolescenza’, trascrivo dal sito della regione
“Per assicurare l’applicazione dei diritti riconosciuti ai minori, la Regione ha istituito su tutto il territorio appositi uffici con funzioni di garante dell’infanzia e dell’adolescenza.
La funzione di garante dell’infanzia e dell’adolescenza intende assicurare nel territorio regionale l’attuazione dei diritti riconosciuti ai bambini ed adolescenti e viene esercitata per il tramite della Struttura stabile per l’esercizio della funzione di garante dell’infanzia ed adolescenza, un ufficio appositamente istituito presso la Direzione centrale istruzione, università, ricerca, famiglia, associazionismo e cooperazione dell’amministrazione regionale”.
Per saperne di più si può andare al sito della regione  stessa alla voce: http://www.regione.fvg.it/rafvg/cms/RAFVG/famiglia-casa/diritti-infanzia-adolescenza/

e qualche inutile domanda ai rappresentanti regionali

Diritto dei minori è anche quello di sentirsi sicuri e protetti nelle realtà in cui vivono.
Non sarebbe compito del pubblico tutore dei minori (alias assessore di competenza) chiarire la situazione del ragazzo perseguitato nella scuola udinese e dell’indifferenza e peggio dei docenti (così almeno è stata descritta nell’intervista di Repubblica)? Se invece quelle denunce anonime fossero false dovremmo constatarne ugualmente una indicazione destabilizzante nei confronti di soggetti che sappiamo essere fragili.
E se la maggioranza (in cui non dimentichiamo sono presenti rappresentanti della Lega Nord, non estranea a un linguaggio in cui per denigrare fa riferimento a termini se non omofobi sessisti e razzisti) non è interessata al problema, mi chiedo se l’opposizione sia intervenuta sollecitando il Pubblico Tutore ad esercitare il suo compito oltre i programmi che si è dato, nel rispetto degli obiettivi dichiarati in legge.
Per chiarezza cito dal sito regionale poco fa menzionato.
“La funzione di garanzia, ai sensi della legge istitutiva, assicura:
a) vigilanza sull’applicazione nel territorio regionale della Convenzione sui diritti del fanciullo e delle altre convenzioni internazionali di tutela dei soggetti in età evolutiva e sull’applicazione e attuazione delle disposizioni normative in vigore”.

e qualche altra inutile domanda ai rappresentanti comunali

Ho ricordato nel mio blog l’intervento del Sindaco di Udine a garanzia di una modifica di legge che assicuri la registrazione anagrafica ai minori figli di migranti senza permesso di soggiorno.  Il mio pezzo del 30 novembre è leggibile anche da qui https://diariealtro.it/?p=1931
In questo caso rilevo ancora una volta l’importanza della segnalazione del dovere di tutela del minore anche a norma di legge.
Il Sindaco di Udine ha finalmente segnalato di non ritenersi convinto dell’opportunità di collegare il suo dovere di assicurare l’evidenza della popolazione che vive sul territorio di competenza e la necessità conseguente di fondare la registrazione anagrafica (diritto di ogni minore) sulla certezza della legge e non sulla volatilità di una circolare e ha sollecitato a provvedere nell’ambito delle rispettive competenze il Presidente del Consiglio, della Camera e del Senato. Non so se da parte di costoro ci sia stata risposta ma mi chiedo che fanno le forze politiche presenti in consiglio comunale, i singoli consiglieri comunali a sostegno dell’iniziativa del Sindaco. Fino a questo momento, a quanto mi risulta, nulla.

5 Dicembre 2012Permalink

30 novembre 2012 – I figli dei sans papier e il sindaco di Udine

Un paio di giorni fa mi è stato girato un comunicato stampa del Comune di Udine che si può raggiungere nel relativo sito anche da qui. (http://www.udin-e.it/cittadinanza-italiana-necessaria-riforma-per-riconoscerelo-ius-soli/)
Lo pubblico privandolo delle citazioni dei nomi dei singoli assessori che hanno portato a questo risultato che potrete trovare nel testo di cui ho trascritto l’indirizzo..
Chi legge questo blog e volesse confontarsi con la documentazione già raccolta può andare nei tag alla voce anagrafe.
A seguito del testo del comunicato alcune mie considerazioni.

COMUNICATO STAMPA

 Riconoscere la cittadinanza italiana per ius soli (diritto del suolo, per il fatto di essere nato sul territorio dello stato) ai figli nati in Italia da genitori stranieri regolarmente residenti e ai ragazzi arrivati in Italia adolescenti, figli di cittadini italiani regolarmente residenti, che abbiano compiuto un ciclo scolastico: la giunta del Comune di Udine ha espresso la convinzione della forte necessità di riformare in tempo rapidi la legge di cittadinanza n.91 del 5 febbraio 1992 (che prevede la cittadinanza per ius sanguinis, ovvero il diritto di sangue), votando all’unanimità una delibera in cui viene dato mandato al sindaco di procedere con gli atti necessari al sostegno di questa azione. E l’azione di Honsell non si è fatta attendere: in questi giorni, il sindaco del capoluogo friulano ha inviato una lettera con allegata la delibera al presidente del Consiglio, Mario Monti, al presidente del Senato, Renato Schifani e al presidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini.

Non solo. Nella stessa delibera si è sostenuta la necessità di modificare la norma che vuole la presentazione del permesso di soggiorno per la registrazione degli atti di nascita. Questa norma, nel violare la Convenzione Onu sui diritti dei minori, ratificata dall’Italia (legge n. 176 del 27 maggio 1991 ), promuove l’apolidia, condizione che danneggerà tutta la vita del bambino che sia stato costretto a questo status. La Giunta quindi auspica che il Parlamento possa mettere in atto una rapida procedura per garantire con una legge il diritto inalienabile alla registrazione anagrafica per tutti i neonati nel rispetto della Costituzione italiana, tornando alle norme precedenti la legge 94/2009. Quello della Giunta comunale di Udine è il primo intervento istituzionale in Italia in questa materia. “Un Paese civile dovrebbe tutelare l’infanzia in modo da garantire i pieni diritti di chi viene al mondo – sottolinea il sindaco Honsell -. Trovo vergognoso e indice di barbarie strumentalizzare l’infanzia per punire la possibile non regolarità della posizione dei genitori
Udine, 28 novembre 2012                                                                Ufficio stampa

Che dire?
Avevo pubblicato il testo della delibera cui il comunicato fa riferimento il 23 ottobre (la si può leggere anche da qui). Poi non ne avevo saputo nulla fino all’invio del comunicato che consente a chi lo voglia leggere (è stato pubblicato anche su un quotidiano locale) di formarsene un’opinione.
Ora spero (esagero?) in una reazione consapevole del consiglio comunale che svegli forze politiche indifferenti al tema (esagero!) e in un interesse da parte delle associazioni che si dicono attente ai diritti dei soggetti deboli (ma che evidentemente non considerano tali i neonati o almeno tali non li hanno considerati finora).

Alcuni ringraziamenti

Mi rendo conto che di questo problema mi occupo da quattro anni e da quasi due ne scrivo costantemente in questo blog.
E’ stata un’esperienza frustrante e difficile da accettare ma credo di dover segnalare le persone che mi hanno consentito di non mollare.
Ricordo l’assessore che, negando il rischio dell’apolidia conseguente il pacchetto sicurezza, mi ha scritto essere io persona che quando sbaglia non si corregge, quello che si è dichiarato annoiato dagli scritti con cui cercavo di documentarlo e soprattutto il segretario regionale della CGIL che, a seguito di un mio intervento in merito alla fine di un convegno che presiedeva, ha pensato di fingere che non fosse stato pronunciato.
Purtroppo a questi atteggiamenti storicamente maschili (ma ci si stanno adeguando anche molte donne) di far conto sul potere del dominio e non della ragione reagisco convincendomi di averli spaventati e di assistere a una loro fuga dal confronto, valorizzata dall’incapacità – sempre loro – a dialogare. E perciò continuo.
Sbaglio? Qualcuno me lo spieghi.
Ma se in tutti questi anni nessuno ha tentato di spiegarmi perché sbaglio nel preoccuparmi del problema della registrazione anagrafica (che molti di loro signori pensono essere automatica conseguenza della cittadinanza) non credo si preoccuperanno di spiegarmi l’eventuale errore nella interpretazione del loro comportamento.
Chissà che l’intervento del sindaco di Udine non sia finalmente efficace.

30 Novembre 2012Permalink

21 novembre 2012 – Perché non voto alle primarie

Ho aperto facebook e ho trovato un messaggio a votare per uno dei candidati alle primarie. Mi ha irritato e ho scritto quello che qui riporto con il dolore di non aver trovato il modo per superare la mia impossibilità ad esprimere un voto.

Analisi delle primarie a modo mio. L’adesione a una posizione di chicchessia significa condivisione di principi che si vorrebbero veder applicati o –ed è preferibile – si cercano di applicare se si ha l’opportunità di farlo anche nelle politiche locali.
Da quattro anni faccio una prova. Ho analizzato uno dei ribaltoni legislativi operati dalla legge 94/2009 –quella che con triste ossimoro si chiama pacchetto sicurezza – ho identificato l’infamia della connessione fra possibilità di registrare alla nascita un figlio (e di riconoscerlo quindi dal padre se non è sposato con la mamma del bambino) e l’obbligo di presentare il permesso di soggiorno, trucchetto infame, sogno condiviso da lega dipendenti, per identificare persone da espellere.
Così esseri umani (ancora umani, loro) vengono messi di  fronte al dilemma: se dici ‘questo è mio figlio’ ti caccio, se non lo dici lo condanni a essere apolide.
Dopo di che persino il ministro Maroni all’epoca regnante si accorse dell’impossibilità applicare una simile norma e promosse una circolare che afferma il contrario della legge: non ti riconosco un diritto ma ti concedo un favore che posso sempre revocare: infatti le circolari per essere cancellate o modificate non hanno bisogno di passaggio parlamentare, basta il capriccio o la scelta di chi governa.
Ho pensato (ma è possibile che alla mia età si debba essere ancora così ingenui?) che ai sindaci dispiacesse vedersi sottrarre un compito che li onora: l’evidenza della popolazione che vive sul loro territorio collegata al rispetto dichiarato dei diritti dei più deboli. Risposta zero. Ho pensato che ai partiti che si dichiarano eredi di una tradizione di rispetto dei principi costituzionali interessasse modificare l’infamia. Risposta zero, anzi in qualche brandello di colloquio ho spesso registrato ignoranza e supponenza. Ho provato a rivolgermi alle organizzazioni più rispettate della società civile: risposte catalogabili fra lo zero e la sconvolgente constatazione del crollo di ogni principio di dignità di cittadinanza nell’incapacità dichiarata di essere offesi dal fatto che subiamo una norma che, discriminando i neonati per ragioni burocratiche, è di fatto razzista.
Così non andrò alle primarie: i sodali di coloro che vogliono essere candidati a governare l’Italia non mi offrono nulla cui ancorare un brandello di fiducia. Infilo nello spazio della conoscenza la mia cartina al tornasole che resta quello che è. Non si modifica. Se in futuro lo farà anch’io modificherò il mio atteggiamento.

Chi vada al testo del 15 marzo 2011  o prema il tasto anagrafe troverà molte delle spiegazioni sul nuovo razzismo che ho dato a me stessa.

22 Novembre 2012Permalink

21 novembre 2012 – Un druso per la pace

La notizia che trascrivo è stata diffusa da Marco Menin che a Verona fa un ottimo lavoro di promozione di incontri fra giovani israeliani e palestinesi in collegamento con l’iniziativa Fiori di pace. E fa molte altre cose ….

Omar Saad, un giovane musicista di al-Mughar – un villaggio in Galilea – ha ricevuto una lettera di arruolamento nell’esercito israeliano. Sì, perché a differenza degli altri palestinesi, i drusi hanno l’obbligo – pena il carcere – di prestare il servizio militare (dopo che, nel 1956, la legge sulla coscrizione obbligatoria è stata resa applicabile anche a questa categoria di persone). Recenti ricerche hanno dimostrato che circa i due terzi della popolazione drusa in Israele preferirebbe non prendere le armi, se ne avesse la possibilità. Omar è uno di loro; nella lettera seguente, inviata al ministro della Difesa israeliano Ehud Barak, spiega le proprie motivazioni (qui il sito di supporto a Omar). Traduzione di Valerio Evangelista

Gentile Ministro della Difesa di Israele,
Io sono Omar Zahr Al-deen Saad, dal villaggio di al-Maghar, Galilea.
Ho ricevuto l’ordine di presentarmi il prossimo 31 ottobre all’ufficio arruolamento dell’esercito, a norma dell’obbligo di coscrizione per la comunità drusa; a proposito di ciò vorrei chiarire alcune cose:
• Rifiuto di presentarmi all’ufficio arruolamento perché non accetto la legge che prevede l’arruolamento obbligatorio per la comunità drusa;
• Lo rifiuto perché sono un pacifista e odio ogni tipo di violenza e perché credo che questo esercito sia basato sulla violenza fisica e psicologica. Da quando ho ricevuto l’ordine di iniziare le procedure per l’arruolamento la mia vita è cambiata completamente. Sono diventato molto nervoso e con una grande confusione in testa. Mi sono figurato in mente molte situazioni dure e non riesco a immaginarmi con l’uniforme addosso che contribuisco alla repressione che Israele compie verso il popolo palestinese e non combatterò i miei fratelli arabi e le mie sorelle arabe;
• Rifiuto di diventare un soldato israeliano o di andarmi ad arruolare, anche in qualsiasi altro esercito, per ragioni morali e nazionaliste;
• Odio l’ingiustizia, la disuguaglianza, l’occupazione e odio il razzismo e le restrizioni sulla libertà;
• Odio chi arresta bambini, uomini e donne.
Sono un suonatore di viola, ho suonato in molti posti e ho amici musicisti da Ramallah, Gerico, Gerusalemme, Hebron, Nablus, Jenin, Shafa’amr, Elaboun, Roma, Atene, Amman, Beirut, Damasco, Oslo ed tutti noi suoniamo i nostri strumenti per la libertà, umanità e pace. La nostra arma è la musica.
Faccio parte di un gruppo religioso che è stato, e continua a esserlo tutt’ora, oppresso. Quindi… come posso combattere contro la mia famiglia, i miei fratelli e le mie sorelle in Palestina, Siria, Giordania e Libano? Come posso imbracciare un’arma contro i miei fratelli e le mie sorelle in Palestina? Come posso lavorare come soldato al check-point di Qalandiya o in qualsiasi altro posto di blocco? Io sono una di quelle persone che ha subito l’ingiustizia nei check-point e nei posti di blocco. Come posso impedire a un mio fratello di Ramallah di visitare la sua casa a Gerusalemme? Come posso fare la guardia al muro dell’apartheid? Come posso fare da carceriere contro il mio popolo? E so che i detenuti (palestinesi, ndt) nelle carceri israeliane sono combattenti della libertà.
Suono per divertimento, per la libertà e per quella pace giusta che si basa sul fermare gli insediamenti e l’occupazione israeliana della Palestina. Quella pace giusta che si basa sull’istituzione di uno stato palestinese indipendente che abbia Gerusalemme come capitale, sulla scarcerazione dei detenuti e sul il ritorno in patria di tutti i rifugiati.
Molti dei nostri giovani hanno prestato servizio nell’esercito israeliano, ma cosa hanno ottenuto? Sono forse speciali? I nostri villaggi sono quelli più poveri, le nostre terre sono state espropriate e lo sono rimaste tutt’ora; non ci sono mappe strutturate né aree industriali. Il numero di laureati nei nostri villaggi è il più basso della regione e il tasso di disoccupazione tra i più alti.
Per quest’anno ho intenzione di continuare il liceo con la prospettiva di poter andare all’università. Sono certo che lei farà di tutto per fermare la mia umana ambizione, ma l’ho dichiarato a voce alta: “Sono Omar Zahr Al-deen Mohammad Saad, non sarò la benzina che incendierà la sua guerra e non sarò un soldato del vostro esercito”.
Firmato: Omar Saad
http://supportomar.weebly.com/

21 Novembre 2012Permalink

20 novembre 2011 . Occhi e voci di donne

Mentre a Gaza infuria l’orrore voglio segnalare due testi (una lettera e un articolo) pubblicati su facebook da Lucia Cuocci, giornalista che  lavora presso Protestantesimo Raidue.
Per la conoscenza che Lucia ha della situazione israelo palestinese e le sue relazioni con persone nei Territori Palestinesi e nello stato di Israele considero più che affidabile quanto ci segnala e mi piace trasferire i due testi delle donne israeliane che si discostano da molto di ciò che ci viene normalmente offerto dai mezzi di informazione.
 

La lettera di Ruth Garribba 

Grazie a tutti gli amici che ci chiedono come stiamo, che si preoccupano per noi, che ci pensano… Arianna Giorgi, Letizia Tabarrini, Ingeborg Miotti e tanti altri cari amici. Noi stiamo bene, qui nel nord non c’è la guerra, ma vivere in un paese che conosce solo il confronto militare come soluzione dei problemi e’ deprimente, nauseante, terribile. Da molti, troppi anni il processo di pace non viene portato avanti, anzi il governo cerca in tutti i modi di distruggere quel poco che è sopravvissuto di Oslo. Dal 1999 ad oggi ci sono state 5 tornate elettorali – tutte accompagnate pochi mesi prima da un’ impresa militare. Anche questa volta siamo alla vigilia delle elezioni. La destra ci guadagna sempre a fomentare il nazionalismo estremista e l’ odio per il nemico che poi alla fine il nemico è anche chiunque si dichiari contro la guerra, come me.
Come se non bastassero le rivalità politiche della campagna elettorale, ogni “giro” di guerra permette alla violenza (mal repressa) di popoli che vengono alimentati a forza di odio di tirare fuori il peggio di sé, senza nessuna remore – quello che si vede e si sente su facebook, in televisione, sui giornali, è la voce del popolo assetata di sangue. Ovviamente non sono l’ unica a pensarla in un altro modo, e se c’è qualcosa di confortante il questo giro di guerra rispetto ai precedenti, sta nel fatto che anche se flebilmente si sente chi dice che la guerra non risolve nessun problema, che bisogna a tutti costi dialogare, la vera calma si raggiungerà con la pace e non con un confronto armato i cui patti dureranno fino a quando le due parti in conflitto non si saranno armati a sufficienza per dare via al prossimo giro di violenza. Ieri c’è stata una manifestazione di palestinesi e israeliani contro la guerra a Bet Jalla, vicino a Gerusalemme. Anche e Haifa arabi ed ebrei hanno manifestato insieme contro la violenza delle due parti e in solidarietà alle vittime delle due parti. Anche io, per fortuna, posso vivere la solidarietà di arabi ed ebrei contro la guerra e a favore di una soluzione pacifica del conflitto, nel centro in cui lavoro – Il centro di educazione umanistica.
Ghershon Baskin e’ una persona molto seria, non uno di quei pacifisti che non sanno cosa dicono e tanto meno cosa facciano. Ha fondato anni fa un organizzazione di ricerca e di sviluppo di israeliani e palestinesi, che per molti anni ha diretto insieme ad un palestinese. IPCRI si chiama l’ organizzazione, cercateli nel web, si occupano di sviluppo economico, di ricerca, di educazione alla pace. Ghershon Baskin, non li sapevamo, ma ha tenuto i contatti con i dirigenti di Hamas che hanno portato alla liberazione del soldato Ghilad Shalit. Dopo la liberazione di Shalit, ha continuato a mantenere gli stessi contatti, nella speranza di poter promuovere un dialogo che porti ad un accordo tra Hamas e Israele. Baskin era in contatto con Giabari, il capo militare di Hamas che è stato ucciso dall’ esercito israeliano la scorsa settimana, e il giorno in cui e’ stato ucciso aveva ricevuto da Baskin una proposta accordo tra Hamas e Israele. Ovviamente Baskin non lavorava da free- lance, il governo e gli ali ranghi dell’ esercito erano a conoscenza del suo lavoro.
Eppure la logica militare, dalla parte israeliana come da quella palestinese, ha avuto il sopravvento ancora una volta.
C’è sempre più gente che capisce che questa logica soffoca ogni possibilita’ di trattare problemi sociali acuti della societa’ israeliana, che questa logica non da’ vera tranquillità a chi vive vicino a Gaza, che questa logica comporta essenzialmente una deumanizzazione della società in generale, e di chi viene mandato a combattere in particolare. La funzione elettorale di queste guerre e’ ormai chiaro a molti. Ovviamente per ballare questo tango c’e’ bisogno di due ballerini, Hamas e il governo di Netaniahu sono una coppia affiatatissima, spietati nei confronti dei nemici – moltissimi civili – e spietati non meno nei confronti del “loro” popolo.

Un articolo di Manuela Dviri   19 NOVEMBRE 2012

 Se anche i bambini usano le parole di guerra
A Gaza come a Tel Aviv i piccoli stanno imparando parole che non dovrebbero mai conoscere: «allarme», «missile», «rifugio», «stanza sicura»

Un amico con il quale lavoro da anni nell’ambito di un progetto sanitario per la cura di bambini palestinesi, mi telefona da Gaza per sapere se sto bene, se il missile che è esploso a Tel Aviv ha creato danni, se ho preso paura quando ha suonato l’allarme.

Rispondo che per fortuna non ci sono stati danni, che il missile è caduto in mare, intercettato in aria dal sistema di difesa «cupola di ferro», che non ho paura, che sono a casa, che da una settimana sto lavorando a un nuovo libro, un giallo, e che comunque non ho rifugio in cui andare perchè nella mia palazzina Bauhaus, qui a Tel Aviv, il rifugio non c’è.

Lui mi racconta di un’altra palazzina, quella in cui abitava la famiglia Aldalu, a Gaza City. Dice che ne resta solo un enorme cratere. Che delle 13 persone che vi abitavano non è rimasto più niente, tutti uccisi dal missile israeliano che ha centrato in pieno la loro casa. Mi parla delle decine di persone del quartiere che hanno cercato a lungo di scavare tra le macerie nella speranza che fosse rimasto vivo qualcuno e invece hanno trovato solo i corpi senza vita di quattro donne, un uomo anziano e sei bambini. Due intere famiglie.

Non so che dirgli. Non c’è nulla da dire. Tranne che mi dispiace. Che non è giusto. Che non provo quasi più rabbia, solo nausea. Che la violenza mi fa male. Male al cuore, male all’anima, male, male, male. Che mi fa male come israeliana, come ebrea, come donna, come madre di tre figli e nonna di sette nipoti e sopratutto come essere umano.

Che vorrei che le due parti la smettessero di colpirsi come pugili in un ring, entrambi pesti e sanguinanti a tirarsi pugni sperando inutilmente di mettere l’altro k.o. per potere finalmente annunciare la vittoria che mai ci sarà, come Robert De Niro e Sugar Ray Robinson in «Toro Scatenato».

Gli ho raccontato dei miei nipoti, che stanno imparando, per la prima volta nella loro vita, il significato delle parole «allarme», «missile», «rifugio», «stanza sicura». Poi è caduta la linea. Sono tornata al mio giallo. Improvvisamente hanno iniziato a suonare le sirene, sono andata alla finestra per vedere cosa stava succedendo (sarebbe proibitissimo) e ho capito che l’allarme non proveniva da fuori, che era la tivù che mandava in onda un allarme ad Asdod o ad Ashkelon. Dev’essere caduto un razzo nel cortile di una scuola, che per fortuna era chiusa.

Subito dopo hanno ricominciato a parlare i soliti esperti che ormai da una settimana sembrano vivere all’interno degli studi televisivi, tutti maschi, tutti ex (o futuri) capi di Stato Maggiore, generali, colonnelli, capitani. O politici. Ho spento la televisione. E mi son seduta ad attendere il mio missile quotidiano (ieri erano due). Speriamo di no.

(19/11/2012 13:00) 

PROMEMORIA

REGIO DECRETO LEGGE n. 1728 17 Novembre 1938
Provvedimenti per la difesa della razza italiana

REGIO DECRETO LEGGE n. 1779 15 Settembre 1938
Integrazione e coordinamento in testo unico elle norme già emanate per la difesa della razza nella scuola italiana

20 Novembre 2012Permalink

17 novembre 2012 – La logica ci salverebbe ma se ne sono perse le tracce

Non era questa la strada che volevo seguire nel far sintesi ancora una volta della questione della registrazione anagrafica dei figli di persone senza permesso di soggiorno e dei loro diritti alle cure pediatriche ma, a seguito di quanto ho pubblicato il 15 novembre scorso, ho ricevuto un’informazione preziosa, la scheda che in Friuli Venezia Giulia viene illustrata ai mediatori di comunità che si occupano anche degli stranieri senza permesso di soggiorno (quelli identificati con il codice STP – stranieri temporaneamente presenti).
Ecco la scheda che illustra la possibilità di cure pediatriche (fino a 14 anni) ai figli di persone senza permesso di soggiorno facendo riferimento a una delibera della giunta regionale, emanata dalla giunta precedente quella ora in carica.

SCHEDA

Alcuni bambini rischiano di rimanere ai margini del sistema sanitario:

se viene loro negata l’iscrizione al SSN, le conseguenze possono essere:

–  accessi impropri ai Pronto Soccorso

– carenza di interventi di prevenzione  quali screening e bilanci di salute

– carenza di interventi di educazione

Assistenza primaria pediatrica a favore dei minori di anni 14 figli di cittadini extracomunitari privi di permesso di soggiorno nella regione Friuli Venezia Giulia –

delibera Giunta Regionale n° 340 del 23.02.2007 

Considerando che il numero totale dei minori di anni 14 STP, presenti in Regione al 31.12.2006, secondo i dati forniti dall’INSIEL, ammonta a 57 unità e  ipotizzando un numero massimo di 5 visite annuali

1. I pediatri di libera scelta convenzionati dovranno effettuare le visite ambulatoriali e domiciliari anche favore dei minori di anni 14 in possesso del codice STP;

2. I pediatri di libera scelta convenzionati che effettueranno le visite occasionali a favore dei minori di cui sopra, saranno compensati con gli importi e secondo le modalità previste, rispettivamente, dai commi 3 e 4, dell’art. 56, dell’Accordo collettivo nazionale di cui in premessa.

3. I bisogni socio – sanitari, riscontrati nelle viste pediatriche occasionali, saranno segnalati, dai pediatri di libera scelta convenzionati, alle competenti strutture socio –sanitarie territoriali e ospedaliere;

 La DGR n. 340 27 febbraio  2007 è ’stata promulgata  tenendo conto delle:
Politiche internazionali, nazionali e regionali di tutela della salute dei minori
Indicazioni contenute nel documento finale della IX Consensus Conference e VII Congresso Nazionale SIMM ( aprile 2006)

Criticità rilevate nei confronti dell’assistenza sanitaria ai bambini stranieri STP che indicavano accessi impropri al PS e soprattutto carenza di interventi di prevenzione e di educazione alla salute

Garantisce l’ “Assistenza primaria pediatrica a favore dei minori di anni 14 figli di cittadini extracomunitari privi di permesso di soggiorno” tramite l’accesso ai Pediatri di Libera Scelta

Le prestazioni dei PLS, nei confronti di minori in possesso di codice STP, sono configurate quali visite occasionali e sono retribuite dalle Aziende Sanitarie nell’ambito del finanziamento indistinto annualmente assegnato alle medesime e destinato alle attività istituzionali

—————–

Quindi

–        non solo il ministro Balduzzi è al corrente dell’esistenza degli immigrati senza permesso di soggiorno (la cui mancanza non inibisce la possibilità di procreare) e dei loro figli ma anche i consiglieri regionali del Friuli Venezia Giulia i quali con sciagurata negligenza non conoscono il contenuto delle delibere giuntali o fingono di non conoscerlo;

–        la regione FVG scarica la patata bollente a un’associazione che agisce al meglio ma non ha fra i suoi compiti quello di promuovere una campagna di informazione per i sindaci né di sollecitare i parlamentari ad assicurare  il ritorno alla legislazione precedente il 2009 il che, ripristinando la possibilità di registrare anche i figli dei sans papier, semplificherebbe tutte le procedure relative ai minori (oppure nelle istituzioni tutti sono complici di un turpe gioco alle scimmie non sagge: non vedo, non sento, non parlo?).

Ma su tutto questo tornerò.
Per ora mi limito a riportare una notizia per cui rinvio a un mio scritto del 31 luglio 2011  per consentirne una miglior comprensione

Don Abbondio risorge nel bergamasco.

Sebbene la Corte Costituzionale abbia cancellato la modifica intervenuta nel 2009 nel codice civile e reintrodotto l’assenza di obbligo di presentazione del permesso di soggiorno per i matrimoni, il sindaco di Terno d’Isola (BG) ha rifiutato di celebrare il matrimonio di un cittadino del Marocco privo di permesso di soggiorno.
Poi la questione è stata sanata e il matrimonio è stato celebrato da un’impiegata dell’ufficio anagrafe.
Per maggiori informazioni collego ai link de la Repubblica e de Il giorno.

17 Novembre 2012Permalink

15 novembre 2012 – Il mio parziale accordo con il Ministro della salute

Il 26 ottobre l’agenzia Adkronos  pubblicava un  comunicato che diceva:

“A tutti i bambini spetta il pediatra, con o senza permesso di soggiorno. Grazie alla proposta avanzata dal ministro della Salute Renato Balduzzi. Un’altra vittoria a favore del diritto alla salute per tutti”. Ad affermarlo in una nota è Foad Aodi, presidente dell’Associazione medici stranieri in Italia (Amsi). Ad eliminare la discriminazione per i figli di immigrati irregolari è un documento di indirizzo sull’assistenza ai cittadini stranieri che, una volta approvato in Conferenza Stato-Regioni, avrà applicazione immediata”.

Ho verificato sul sito dell’Amsi e ho trovato conferma con una precisazione importante
«Finalmente vengono rispettate la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e la Convenzione sui Diritti del Fanciullo e si definisce un obbligo morale e materiale l’assistenza pediatrica per tutti i bambini immigrati, senza distinzioni tra chi ha il permesso e chi no».

Il testo, che porta la stessa data della comunicazione d’agenzia, si può raggiungere anche da qui.

Se ne trova un riferimento anche nelle raccomandazioni finali del XII congresso della Società italiana di medicina delle migrazioni (SIMM Viterbo, 10-12 ottobre 2012) raggiungibile anche da qui.
Ne ho già scritto il 21 ottobre

Stabilito che non farnetico, cosa che ormai molti sospettano anche se –con educata ipocrisia non me lo dicono – vediamo di analizzare la sintetica espressione del Balduzzi pensiero.

Il ministro e i pediatri (e, forse, i neonati)

Prima significativa notizia: “A tutti i bambini spetta il pediatra, con o senza permesso di soggiorno” dice il ministro (sempre che l’agenzia adkronos lo abbia correttamente citato, ma non mi constano smentite e, tra l’altro, la tutela della salute del minore è legge in Italia dal 1991 con il provvedimento che ratifica la relativa convenzione ONU).
Quindi esistono, almeno come autorevolmente contemplata possibilità, bambini figli di immigrati senza permesso di soggiorno e perciò non registrabili (è chiaro che non considero quelli che arrivano ‘non accompagnati’ perché vengono identificata all’arrivo e la legge impone di provvedere con le tutele specificatamente previste, per quanto operativamente sgradite siano anche ai cittadini consapevolmente o inconsapevolmente legadipendenti).
Il ministro lo sa e, almeno in questa battuta, non fa menzione della famosa circolare che – Ministro Maroni regnante – pretese sanarne la situazione.
In ogni caso, anche se rispettata, la circolare, ammesso che non si frappongano ostacoli alla sua applicazione, non è fonte primaria del diritto è di conseguenza può essere modificata o revocata dal potere esecutivo senza bisogno di alcun passaggio parlamentare.
Inoltre la circolare, per il fatto stesso di esistere, indica una voragine della legge italiana che – come espressione di una cultura razzista in quanto prevede di produrre ineguaglianza alla nascita – dovrebbe offenderci tutti a prescindere dal fatto che i neonati danneggiati o minacciati siano tanti o pochi (si veda il mio pezzo del 15 marzo 2011, raggiungibile anche da qui, o si evidenzi il tag anagrafe).

Seconda significativa notizia: ‘A tutti i bambini spetta il pediatra’.
Sembra una limpida certezza, ma proviamo ad analizzarla.
Il pediatra è un diritto dei bambini fino ai sei anni, poi – su richiesta dei genitori che non vogliano affidare il bambino al medico di famiglia (che i sans papier non hanno –  tale garanzia può essere estesa fino ai 12 anni (o 14, non mi ricordo bene ma non ha grande importanza).
Quando il bambino compie sei anni il pediatra che l’assiste – che a questo punto non è un volontario ma un medico pagato, come è giusto, dal servizio sanitario anche per questa specifica funzione –  cessa dalle sue funzioni se un genitore non ne chiede il prolungamento. Ma come può farlo un genitore senza permesso di soggiorno?
Non dubito che un regolamento possa risolvere questo problema, ma vorrei conoscerlo.
Due anni fa il Gruppo Immigrazione e Salute del Friuli Venezia Giulia (GrIS) aveva detto una cosa molto chiara che ricopio dal mio blog (testo raggiungibile anche da qui).
«La Corte Costituzionale ci ha recentemente ricordato che i diritti inviolabili dell’uomo, di cui leggiamo negli artt. 2 e 3 della Costituzione, appartengono “ai singoli, non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”. Non possiamo perciò accettare che il diritto alla salute, di cui anche come operatori del settore siamo garanti, e ogni altro diritto inviolabile che appartiene ad ogni essere umano, sia affidato per alcuni bambini alla labilità di una circolare e non a una norma di legge che regoli la nostra convivenza civile.
Chiediamo perciò al Parlamento italiano di modificare con la necessaria urgenza la lettera g) del comma 22 dell’art. 1 della legge 94 del 2009 (cd. pacchetto sicurezza)
».

Allora ho atteso con molta speranza il successivo Congresso Simm: pensavo avrebbe avvolto la richiesta del GrIS, ma così non è stato.
Nel recente Congresso SIMM di Viterbo è apparsa solo la raccomandazione e il riferimento alla posizione ministeriale come ho riferito sopra.
Come cittadina italiana – consapevole che è proprio all’impegno di questa organizzazione di operatori di settore che dobbiamo il mantenimento del segreto sanitario in legge (durante il regno Maroni lo si voleva sopprimere)– spero che la proposta Balduzzi sia accolta dalla Conferenza stato regioni e stimoli il parlamento a una modifica della legge che discrimina i neonati (non più gli sposi che, fino all’intervento della Corte Costituzionale,  subivano la stessa sorte (si veda il mio pezzo del 2 dicembre 2011, raggiungibile anche da qui

Un promemoria

  1. Rinvio quanto vorrei scrivere a proposito dei sindaci (che in questo campo hanno tradito il loro ruolo) costruendo un piccolo promemoria su ciò che è garantito ancora per legge in merito al diritto alla scuola e alla salute:
    1. scuola – E’ possibile accedere alla scuola dell’obbligo senza presentare il permesso di soggiorno (si veda la lettera g del comma 22 dell’art. 1). Per dovere, ma con molta tristezza, segnalo che questa affermazione è dovuta a un emendamento voluto dal presidente della Camera dei Deputati e presentato dall’on. Mussolini. Questi signori non si sono accorti che esiste un periodo fondamentale per la crescita di un bambino che è quello della scuola dell’infanzia, preceduta, se c’è, dal nido. Ai senza permesso di soggiorno sono evidentemente negati. E poi blaterano di integrazione!
    2. salute – Alle persone prive di permesso di soggiorno sono comunque dovuti (e protetti dal segreto sanitario) i seguenti interventi; (già previsti e non cancellati dalla legge 6 marzo 1998 n. 40 art. 33):
    – le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva. Sono, in particolare, garantiti:

    1. la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a parità di trattamento con le cittadine italiane;
    2. la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176;
    3. le vaccinazioni secondo la normativa e nell’ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;
    4. gli interventi di profilassi internazionale, .la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventuale bonifica dei relativi focolai

Dice l’art. 32 della Costituzione:  La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Considerazione finale (per oggi): Se un bambino che abbia compiuto i sei anni e vada a scuola (è suo diritto) privo di assistenza pediatrica (cessata per età senza che sia potuta intervenire la normale assistenza medica)  prenda una qualsiasi della malattie tipiche dell’età infantile e della fanciullezza (gli orecchioni!), fermo restando l’assoluta priorità del suo diritto alla tutela della salute, come si tutela l’interesse della collettività (nel caso specifico classe scolastica) se nessuno è abilitato a produrre una diagnosi?

 

15 Novembre 2012Permalink

14 novembre 2012 – Ancora una notizia orribile

Ricevo da Giancarla Codrignani, dei cui scritti più volte si è giovato questo blog
SEMPRE CELEBRANDO, mie care.
Oggi, 14 novembre, l’ Interpress Service informa di una manifestazione di religiosi integralisti al Cairo per opporsi alle proposte di legge contro la violenza alle donne e per chiedere che venga abbassata a nove anni (dico “nove anni”) l’età del matrimonio per le bambine. E temono che con leggi di tutela potrebbero essere portati i tribunale mariti che picchieranno e violenteranno queste “mogli”.
Non ho parole. Anche perché il 12 dicembre dovrebbe essere presentata la nuova Costituzione e, se non ci saranno menzioni dei diritti delle donne e dei minori, sarà possibile ogni sfruttamento, prostituzione, maltrattamento, segregazione nel privato.
Credo che la nostra ostinazione nella difesa dei diritti delle donne nei paesi democratici e nelle sedi internazionali, nonostante la crisi che sta soffocando il mondo, serva anche a queste bambine.
Giancarla Codrignani
E io credo che le aiuteremo anche se sapremo non cedere nella difesa della registrazione anagrafica dei figli e figli di extracomunitari privi di permesso di soggiorno … abbandonandoci alla stanchezza che l’irresponsabile silenzio a livello istituzionale tenta di imporci.
Vedi alla voce anagrafe
14 Novembre 2012Permalink