19 agosto 2010 – Un parlamentare si occupa della registrazione anagrafica dei figli dei sans papier.

Mentre scrivevo uno dei miei pezzi sui bambini, mi è arrivato (e ringrazio la consigliera provinciale – Udine – dr. Schiratti che me lo ha inviato) il testo dell’interrogazione parlamentare  che pubblico di seguito.
E’ il primo intervento parlamentare che registro dopo quelli in corso di dibattito (inizio 2009) degli on. Bachelet e Capano.
Non so se avrà un seguito: io non ho certo la forza per provocarlo.
Chi volesse ulteriori informazioni sulla questione cui l’on. Orlando, firmatario dell’interrogazione, fa riferimento, può trovarne nel pezzo che ho pubblicato, riprendendolo dalla newsletter Notam, il 10 novembre 2009.Il collegamento è possibile da qui

Seduta n. 363 del 2/8/2010

INTERNO   Interrogazioni a risposta scritta:

LEOLUCA ORLANDO. – Al Ministro dell’interno. – Per sapere – premesso che:

in data 8 agosto 2009 è entrata in vigore la legge 15 luglio 2009, n. 94 «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica»;

alla lettera g del comma 22 dell’articolo 1 della predetta legge si modificava il comma 2 dell’articolo 6 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sostituendone una parte, con la frase «, per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui ali ‘articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie, »;

questa modifica è stata di fondamentale importanza per la tutela della maternità, della salute e dell’istruzione di tutte le persone extracomunitarie che si trovano, anche illegalmente, nel nostro Paese,

in quanto non obbliga le persone in situazione di bisogno sanitario urgente alla presentazione del permesso di soggiorno per ottenere le giuste cure;

in data 7 agosto 2009 è stata emanata, dal dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell’interno, una circolare (prot. 0008899) con oggetto: «Legge 15 luglio 2009, n. 94, recante »Disposizioni in materia di sicurezza pubblica«. Indicazioni in materia di anagrafe e stato civile», ed è stata inviata a tutti i prefetti della Repubblica italiana;

con questa circolare il Ministero dell’interno andava a sanare una situazione di interpretazione dubbia della suddetta legge, su alcuni temi, tra cui quello importantissimo delle dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione;

al punto 3 della predetta circolare si chiariva che «Per lo svolgimento delle attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita-stato civile) non devono essere esibiti documenti inerenti al soggiorno trattandosi di dichiarazioni rese, anche a tutela del minore, nell’interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto. L’atto di stato civile ha natura diversa e non assimilabile a quella dei provvedimenti menzionati nel citato articolo 6»;

a parere dell’interrogante, molti punti della circolare stessa sono fondamentali per la struttura e per la funzionale applicazione della legge n. 94 del 2009, ma il metodo applicato dell’uso della circolare stessa appare di indicazione troppo lieve e sicuramente meno impegnativa dell’uso di una legge nell’applicazione della stessa -:

se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative che attribuiscano valore normativo alla circolare del 7 agosto 2009 prot. 0008899 fornendo così strumenti sicuramente più incisivi a chi la stessa debba applicare.

19 Agosto 2010Permalink

17 agosto 2010 – Verdini, Obama e il mio blog.

Le ragioni di un titolo stravagante

Il titolo stravagante che propongo mi è venuto in mente da sé, senza sforzo e ora cerco di spiegarmene le ragioni.
Comincio da Verdini. Scrive nel sito on line del Corriere della Sera (15 agosto) il giornalista Massimo Muchetti: “ … fin d’ora si può dire che la vicenda Verdini fa riemergere la cattiva abitudine dell’uso privatistico della cosa comune. Una cooperativa creditizia è un soggetto economico privato. E tuttavia, quando è a mutualità prevalente come sono il Credito Cooperativo Fiorentino e le altre 400 e passa banche di credito cooperativo italiane, l’interesse del socio viene perseguito nel quadro dell’interesse generale della compagine sociale, a sua volta legata alla comunità locale. Non a caso queste banche hanno un regime speciale che ne lega l’attività al territorio, limita la remunerazione, l’emissione e la compravendita delle azioni e, al tempo stesso, detassa ampiamente gli utili portati a riserva. Le Bcc sono una grande e positiva espressione dell’autogoverno delle comunità locali. Non perseguono il profitto, ma servono valori. Non speculano, non concentrano il rischio a favore dei soliti noti, possono perdere durante le crisi con artigiani, commercianti, agricoltori, ma non con gli amici degli amici.”
Ma i giornali proni al governo difendono Verdini. Perché?
Forse é meglio porre diversamente la domanda.
Chi governa deve comperare il consenso funzionale al mantenimento di posizioni in qualsivoglia modo acquisite o costruirlo attorno ai principi che fondano la vita di uno stato e che  ne costituiscono la base?
Il presidente degli Stati Uniti, riferendosi alla costruzione di una moschea a New York nei pressi di ground zero, ha detto:  “Con la massima chiarezza in quanto cittadino, in quanto presidente, sono convinto che i musulmani abbiano lo stesso diritto di praticare la propria religione come qualsiasi altra persone in questo paese. Ciò comprende il diritto di costruire un luogo di culto e un centro per la comunità su una proprietà privata a Lower Manhattan, nel rispetto delle leggi e delle ordinanze locali”. E ancora: “questa è l’America, e il nostro impegno per la libertà religiosa deve essere incrollabile. Il principio in base al quale i popoli di tutte le fedi sono benvenuti in questo paese, e che non verranno trattati in maniera diversa dal loro governo, è essenziale per quello che siamo. La volontà dei nostri Fondatori deve essere rispettata”.
E’ abbastanza evidente che nella dialettica della vita di una società organizzata c’é chi ritrova nella convinta chiarezza dei propri principi e nella propria forza contrattuale la capacità di difesa propria e per chi di quella difesa ha bisogno ed è a questo punto che diritti e consenso si intrecciano e, quando invece il consenso si può mercanteggiare con qualsiasi moneta, i diritti dei deboli sono i primi a venir calpestati.
E chi é più debole di un bambino?
Ho scritto tante volte nel mio blog della questione della registrazione anagrafica dei figli degli immigrati irregolari. Il mio blog è fornito di un indice analitico –chiamato tag (non mi piace ma funzione così). Evidenziando nell’elenco della colonna a destra le parole ‘anagrafe’ o ‘bambini’ (o la parola ‘minori’ nell’elenco delle categorie della stessa colonna) ne esce abbondante materiale con l’indicazione delle varie fonti.
Io suggerisco, prima di passare ad altro, l’articolo del 10 novembre 2009.

Di analogia in analogia

Il caso della banca di Credito Cooperativo Fiorentino mi ha fatto venire in mente un mio –fallito – tentativo di dialogo con l’ Unicoop Firenze, cooperativa che aderisce all’ Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori  della Lega delle Cooperative.
Nel 2005 mi trovavo a Betlemme e osservavo con interesse (era uno degli scopi che mi ero prefissa) il sistema scolastico. Una delle scuole più stimate era –ed é -la scuola di Terrasanta, gestita dai francescani, che comprende anche una scuola dell’infanzia, rigorosamente allora (oggi non so) solo maschile eppure –e ciò va a onore soprattutto delle scuole protestanti – in Palestina ci sono anche scuole miste.
Quella scuola, un vero gioiello finanziato dall’Italia, così veniva e viene ancora presentata dall’Ufficio stampa dell’Unicoopo (uno dei finanziatori del progetto)
”L’intento di tutti e’ quello di offrire ai bambini e alle bambine di Betlemme un ambiente accogliente per far crescere una speranza di pace e normalità”.
Una frottola che inutilmente provai a segnalare, inviando numerosi messaggi ai politici che avevano partecipato all’inaugurazione della scuola (fra cui l’on. Bindi) e all’ufficio stampa dell’Unicoop  senza mai ricevere risposta).
Evidentemente l’obiettivo era soddisfare il rispetto delle pari opportunità – che si presumeva presente nei donatori – e insieme l’opportunismo della scelta che prevalse a Betlemme.
Sia stata sciatteria o consapevole doppio gioco, mi resta la domanda “è più grave rubare consenso con i quattrini o con l’ostentazione di buoni sentimenti fondati su un falso, in quel caso le bambine di Betlemme, ancora una volta beffate e tradite, abusate quali esche per un consenso evidentemente utile?”

Una scultura che mi ha dato una scossa.

Ieri ho visitato la mostra dedicata ai fratelli Basaldella   La statuetta di cui propongo l’immagine   è un lavoro di Mirko (1930). Si intitola la strage degli innocenti.
Quel bambino aggrappato, come se ne volesse ricavare sicurezza, alla gamba di chi lo massacrerà (sembra che anche il dr. Mengele ad Auschswitz sapesse suscitare fiducia nei piccoli che avrebbe torturato e massacrato) mi ha fatto tornare in mente troppe cose.
Se segnalare la responsabilità di chi compera il consenso altrui è doveroso è insieme opportuno ignorare la responsabilità di chi –con quattrini o sollecitazioni sentimentali – si lascia comperare?
Qual è il confine fra l’essere vittime e l’essere complici?
Purtroppo per molti funziona non il criterio della conoscenza ma quello dell’appartenenza acriticamente accettata.

P. S.: Chi volesse saperne di più sulla scuola dell’infanzia di Terrasanta può andare, sempre attraverso la colonna destra a blog precedenti – diari e altro – 14 agosto 2005 e 30 gennaio 2007

17 Agosto 2010Permalink

11 agosto 2010 – Buon Ramadan! – Corte Costituzionale e Regione Toscana

Buon Ramadan!

Questa notte la comparsa della prima falce della luna crescente ha segnato l’inizio del mese lunare del Ramadan. Comincio augurando buon Ramadan a coloro che lo celebrano e in particolare agli amici mussulmani che tante volte mi hanno augurato buon Natale.

Avrei voluto soffermarmi un po’ su questo argomento ma lo farò i prossimi giorni quando, e se, le informazioni che sto raccogliendo mi consentiranno di riprendere anche una confusa ma importante notizia del Manifesto di ieri sull’espulsione dei figli degli immigrati irregolari da Israele.

Corte Costituzionale. ASGI e immigrazione.
Oggi mi soffermo su una informazione – come il solito ben documentata – offerta dal prezioso sito dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, che trascriverò integralmente a seguito di queste mie righe.
Innanzitutto constato con piacere che l’ASGI é entrata a far parte dellelenco delle associazioni legittimate ad agire nei procedimenti giudiziari anti-discriminazione su base etnico- razziale (Dipartimento per le Pari Opportunità – decreto 9 aprile 2010 in G.U. n. 180 dd. 04.08.2010). chi volesse saperne di più può farlo da qui.

Il fatto che, come che mi legge potrà vedere fra poco, la Corte Costituzionale abbia respinto le eccezioni di incostituzionalità proposte dal Governo nei confronti di alcune norme della legge della Regione Toscana sull’immigrazione non implica di per sé l’automatismo delle ricadute che vanno dalla regione ai comuni, ma non possono trascurare il livello di coinvolgimento dell’opinione pubblica, e che, solo se esistono, trasformano norme positive in cultura e occasione di comportamenti virtuosi.
Ho cercato di raccogliere queste briciole di positività e ne ho scritto nel mensile locale Ho un sogno del mese scorso e poi trascritto nel mio pezzo del 20 luglio e che chi vuole può leggere da qui.

Purtroppo, almeno per la realtà che io conosco- resta dominante il tristissimo disperante intreccio del rapporto politica – istituzioni -realtà associative-opinione pubblica conformista al basso … ma per oggi basta così

 dal sito dell’ASGI

10.08.2010  La legge della Regione Toscana sull’integrazione degli immigrati è in accordo con la Costituzione

Con sentenza n. 269 depositata il 22 luglio 2010, la Corte Costituzionale ha respinto le eccezioni di incostituzionalità proposte dal Governo nei confronti di alcune norme della legge della Regione Toscana 09/06/2009, n. 29 (“Norme per l’accoglienza, l’integrazione partecipe e la tutela dei cittadini stranieri nella Regione Toscana”).

Secondo la Corte Costituzionale, la norma della legge regionale toscana che prevede l’estensione dell’applicazione della normativa anche ai cittadini comunitari è pienamente compatibile con la Costituzione in quanto le indicazioni contenute nel decreto legislativo di attuazione della direttiva europea in materia di libera circolazione devono essere armonizzate con le norme dell’ordinamento costituzionale italiano che sanciscono la tutela della salute, assicurano cure gratuite agli indigenti, l’esercizio del diritto all’istruzione e, comunque, attengono a prestazioni concernenti la tutela dei diritti fondamentali.

La norma della legge regionale toscana che assicura a tutte le persone dimoranti nel territorio regionale, anche se prive di permesso di soggiorno, l’accesso agli interventi socio –assistenziali urgenti e indifferibili, necessari per garantire il rispetto dei diritti fondamentali della persona, non eccede le competenze regionali in quanto interviene in una materia, quella dell’assistenza sociale, ove è prevista una competenza residuale esclusiva delle Regioni e comunque, tale norma è volta ad assicurare il rispetto del principio costituzionale di uguaglianza, per cui lo straniero è titolare di tutti i diritti fondamentali che la Costituzione riconosce alla persona. In particolare, la Corte ricorda che con riferimento al diritto all’assistenza sanitaria, esiste un nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana, il quale impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela, che possano appunto pregiudicare l’attuazione di quel diritto”. 

La Corte Costituzionale ha ritenuto infondata pure l’eccezione di incostituzionalità proposta dal Governo con riferimento a quella norma della legge regionale toscana che prevede il sostegno alla rete regionale di sportelli informativi per i cittadini stranieri nell’ambito della sperimentazione avviata tra ANCI e Ministero dell’Interno volta ad attribuire progressivamente le competenze ai Comuni per quanto riguarda l’istruttoria relativa al rilascio e al rinnovo dei permessi di soggiorno. Secondo la Corte infatti, tale norma non incide sulla condizione giuridica dello straniero e la regolamentazione dell’immigrazione, di competenza esclusiva dello Stato, ma semplicemente si limita a prevedere una forma di assistenza in favore degli stranieri presenti sul territorio regionale. Ugualmente infondata è apparsa alla Corte l’eccezione di incostituzionalità riferita alla norma regionale  che afferma il diritto all’iscrizione al Servizio sanitario regionale del richiedente  asilo che abbia proposto ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento di diniego del permesso di soggiorno per il riconoscimento della protezione internazionale. Secondo la Corte, infatti, tale disposizione è volta a riconoscere in favore dello straniero il diritto umano fondamentale alla salute oltreché è pienamente compatibile con la legislazione nazionale in materia di immigrazione e asilo.

Da qui è possibile risalire al sito dell’ASGI e anche leggere integralmente  la sentenza della Corte Costituzionale.

11 Agosto 2010Permalink

29 luglio 2010 – Il Governo, la Camera, le intercettazioni e i blog. 30 luglio 2010 – Un lungo seguito.

Intercettazioni e blog  

Il disegno di legge “Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche”, che ora porta il numero 1415, è approdato al dibattito della Camera. Proviene dal Senato ma il suo iter è iniziato più di due anni fa.
I quotidiani ne parlano, ha dato occasione per parecchie pesanti e autorevoli critiche.  

Da parte mia mi voglio soffermare su un aspetto soltanto, una parte del comma 29 dell’art. 1 (al solito quanto intervengono voti di fiducia i vari articoli vengono accorpati per rendere più sbrigativamente agevole la votazione e la lista dei commi si allunga a dismisura).   

Per leggere il comma 29  

Il comma  29 del disegno di legge in discussione fa riferimento al decreto legislativo n. 177 del 2005 che al comma 2 dell’art. 32 recita  

2. Chiunque si ritenga leso nei suoi interessi morali o materiali da trasmissioni contrarie a verità ha diritto di chiedere all’emittente, al fornitore di contenuti privato o alla concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo ovvero alle persone da loro delegate al controllo della trasmissione che sia trasmessa apposita rettifica, purché questa ultima non abbia contenuto che possa dar luogo a responsabilità penali.  

 A sua volta quel decreto fa riferimento alla legge 8 febbraio 1948, n. 47  che all’art. 8 (risposte e rettifiche) recita  

“il direttore o vicedirettore responsabile è tenuto a far inserire, nel periodico, integralmente e gratuitamente le risposte, rettifiche o dichiarazioni delle persone cui siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni lesivi della loro dignità o da esse ritenuti contrari a verità, purchè le risposte, rettifiche o dichiarazioni non abbiano contenuto che possa dar luogo a incriminazione penale”.   

Comma 29  

E infine il comma  29 dell’art. 1 prevede che “Per i siti informatici,  ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica,  

le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”;  

Non mi sento di scrivere di più perché non è materia in cui io sia esperta e competente, ma, posto che il disegno oggi o in futuro (se mai fosse rinviato) venga sciaguratamente votato com’è, vorrei poter sperare che i grandi mezzi di informazione, gruppi d’opinione e partiti politici, giovandosi di veri esperti e competenti, diano indicazioni di comportamento a chi, pur volendo continuare a confrontare le proprie opinioni per via informatica, non ne sia dissuaso dal timore di incappare in situazioni insostenibili, almeno sul piano finanziario.  

Spero invece che non vengano diffuse informazioni errate o devianti che, indicando percorsi di ricerca privi di senso, distolgano l’interesse da una questione su cui si gioca la nostra libertà di sapere e dire, inducendoci a darci da fare per diffondere opinioni errate (si veda il mio scritto Contraddizioni del 30 maggio).  

Non possiamo permetterci il lusso di perdere tempo: abbiamo bisogno di idee chiare.
La protesta é doverosa ma la costruzione di apparenti sommarie certezze da strillare è nociva e non fa onore a chi la promuove.   

Post scriptum: 

Sebbene io abbia già collegato i singoli argomenti alle loro fonti, ne ripeto qui l’indirizzo per chi volesse documentarsi:  

Collegato al paragrafo ‘Intercettazioni e blog’: http://www.camera.it/126?pdl=1415-B&tab=4&leg=16  

Collegati al paragrafo ‘Per leggere il comma 29’: http://www2.agcom.it/L_naz/dl177_05.htm
 http://www.italgiure.giustizia.it/nir/lexs/1948/lexs_145703.html   

Collegato al paragrafo ‘Comma 29’:  http://diariealtro.altervista.org/blog/30-maggio-2010-contraddizioni/).  

30 luglio – Un lungo seguito 

Il ddl intercettazioni é defunto o dorme?

Il caos costante del parlamento italiano (e insieme del governo) ha trovato ieri nella scelta dell’on. Fini il catalizzatore che ne ha determinato un’accelerazione. In tale contesto –e non certo per un’azione politicamente corretta ed efficace di chicchessia da qualsivoglia parte- l’iter del disegno di legge 1415 si è arenato.

Tornerà al dibattito a settembre?

Io non tento previsioni in una situazione che richiederebbe l’uso della sfera di cristallo e non del ragionamento. Sono convinta che una ragionevole prudenza suggerisce di comportarsi come se fossimo certi che il dibattito riprenderà.
E’ bene quindi tener vigile l’attenzione sulle critiche relative ad argomenti alti e a quelli di apparente piccolezza (ma, a pensarci bene, l’opposizione alla censura non ha livelli: è in ogni caso necessaria e doverosa) avendo ben presente la necessità di non fare sciocchezze, di promuovere e sostenere una comune riflessione, senza indulgere al piacere di ululare in gruppo  (si veda il mio articolo di maggio – contraddizioni- collegato sopra).

Un decalogo per orientarsi nella eventuale censura dei blog
A sostegno di un percorso possibile io propongo un passo di un intervento importante, con il relativo indirizzo per il collegamento). 

Il bavaglio ai blog spiegato in 10 punti

DIECI COSE CHE NON SI POSSONO NON SAPERE SULL’OBBLIGO DI RETTIFICA PER I BLOG

«Il ddl intercettazioni, ancora in fase di approvazione, come è ampiamente noto, minaccia di incidere anche su Internet.
Il comma 29, infatti, prevede alcune modifiche alla legge stampa, imponendo l’obbligo di dichiarazione e rettifica, entro quarantotto ore dalla richiesta, anche ai “siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”. Le rettifiche dovranno essere pubblicate con analoghe caratteristiche grafiche, metodologia di accesso al sito e pari visibilità della notizia cui si riferiscono.
Ma nel caos che ha scatenato questa proposta di legge, è necessario fare un po’ di chiarezza e precisare in quale contesto giuridico si inserisce la proposta di modifica.

10 cose che non si possono non sapere quando si parla di diritto di rettifica….

1) Che cos’è il diritto di rettifica?
È il diritto di fare pubblicare gratuitamente dichiarazioni dei soggetti interessati dalla pubblicazione di immagini, dichiarazioni, notizie ritenute lesive della loro dignità o contrarie a verità.
In sostanza, è il diritto – riconosciuto a certe condizioni – di affermare la propria verità.

2) Dove o come è pubblicata la notizia, la dichiarazione o l’immagine?
Nei giornali o in televisione.

3) Quali sono oggi le norme di riferimento?
a) La legge sulla stampa (e precisamente l’art. 8 della l. n. 47 del 1948) che afferma: il diritto di rettifica è il diritto di fare inserire “gratuitamente nel quotidiano o nel periodico o nell’agenzia di stampa le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini od ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale” .

b) Il T.U. dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (e precisamente l’art. 32 quinquies del d. lgs. n. 177 del 2005) che dispone: “chiunque si ritenga leso nei suoi interessi morali (…) o materiali da trasmissioni contrarie a verità ha diritto di chiedere (…) che sia trasmessa apposita rettifica, purché questa ultima non abbia contenuto che possa dar luogo a responsabilità penali”.

4) Il diritto di rettifica elimina altri diritti?
Il diritto di rettifica si aggiunge, ma non elimina le azioni, cioè gli strumenti giuridici di tutela riconosciuti da altri diritti (querela per diffamazione, risarcimento del danno, ecc.).

5) Qual è il presupposto ad oggi per l’esercizio del diritto di rettifica?
Ad oggi, il diritto di rettifica è previsto per la stampa (quotidiani, periodici, agenzie di stampa) e per le radiotelevisioni, che trasmettono in via analogica o digitale.
Il presupposto è che la notizia o la dichiarazione siano state diffuse da un mezzo di informazione. Si presuppone che ci sia una struttura organizzativa creata allo scopo di produrre “informazione”, in altri termini, un’impresa a ciò finalizzata.

6) Il “sito informatico” è un giornale o una trasmissione televisiva?
E’ banale affermare che il sito telematico possa essere qualunque cosa. Anche un giornale (ad esempio un quotidiano on line). Ma certo non tutti i siti sono giornali. QUI STA L’ERRORE CONCETTUALE.

7) Il blog è un giornale?
No. Ci sono tanti tipi di blog, ma il blog tipicamente non ha i caratteri di periodicità di un giornale e non è registrato.

8) Il blogger è un imprenditore?                        Non in quanto blogger.

9) Quali sono rischi maggiore derivante da questa norma del ddl intercettazioni?

Oltre alle pesanti sanzioni (da Euro 7.746 ad Euro 12.911), oltre ai termini stringenti per la rettifica (appena quarantotto ore dalla richiesta) che appaiono concretamente non praticabili, il grave pericolo è che, a lungo termine, questa norma, se approvata, consentirà di equiparare siti (e blog) ai giornali, creando il presupposto per l’applicazione di norme severe (amministrativamente impegnative, e corredate di sanzioni penali) nate per le imprese di informazione ai “siti informatici” e magari ad ogni trasmissione telematica (perché no? anche social network e Twitter).

10) Allora, la conclusione è affermare che Internet sia o debba essere il Far West?
No. Oggi, esistono già validi strumenti giuridici di tutela (quali: diffamazione, risarcimento dei danni patiti, pubblicazione della sentenza). Se ne possono introdurre anche altri, ma meglio ponderati.
La libertà di espressione non è (SOLO) degli imprenditori dell’informazione, ma di tutti. Espressione del pensiero e attività imprenditoriale sull’informazione non coincidono.»

Qualche lettura

E infine ecco l’indirizzo per leggere il testo del disegno di legge sulle intercettazioni, sia morto, in agonia o ‘in sonno’, come un vecchio massone temporaneamente silente.
http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/stampati/pdf/16PDL0038530.pdf 

Se poi qualcuno volesse documentarsi sul (dis) funzionamento della legge 15 luglio 2009, n. 94, “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”, può farlo servendosi dell’indirizzo che trascrivo di seguito:
http://www.ildialogo.org/norazzismo/documenti_1280409675.htm

 

30 Luglio 2010Permalink

27 luglio 2010 – il blog si rinnova

Il mio ‘diariealtro’, nato come blog, trasformato in sito web, ridiventa blog senza modificare il proprio nome. 

Le due fotografie che inserisco in questo articolo illustrano l’immagine che apre questo blog e che riprende l’ombra de ‘Il guerriero di Montauban’ (Bourdelle. 1898),
statua che si trova nell’Art Garden del Museo Nazionale di Gerusalemme

La gestione del sito si era rivelata complicata per il mio livello di abilità e il perfezionamento dell’offerta di blog automaticamente organizzati con archivi, categorie, tag (perché non scrivono ‘indici analitici’?), possibilità di ricerca interna e di accesso ai blog precedenti, mi offre l’opportunità  di continuare a scrivere con minor fatica.
In questa trasformazione tenterò anche –alla ricerca di lettori con cui mi piacerebbe aprire un dialogo – di praticare il collegamento con facebook, questione che mi intriga non poco.

Infatti un paio di anni or sono o poco meno ho cominciato a ricevere messaggi che mi offrivano di corrispondere su facebook a richieste di amicizia. L’ho fatto sia per curiosità sia perché mi sembrava villano non corrispondere a una dichiarata richiesta di amicizia di persone di cui, tra l’altro, ero già amica.
Poco dopo ho avuto un brusco scossone, tale da provocarmi, allora, un rigetto totale di facebook.
Infatti, mentre mi occupavo della negazione della registrazione anagrafica dei neonati figli di immigrati senza permesso di soggiorno, avevo scritto al sindaco di Udine, dato che a Udine vivo, anche se il problema ha un carattere generale.
Non ricevetti risposta ma ne ebbi invece una, a mio parere sconcertante, da un assessore dello stesso comune. Una persona cui erano note la questione, la mia delusione e la mia indignazione mi inviò una richiesta di adesione a un gruppo di sostenitori del sullodato sindaco silente. Allora ebbi l’impressione di finire in un groviglio inestricabile di gruppi, adesioni, amicizie che mi avrebbero impedito di esprimere chiaramente le mie scelte o peggio mi avrebbe coinvolto in scelta improponibili.

Poi sono stata costretta a convenire che facebook ormai è un luogo di comunicazione cui, se voglio essere letta (ma non è detto che ciò avvenga) mi devo adeguare, cercando di non essere coinvolta nel balbettio di brevi battute proprio del linguaggio di facebook che, a mio parere, non aiuta a comunicare.
Così provo anche a praticare anche questo spazio.

Segnalo, per chi volesse documentarsi sulla questione registrazione anagrafica dei figli dei sans papier (non sarà certo il lega-dipendente di turno ad indurmi a chiamarli clandestini) l’indirizzo dell’articolo (10 novembre 2009) che sintetizza la questione: 
http://diariealtro.altervista.org/blog/10-novembre-2009-i-sans-papier-ditalia-e-i-corollari-della-sicurezza/

27 Luglio 2010Permalink

20 luglio 2010 – Letture: Ho un sogno e Confronti

Ho un sogno è un mensile locale che esce ormai da 19 anni.
Chi volesse prenderne visione può rivolgersi alla libreria CLUF (Via Gemona 22 – Udine) o all’associazione Proiezione Peters (asspp@iol.it).


Confronti é un mensile nazionale di cui si può prendere visione – e scaricare anche alcuni articoli – nel sito web www.confronti.net
Si presenta come “una pubblicazione mensile di “fede, politica e vita quotidiana”. Al tempo stesso è un centro culturale impegnato
sui temi del dialogo tra le fedi e le culture, del pluralismo e dell’educazione alla pace”.

Sono due letture cui non manco mai e, in particolare per ciò che riguarda Ho un sogno, riesco anche a scrivere qualche cosa.
Riporto, con un po’ di megalomania dato che ne sono autrice,  l’editoriale del numero appena uscito.

Su Ho un sogno abbiamo già segnalato che il ‘pacchetto sicurezza’ (lettera g, comma 22, art. 1, legge 15 luglio 2009 , n. 94 – Disposizioni in materia di sicurezza pubblica) richiede ai migranti privi di permesso di soggiorno (coloro che vengono chiamati clandestini) l’esibizione dello stesso anche per la registrazione degli atti di stato civile (nascita, matrimonio, morte). Sono atti che prevedono l’intervento del sindaco che –agendo quale ufficiale di governo- trova in queste registrazioni lo strumento per riconoscere chi, nel suo comune, nasce, vive e muore.
Purtroppo rendere difficile se non impossibile il godimento dei diritti che spettano ad una persona, indipendentemente dalla sua appartenenza a uno o ad altro stato, non ha creato diffuse perplessità o motivati dubbi in un’opinione pubblica ormai assuefatta ad accettare le discriminanti etniche come condanna e solo la labilità di una circolare del Ministero dell’Interno ha ridotto il rischio di  trasformare sistematicamente in apolidi i  neonati figli di sans papier.
Ma gli strappi alla Costituzione che il pacchetto sicurezza prevede non si fermano qui e, se l’assenza della politica è stata pressoché totale anche nel tutelare diritti sanciti dall’ONU e dalla legislazione europea, non altrettanto può dirsi della magistratura che, agendo come suo compito su casi precisi, ha cominciato ad identificarli.
Così  il Giudice di Pace di Trento (con un’ordinanza dello scorso mese  di giugno) ha sospeso il procedimento espulsivo a carico di una cittadina cilena cui erano state impedite le pubblicazioni di matrimonio con un cittadino italiano e rinviato gli atti alla Corte Costituzionale.
La stessa Corte ha già deliberato su un punto fondamentale della legge 94/2009 e.
pur riconoscendo il ‘reato di clandestinità’,  avrebbe riconosciuto l’illegittimità dell’aggravante  di clandestinità (pene aumentate di un terzo se a compiere un reato è un immigrato presente illegalmente in Italia).
Ci sembra però opportuno non ignorare l’ordinanza dello scorso mese di giugno del giudice del lavoro del Tribunale di Udine  che  ha accolto il ricorso presentato da un cittadino rumeno, sostenuto da ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), CGIL, CISL e UIL, contro il diniego all’erogazione dell’assegno di natalità regionale (meglio conosciuto come bonus bebè) da parte del Comune di Latisana per mancanza del requisito di residenza decennale in Italia e quinquennale nel Friuli Venezia Giulia,come previsto dalla relativa legge regionale.
Sempre in giugno la corte di Cassazione ha emesso una sentenza che nega il riconoscimento di idoneità all’adozione a coppie che facciano riferimento, come criterio di scelta, all’etnia dei minori adottandi. Sembra un passo importante nei confronti del rifiuto di un pregiudizio che spesso non accoglie il riconoscimento della pienezza del diritto di un minore.
Certamente l’elencazione di questi ‘frammenti’ di pronunce della magistratura (e non sono le sole) non soddisfa l’esigenza dell’affermazione di un principio di civiltà che non appartiene alle nostre leggi sull’immigrazione, sulla sicurezza e non solo, ma l’enunciazione di un principio quale che sia non è compito del potere giurisdizionale ma del legislativo che dovrebbe trovare sostenitori e oppositori in una società civile consapevole e attenta.
Non é un caso che ora a livello governativo ci si dia da fare per mutilare (o almeno pesantemente minacciare) le fonti di informazione.

 

 

20 Luglio 2010Permalink

16 luglio 2010 – I tempi non si scelgono – 3

I tempi non si scelgono
In essi si vive e si muore –3

Le nuove, minacciose Eve.
Concludevo la puntata precedente con un richiamo alla chiesa cattolica che i giorni trascorsi hanno reso particolarmente pregnante.
Il 15 luglio é uscito infatti un documento pontificio che fa capo alla Congregazione della Dottrina della fede, un’ampia riscrittura delle “Normae de delictis gravioribus” del maggio 2001, la cui sintesi si può leggere ne L’Osservatore romano del 16 luglio.
Non ho esaminato il documento nella sua interezza, forse lo farò, forse no, se non ne avrò il tempo, ma l’articolo pubblicato da L’Osservatore Romano che oggi illustra quel documento non può essere attribuito alla mia malignità (mi capita spesso di essere accusata di questo e altro).
L’articolo, di cui il link rende possibile la lettura, si conclude con una frase sconcertante che riporto integralmente:
 

’A completamento di questa breve rassegna sulle principali novità contenute nelle “Norme” il direttore della Sala Stampa della Santa Sede si sofferma anche sugli aggiornamenti che si riferiscono a delitti di altra natura e spiega che “in realtà anche in questi casi non si tratta tanto di determinazioni nuove nella sostanza, quanto di inserimento di normative già vigenti, così da ottenere una normativa complessiva più ordinata e organica sui “delitti più gravi” riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede”: i delitti contro la fede, per i quali sono normalmente competenti gli Ordinari, ma la Congregazione diventa competente in caso di appello; la registrazione e divulgazione compiute maliziosamente delle confessioni sacramentali e l’ordinazione delle donne’.

Quindi – per la mia realtà di genere – posso essere occasione di un delitto contro la fede, di un robusto confronto criminoso con Dio, dato che la fede a Dio si riferisce. O no? Se non fossi abituata a riflettere, se non avessi un convinto rispetto per la fede mia e altrui mi prenderebbe un attacco di onnipotenza.

Giustizia o diritto canonico?.
Ne fa riferimento anche un comunicato di ‘Noi siamo chiesa’ che così dice:

’Per ultimo perché infilare in questo testo (art.5) la scomunica latae sententiae  a chi procede alla “sacra ordinazione di una donna” (e naturalmente per la donna che la riceve)? Mi sembra una posizione difensiva ed anche arrogante. Sembra  scritta solo  per essere revocata tra qualche anno.’

A me sembra un’affermazione che sottovaluta la portata del problema (delitti contro la fede scriveva l’Osservatore romano, cui sono obbligata ad attribuire la cura nell’esattezza terminologica. O non dovrei?) ma il comunicato porta la stessa data del documento vaticano, 15 luglio. De supporre che sia stato scritto ‘a caldo’ (non solo e non tanto evidentemente per le temperature torride di questi giorni).
Spero che ‘Noi siamo chiesa’ torni a pronunciarsi più puntualmente in proposito.
Lo stesso documento però fa un’osservazione importante su un problema che a me sta particolarmente a cuore. Riporto la citazione:


’Ma la grave debolezza strutturale del testo è data ancora una volta dal problema del rapporto con la giurisdizione civile. Incredibili dictu nulla si dice nel nuovo documento, nonostante i mesi caldissimi su questa tematica. C’è solo una dichiarazione del padre Lombardi – a mio giudizio molto sulla difensiva- che giustifica questa assenza perché si tratta di norme canoniche in sé complete e distinte da quelle degli Stati. Ma è appunto questa separatezza la causa principale dell’ormai ben conosciuto sistema di privilegio per il clero e di abbandono della tutela delle vittime !’

La considerazione della violenza sessuale come reato contro la persona e non contro la pubblica morale è un portato recente della cultura laica, non certo del catechismo cattolico, né può essere di conforto il costume – tutto catechistico – che vuole pietà, considerazione, assistenza per le vittime ma svicola dal problema dei diritti negati, che fanno parte di un contratto sociale che ci appartiene come cittadine e cittadini non come belanti pecorelle.
Chi volesse leggere integralmente il documento (spero non l’ultimo) di Noi siamo chiesa può farlo da qui.

Ad majorem Dei gloriam.
Recentemente a Udine si è svolto un convegno dal tema ‘Il percorso di fine vita: aspetti scientifici e bioetici’. Il livello del convegno era diseguale e spesso un po’ poverello, ma mi ha profondamente turbato l’intervento di una neuropsichiatra che si é proposta, in quanto donna, come colei cui sarebbe spettata la mozione dei sentimenti.
Se io mi rivolgo ad una neuropsichiatra mi interesso della sua competenza, non dei suoi sentimenti né di quelli che la signora intendeva suscitare.
Non bastando questa gaffe, si è premurata di giustificare la sua riflessione sul ‘fine vita’ affermandosi cattolica (e io che faccio se vado da un/una neuropsichiatra? Gli/le chiedo il certificato di battesimo o la laurea specialistica?), fornita di un fratello prete e di una sorella suora. Così ha ficcato nel calderone anche il familismo e tutti siano rimasti infelici e scontenti o almeno tanto è capitato a me.

Così il mondo associativo, che ha in larga parte (non nella sua totalità) perso il senso di responsabilità che gli appartiene in quanto parte della società civile, si è ripiegato sull’assistenza (spesso offerta in modo esemplare, altre volte no) che ha assunto importanza anche per aspetti trascurati della quotidianità (e tanta più ne assumerà quando diventerà anche luogo riparatore dei guasti della prossima manovra finanziaria). Ora quel mondo è ammirato e può offrire ai politici che lo praticano un comodo e persino rispettabile palcoscenico.
Qualche sostegno finanziario e l’opportunità di un voto di scambio.
Non è mafia (o ‘drangheta o camorra), non ce n’é bisogno basta il bon ton nuova maniera per cui tu non mi rompi le scatole con richieste che, se le praticassi, mi renderebbero impopolare e io ti finanzio la sala per riunioni, il convegno che vorrai promuovere, al minimo ti assicuro un articolo visibile sulla stampa locale  ecc. ecc.
Ad majorem Dei gloriam si diceva un tempo.
E se a Dio aggiungiamo il politico di turno o l’aspirante tale i conti tornano.
Gli spazi per un ragionamento collettivo sono diventati nicchie, naturalmente povere.
Io cerco di praticarle e per quel che posso, di darne notizia, sperando che altri si unisca per consentire o dissentire.
I commenti alla fine di ogni pezzo sono fatti per questo.  
(fine)

16 Luglio 2010Permalink

08 luglio 2010 – I tempi non si scelgono – 2

8 luglio 2010 –

I tempi non si scelgono
In essi si vive e si muore – 2

Ho ricopiato il titolo dalla citazione di una poesia di Aleksander Kušner, proiettata alla mostra Russie! A Ca’ Foscari – Venezia.

I comuni, primo luogo istituzionale del vivere insieme, ma
….. ormai si sono poste le basi per riportarli a un ruolo neopodestarile non contestato.
La solidarietà si trasforma in pietà capace di assistenza ma la pietà dei ‘buoni’ non riscatta la sciatteria di chi vuole ignorare l’etica della solidarietà ‘politica, economica e sociale’ (Costituzione della Repubblica – art.2)
Anni fa avevo sperato in una svolta promossa e voluta dalle associazioni che si formano nella società civile. Ora non più…
Così concludevo la mia puntata precedente.
Ero arrivata al nodo che mi assilla da anni, l’involuzione del mondo associativo, quale luogo di pensiero discusso e condiviso e insieme momento di forza nella società civile.
L’associazione, più o meno formalizzata, è spazio offerto a chiunque e può farsi anche luogo per giudicare i livelli istituzionali che dovrebbero rappresentarci.
Non mi sembra funzioni così.

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, (Costituzione. Art. 2)

Di conseguenza “i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi” (Costituzione Art. 17). Forse sarò irrispettosa ma non posso impedirmi di dire che i padri costituenti erano ingenui. Le armi cui pensavano erano quelle, deposte a guerra finita, ma non immaginavano che arma potesse diventare la parola, che stavano adoperando con attenzione e rispetto nello sforzo condiviso di creare le basi del contratto sociale per l’Italia che stava nascendo.
E proprio qui il degrado della funzione associativa ha un ruolo che provo a raccontare a modo mio, dal mio punto di vista che diventa indiscusso non per mia volontà di egemonia ma perché non riesco più a trovare i luoghi per discuterlo.
Recentemente, e questo mi ha molto turbato, questa mia ricerca è stata definita ‘nostalgia’.

Qui e ora – ascesa e degrado delle associazioni

Era il 1991 e, quando scoppiò la crisi balcanica, il Friuli Venezia Giulia si trovò in una posizione protagonista. Nella prima fase della guerra i profughi fuggivano verso le frontiere del nord est italiano. Ponevano almeno due ordini di problemi: l’emergenza assistenziale e il riconoscimento del loro status.
Non fuggivano a seguito di persecuzioni dirette e personali per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a determinati gruppi sociali o di opinioni politiche ma solo –e, almeno nella fase iniziale, erano per lo più donne e bambini –
perché la loro vita era minacciata dalla guerra e dai suoi effetti collaterali.
L’anno successivo la legge 390 (‘recante interventi straordinari di carattere umanitario a favore degli sfollati delle Repubbliche sorte nei territori della ex Jugoslavia’) costruì le basi perché fosse possibile sostenerli nel nuovo percorso di vita.
Varie associazioni che si erano immediatamente mosse per offrire loro un sostegno si impegnarono anche per garantirli sul piano giuridico in un confronto che si volle caratterizzato da competenza e che fu stretto –e a volte anche aspro- con i livelli istituzionali.
Il permanere della crisi balcanica, l’intensificarsi del fenomeno migratorio tolsero a quell’intervento ogni carattere di occasionalità. La legge chiamata Martelli (n.30/1990) aveva consentito più ampio spazio all’accoglienza, sciogliendo la ‘riserva geografica’ che la voleva limitata coloro che provenivano da paesi d’Europa (leggi URSS e paesi satelliti).
I poteri locali riconobbero il ruolo delle associazioni e offrirono loro sostegno perché continuassero in un’attività di ormai indispensabile supplenza.

E la supplenza si fece scambio
Lentamente, con il farsi più significativo e visibile il ruolo delle migrazioni, la cultura della Lega Nord segnò l’area del suo maggior successo e poco a poco, senza che vi fossero difese al senso minacciato della decenza etica e politica, il razzismo divenne senso comune. Così regioni e enti locali, nella confusa girandola normativa di leggi statali, identificarono nell’accoglienza dei migranti un ruolo politico della ‘sinistra’ e le associazioni che di accoglienza si occupavano –e che lo facevano anche, ma non sempre, in forma dignitosa e positiva- divennero i referenti privilegiati per un sostegno che spesso si trasformava in occasione di possibile voto di scambio (o almeno per suscitare i sospetti delle persone consapevolmente maligne come me).
Anche per questa connotazione gli impegni a rimuovere le conseguenze perverse del razzismo dilagante tennero conto soprattutto di quei soggetti che potevano essere incisivi nei confronti dell’opinione pubblica, mentre altri vennero ignorati.
L’informazione sui diritti sanciti spesso si sciolse nella propaganda per questa o quella realtà associativa e per l’obiettivo specifico che questa o quella perseguivano..
Chi non poteva. per sua condizione, rendersi visibile fu ignorato.
Ne so personalmente qualche cosa per il mio peregrinare cercando di suscitare inutilmente o quasi interesse per la questione della registrazione anagrafica dei figli dei sans papier che qui ricordo solo riportando l’immagine che per tanto tempo ho lasciato nella homepage di questo mio sito e ricollegandomi per l’ennesima volta alla magistrale sintesi della questione curata da Enrica Brunetti.

Cappuccetto rosso non deve allontanarsi da casa per conoscere la violenza.
Dove nasce non la vogliono riconoscere e, rendendola invisibile, la abbandonano ad ogni minaccia.
L’immagine é stata gentilmente concessa dall’autrice Sarolta Szulyovszky.

 

 

 

Particolarmente sconvolgente l’indifferenza al problema della chiesa cattolica e delle aggregazioni (parrocchie e simili) che a questa fanno riferimento, in ipocrita contraddizione con i ‘valori’ della famiglia che ormai mi sembrano più schiamazzi che autorevoli comunicazioni.
Ma di ciò dirò più avanti.
(continua)

8 Luglio 2010Permalink

08 luglio 2010 – I tempi non si scelgono – 1

I tempi non si scelgono
In essi si vive e si muore. -1

Ho ricopiato il titolo dalla citazione di una poesia di Aleksander Kušner, proiettata alla mostra Russie! A Ca’ Foscari – Venezia

Ricomincio a scrivere, provo perché credo non sia giusto abbandonare un impegno intrapreso con me stessa (anche se non sarebbe il primo) e poi questa ‘non carta’ è l’unico luogo in cui posso rendere visibili, almeno a me, le mie parole.
Sto leggendo un libro di grande interesse, un’inchiesta giornalistica vera fatta sul campo e non sulle veline. E’ un volume regalatomi da un’amica, cui sono molto grata. Si tratta di Fabrizio Gatti. Bilal (viaggiare, lavorare, morire da clandestini. 2007 BUR).
Leggendo per un po’ ho riconosciuto i modi di scrittura e i modi del lavoro di Ryszard Kapuscinski, il vero giornalismo d’inchiesta, quello dei giornalisti che consumano le scarpe diceva Igor Man. Qualche cosa però mi turbava: quanto più Gatti si addentrava nelle piaghe di un’Africa percorsa da lui come da uno dei tanti dannati che da quella terra cercano di venire in Europa, tanto più mi richiamava il giornalista polacco e insieme percepivo una distanza enorme fra loro.
L’africa postcoloniale di Kapuscinski, per quanto misera, lasciava intravedere la possibilità di un futuro sperato, desiderato, prossimo ad essere progetto (che solo nel Sud Africa di Mandela ha funzionato). L’Africa di Gatti è solo disperazione che il coraggio di chi se ne va non riscatta. Il futuro, se c’é, è altrove e altrove va ricercato senza progetto perché progetto non è possibile. Lo ‘sprezzo del pericolo’ scrive Gatti, riprendendo con voluto sarcasmo un’espressione cara ai militari che riconoscono quello sprezzo nelle loro medaglie e non in chi affronta un viaggio folle per aiutare altri –forse- a sopravvivere. E sono proprio i militari che contribuiscono alla reclusione dei disperati, identificati come ‘clandestini’, di cui non sanno riconoscere il coraggio che celebrano nei loro medaglieri..
E ancora Gatti, tentato da pensieri violenti verso gli schiavisti che incontra in Italia. : “Abbiamo soltanto due modi di risolvere i conflitti. Attraverso le parole o attraverso la violenza” (pag. 481) Nell’alternativa parole-violenza il giornalista crede ancora; io sempre meno: scopro ogni giorno parole che coprono violenza attraverso quella rassegnazione che si propone come saggezza realista ed è fondamentalmente ipocrisia.

La violenza del non detto.
Ogni volta che affronto il senso delle parole, la loro possibilità di essere sostanza di un progetto, di farsi motori di modifica, provo uno sgomento crescente.
Non trovo silenzio (sarebbe meglio quando la parola si fa beffa), trovo chiacchiera, adeguamento al peggio il cui confine, sempre più mobile, si sposta verso il baratro facile da prevedere ma contro il quale non si sono costruite difese.
Da anni era facile presagire il crollo della politica: la caricatura vile e ben accolta da molti fattane dalla Lega Nord, epifania di quanto di peggio si può costruire nel vivere collettivo, avamposto spudorato e gradito del berlusconismo più becero, catalogo delle bestialità del buon senso e crogiolo per la loro esasperazione, non aveva trovato oppositori e oggi è senso comune.
Da una parte se ne rideva con la spocchiosa superiorità di chi è immediatamente in grado di identificare le stupidaggini dette da altri, dall’altra la si accoglieva come un laboratorio di matte e insieme utili bestialità: se quel che diceva Bossi riusciva sgradito lo si attaccava (la bandiera come carta igienica…) se quel che diceva Bossi passava senza traumi – o addirittura riusciva accettabile – se ne faceva tesoro. Un tabù violato può diventare un luogo comune pronto all’uso (le espressioni di antimeridionalismo, le dichiarazioni razziste…).
Se a ciò si unisce il degrado delle istituzioni, conseguente il degrado del personale politico, è chiaro che il luogo deputato alle decisioni collettive si fa impraticabile.
A livello nazionale deputati e senatori sono eletti dal popolo solo nella loro quantità ma, come persone, sono designati in forma ferrea dalle decisioni delle segreterie dei partiti. Quel che conta è avere molti eletti per governare con qualsiasi mezzo (la storia del ministro lampo Brancher ne è un esempio meravigliosamente chiaro) o per fare opposizione senza scomodarsi a creare un progetto, soddisfatti di urlare vari e scoordinati ‘no’, logicamente traballanti quanto i ‘sì’.
Chi parla e prima pensa in questo coacervo non è gradito da nessuna parte.
Il consenso sembra incompatibile con il pensiero.

I comuni, primo luogo istituzionale del vivere insieme.
I comuni, primo luogo istituzionale del pensare insieme. Sono diventati il primo gradino di un cursus honorum o, se l’onore ricevuto non ha corso, un luogo per elevarsi sopra i propri concittadini a onore e gloria del partito o della lobby che ti ha sostenuto. E partito e lobby agli eletti chiedono poi di pagare il conto e il pagamento viene onorato per quanto squallido..
Ho scritto per più di un anno del problema della registrazione anagrafica dei figli dei sans papier e non sono riuscita a trovare quasi nessuno che capisse come questa dissennata decisione del governo, diventata legge e malamente rabberciata da una circolare salva vergogne come un perizoma raccattato per necessità, fosse un insulto al ruolo stesso dei sindaci, tranquilli nel loro pacioso adattarsi a non conoscere chi nasce nel loro territorio.
Stiamo costruendo – segnandoli dalla nascita- persone senza cittadinanza, senza genitori riconosciuti come tali, senza diritti. Fra una quindicina d’anni forse ne parlerà un nuovo Kapuscinski, ne inorridirà un nuovo Gatti senza bisogno di cambiare continente.
Contemporaneamente si pongono le basi per riportare i comuni a un ruolo neopodestarile.
La solidarietà si trasforma in pietà capace di assistenza ma la pietà dei ‘buoni’ non riscatta la sciatteria di chi vuole ignorare l’etica della solidarietà ‘politica, economica e sociale’ (Costituzione della Repubblica – art.2)
Anni fa avevo sperato in una svolta promossa e voluta dalle associazioni che si formano nella società civile. Ora non più…
(continua)

 

8 Luglio 2010Permalink

30 maggio 2010 – Contraddizioni.

Riapro il mio sito dopo un periodo difficile che mi ha tolto per un po’ il piacere della scrittura.
Riprenderò l’argomento, di cui in questo scritto offro la documentazione, in un prossimo intervento.

Parole sagge e confortanti

Riprendo questo testo di Giancarla Codrignani dalla newsletter ‘Centro di ricerca per la pace’ (nbawac@tin.it)

“Credo che per le persone amiche della nonviolenza sia tornato il tempo della disobbedienza civile: “dovremo disobbedire alle leggi inique e associarci alla responsabilità di coloro che, magistrati o giornalisti, “seguiranno il dovere professionale, la correttezza morale e la coscienza”.

Così il Centro presenta Codrignani:
Giancarla Codrignani, presidente della Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio militare), gia’ parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di liberazione, di solidarieta’ e per la pace, e’ tra le figure piu’ rappresentative della cultura e dell’impegno per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Giancarla Codrignani: L’odissea intorno ai telai, Thema, Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le altre, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994; L’amore ordinato, Edizioni Com nuovi tempi, Roma 2005]

Disobbedienza e altro.
Purtroppo non basta disobbedire a chi viene percepito come avversario.
Riporto quanto ricevuto da altra newsletter e le mie risposte (inutili)

Primo messaggio ricevuto (cancello i nomi dei mittenti. Mi sembra più decente)

Ieri il Senato ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza (D.d..L. 733) tra gli altri con un emendamento del senatore Gianpiero D’Alia (UDC) identificato dall’articolo 50-bis: /Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere …
XX segnala (n.d.r.: la censura del nome è mia):

Il 1984 di Orwell non è così lontano…

NESSUN TELEGIORNALE HA AVUTO IL PERMESSO DI DIFFONDERE QUESTA NOTIZIA

Ieri il Senato ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza (D.d..L. 733) tra gli altri con un emendamento del senatore Gianpiero D’Alia (UDC) identificato dall’articolo 50-bis: /Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet/; la prossima settimana Il testo approderà alla Camera diventando l’articolo nr. 60.
Il senatore Gianpiero D’Alia (UDC) non fa parte della maggioranza al Governo e ciò la dice lunga sulla trasversalità del disegno liberticida della”Casta”.
In pratica in base a questo emendamento se un qualunque cittadino dovesse invitare attraverso un blog a disobbedire (o a criticare?) ad una legge che ritiene ingiusta, i /providers/ dovranno bloccare il blog.
Questo provvedimento può far oscurare un sito ovunque si trovi, anche se all’estero; il Ministro dell’Interno, in seguito a comunicazione dell’autorità giudiziaria, può infatti disporre con proprio decreto l’interruzione della attività del blogger, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.
L’attività di filtraggio imposta dovrebbe avvenire entro il termine di 24 ore; la violazione di tale obbligo comporta per i provider una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000.
Per i blogger è invece previsto il carcere da 1 a 5 anni per l’istigazione a delinquere e per l’apologia di reato oltre ad una pena ulteriore da 6 mesi a 5 anni perl’istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all’odio fra le classi sociali.
Con questa legge verrebbero immediatamente ripuliti i motori di ricerca da tutti i link scomodi per la Casta! In pratica il potere si sta dotando delle armi necessarie per bloccare in Italia Facebook, Youtube e *tutti i blog* che al momento rappresentano in Italia l’unica informazione non condizionata e/o censurata.
Vi ricordo che il nostro è l’unico Paese al mondo dove una /media company/ ha citato YouTube per danni chiedendo 500 milioni euro di risarcimento.
Il nome di questa /media company/, guarda caso, è Mediaset
Quindi il Governo interviene per l’ennesima volta, in una materia che, del tutto incidentalmente, vede coinvolta un’impresa del Presidente del Consiglio in un conflitto giudiziario e d’interessi.
Dopo la proposta di legge Cassinelli e l’istituzione di una commissione contro la pirateria digitale e multimediale che tra poco meno di 60 giorni dovrà presentare al Parlamento un testo di legge su questa materia, questo emendamento al “pacchetto sicurezza” di fatto rende esplicito il progetto del Governo di /normalizzare/ con leggi di repressione internet e tutto il istema di relazioni e informazioni sempre più capillari che non si riesce a dominare.
Tra breve non dovremmo stupirci se la delazione verrà premiata con buoni spesa!
Mentre negli USA Obama ha vinto le elezioni grazie ad internet in> Italia il governo si ispira per quanto riguarda la libertà di stampa alla Cina e alla Birmania.
Oggi gli unici media che hanno fatto rimbalzare questa notizia sono stati il blog Beppe Grillo e la rivista specializzata Punto Informatico.
Fate girare questa notizia il più possibile per cercare di svegliare le coscienze addormentate degli italiani perché dove non c’è libera informazione e diritto di critica il concetto di democrazia diventa un problema dialettico.

Servirà???? diffondiamo…..finché si può

(n.d.r.: prima dello sciagurato invito alla diffusione veniva indicata la fonte della falsa notizia. Bastava verificare e il falso, come riferirò più avanti, sarebbe stato dimostrabile).

Prima mia risposta (24 maggio) che ho inviato alla mittente e a tutta la lista in chiaro che accompagnava il messaggio. Non è seguito alcun riscontro.

Il pacchetto sicurezza è diventato legge quasi un anno fa ed è in vigore dall’8 agosto 2009. Quindi non è più ‘pacchetto’ ma legge 15 luglio 2009, n. 94, recante ‘Disposizioni in materia di sicurezza pubblica’, pubblicata sul supplemento della Gazzetta Ufficiale del 24 luglio 2009.

Il pacchetto portava il numero 733 (Senato) fra il 2008 e il febbraio 2009.
Poi ha cambiato numerazione nel passaggio fra i rami del Parlamento, fino a diventare la legge 94.

La legge 94 è composta di tre articoli perché molti articoli della numerazione precedente sono diventati commi rispettivamente dell’articolo 1, 2 e 3 nel corso delle votazioni per blocchi, così organizzate per rendere possibile il voto di fiducia.
Quindi l’art. 60 e 50 bis non esistono nella numerazione della legge in vigore.
L’emendamento D’Alia esisteva (due anni fa o giù di lì), ma è stato bocciato in corso di dibattito.

Quindi il messaggio che avete ricevuto, ed é stato diffuso in una delle catene irresponsabili che purtroppo si creano su internet, o è vecchio e circola ancora in rete o fa un minestrone con l’altro
provvedimento in dibattito, il Disegno di Legge presentato dal Ministro della giustizia (ALFANO) e approvato dalla Camera dei deputati l’11 giugno 2009.
Il disegno, com’è noto, si intitola:
Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche

Che la legge 94/2009 e il disegno in discussione siano schifezze pensate da menti sciagurate e irresponsabilmente votate da chi non rappresenta il popolo italiano (deputati e sentori escono
da liste prefabbricate dai partiti e malamente blindate, anche dall’attuale opposizione) è, per me, un dato di fatto.
E’ altrettanto, sempre secondo la mia opinione, dato di fatto costruire informazioni scorrette.

A me sembra faccia il gioco dei berluscon-leghisti.
Il fatto che sia inconsapevole non limita il danno
augusta (Augusta De Piero – Udine)

Seconda mia risposta
Il 28 maggio, indignata da una spedizione identica alla prima, nonostante le informazioni che avevo procurato, per mio scrupolo sono andata alla fonte dal messaggio indicata come diffusore della notizia (www.perlapace.it) e ho trovato quanto segue:

25.05.2010 Quel testo non è nostro. Ed è anche falso
Articolo di: La redazione
Su segnalazione di un nostro lettore,
abbiamo scoperto che sta girando in rete un testo intitolato “Nessun telegiornale ha avuto il permesso di diffondere questa notizia” (in allegato) ed in calce è stato scritto: documentazione diffusa da Coordinamento degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani, http://www.perlapace.it/.
Abbiamo potuto verificare che la notizia è falsa, che il D.d.l. 733 è stato approvato al Senato come legge n. 94 nel luglio 2009 e che l’emendamento D’Alia, di cui si parla nel testo, è nato e morto in commissione senza mai andare in aula. Il Coordinamento degli Enti Locali per la pace e i diritti umani e la redazione del sito www.perlapace.it smentiscono di essere autori del testo e di averlo diffuso.
Diffidiamo chiunque dall’usare impropriamente le nostre sigle.
Coordinamento degli Enti Locali per la pace e i diritti umani
Redazione del sito www.perlapace.it 25 maggio 2010

Per chi volesse verificare alla fonte
http://www.perlapace.it/index.php?id_article=4405&PHPSESSID=a53c4fd66d14ea2aaf16c9f892109e52

30 Maggio 2010Permalink