Riprendo il tema che apriva il mio post di ieri (che si può rileggere da qui)
Il GrIS è la prima associazione friulana che reagisce positivamente al richiamo della problematica dei diritti civili per i neonati, figli di immigrati irregolari.
In Friuli, pur cercando di diffondere questa informazione con tutti i mezzi che avevo a disposizione, in particolare con il piccolo mensile udinese Ho un sogno, avevo finora ottenuto solo qualche interesse individuale (e comunque non di persona appartenente a istituzioni, non di appartenenti a chiese cristiane o altre organizzazioni religiose).
Fuori di qui c’è stato interesse da parte di un’organizzazione milanese (Notam) che ha reso possibile la pubblicazione di cui ho scritto il 15 marzo scorso, dell’associazione Amisdrada (Roma) e da parte della rivista Confronti (Roma) che ha pubblicato una notizia qualche mese fa.
Quando mi sono resa conto del disinteresse totale delle istituzioni, non per le mie segnalazioni ma per il problema, ho provato un’angoscia profonda.
Mi turba in particolare il silenzio dei sindaci che vengono indicati come democratici che si sono dimostrati incapaci, anche attraverso gli organismi che li rappresentano (penso in particolare all’ANCI), di rivendicare la loro funzione di responsabili di un territorio, il che significa in primo luogo il dovere di assicurare l’evidenza della popolazione che su quel territorio vive.
Naturalmente i sindaci leghisti sono stati invece attivissimi nel diffondere le oscenità persecutorie che sono loro proprie.
Il 4 ottobre ho raccontato dell’incivile disobbedienza proclamta dal sindaco – senatore Mazzatorta. ma già nel 2009 avevo ricordato il Natale per soli bianchi, proclamato dal sindaco di Coccaglio, e la caccia all’uomo (ovviamente migrante) indetta dal sindaco di San Martino dall’Argine. Chi poi facesse ricorso al tag ‘istituzioni local regionali’ troverà altri esempi sparsi nel mio blog.
Sorvolo sulle leggi regionali del Friuli Venezia Giulia, reiteratamente respinte dalla consulta.
Purtroppo il silenzio dei sindaci è facilitato, se non promosso, dalle associazioni di settore, che -pur se capaci talvolta di esercitare attività di nobile livello- sono dal tutto indifferenti alle istituzioni, alla promozione di norme che regolino la vita di tutti noi. La sola cosa che interessa alla associazioni che si occupano di migranti (e in molti casi,ma qui il mio giudizio è meno pessimistico, di emarginati in genere) è il proprio riconoscimento, corroborato da finanziamenti. Poiché l’esperienza mi ha reso sospettosa non posso non pensare al voto di scambio.
E mi turbano ancora parole e silenzi della gerarchia cattolica, cui corrisponde l’ossequio irresponsabile di molti.
Per dire di questo problema ho la fortuna di non dover usare parole mie.
Dalla newsletter Notam n.382
Riprendo un articolo che ho scannerizzato dalla newsletter Notam (chi volesse riceverla può mandare il proprio indirizzo elettronico a info@notam.it).
E’ un testo che affronta il problema di silenzi che turbano e di parole improprie ben oltre – e senza citarlo – il tema della registrazione anagrafica ma che, secondo la mia opinione, ricomprende egregiamente i fondamenti di questo, come di altri diritti non negoziabili
PRINCIPI NON NEGOZIABILI Ugo Basso
Credo che l’espressione sia stata coniata dal cardinale Camillo Ruini, allora per nomina di Giovanni Paolo II presidente dei vescovi italiani, per indicare, con rigore etico, principi appunto non discutibili che avrebbero dovuto essere difesi in qualunque circostanza dai cattolici e in primo luogo dai parlamentari cattolici. I due fondamentali sono la difesa della vita dal concepimento alla fine naturale e la famiglia fondata sul matrimonio, bandiere quindi del coinvolgimento del cattolicesimo nella vita civile del paese.
Tristissimo argomento. Tristissimo innanzitutto per l’espressione: credo che ogni persona che conduca, o intenda condurre, una vita etica abbia dei principi sostenuti con intransigenza, ma una dichiarazione così altisonante e pronunciata da una cattedra che si pone altissima è una dichiarazione contro il dialogo: chi, non condividendo i principi sottoposti a non negoziabilità, si sente opporre una tale affermazione può solo riconoscere di non aver nulla da dire, di non avere spazio di dialogo.
Dunque un’espressione che si pone nello spirito anticonciliare che ha preso il sopravvento nel magistero, visto che il Vaticano secondo, proprio al contrario, invita a praticare lo stile di Gesù, che a nessuno chiude la porta.
E basterebbe questo per cassare l’espressione. Ma purtroppo temo ci sia di peggio.
Infatti i due principi dichiarati non negoziabili riguardano temi complessi e delicati, su cui credo nessuno abbia una parola definitiva, ma proprio nessuno e neppure la scrittura offre risposte chiare e immutabili nel tempo: il cristiano deve appellarsi sempre alla tutela dell’uomo, ma sono argomenti su cui è probabilmente impossibile stabilire in modo inequivoco e definitivo che cosa comporti perché le stesse conoscenze si evolvono presentando situazioni originali e imprevedibili che impongono di ripensare gli stessi parametri di giudizio. La via può solo essere la ricerca insieme agli uomini di buona volontà per operare al meglio, per individuare nelle vie della scienza quello che umanizza e non disumanizza, nell’ambito della coscienza prima che della legge, per dare all’uomo sempre maggiore serenità e una più accettabile qualità di vita a tutte le condizioni, età, appartenenze.
La pretesa immutabilità di principi in questi campi allora non scende da rigore etico, che necessariamente sta a monte, ma dall’esigenza di discriminare in ambito politico: chi li sottoscrive è con la chiesa, chi no è fuori. Guardando lo scenario che abbiamo davanti agli occhi ormai da diversi anni, diciamo con amarezza che chi cerca, si impegna a trovare soluzioni a problemi dolorosi e inquietanti, con la consapevolezza di sbagliare, è additato come non in linea: chi sottoscrive, sottoscrivendo quindi l’idea di una chiesa che pretende norme nell’indifferenza delle coscienze, è da sostenere. E le coincidenze politiche sono pure evidenti, posto che non siano le motivazioni di queste affermazioni, del tutto indipendentemente dalle scelte di vita di che le sostiene in parlamento, relegate a fatti personali.
Cerchiamo di usare il discernimento, dono dello Spirito, per capire e distinguere: i principi etici affermati dall’evangelo sono la fraternità, la dignità, la sobrietà, la laicità, l’impegno a non mentire e a fare giustizia, alla tutela della vita, sì alla vita di tutti, dei malati che non possono curarsi, dei bambini che non possono nutrirsi, dei condannati. L’assiduità alla preghiera mantiene all’erta nel distinguere i falsi profeti che si annidano forse anche in noi, a non abbassare mai la guardia nel riconoscere l’autentico dal corrotto, nonostante gli allettamenti e i successi.
Ancora in questi giorni i cattolici del Pdl ribadiscono come segno di identità i principi non negoziabili: chissà se i movimenti cattolici che stanno cercando un’intesa nella speranza di un nuovo corso alla politica del paese si riconoscono in principi più evangelici?
Ringraziando l’autore che mi ha concesso di condividere e far condividere le sue riflessioni, propongo la citazione di un testo che per me costituiva – e per quanto difficile sia voglio continui a costituire, una speranza.
Segni dei tempi
Il concilio Vaticano II ha sostenuto le speranze di molti di noi, speranze in un rinnovamento della chiesa cattolica e nella capacità di essere autenticamente laici responsabili, in particolare nell’agire e nel pensare sociale e politico, senza doverci ridurre a passivi clericodipendenti.
Certamente questo non era l’unico, ma uno dei tanti temi del concilio e si ritrova soprattutto nella Costituzioen Gaudium et Spes.
Per chi volesse far riferimento diretto al testo lo collego con un link (chi non è abituato al linguaggio formale della chiesa non se ne spaventi!) e, in ogni caso, mi concedo la trascrizione di una breve citazione
“Nessuna ambizione terrena spinge la Chiesa; essa mira a questo solo: continuare, sotto la guida dello Spirito consolatore, l’opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito .
LA CONDIZIONE DELL’UOMO NEL MONDO CONTEMPORANEO – 4. Speranze e angosce.
Per svolgere questo compito, è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e sulle loro relazioni reciproche”.
