29 dicembre 2013 – NEMMENO A NATALE di Giancarla Codrignani

Una interessante riflessione di Giancarla Codrignani

Davvero alle donne non è consentito di fruire dei comuni diritti nemmeno per Natale. si sono dovute inquietare (e addolorare) mentre preparavano i regali per i bimbi e pensavano a come rimediare il bilancio di fine anno. Il governo Rajoy, a cui supponiamo che dell’aborto non importi assolutamente nulla, per consolidare ulteriormente il consenso della destra cattolica in Spagna, ha approvato proprio in questi giorni una legge che limita l’aborto al pericolo di morte per la donna e ai casi di stupro (ovviamente non da parte del marito). Papa Francesco, che tempo fa ha espresso la carità del cristiano nel rifiutarsi di giudicare il dolore di una donna che ha abortito, non ha espresso nessun giudizio sulla decisione spagnola, ma, da uomo di chiesa che crede nel diritto “naturale”, non potrà certo sostenere l’aborto come diritto.

Comunque, non inquieta solo la Spagna. Nel Parlamento europeo è stato bocciato per una manciata di voti il riconoscimento in tutti i paesi dell’Unione del diritto di aborto. C’è da temere che qualcosa contro le donne si possa mettere in moto da parte del mondo cattolico reazionario che non ama Papa Francesco e che ha portato in Europa la richiesta di riconoscimento dello “status di persona” per l’embrione. Il Movimento per la vita ha raccolto quasi due milioni di firme e il 2 febbraio celebrerà la giornata dedicata alla “vita nascente”, che sarebbe appunto quell’embrione chiamato “uno di noi” che così frequentemente scivola giù in bagno senza che neppure la donna, che pensa a un ritardo del ciclo, se ne accorga.

Per chi fosse cattolica, basterebbe pensare al riguardo che Dio usò, secondo la tradizione, nei confronti di Maria, a cui inviò un messaggero per chiederle se consentiva al progetto e alla successiva reazione del patriarcato – antico e moderno – di giudicare impuro il sangue mestruale  e di tenere la donna fuori dal tempio per quaranta giorni dopo il parto. Sempre difficile accettare che la donna abbia “propri” diritti di libertà…

Penso tuttavia che noi donne dovremmo discuterne. Abortire è un diritto? Se nessuno va volentieri dal chirurgo, ormai la società è convinta che sia diminuito il numero delle interruzioni volontarie di gravidanza, mentre è vero solamente che sono finiti i ferri da calza e il prezzemolo. Si sospetta che sia grande e silenzioso il ricorso al privato (chi porterebbe una bambina di quindici anni in consultorio?), dal momento che 500/1.000 euro costituiscono una cifra non impossibile. Inoltre, anche se non ancora da noi, in tutto il mondo aumenta la vendita dei farmaci on-line anche per le pillole abortive: semplice “libertà”, autodeterminazione?. Infatti è già violenza restare incinte senza averlo voluto, violenza quanto meno dell’ignoranza (non si fa educazione di genere nelle scuole). Ma è anche violenza sociale, se la persona, maschio o femmina, ignora il senso della propria sessualità, se la coppia non parla di sé e del suo futuro, se la pratica contraccettiva resta limitata, ma soprattutto se l’uomo non attende il consenso e non rispetta il volere della partner. Ancor oggi il maggior numero di ricorso alla 194 è delle coniugate. In Italia sappiamo che la contraccezione è limitata e anche la pillola del giorno dopo, che non è abortiva, è contestata da medici e farmacisti. Soprattutto, la legge italiana prevede l’obiezione di coscienza per i medici (assolutamente no per i farmacisti che vi si appellano); che è uno strano principio, inventato contro le donne. Infatti chi obiettava al servizio militare obbligatorio – la sola obiezione prevista dal codice – obiettava contro un principio costituzionale. Secondo una corretta giurisprudenza, le leggi si riformano, non si obiettano. Ne deriverebbe che chi fa il medico, vigente la 194, non dovrebbe essere obbligato a lavorare nel servizio pubblico; non è andata così e così resta. Tuttavia le ideologie continuano la loro violenza: è del 21 novembre 2013 in Usa la decisione della Corte della Pennsylvania di disapplicare le multe erogate alle organizzazioni cattoliche che – per convincimenti religiosi – non intendono applicare la legge federale del sistema sanitario che chiede ai datori di lavoro la copertura assicurativa comprensiva di contraccezione e aborto.

Sarebbe dunque il caso di riprendere a ragionare per chiederci se riteniamo di avere “diritto” di abortire perché la gravidanza è un incidente o un destino, o se intendiamo provvedere per non “dovere” continuare ad abortire dal momento che qualunque rapporto sessuale si deve fondare sul consenso e sul rispetto. Il dato di realtà della pillola abortiva è l’ultima chance per ragionare del problema, prima di seppellirlo nei casi di sanità o di moralità privata.

Nel mondo esistono anche le mutilazioni genitali femminili: la ministra Bonino ha da poco chiuso una conferenza a Roma esercitando sull’argomento la responsabilità dell’Italia. In genere non ne parliamo molto. Nemmeno gli uomini, a cui dovrebbe apparire una loro follia. Eppure è un altro problema di violenza sul corpo femminile. Nel 2014 dovremmo pensare anche a donne che stanno peggio di noi in ragione della comune dignità.

E una citazione-regalo sempre di Giancarla

DICEVA EMILY DICKINSON

La speranza è quella cosa piumata
che si viene a posare sull’anima.
Canta melodie senza parole
e non smette mai.

29 Dicembre 2013Permalink

27 dicembre 2013 – La Repubblica intervista il ministro Alfano

Come il solito l’intervista (che in ogni caso tocca più temi) si gioca fra il pressapochismo, i luoghi comuni e sfugge ai problemi che non  fanno opinione, di cui non si fanno carico lobbies utili e anche opportunisticamente attive.
Così ho deciso di scrivere al ministro.
So che non serve ma è l’unico modo che ho per far conoscere (se qualcuno mi legge) ciò che penso.

Lettera aperta al ministro Alfano

Egregio Ministro Alfano
leggo su La Repubblica di oggi, 27 gennaio, la sua intervista e spero riconosca il diritto a una cittadina italiana di farle conoscere un parere su un paio di punti precisi in merito alle opinioni che ha espresso.
Su un punto sono perfettamente d’accordo, quando lei afferma che “La Bossi Fini non può essere liquidata con uno slogan”.
La Bossi Fini è espressione di una cultura che  va ben oltre quel testo e in molte altre norme si esprime e provoca i suoi effetti. Mi soffermerò su uno soltanto ma prima le ricordo un altro passo delle  sue dichiarazioni:  “
ma davvero con la crisi che attanaglia migliaia di famiglie, il Pd ritiene che la proprietà debba essere quella di dare la cittadinanza a chi semplicemente è nato in Italia oppure la cancellazione della Bossi Fini? Per noi invece la priorità è il lavoro”.
Non riesco a capire perché occuparsi della cittadinanza jus soli anziché jus sanguinis  ostacoli l’espressione del dovuto interesse del governo e del parlamento per il problema del lavoro.

Ma lascio perdere anche questo e vengo al punto.
Dopo la Bossi Fini fu approvata nel 2009 la legge 94 (il cd pacchetto sicurezza, fortemente voluto dall’allora ministro Maroni) che contiene altre norme anche indipendenti dalla Bossi Fini. Fra queste norme c’è la negazione della trascrizione degli atti di stato civile a chi non disponga del permesso di soggiorno. Per i matrimoni ha rimediato la Corte Costituzionale, modificando la legge con sentenza  245/2011.
Nessuno invece si però voluto occupare dei neonati, il cui diritto venne così descritto nel 2010 con la risposta dell’allora sottosegretario Davico ad una interrogazione dell’allora on Leoluca Orlando: “E’ stato chiarito che l’eventuale situazione di irregolarità riguarda il genitore e non può andare ad incidere sul minore, il quale ha diritto al riconoscimento del suo status di figlio, legittimo o naturale, indipendentemente dalla situazione di irregolarità di uno o di entrambi i genitori stessi. La mancata iscrizione nei registri dello stato civile, pertanto, andrebbe a ledere un diritto assoluto del figlio, che nulla ha a che fare con la situazione di irregolarità di colui che lo ha generato. Se dovesse mancare l’atto di nascita, infatti, il bambino non risulterebbe esistere quale persona destinataria delle regole dell’ordinamento giuridico”.
Senonché questo diritto, così accuratamente descritto anche nelle sue drammatiche  conseguenze, fu affidato a una circolare  (n.19/2009) emanata a pochi giorni dalla legge, una circolare che potreste rimuovere senza scomodare il Parlamento all’espressione di un parere.

Ora disponete di una proposta di legge (n.740, primo firmatario on. Rosato) che, se avesse il consenso del governo, potrebbe venir discussa e sperabilmente dar luogo per le nascita allo stesso rimedio assicurato dall’Alta Corte per i matrimoni senza imporre dibattiti troppo impegnativi.
Mentre mi piacerebbe capire perché costruire persone prive di ogni diritto ad avere dei diritti sia un sostegno alla sicurezza degli italiani e faciliti l’impegno sul problema del lavoro mancante, Le porgo distinti saluti.
Augusta De Piero

27 Dicembre 2013Permalink

26 dicembre 2013 – Una notizia biblicamente riletta

A seguito dell’articolo dei giornalisti Tommaso Canetta e Pietro Pruneddu, pubblicato dal periodico web linkiesta , che ho trascritto il 21 dicembre, una coppia di amici piemontesi -Ivana e Marco Tommasino -mi hanno inviato una loro lettura ‘biblica’ del testo che riporto in pdf e si può leggere facendo clic sui loro nomi.
Lettera di Natale 2013 – Ivana e Marco

26 Dicembre 2013Permalink

25 dicembre 2013 – Buon Natale dove tutto è cominciato

2013-Natale Palestina

E’ possibile dire Buon Natale ai bambini minacciati e devastati dalla guerra, dalla fame e anche a quelli che vogliamo per legge fantasmi, privi di qualsiasi protezione perché neghiastrage innocenti_sienamo loro il certificato di nascita, predisponendoli a una nuova strage degli innocenti, non necessariamente cruenta ma in tanti modi efficace?

 

La tarsia marmorea si trova nel pavimento del duomo di Siena.

25 Dicembre 2013Permalink

21 dicembre 2013 – Figlio di clandestini!

Non mi sento di rinunciare a un impegno che probabilmente mi ha reso ridicola agli occhi di molti ma, dopo cinque anni di inutili insistenze, raccolte di informazioni, chiarimenti … la situazione comincia a farsi pesante.

Per fortuna con la mediazione intelligente ed efficiente di un’amica milanese – e come me socia di Biblia – ho incontrato un giornalista che (miracolo, visti altri risultati!) ha capito il significato della questione e, insieme a un collega, ha pubblicato su Linkiesta l’articolo che trascrivo e che si può leggere anche da qui.
Linkiesta così si definisce: Quotidiano web based che costituisce una testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano nel 2010.
Ho già inviato il testo dell’articolo a tutti i deputati firmatari della proposta di legge 740 che, se approvata, risolverebbe il problema, almeno a livello legislativo che è però essenziale.

20 dicembre 2013

I genitori spesso non si fidano
Neonati “clandestini” invisibili per lo Stato
Complice una normativa contraddittoria, gli immigrati irregolari non registrano i figli all’anagrafe          Tommaso Canetta e Pietro Pruneddu

“Figlio di clandestini”. Un’etichetta che in Italia può significare una sorte identica dal genitore al neonato. Di padre in figlio, di madre in figlia: la clandestinità come condanna genetica. O peggio. Capitando nell’ufficio dell’anagrafe sbagliato si rischia di essere del tutto inesistenti per lo Stato: niente certificato di nascita, niente potestà dei genitori, cittadinanza apolide, niente diritto allo studio. Tra le maglie del “pacchetto sicurezza”, introdotto nel 2009 dall’allora governo Berlusconi e voluto dall’ex ministro degli Interni Roberto Maroni, esiste una norma che obbliga gli uffici della pubblica amministrazione a chiedere l’esibizione del permesso di soggiorno a un genitore immigrato che voglia registrare il proprio neonato all’anagrafe. Niente documento, niente pratica, niente figlio riconosciuto. E se l’impiegato è zelante, si rischia la denuncia per il reato, ancora esistente, di clandestinità.

L’ambiguità della legge 94, che apriva prospettive considerate incivili e pericolose da diverse organizzazioni internazionali quali l’Unicef, ha costretto il Ministero a pubblicare in fretta e furia una circolare (datata 7 agosto 2009) che stabiliva l’esatto contrario di quanto scritto nella legge, cioè che non va richiesto il permesso di soggiorno all’immigrato irregolare che si reca negli uffici dell’anagrafe a registrare il figlio. Nel tentativo di chiarire il provvedimento è riuscito, se possibile, a renderlo ancora più contradditorio. Il risultato è che molti stranieri senza documenti ancora non registrano i propri figli per paura di essere denunciati. E, in alcune realtà, i dipendenti degli sportelli comunali continuano a chiedere ai genitori di esibire il permesso di soggiorno

In Italia, in base al Rapporto nazionale sulle migrazioni pubblicato di recente dall’Ismu (Istituto per lo studio delle multietnicità), al primo gennaio 2013 erano presenti circa 295mila stranieri senza il permesso di soggiorno. «Ma questa cifra», spiega Alessio Menonna dell’Orim lombardo (Osservatorio regionale per l’Integrazione e la Multietnicità), «tiene conto solo degli “espellibili”, cioè dei maggiorenni. Vanno quindi aggiunti circa 50mila minorenni irregolari». Non pochi tra questi, alcune migliaia si stima, non sono mai stati registrati all’anagrafe italiana.

Il fenomeno è per sua natura difficilmente misurabile – all’anagrafe di Milano ad esempio non sanno dell’esistenza di casi di questo genere – ma è sicuramente più diffuso nelle grandi aree metropolitane del Nord Italia, dove è meno gestibile l’informazione. Bisogna anche considerare che non tutti i bambini nascono nelle strutture ospedaliere. In comunità chiuse, come quella cinese o quella rom, ci sono molti casi di parti in ambito domestico a cui spesso non segue alcuna registrazione. In Lombardia si stima ci siano 15mila bambini irregolari e una buona percentuale delle loro nascite potrebbe non essere mai passata dagli uffici dell’anagrafe. Un sommerso demografico non quantificabile causato da una legge scritta male. Ma non solo.

«L’obiettivo di quella norma era far paura, far respirare all’immigrato di turno un’atmosfera di disagio, farlo sentire in colpa», spiega il dottor Guglielmo Pitzalis, medico friulano del GrIS, una rete di cittadini che si occupano di salute e immigrazione. «Molti immigrati, anche se consapevoli dei propri diritti, preferiscono vivere nascosti e non rischiare piuttosto che alzare la voce e magari farsi espellere». La legge italiana, spiega Pitzalis, permette ad esempio alle donne in stato di gravidanza di aver un permesso di soggiorno temporaneo che dura fino a sei mesi dopo il parto. «Ma molte scelgono consapevolmente di evitarlo perché si sentono in qualche modo controllate dallo Stato italiano e quindi vulnerabili alla scadenza di quel periodo». Nel 2009 la Lega Nord provò anche a introdurre l’obbligo di denuncia da parte di operatori sanitari e sociali che avessero avuto a che fare con irregolari. «Ci fu una ribellione totale da parte dell’intero settore. La salute e i diritti degli immigrati vengono prima di qualsiasi direttiva burocratica».

Contro questa legge confusionaria è nata la battaglia di Augusta de Piero, ex consigliere regionale del Partito comunista italiano in Friuli Venezia Giulia, che da privata cittadina ha tenuto sotto costante pressione il sistema politico per avere risposte. «Subito dopo il varo della legge ho cominciato ad interessarmi al problema ma nessuno mi ha dato ascolto», racconta. «L’unico che si è mostrato coinvolto è stato Bachelet (Giovanni, ex deputato del Pd nella scorsa legislatura, ndr) che mi ha molto aiutato. Grazie a lui ho avuto le prime informazioni. Poi, tramite una consigliera provinciale di Udine, Paola Schiratti, ex Italia dei valori e ora Pd, sono riuscita a contattare Leoluca Orlando (all’epoca portavoce nazionale del partito di Di Pietro). Con lui abbiamo scritto una proposta di legge che, a costo zero, consentisse di risolvere il problema dei documenti per i figli degli immigrati. Poi, terminata la legislatura senza che se ne fosse fatto nulla, quella proposta è decaduta e in questa legislatura è stata ripresa ad aprile dall’onorevole Ettore Rosato, a cui ho scritto non so quante mail al suo indirizzo pubblico per sollecitare la soluzione della questione». La mobilitazione, ora confluita anche in una petizione spedita alla presidente della Camera Laura Boldrini, si è trasformata nella proposta di legge 740 del 13 aprile 2013, di cui il deputato triestino del Pd è il primo firmatario. Si tratta di una semplice modifica del testo esistente per eliminare la contraddizione tra legge e circolare. Poche righe chiarire ogni dubbio: i genitori immigrati che registrano un figlio all’anagrafe non devono esibire alcun documento di soggiorno.

«La proposta non è ancora stata calendarizzata», ammette l’onorevole Rosato al telefono. «Ho provato a inserirla in qualche provvedimento tramite emendamento, ma senza fortuna. Gli emendamenti infatti devono essere attinenti alla materia trattata e finora non abbiamo avuto occasioni adeguate. Non posso onestamente fare previsioni su quando questo accadrà ma noi speriamo il prima possibile, si tratta di una norma di civiltà. L’occasione forse – conclude Rosato – potrebbe essere la nostra proposta sul diritto di asilo che abbiamo chiesto di calendarizzare». Una speranza che sarebbe più solida se il governo avesse mostrato un maggior interesse per la vicenda. Invece, rispondendo lo scorso agosto proprio a un’interrogazione dell’onorevole Rosato, ha liquidato la questione con poche parole. In sintesi: “C’è la circolare e tanto basta”. Ma del resto, i “clandestini” alle urne non ci vanno.

21 Dicembre 2013Permalink

18 dicembre 2013 – Indifferenza o assenza di ogni etica?

Nel 1924, dopo aver concluso la sua esperienza di diplomatico in Vaticano (e la vita a Roma lo indusse ad approfondire la conoscenza della letteratura e della realtà italiana) lo scrittore bosniaco Ivo Andrić pubblicò in un periodico jugoslavo un articolo sul caso Matteotti  . «Incredibile e terribile  è che in Europa … nel centro di Roma a mezzogiorno sei mercenari possano rapire un deputato popolare inerme, segretario di un partito, portarlo fuori città e ucciderlo … Ma per chi vive in Italia è un fatto semplice e banale che una decina di giovani in camicie nere si ponga davanti a un deputato nazionale  … e lo picchi selvaggiamente».
Ho visto quanto ci è stato trasmesso (necessario ma troppo per essere sopportabile) sulle umiliazioni inflitte nel centro di Lampedusa ai migranti, ho constatato l’indifferenza generale e ho ripensato alla indifferenza constatata da Andrić che continuamente si ripropone.
Così ho scritto una delle mie inutili lettere , questa volta al neopresidente del Pd.

Se non resta altro che  dire ‘l’avevo detto’ … diciamolo

Egregio onorevole e presidente del Pd

Ho sentito in dichiarazioni che le sono state attribuite la parole importanti ‘dignità e umanità’ espresse nel contesto delle riflessioni su ciò che è accaduto a Lampedusa.
So che il Pd, il partito che da pochi giorni presiede, è impegnato per il problema della cittadinanza jus soli a chi nasca in Italia.

Voglio però ricordarle che oggi  chi nasce in Italia da genitori stranieri ne assume la cittadinanza (con la speranza che – a legge cambiata- possa essergli assicurata anche la cittadinanza italiana) purché non sia figlio di immigrati irregolari cui la legge (non la Bossi Fini ma la legge 94/20009, il cd pacchetto sicurezza) nega questo diritto con la misura, obliqua e beffarda, di chiedere ai genitori il permesso di soggiorno di cui – per contradizion che non consente – in quanto irregolari non dispongono.  Di conseguenza è loro impedito di registrare la nascita dei figli, assicurando ai nuovi nati quel certificato su cui ogni dato anagrafico, cittadinanza compresa,  assume rilevanza giuridica
Quindi ci sono in Italia bambini che la legge condanna ad essere di fatto inesistenti   con una misura che li umilia,  li danneggia e li danneggerà per tutta la vita, umiliando contemporaneamente tutti noi in quanto cittadini responsabili , attenti al rispetto dell’umanità e della dignità in ogni decisione della vita propria e di quelle che vengono prese nello stato in cui vivono, evidentemente.

Poco importa che una circolare  (Ministero Interno n. 19/2009) affermi burocraticamente possibile ciò che la legge nega, non solo per una questione di principio ma anche  perché , come testimonia il quinto rapporto del gruppo CRC (Convention on the Rights of the Child, il gruppo che monitora l’attuazione della Convenzione di New York l.176/1991)  esistono persone che  si sono trovate nell’oggettiva impossibilità di assicurare al proprio figlio il certificato di nascita.
Così il gruppo CRC ne parla:  “Il timore   di essere identificati come irregolari può spingere i nuclei familiari ove siano presenti donne in gravidanza sprovviste di permesso di soggiorno a non rivolgersi a strutture pubbliche per il parto, con la conseguente mancata iscrizione al registro anagrafico comunale del neonato, in violazione del diritto all’identità (art. 7 CRC), nonché dell’art. 9 CRC contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori.   Pur non esistendo dati certi sull’entità del fenomeno, le ultime stime evidenziano la presenza di 544 mila migranti privi di permesso di soggiorno. Questo può far supporre che vi sia un numero significativo di gestanti in situazione irregolare.”.

Di recente anche l’Unicef si è occupata del problema del riconoscimento anagrafico dei neonati – sottolineando il diritto al certificato di nascita  ma, nei limiti del suo compito di agenzia delle Nazioni Unite – solo in relazione a paesi africani e asiatici cui ricorda che: «La registrazione alla nascita è più di un semplice diritto. Riguarda il modo in cui la società riconosce l’identità e l’esistenza di un bambino»… «La registrazione alla nascita è fondamentale per garantire che i bambini non vengano dimenticati, che non vedano negati i propri diritti o che siano esclusi dai progressi della propria nazione».

«I bambini non registrati alla nascita o privi di documenti di identificazione sono spesso esclusi dall’accesso alla scuola, all’assistenza sanitaria e alla sicurezza sociale. Se un bambino viene separato dalla sua famiglia durante un disastro naturale, un conflitto o a causa di qualche forma di sfruttamento, la riunificazione diventa assai più difficile a causa della mancanza di documentazione ufficiale».

«Per l’UNICEF, la mancata registrazione di un bambino alla nascita è sintomo di disuguaglianze e disparità sociali. I bambini più frequentemente colpiti da questa disuguaglianze sono queli che appartengono a determinati gruppi etnici e religiosi, quelli che abitano in aree rurali o remote, i figli di famiglie povere o di madri analfabete»

In Italia avremmo lo strumento per rimediare alla umiliazione introdotta dal pacchetto sicurezza nella proposta di legge n. 740 presentata da un deputato del suo partito, l’on. Rosato.

Pur essendo firmata da più di cento deputati (alcuni non appartenetti al PD e precisamente Serena Pellegrino, Gigli e Sberna)  l’impegno per farla approvare non sembra così attento e a tanto la prego di provvedere sollecitando il Pd a un operativo interesse nel merito.

18 Dicembre 2013Permalink

15 dicembre 2013 – Una piovra dai lunghi tentacoli?

 

Vicino alla mia abitazione, in piazzale Osoppo, c’è una tenda dove da giorni stanno i cd ‘forconi’, espressioni di una protesta disperata di cui è impossibile non capire le ragioni.
Ma da domenica (forse c’erano anche prima e io non li avevo visti) ai pali della luce sono appesi fantocci, immagini di impiccati con cartelli che ne indicano l’identità: stato, equitalia, banche, precario, flessibile, morto ecc. ecc.
E’ un luogo in cui fermano autobus anche scolastici.
E’ tollerabile in una città esibire le immagini di incitamento al linciaggio?
Ho telefonato in questura e scritto un messaggio al sindaco. Ieri sera i fantocci erano ancora lì.
Mi si dice che è meglio non eccitare persone che praticano quel tipo di protesta.
Così ho ripescato miei appunti di qualche anno fa da cui, per brevità ho tagliato qualche considerazione.
Aggiungo solo che ieri ho sentito una persona con responsabilità nel campo dell’associazionismo di cultura cattolica dichiarare la ‘scientificità’ delle norme emanate dal nazismo. Bontà sua ha aggiunto ‘senza valori’.
Sconvolta e allibita ho sperimentato il silenzio dei presenti (mi sono guardata in giro: per fortuna tutti vecchi e vecchie). Non ho resistito al bisogno (dovere?) di dire.
A quell’incontro ero stata invitata.  Forse sono stata villana. Ma che fare?

martedì, 27 gennaio 2009 – Bambini: molti i possibili abusi

 Girando per Udine il sabato mattina
In un luogo molto affollato della mia città (piazzale Osoppo – Udine), vicino ad un negozio che, per essere centro di distribuzione di filmati é molto praticato da giovani, sabato scorso mi é capitato di vedere tre copie di un manifesto, privo di qualsiasi firma e recapito.
Provo a descriverlo, rifiutandomi di pubblicarne l’immagine (che ho ripreso) e di farla in qualsiasi modo girare perché la considero oscena.
Nella parte superiore del manifesto c’é una fotografia a formato rettangolare, rappresentante bambini, dichiarati israeliani, che mettevano la propria firma su bombe destinate a colpire Gaza (da tempo l’immagine circola su internet).
Poco sotto ci sono due fotografie che evidentemente raffigurano situazioni riprese a Gaza: in una si vede un uomo che regge un cadaverino e, accanto, c’é il corpo di un bimbo massacrato, abbandonato a terra.
Fra le due foto una scritta che recita “Il regalo dai bambini israeliani ai bambini palestinesi”. Al termine ancora una scritta “Fermate Erode” e infine il simbolo del mirino di un fucile (un cerchio contenente due segmenti a forma di croce).
Ho avvisato i vigili urbani e poi segnalato il fatto in questura. A tarda sera i tre manifesti erano stati raschiati.
Se a questo si pensa come soluzione sufficiente, dissento.
Ne avevo scritto a due assessori del comune di Udine, sperando in un loro intervento di cui non ho trovato traccia, pur avendone cercato notizie direttamente fra i comunicati stampa del comune.

Le immagini e le informazioni
Non é un caso che sui muri delle città ci siano le più svariate forma di propaganda: chi é attento alla comunicazione sa che quell’esposizione è oggetto efficace di lettura e attenzione e, proprio per questo, accanto ai tre manifesti di cui ho detto, si potevano leggere inviti a spettacoli, concerti ecc. ecc. e altre notizie chiaramente orientate ad un pubblico giovane.
Quale il messaggio delle immagini che è inevitabile contestualizzare nella tragedia di Gaza?
Lasciamo perdere l’orrore dell’invito finale (a cosa può essere associato il simbolo di un mirino?) restano i bambini raffigurati come mittenti della distruzione dei piccoli palestinesi.
Credo possa affermare che l’immagine dei firmatari non ha nulla di spontaneo; non si entra in un deposito di bombe, pronte ad essere caricate sugli aerei, durante un’allegra passeggiata campestre. Qualcuno ha aperto ai bambini le porte di quel deposito.
Già ai bambini, per aderire ad un loro desiderio di associarsi ad un bombardamento o erano stati umiliati a comparse per facilitare la trasmissione di un messaggio subliminale?
Chi avesse voluto o usato quel messaggio non fa differenza.
Quello che é certo che sia l’Italia che lo stato di Israele sono firmatari della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo (orribile traduzione di children che, in questo caso, indica convenzionalmente i minori)

Le Nazioni Unite e i minorenni
La Convenzione di New York (in Italia ratificata con legge 176/1991) riconosce certamente la libertà di espressione anche ai bambini, ma
”Gli Stati parti adottano ogni misura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali…” (art. 19) e convengono che “l’educazione del fanciullo … deve avere come finalità: b) sviluppare nel fanciullo il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dei principi consacrati nella Carta delle Nazioni Unite;
d) preparare il fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in una società libera, in uno spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, di uguaglianza tra i sessi e di amicizia tra tutti i popoli e gruppi etnici, nazionali e religiosi e delle persone di origine autoctona”. (art. 29).
[ometto i miei commenti di allora]

Il comune di Udine e la pace.
Io mi aspettavo, di fronte a quel manifesto che non possono dire di non conoscere, una reazione pubblica dei responsabili nella struttura politica del comune.
In questo caso si sarebbe potuta manifestare con un’attenzione rispettosa alle vittime di un conflitto di cui le non ragioni che lo animano sembrano oscurare ogni speranza di conclusione, ai bambini definiti israeliani e infangati in un’immagine impropria, ai bambini e ai giovani (io non so più che pensare della coscienza corazzata di molti adulti e vecchi che spesso la sofferenza trascorsa sembra aver trasformato in durezza e in indifferenza) che quel manifesto hanno visto e che nessuno ha –pubblicamente- aiutato a leggere, a chi quel manifesto ha pensato ed è stato indotto a costruirlo forse dalla ignoranza della storia del razzismo in Italia che ha il suo momento fondante dall’antisemitismo.
E’ qui il caso di ricordare che l’antisemitismo é stato reso trasferibile alle coscienze di molti dall’antigiudaismo, ben diffuso dalla chiesa cattolica e non solo da quella fra le chiese cristiane (é una cultura che spiega certe recenti decisioni papali? Penso che ci ritornerò)?
Solo chi conosce quella storia può capire la dimensione devastante della riscoperta dell’argomento da parte di gruppi neonazisti, nello stile oggi antisemiti domani anti….un qualche altro e via via devastando nella catena delle diversità.
Che effetto possono aver avuto per gli ebrei romani i blocchi alle serrature che hanno impedito di sollevare le loro saracinesche? Qualcuno saprebbe spiegargli una impossibile diversità dagli effetti mortali delle leggi razziali del 1938?

Il comune di Udine ha creato un Tavolo della pace, formato da varie associazioni con cui ha stipulato un protocollo che in pratica è una delega per politiche di pace (quali sono evidentemente possibili ad un comune) a una serie di pur rispettabili privati.
Nel riconoscere le attività che le associazioni svolgono il protocollo afferma
C’è bisogno di progetti concreti a favore delle persone e delle comunità disagiate, ma anche di lavorare sulla ricerca”, collocandosi così fra accademia e beneficenza, a meno che non prenda in considerazione anche il disagio della privazione di conoscenza e le modalità per superarlo. Ma questo può avvenire là dove le persone vivono, non in pur prestigiose sedi associative che si rivolgono, giustamente, ai propri iscritti e simpatizzanti.

Pochi giorni dopo (gennaio 2009):. Bambini: molti i possibili abusi

Tornando a quanto ho scritto il 27 gennaio sono casualmente venuta a sapere che il sindaco di Udine, in una conferenza stampa nella giornata delle memoria, ha riferito che l’assessore alla cultura si é imbattuto, alla fermata di un autobus, nella scritta ‘Juden Raus’ e che una signora aveva fatto una segnalazione su altro caso di antisemitismo. Ero io che avevo passato l’informazione ma, correttamente, il sindaco che non mi aveva interpellato, non ha fatto il mio nome.
La scritta Juden Raus, nella stessa zona della città in cui avevo visto il manifesto descritto nel diario del 27, conferma la fondatezza della mia paura di un razzismo dilagante che il risveglio dell’antisemitismo rafforza. Non a caso é la radice storica della violenza anche normativa, esercitata anche in Italia.       [ometto i miei commenti di allora]

17 Dicembre 2013Permalink

11 dicembre 2013 – Migranti: Rapporto ISMU

E’ stato pubblicato il rapporto sull’immigrazione della fondazione ISMU (Iniziative e Studi sulla Multietnicità – indirizzo del sito http://www.ismu.org/).
Ne ho trovato una telegrafica sintesi in un articolo di La Repubblica che riporto con il link alla fonte
http://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2013/12/10/news/ismu-73201172/?ref=search

Immigrati, ne arrivano sempre meno, se ne vanno sempre di più e 300 mila sono senza documenti  di Vladimiro Polchi

10 dicembre 2013

MA – Ne arrivano sempre meno, ne vanno via sempre più. Sono cinque milioni. Quelli senza documenti sono sotto quota 300mila: il 6% del totale. È il popolo dei migranti. A fotografarli è il XIX Rapporto nazionale della Fondazione Ismu.

Quanti sono?
Al 1° gennaio 2013 la popolazione straniera in Italia è stimata dall’Ismu in 4 milioni 900mila (regolari e non), con un aumento di 275mila unità rispetto all’anno precedente. Un incremento che, a prima vista, può sembrare consistente, ma che è dovuto per più della metà a fattori interni che non dipendono dalla mobilità, quali il saldo naturale (80mila nascite) e i recuperi censuari (72mila stranieri che non erano stati contabilizzati dal censimento 2011). Non a caso i nuovi permessi di soggiorno rilasciati per motivi di lavoro a soggetti extra-Ue sono stati 67mila nel 2012, quasi dimezzati rispetto al 2011 e meno di un quinto rispetto al 2010. Soltanto gli ingressi per ricongiungimento familiare (120mila durante il 2012) non subiscono flessioni, a testimonianza del fatto che il fenomeno migratorio in Italia è sempre più stabile.

Gli invisibili. Al 1° gennaio 2013, l’Ismu stima che non hanno un valido titolo di soggiorno 294mila stranieri. La componente irregolare rappresenta quindi il 6% del totale delle presenze, a conferma del livello quasi “fisiologico” assunto da un fenomeno che i venti di crisi hanno fortemente ridimensionato.

Flussi in entrata e in uscita. Anche nel 2012 quindi si registra un ulteriore ribasso degli ingressi per lavoro. Sempre più stranieri lasciano invece l’Italia. In base alle revisioni censuarie dell’Istat, l’Ismu calcola che nel 2011 siano circa 200mila gli immigrati che hanno spostato la loro residenza all’estero e stima che anche nel 2012 il numero dei trasferimenti sia stato altrettanto consistente. In aumento pure gli italiani in “viaggio”: il numero dei nostri connazionali emigrati verso l’estero è risultato pari a 68mila unità, mentre nel 2011 se ne contavano 50mila (e 40mila nel 2010). Nel 2012 le destinazioni preferite dagli italiani sono state la Germania (oltre 7mila), la Svizzera (oltre 6mila), il Regno Unito (quasi 6mila), la Francia (più di 5mila).

Scenari futuri. L’Ismu stima che nel 2020 gli immigrati residenti saranno oltre 7 milioni, mentre nel 2035 poco meno di 10. Inoltre nel prossimo ventennio la composizione dello stock di presenze straniere subirà una forte variazione. La componente romena scenderà infatti dal 21% nel 2011 al 15,8% nel 2035, mentre si rafforzeranno le presenze provenienti dal Marocco, che passeranno dal 9,9% nel 2011 al 12,5% nel 2035, e dall’India (dal 2,6% al 5,2% nello stesso lasso di tempo).

Il mercato del lavoro. Nel primo semestre del 2013 i senza lavoro stranieri sono 511mila, mentre nel 2012 erano 380mila: 72mila in più (+25%) rispetto al 2011. Il più drastico calo di occupati stranieri si registra nell’industria e nell’edilizia: le assunzioni programmate nel 2012 si sono ridotte a un quarto rispetto a quelle del 2007, passando da 227.580 a 60.570, per oltre due terzi concentrate nei servizi e nel turismo. “Detto ciò, un temporaneo azzeramento degli ingressi non stagionali sarebbe un’opzione coerente col quadro macroeconomico attuale”.

Cosa pensano gli italiani. Da una recentissima ricerca dell’Ipsos e della Fondazione Ismu è emerso che tra gli intervistati prevale l’impressione che gli immigrati rappresentino una quota eccessiva della popolazione e che il numero degli irregolari sia uguale o addirittura superiore a quello dei regolari. Ma dall’indagine emerge anche che il 61% degli intervistati considera gli immigrati una risorsa vitale. Il 79% è d’accordo a estendere la cittadinanza italiana ai figli di immigrati nati in Italia. Per il 50% degli intervistati l’Italia deve mantenere il reato di clandestinità.

 

 

11 Dicembre 2013Permalink

7 dicembre 2013 – Commissione per la Verità e la Riconciliazione

Frugando fra i miei vecchi appunti

 La Commissione per la Verità e la Riconciliazione (TRC, Truth and Reconciliation Commission) voluta da Mandela e diretta dal vescovo anglicano  Desmond Tutu rappresenta il passaggio fondamentale nella creazione del nuovo Sudafrica. Venne divisa in 3 sottocommissioni, il Comitato per la violazione dei diritti umani, il Comitato dell’amnistia e il Comitato per il risarcimento e la riabilitazione a cui si aggiungeva una sezione investigativa. La Commissione era composta da 17 membri di cui 5 donne, 3 uomini di chiesa, 2 avvocati e 3 giuristi. 2 erano “meticci”, 2 indiani, 2 afrikaner, 4 inglesi, 7 neri di cui 1 zulu. 

L’11 febbraio del 1990 Nelson Mandela fu liberato dopo 27 anni di dura prigionia, nella carceri della Repubblica del Sud Africa nata dal disfacimento del dominion del Commenwealth, e governata per molti anni attraverso gli strumenti più feroci della repressione razzista.
Dal carcere Mandela contribuì a dare consapevolezza di dignità politica a un popolo devastato dall’apartheid e frantumato nei bantustan.
Ma questa società che nasceva doveva far i conti con il proprio passato.
Secondo il Nelson Mandela la giustizia penale nella storia del secondo dopoguerra si era dimostrata essenzialmente una “giustizia dei vincitori” con la sua inevitabile selettività e opportunismo politico, lasciando le vittime in una posizione di profonda frustrazione e trasformando i pochi colpevoli puniti in capri espiatori della sofferenza collettiva. Inoltre la scelta giudiziaria rendeva protagonisti prevalentemente i criminali e i giudici, relegando ancora una volta al margine proprio chi più ha bisogno di raccontare e di essere ascoltato: la vittima
Fu così creata la Commissione per la verità e la Riconciliazione (CVT o  TRC, Truth and Reconciliation Commission) diretta dal vescovo anglicano Desmond Tutu.
Compito della Commissione era quello di portare alla luce i crimini commessi facendo in modo che i responsabili si presentassero al fine di confessare di fronte alle vittime riconoscendo i loro delitti. Ciò permetteva una presa di coscienza collettiva dei fatti e un lavoro di rielaborazione e di analisi collettiva lasciando spazio al dolore e alla rielaborazione e in alcuni casi anche al pentimento.
Successivamente la TRC avrebbe deciso se concedere o meno l’amnistia. Le udienze raccolsero tutte le testimonianze e le prove di cui c’era bisogno, avvolgendo la società in una tensione morale e politica di forte intensità capace di far emergere il dramma vissuto. L’amnistia non era però automatica, infatti non sempre fu concessa.
Aver scelto di lavorare sulla verità piuttosto che sulla giustizia come elemento centrale dell’analisi del passato ha voluto dire imporre un lavoro di ripensamento collettivo che ha visto entrambe le parti in lotta ammettere abusi e violenze (senza mai mettere sullo stesso piano i gli oppressori e gli oppressi) stimolando la riconciliazione e la ricostruzione su basi il più autentiche possibili la collettività ferita.

Nel 2002 (a lavori conclusi: la commissione operò dal 1995 al 1998)
Desmond Tutu dichiarò tra l’altro:

La Commissione per la Verità e la Riconciliazione fu istituita per superare uno stallo politico, a partire dalla constatazione che, se non si fosse approntato un meccanismo per gestire le ingiustizie del passato, quelle stesse ingiustizie avrebbero continuato ad affliggere il nuovo governo e a minacciare le fragili strutture della giovane democrazia. Non c’era nessuna richiesta nell’Atto costitutivo che le persone perdonassero o fossero perdonate. Le occasioni in cui i persecutori hanno chiesto il perdono alle proprie vittime sono state il frutto di un’esigenza umana individuale. La Commissione per la Verità e la Riconciliazione è stata un forum sensibile nel quale sia le vittime che i carnefici hanno avuto la possibilità di confrontarsi come esseri umani. Alcuni hanno avuto il merito di riconoscere la nostra comune vulnerabilità come creature umane, e in quel contesto di dare e ricevere perdono.
I passi da compiere per il perdono e per la ricomposizione di un rapporto spezzato sono chiari. In primo piano stanno il riconoscimento di un comportamento sbagliato, l’ammissione e le scuse a coloro che sono stati colpiti da questo comportamento sbagliato. Le scuse potranno essere accettate, si potrà essere perdonati, ma la genuinità del pentimento deve essere dimostrata dalla forma della riparazione. Se io ho rubato la tua penna e me ne scuso e tu mi dici che mi perdoni per la mia mancanza, le mie scuse non avranno valore finché non ti rendo la penna o non attuo qualche altra forma di riparazione.
La Commissione per la Verità e la Riconciliazione non ha operato per punire gli errori del passato perché questo sarebbe stato un obiettivo impossibile. Ha operato per creare un clima che incoraggiasse la riconciliazione e in questo senso credo che sia stata ampiamente efficace. La Commissione ha dato voce e riconoscimento a chi era ferito ed è stato ferito per anni. Per esempio, una delle vittime, che ha perso la vista dopo essere stato ferito dalla polizia, ha ringraziato la giuria dei commissari per avergli concesso l’opportunità di raccontare la sua storia e ha concluso: “Oggi mi avete restituito i miei occhi”.
Dopo la Commissione, nessun sudafricano potrà dire “Io non lo sapevo”. Una grande quantità di nuove informazioni è venuta alla luce. Abbiamo conosciuto la verità su molti incidenti di cui prima non si sapeva nulla. Persone che erano “scomparse” sono state dissepolte dalle fosse comuni e i loro cari hanno potuto celebrare i funerali e seppellire di nuovo i loro morti dignitosamente. Sono convinto che l’operato della Commissione abbia fortemente contenuto il pericolo del ripetersi della spirale di violenza.

http://www.centraldocinema.it/Recensioni/Mar04/country_of_my_skull.htm

L’arcivescovo presiede la prima udienza

Il primo giorno,
dopo poche ore di testimonianze,
l’arcivescovo ha pianto.
Ha appoggiato il capo grigio
sul lungo tavolo
di carte e protocolli
e ha pianto.

Cameramen nazionali
e internazionali
hanno ripreso il suo pianto,
le lenti appannate,
le spalle singhiozzanti,
la richiesta di aggiornamento.

Non importa quello che pensavate
-prima o dopo- dell’arcivescovo,
dell’accordo, della commissione,
o quello che gli antropologi accorsi
da crimini e dolori meno studiati,
hanno detto del suo discorso,
ne quante tesi di dottorato,
libri, e istallazioni ne siano derivate
e neppure se pensate che questa poesia
semplifichi, celebri
romanticizzi, mistifichi.

C’era il lungo tavolo, abiti porpora inamidati
e dopo poche ore di testimonianze
l’arcivescovo, presidente della commissione,
ha appoggiato il capo sul tavolo e ha pianto.

È così che è cominciato.

http://www.centraldocinema.it/Recensioni/Mar04/country_of_my_skull.htm

La pace siamo noi a cura di Laura Barbieri
Il Nuovo Rinascimento n.317 1 dicembre 2004

. Mi riferisco all’opera della Commissione per la verità e la riconciliazione sudafricana, che ha cercato di sanare le ferite di una nazione nella quale oppressori e oppressi dovevano imparare a convivere pacificamente dopo decenni di violenza inaudita. Il principio-cardine del lavoro della Commissione, evidentemente largamente condiviso dalla popolazione, è quello dell’/ubuntu/. Desmond Tutu, che ha presieduto quella Commissione, cerca di spiegarlo con queste parole: «/Ubuntu/ è molto difficile da rendere in lingua occidentale. È una parola che riguarda l’intima essenza dell’uomo. È come dire: “La mia umanità è inestricabilmente collegata, esiste di pari passo con la tua”. Facciamo parte dello stesso fascio di vita» (Desmond Tutu, /Non c’è futuro senza perdono/, Milano, Feltrinelli, 2001, pag. 32). Allora intervenire in maniera non rispettosa, violenta, nei confronti dell’altro significa provocare una lacerazione in questo tessuto che è la vita, e dunque provocare una ferita, un trauma che colpisce noi e l’altro con la stessa intensità. /Ubuntu/, in termini buddisti, significa che la compassione nasce da /engi/, cioè dalla consapevolezza di essere forme diverse di una stessa vita comune. Sono come le due facce di una medaglia: più mi stanno a cuore le vicende degli altri, più percepisco il legame che unisce ogni esistenza in un’unica vita; e viceversa, più mi sento parte di tutto ciò che vive, più sono coinvolto dalla vita altrui. Il continuo approfondimento di questo processo conduce a comportamenti sempre più rispettosi dell’altro e genera azioni di pace. Per questo i costruttori di pace come Ikeda e Tutu dichiarano in ogni occasione che la realizzazione della pace dipende dall’impegno in questa direzione da parte di ognuno di noi. Entrambi nutrono una fiducia ferma e profonda nelle potenzialità costruttive di ogni essere umano. Tanto che Ikeda indirizza la sua proposta di pace alle persone comuni, alla ricerca di un terreno concreto d’azione, nella convinzione che reagendo al sentimento di estraneità e di impotenza e attivando invece la partecipazione si possa invertire la rotta attuale verso il conflitto, la disarmonia e l’ostilità fra esseri umani. Per dirlo con parole sue: «Qualunque tentativo di affrontare i problemi globali senza prendere pienamente in considerazione la nostra realtà immediata non costituirà mai una soluzione definitiva. In quest’ottica, credo fortemente nel valore delle azioni intraprese da ognuno di noi per fare il primo passo dal punto in cui ci troviamo proprio ora» (/Buddismo e Società/, n. 103, pag. 18).
http://www.sgi-italia.org/riviste/nr/InternaTesto.php?A=824&R=0

7 Dicembre 2013Permalink

6 dicembre 2013 – Ieri è morto Nelson Mandela

10 maggio 1994 – insediamento di Mandela come presidente del Sud Africa

“Dall’esperienza di uno straordinario disastro umano durato troppo a lungo, deve nascere una società di cui tutta l’umanità sarà fiera.”

1918 Born in the Eastern Cape
1943 Joined African National Congress
1956 Charged with high treason, but charges dropped after a four-year trial
1962 Arrested, convicted of incitement and leaving country without a passport, sentenced to five years in prison
1964 Charged with sabotage, sentenced to life
1990 Freed from prison
1993 Wins Nobel Peace Prize
1994 Elected first black president
1999 Steps down as leader
2001 Diagnosed with prostate cancer
2004 Retires from public life
2005 Announces his son has died of an HIV/Aids-related illness

Il discorso di insediamento
http://video.corriere.it/nelson-mandela-discorso-insediamento-1994/260b032a-5dfa-11e3-860b-0a0a3904cefc

qualche passo in traduzione  http://www.linkiesta.it/nelson-mandela

BBC
http://www.bbc.co.uk/news/world-africa-22892784

http://www.bbc.co.uk/news/world-africa-20735685

http://www.repubblica.it/esteri/2013/07/04/news/la_straordinaria_avventura_
di_mandela_il_guerrigliero_che_si_fece_icona_di_pace-55515413/?ref=HRER1-1

http://video.repubblica.it/dossier/addio-nelson-mandela/amnesty-mandela-una-leggenda-dei-diritti-umani/149140/147649?ref=HREA-1

http://www.repubblica.it/esteri/2013/12/06/news/morto_nelson_mandela_il_mondo_
piange_l_uomo_della_libert_il_dolore_di_obama-72814602/?ref=HREA-1

da La Stampa – Quirico

http://www.lastampa.it/2013/12/05/esteri/mandela-il-prigioniero-che-ha-insegnato-il-perdono-hsMWs9khaF5az4xyceQKDK/pagina.html?ult=1

da La Stampa – Nadine Gordimer

http://www.lastampa.it/2013/07/14/esteri/nadine-gordimer-il-sudafrica-ha-tradito-il-sogno-di-mandela-r0vSZnRQUHOfMYjgumDwIL/pagina.html

da Linkiesta

http://www.linkiesta.it/mandela-curiosita

6 Dicembre 2013Permalink